Il progetto è ora sottoposto all’Assemblea Nazionale.
Sarà oggetto di commento più approfondito quando diverrà legge.
Il CSM stima di abbattere 50.000 procedimenti.
La legge dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2024.
Citiamo qui l’art. 140a del C.p.c. con cui viene introdotta la mediazione obbligatoria: sino ad oggi in Bulgaria la mediazione era solo volontaria.
Siamo nell’ambito della mediazione demandata.
Il termine è di tre mesi dalla decisione del giudice dell’invio.
Ci sono casi in cui la mediazione demandata è obbligatoria ed altri in cui è il giudice a valutare l’invio.
Per quanto riguarda il codice di rito § 3. Viene creato l’articolo 140a:
“La mediazione
Art. (1) Il tribunale obbliga le parti a partecipare a una procedura di mediazione, quando viene presentata un’istanza o una richiesta al tribunale per:
1. il divorzio (art. 49 CC);
2. risoluzione di controversie relative all’esercizio dei diritti genitoriali,
2. la residenza del minore, le relazioni personali con il minore e il suo mantenimento (art. 127, par. 2) ARTICOLO 127, PARAGRAFO 2, DEL CODICE CIVILE);
3. modifica delle misure relative all’esercizio dei diritti dei genitori,
il luogo di residenza del minore, le relazioni personali con il minore e il suo mantenimento (art. 59, par. 9 Art. 51(4) CC);
4. risoluzione di disaccordi sull’esercizio dei diritti genitoriali
(Art. 123, comma 2 CC);
5. determinazione di misure per i rapporti personali con i nonni (art. 128 CC);
6. risoluzione delle controversie tra i genitori in merito al viaggio dei figli. il minore all’estero e il rilascio dei documenti personali necessari a tal fine (art. 127° CC);
7. assegnazione dell’uso di beni di proprietà comune (art. 32, comma 2, CC);
8. i crediti pecuniari derivanti dalla comproprietà (Art. 30, par. 3 del CC, art. 31, comma 2 del Codice Civile);
9. divisione (art. 34 CC);
10. adempimento degli obblighi dei proprietari, utenti o residenti di interni autonomi in un edificio in regime condominiale (art. 6 ZUES), per il rimborso delle spese sostenute dal singolo proprietario per la riparazione delle parti comuni dell’immobile (art. 48, comma 7 ZUES), nonché per l’annullamento di una decisione illecita dell’assemblea generale o di un atto illecito del consiglio di amministrazione (direttore) del condominio (art. 40, comma 1 ZUES e art. 43, comma 1 ZUES);
11. il pagamento del valore di una quota di partnership al momento della cessazione della partecipazione in una società a responsabilità limitata (art. 125, comma 3, del Codice delle società commerciali);
12. responsabilità di un dirigente o controllore di una società a responsabilità limitata per i danni causati alla società (art. 142, comma 3, del Codice delle società commerciali e art. 145 del Codice delle società commerciali).
(2) Il tribunale può obbligare le parti a partecipare a una procedura di mediazione, in cui viene presentata una richiesta di risarcimento per:
1. pretesa pecuniaria o non patrimoniale derivante da contratto, transazione unilaterale, illecito, arricchimento ingiusto o conduzione di affari altrui senza autorità;
2. l’esistenza, la cessazione, l’annullamento o la rescissione di un contratto o di una transazione unilaterale o per la conclusione di un contratto definitivo;
3. proprietà e altri diritti reali sulla proprietà o per molestia del possesso;
4. manutenzione;
5. retribuzione o benefici derivanti dal rapporto di lavoro e per la reintegrazione;
6. tutela dei diritti di socio in una società commerciale (articolo 71 del Codice del lavoro) o per l’annullamento di una decisione dell’assemblea generale della società (art. 74 del Codice delle società commerciali), nonché le richieste di risarcimento ai sensi dell’art. 74 del Codice delle società commerciali. Articolo 58, par. 1 della legge sulle società cooperative e l’articolo 25, paragrafo 4, della legge sulle società cooperative. della Legge sugli enti non profit;
7. protezione dei diritti di proprietà intellettuale ai sensi della Legge sul diritto d’autore 7. la Legge sui diritti di proprietà intellettuale e sui diritti connessi, la Legge sui brevetti e sulla registrazione dei modelli di utilità, la Legge sui marchi e le indicazioni geografiche, la Legge sul design industriale, la Legge sul design e le indicazioni geografiche. Legge sulla Topologia dei Circuiti Integrati e Legge sulla Protezione delle Nuove Varietà di Piante e di razze di animali.
(3) Il tribunale stabilisce se la controversia di cui al paragrafo (2) è appropriata per il rinvio a mediazione, tenendo conto di tutte le circostanze che la riguardano, tra cui quando:
1. esiste un rapporto continuativo tra le parti;
2. esistono, o sono esistite, diverse cause collegate tra le parti. tra loro;
3. la causa è caratterizzata da più domande o domande riconvenzionali;
4. i costi del procedimento possono superare in maniera significativa l’interesse materiale nel caso;
5. è nell’interesse delle parti o dell’azienda, del bambino;
6. le circostanze sottostanti che danno origine ai diritti rivendicati e (c) i motivi principali della richiesta di risarcimento sono indiscussi;
7. vi sono altre circostanze che indicano che la controversia è idonea per mediazione.
(4) Nei casi di cui al par. (1) e (2), l’autorità giudiziaria non obbliga le parti a partecipare a procedura di mediazione in cui:
1. la procedura di mediazione è esclusa dalla legge per il tipo di controversia in questione;
2. la prima comunicazione del caso non è stata notificata al convenuto in persona o tramite altra persona nei casi previsti dalla legge, a meno che non venga scoperto successivamente nel corso di il procedimento;
3. il convenuto ammette il reclamo;
4. lo Stato o un ente pubblico è parte del procedimento;
5. il consumatore è parte del procedimento, tranne che nelle azioni per debiti, crediti derivanti da un contratto di credito bancario o da un rapporto giuridico correlato; e da un contratto di assicurazione immobiliare;
6. nel caso, siano state presentate prove convincenti della violenza commessa nei confronti di una parte nella causa dalla controparte, dell’esistenza di un rischio per la vita o la salute del minore o per il suo superiore interesse.”
Sono molto interessanti anche le modifiche apportate alla legge sulla mediazione.
Diciamo subito che hanno suscitato il malcontento dei mediatori bulgari perché la mediazione va ad appannaggio dei soli mediatori dei centri giudiziari presso i tribunali che andranno creati così come i mediatori dei centri giudiziari.
La scelta è dunque simile a quella francese o polacca ove si sono creati dei panel presso i tribunali
Interessante è in particolare l’art. 22 per cui nei casi di cui di mediazione obbligatoria le parti sono obbligate a partecipare in buona fede ad un procedimento di mediazione con durata complessiva degli incontri con un mediatore da una a tre ore. Il mediatore può anche programmare incontri separati con ciascuna delle parti, nel rispetto dei loro pari diritti di partecipazione alla procedura.
Il giorno e l’ora dell’incontro con un mediatore, di cui le parti sono notificate dal coordinatore del centro giudiziario, sono considerati inizio della procedura di mediazione.
La riunione è rinviata in presenza di particolari imprevisti, di cui la parte ne dà comunicazione al coordinatore. La parte può chiedere solo un rinvio della sessione
(omissis)
In ultimo cito l’art. 23.
Arte. 23. Il mediatore trasmette al giudice la disposizione prevista dal regolamento di cui all’art. 25 informazioni circa l’esito della procedura di mediazione giudiziaria svolta e a partecipazione delle parti in essa nel rispetto del principio di riservatezza di cui all’art. 7.
Nel 1975, sempre ad opera di Coogler, nacque la Family Mediation Association che offriva un servizio di mediazione alle coppie in via di separazione o divorzio[2].
Grande merito nei tempi moderni a Coogler dunque, ma personalmente ritengo che l’origine della mediazione familiare vada ricercata altrove.
Anche la mediazione civile e commerciale, per la verità e del resto, non è di invenzione statunitense come si sostiene, ma kosovara.
Le origini della mediazione familiare sono molto antiche perché già le XII tavole prevedevano la facoltà di divorziare.
I Romani peraltro ragionavano in termini contrari dai nostri; noi pensiamo alla separazione e poi al divorzio, loro pensavano che fosse il divorzio a causare la separazione.
Nel Lazio antico ancor prima della fondazione di Roma esisteva una divinità che veniva chiamata Viriplaca, letteralmente una dea che placa la rabbia dell’uomo.
Si partiva cioè dal presupposto che nella coppia quello che poteva diventare prigioniero di emozioni e comportamenti negativi fosse appunto il maschio.
Era la risposta divina a quella che si considerava l’autorità maritale.
La famiglia a Roma era concepita come una unione di servi e di soggetti liberi soggetti alla potestas del pater familias.
Il vincolo del sangue stava sullo sfondo come nella Grecia antica dove fondava solo il diritto di cittadinanza come ci ricorda Aristotele nelle Costituzioni Ateniesi.
Viriplaca aveva un tempio sul Palatino e come attribuzione principale le si riconosceva appunto la capacità di conciliare i coniugi.
Col tempo arrivò la dea Giunone e Viriplaca diventò semplicemente un’attribuzione della madre degli dei.
Si noti che si partiva dal presupposto che appunto fosse l’uomo ad avere la responsabilità del litigio e dunque possiamo dire che la dea custode della pace quotidiana domestica non fosse esattamente “neutrale”.
Inizialmente la dea placava la fame, nel senso che impediva all’uomo di mangiarsi tutti i semi del raccolto (e quindi chiedeva all’uomo di dominare l’istinto di sopravvivenza): i semi venivano appunto custoditi nel suo tempio da appositi sacerdoti; chi provasse a nutrirsene in tempi di carestia rischiava le ire della dea.
Viriplaca poi passò ad essere garante della giustizia e della sicurezza nella civitas ma in questo ruolo fu soppiantata dalla dea Temi e da Giove.
Infine divenne appunto la custode della pace domestica.
Quando due coniugi litigavano i loro parenti e amici li portavano al tempio e li conducevano sotto le luci delle fiaccole.
Pensavano così di risvegliare quella sensualità che era nata alle luci delle fiaccole durante la prima notte di nozze.
E poi cercavano di farli pensare ad episodi piacevoli della loro vita coniugale.
Si trattava di una sorta di co-terapia a più mani.
Quando i coniugi si erano riconciliati potevano tornare a casa.
Nell’antica Roma si conducevano dunque i coniugi che avevano litigato, non al foro davanti al pretore, ma al tempio di Giunone conciliatrice per farli desistere dal triste disegno di separarsi[3].
Si riteneva che la procedura familiare dovesse essere diversa dalle altre come del resto lo si ritiene oggi: la mediazione civile e commerciale e quella familiare sono due mondi a sé.
Differente era appunto l’approccio rispetto alla materia civile, per cui si mediava in due modi: accordandosi sotto ad una colonna, nel Foro di Cesare[4] oppure attraverso l’opera di personaggi dai nomi vari e pittoreschi (interpres, disceptator domesticus, sequester pacis ecc.).
Per la separazione si ricorreva dunque ed invece, lo rimarco, agli Dei che sono i primi inventori della mediazione familiare e indirettamente ai loro intermediari presso i templi.
Non a caso l’Editto pretorio[5] si stabiliva che non potesse essere costretto a giudicare l’arbitro che fosse divenuto sacerdote successivamente all’accettazione dell’arbitrato[6]: il sacerdozio era destinato alla mediazione.
Ancora nell’ Austria settecentesca e nei domini austriaci (e quindi ad es. in Milano) prima del 1848, la mediazione in caso di separazione di letto e di mensa era di pertinenza del sacerdote[7]. I coniugi manifestavano le loro intenzioni di separarsi al loro parroco che doveva ricordare il significato delle promesse ed ammonirli per ben tre volte circa le conseguenze dannose della separazione.
Se le ammonizioni risultavano inefficaci il parroco doveva rilasciare alle parti un attestato scritto che fatte per tre volte le ammonizioni i coniugi persistevano nel desiderio di separarsi.
I coniugi a questo punto presentavano domanda di separazione al giudice ordinario il quale la disponeva senza altre investigazioni se essi confermavano di persona che erano d’accordo nel separarsi e sulle relative condizioni.
Se però vi fossero state contestazioni in ordine al mantenimento dei figli il giudice ordinario doveva curare previamente il componimento delle parti in via di transazione; se il componimento falliva il giudice assegnava il conveniente mantenimento alla moglie e ai figli e poi proseguiva il giudizio ordinario secondo la disciplina vigente a quel tempo per i patti nuziali[8].
Qualcosa di simile accade oggi in Danimarca; esistono due tipi di mediazione con riferimento alla famiglia: quella di un prete e quella di un mediatore. Sono volontarie entrambe.
2. Diffusione in Europa della mediazione familiare
Comunque sia l’attuale mediazione familiare almeno nei paesi del Mediterraneo si è sviluppata su ispirazione di quella statunitense[9] e sta acquistando sempre maggiore importanza.
Vi sono poi diverse scuole di mediazione familiare che in ogni paese si sono ovviamente sviluppate e che provengono dagli Stati uniti: si cita senza pretendere l’esaustività il modello negoziale di Haynes, quello strutturato Coogler, il modello trasformativo di Folger, la mediazione umanistica di Jacqueline Marineau e in ultimo la mediazione sistemica propria della Scuola che ci ospita oggi e del sottoscritto.
Almeno ventidue paesi UE su trenta hanno una legislazione di mediazione in materia familiare.
La qual cosa non significa che la mediazione familiare non sia praticata negli altri paesi, magari in base alla sola legge sulla mediazione in generale in applicazione della Direttiva 52/08 oppure in base al codice di rito, ma semplicemente che non sono stati rinvenuti provvedimenti specifici.
Posso citare ad esempio la Repubblica Ceca che disciplina la mediazione delegata familiare nel Codice di rito.
Possiamo dire che ormai la pratica della mediazione familiare è diffusa in tutti i paesi europei come avviene per la civile e commerciale e in parte per la penale.
Aggiungo però che la mediazione familiare così come del resto quella civile e commerciale ha una disciplina molto variegata e risponde anche e soprattutto a differenti finalità.
Nei paesi del Nord Europa tende ad evitare la fine del matrimonio, mentre ad esempio da noi in Italia è prevista per il caso in cui le parti siano separate o divorziate oppure intendano separarsi o divorziare e ci siano dei figli minori.
Dal 7 di febbraio del 2014 la disciplina è ospitata dall’art. 337 octies Codice civile comma 2 che ha un identico tenore rispetto all’abrogato 155-sexies: “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Ci sono paesi dove la mediazione familiare si pratica per tutti i legami familiari e quindi anche ad esempio il rapporto con i nonni o gli zii oppure per situazioni di indigenza o di lutto (ad esempio nel Regno Unito ed Irlanda) o per il pagamento degli alimenti non solo tra coniugi.
Possiamo poi aggiungere che ci sono diversi paesi che hanno più strumenti anche delegabili dal giudice a tutela della famiglia e non soltanto la mediazione familiare (ad esempio Germania e Svezia).
In ordine alfabetico i paesi di cui ho individuato i provvedimenti specifici in materia di mediazione familiare sono i seguenti: Austria[10], Belgio[11], Bulgaria[12], Cipro[13], Croazia[14], Danimarca[15], Estonia[16], Finlandia[17], Francia[18], Germania[19], Irlanda[20], Irlanda del Nord[21], Lituania[22], Lussemburgo[23], Italia[24], Malta[25], Portogallo[26], Regno Unito[27], Romania[28], Scozia[29], Spagna[30] e Ungheria[31].
Nonostante l’impegno legislativo devo registrare però un basso numero di mediazioni familiari.
O almeno possiamo dire che solo tredici paesi su trenta lo hanno reso noto nel corso degli anni (2017-2019)[32]: Croazia, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia, Scozia, Spagna, Svezia, Ungheria.
Primeggiano per numero la Spagna, la Polonia e l’Irlanda.
Conosciamo però soltanto il numero delle mediazioni familiari delegate.
Con la presente nota darò un cenno alla mediazione familiare in tutti i Paesi UE cominciando da quelli che hanno rilasciato dati numerici fruibili.
3. La mediazione familiare in Croazia
In Croazia dal novembre 2015 l’art. 379 c. 1[35] della legge sul diritto di famiglia (Obiteljski zakon) prevede che in sede di deposito domanda di divorzio, in presenza di figli minori, si dia la prova di aver partecipato ad una mediazione familiare.
Eccezioni a questa regola sono previste dall’art. 332[36] e riguardano il caso in cui venga accertata una violenza domestica, si sia stati dichiarati falliti, manchi la capacità di intendere e di volere, non si conosca la residenza del coniuge. Anche in questi casi tuttavia la mediazione familiare può essere opportunamente tenuta per coloro che non siano colpiti da incapacità.
4. La mediazione familiare in Danimarca
La sezione 41 della legge sul matrimonio stabilisce che il tribunale della famiglia può offrire la mediazione in caso di disaccordo sulle condizioni di separazione e divorzio. Per la sezione 42 a i coniugi che chiedono il divorzio e che hanno figli comuni che non hanno 18 anni, possono ottenere il divorzio solo dopo un periodo di riflessione di 3 mesi dal ricevimento della richiesta da parte del tribunale della famiglia. In questo periodo (sezione 22) i coniugi devono seguire un corso digitale tenuto da un consulente (un sacerdote) o da un mediatore che è tenuto alla riservatezza.
5. La mediazione familiare in Finlandia
Della mediazione familiare si occupa il capitolo V della legge sul matrimonio: in particolare i paragrafi dal 20 al 23 bis[37].
Ai sensi della legge sul matrimonio (234/1929), le controversie e le questioni legali che sorgono all’interno di una famiglia devono in primo luogo essere risolte nei negoziati tra i componenti della famiglia e decise di comune accordo.
Se i componenti della famiglia hanno bisogno di un aiuto esterno nella risoluzione di controversie, possono chiedere l’aiuto di mediatori familiari messi a disposizione da comitati di azione sociale del comune.
L’aiuto può essere chiesto anche in caso di conflitto che nasca da una decisione o da un accordo sulla custodia e sulla visita.
Il mediatore dovrebbe sforzarsi di tenere una discussione riservata e aperta con i membri della famiglia. Dovrebbe cercare di raggiungere il consenso su come risolvere i conflitti familiari nel miglior modo possibile per tutte le parti coinvolte.
Il ruolo del mediatore è di prestare particolare attenzione alla salvaguardia dello status dei minori nella famiglia.
Il mediatore assiste le parti nella conclusione degli accordi e nell’adottare qualsiasi altra azione necessaria per risolvere le controversie.
La pianificazione generale, l’orientamento e la supervisione della mediazione familiare sono di competenza dell’Agenzia amministrativa statale regionale presso il Ministero degli affari sociali e della salute.
Il Social Welfare Board è responsabile dell’organizzazione della mediazione familiare nel comune.
La mediazione può anche essere fornita da associazioni e fondazioni, nonché da persone che hanno ricevuto l’autorizzazione dall’agenzia governativa regionale per questa attività.
Il Ministero degli affari sociali e della salute pubblica detta norme e istruzioni più dettagliate della legge sul matrimonio in merito alla mediazione familiare.
L’autorizzazione per le attività di mediazione familiare può essere concessa su richiesta a una comunità, gruppo o fondazione che si ritiene fornisca mediazione familiare professionale. L’autorizzazione può anche essere concessa su richiesta a una persona che abbia familiarità con la protezione dei minori, il lavoro di consulenza familiare o il diritto di famiglia e che, sulla base dell’esperienza e delle caratteristiche personali precedenti, abbia caratteristiche sufficienti per agire da mediatore.
Il permesso è rilasciato per un periodo fisso, non superiore a cinque anni alla volta. L’autorizzazione può essere revocata se c’è un motivo per farlo.
Nel concedere un’autorizzazione, l’agenzia amministrativa regionale può allo stesso tempo emanare regolamenti più dettagliati sulla portata e sui compiti, nonché l’obbligo di fornire all’agenzia amministrativa regionale le informazioni necessarie per la supervisione delle attività.
Nella maggior parte dei casi, i mediatori familiari incaricati di questo compito sono lavoratori dipendenti di servizi di consulenza nell’ambito dello sviluppo e della famiglia e di altri servizi sociali.
La mediazione familiare costituisce un procedimento distinto da altri servizi di consulenza sociale e familiare e si prefigge di trovare soluzioni alle controversie tra le parti attraverso il reciproco confronto e la negoziazione. Oltre ai comuni, i servizi di mediazione vengono forniti dai consultori familiari della Chiesa, nonché da altre organizzazioni e individui autorizzati ad impegnarsi nella mediazione.
Se i genitori raggiungono un accordo, il mediatore li aiuta a stipulare un contratto. Affinché l’accordo sia esecutivo, il mediatore chiede ai genitori di ottenere la conferma di un funzionario di previdenza minorile. Un accordo confermato è equivalente a una decisione di giudice[38].
La mediazione familiare è volontaria, riservata e gratuita. L’intera famiglia oppure i coniugi congiuntamente o separatamente possono contattare i servizi di mediazione familiare.
I tribunali possono poi mediare nelle questioni relative alla custodia, l’alloggio, i diritti di accesso e il sostegno finanziario riguardanti i minori[39].
La mediazione in tribunale deve essere effettuata in modo da tenere conto, nella misura del possibile, dell’interesse superiore del minore nonché dei desideri e delle opinioni del minore in relazione all’età e al livello di sviluppo del minore. Nel determinare se un accordo può essere omologato, il tribunale deve tener conto delle disposizioni della legge sul mantenimento minorile e della legge sulla custodia dei figli e il diritto di accesso[40].
In materia di affidamento dei minori, diritto di accesso e mantenimento dei minori, una sessione di mediazione deve essere organizzata senza indugio dopo che il tribunale ha deciso di avviare la mediazione.
La mediazione può essere interrotta in qualsiasi momento. Il mediatore è un giudice assistito da un esperto, di solito uno psicologo o un assistente sociale.
Le parti di una mediazione possono essere assistite da un avvocato di loro scelta o altro assistente.
Per la mediazione giudiziale, è possibile richiedere l’assistenza legale dai fondi dello Stato per coprire il compenso dell’assistente.
Un accordo omologato equivale ad una sentenza del giudice. In caso di mancato raggiungimento di un accordo, il giudice chiude il caso. Se il caso è stato rinviato alla mediazione partendo da un procedimento giudiziario, laddove la mediazione non abbia prodotto esiti positivi ritorna al procedimento giudiziario iniziale[41].
La mediazione familiare in Finlandia può essere richiesta nell’ambito di un processo di esecuzione.
Questa forma di mediazione è disponibile solo quando uno dei genitori ha avviato un processo di esecuzione nel tribunale distrettuale. In questo caso, una decisione del tribunale già esiste, ma non è stata rispettata da parte del genitore.
Ai sensi della legge sull’esecuzione delle decisioni in materia di custodia dei figli e di diritto di visita (619/1996)[42], il giudice individua principalmente il mediatore nei casi in cui sia stata richiesta al tribunale l’esecuzione di una decisione relativa alla custodia o al diritto di visita.
Il mediatore è di solito uno psicologo esperto di psicologia infantile, un assistente sociale esperto nella tutela dei minori o un funzionario di previdenza minorile.
Scopo della mediazione è quello di facilitare la collaborazione dei genitori dei bambini o di altre parti interessate, al fine di assicurare il benessere dei minori.
Il mediatore organizza un incontro tra i genitori e discute in privato con il bambino (o bambini), al fine di scoprire i loro desideri e le opinioni, se questo è possibile considerando l’età e il livello di sviluppo del bambino (o dei bambini).
Il mediatore redige una relazione sulla mediazione da indirizzare al tribunale.
Se la mediazione non porta a un accordo tra i genitori, il giudice emetterà una sentenza sul caso basata, tra le altre cose, sulla relazione del mediatore[43].
6. La mediazione familiare in Grecia
In Grecia l’art. 182 c. 1 della legge 4512/18 (Ν. 4512/2018 (ΦΕΚ Α’ 5/17.01.2018) Ρυθμίσεις για την εφαρμογή των Διαρθρωτικών Μεταρρυθμίσεων του Προγράμματος Οικονομικής Προσαρμογής και άλλες διατάξεις) aveva stabilito dal gennaio 2018 l’obbligatorietà della mediazione preventiva per alcune materie comprese le controversie familiari[44].
Ma la Corte Costituzionale purtroppo ha dichiarato la norma incostituzionale nello scorso giugno[45].
Il Parlamento greco ha però approvato una nuova legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 30 novembre 2019.
Si tratta della legge 4640/2019. Mediazione in materia civile e commerciale – Ulteriore armonizzazione della legislazione greca con le disposizioni della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008 e di altre disposizioni[46].
La nuova norma dispone che dal 15 gennaio 2020, tutte le controversie in materia familiare (ad esclusione dei divorzi e delle controversie ove i diritti non sono disponibili come adozioni e riconoscimento di paternità) sono soggette ad un primo incontro di mediazione a pena di inammissibilità della domanda.
7. La mediazione familiare in Irlanda
In Irlanda l’art. 23[47] della nuova legge sulla mediazione (MEDIATION ACT 2017) prevede che il Ministro della Giustizia, per garantire la disponibilità di sessioni di mediazione familiare ad un costo ragionevole ed in luoghi confortevoli prepari e pubblichi uno schema per la tenuta di tali sessioni. La disposizione sulla futura mediazione obbligatoria è allo stato inattuata.
Ma in precedenza sono state comunque varate diverse norme in favore della mediazione ed i legali hanno particolari obblighi inerenti l’informativa quando si tratti di controversie di famiglia.
8. La mediazione familiare in Lettonia
Dal 1° gennaio 2017 i cittadini possono usufruire di un sostegno erogato dallo Stato nell’ambito di un programma del bilancio pubblico, ossia la possibilità di partecipare a cinque sessioni gratuite con un mediatore certificato per risolvere le controversie fra genitori che incidono sull’interesse dei minori e cercare modalità per migliorare le relazioni fra i membri della famiglia.
Nell’ambito del progetto il sostegno pubblico copre le prime cinque sessioni di mediazione (di 60 minuti ciascuna) gestite da un mediatore certificato e senza oneri per le parti.
Se la controversia non è risolta entro cinque sessioni, il costo di ulteriori servizi dovrebbe essere sostenuto dalle parti.
Per verificare l’ammissibilità di una persona al servizio si dovrebbe consultare un mediatore certificato o il consiglio dei mediatori certificati.
Le informazioni relative al progetto sono portate a conoscenza degli interessati attraverso gli organi giurisdizionali e sono trasmesse ai comuni, ai servizi sociali, ai tribunali della famiglia, ecc.
Il progetto intende assistere 300 coppie, per consentire ai genitori con prole di risolvere le controversie familiari e i disaccordi in fase di esame presso l’organo giurisdizionale nonché le controversie non ancora in tribunale.
In particolare, il progetto mira a sostenere i matrimoni o almeno a risolvere le controversie in modo tale da consentire di salvaguardare il rispetto fra i genitori del minore e garantire che essi possano quindi comunicare fra l’altro per concordare diverse questioni inerenti le cure quotidiane, l’educazione e l’istruzione del minore.
9. La mediazione familiare in Polonia
In Polonia le questioni concordabili in mediazione possono riguardare: la riconciliazione di coniugi; la definizione delle condizioni per la separazione; le forme di autorità parentale; il contatto con i figli; il soddisfacimento delle esigenze familiari; il mantenimento e il sostegno a favore dei figli; nonché questioni relative alle proprietà e alle abitazioni. Una transazione tramite mediazione può anche contemplare il rilascio di un passaporto, la scelta dell’educazione del minore, i contatti con i membri della famiglia allargata e/o la gestione dei beni del minore[48].
La mediazione può essere effettuata prima che la questione venga portata dinanzi al tribunale oppure in seguito all’avvio del procedimento, sulla base di una decisione del tribunale stesso.
In ogni caso, la mediazione è soggetta al consenso delle parti.
Ciascuna parte può fare domanda per ricorrere alla mediazione in qualsiasi fase del procedimento giudiziario.
Il mediatore viene scelto di comune accordo dalle parti oppure nominato dal tribunale, prendendo in considerazione innanzitutto i soggetti presenti nell’elenco dei mediatori permanenti[49].
Il procedimento di mediazione istituito in applicazione di una decisione del tribunale non dovrebbe durare più di 3 mesi, tuttavia il termine può essere prorogato su richiesta congiunta o per qualsiasi altro motivo valido se ciò facilita la conciliazione.
Non appena riceve una decisione del tribunale il mediatore contatta le parti al fine di definire la data e il luogo per un incontro.
Il mediatore spiega le regole e le modalità di svolgimento del procedimento di mediazione e chiede alle parti se concordino nel ricorrere alla mediazione.
La mediazione è costituita da sessioni congiunte e separate.
La mediazione è riservata. Il mediatore ha l’obbligo di non rivelare i dettagli della mediazione a terzi. I verbali della mediazione non contengono alcun giudizio o alcuna posizione delle parti.
Un mediatore non può testimoniare riguardo i fatti di cui viene a conoscenza come conseguenza dell’attività di mediazione svolta, a meno che le parti non lo esentino dall’obbligo di riservatezza.
La mediazione può sfociare in una conciliazione reciprocamente accettabile sottoscritta dalle parti.
Nel contesto delle cause di divorzio o di separazione, la mediazione può portare a una riconciliazione e/o a un accordo tra i coniugi, oppure allo sviluppo di posizioni giuridiche condivise. Dette posizioni costituiscono una base per la risoluzione della causa da parte del tribunale.
Il mediatore fornisce una copia del verbale alle parti.
Il mediatore presenta il verbale e qualsiasi accordo di conciliazione raggiunto alla corte.
Una conciliazione raggiunte tramite mediazione e approvata dal tribunale ha la stessa validità giuridica di una transazione giudiziaria e pone fine alla causa.
Il tribunale si rifiuterà di approvare la conciliazione nel caso in cui la stessa sia contraria alla legge o ai principi della vita comunitaria, sia intesa ad aggirare la legge, sia confusa o contenga contraddizioni.
Nel caso in cui non venga data effettiva esecuzione a una conciliazione che è stata dichiarata esecutiva, il caso può essere riferito a un funzionario di un servizio di contrasto nominato dal tribunale.
Nel caso in cui non sia possibile raggiungere alcuna conciliazione, le parti possono cercare di esercitare i loro diritti in giudizio.
I costi della mediazione sono sostenuti delle parti. Solitamente ciascuna parte paga la metà dei costi, a meno che le parti non concordino altrimenti.
Una parte può richiedere l’esenzione dai costi della mediazione.
Indipendentemente dell’esito del caso, il tribunale può ordinare a una parte a rimborsare i costi derivanti da un rifiuto manifestamente irragionevole di impegnarsi nella mediazione.
Qualora si giunga a una conciliazione prima dell’inizio dell’udienza in tribunale, viene rimborsato alla parte il 100% delle spese di giudizio.
Qualora si giunga a una conciliazione dinanzi al mediatore in una fase successiva del procedimento (dopo l’inizio dell’audizione del caso in tribunale), viene rimborsato il 75% delle spese di giudizio.
Nell’ambito di una causa di divorzio o separazione, se le parti si riconciliano dinanzi al giudice di primo grado e si ritirano dal processo, viene rimborsato il 100% delle spese di giudizio versate quando il caso è stato portato dinanzi al tribunale. Se le parti giungono alla riconciliazione prima della conclusione del procedimento dinanzi al tribunale di secondo grado, viene rimborsato il 50% delle spese versate per l’appello.
In caso di mediazione extragiudiziale, la retribuzione del mediatore è stabilita dal centro di mediazione oppure le parti raggiungono un accordo in merito alla stessa congiuntamente al mediatore prima dell’inizio della mediazione.
10. La mediazione familiare in Portogallo
In Portogallo prevale il principio della mediazione volontaria[50].
Le parti in un conflitto familiare relative a figli o coniugi possono di comune accordo utilizzare la mediazione familiare pubblica o privata.
La Corte può anche sottoporre le parti alla mediazione, ma non può imporla se le parti non concordano o si oppongono.
Il ricorso alla mediazione familiare può aver luogo prima che sia intrapresa un’azione presso il Tribunale o presso i Conservatori del registro civile (Conservatória do Registo Civil) o dopo che il processo è pendente.
In entrambi i casi, l’accordo in materia di famiglia deve essere omologato per diventare esecutivo.
Alla mediazione familiare si può partecipare tramite rappresentante o di persona.
La 19 aprile 2013 n. 29[51] stabilisce i principi generali applicabili alla mediazione.
Se le parti ricorrono alla mediazione familiare prima di presentare un’azione, qualora raggiungano un accordo, devono rivolgersi all’Ufficio del registro civile di loro scelta per farlo omologare.
In tal caso, l’accordo può riguardare sia le questioni relative ai coniugi (ad esempio il divorzio, il mantenimento tra coniugi, la casa familiare, l’uso dei cognomi degli ex coniugi), sia le questioni relative ai figli (ad esempio un accordo sulla responsabilità genitoriale allegato a un accordo di divorzio o un accordo alimentare per i figli).
Prima della omologazione da parte del conservatore, il pubblico ministero emette un parere sull’accordo nella parte in cui riguarda le responsabilità genitoriale dei minori.
Nel caso in cui la mediazione familiare avvenga prima che l’azione venga intentata e sia intesa unicamente a regolare le responsabilità genitoriali per i minori, previo accordo (senza che sia allegato un atto di divorzio o un accordo di separazione legale), l’omologazione deve essere richiesta dalle parti al tribunale competente.
Nel caso in cui la mediazione familiare intervenga a causa pendente si osservano le seguenti regole.
Nelle azioni che riguardano la responsabilità genitoriale (ad es. custodia, visite, mantenimento dei minori) ci può essere una fase di audizione tecnica specializzata e di mediazione (audição técnica especializada e mediação).
Se le parti non raggiungono un accordo durante la audizione per cui sono state convocate dal giudice, il giudice sospende il procedimento per un periodo compreso tra i 2 e i 3 mesi e rinvia invece le parti a uno dei seguenti meccanismi: alla mediazione[52], a condizione che vi sia consenso delle parti o che lo richiedano; o all’audizione tecnica specializzata[53], che deve essere svolta dai servizi di consulenza tecnica della Corte.
Non si può far luogo a mediazione o all’audizione tecnica specializzata qualora a) viene attribuita una misura coercitiva o viene applicata una pena accessoria per il divieto di contatto tra genitori, oppure
b) i diritti e la sicurezza delle vittime di violenza domestica e altre forme di violenza nella famiglia, come l’abuso di minori o l’abuso sessuale, sono gravemente a rischio[54].
Se c’è un accordo il giudice lo valuta e lo omologa. Se non c’è un accordo il processo prosegue.
Per tutte le azioni legali civili in generale, comprese quelle riguardanti i coniugi (ad es. divorzio e separazione personale, mantenimento tra coniugi ed ex coniugi, assegnazione della casa familiare, in assenza di un accordo iniziale), l’articolo 273. del Codice di procedura civile prevede la possibilità che la Corte sospenda il caso e rinvii il caso alla mediazione, a meno che una delle parti non vi si opponga.
Ai sensi dell’articolo 272, paragrafo 4, del Codice di procedura civile, le parti possono anche chiedere di comune accordo di sospendere il processo per tre mesi e entro tale termine ricorrere alla mediazione di propria iniziativa.
L’accordo sarà poi omologato dalla Corte.
Le azioni in materia di famiglia[55] che sono di competenza dei Conservatori del registro civile (Conservatória do Registo Civil) richiedono l’accordo preliminare delle parti perché altrimenti rientrano nella giurisdizione dei tribunali.
Pertanto, in questi casi, il ricorso alla mediazione su iniziativa delle parti può essere utile prima dell’avvio della procedura.
Dopo l’apertura del processo presso la Conservatoria, l’articolo 14, paragrafo 3, del DL n. 272/2001 del 13/1[56], stabilisce che il conservatore deve informare i coniugi che desiderano divorziare dall’esistenza di servizi di mediazione. Questa disposizione legale consente, in attesa della procedura di divorzio di comune accordo presso la Conservatoria, alle parti di ricorrere alla mediazione per ottenere la riconciliazione dei coniugi o per rivedere l’accordo sulle responsabilità genitoriali, allegato all’accordo di divorzio.
Se le parti ricorrono alla mediazione privata dovranno pagare il compenso del al mediatore che è fissato nel contratto per mediare firmato dalle parti e dal mediatore all’inizio della mediazione.
Il Ministero della Giustizia organizza un elenco di mediatori pubblici e privati[57] che le parti possono consultare per scegliere un mediatore privato.
Per utilizzare la mediazione pubblica le parti devono contattare l’Ufficio di risoluzione alternativa delle controversie, della direzione generale della Politica di giustizia, e richiedere la programmazione della sessione di pre-mediazione.
Possono farlo per telefono, e-mail o utilizzando un modulo elettronico.
Nella sessione pubblica di pre-mediazione, viene firmato il contratto per mediare tra le parti e il mediatore.
La durata delle sessioni è fissa, le sessioni sono programmate e vengono spiegate le regole della procedura.
Il costo della mediazione familiare pubblica è di 50,00 euro per ciascuna parte indipendentemente dal numero di sessioni previste.
Questa commissione di 50,00 euro è pagata da ciascuna parte all’inizio della mediazione pubblica.
I compensi dei mediatori nel sistema pubblico non sono a carico delle parti.
Sono pagati dalla direzione generale della Politica di giustizia secondo una tabella stabilita dalla legge.
Le sessioni pubbliche di mediazione possono aver luogo presso la direzione generale della Politica di giustizia o presso le strutture disponibili nel comune di residenza delle parti.
Nella mediazione pubblica, le parti possono scegliere un mediatore tra quelli selezionati per il sistema pubblico.
Se non lo scelgono, l’Ufficio di risoluzione alternativa delle controversie, della direzione generale della Politica di giustizia, indica uno dei mediatori nell’elenco dei mediatori pubblici[58], in ordine sequenziale e tenendo conto della vicinanza dell’area di residenza delle parti.
Come regola generale, questa indicazione viene eseguita in modo informatizzato.
Se le parti beneficiano del patrocinio gratuito possono coprire i costi della mediazione.
In caso di conflitto transfrontaliero è possibile utilizzare per la mediazione solo i sistemi di videoconferenza.
In Portogallo i mediatori di altri Stati membri possono non solo iscriversi all’elenco dei mediatori familiari organizzati dal Ministero della giustizia (che comprende mediatori pubblici e privati), ma possono anche essere selezionati dall’elenco dei mediatori familiari pubblici. In entrambi i casi, in circostanze identiche a quelle applicabili ai mediatori nazionali.
In Portogallo la co-mediazione è consentita sia nei sistemi di mediazione pubblici che privati. La co-mediazione può aver luogo se le parti decidono di optare per essa o su suggerimento del mediatore se ritiene che sia il modo migliore per affrontare il caso.
11. La mediazione familiare nel Regno Unito
Ai sensi della sezione 10 (1) del Children and Families Act 2014, è oggi obbligatorio nel Regno Unito partecipare a un MIAM prima di presentare determinati tipi di domande (in relazione a problematiche che riguardano i minori o a richieste finanziarie) per ottenere un ordine del tribunale.
Un’esenzione dal MIAM si può chiedere solo in caso di violenza domestica, di fallimento e quando non esiste un mediatore familiare autorizzato entro il raggio di quindici miglia dalla casa del potenziale richiedente.
Il MIAM può essere effettuato prima del giudizio ed in corso di causa.
Il tribunale ha il potere generale di sospendere il procedimento al fine di tentare la risoluzione extragiudiziale delle controversie, inclusa la partecipazione a un MIAM per prendere in considerazione la mediazione familiare e altre opzioni.
Un MIAM è un breve incontro che fornisce informazioni sulla mediazione come modo per risolvere le controversie. È condotto da un mediatore addestrato che valuta se la mediazione è appropriata nelle circostanze. Dovrebbe essere tenuto entro 15 giorni lavorativi dal contatto con il mediatore[59].
La mediazione familiare può essere a pagamento o gratuita se si può fruire del gratuito patrocinio
Al MIAM si può partecipare congiuntamente, ma spesso è un incontro informativo individuale.
12. La mediazione familiare in Slovenia
La mediazione in Slovenia è regolata dalla Legge in materia civile e commerciale[60] e ai sensi dell’articolo 2, primo comma, viene svolta in controversie in materia di diritto di famiglia relativamente a questioni sulle quali le parti possono accordarsi liberamente e concludere transazioni.
Inoltre, la legge sulla risoluzione alternativa delle controversie[61], si applica alle relazioni familiari e in base a tale legge il giudice deve permettere la mediazione tra le parti per risolvere una controversia.
All’articolo 22, primo comma, della ZARSS è previsto che la mediazione per le controversie relative alle relazioni tra genitori e figli sia gratuita in quanto le spese per l’opera del mediatore e i costi per gli spostamenti siano a carico dell’organo giurisdizionale e non delle parti.
Ciò inoltre si applica ai casi in cui la mediazione, insieme alle dispute relative alla relazione tra genitori e figli, tratta della risoluzione della comunione dei beni tra coniugi.
Ai sensi dell’articolo 2 delle Norme sui mediatori nei programmi giudiziari[62] il giudice che gestisce l’elenco dei mediatori ai sensi della ZARSS decide, in linea con le esigenze del programma, il numero massimo di mediatori che possono far parte dell’elenco in un determinato settore.
Relativamente alla mediazione su questioni di diritto di famiglia (per quanto riguarda i mediatori presenti nell’elenco) il giudice deve verificare il fatto che la mediazione in controversie relative alle relazioni tra genitori e figli possa essere svolta da due mediatori, uno dei quali deve aver superato l’esame di abilitazione da avvocato, mentre l’altro deve dimostrare la sua competenza ed esperienza nel settore della psicologia o in un altro settore analogo[63].
13. La mediazione familiare in Spagna
In Spagna[64] la mediazione in materia di diritto di famiglia si può svolgere soltanto su base volontaria e per agevolarla nell’ipotesi, fra l’altro, della mediazione familiare transfrontaliera, la legislazione generale in materia di mediazione riconosce esplicitamente che la stessa si può effettuare per videoconferenza o con altri mezzi elettronici che permettano la trasmissione della voce o dell’immagine.
Le parti possono svolgere la mediazione sia prima dell’inizio del procedimento giudiziario sia nel corso dello stesso o a anche una volta concluso con una modifica oppure per agevolare l’esecuzione della decisione del giudice.
Nel caso in cui svolgano prima la mediazione e facciano riferimento a un accordo il procedimento dinanzi al giudice si snellisce in quanto le parti optano per un procedimento semplificato in cui entrambe le parti propongono tale accordo al giudice in materia di diritto famiglia, e quest’ultimo lo omologa salvo che sia in contrasto con la legge o con gli interessi dei figli minorenni o eventualmente interdetti avuti dai coniugi.
Allo stesso modo e se non ci sono figli minorenni o interdetti le parti possono altresì optare per far omologare da un notaio tale accordo; quest’ultimo lo redigerà con un’apposita scrittura e che avrà gli stessi effetti di una pronuncia del giudice.
Nel caso in cui il procedimento giudiziario sia iniziato senza avviare la mediazione, il giudice, tenendo conto delle circostanze del caso, può ammettere che le parti svolgano la mediazione e pertanto si svolgerà una seduta informativa gratuita dinanzi al giudice competente in materia di diritto di famiglia.
Nel caso in cui si decida di svolgere la mediazione il procedimento giudiziario non si sospende, a meno che le parti non chiedano la sospensione e nel caso in cui infine si giunga a un accordo, quest’ultimo verrà omologato dal giudice. Nel caso in cui, invece, non si riesca a concludere un accordo o le parti non abbiano deciso optato per la mediazione, il giudice emetterà una pronuncia risolvendo tutti le questioni controverse tra le parti.
La mediazione familiare non è ammessa quando sia pendente un procedimento per violenza di genere tra le parti.
La riunione informativa è gratuita, ma la mediazione comporta un costo che va sostenuto dai coniugi in parti uguali, a meno che le stesse possano usufruire del gratuito patrocinio[65].
Il mediatore deve avere un diploma di laurea o di formazione professionale superiore e inoltre deve avere una formazione specifica per esercitare la mediazione; tale formazione viene impartita in istituti appositamente accreditati.
Per poter esercitare la mediazione familiare non occorre l’iscrizione a uno specifico registro, anche se sono stati creati registri sia in ambito nazionale che regionale[66].
In ambito regionale praticamente tutte le Comunidades Autónomas hanno creato un servizio pubblico di mediazione. Per essere informati al riguardo è sufficiente consultare la rubrica “mediazione” sulle pagine web di ciascuna delle comunità. Tale rubrica fa riferimento al funzionamento del sistema di mediazione, ed eventualmente al registro dei mediatori applicabile, tramite il link corrispondente, e contiene in genere un formulario per richiedere la mediazione e che rinvia agli organismi specializzati creati per svolgere la mediazione.
Nel caso in cui occorra effettuare una ricerca per individuare un mediatore occorre stabilire se la mediazione deve aver luogo dopo l’avvio del procedimento o se si voglia svolgere tale mediazione indipendentemente dal procedimento stesso. Nel caso in cui la domanda di mediazione venga presentata dopo l’avvio del procedimento, il giudice che si occupa di diritto di famiglia riceve tale domanda e rinvia le parti ad organismi di mediazione familiare riconosciuti dall’organo giurisdizionale. Al contrario qualora la mediazione venga svolta prima del procedimento giudiziario o al di fuori dello stesso, la parte dovrà effettuare una ricerca di un mediatore familiare consultando eventualmente diverse fonti d’informazione[67].
I servizi di mediazione creati dalle comunità autonome hanno coordinate in genere disponibili sui siti internet.
Oltre a quanto già menzionato si possono consultare maggiori informazioni sul procedimento di mediazione familiare, sulla legge applicabile, sui servizi di mediazione esistenti nelle diverse comunità autonome e sui relativi protocolli sul sito del Consiglio superiore della magistratura[68].
14. La mediazione familiare in Svezia
Secondo un principio generale del diritto svedese le soluzioni prese di comune accordo sono considerate le migliori per il minore.
Pertanto, le norme sono state formulate in modo tale che occorre anzitutto effettuare un tentativo per convincere i genitori a trovare un accordo su questioni che interessano i loro figli (ancora minorenni).
Ai servizi sociali spetta una responsabilità particolare ed essi devono, tra l’altro, proporre ai genitori la conciliazione.
Lo scopo del procedimento di conciliazione è di aiutare i genitori a raggiungere un accordo (v. ulteriori informazioni sulla conciliazione).
Nel caso in cui i genitori concordino, la soluzione presa col consenso di entrambi può essere inserita in un accordo approvato dai servizi sociali.
Inoltre, i giudici devono tentare di raggiungere un accordo con il consenso di entrambi i genitori. Nel caso in cui non si trovasse l’accordo, il giudice può disporre la conciliazione o la mediazione.
La mediazione familiare, nei casi in cui sia già stato adito il giudice competente, viene utilizzata di solito allorché, ad esempio, la conciliazione non ha prodotto alcun esito, ma si ritiene che vi sia ancora la possibilità che i genitori raggiungano un accordo relativamente a questioni che riguardano i figli.
Spetta al giudice decidere chi nominare come mediatore. Una decisione che disponga per la mediazione di per sé non richiede il consenso dei genitori, ma può essere difficile per un mediatore assolvere i suoi compiti nel caso in cui uno dei genitori si opponga alla nomina di un mediatore.
Quest’ultimo decide le modalità della mediazione, previa consultazione del giudice competente. Non esistono né codici di condotta né simili convenzioni per i mediatori.
Non esiste un’organizzazione che si occupa della formazione nazionale per i mediatori.
I mediatori hanno diritto a una remunerazione ragionevole per il lavoro, il tempo impiegato e le spese. La remunerazione viene pagata dallo Stato[69].
15. La mediazione familiare in Ungheria
L’Ungheria ha istituito la mediazione familiare obbligatoria in materia di custodia anche transfrontaliera dal 15 marzo 2014[70].
Il giudice può ordinare un primo incontro di mediazione e la sua decisione è inappellabile[71].
La mediazione è più accettata e ben nota nelle questioni relative al diritto di famiglia che nel campo della risoluzione delle controversie commerciali[72].
Il tasso di successo è secondo il Ministro della Giustizia del l’85-90%.
Il Codice civile al § 4:172[73] prevede che il giudice se è il caso, può richiedere ai genitori di utilizzare la mediazione al fine di garantire il corretto esercizio della responsabilità genitoriale e per garantire la cooperazione necessaria, comprendendo anche le controversia sulla comunicazione tra il genitore separato e il figlio.
Pertanto, in questi casi, il giudice può ordinare alle parti di cercare di risolvere la controversia attraverso la mediazione.
Il tribunale avvierà una procedura di mediazione se le parti sono in conflitto a tal punto che non sono in grado di comunicare e risolvere una piccola parte della controversia. Dato che l’interesse superiore del minore dovrebbe essere una considerazione preminente nei procedimenti, la mediazione obbligatoria è particolarmente importante nei casi di responsabilità genitoriale in cui le parti sono riluttanti a discutere le reciproche opinioni e insistere sulla propria volontà e aspettative.
Oltre ai casi obbligatori di cui sopra, nella procedura di divorzio, il giudice può raccomandare alle parti la mediazione, ma in tali casi non vi è alcuna costrizione.
Un’altra possibilità di mediazione obbligatoria riguarda la procedura di protezione dell’infanzia ove i genitori possono essere obbligati a partecipare a una procedura di mediazione[74].
L’ex ministro federale della giustizia austriaca, Beatrix Karl, ha diffuso un libro sulla giustizia austriaca (“Alles was Recht ist“) nel quale ha precisato che: “Il divorzio è un grave passo che comporta conseguenze umane e giuridiche in particolare per i bambini. Pertanto è necessario che i giudici lavorino prima in conciliazione ed evidenzino le possibilità di mediazione”[76].
E dunque la mediazione familiare viene tenuta in gran conto dal governo austriaco.
Tanto che in materia di custodia dei minori il giudice può ordinare un primo incontro informativo di mediazione o un arbitrato dopo che la casa della famiglia è stata visitata da un consulente educativo[77].
L’aver previsto un ordine del giudice in questa materia è un grande passo avanti dato che con una pronuncia del 17 luglio 1997[78] la Corte Superiore Austriaca aveva dichiarato l’incostituzionalità della mediazione obbligatoria proprio in una disputa attinente alla custodia dei figli.
Il servizio di assistenza familiare è fornito da ogni tribunale e si occupa appunto su ordine del giudice della custodia dei bambini e del contatto degli stessi con gli adulti[79]: in sostanza la controversia viene affidata in prima battuta a psicologi, assistenti sociali ed educatori che coltivano tramite la mediazione un accordo tra i genitori; in caso di fallimento è il giudice che prenderà una decisione definitiva.
Ma il servizio può occuparsi anche di fare indagini specifiche, o di dare pareri tecnici e ciò sempre su incarico del giudice.
Ogni anno in Austria partecipano alla mediazione familiare, secondo dati oramai risalenti, circa 370 coppie, ma la partecipazione è in continuo aumento ed i mediatori familiari sono figure molto richieste.
La mediazione familiare è finanziata per gli incapienti. Pur non sussistendo in Austria il gratuito patrocinio, nelle cause di diritto di famiglia il ministro federale per la salute, la famiglia e la gioventù[80] può fornire un contributo alle spese in funzione del reddito della famiglia (v. Familienlastenausgleichsgesetz 1967 § 39c)[81].
La mediazione familiare è affidata a due mediatori, uno si occupa dei profili psico-sociali (assistente sociale, psicologo ecc.)[82] e l’altro di quelli legali (avvocato, giudice ecc.)[83].
Oltre al loro background professionale i mediatori seguono un corso specifico ovviamente.
Il costo di una sessione di mediazione è di 220 €, ma i genitori pagano soltanto una quota in relazione al loro reddito familiare ed al numero di figli (c’è una tabella apposita). Il resto lo mette lo Stato.
In particolare lo Stato sovvenziona cinque associazioni (konfliktmediation, Comedio ecc.) di mediatori familiari; chi pretenda l’applicazione della tabella e quindi lo sconto sulla prestazione dei mediatori deve scegliere un mediatore appartenente alle associazioni sovvenzionate.
Esiste per ogni regione un mini-registro ove sono presentate le coppie di co-mediatori appunto facenti capo ad ogni associazione: in Burgenland ci sono 13 coppie di mediatori, in Carinzia 21, in Bassa Austria 49, in Alta Austria 34, in Salisburgo 27, in Stiria 51, In Tirolo 16, in Voralberg 6, in Vienna 188, per un totale di 405 coppie e quindi 810 mediatori con cui godere di un regime privilegiato.
Possiamo dire infine che i mediatori familiari in Austria costituiscono circa un terzo dei mediatori totali: il registro ministeriale che li raggruppa dal 2004 reca il numero di 2.504 soggetti su una popolazione di 8 milioni e mezzo di abitanti.
In tutte le cause di competenza del Tribunal de la famille (Tribunale della famiglia), non appena viene presentata una domanda, il cancelliere informa le parti della possibilità di ricorrere alla mediazione e fornisce loro tutte le informazioni utili in tal senso (articolo 1253 ter/1 del codice giudiziario).
La mediazione può essere utilizzata nelle controversie relative agli obblighi matrimoniali (articoli 201 e 203 del codice civile), ai diritti e doveri dei coniugi (articoli da 221 a 224 del codice civile), agli effetti del divorzio (articoli da 295 a 307 bis del Codice Civile), all’autorità parentale (articoli da 371 a 387 bisdel codice civile), al divorzio per disunità irrimediabile (articolo 229 del codice civile), al divorzio per mutuo consenso (articoli da 1254 a 1310 del codice giudiziario) e la convivenza di fatto. Ogni parte può liberamente proporre di ricorrere al processo (volontario) di mediazione (articoli 1730 e seguenti del Codice giudiziario).
Il giudice che ascolta la causa può anche ordinare la mediazione (giudiziaria) in qualsiasi momento durante la procedura (articolo 1734 e seguenti del codice giudiziario).
In entrambi i casi, se le parti raggiungono un accordo di mediazione, può essere sottoposto all’approvazione del giudice. Il giudice può rifiutare di approvare l’accordo solo se è contrario all’ordine pubblico o agli interessi dei minori[84].
In materia di divorzio per désunion irrémédiable (divorzio fondato sul carattere irrimediabile dello scioglimento dell’unione coniugale), il giudice può ordinare la sospensione del procedimento per un periodo non superiore a un mese per consentire alle parti di informarsi sulla mediazione (articolo 1255, paragrafo 6, comma 2, del codice giudiziario).
Il § 6. Prevede che Il giudice possa ordinare la comparizione personale delle parti su richiesta di una delle parti o del pubblico ministero, o se lo ritiene utile, in particolare al fine di conciliare le parti o valutare l’opportunità di un accordo relativo alla persona, alla manutenzione e alla proprietà dei bambini.
Fatto salvo l’articolo 1734, il tribunale informa le parti della possibilità di risolvere la controversia mediante conciliazione, mediazione o qualsiasi altra soluzione amichevole dei conflitti. Se ritiene che sia possibile una riconciliazione, può ordinare la sospensione del procedimento al fine di consentire alle parti di raccogliere tutte le informazioni utili al riguardo. La durata dell’aggiornamento non può superare un mese.
Su richiesta delle parti, o se il giudice lo ritiene opportuno, il fascicolo viene quindi rinviato alla camera di composizione amichevole del tribunale della famiglia, sulla base degli articoli 661 e seguenti.
Le chambres de règlement amiable (camere di composizione amichevole) del Tribunale della famiglia rientrano tuttavia nell’ambito della conciliazione (articolo 731 del codice giudiziario): i giudici sono chiamati a conciliare le parti anche se non si pronunceranno in definitiva sulla causa. La mediazione nel codice giudiziario non ammette infatti che un giudice sia mediatore.
La mediazione avviene in totale riservatezza e il mediatore è tenuto al segreto professionale (articolo 1728, paragrafo 1, del codice giudiziario).
La procedura di mediazione comprende tre fasi:
– la designazione del mediatore[85] da parte del giudice;
– il rinvio della causa a una data successiva da parte del giudice che stabilisce l’anticipo della retribuzione;
– l’esito della mediazione: se la mediazione si è conclusa con un accordo, i termini di tale accordo sono oggetto di un documento scritto tra le parti (accordo di mediazione) che può essere omologato dal giudice. Viceversa, in assenza di accordo, le parti possono avviare (o proseguire) il procedimento giudiziario o chiedere di comune accordo la designazione di un altro mediatore.
Gli onorari, le spese e le condizioni di pagamento sono preventivamente stabiliti tra le parti e il mediatore.
18. La mediazione familiare in Bulgaria
In Bulgaria i giudici possono informare le parti della possibilità di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti .
In materia familiare nel 2019 Cipro ha varato una nuova legge che prevede all’art. 17 che il tribunale dinanzi al quale un procedimento giudiziario sia oggetto di una controversia familiare può, in qualsiasi fase del procedimento prima di emettere una decisione, ove ritenga che la controversia possa essere risolta attraverso la mediazione, invitare le parti a comparire dinanzi ad esso per informarle su come viene svolto il processo di mediazione e sulla possibilità di risolvere la disputa familiare con tale procedimento[87].
Sembra dunque che la convocazione per l’incontro informativo sia obbligatoria per le parti.
20. La mediazione familiare in Estonia
In Estonia ai sensi dell’art. 4 del C.p.c.[88] il giudice può inviare le parti in mediazione o in conciliazione. E ciò in generale.
Il c. 1 dell’art. 562 del C.p.c. dà poi al Giudice la possibilità di invitare i genitori ad una mediazione o conciliazione.
La legge sulla conciliazione stabilisce poi che “Nei casi previsti dalla legge, le procedure di conciliazione sono procedure preliminari obbligatorie”[89].
Ad oggi l’unico caso sembra quello previsto dal § 563 del Codice di rito[90]: si tratta di un procedimento di conciliazione a seguito della violazione di una sentenza che disponga l’obbligo di comunicazione tra il genitore ed il figlio. Chi voglia adire il Tribunale deve appunto preliminarmente andare in conciliazione con il coniuge refrattario
Le spese per un processo di mediazione pagato dalle parti varia da regione a regione. Una sessione costa da 60 a 80 EUR a Tallinn e in altre grandi città estoni, e da 40 a 50 EUR nel resto del paese. Una sessione dura 90 minuti e le parti possono prevedere di partecipare a una media di 5-6 incontri.
Il servizio di mediazione familiare può essere fornito da specialisti in psicologia, nel settore sociale (comprese tutela dei minori e assistenza sociale) oppure in diritto, che hanno completato una formazione specifica e sono in possesso di un certificato professionale pertinente; i contatti di questi specialisti sono disponibili sui siti web dell’associazione estone dei mediatori, dei tribunali regionali e delle amministrazioni locali[91].
21. La mediazione familiare in Francia
Secondo la FENAMEF[92] “la mediazione familiare è un processo di costruzione o ricostruzione di legami familiari con particolare attenzione all’indipendenza e alla responsabilità di coloro che sono coinvolti in situazioni di rottura o di separazione in cui un imparziale, terzo indipendente, qualificato e senza potere di decisione – il mediatore familiare – favorisce, attraverso l’organizzazione di colloqui confidenziali, la comunicazione, la gestione dei conflitti della famiglia intesa nelle sua diversità e nella sua evoluzione“[93].
Con decreto del 19 marzo 2012[94] il Ministero della solidarietà e della coesione sociale ha definito[95] il contesto della mediazione familiare e dell’intervento del mediatore familiare[96]. Si riporta qui di seguito la traduzione di quanto dettato dal Ministero.
La mediazione familiare, nata nella società civile negli anni ’80[97], ha trovato il suo posto nella legge del 4 marzo 2002 (Sezione Civile Codice 373-2-10) sulla potestà genitoriale e della legge del 26 marzo 2004 in materia di divorzio (art. 255 del codice civile)[98].
La mediazione familiare è un processo di costruzione o ricostruzione dei legami familiari, che si concentra sulla patria potestà e sulla responsabilità di coloro che sono coinvolti in situazioni di conflitto o di disgregazione del nucleo familiare[99].
Il mediatore familiare attua la mediazione nel campo della famiglia. La famiglia è definita nella diversità della sua espressione attuale, e anche nella sua evoluzione. Il termine comprende tutte le modalità di unione e tiene conto delle diverse forme di filiazione e di alleanza[100].
Il campo di azione del mediatore familiare concerne le situazioni di conflitto e di rottura in questo contesto, e più specificamente la relazione tra i genitori, l’organizzazione della vita dei bambini, i legami generazionali e quelli tra fratelli. La mediazione familiare si mobilita per situazioni come il divorzio, la separazione, la morte, le situazioni di conflitto e di rottura della comunicazione all’interno della famiglia, le situazioni familiari con una dimensione internazionale nel campo della tutela dei minori, le eredità e le questioni di proprietà[101].
Nel campo sopra definito, gli sforzi del mediatore familiare si attuano in uno preciso contesto caratterizzato da un processo specifico[102].
Quest’ultimo processo è teso a sostenere coloro che scelgono di impegnarsi in mediazione familiare, per consentire loro di costruire e decidere insieme le migliori opzioni per risolvere il loro conflitto[103].
Il mediatore familiare favorisce il ripristino del dialogo, dei collegamenti comunicativi tra le persone, la loro capacità di gestire i conflitti e la loro capacità di negoziare. Favorisce il loro percorso, compreso il riconoscimento della fondatezza delle argomentazioni presentate da ciascuno[104].
Supporta la ricerca di soluzioni pratiche per avvicinare le persone a trovare da sole le fondamenta di un accordo reciprocamente accettabile, tenendo conto dello stato di diritto, delle esigenze di ogni membro della famiglia, comprese quelle dei bambini in uno spirito di corresponsabilità[105].
Il mediatore familiare svolge in un certo senso una professione qualificata sulla base di una esperienza professionale acquisita nel campo del lavoro sociale, socio-educativo, sanitario, giuridico, psicologico che si conclude con una certificazione che garantisce l’acquisizione di specifiche competenze necessarie all’attuazione della mediazione familiare. Si richiedono competenze adeguate alle situazioni di crisi, in cui si esprimono con forza le emozioni, le tensioni e varie problematiche[106].
Il mediatore familiare garantisce la regolarità della procedura e del contesto[107].
Per fare questo, il mediatore riveste una posizione di terzietà, che è parte di una relazione ternaria. Non ha alcun potere di decisione[108].
Il suo intervento è iscritto in un quadro etico caratterizzato dai principi di alterità, imparzialità, indipendenza, riservatezza, neutralità, equità[109].
Il mediatore familiare può avere bisogno di collaborare con altri professionisti nel campo della salute, dell’amministrazione, della socialità, dell’economia, del diritto ecc.[110]
La mediazione familiare si esercita in varie strutture: associazioni a carattere sociale o familiare, associazioni di mediazione familiare, servizi pubblici o para-pubblici e liberali[111].
Ricordo al proposito che sono presenti in Francia alcune organizzazioni non governative nel settore della famiglia[112].
Sempre in ambito familiare, la Cassa nazionale per gli assegni familiari[113] ha approvato una convenzione tra medici ed enti assistenziali statali che consente alle strutture di fruire di una prestazione di mediazione familiare subordinata al rispetto di talune norme.
Il decreto del 19 marzo 2012 è importante anche perché regola il diploma da mediatore familiare.
A dire il vero non esiste nemmeno un codice deontologico nazionale[115], né un’autorità centrale o statale responsabile della regolamentazione della professione di mediatore e non ne è prevista la creazione.
Il diploma di mediatore familiare (Diplôme d’Etat de Médiateur Familial (DEMF))[116] non è una novità perché è stato istituito con decreto 2 dicembre 2003[117] e decreto 12 febbraio 2004[118].
La formazione veniva assicurata da centri riconosciuti dalla Direzione regionale degli affari sanitari e sociali[119].
In questi centri, gli alunni seguivano in tre anni un corso di formazione di 560 ore con almeno 70 ore di tirocinio. Al termine del tirocinio il candidato superava delle prove che confermavano tale percorso formativo.
Secondo la nuova normativa che è del marzo 2012[120] e che è attualmente in vigore, per accedere al corso da mediatore è necessario aver conseguito una determinata istruzione[121], bisogna superare una prova selettiva che si basa sulla documentazione che il fascicolo del candidato deve contenere (cv, lettera di motivazione, fotocopia del titolo conseguito) e su un colloquio orale da sostenersi davanti ad una Commissione[122].
Per i selezionati le ore destinate alla formazione sono nettamente aumentate rispetto al passato. In oggi la preparazione per il diploma di stato in mediazione familiare si compone di 595 ore di cui 105 ore di formazione pratica e si svolge, come in precedenza, su un periodo di tre anni.
Tanto per dare un‘idea sul programma 70 ore sono riservate alla definizione di mediazione familiare, 210 al suo quadro giuridico, potenzialità e limiti, 35 ore all’accompagnamento alla mediazione, 63 ore al diritto civile e penale della famiglia, 63 alla psicologia, 35 alla sociologia, 14 ore ad una metodologia che consenta di memorizzare. A ciò si aggiungono 105 ore di tirocinio in stage[123].
La formazione primaria che investe la procedura di mediazione e le tecniche è di 315 ore: da questa nessun candidato può prescindere.
A seconda del titolo di ingresso del candidato ci possono essere esenzioni circa un settore od un altro del programma; il percorso viene personalizzato dal dirigente scolastico in relazione ad ogni allievo[124].
Il diploma da mediatore familiare interviene ovviamente al superamento di determinate prove che devono essere organizzate da parte del Directeur régional de la jeunesse, des sports et de la cohésion sociale ou par l’établissement de formation e dunque all’ottenimento di alcune certificazioni.
Le prove attengono a tre livelli di competenza o domini di certificazione (DC1, DC2 e DC3): in sostanzia si vuole acquisire dal candidato la dimostrazione di tre abilità fondamentali; per ogni abilità si possono tenere una o due prove[125].
La certificazione da ottenersi può essere parziale; chi non raggiunge la certificazione in uno o più livelli di competenza deve completare il percorso entro cinque anni, facendo attenzione a non perdere il livello già acquisito[126].
La descrizione delle abilità da dimostrarsi sono, a giudizio dello scrivente, importanti ai fini di comprendere in concreto l’attività del mediatore familiare e dunque si riportano qui di seguito nei tratti fondamentali (il decreto contiene maggiore dettaglio).
DC1: 1) Creazione e mantenimento di uno spazio di terzietà; 1.1 contrattualizzazione e garanzie del quadro di mediazione; 1.2 contribuzione al chiarimento della natura del conflitto, dei bisogni e degli interessi di ciascuno; 1.3 capacità di stabilire il reciproco riconoscimento dei meriti di ciascuno; 1.4 restaurazione della comunicazione e accompagnamento al cambiamento.
DC2: 2) Progettazione di un intervento professionale nel contesto familiare; 2.1 analisi e valutazione di una situazione familiare; 2.2 comprensione dei diversi sistemi familiari.
DC3: 3) Comunicazione e società; 3.1. informazione sul processo di mediazione e sul promovimento della cultura di mediazione; 3.2. sviluppo di partenariati efficaci per la mediazione familiare e adesione a reti; 3.3. evoluzione della propria pratica di mediazione familiare, contributo alla formazione dei mediatori familiari e alla sensibilizzazione degli altri professionisti.
Per ogni dominio di certificazione il decreto del 19 marzo 2012 fornisce anche gli indicatori di competenza e dunque costituisce un’ottima guida anche per la mediazione familiare nel nostro paese.
Il giudice della famiglia (juge aux affaires familiales) ha dal 2004 come primo dovere quello di conciliare[127]: e ciò vale in generale.
Investito di una controversia, può proporre anche la misura della mediazione e, dopo aver ottenuto l’accordo delle parti, nominare un mediatore familiare per procedere[128]: le stesse facoltà aveva dal 2006 il giudice italiano ai sensi del 155 sexies C.c.[129] ed ha dal 2014 in base all’art. 337 octies Codice civile
Si tratta di una partecipazione che è gratuita per le parti e che non può costituire oggetto di alcuna sanzione particolare.
Tuttavia in caso di divorzio il giudice della famiglia può ordinare ai coniugi di partecipare ad una seduta informativa con un mediatore[130].
Dal 2002[131] nell’ambito della salvaguardia degli interessi dei minori ed in particolare della determinazione dell’esercizio della potestà genitoriale il giudice della famiglia:
a) deve tentare la conciliazione quando le parti non si mettono d’accordo circa la residenza del minore[132],
b) al fine di agevolare la ricerca da parte dei genitori di un esercizio consensuale della potestà genitoriale, può proporre una mediazione e, dopo aver ottenuto il loro consenso, nominare un mediatore familiare per procedere[133].
c) dal marzo 2002 al 20 novembre 2016 poteva chiedere ai genitori di incontrare un mediatore familiare che li informasse circa lo scopo e la regolamentazione di questa misura[134]. Dal 20 novembre 2016 la norma è mutata[135]: oggi opportunamente si stabilisce che il giudice può ordinare di incontrare un mediatore familiare che informerà i genitori circa l’oggetto e le modalità di svolgimento della mediazione, a patto che non ci si stata violenza da parte di un coniuge sull’altro o sul figlio[136].
Sia la sessione informativa in sede di misure provvisoria, sia quella in sede di regolamentazione della potestà genitoriale, non sono suscettibili di ricorso[137].
Circa l’applicazione della disciplina sopra vista (art. 373-2-10 c. 3) e dunque sull’invito obbligatorio in sessione informativa quando si tratti di potestà genitoriale, è intervenuto anche il decreto n° 2010-1395 del 12 novembre 2010[138].
Si specifica qui che le parti sono informate o per posta o in udienza della decisione del giudice che richiede loro di incontrare un mediatore familiare. È indicato alle parti il nome del mediatore familiare o della associazione designata alla mediazione familiare e il luogo, la data e l’ora della riunione. Quando la decisione è inviata per posta, è ulteriormente ricordata alle parti la data dell’udienza in cui il caso sarà ascoltato. A tale udienza, il giudice omologa l’accordo eventualmente intervenuto o in difetto di accordo il giudizio prosegue[139].
Questa metodica è stato peraltro sperimentale sino al 31 marzo 2013[140] ed è stata poi prorogata al 2014[141]: il rinnovo è soggetto – dice sempre Décret n° 2010-1395 – ad apposita relazione del tribunaux de grande instance al Ministero della Giustizia[142].
Bisogna però ricordare che se la mediazione dovesse portare le parti ad accordarsi tra loro il giudice non viene spogliato del proprio potere: “Le disposizioni contenute nella convenzione omologata[143] e gli accordi di divorzio per mutuo consenso controfirmato dagli avvocati e depositato nel registro di un notaio[144] e le decisioni relative all’esercizio della potestà genitoriale possono essere modificate in qualsiasi momento dal giudice, o su richiesta di un genitore o del pubblico ministero, che può egli stesso esserne investito da una parte terza, genitore o no”[145].
Su quest’ultima prescrizione si è intervenuti di recente con una legge del 2011[146] che ha introdotto in via sperimentale, se così possiamo dire, una “mediazione obbligatoria nella mediazione”.
In via sperimentale, fino al 31 dicembre del terzo anno successivo alla promulgazione della presente Legge[147], presso i tribunaux de grande instance indicati con decreto del Ministro della Giustizia, si applicano le seguenti disposizioni, in deroga all’articolo 373-2-13 del codice civile[148].
Le decisioni che stabiliscono le modalità per l’esercizio della potestà dei genitori o il contributo al mantenimento e all’educazione del bambino, nonché le disposizioni contenute nel contratto omologato possono essere modificate in qualsiasi momento dal giudice a richiesta del genitore o dal pubblico ministero, che può essere investito da un terzo, genitore o no.
Tuttavia, a pena di irricevibilità, che il giudice può sollevare ufficio, il ricorso al tribunale da parte del genitore deve essere preceduto da un tentativo di mediazione familiare, ad eccezione del caso in cui:
1. la domanda sia presentata congiuntamente da entrambi i genitori per chiedere l’omologazione di un accordo a termini di cui all’articolo 373-2-7 del codice civile[149];
2. l’assenza di mediazione è giustificata da un motivo legittimo;
3. se questo tentativo preventivo di mediazione rischia, dato il tempo in cui è probabile che si celebri, di minare il diritto delle persone ad avere accesso al giudice entro un termine ragionevole.
Sei mesi prima della fine dell’esperimento, il Governo indirizzerà al Parlamento una relazione della sua valutazione per determinare la sua generalizzazione, la modifica o l’abbandono[150].
E dunque, seppure in via sperimentale, è stato introdotto un importante tentativo di mediazione obbligatorio.
Dal 2005 il giudice della famiglia in caso di divorzio ed in sede di misure provvisorie, può ordinare ai coniugi di partecipare ad una mediazione informativa nella quale il mediatore li informerà dell’oggetto e delle regole della mediazione[151].
Quando il divorzio non è per mutuo consenso il giudice indica la data, l’ora e il luogo in cui si procederà alla conciliazione in calce alla domanda[152].
Dal 2005 in caso di divorzio è obbligatorio il tentativo di conciliazione[153].
Il coniuge che non ha presentato la richiesta è convocato dal cancelliere di conciliazione, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, e con lettera semplice avente stessa data. A pena di nullità, la lettera deve essere inviata almeno con due settimane di anticipo e deve includere una copia dell’ordine[154].
La convocazione per il coniuge che non ha presentato la domanda lo informa che deve presentarsi di persona, da solo o assistito da un avvocato. Essa precisa che l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria qualora si tratti di accettare, durante l’udienza di conciliazione, il principio di rottura del matrimonio. La cancelleria avvisa l’avvocato del richiedente[155].
Alla lettera raccomandata è accluso una nota contenente le norme che reggono la conciliazione[156].
L’art. 252 del C.c. novellato prevede appunto che si tenga un tentativo obbligatorio di conciliazione che può anche essere rinnovato. In esso il giudice spiega ai coniugi i principi del divorzio e le sue conseguenze.
La conciliazione è tentata prima singolarmente con ogni coniuge (art. 252-1); se il coniuge che non ha richiesto il divorzio non si presenta al tentativo o se non è in grado di manifestare la sua volontà, il giudice si intrattiene con l’altro coniuge e lo invita alla riflessione (art. 252-2).
Il tentativo (art. 252-3) può essere sospeso e ripreso senza formalità, può essere dato ai coniugi un tempo per pensare non superiore ad otto giorni; ma se è necessario un tempo maggiore può essere concesso e il tentativo viene condotto nuovamente entro sei mesi (possono essere assicurate, se occorre, le misure necessarie).
Ciò che è stato detto o scritto durante un tentativo di conciliazione, in qualsiasi forma essa si è verificata, non può essere invocato a favore o contro il coniuge o contro terzi in una ulteriore procedura (252-5).
Se il richiedente rimane fermo nel suo proposito il giudice esorta i coniugi a procedere consensualmente (art. 252-4).
In relazione al procedimento di divorzio e di separazione il Giudice può dal 2011 nominare un mediatore per tenere il tentativo di conciliazione.
Negli altri casi in cui è prevista la conciliazione obbligatoria il Giudice può, se le parti sono d’accordo, chiedere loro di incontrare un mediatore che egli designa e che risponde alle condizioni indicate da un Decreto del Consiglio di Stato.
Il mediatore informa le parti circa lo scopo e lo svolgimento della misura della mediazione[157].
22. La mediazione familiare in Germania
La mediazione familiare tedesca recepisce i prìncipi della “Carta Europea sulla formazione dei mediatori familiari nel campo della separazione e del divorzio”[158]. adottata a Parigi nel 1991.
E dunque dal 1992 chi voglia diventare mediatore familiare in Germania deve aver svolto un corso biennale da almeno 200 ore e ha necessità di portare in supervisione (trenta ore) almeno quattro casi.
Le linee guida[159] sono sostanzialmente dettate oggi in Germania dalla Associazione federale per la mediazione familiare (BAFM)[160].
Oggetto della m. f. è la risoluzione di conflitti nelle relazioni coniugali, non matrimoniali e post-matrimoniali[161], ma pure dei conflitti generazionali.
Un’area particolarmente importante è la mediazione in caso di separazione e di divorzio; i contenuti oggetto di tale mediazione riguardano in sintesi l’esercizio della responsabilità dei genitori, l’affidamento dei figli, le dispute sulla proprietà, la ripartizione delle responsabilità in caso di affidamento congiunto, le obbligazioni alimentari, il finanziamento dei rispettivi nuclei familiari, la divisione dei beni e del patrimonio, l’assegnazione della casa coniugale e più in generale la chiarificazione della situazione abitativa e infine la suddivisione delle suppellettili domestiche.
Scopo della mediazione è da un lato, aiutare a evitare o a ridurre i rischi per lo sviluppo dei minori coinvolti e, dall’altro, fornire consigli e supporto ai genitori affidatari. Per realizzare tutto ciò primariamente i mediatori familiari costruiscono un consenso informato sulle opzioni di legge; in seconda battura con la mediazione si cercano soluzioni concrete che dipendono essenzialmente dal riconoscimento dei partner in conflitto.
All’inizio della mediazione ogni mediatore è tenuto a spiegare alle parti anche i pro e i contro degli istituti alternativi alla mediazione familiare.
Le soluzioni rinvenute sono sempre sottoposte per iscritto agli avvocati ed assumono valore vincolante solo dopo che i legali che assistono le parti abbiano formalizzato l’accordo[162].
Nel caso in cui i partner manifestino problemi mentali i mediatori sono autorizzati a consigliare l’aiuto terapeutico e nell’ipotesi la mediazione viene interrotta.
Nella prassi, le procedure di mediazione si sono dimostrate efficaci soprattutto per la risoluzione di problemi in ordine all’affidamento e al diritto di visita.
Unitamente alla mediazione vi sono da considerare anche altri strumenti che la legge appronta in ausilio dei rapporti parentali.
La legge sulla procedura in materia familiare e di giurisdizione volontaria (17 Dicembre2008[163]; FamFG)[164] ha subito delle modifiche nel 2012[165] al fine di regolare in modo sempre più efficace e compiuto il settore.
Si prevede in primo luogo che nei casi appropriati, la domanda dovrebbe contenere una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[166].
Tale formulazione è simile a quella che è stata recentemente introdotta nel Codice di procedura civile (§ 253 c. 3 ZPO), ma aggiunge l’inciso “nei casi appropriati”, perché ci sono giustamente situazioni in cui la mediazione non costituisce strumento adeguato a risolvere il conflitto.
Ai sensi del § 36 FamFG – siamo nel procedimento di primo grado in materia familiare – le parti possono raggiungere un accordo su diritti disponibili, ed anche il giudice è tenuto a perseguire la via del tentativo di componimento bonario, salvo il rispetto della legge sulla protezione dalla violenza.
Valgono per tale tentativo le regole di cui al § 278 del Codice di Procedura civile (ZPO) ed in particolare si prevede che le parti siano presenti personalmente perché in difetto il procedimento viene sospeso.
La novella del 2012 prevede che la corte possa anche (§ 36 c. 5) indirizzare le parti ad una udienza di conciliazione e ad ulteriori tentativi di conciliazione presso un giudice designato per questo fine che non ha potere decisionale nella questione (Güterichter).
Il giudice conciliatore (Güterichter) può adoperare tutti i metodi di risoluzione dei conflitti inclusa la mediazione[167].
Il Güterichter non è un mediatore, ma un giudice e dunque non è vincolato dalla legge sulla mediazione, può adottare, come abbiamo già detto, gli strumenti che ritiene opportuni, compresa la mediazione.
Anche questa è dunque una scelta analoga a quella operata per i rapporti regolati dal Codice di rito (art. 278 c. 5 ZPO).
Dobbiamo dire che anche nel nostro paese alcuna parte della magistratura sta guardando da ultimo con simpatia a questa figura: tuttavia mi pare sia bene sottolineare che non si tratta di un giudice che abbia poteri decisionali nella controversia che gli è sottoposta.
Pure qui, come nel giudizio civile (§ 159 c. 2 ZPO), si evidenzia che è necessario il consenso delle parti per verbalizzare il tentativo di conciliazione[168].
Sempre in sintonia con il disposto del § 278a ZPO il giudice della famiglia può inoltre proporre alle parti la mediazione o un altro metodo extragiudiziale di risoluzione delle controversie.
Il § 36a FamFG prevede appunto che la corte possa proporre ad una o a tutte le parti una mediazione o un altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie. Le preoccupazioni legittime della persona che sia stata destinataria di atti di violenza devono essere rispettate in relazione alla tutela apprestata in merito dalla legge.
Se le parti decidono di partecipare ad una mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie, il giudice deve sospendere il processo.
Rimangono salvi in capo alla Corte i poteri di autorizzare o di sospendere la mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie”[169].
Data la delicatezza della materia giustamente rimangono intatti in capo alla Corte i poteri di “gestione” del mezzo alternativo e comunque assume rilievo preminente il disposto della legge sulla protezione della violenza.
Il § 81 FamFG che si occupa della irrogazione delle spese processuali nel procedimento di famiglia introduce nella nuova formulazione – in vigore dal 1° gennaio 2013 – un principio di forte moralizzazione delle parti.
Si prevede che il giudice, in difetto di legittima giustificazione, possa addossare le spese in tutto o in parte al litigante o ai litiganti che non abbiano partecipato ad una procedura alternativa obbligatoria (mediazione od altra procedura v. § 156 FamFG) ovvero qualora abbiano violato l’obbligo di consultazione degli organi consultivi o dei servizi sociali teso ad impostare un accordo[170].
Ai sensi del § 135 FamFG[171] è possibile già dal 1° settembre 2009 ed in relazione al procedimento di divorzio e alle questioni conseguenziali che il Tribunale della famiglia obblighi le parti a partecipare ad una mediazione informativa o ad altro procedimento informativo di ADR davanti ad una persona o ad un ente di gradimento delle parti (il briefing è gratuito).
Il giudice può inviare alla procedura informativa entrambe le parti od una sola di esse.
Il provvedimento del giudice non è impugnabile[172], anche se la misura non è coercibile. La legge sulla promozione della mediazione che ha riformulato quest’ultima norma nel 2012, specifica opportunamente che tale sessione informativa può riguardare non solo le controversie, ma anche i conflitti[173].
Il che pone la Germania all’avanguardia tra le legislazioni sul tema.
Se la parte o le parti che sono state inviate non danno esecuzione all’ordine di partecipazione ci possono essere conseguenze sulla ripartizione delle spese processuali, a meno che non vi sia una causa di giustificazione[174]: il criterio peraltro vale anche per le cause di separazione[175].
Come si volge questa sessione informativa? Il mediatore in un incontro che dura trenta minuti presenta la mediazione, i suoi vantaggi e svantaggi, i costi, le conseguenze giuridiche della procedura; non affronta però il conflitto in essere tra le parti.
Alla fine i partecipanti ricevono un documento scritto che attesta la loro partecipazione[176].
Normalmente in Germania le controversie tra coniugi hanno una corsia preferenziale quanto alla tempistica, qualora sia coinvolta la prole: la prima udienza (§ 155 FamFG) deve avvenire entro 30 giorni.
La mediazione od altro mezzo di risoluzione extragiudiziale possono costituire però causa di sospensione di tale tempistica: il novellato § 155 FamFG dispone dunque che comunque il processo debba riprendere entro tre mesi se è stato sospeso per celebrare un rito alternativo[177], a meno che le parti non abbiano raggiunto un accordo.
Il caso riguarda dal 2013 per analogia anche i figli provenienti da una coppia di genitori non sposati (§ 155 bis FamFG).
Sempre nell’ambito delle procedure da condursi quando sia coinvolta la prole si colloca il § 156 FamFG che riguarda sia la separazione che il divorzio.
Prima dell’ultima novella il § 156 c 1 terza alinea FamFG stabiliva che il tribunale nei casi che coinvolgono la custodia, la residenza, i diritti di visita e di consegna dei bambini, doveva indicare, nei casi appropriati, la possibilità di mediazione o altra risoluzione alternativa delle controversie.
Oggi il giudice ha a disposizione una vasta gamma di provvedimenti:
può coltivare in ogni momento l’accordo con le parti, se ciò non è in contrasto con il benessere del bambino[178];
può indicare le modalità di una eventuale consulenza degli organi a ciò deputati e dei servizi di supporto (l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie) al fine di sviluppare un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[179];
può ordinare che i genitori singolarmente o congiuntamente partecipino a una sessione informativa gratuita in materia di mediazione o di altro strumento di risoluzione alternativa dei conflitti in tribunale, assegnata ad una persona o ad un provider di gradimento delle parti[180];
può ordinare la partecipazione ad una procedura condotta dagli organi consulenti o dai servizi di supporto per la definizione di un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[181].
Entrambi gli ordini (per la procedura informativa e per la consultazione) peraltro non sono autonomamente impugnabili.
Se vi è un ordine di partecipazione da parte della corte ad una sessione informativa di mediazione ovvero ad una procedura per l’impostazione del piano concordato, il giudice condanna alle spese il genitore che non si presenta senza una giustificazione[182].
Se le parti raggiungono un accordo sulla gestione del bambino e sulla consegna sarà il giudice ad approvarlo nel caso in cui non sia contrario agli interessi del bambino[183].
Se un accordo non viene raggiunto in materia di residenza, diritti di visita e consegna dell’infante, il giudice deve discutere l’adozione dei provvedimenti provvisori con le parti e con l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[184]. I genitori prenderanno parte ad una consultazione, ad un mezzo alternativo oppure saranno destinatari di una valutazione scritta sulla cui base il giudice prenderà o regolerà i provvedimenti provvisori. I minori devono essere comunque sentiti prima dell’emissione dei provvedimenti provvisori[185].
Ricordiamo ancora il contenuto del § 165 FamFG che titola “mediazione” (Vermittlungsverfahren) e che è di antecedente formulazione rispetto al dettato della riforma del 2012: si occupa del caso in cui sussista una inosservanza del provvedimento del giudice o dell’accordo che i genitori hanno rinvenuto e che è stato approvato dal giudice stesso.
Se un genitore lamenta che l’altro contrasta od impedisce l’esecuzione di una decisione giudiziale o di un accordo preso con il supporto dell’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie ed omologato dal giudice può essere disposto dal giudice una mediazione su richiesta di parte. La corte può rifiutare di disporre una mediazione, se una conciliazione od altro strumento alternativo si è rivelato inutile[186]: la conciliazione non è gratuita: il valore da cui partire è di 3000 € e anche se il giudice può ridurre la cifra discrezionalmente[187].
La corte fissa immediatamente un appuntamento di mediazione. La Corte può ordinare la comparizione personale dei coniugi e con la convocazione li ammonisce sulle conseguenze giuridiche che può avere un processo di mediazione non riuscito (ossia provocare una decisione del giudice stesso). Nei casi appropriati può essere convocato all’incontro anche l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[188].
Durante la procedura la corte discute con i genitori in ordine alle conseguenze che ci possono essere per il benessere del bambino se non viene trovato un accordo. E in particolare rappresenta che ci possono essere conseguenze legali e pratiche come nel caso in cui un genitore impedisca il diritto di visita, ossia un ordine del giudice che determini la privazione totale o parziale della cura parentale. I genitori possono optare per una consulenza degli organi preposti o dei servizi[189].
La corte deve accertarsi che i genitori siano d’accordo ad incontrarsi. Se viene approvato un accordo tiene luogo del precedente regime. Se l’accordo può essere raggiunto il relativo contenuto deve essere verbalizzato[190].
Se non si raggiunge un amichevole componimento né in mediazione né tramite la consulenza degli organi preposti o dei servizi oppure se un genitore non si presenta alla mediazione, la corte constata con provvedimento inappellabile che la mediazione non ha avuto successo e dà i provvedimenti meglio visti. Se la procedura è stata avviata ex officio o su richiesta di un genitore entro un mese, i costi seguono quelli del procedimento[191].
In tempo antecedente a queste disposizioni tuttavia veniva già svolta dagli organi di assistenza minorile attività di aiuto preventivo destinato a promuovere l’autotutela dei genitori al fine di prevenire situazioni di crisi.
I servizi di consulenza e supporto offerti dagli organi di assistenza minorile in Germania sono gratuiti per i genitori e i figli che vi fanno ricorso.
In particolare, nei casi di crisi familiari, l’assistenza era ed è diretta ad aiutare a superare i conflitti e le crisi, e in caso di separazione o divorzio, a creare le condizioni che consentano di esercitare congiuntamente la responsabilità dei genitori.
In chiave storica possiamo rilevare che già nell’antichità greca e romana gli accomodamenti tra consanguinei avvenivano più che altro attraverso conciliazioni e arbitrati[192] che spesso erano effettuati appunto con l’ausilio di vicini e familiari.
Vista la delicatezza delle questioni lo stesso Digesto giustinianeo mantenne il principio per cui le cause tra i parenti dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del praetor[193].
In conformità a questa norma cautelativa col passare dei secoli si crearono per i più stretti congiunti dei tribunali di famiglia le cui attribuzioni sono assai ben esplicitate ad esempio dall’art. 12 del decreto dell’Assemblea costituente francese 16-24 agosto 1790.
“Elevandosi qualche contestazione tra marito e moglie, padre e figli, avo e nipoti, fratelli e sorelle, nipoti e zii, o altri congiunti negli stessi gradi, come anche tra i pupilli ed i loro tutori per affari relativi alla tutela, le parti dovranno eleggersi parenti, o in difetto amici e vicini, per arbitri, davanti ai quali i contendenti esporranno le loro differenze, e che, dopo averli sentiti ed aver preso le informazioni necessarie renderanno una decisione motivata”.
Contro le decisioni di questo tribunale che peraltro durò in Francia pochi anni, ma si mantenne in Italia per lungo tempo, era possibile di norma l’appello ai tribunali ordinari e quindi non si trattava di un arbitrato inappellabile.
Nel 1798 anche la Repubblica Ligure ebbe un tribunale di famiglia, convocato e presieduto dal giudice di pace di seconda classe[194], per gestire le situazioni d’incapacità o la cura provvisoria dei beni degli assenti, formato dai più prossimi parenti, ed in mancanza di essi da “tre probi vicini”, o amici prescelti dal giudice di pace[195].
Di un rapporto tra conciliazione, seppure non nel senso da noi concepito, e la materia delle successioni troviamo accenno sempre nella codificazione giustinianea con riferimento all’istituto della diseredazione dell’erede necessario: colui che diseredava un discendente od un ascendente poteva, in altre parole, riconciliarsi, ma ciò aveva esclusivamente una valenza etica, serviva cioè solo a manifestare il perdono in relazione all’ingratitudine ricevuta; dunque la diseredazione rimaneva in piedi sino a nuovo testamento[196].
Presso i Longobardi che in genere non conoscevano, come abbiamo visto, se non l’accomodamento pecuniario e di solito gli preferivano di gran lunga la faida[197] e quindi la decisione delle armi[198], gli affari più intimi delle famiglie, quando approdavano al processo e non erano giudicati dal tribunale di famiglia[199], erano però sottratti al duello giudiziario e si regolavano di solito per giuramento dei sacramentali[200].
In Francia nel 1796[201] si stabilì che tutte le contestazioni tra coeredi e altre parti aventi interesse, fino alla divisione, dovessero portarsi in via di conciliazione, innanzi al giudice di pace del luogo ove la successione si fosse aperta[202].
Il decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805), emesso in Genova relativamente alla riforma del sistema giudiziario[203], all’art. 126 stabiliva come competente alla conciliazione il giudice di pace della successione per le “dimande fra eredi, ed altre parti interessate sino alla divisione inclusivamente, e sopra quella a termine d’esecuzione di disposizioni per causa di morte sino al giudizio”; la norma aggiungeva però la dispensa dalla conciliazione il caso di soggetti che fossero tre o più[204].
Nel Sud della penisola il Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819 non poneva invece limiti soggettivi alla conciliazione in materia di successione: l’art. 25 stabiliva semplicemente che “Gli eredi presuntivi, ed altri che trovansi nel possesso provvisionale dei beni degli assenti possono sperimentare la conciliazione per le liti che non riguardino beni o dritti immobiliari”.
Quindi a patto che non si trattasse di immobili assegnati a titolo provvisorio, la conciliazione che era volontaria, si esperiva in materia ereditaria qualunque fossero le parti ed anzi giova qui ribadire che il conciliatore in Sicilia poteva intervenire motu proprio per spegnere odi ed inimicizie[205]; si può quindi presumere che i tentativi di amichevole composizione fossero abbastanza frequenti.
Sotto il vigore del codice di procedura italiano del 1865 lo erano di certo.
Troviamo qui un consiglio di famiglia sull’esempio francese ed etneo[206] per le questioni attinenti ai minori e agli incapaci: dunque qualsiasi conciliazione ovvero il promovimento di divisione e transazione, stragiudiziale e non che li riguardasse, doveva passare necessariamente attraverso l’autorizzazione di questo organo.
A parte ciò, quando non ci avesse già pensato il testatore, la divisione che il Codice del 1865 privilegiava era quella amichevole[207].
Questa situazione è rimasta tale sino alla metà del secolo scorso.
L’istituto è normato da poco più che una decina d’anni.
Dal 2006[208] al 2014 l’articolo di legge di riferimento è stato il 155-sexies del Codice civile.
Il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154[209] ha poi abrogato l’art. 155-sexies con l’art. 106 lett a)[210].
Dal 7 di febbraio del 2014 la disciplina è però ospitata dall’art. 337 octies Codice civile comma 2[211] che ha un identico tenore rispetto all’abrogato 155-sexies: “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 337-ter[212] per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Dalle norme che si sono succedute si evince che in Italia la mediazione familiare è dall’origine facoltativa.
Il Codice civile non utilizza le locuzioni “mediazione familiare” e “mediatore familiare”, ma fa riferimento agli “esperti”.
Tuttavia l’art. 6 c. 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132[213] prevede che nell’accordo scaturito da una negoziazione assistita si dia atto che gli avvocati hanno informato le parti “della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori”.
Attualmente i mediatori familiari hanno solitamente alle spalle un percorso di studi psicologico, sociologico o legale.
Divengono “esperti” frequentando apposito corso di formazione di circa 200 ore e svolgendo un tirocinio supervisionato con tesi ed esame finale[214]: in proposito vanno approfondite le norme UNI.
In Italia ma non solo, in relazione alla formazione del mediatore familiare, alla sua certificazione e in parte alla sua attività, le principali associazioni di mediazione familiare (A.E.Me.F., Si.mef, AIMS e AIMEF) hanno aderito alla normativa UNI[215] che è seguita alla Legge n°4/2013 sulle associazioni professionali[216].
La commissione tecnica Attività professionali non regolamentate ha pubblicato nel 2016 la norma nazionale UNI 11644 in relazione alla figura del mediatore familiare.
La norma si prefigge lo scopo di definire in modo adeguato ed univoco i riferimenti della figura professionale di mediatore familiare, stabilendone altresì una omogeneizzazione dei programmi di formazione promossi da enti pubblici e/o privati, al fine di garantire un livello qualitativo di formazione e garanzia dell’utenza nell’incontrare mediatori dotati di adeguata professionalità e dei professionisti stessi.
La norma definisce i requisiti relativi all’attività professionale del mediatore familiare in termini di conoscenza, abilità e competenza, in conformità al Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF – European Qualifications Framework) e dunque non ha solo un respiro italiano.
Tali requisiti sono espressi in maniera tale da agevolare i processi di valutazione e convalida dei risultati dell’apprendimento.
La norma UNI 11644 prescrive i criteri per la certificazione del Mediatore Familiare, figura professionale terza imparziale e con una formazione specifica che interviene nei casi di cessazione di un rapporto di coppia costituita di fatto o di diritto, prima, durante o dopo l’evento separativo.
La Certificazione in accordo alla norma UNI 11644 si rivolge al Mediatore Familiare, la figura sollecitata dalle parti per la gestione autodeterminata dei conflitti parentali e la riorganizzazione delle relazioni familiari, che si adopera (nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dal procedimento giudiziario) affinché le parti raggiungano personalmente, rispetto ai bisogni e interessi da loro stessi definiti, su un piano di parità, in un ambiente neutrale, un accordo direttamente e responsabilmente negoziato, con particolare attenzione ai figli, ove presenti.
In particolare il Mediatore Familiare agisce nel rispetto delle reali necessità dei clienti e del codice dei consumatori, attraverso il complesso delle specifiche conoscenze acquisite con la formazione e l’aggiornamento professionale compiuto nel rispetto degli aspetti etici e deontologici pertinenti.
Più precisamente, il Mediatore Familiare nello svolgere la sua attività professionale ha il compito di:
a) promuovere nei mediandi la ricerca di modalità adeguate ad affrontare l’evento separativo, con particolare riferimento ai figli;
b) considerare l’eventuale necessità di orientare i mediandi verso altri professionisti con competenze specifiche;
c) facilitare i mediandi nella costruzione di accordi da loro stessi direttamente negoziati;
d) utilizzare procedure appropriate per l’eventuale stesura degli accordi raggiunti in mediazione familiare;
L’apprendimento (o formazione) del Mediatore Familiare può avvenire in ambito formale, non formale e informale.
È richiesta la soddisfazione dei seguenti requisiti minimi per l’accesso alla formazione e per l’aggiornamento continuo.
Requisiti minimi per l’accesso alla formazione specifica (a, b, c, d):
a) Per l’apprendimento Formale:
Laurea (triennale) in area umanistica, sociale o sanitaria con esclusivo riferimento a percorsi formativi caratterizzati da specifiche conoscenze teoriche o metodologiche coerenti con le competenze trasversali e specifiche oggetto di studio e approfondimento nel percorso di formazione della mediazione familiare, tenuto conto della necessaria armonizzazione con quanto previsto dalle norme comunitarie e interne in materia di istruzione e dalla necessaria interazione tra istruzione e processo produttivo;
b) Per l’apprendimento Non Formale e Informale (per le definizioni di questi termini, vedi UNI 11644 termini e definizioni):
In alternativa alla soddisfazione del requisito a) precedentemente espresso, adeguata e documentata esperienza professionale almeno quinquennale nelle aree sociali, educative, psicologiche e sanitarie e tutte quelle esperienze professionali di gestione della conflittualità nell’area della famiglia, coppia e relazioni sociali; le esperienze professionali devono essere comprovate da un curriculum vitae corredato da evidenze documentate che comprovano le attività lavorative e formative che il candidato dichiara;
c) Superamento dell’analisi e verifica delle evidenze documentate di cui ai punti a) e/o b) precedenti.
d) Superamento del colloquio valutativo di ammissione.
I requisiti minimi per il Percorso formativo di Mediatore Familiare, attivato da Università, Associazioni di professionisti, Centri/ Istituti di Formazione sono i seguenti: numero ore di lezioni teorico pratiche non inferiore a 240, di cui il 70% minimo in ambito di mediazione familiare.
Durata minima: biennale o annuale se di pari monte ore o superiore nel caso di professionisti in possesso di titolo di laurea.
Obbligo di presenza durante le ore di formazione per tutte le ore di formazione in ambito di mediazione familiare.
Obbligo di pratica guidata e supervisione didattica e professionale da parte di un mediatore familiare dotato di qualifica come formatore e supervisore, per una durata complessiva minima di 80 ore, e con almeno 20 ore di affiancamento al mediatore familiare supervisore.
In sintesi: percorso formativo minimo di 320 ore, di cui almeno 240 di formazione e 80 di pratica guidata e supervisione, in un biennio, con 180 ore di presenza del candidato.
Esame: in base a quanto definito nella norma UNI 11644, sono previsti due livelli di certificazione.
Primo livello
L’esame di certificazione si compone di tre prove:
Prova scritta con domande a risposte chiuse
Prova pratica di role playing
Prova orale mediante colloquio valutativo
La commissione può modificare la sequenza delle prove purché la prova orale risulti comunque l’ultima.
Secondo livello
Alla certificazione di secondo livello accedono coloro che hanno superato gli esami previsti per il primo livello.
La certificazione di secondo livello prevede, a fronte della conclusione di un periodo di pratica guidata e supervisione didattica professionale, della durata di 80 ore, una prova orale che tocca ad ampio spettro il percorso formativo, di pratica ed esperienza condotto dal candidato.
Durata della Certificazione – Mantenimento e rinnovo
La durata della certificazione è di cinque anni dalla data di delibera del certificato.
Annualmente il professionista certificato deve produrre e trasmettere all’Ente certificatore un modulo con cui si attestano alcuni requisiti:
Evidenza documentata dell’aggiornamento professionale eseguito dall’interessato nella misura di almeno 6 ore di formazione formale o non formale all’anno.
Evidenza documentata di conseguimento di almeno 10 ore di supervisione in presenza di un mediatore familiare formatore e supervisore.
Evidenza di continuità professionale nel settore.
Assenza di violazioni del codice deontologico: in caso di assenza di segnalazioni negative pervenute all’Ente certificatore.
Evidenza del pagamento della quota annuale all’Ente certificatore.
Inoltre verrà richiesto al professionista certificato di dichiarare eventuali reclami ricevuti e di dare evidenza che questi siano stati trattati secondo la corretta pratica professionale oltre al fatto di non deve aver ricevuto dall’Ente certificatore nessuna segnalazione scritta in merito a violazioni accertate del codice deontologico[217].
I mediatori familiari possono iscriversi ad associazioni di categoria che, in quanto rilascianti apposito attestato di qualità dei servizi, sono presenti in apposito elenco ministeriale[218].
La professione del mediatore familiare (a differenza di quella civile e commerciale) può essere svolta senza la presenza di un ente erogatore. La mediazione familiare non è pertanto in Italia una mediazione amministrata. Ma può essere erogata in strutture pubbliche e private.
La mediazione familiare non va confusa con quella civile e commerciale, né tanto meno con l’esercizio della psicologia o della legge.
Il percorso consiste in diverse sedute (il numero è elastico) in cui il mediatore, come previsto dalla legge, aiuta i coniugi “a raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Il mediatore verifica però in primo luogo se i genitori sono “mediabili”; loro stessi devono avere modo di stabilire se siano o meno adatti alla procedura. Solo nel caso positivo la mediazione familiare inizia e può comunque concludersi in ogni momento si ritenga meglio.
Nella pratica si accede alla mediazione familiare per spontanea decisione dei genitori, ovvero in seguito al suggerimento del giudice o degli avvocati che assistono i due genitori.
Anche i figli possono essere incontrati dal mediatore familiare in sede di pre-mediazione: e ciò se si aderisce in particolare al modello sistemico[219] di mediazione familiare.
Ciò peraltro è in linea con una raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2008: “Si raccomanda pertanto che gli Stati membri e gli altri organismi coinvolti nel lavoro di mediazione familiare stabiliscano insieme criteri di valutazione comuni per servire al meglio l’interesse del minore, compresa la possibilità per i bambini di prendere parte al processo di mediazione. Tali criteri dovrebbero comprendere la rilevanza della sua età o maturità mentale, il ruolo dei genitori e della natura della controversia. Questo potrebbe essere facilitato dal Consiglio d’Europa in collaborazione con l’Unione europea”[220].
Nel 2018 il Disegno di legge n. 735, Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità[221] (c.d. Decreto Pillon), depositato in senato il 1° agosto 2018 e assegnato alla 2ª Commissione permanente (Giustizia) in sede referente il 9 aprile 2019[222], aveva previsto diverse disposizioni in materia di mediazione familiare.
Ed in particolare due disposizioni:
La norma, ove fosse stata approvata (ma non lo è stata), avrebbe introdotto dunque nel nostro ordinamento ipotesi di mediazione familiare obbligatoria.
24. La mediazione familiare in Lituania
Dal 1° gennaio 2020 è prevista la mediazione obbligatoria nelle controversie familiari.
I servizi di mediazione obbligatoria e mediazione giudiziaria sono pagati dal bilancio statale (fino a sei ore) nei casi in cui la selezione dei mediatori è amministrata dal servizio di assistenza legale garantito dallo Stato.
Le parti della controversia si riservano il diritto di scegliere il mediatore dall’elenco dei mediatori che effettueranno la mediazione obbligatoria, ma in tali casi la mediazione sarà pagata a spese delle parti della controversia.
In conformità con le disposizioni del codice di procedura civile, le persone che hanno utilizzato la mediazione chiedono al tribunale l’esenzione dal contributo unificato[223].
25. La mediazione familiare in Lussemburgo
Il giudice può proporre alle parti una mediazione familiare in materia di divorzio, di separazione, di separazione per le coppie legate da un partenariato registrato, compresa la fase di liquidazione, di divisione della comunione di beni e di beni indivisi, di obbligazioni alimentari, di contributo alle spese del matrimonio, di obbligo di mantenimento dei figli e dell’esercizio della potestà genitoriale[224].
Il giudice può anche ordinare una riunione informativa gratuita durante la quale i principi e gli effetti della mediazione sono spiegati alle parti[225].
26. La mediazione familiare a Malta
È possibile ricorrere volontariamente alla mediazione nelle controversie di diritto civile, di famiglia, della previdenza sociale, commerciali e industriali.
Va sottolineato che la legge sulla mediazione si riferisce a determinate controversie familiari come, ad esempio, le controversie sulle successioni o quelle inerenti il regime patrimoniale della famiglia.
Non include la separazione o il divorzio che rientrano nella competenza del Corte civile (Sezione famiglia) e sono regolati da una legislazione specifica (Codice civile e appunto legislazione delle Corti).
In base a tale legislazione a Malta la mediazione costituisce il primo passo obbligatorio se si voglia contattare il Tribunale della famiglia.
E ciò almeno dal 2014.
Basta inviare una richiesta firmata alla Corte e le sessioni si tengono presso la Family Court.
La mediazione può riguardare ogni aspetto della separazione o del divorzio ed anche le modifiche delle condizioni.
La mediazione può essere disposta obbligatoriamente dalle Corti nelle cause di diritto di famiglia, in particolare in quelle riguardanti la separazione, il diritto di visita ai figli, l’affidamento dei figli e gli alimenti dei figli e/o del coniuge[226].
La maggior parte dei mediatori sono anche terapisti familiari, assistenti sociali o avvocati[227].
27. La mediazione familiare nei Paesi Bassi
Chi voglia mediare deve sapere che esistono vari registri di mediatori nei Paesi Bassi.
La Federazione dei mediatori olandesi (MfN) gestisce il registro dei mediatori (precedentemente noto come registro NMI)[228].
C’è anche il registro internazionale ADR , dove è possibile cercare mediatori e trovare informazioni su argomenti relativi alla mediazione.
È quindi facile trovare un mediatore per una mediazione preventiva.
I Paesi Bassi hanno anche una mediazione “naast rechtspraak ” (mediazione a fianco di procedimenti giudiziari).
Ciò significa che il tribunale distrettuale o la corte d’appello che ascolta un caso avviserà le parti della possibilità di optare per la mediazione.
I tribunali possono anche sottoporre le parti in procedimenti di diritto di famiglia a una procedura di esame parentale (ouderschapsonderzoek[229]), che include l’uso della mediazione per trovare una possibile soluzione al problema[230].
28. La mediazione familiare in Repubblica Ceca
La mediazione è consentita in tutte le aree della legge, ad eccezione di quanto previsto dalla legge stessa. E dunque include il diritto di famiglia, il diritto commerciale e il diritto penale.
Prima dell’inizio della mediazione, il mediatore informa le parti in conflitto della propria posizione nella mediazione, degli scopi e dei principi di mediazione, degli effetti del contratto di mediazione e dell’accordo di mediazione, della possibilità di interrompere la mediazione in qualsiasi momento, della remunerazione del mediatore per la mediazione effettuata e dei costi della mediazione. Il mediatore istruisce espressamente le parti in conflitto sul fatto che l’inizio della mediazione non pregiudica il diritto delle parti in conflitto di cercare protezione dei loro diritti e interessi legittimi attraverso i tribunali e che solo le parti in conflitto sono responsabili del contenuto dell’accordo di mediazione[231].
La mediazione inizia con la conclusione di un contratto di mediazione[232] con un mediatore registrato[233].
Nella mediazione, le parti pagano solo le spese del mediatore concordate, ma non devono pagare le spese legali: questo è in uno dei motivi per cui alcuni avvocati sono riluttanti a mediare[234].
Il § 100 stabilisce che se appropriato e opportuno, il Presidente del collegio può ordinare alle parti un primo incontro con un mediatore registrato per un periodo di 3 ore e sospendere il procedimento per un massimo di 3 mesi. Se i partecipanti non concordano senza indebito ritardo sul mediatore, il presidente lo selezionerà dall’elenco tenuto dal Ministero[235]. Trascorsi i 3 mesi, il tribunale continua il procedimento. Il primo incontro non può essere ordinato qualora si sia in presenza di violenza domestica.
L’ordine può intervenire già in sede istruttoria, nell’udienza di preparazione[236].
Per primo incontro si intende una sessione in cui il mediatore spiega alle parti i vantaggi e gli svantaggi della mediazione, i suoi principi, le istruisce sull’intero procedimento, fornisce loro tutte le informazioni necessarie per decidere se la mediazione è accettabile e appropriata e le aiutate a valutare se la mediazione avrebbe offerto loro una soluzione più soddisfacente delle decisioni giudiziarie[238].
La mediazione ordinata come sopra viene pagata dallo Stato (ma anticipata dalle parti)[239], a meno che un partecipante rifiuti di partecipare alla prima riunione senza un motivo serio (in tal caso il pagamento statale può non esserci od essere parziale)[240].
La mediazione (compresa la mediazione familiare) è dunque sempre volontaria; il suo inizio si basa sempre sulla volontà delle parti e non può quindi essere ordinata da un tribunale.
In questo contesto, il tribunale ha un unico strumento procedurale per lo svolgimento del procedimento, vale a dire l’istituto della prima riunione ordinata con il mediatore registrato[241].
Ai sensi del § 474 il tribunale può “ordinare ai genitori, per un periodo massimo di 3 mesi, di prendere parte a una riunione extragiudiziale di conciliazione o di mediazione o di terapia familiare, oppure ordinare loro di incontrare un fornitore di assistenza professionale, in particolare uno specialista in pedo psicologia”.
29. La mediazione familiare in Romania
Nell’aprile del 2017 il Parlamento romeno ha visto il deposito di una nuova normativa che modificava la legge 162/06 sulla mediazione e che prevedeva in particolare il tentativo obbligatorio di mediazione[242].
Il tentativo obbligatorio riguardava anche i rapporti familiari ed in particolare (art. 64) i disaccordi tra i coniugi riguardo a: a) la continuazione del matrimonio; b) la condivisione dei beni comuni; c) l’esercizio dei diritti dei genitori; d) lo stabilimento del domicilio dei bambini; e) il contributo dei genitori all’assistenza all’infanzia.
Ma la Corte Costituzionale della Romania ha ritenuto incostituzionale il tentativo obbligatorio di mediazione[243].
In Romania oggi si richiede di partecipare ad un preventivo incontro informativo di mediazione in tutta una serie di materie[244], così come accade in Grecia ed in Italia.
Le controversie per cui deve celebrarsi l’incontro informativo riguardano in particolare: a) il campo della protezione del consumatore, quando il consumatore fa valere l’esistenza di un danno a seguito dell’acquisto di un prodotto o di un servizio difettoso, la non osservanza delle clausole contrattuali o delle garanzie concesse, l’esistenza di clausole abusive incluse nei contratti conclusi tra consumatori e operatori economici o la violazione di altri diritti previsti dalla legislazione nazionale o dell’Unione europea in materia di protezione dei consumatori; b) la materia del diritto di famiglia, nelle situazioni previste dall’art. 64: la prosecuzione del matrimonio, la condivisione di beni comuni, l’esercizio dei diritti dei genitori, lo stabilimento del domicilio dei bambini, il contributo dei genitori al mantenimento dei figli, qualsiasi altro fraintendimento che sorga nelle relazioni tra i coniugi in merito ai diritti che possono avere ai sensi della legge; c) l’ambito delle controversie relative al possesso, alla protezione, al trasferimento dei termini apposti, nonché qualsiasi altra controversia relativa alle relazioni di vicinato; d) l’area della responsabilità professionale quando la stessa non sia soggetta a leggi speciali; e) le controversie di lavoro derivanti dalla conclusione, esecuzione e risoluzione di singoli contratti di lavoro; f) per le cause civili il cui valore è inferiore a 50.000 lei (10.410,51, €) ad eccezione delle controversie in cui ci sia una decisione esecutiva di apertura di una procedura di insolvenza, delle azioni riguardanti il registro delle imprese e dei casi in cui le parti scelgono di ricorrere alla procedure previste dall’art. 1.013-1.024 (procedura di ordine di pagamento) o dall’art. 1.025-1.032 (procedura per le domande a valore ridotto) della legge n. 134/2010[245].
La procedura d’informazione sui vantaggi della mediazione può essere tenuta dal giudice, dal pubblico ministero, dal consulente legale, dall’avvocato, dal notaio, e deve risultarne attestazione scritta.
30. La mediazione familiare in Slovacchia
Una speciale legislazione nazionale sulla mediazione nel diritto di famiglia non è stata ancora adottata in Slovacchia.
I procedimenti relativi alla mediazione in questo settore – come in altri settori in cui la mediazione è prevista per la risoluzione di controversie stragiudiziali– si svolgono ai sensi della legge n. 420/2004[246].
L’art. 170 del C.p.c.[247] prevede inoltre che durante l’udienza preliminare se possibile e opportuno, il tribunale tenterà di risolvere la controversia mediante conciliazione o raccomanderà alle parti di tentare una conciliazione mediante mediazione[248].
Il giudice competente non è tenuto a raccomandare la mediazione per risolvere una controversia e può soltanto suggerire alle parti di tentare una mediazione per pervenire a una transazione[249].
Bibliografia
Carlo Alberto Calcagno, Arbitrato e negoziato in Europa. Le opportunità dell’avvocato. Key Editore, 2020.
Carlo Alberto Calcagno, Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo. Aracne Editrice 2014.
Relazione nel seminario STRUMENTI PER TUTELARE LA FAMIGLIA AI TEMPI DEL COVID del 27 novembre 2020 organizzato da “IL METALOGO – SCUOLA GENOVESE DI MEDIAZIONE SISTEMICA”
[3] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori e dei loro Cancellieri ed Usceri, III ed., E. Rechiedei & C., 1893, p. 170.
[4] Così ci racconta SVETONIO: “Postea Plebs solida columnam propte viginti pedum lapidis numidici in foro stauit, scrpsitque: PARENTI PATRIAE: apud eam longo tempore sacrificare, vota suspicere, controversias quasdam, interposto per Caesarem jurejurando, distrahere perseveraverit” (“Dopo pose in piazza una colonna di porfido, tutta di un pezzo, alta circa venti piedi, e ci scrisse dentro: AL PADRE DELLA PATRIA. E perseverò lungo tempo nel sacrificare presso di essa, e qui si votava, e giurando ancora sotto il nome di Cesare, si terminarono alcune liti e controversie”). C. SVETONIO TRANQUILLO, XII Caesares – C. Iulius Caesar 85, in OPERA, Vol I, Lipsia, 1816, p. 176.
[5] Editto perpetuo Tit. XIII:”I. Qui arbitrium pecuniam compromissa receperit , sententiam eum dicere cogam”. II. Eumque si ita conventum sit, diem compromissi proferre iubebo”. (”1.Costringerò a pronunciare sentenza colui che ha accettato l’incarico di arbitro d’una lite compromessa. 2. E, se così fu convenuto, gli ordinerò di prorogare il termine del compromesso”).
[7] Cfr. G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, Lorenzo Sonzogno Editore, Milano, 1855.
[8] In sostanza si verificava se potessero essere annullati (nel caso di responsabilità reciproca) o se c’era la responsabilità di una sola parte se dovessero essere mantenuti, annullati o ancora se potesse disporsi un conveniente mantenimento.
[9] E dei mediatori americani: Gary Friedman, Jack Himmelstein, John Haynes, Florence Kaslow, Stanley Cohen.
2) SUBSIDIARY LEGISLATION 12.20 THE CIVIL COURT (FAMILY SECTION), THE FIRST HALL OF THE CIVIL COURT AND THE COURT OF MAGISTRATES (GOZO) (SUPERIOR JURISDICTION) (FAMILY SECTION) REGULATIONS16th December, 2003LEGAL NOTICE 397 of 2003, as amended by Legal Notices 9 of 2004,181 and 186 of 2006, 370 and 386 of 2011, 111 of 2012 Act XIII of 2018and XVI of 2019.
1. u slučajevima kada prema procjeni stručnog tima centra za socijalnu skrb ili obiteljskog medijatora zbog obiteljskog nasilja nije moguće ravnopravno sudjelovanje bračnih drugova u postupku medijacije
2. ako su jedan ili oba bračna druga lišeni poslovne sposobnosti, a nisu u stanju shvatiti značenje i pravne posljedice postupka ni uz stručnu pomoć
3. ako su jedan ili oba bračna druga nesposobni za rasuđivanje i
4. ako bračni drug ima nepoznato prebivalište i boravište.
(2) Odredba stavka 1. ovoga članka na odgovarajući način primjenjuje se i na ostale članove obitelji koji sudjeluju u postupku medijacije.
Η υποχρεωτική υπαγωγή ιδιωτικών διαφορών στη διαδικασία της διαμεσολάβησης, καθώς και η υποχρέωση ενημέρωσης από τον πληρεξούσιο δικηγόρο για αυτές, ρυθμίζεται ως εξής:
1. Διαφορές που υπάγονται υποχρεωτικά στη διαδικασία διαμεσολάβησης.
Επί ποινή απαραδέκτου της συζήτησης του ενδίκου βοηθήματος, οι παρακάτω ιδιωτικές διαφορές υπάγονται στη διαδικασία της διαμεσολάβησης:
α) Οι διαφορές ανάμεσα στους ιδιοκτήτες ορόφων ή διαμερισμάτων από τη σχέση οροφοκτησίας, οι διαφορές από τη λειτουργία απλής και σύνθετης κάθετης ιδιοκτησίας, οι διαφορές αφενός ανάμεσα στους διαχειριστές ιδιοκτησίας κατ’ ορόφους και κάθετης ιδιοκτησίας και αφετέρου στους ιδιοκτήτες ορόφων, διαμερισμάτων και κάθετων ιδιοκτησιών, καθώς επίσης και διαφορές που εμπίπτουν στο ρυθμιστικό πεδίο των άρθρων 1003 έως 1031 του ΑΚ.
β) Οι διαφορές που αφορούν απαιτήσεις αποζημίωσης οποιασδήποτε μορφής για ζημίες από αυτοκίνητο, ανάμεσα στους δικαιούχους ή τους διαδόχους τους και εκείνους που έχουν υποχρέωση για αποζημίωση ή τους διαδόχους τους, όπως και απαιτήσεις από σύμβαση ασφάλισης αυτοκινήτου, ανάμεσα στις ασφαλιστικές εταιρείες και τους ασφαλισμένους ή τους διαδόχους τους, εκτός αν από το ζημιογόνο συμβάν επήλθε θάνατος ή σωματική βλάβη.
γ) Οι διαφορές από αμοιβές του άρθρου 622Α του ΚΠολΔ.
δ) Οι οικογενειακές διαφορές, εκτός από αυτές της παραγράφου 1 περιπτώσεις α΄, β΄ και γ΄ και της παραγράφου 2 του άρθρου 592 ΚΠολΔ.
ε) Οι διαφορές που αφορούν σε απαιτήσεις αποζημίωσης ασθενών ή των οικείων τους σε βάρος ιατρών, οι οποίες ανακύπτουν κατά την άσκηση της επαγγελματικής δραστηριότητας των τελευταίων.
στ) Οι διαφορές που δημιουργούνται από την προσβολή εμπορικών σημάτων, διπλωμάτων ευρεσιτεχνίας, βιομηχανικών σχεδίων ή υποδειγμάτων.
ζ) Οι διαφορές από χρηματιστηριακές συμβάσεις.
2.Α. Εξαιρούνται από την υποχρεωτική υπαγωγή σε διαμεσολάβηση της αμέσως προηγούμενης παραγράφου 1Α:
α) η κύρια παρέμβαση που ασκείται σε συνάφεια με το αντικείμενο των διαφορών αυτών,
β) οι διαφορές στις οποίες διάδικο μέρος είναι το Δημόσιο ή Ο.Τ.Α. ή Ν.Π.Δ.Δ.,
γ) οι διάδικοι που δικαιούνται νομικής βοήθειας κατά το ν. 3226/2004, όπως ισχύει, ή στους οποίους παρέχεται το ευεργέτημα της πενίας κατά τα άρθρα 194 και 195 του Κώδικα Πολιτικής Δικονομίας,
δ) οι δίκες οι σχετικές με την εκτέλεση,
ε) η ανακοπή των άρθρων 632 και 633 παρ. 2 ΚΠολΔ,
στ) κάθε άλλη περίπτωση στην οποία δεν προβλέπεται αναστολή εκτέλεσης κατά τις κείμενες διατάξεις του νόμου,
[46] Νόμος 4640/2019 Διαμεσολάβηση σε αστικές και εμπορικές υποθέσεις – Περαιτέρω εναρμόνιση της Ελληνικής Νομοθεσίας προς τις διατάξεις της Οδηγίας 2008/52/ΕΚ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2008 και άλλες διατάξεις
In vigore dal 15 gennaio 2020 in materia di controversie familiari
In vigore dal 15 marzo 2010 nell’ambito di un procedimento ordinario.
[47] Mediation information sessions in family law and succession proceedings
23. (1) The Minister may, for the purposes of ensuring that information sessions concerning mediation are available (in this Act referred to as a “mediation information session”), at a reasonable cost and in suitable locations, to parties to relevant proceedings and having had regard to the matters specified in subsection (2)—
(a) prepare and publish a scheme for the delivery of such sessions, or
(b) approve a scheme for the delivery of such sessions prepared by a person other
than the Minister.
(2) A scheme referred to in subsection (1) may include provisions in relation to any of the following:
(a) the nature and operation of mediation in respect of a relevant dispute;
(b) the role of the mediator in a mediation in respect of a relevant dispute;
(c) the types of mediation settlements available in a mediation in respect of a relevant dispute;
(d) the benefits of mediation over court-based resolutions in respect of a relevant dispute;
(e) the costs of mediation;
(f) a statement that legal advice may be sought by the parties at any time during the mediation.
(3) Before publishing or approving a scheme under this section, the Minister shall—
(a) publish a notice on the website of the Department of Justice and Equality and in at least one daily newspaper circulating generally in the State—
(i) indicating that he or she intends to publish or approve a scheme under this section,
(ii) indicating that a draft of the scheme is available for inspection on that website for a period specified in the notice (being not less than 30 days from the date of the publication of the notice in the newspaper), and
(iii) stating that submissions in relation to the draft scheme may be made in writing to the Minister before a date specified in the notice (which shall be not less than 30 days after the end of the period referred to in subparagraph
(ii)),
and
(b) have regard to any submissions received pursuant to paragraph (a)(iii).
4) Where the Minister prepares or approves a scheme under this section, he or she shall cause a notice of the preparation or approval to be published in Iris Oifigiúil and the notice shall specify the date from which the scheme shall come into operation.
(5) Subject to subsection (6), the Minister may—
(a) amend or revoke a scheme prepared or approved under this section, or (b) withdraw approval in respect of any scheme previously approved under this section.
(6) The requirements of subsections (3) and (4) shall, with all necessary modifications, apply to a scheme that the Minister intends to amend or revoke or in relation to which the Minister intends to withdraw his or her approval.
(7) Where the Minister amends or revokes, or withdraws his or her approval in respect of, a scheme under this section, he or she shall cause a notice to that effect to be published in Iris Oifigiúil specifying—
(a) the scheme to which the amendment, revocation or withdrawal of approval, as the case may be, relates,
(b) whether the scheme is to be amended or revoked or whether approval in relation to the scheme is to be withdrawn,
(c) if the scheme is to be amended, particulars of the amendment, and (d) the date from which the amendment, revocation or withdrawal of approval, as the case may be, shall come into operation.
(8) In this section—
“relevant dispute” means a dispute the subject of relevant proceedings;
“relevant proceedings” means—
(a) family law proceedings, or
(b) proceedings under section 67A(3) or 117 of the Succession Act 1965.
REGIME GERAL DO PROCESSO TUTELAR CÍVEL(versão actualizada)
Articolo 24
Mediazione
1 – In qualsiasi stato di causa e ogni qualvolta ritenuto opportuno, in particolare nel processo di regolamentazione dell’esercizio delle responsabilità genitoriali, ufficiosamente con il consenso delle parti interessate o su loro richiesta, il giudice può determinare l’intervento di servizi di mediazione pubblici o privati.
2 – Ai fini del paragrafo precedente, il giudice è responsabile di informare le parti interessate sull’esistenza e sugli obiettivi dei servizi di mediazione familiare.
3 – Il giudice approva l’accordo ottenuto attraverso la mediazione se soddisfa l’interesse del minore.
REGIME GERAL DO PROCESSO TUTELAR CÍVEL(versão actualizada)
Articolo 23
Audizione tecnica specializzata
1 – Il giudice può, in qualsiasi momento e quando ritenuto necessario, stabilire un’audizione tecnica specializzata, al fine di ottenere il consenso tra le parti.
2 – L’audizione tecnica specializzata in materia di conflitto genitoriale consiste nell’audizione delle parti, al fine di valutare diagnosticamente le capacità dei genitori e la valutazione della loro disponibilità per un accordo, in particolare in termini di regolamentazione dell’esercizio delle responsabilità genitoriali, che garantisce le migliori garanzie l’interesse del bambino.
3 – L’audizione tecnica specializzata include la fornitura di informazioni incentrate sulla gestione dei conflitti.
[54] Art. 24-A Lei n.º 141/2015, de 08 de Setembro
[55] La procedura regolata in questa sezione si applica alle richieste di:
a) alimenti per bambini più grandi o emancipati;
b) assegnazione dell’indirizzo di residenza della famiglia;
c) privazione del diritto di utilizzare il cognome dell’altro coniuge;
d) autorizzazione all’utilizzo del cognome dell’ex coniuge;
e) Conversione della separazione personale in caso di divorzio e regime della proprietà.
Articolo 5 DL n.º 272/2001, de 13 de Outubro
PROCESSOS DA COMPETÊNCIA DO M.ºP.º E DAS C. REGISTO CIVIL(versão actualizada)
A házastársak a házassági bontóper megindítása előtt vagy a bontóper alatt – saját elhatározásukból vagy a bíróság kezdeményezésére – kapcsolatuk, illetve a házasság felbontásával összefüggő vitás kérdések megegyezésen alapuló rendezése érdekében közvetítői eljárást vehetnek igénybe. A közvetítői eljárás eredményeként létrejött megállapodásukat perbeli egyezségbe foglalhatják.
[76]Eine Scheidung ist ein schwerwiegender Schritt, der angesichts der menschlichen und rechtlichen Konsequenzen vor allem auch für die Kinder gründlich überlegt sein muss. Deshalb ist auch der Richter bei einer streitigen Scheidung dazu verpflichtet, zunächst auf eine Versöhnung hinzuwirken und auf die Möglichkeiten der Mediation hinzuweisen.
2. die Teilnahme an einem Erstgespräch über Mediation oder über ein Schlichtungsverfahren;
(omissis)
A seguito del KindNamRÄG 2013 il giudice oggi a sua disposizione anche altri strumenti: la visita obbligatoria della famiglia, il counseling genitoriale o educativo, ovvero una consulenza od un programma per affrontare l’aggressività o la violenza.
[78] Quest’ultima pronuncia ha avuto largo eco anche nella UE soprattutto nei sostenitori della mediazione volontaria.
Lo stesso Ministero sponsorizza anche consultori familiari che forniscano consulenza legale professionale e sostegno psicologico.
[81] § 39c. (1) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie kann gemeinnützige Einrichtungen, die das Angebot
1. qualitativer Elternbildung,
2.von Mediation oder Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen gewährleisten, auf Ansuchen fördern.
(2) Elternbildung, Mediation sowie Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen sind unter Beachtung allgemein anerkannter wissenschaftlicher Erkenntnisse durch geeignetes Fachpersonal durchzuführen. Erforderlichenfalls kann der Bund zur entsprechenden Aus- und Weiterbildung des Fachpersonals beitragen. Zur Sicherung der kontinuierlichen Inanspruchnahme von Elternbildungsangeboten kann der Bund notwendige Maßnahmen zur Bewusstseinsbildung durchführen.
(3) Bei allen Projekten zur Förderung der Elternbildung sowie der Kinderbegleitung ist eine Mitfinanzierung durch die Länder anzustreben.
(4) Auf die Gewährung von Förderungen besteht kein Rechtsanspruch. Förderungen und Aufwendungen nach Abs. 1 bis Abs. 3 sind aus Mitteln des Ausgleichsfonds für Familienbeihilfen zu tragen.
(5) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie hat Richtlinien zur Förderung der Elternbildung, von Mediation sowie der Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen zu erlassen, in denen das Nähere bestimmt wird. Die Richtlinien sind im Amtsblatt zur Wiener Zeitung zu veröffentlichen.
[86] Cfr. anche l’art. 49 del Codice della famiglia (СЕМЕЕН КОДЕКС) sempre in tema di divorzio che fa riferimento alla conciliazione, alla mediazione e ad altri strumenti alternativi. http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135637484
(4) Kohus peab kogu menetluse ajal tegema kõik endast sõltuva, et asi või selle osa lahendataks kompromissiga või muul viisil poolte kokkuleppel, kui see on kohtu hinnangul mõistlik. Kohus võib selleks muu hulgas esitada pooltele kompromissilepingu projekti või kutsuda pooled isiklikult kohtusse, samuti teha neile ettepaneku vaidluse kohtuväliseks lahendamiseks või lepitaja poole pöördumiseks. Kui kohtu hinnangul on see kohtuasja asjaolusid ning senist menetluskäiku arvestades asja lahendamise huvides vajalik, võib ta kohustada pooli osalema lepitusseaduses sätestatud lepitusmenetluses.
[RT I 2009, 59, 385 – jõust. 01.01.2010]
[89] § 1 c. 4 Lepitusseadus Vastu võetud 18.11.2009
[92] Federazione nazionale delle Associazioni per la mediazione familiare
[93] La médiation familiale est un processus de construction ou de reconstruction du lien familial axé sur l’autonomie et la responsabilité des personnes concernées par des situations de rupture ou de séparation dans lequel un tiers impartial, indépendant, qualifié et sans pouvoir de décision – le médiateur familial – favorise, à travers l’organisation d’entretiens confidentiels, leur communication, la gestion de leur conflit dans le domaine familial entendu dans sa diversité et dans son évolution.
[94] Arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial
[95] In linea con le raccomandazioni del Conseil national consultatif de la médiation familiale.
[96] Annexe I référentiel professionnel médiateur familial 1.1. Contexte d’intervention.
[98] La médiation familiale, née au sein de la société civile dans les années 80, a trouvé sa place dans la loi du 4 mars 2002 (article 373-2-10 du code civil) relative à l’autorité parentale et dans la loi du 26 mars 2004 relative au divorce (art. 255 du code civil).
[99] La médiation familiale est un processus de construction ou de reconstruction du lien familial, axé sur l’autorité parentale et la responsabilité des personnes concernées par des situations de conflits ou de rupture familiales.
[100] Le médiateur familial met en œuvre des médiations dans le champ de la famille. La famille s’entend dans la diversité de son expression actuelle et aussi dans son évolution. Elle comprend toutes les modalités d’union et prend en compte les différents liens de filiation et d’alliance.
[101] Le champ d’action du médiateur familial concerne les situations de conflits et de rupture dans ce cadre et plus précisément des relations entre les parents, de l’organisation de la vie des enfants, les liens transgénérationnels et de la fratrie. La médiation familiale est mobilisée pour les situations telles que les divorces, les séparations, les décès, les situations de conflits et les ruptures de communication au sein de la famille, les situations familiales à dimension internationale dans le champ de la protection de l’enfance, les questions successorales et patrimoniales.
[102] Dans le champ défini ci-dessus, le médiateur familial conduit son action, dans un cadre précis caractérisé par un processus spécifique.
[103] Ce dernier a pour finalité d’accompagner les personnes qui décident de s’engager dans une médiation familiale, afin de leur permettre de construire et de décider, ensemble, des meilleures options pour résoudre le conflit qui les oppose.
[104] Le médiateur familial facilite le rétablissement du dialogue, les liens de communication entre les personnes, leur capacité à gérer le conflit ainsi que leur capacité à négocier. Il favorise leur cheminement, et notamment la reconnaissance du bienfondé des arguments présentés par chacun.
[105] Il accompagne la recherche de solutions concrètes en amenant les personnes à trouver elles-mêmes les bases d’un accord mutuellement acceptable, en tenant compte de l’état du Droit, des besoins de chacun des membres de la famille et notamment de ceux des enfants, dans un esprit de co-responsabilité.
[106] Le médiateur familial exerce de façon qualifiée une profession s’appuyant sur une expérience professionnelle acquise dans le champ du travail social, socio-éducatif, sanitaire, juridique, ou psychologique, sanctionnée par une certification qui garantit l’acquisition des compétences spécifiques, nécessaires à la mise en œuvre des médiations familiales. Il mobilise des compétences adaptées aux situations de crise, au sein desquelles s’expriment fortement des affects, des tensions et des enjeux divers.
[107] Le médiateur familial est garant du cadre et du déroulement du processus.
[108] Pour ce faire, le médiateur familial investit une posture de tiers, qui s’inscrit dans une relation ternaire. Il n’exerce aucun pouvoir de décision.
[109] Le médiateur familial intervient dans un cadre éthique caractérisé par les principes d’altérité, d’impartialité, d’indépendance, de confidentialité, de neutralité, d’équité.
[110] Il peut être amené à collaborer avec d’autres professionnels sur les champs de la santé, administratif, social, économique, juridique…
[111] Le médiateur familial exerce dans des structures diverses : associations à caractère social ou familial, associations de médiation familiale, services publics ou parapublics et en libéral.
[114] La formazione è fornita da diversi centri, tra cui il Centro per la formazione continua del Panthéon-Assas, la Camera di Commercio e dell’Industria di Parigi, l’Istituto Cattolico di Parigi e la Scuola Professionale di Mediazione e Negoziazione. In generale, ci vuole il diploma di maturità, ma si possono anche semplicemente convalidare le esperienze acquisite.
[115] Vi è però un codice deontologico a cui aderiscono diversi organismi di mediazione:
• L’Accademia di Mediazione
• Associazione nazionale dei difensori civici europei (AME)
• Associazione nazionale dei mediatori (ANM)
• Associazione per la Mediazione Familiare (APMF)
• Federazione Nazionale per la Mediazione Familiare (FENAMEF)
• Federazione Nazionale dei Centri di Mediazione (FNCM)
• Mediazione Net
• rete dei difensori civici Company (RME)
• l’Unione Indipendente dei Mediatori Professionali (UPIM).
[117] Décret n°2003-1166 du 2 décembre 2003 portant création du diplôme d’Etat de médiateur familial; questo decreto è stato abrogato il 26 aprile del 2004 dal Décret n°2004-1136 du 21 octobre 2004.
[118] Arrêté du 12 février 2004 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial. L’ordinanza è stata abrogata dal nuovo decreto del 2012 (art. 14); si veda anche la Circulaire n°DGAS/4A/2004/376 en date du 30 juillet 2004 relative aux modalités de la formation préparatoire au Diplôme d’Etat de médiateur familial et à l’organisation des épreuves de certification.
Il decreto del 2012 è stato poi novellato dall’Arrêté du 2 août 2012 modifiant l’arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial
[119] DRASS, Direction régionale des affaires sanitaires et sociales.
[120] Arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial
[121] La formation est ouverte aux candidats remplissant l’une des conditions suivantes :
― justifier d’un diplôme national, au moins de niveau III, mentionné au titre V du livre IV du code de l’action sociale et des familles ou au livre III de la quatrième partie du code de la santé publique ;
― justifier d’un diplôme national, au moins de niveau II, en droit, psychologie ou sociologie délivré par un établissement public à caractère scientifique, culturel et professionnel habilité à le délivrer ou par un établissement d’enseignement supérieur privé reconnu par l’Etat et autorisé à délivrer un diplôme visé par le ministre chargé de l’enseignement supérieur ;
― justifier d’un diplôme national au moins de niveau III et de trois années au moins d’expérience professionnelle dans le champ de l’accompagnement familial, social, sanitaire, juridique, éducatif ou psychologique. (Art. 2)
In Francia c’è un Répertoire national des certifications professionnelles (RNCP) che è il punto di riferimento per i titoli professionali; le professioni sono distinte per livelli da I a V.
[127] Le juge aux affaires familiales a pour mission de tenter de concilier les parties. Art. 1071 c. 1 C.p.c.
[128] Saisi d’un litige, il peut proposer une mesure de médiation et, après avoir recueilli l’accord des parties, désigner un médiateur familial pour y procéder. Art. 1071 c. 2 C.p.c.
[129] Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.
2° Enjoindre aux époux de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de la médiation;
(omissis)
[131] Loi n°2002-305 du 4 mars 2002 – art. 5 JORF 5 mars 2002
[132] En cas de désaccord, le juge s’efforce de concilier les parties. Articolo 373-2-10 c. 1 C.c.
[133] A l’effet de faciliter la recherche par les parents d’un exercice consensuel de l’autorité parentale, le juge peut leur proposer une mesure de médiation et, après avoir recueilli leur accord, désigner un médiateur familial pour y procéder. Articolo 373-2-10 c. 2 C.c.
[134] Il peut leur enjoindre de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de cette mesure. Art. 373-2-10 c. 3 C.c. (abrogato)
[135] LOI n°2016-1547 du 18 novembre 2016 – art. 6.
[136] Il peut leur enjoindre, sauf si des violences ont été commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant, de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de cette mesure.
L’articolo è stato considerato legittimo dalla Corte Costituzionale: “21. Le deuxième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil prévoit que le juge aux affaires familiales peut proposer aux parents une mesure de médiation afin de faciliter la recherche d’un exercice consensuel de l’autorité parentale. Le troisième alinéa de cet article prévoit que le juge aux affaires familiales peut enjoindre aux parents de recevoir une information sur l’objet et le déroulement de cette mesure de médiation. L’article 6 de la loi déférée modifie le troisième alinéa de l’article 373-2-10 pour interdire au juge aux affaires familiales de prononcer l’injonction mentionnée ci-dessus, en cas de violences commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant.
22. L’article 15 de la loi du 13 décembre 2011 mentionnée ci-dessus prévoyait, à titre expérimental, que la saisine du juge par les parents aux fins de modification d’une décision fixant les modalités d’exercice de l’autorité parentale ou fixant la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant doit être précédée d’une tentative de médiation familiale. L’article 7 de la loi déférée renouvelle cette expérimentation. Toutefois, le 3° de cet article 7 dispense les parents de cette tentative de médiation lorsque des violences ont été commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant.
23. Les sénateurs requérants soutiennent que l’article 6 et le 3° de l’article 7 méconnaissent l’objectif de valeur constitutionnelle d’accessibilité et d’intelligibilité de la loi dès lors qu’ils ne précisent pas si les violences doivent être constatées par le juge ou simplement alléguées. Ils reprochent également au 3° de l’article 7 de ne pas prévoir les modalités d’évaluation de l’expérimentation qu’il institue.
24. En adoptant l’article 6, le législateur n’a pas entendu subordonner l’interdiction faite au juge aux affaires familiales d’enjoindre aux parents de recevoir une information sur l’objet et le déroulement d’une mesure de médiation en cas de violences intrafamiliales à la condition que ces violences aient donné lieu à condamnation pénale ou au dépôt d’une plainte. Il n’a pas davantage entendu dispenser les parents séparés de faire une tentative de médiation dans ces seules hypothèses. Il appartiendra donc au juge d’apprécier la réalité des violences pour l’application du troisième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil et du 3° de l’article 7 de la loi déférée.
25. En second lieu, aucune exigence constitutionnelle n’impose au législateur de déterminer les modalités de l’évaluation consécutive à une expérimentation.
26. L’article 6 et le 3° de l’article 7, qui ne méconnaissent ni l’objectif de valeur constitutionnelle d’accessibilité et d’intelligibilité de la loi ni aucune autre exigence constitutionnelle, sont conformes à la Constitution.”
Décision n° 2016-739 DC du 17 novembre 2016
[137] La décision enjoignant aux parties de rencontrer un médiateur familial en application des articles 255 et 373-2-10 du code civil n’est pas susceptible de recours. Art. 1071 c. 3 C.p.c.
[139] Pour l’application du troisième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil, les parties sont informées de la décision du juge leur enjoignant de rencontrer un médiateur familial soit par courrier, soit à l’audience. Il est indiqué aux parties le nom du médiateur familial ou de l’association de médiation familiale désigné et les lieux, jour et heure de la rencontre. Lorsque la décision est adressée par courrier, il leur est en outre rappelé la date de l’audience à laquelle l’affaire sera examinée. Lors de cette audience, le juge homologue le cas échéant l’accord intervenu ; en l’absence d’accord ou d’homologation, il tranche le litige. (Art. 1).
[140] Les dispositions de l’article 1er sont applicables à titre expérimental, jusqu’au 31 décembre 2013, dans les tribunaux de grande instance désignés par un arrêté du garde des sceaux, ministre de la justice. (Art. 2).
[141] Décret n°2013-1280 du 29 décembre 2013 – art. 23
[142] Quatre mois au moins avant le terme de l’expérimentation prévue par l’article 2, les chefs des juridictions désignées par l’arrêté mentionné au même article adressent au garde des sceaux, ministre de la justice, un rapport faisant le bilan de cette expérimentation. (Art. 3)
[143] Si fa qui riferimento agli accordi in materia di famiglia soggetti alla procédure participative ossia alla nostra negoziazione assistita o comunque agli accordi omologati dal giudice.
[144] Una forma di divorzio – non è utilizzabile per la separazione che resta giudiziale – che può essere utilizzata in Francia dal dicembre 2016 quando il minore non chiede di essere ascoltato e non ci sono provvedimenti giudiziari che lo riguardino.
[145] Les dispositions contenues dans la convention homologuée ou dans la convention de divorce par consentement mutuel prenant la forme d’un acte sous signature privée contresigné par avocats déposé au rang des minutes d’un notaire ainsi que les décisions relatives à l’exercice de l’autorité parentale peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande des ou d’un parent ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non. Art. 373-2-13 C.c.
In precedenza il testo recitava: “Les dispositions contenues dans la convention homologuée ainsi que les décisions relatives à l’exercice de l’autorité parentale peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande des ou d’un parent ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non”.
[146] LOI n° 2011-1862 du 13 décembre 2011 relative à la répartition des contentieux et à l’allègement de certaines procédures juridictionnelles.
[148] Anche ai procedimenti in corso. Art. 70 IV. ― Les articles 4 à 15 ne sont pas applicables aux procédures en cours.
[149] Les parents peuvent saisir le juge aux affaires familiales afin de faire homologuer la convention par laquelle ils organisent les modalités d’exercice de l’autorité parentale et fixent la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant.
Le juge homologue la convention sauf s’il constate qu’elle ne préserve pas suffisamment l’intérêt de l’enfant ou que le consentement des parents n’a pas été donné librement.
[150] A titre expérimental et jusqu’au 31 décembre de la troisième année suivant celle de la promulgation de la présente loi, dans les tribunaux de grande instance désignés par un arrêté du garde des sceaux, les dispositions suivantes sont applicables, par dérogation à l’article 373-2-13 du code civil.
Les décisions fixant les modalités de l’exercice de l’autorité parentale ou la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant ainsi que les dispositions contenues dans la convention homologuée peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande du ou des parents ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non.
Toutefois, à peine d’irrecevabilité que le juge peut soulever d’office, la saisine du juge par le ou les parents doit être précédée d’une tentative de médiation familiale, sauf :
1° Si la demande émane conjointement des deux parents afin de solliciter l’homologation d’une convention selon les modalités fixées à l’article 373-2-7 du code civil ;
2° Si l’absence de recours à la médiation est justifiée par un motif légitime ;
3° Si cette tentative de médiation préalable risque, compte tenu des délais dans lesquels elle est susceptible d’intervenir, de porter atteinte au droit des intéressés d’avoir accès au juge dans un délai raisonnable.
Six mois au moins avant le terme de l’expérimentation, le Gouvernement adresse au Parlement un rapport procédant à son évaluation en vue de décider de sa généralisation, de son adaptation ou de son abandon.
[157] Un médiateur ne peut être désigné par le juge pour procéder aux tentatives préalables de conciliation prescrites par la loi en matière de divorce et de séparation de corps.
Dans les autres cas de tentative préalable de conciliation prescrite par la loi, le juge peut, s’il n’a pas recueilli l’accord des parties, leur enjoindre de rencontrer un médiateur qu’il désigne et qui répond aux conditions prévues par décret en Conseil d’Etat. Celui-ci informe les parties sur l’objet et le déroulement d’une mesure de médiation (art. 22-1 Legge 8 febbraio 1995 n. 95-125 come novellato dall’art. 1 dell’Ordinanza n. 2011-1540 del 16 novembre 2011).
3. Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:
„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“
4. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:
“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”
[167] 4. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:
“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”
[168] 3. Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:
„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“
[169] 5. Nach § 36 wird folgender § 36a eingefügt:
(1) Das Gericht kann einzelnen oder allen Beteiligten eine Mediation oder ein anderes Verfahren der
außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorschlagen. In Gewaltschutzsachen sind die schutzwürdigen Belange der von Gewalt betroffenen Person zu wahren.
(2) Entscheiden sich die Beteiligten zur Durchführung einer gerichtsnahen oder gerichtsinternen Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung, setzt das Gericht das Verfahren aus.
(3) Gerichtliche Anordnungs- und Genehmigungsvorbehalte bleiben von der Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung unberührt.“
[170] 6. § 81 Absatz 2 Nummer 5 wird wie folgt gefasst:
„5. der Beteiligte einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung nach § 156 Absatz 1 Satz 3 oder einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einer Beratung nach § 156 Absatz 1 Satz 4 nicht nachgekommen ist, sofern der Beteiligte dies nicht genügend entschuldigt hat.“
[171] La legge sulla procedura in materia familiare e in materia di volontaria giurisdizione (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit vom 17. Dezember 2008 (BGBl. I S. 2586, 2587), das zuletzt durch Artikel 3 des Gesetzes vom 22. Dezember 2010 (BGBl. I S. 2255) geändert worden ist“) si può trovare in http://www.gesetze-im-internet.de/famfg/BJNR258700008.html.
[172] “§ 135 Außergerichtliche Streitbeilegung über Folgesachen
Das Gericht kann anordnen, dass die Ehegatten einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung anhängiger Folgesachen bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen. Die Anordnung ist nicht selbständig anfechtbar und nicht mit Zwangsmitteln durchsetzbar.
In precedenza vi era anche un secondo comma che è stato eliminato dalla nuova legge sulla mediazione:
(2) Das Gericht soll in geeigneten Fällen den Ehegatten eine außergerichtliche Streitbeilegung anhängiger Folgesachen vorschlagen”.
Indipendentemente da tale sessione informativa il Tribunale poteva suggerire alle parti un metodo di risoluzione extragiudiziale delle questioni consequenziali al divorzio.
[176] V. per maggiori dettagli il sito dell’Associazione Federale per la Mediazione Familiare (www.bafm-mediation.de).
[177] 9. Dem § 155 wird folgender Absatz 4 angefügt:
„(4) Hat das Gericht ein Verfahren nach Absatz 1 zur Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung ausgesetzt, nimmt es das Verfahren in der Regel nach drei Monaten wieder auf, wenn die Beteiligten keine einvernehmliche Regelung erzielen.“
[178] Se ad es. il bambino vive in un ambiente violento coltivare un accordo potrebbe non essere saggio.
§ 156
Hinwirken auf Einvernehmen
(1) 1Das Gericht soll in Kindschaftssachen, die die elterliche Sorge bei Trennung und Scheidung, den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, in jeder Lage des Verfahrens auf ein Einvernehmen der Beteiligten hinwirken, wenn dies dem Kindeswohl nicht widerspricht.
[179] 2 Es weist auf Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe insbesondere zur Entwicklung eines einvernehmlichen Konzepts für die Wahrnehmung der elterlichen Sorge und der elterlichen Verantwortung hin.
[180] 3 Das Gericht kann anordnen, dass die Eltern einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen.
[181] 4Es kann ferner anordnen, dass die Eltern an einer Beratung nach Satz 2 teilnehmen.
2) 1Erzielen die Beteiligten Einvernehmen über den Umgang oder die Herausgabe des Kindes, ist die einvernehmliche Regelung als Vergleich aufzunehmen, wenn das Gericht diese billigt (gerichtlich gebilligter Vergleich). 2Das Gericht billigt die Umgangsregelung, wenn sie dem Kindeswohl nicht widerspricht.
(3) 1Kann in Kindschaftssachen, die den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, eine einvernehmliche Regelung im Termin nach § 155 Abs. 2 nicht erreicht werden, hat das Gericht mit den Beteiligten und dem Jugendamt den Erlass einer einstweiligen Anordnung zu erörtern. 2Wird die Teilnahme an einer Beratung, an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder einer sonstigen Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung oder eine schriftliche Begutachtung angeordnet, soll das Gericht in Kindschaftssachen, die das Umgangsrecht betreffen, den Umgang durch einstweilige Anordnung regeln oder ausschließen. 3Das Gericht soll das Kind vor dem Erlass einer einstweiligen Anordnung persönlich anhören.
[186] (1) 1 Macht ein Elternteil geltend, dass der andere Elternteil die Durchführung einer gerichtlichen Entscheidung oder eines gerichtlich gebilligten Vergleichs über den Umgang mit dem gemeinschaftlichen Kind vereitelt oder erschwert, vermittelt das Gericht auf Antrag eines Elternteils zwischen den Eltern. 2 Das Gericht kann die Vermittlung ablehnen, wenn bereits ein Vermittlungsverfahren oder eine anschließende außergerichtliche Beratung erfolglos geblieben ist.
[188] (2) Das Gericht lädt die Eltern unverzüglich zu einem Vermittlungstermin. Zu diesem Termin ordnet das Gericht das persönliche Erscheinen der Eltern an. In der Ladung weist das Gericht darauf hin, welche Rechtsfolgen ein erfolgloses Vermittlungsverfahren nach Absatz 5 haben kann. In geeigneten Fällen lädt das Gericht auch das Jugendamt zu dem Termin.
[189] (3) In dem Termin erörtert das Gericht mit den Eltern, welche Folgen das Unterbleiben des Umgangs für das Wohl des Kindes haben kann. Es weist auf die Rechtsfolgen hin, die sich ergeben können, wenn der Umgang vereitelt oder erschwert wird, insbesondere darauf, dass Ordnungsmittel verhängt werden können oder die elterliche Sorge eingeschränkt oder entzogen werden kann. Es weist die Eltern auf die bestehenden Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe hin.
[190] (4) Das Gericht soll darauf hinwirken, dass die Eltern Einvernehmen über die Ausübung des Umgangs erzielen. Kommt ein gerichtlich gebilligter Vergleich zustande, tritt dieser an die Stelle der bisherigen Regelung. Wird ein Einvernehmen nicht erzielt, sind die Streitpunkte im Vermerk festzuhalten.
[191] (5) Wird weder eine einvernehmliche Regelung des Umgangs noch Einvernehmen über eine nachfolgende Inanspruchnahme außergerichtlicher Beratung erreicht oder erscheint mindestens ein Elternteil in dem Vermittlungstermin nicht, stellt das Gericht durch nicht anfechtbaren Beschluss fest, dass das Vermittlungsverfahren erfolglos geblieben ist. In diesem Fall prüft das Gericht, ob Ordnungsmittel ergriffen, Änderungen der Umgangsregelung vorgenommen oder Maßnahmen in Bezug auf die Sorge ergriffen werden sollen. Wird ein entsprechendes Verfahren von Amts wegen oder auf einen binnen eines Monats gestellten Antrag eines Elternteils eingeleitet, werden die Kosten des Vermittlungsverfahrens als Teil der Kosten des anschließenden Verfahrens behandelt.
[192] Cfr. anche M. FERRO, Dizionario del diritto comune e Veneto, volume I, seconda edizione, Andrea Santini e Figlio, Venezia, 1845, p. 23.
[193] Digesto II Legge 4, 1 “De in ius vocando: praetor ait: Parentem, patronum patronam, liberos, parentes patroni patronae, in ius sine permissu meo ne quis vocet” (“Riguardo al citare in giudizio il pretore disse: nessuno citerà in giudizio senza mio permesso il padre, il patrono, la patrona, i figli, i parenti del patrono e della patrona”.
[194] Essi avevano attribuzioni inferiori rispetto a quelli di prima classe in ragione del fatto che erano ubicati dove risiedeva il tribunale.
[195] Art. 31 lett. I legge 1° giugno 1798 n. 111 in Raccolta delle leggi, ed atti del corpo legislativo della Repubblica ligure dal 17 gennaio 1798, anno primo della ligure libertà, VOLUME I, Franchelli Padre e Figlio, 1798, p. 211 e ss.
[196] A. HAIMBERGER, Il diritto romano privato e puro, Gabriele Rondinella Editore, Napoli, 1863, p. 227.
[197] Ossia il diritto di vendetta da esplicitarsi singolarmente o come gruppo o come comunità di villaggio, senza che vi fosse una proporzione tra azione e reazione.
[198] S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Tipografia Borroni e Scotti, 1850, p. 51.
[199] Cfr. C. TROYA, Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774, Volume terzo, Stamperia Reale, Napoli, 1853, p. 262.
[200] Erano dodici uomini liberi. L’uso del giuramento risale al processo attico.
[201] Art 3 della legge ventoso 26 anno quarto (16 marzo 1796).
[202] J. POTHIER, Trattati diversi sulle successioni, vol. III, Tipografia Sonzogno di Jo Battista, Milano, 1812, p. 382.
[203] Che nell’intenzione dell’Imperatore avrebbe dovuto mutare in due ore: v. gli articoli 159-161 a tenore dei quali il primo giorno vendemmiatore (ossia il 22 settembre 1805) alle ore dieci dovevano chiudersi gli antichi tribunali e alle ore 12 si doveva aprire quelli nuovi. V. Bulletin des Lois et Arrêtés publiés dans la 28. division militaire de l’Empire Franςais, tome premier, A l’Imprimerie Impériale, Genés, 1805, p. 121-161.
Ricordo che la Liguria fu annessa alla Francia con decreto imperiale del 6 giugno 1805 quando Napoleone si trovava a Milano. Il 25 maggio del 1805 il Senato di Genova richiese l’annessione per non essere coinvolta nella guerra tra Francia ed Inghilterra (che non voleva riconoscere la repubblica di Genova) ed essere protetta nei commerci marittimi (dalle “Potenze barbaresche”: Algeria, Libia e Tunisia) e di terra che erano “inceppati” dalle dogane francesi.
[204] Come imponeva per qualsivoglia procedura il richiamato dalla norma art. 37.
[205] Attribuzione questa antichissima che prima di essere esercitata dai Difensori di città e dai Tribuni della plebe riguardava il Praetor che quando giudicava recandosi a casa dei concittadini si diceva lo facesse de plano (ossia senza osservare le forme e semplicemente apponendo il decreto sul libello del postulante)e non pro tribunale come quando giudicava nel foro in modo solenne. V. P. ELLERO, Archivio giuridico, volume primo, Tipi Fava e Garagnani, Bologna, 1868, pp. 189-190
[206] Art. 859 e ss. Codice di procedura civile pel lo Regno delle Due Sicilie.
[207] Art. 986 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.
[208] Legge 8 febbraio 2006, n. 54. “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006.
[209] – Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219. (14G00001), in G.U. n. 5 del 8 gennaio 2014 – in vigore dal 7 febbraio 2014.
[210] Art. 106 Abrogazioni 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: a) gli articoli 155-bis, 155-ter, 155-quater, 155-quinquies, 155-sexies, 233, 235, 242, 243, 261, 578 e 579 del codice civile; omissis
[211] Articolo inserito dall’art. 55 c. 1 del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154
[212] Si tratta dei provvedimenti riguardo ai figli.
[213] Convertito con la legge 10 novembre 2014, n. 162.
[216] LEGGE 14 gennaio 2013, n. 4 Disposizioni in materia di professioni non organizzate. (13G00021) (GU Serie Generale n.22 del 26-01-2013). Entrata in vigore del provvedimento: 10/02/2013
[219] IRVING, BENJAMIN, ARDONE, MASTROPAOLO. Per chi volesse approfondire l’argomento si indica questa essenziale bibliografia: ARDONE, MAZZONI, La mediazione familiare. Per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Giuffrè, Milano, 1996: J.M. HAYNES, I. BUZZI, Introduzione alla mediazione famigliare, Giuffrè, Milano, 2012; L. FRUGGERI, Famiglie, dinamiche interpersonali e processi psicosociali, Carocci, Roma, 1998; L. MASTROPAOLO et al., L’interazione Consultorio Tribunale. Strategie sistemiche operative in “Terapia Familiare” n. 17, 1985; L. MASTROPAOLO, Ridefinire la coazione: terapeuta sistemico e tribunale, in “Ecologia della Mente”, N.I.S. n. 8, dicembre 1989; L. MASTROPAOLO, Etica sistemica nei diversi contesti, in Etica, Didattica e Ricerca in Psicoterapia Relazionale, Angeli ed., 1996; L. MASTROPAOLO, Interculturalità, lavoro di rete e mediazione familiare. Pensare sistemico in contesti che cambiano, in Connessioni n°4, 1999 tradotto in Redes n. 5, Revista de psicoterapia relacional e intervenciones sociales, ed. Paidos, 1999.
[224] Art. 1251-1 c. 2 C.p.c. come introdotto dalla Legge 24 febbraio 2012.
(2) En matière de divorce, de séparation de corps, de séparation pour des couples liés par un partenariat enregistré, y compris la liquidation, le partage de la communauté de biens et l’indivision, d’obligations alimentaires, de contribution aux charges du mariage, de l’obligation d’entretien d’enfants et de l’exercice de l’autorité parentale, le juge peut proposer aux parties de recourir à la médiation familiale.
[228] Il MfN è la federazione che rappresenta le più grandi associazioni di mediatori nei Paesi Bassi. Il registro MfN contiene solo mediatori che soddisfano standard di qualità attentamente considerati.
Il governo olandese utilizza gli standard del MfN come base per il registro dei mediatori che lavorano nell’ambito del sistema di assistenza legale (registro del Legal Aid Board). Il sito MfN contiene anche informazioni indipendenti sulla mediazione e sui mediatori nei Paesi Bassi.
Il senso di questo primo incontro per il Ministero è il seguente: il tribunale (o il giudice) non ha il tempo sufficiente per fornire ai partecipanti una così vasta gamma di informazioni (solo quelle di base). Né possiamo trascurare il fatto che, alla luce della necessità di stabilire un rapporto di fiducia e di calmare le emozioni delle parti, l’aula non è un ambiente appropriato per la prima riunione ordinata, sia per l’organizzazione dell’aula di tribunale, sia per la formalità dell’audizione o la percezione del giudice come autorità. Quindi c’è anche un aspetto psicologico essenziale.
Stanovisko k obsahu nařízeného prvního setkání se zapsaným mediátorem
La tariffa per il primo incontro con un mediatore ordinato dal tribunale è di CZK 400 (15,69 €) per ogni ora iniziata. Se il mediatore registrato è un contribuente dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi di un’altra normativa legale, ha anche diritto al risarcimento dell’imposta sul valore aggiunto.
((2 1) În cauzele prevăzute la art. 60 1, înainte de introducerea cererii de chemare în judecată, părţile vor încerca soluţionarea litigiului prin mediere.”) (Nei casi previsti dall’art. 60 primo comma prima di depositare la domanda giudiziale, le parti ricercano una soluzione del litigio prima con la mediazione)
Ha subito diverse modifiche con le leggi: 136/2010 Coll., 141/2010 Coll., 332/2011 Coll., 390/2015 Coll. 177/2018 Coll.
[247] Si tratta del Codice di rito della Repubblica slovacca. Ma c’è anche da considerare il Codice di Procedura della Repubblica socialista cecoslovacca (Zákon č. 99/1963 Sb. In http://www.vyvlastnenie.sk/predpisy/obciansky-sudny-poriadok/ ) v. supra la situazione in Repubblica Ceca.
[248] Zákon č. 160/2015 Z. z. Civilný sporový poriadok
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia, in collaborazione con l’Ente di Formazione DPL Mediazione & Co., organizza l’evento:
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Relazione tenuta dall’avv. Carlo Alberto Calcagno al corso di aggiornamento per amministratori condominiali A.L.A.C. in Genova il 30 maggio 2019 nella sala Quadrivium
1) Origini della mediazione
La mediazione non è che un colloquio con particolari caratteristiche che interviene tra un mediatore, le parti di una controversia e – perlomeno nel nostro ordinamento – con i loro avvocati.
I suoi princìpi che ancora oggi si studiano e si praticano, nascono nel XV secolo sulle montagne del Kosovo, e per la precisione nel 1444 durante la resistenza ottomana[1].
Ne abbiamo notizia grazie a Christian Wolff, un filosofo tedesco vissuto nel XVIII secolo, che li traduce in latino dal Kanun[2], un codice di comportamento che sino agli anni ’30 del XX secolo era tramandato in quelle terre oralmente e costituiva la legge di riferimento per gli Albanesi e Kosovari (ancora oggi per certi versi).
Negli Stati Uniti poi ritroviamo il contenuto di questi princìpi a partire dalla metà degli anni ’70.
Essi vengono codificati[3] a partire dagli anni 80’ dall’UNCITRAL, l’organo delle Nazioni Unite che si occupa di commercio internazionale: si parla però in questo caso di conciliazione civile e commerciale internazionale ossia delle buone prassi che sono state evidenziate nei singoli paesi e sussunte in materia conciliativa.
Nel 1998 la mediazione arriva anche nel codice federale degli Stati Uniti[4].
Nello stesso periodo l’istituto diventa oggetto di vari documenti (raccomandazioni[5] e Libro Verde) anche nella Comunità Europea.
Nel 2008 l’Unione Europea vara una direttiva (la 52/08[6]) in merito alla mediazione transfrontaliera che è stata trasfusa nell’arco di 4 anni (Germania e Spagna sono stati i fanalini di coda) nella legislazione interna di tutti i 18 stati partecipanti.
In Italia l’attuazione della direttiva 52/08 avviene a partire dal 2010, con il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (ed i successivi regolamenti attuativi) che riguarda in particolare la mediazione civile e commerciale.
Quanto al condominio la norma principale che viene in campo è invece l’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice civile, quale risulta dall’ultima riforma del condominio del 2013.
Nel nostro paese si scelse come in altri (vedi ad es. la Spagna[7] e la Germania[8]) di applicare la direttiva anche alle controversie interne.
Prima del 2010 in Italia (e nella maggior parte dei paesi occidentali) lo strumento negoziale che veniva utilizzato sin dal tempo dei Romani, era la conciliazione.
Dal XIX secolo fino agli anni ’90 del XX secolo la conciliazione veniva svolta da un giudice (prima togato e poi onorario) che si chiamava appunto conciliatore e che conciliava prima di decidere le controversie; da diversi anni a questa parte (per precisione dal 1991) il potere di conciliazione appartiene anche al giudice di pace che ha preso il posto del conciliatore.
Nel 1993 viene varata una legge di riforma delle Camere di Commercio e nasce la figura del conciliatore che non è un giudice, ma un professionista della pace che si forma attraverso un apposito corso; la conciliazione è amministrata da appositi organismi creati in seno alle Camere di commercio.
Dopo il ’93 abbiamo varie leggi che incentivano l’applicazione della conciliazione; le norme vengono quasi tutte abrogate dal decreto legislativo 28/10 che regola le fattispecie (non viene abrogato ad es. il tentativo di conciliazione agraria; da ultimo è interessante la conciliazione prevista dal codice del turismo).
Nel 2003 la conciliazione entra nel cosiddetto processo societario e viene anch’essa cancellata nel 2010: si forma un altro professionista, appunto il conciliatore societario.
In quest’ultimo anno alcune regole della conciliazione camerale vengono appunto trasfuse nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28[9], dico alcune perché, ad esempio, la conciliazione non si teneva se il chiamato non partecipava; al contrario dal 2010 la mediazione si celebra lo stesso.
Prima del 2010 quando si parlava di mediazione ci si riferiva in Italia alla mediazione familiare, penale, sociale ecc., ma non a quella civile e commerciale.
2) I contenuti in breve del decreto legislativo sulla mediazione e delle norme civilistiche che riguardano la mediazione ed il condominio.
Nel mondo statunitense l’istituto della conciliazione è distinto da quello della mediazione, perché nell’ambito della conciliazione il conciliatore può avanzare proposte per la definizione della lite, anche se esse non sono mai vincolanti per le parti, né comportano l’irrogazione di particolari sanzioni per il caso di mancato accoglimento.
La mediazione invece si caratterizza[10] generalmente per il fatto che il mediatore statunitense non fa alcuna proposta, ma sono le parti che devono trovare un’intesa con il suo aiuto: il mediatore si limita a facilitare con le sue domande il reperimento di eventuali accordi.
Anche nella nostra tradizione degli ultimi duemila anni la conciliazione presupponeva un suggerimento del giudice per la definizione della controversia (aveva in altre parole carattere valutativo): suggerimento che poteva essere accolto o meno dalle parti. Ma per lo più veniva accolto perché in Italia lo stesso soggetto conciliava ed emetteva sentenza[11].
Con il decreto legislativo 28/10 si costruisce invece un meccanismo negoziale spurio che ricomprende sia la facilitazione delle intese delle parti, sia la proposta del mediatore, sia le sanzioni per la mancata partecipazione e per la mancata accettazione della proposta.
Proposta che in altre parole quando viene richiesta da entrambe le parti o viene avanzata dal mediatore sua sponte, può comportare delle sanzioni processuali (art. 13) in caso di mancato accoglimento[12].
Anche l’art. 71 quater disp. att. c.c. si occupa della proposta del mediatore e stabilisce che la stessa “deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice[13]. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata”.
Nell’attuale testo normativo del decreto 28/10 con il vocabolo “mediazione” si intende il procedimento condotto dal mediatore, con il termine “conciliazione” si fa invece riferimento al raggiungimento dell’accordo.
Il procedimento di mediazione preventiva riguarda solo le controversie inerenti i diritti disponibili. La mediazione ex officio, ovvero quella disposta dal giudice, può riguardare anche diritti indisponibili.
Per quanto riguarda il condominio l’art. 71 quater disp. att. c.c. prevede che “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”.
Si fa riferimento in particolare al capo relativo a “Del condominio negli edifici” (art. 1117-1139 c.c.) e alle predette disposizioni di attuazione del codice (che riguardano materie come lo scioglimento del condominio, la riscossione dei contributi, la nomina di curatore speciale, la convocazione di assemblea, l’intervento in assemblea, i millesimi di proprietà, le infrazioni al regolamento di condominio ecc.); si tenga conto però che l’art. 64 delle disposizioni di attuazione concernente la revoca dell’amministratore è esente da mediazione, come vedremo, per costante giurisprudenza di merito e di legittimità.
Il procedimento di mediazione può essere volontario od obbligatorio.
Va inoltre tenuto presente che dal 2015 esiste nel nostro paese anche un altro istituto, la negoziazione assistita da un avvocato che a sua volta può essere volontaria od obbligatoria.
L’obbligo nei due istituti è da intendersi nel senso che per tutta una serie di fattispecie, la mediazione e la negoziazione assistita sono condizioni di procedibilità del successivo giudizio e dunque vanno esperite se si vuole andare in causa.
L’improcedibilità in mediazione deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
La mediazione è obbligatoria ed è quindi condizione di procedibilità nei seguenti casi: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Per i contratti assicurativi, bancari e finanziari sono previsti anche dei procedimenti alternativi alla mediazione.
Esiste poi ed è sempre più frequente, a processo in corso, la mediazione ordinata dal giudice (dal 2013, detta ex officio) che può esperire il suo potere sia nelle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità, sia per altre materie; e questo sia nel procedimento di primo grado che in appello.
Al giudice è consentito, come già accennato, invitare le parti ad avviare il procedimento di mediazione civile anche quando il procedimento ha ad oggetto diritti indisponibili (Tribunale di Milano ordinanza 15 luglio 2015).
Vi sono poi dei casi in cui la mediazione va esperita ad un certo punto del processo:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, dopo il mutamento del rito di cui all’articolo 667[14] del codice di procedura civile.
c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma[15], del codice di procedura civile.
Vi sono ancora casi in cui la mediazione non è mai necessaria:
a) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis[16] del codice di procedura civile;
b) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata[17];
c) nei procedimenti in camera di consiglio;
d) nell’azione civile esercitata nel processo penale.
Ai fini nostri è rilevante l’ipotesi del procedimento in camera di consiglio, poiché la giurisprudenza da ultimo ritiene, come ho già accennato, che vi rientri l’azione giudiziale di revoca dell’amministratore[18].
Ancora la mediazione può essere pattuita contrattualmente: in tal caso in mancanza dell’esperimento l’improcedibilità può essere rilevata sia dal giudice che dall’arbitro, su eccezione di parte proposta nella prima difesa.
La mancata partecipazione alla mediazione senza un giustificato motivo comporta l’irrogazione di una sanzione pari al contributo unificato che si paga per la causa: gli avvocati che consigliano al loro cliente di non partecipare alla mediazione non gli recano certamente un buon servizio.
Inoltre in tale ultimo caso il giudice può dedurre argomenti di prova dal comportamento elusivo nell’incombente.
Dal 2013 (l. 98/13) il procedimento di mediazione vede come parte necessaria l’avvocato, quanto meno con riferimento alla mediazione obbligatoria (il Ministero ritiene che per quella facoltativa si possa presenziare anche senza avvocato; il CNF ritiene al contrario che l’avvocato debba essere sempre presente).
Il che significa che nella delibera con cui l’assemblea decide di partecipare alla mediazione da assumere con le maggioranze di cui all’art. 1136 c. 2 c.c., va espressamente previsto il conferimento di mandato all’amministratore alla partecipazione al primo incontro (lo prevede il 71 quater c.c. disp. att.), i relativi poteri e l’individuazione del legale a cui verrà conferita la procura per l’assistenza. Parlo di assistenza perché generalmente si ritiene che l’amministratore non possa inviare in mediazione soltanto l’avvocato; e dunque entrambi i soggetti debbono essere presenti. Di solito il mediatore che accerti l’assenza dell’amministratore dispone rinvio della mediazione affinché lo stesso presenzi.
Il mediatore dispone rinvio della mediazione, su istanza del condominio, anche qualora l’amministratore non sia fornito di delibera di conferimento dei poteri. Ciò accade normalmente quando non c’è stato il tempo materiale per indire l’assemblea; si tenga conto che non essendoci certezza circa la sospensione o l’interruzione del termine di impugnazione della delibera, l’avvocato tende a promuovere la mediazione in modo tempestivo e spesso, prima del giorno deputato alla mediazione, manca all’amministratore il tempo di indizione.
La legge di riforma del Condominio prevede opportunamente all’art. 71 quater disp. att. c.c. che “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione”.
La domanda di mediazione deve rispettare il criterio di competenza territoriale.
Pertanto la domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, così recita l’art. 4 c. 1 del decreto 28/10.
L’art. 71 quater citato appare però in materia ancora più stringente; dispone che “La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”.
Mentre in generale è possibile una deroga alla competenza territoriale, se le parti sono d’accordo, quando parte della mediazione è un condominio la richiamata inammissibilità della deroga sembra precludere qualsivoglia patto.
La domanda di mediazione va firmata dall’amministratore del condominio (non dall’avvocato).
All’atto del deposito della domanda di mediazione (che può essere eseguito anche dall’avvocato) il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa entro trenta giorni il primo incontro tra le parti.
La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Ci sono organismi che provvedono direttamente all’inoltro della domanda al chiamato (di solito quelli privati) ed organismi che si rimettono all’attività dell’avvocato del chiamante (ad es. Organismo del Coa Genova).
Dal 2013 si tiene un primo incontro di mediazione nel quale il mediatore spiega alle parti assistite dal loro avvocato la funzione della mediazione e le sue modalità di svolgimento.
Trattasi di incontro gratuito: ciascuna delle parti all’atto del deposito della domanda corrisponde soltanto le spese di mediazione (48,80 € per un valore inferiore ai 250.000 € e 97,60 € oltre questo valore).
Dopo aver reso edotte le parti come per legge, il mediatore chiede se vogliano iniziare la mediazione.
Le parti possono decidere di iniziarla e dunque corrisponderanno l’indennità di mediazione che varia a norma della tariffa ministeriale, a seconda del valore della controversia[19], nello stesso incontro ovvero entro la data del successivo.
Nell’ambito delle questioni condominiale, a meno che l’Assemblea non abbia autorizzato sin da subito l’amministratore ad iniziare la mediazione (ipotesi abbastanza rara; sarebbe comunque buona e cautelativa prassi indicare le spese di mediazione e le indennità già in una eventuale delibera autorizzatoria), il mediatore dispone rinvio al fine di consentire all’amministratore di ottenere la relativa delibera.
Le parti possono anche decidere di non iniziare la mediazione.
In tal caso il mediatore chiuderà la procedura e le parti saranno libere di ricorrere al giudice depositando il cosiddetto verbale negativo di mediazione.
Si registra però che l’invito a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura, investe per un certo filone giurisprudenziale di merito (iniziato dal Tribunale di Firenze), solo ipotesi marginali (ad es. la mancanza di litisconsorzio); di talché in sostanza, esclusi pochi casi, le parti dovrebbero comunque iniziare la mediazione.
Si tenga inoltre presente che qualora si verta in materia di mediazione ex officio la giurisprudenza di merito è costante nel ritenere che sia già stato il giudice a valutare la mediabilità del conflitto e dunque alle parti non resterebbe che iniziare la mediazione.
Contraria è invece la giurisprudenza di legittimità, che non distingue tra mediazione preventiva e mediazione ex officio, e sancisce che le parti sono legittimate in ogni caso a porre fine alla mediazione in conclusione di primo incontro[20].
Nella prassi quando è coinvolto un condominio l’amministratore solitamente rimette la questione all’Assemblea, qualora maturino le condizioni per chiedere autorizzazione ad iniziare la mediazione, mentre dichiara a nome del condominio e senza consultare l’assemblea di non voler proseguire, qualora non ci siano i presupposti in relazione alla già espressa volontà dei condomini.
Un caso purtroppo non infrequente, è quello in cui l’amministratore, privo di delibera che autorizza alla partecipazione al primo incontro (o munito di delibera poco chiara sui suoi poteri), ascolta il discorso introduttivo del mediatore e poi chiede comunque di chiudere l’incombente con un verbale negativo, ritenendo che non vi siano i presupposti per iniziare la procedura; in questo caso l’amministratore opera decisamente a suo rischio e pericolo, dato che non può spendere legittimamente il nome del condominio (e secondo la giurisprudenza opera contra legem).
La mediazione secondo la legge può durare tre mesi: non è però raro che in materia condominiale prenda nei fatti un tempo superiore, perché la legge consente, come abbiamo detto, all’amministratore di chiedere rinvio qualora non si sia potuto munire di delibera autorizzatoria alla partecipazione al primo incontro.
A seconda dei mediatori il primo incontro può essere meramente descrittivo della procedura (in tal caso si ricalca la lettera della legge) ovvero può articolarsi in più momenti: sessioni congiunte e sessioni separate cui partecipano singolarmente le parti assistite dai loro avvocati.
In ogni caso vige il principio di riservatezza e nel caso di sessioni separate anche quello di confidenzialità, a meno che gli interlocutori non manifestino per alcuni elementi una deroga al segreto.
La stessa articolazione di solito investe la mediazione propriamente detta che si può chiudere negativamente o positivamente con un accordo.
Personalmente io richiedo sempre all’amministratore di chiedere all’assemblea di autorizzare l’intesa rinvenuta.
L’accordo, in caso positivo, o la delibera da cui risulta la composizione della lite, viene di solito allegata al verbale di conciliazione che peraltro è titolo esecutivo nella misura in cui sia firmato dagli avvocati che assumono anche la responsabilità di non contrarietà alle norme imperative e all’ordine pubblico.
3) Cenni sulla giurisprudenza in materia di mediazione
Vediamo qui ora alcune questioni di carattere generale, che possono avere rilievo anche in caso di condominio.
Per il tribunale di Palermo (sentenza 15.01.2018) chi non partecipa alla mediazione senza giustificato motivo deve essere sanzionato con il pagamento del contributo unificato. Il giudice in tal caso non ha un potere discrezionale.
Per la Corte d’Appello di Ancona (sentenza 23 maggio 2017) la mancata partecipazione in primo grado può essere rilevata anche in appello con conseguente nullità della sentenza di primo grado e dichiarazione di improcedibilità della domanda.
Il mancato esperimento della mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010, comporta l’improcedibilità della domanda proposta in appello, con la conseguenza che la sentenza di primo grado passa in giudicato (Tribunale di Firenze 13 ottobre 2016).
Se la parte istante si presenza in mediazione senza avvocato la domanda è dichiarata improcedibile; se lo fa il chiamato scatta la sanzione del contributo unificato (Tribunale Vasto 9 aprile 2018).
Il procedimento di mediazione esperito senza l’assistenza di un avvocato non può considerarsi validamente svolto sicché la domanda giudiziale dovrà essere dichiarata improcedibile. (Tribunale Torino 30 marzo 2016).
Si può chiedere al mediatore di testimoniare qualora dal verbale non si evinca se una parte è comparsa personalmente o a mezzo del procuratore speciale (Decreto Tribunale di Udine 7 aprile 2018).
Il termine per il deposito della domanda di mediazione fissato dal giudice è ordinatorio (Tribunale di Bologna, 11.12.2017, n. 21109; Tribunale di Milano, 27 settembre 2016, contra Tribunale di Modena, 10 giugno 2016).
La mancata adesione ad un accordo da parte di un ente pubblico può costituire fonte di danno erariale (C.A. di Napoli Ord. del 31.10.2017).
I «tempi prevedibilmente lunghi occorrenti per la pronuncia della sentenza definitiva a causa del rilevante carico di lavoro», possono giocare un ruolo decisivo nella scelta del giudice di mandare le parti in mediazione (Corte d’appello di Napoli 21/09/17).
Il giudice non ha il potere di prorogare una mediazione (anche se ci sia stato accordo delle parti in tal senso); può solo differire l’udienza (Decreto Trib. Chieti 19/7/17).
Il mediatore può formulare una propria proposta anche in assenza di un accordo delle parti. Sono annullabili quei regolamenti degli organismi che appongano limitazioni alla proposta del mediatore (TAR Abruzzo – Pescara, sez. I, sentenza n. 98/17; depositata il 13 marzo 2017).
Quando il giudice dispone ex officio la mediazione, la condizione di procedibilità non può considerarsi soddisfatta se gli avvocati delle parti disputanti si presentano in mediazione e dichiarano di rifiutarsi di procedere oltre.
È necessario che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, ex art. 8 d.lgs. n. 28/2010; contra Tribunale di Verona 28 settembre 2016) e che la mediazione sia effettivamente avviata (Tribunale di Roma Sez. XIII° ord. 2 26/10/15, Trib. Monza 9 giugno 2015, Tribunale Pavia 18 maggio 2015,Trib. Milano 7 maggio 2015, Trib. Monza 21 aprile 2015, Tribunale Pavia 13 aprile 2015,Tribunale Pavia 1° aprile 2015, Tribunale Vasto 9 marzo 2015, Trib. Vasto, Sent. 9.03.2015,Tribunale di Roma, Sez.XIII°,19 febbraio 2015, Giudice di pace di Monza 28 gennaio 2015, Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15, Tribunale Pavia 7 gennaio 2015, Tribunale Pavia 1° gennaio 2015, Trib. Firenze, Ord. 26.11.14, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14, Trib. Roma, Ord. 30.06.14, Tribunale di Firenze 19 marzo 2014).
Nei confronti della parte convenuta assente ingiustificata può applicarsi oltreché la sanzione del contributo unificato la sanzione prevista dall’art. 96 comma 3 cpc (Tribunale di Roma, sentenza 17.12.2015).
Il mediatore deve verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare (Tribunale Pavia 9 marzo 2015, Tribunale di Pavia 26 gennaio 2015, Tribunale Pavia 2 febbraio 2015).
L’effettivo esperimento del procedimento di mediazione «non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti», per cui le stesse non sono libere, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro dinanzi al mediatore, di «manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo» (Tribunale Firenze 15 ottobre 2015)[21].
4) Cenni sulla giurisprudenza in materia di condominio e mediazione[22]
Una prima questione riguarda il termine di 30 giorni di impugnazione delle delibere.
Il Tribunale di Savona (sentenza 2 marzo 2017) ritiene che “Se si vuol impugnare una delibera di condominio è necessario promuovere la mediazione entro trenta giorni dalla comunicazione della delibera”.
Il Tribunale Palermo (sezione II civile, sentenza 18 settembre 2015, n. 4951) ritiene che il termine di trenta giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari si sospende e riprende dalla data di redazione e deposito del verbale negativo”.
Stessa opinione ha da ultimo il Tribunale di Savona (sentenza del 7 febbraio 2019) il quale aggiunge che la sospensione opera “non dal giorno della sua presentazione, bensì dal momento della comunicazione alle altre parti”.
Non la pensa così il Tribunale di Sondrio (sentenza del 25 gennaio 2019) per il quale il termine si interrompe e dunque riprende a decorrere per intero dal deposito del verbale di mediazione. Conforme è Corte d’Appello di Palermo, sentenza del 25 maggio 2017 e Tribunale di Milano, sentenza 02.12.2016.
Altra questione concerne la promozione del 702 bis c.p.c. azionato dall’amministratore per fare rimuovere un manufatto costruito nella parte comune: secondo il tribunale di Torino è necessaria la celebrazione della mediazione “non essendo il rito a determinare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, bensì la natura della controversia” (ordinanza Tribunale Torino, Sezione III Civile, 20-23 marzo 2015).
Il tribunale di Roma (sentenza 10 dicembre 2018) si interroga sulla necessità della delibera per la partecipazione alla mediazione e conclude affermando che ciò è previsto dalla legge. Ciò perché chi interviene in mediazione deve avere la possibilità di disporre dell’oggetto della lite. E l’amministratore in mediazione non ha una legittimazione autonoma (la possiede solo per quanto riguarda la riscossione dei contributi).
Interessante è la sentenza del Tribunale di Taranto del 22 agosto 2017 sulla materia oggetto di mediazione obbligatoria: “La mediazione è condizione di procedibilità in materia di condominio esclusivamente in presenza di controversie derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. 61-72 delle disp. att. Dunque, qualora la controversia sorga tra il condomino ed un soggetto terzo (l’appaltatore nel caso di specie), lo svolgimento della mediazione non è una condizione di procedibilità.
Ciò anche in quella circostanza in cui nel contratto di appalto sia espressamente previsto che ogni controversia derivante dalla sua esecuzione deve essere risolta attraverso un preventivo e obbligatorio tentativo di mediazione.
Affinché la mediazione possa considerarsi una condizione di procedibilità è fondamentale che il contratto in essere tra le parti preveda espressamente la sanzione della improcedibilità come conseguenza del mancato esperimento della mediazione”.
Sentenza particolare è quella del Tribunale di Genova (14 dicembre 2016) sulla violazione dell’accordo di mediazione operata da una delibera condominiale: “Quando le parti raggiungono un accordo di mediazione sulle procedure da adottare per l’affidamento e l’esecuzione dei futuri lavori edilizi del condominio, la successiva delibera assembleare contraria alle pattuizioni raggiunte in sede di mediazione non può neppure in astratto costituire motivo di invalidità della stessa, ma al più concretare un inadempimento contrattuale degli accordi intercorsi tra le parti”.
Una pronuncia del tribunale di Pistoia (25 febbraio 2015) riguarda il caso di mancata partecipazione personale del condomino; il condomino avviava nei confronti del condominio la mediazione disposta d’ufficio dal giudice, senza partecipare personalmente all’incontro fissato dal mediatore.
Il Giudice, rilevando l’assenza ingiustificata dell’attrice-istante, dichiarava la improcedibilità della mediazione e quindi del giudizio, condannandola anche al pagamento della sanzione pecuniaria pari al contributo unificato della causa.
Il Tribunale di Milano, sentenza 21.7.2016 si intrattiene sull’importanza della collaborazione in mediazione: “nella mediazione obbligatoria come in quella facoltativa le parti devono collaborare attivamente alla risoluzione della lite poiché in caso di espletamento con successo, creditore e debitore possono evitare i costi ed i tempi del giudizio.
La mancata collaborazione di una delle parti (nel caso in esame, il condominio) che decide di partecipare alla mediazione al solo fine di evitare le sanzioni di legge senza alcuna intenzione di conciliare, è sanzionata dal giudice con la condanna al pagamento delle spese di lite della controparte, comprese quelle di mediazione.”
Il Tribunale di Milano, sentenza 27.11.2015 si è chiesto se nella mediazione delegata sia necessaria la delibera del condominio per partecipare ad una mediazione ed ha stabilito che “Nelle liti condominiali, se il giudice dispone la mediazione, l’avvocato del condominio deve partecipare anche senza la preventiva autorizzazione assembleare, in quanto l’adesione all’invito e l’avvio della procedura mediativa costituiscono un’estrinsecazione del potere di assistenza e rappresentanza processuale di cui all’art. 84, comma I, c.p.c.”
[9] Emanato in attuazione dell’art. 60 l. 18 giugno 2009, ossia della legge di delega delle camere.
[10] Esiste peraltro anche la mediazione valutativa. Ed altro istituto che ricomprende un parere non vincolante ed una mediazione volontaria che viene chiamato early neutral evaluation.
[11] Diversamente accadeva in Francia ove non vi era coincidenza tra giudicante e conciliatore.
[12] Questo modello legislativo non trova eguali in Europa, per quanto mi è dato di conoscere.
[13] Maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
[14] Art. 667: Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’articolo 426.
[15] Art. 703 terzo comma: L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669 terdecies.
[16] Art. 696 bis: L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.
Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.
[17] Il Tribunale di Vicenza (sentenza 18 ottobre 2010) specifica che non è necessaria la mediazione per tutte le procedure esecutive.
[18] Cassazione Civile n. 1237 del 18/01/2018, Tribunale Palermo, 29 giugno 2018, Tribunale di Milano, 28 marzo 2018; Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n° 25336; contra Tribunale di Macerata, decreto del 10/01/2018.
[19] Determinato ai sensi del codice di procedura civile.
[20] Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 27 marzo 2019, n. 8473.
La pronuncia oggetto della presente nota è un decreto del Presidente del Tribunale di Bologna dell’11 settembre 2017.
Il caso: a seguito della ammissione al patrocinio del cliente il legale che ha prestato assistenza in una mediazione obbligatoria (in materia di divisione) conclusasi con un accordo, chiede ed ottiene dal Tribunale la liquidazione del suo compenso.
La tematica non è stata ancora affrontata dal legislatore italiano; per altro istituto, quello della negoziazione assistita, si è sancita espressamente la gratuità della prestazione del legale che assista in materia obbligatoria chi è nelle condizioni di essere ammesso al gratuito patrocinio[1].
Il dato normativo che attiene alla mediazione (art. 17 c. 5 d.lgs. 4/3/10 n. 28) invece specifica semplicemente che, nel caso in cui sussistano le condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio, “non è dovuta alcuna indennità all’organismo”[2]. Non vi è però cenno al rapporto di assistenza legale.
Dobbiamo riscontrare ad esempio una diversa sensibilità nel legislatore francese che prevede l’aide juridique sia per la mediazione disposta dal giudice sia per quella familiare.
Comunque sia, nel disporre la liquidazione, il tribunale richiama per relationem le motivazioni di una sentenza del Tribunale di Firenze. Invero il Tribunale fiorentino si è pronunciato positivamente sul tema sia con una ordinanza del 13 gennaio 2015[3], sia con una sentenza del 13 dicembre 2016[4] (riguardante il caso pure di mediazione obbligatoria della comunione) che è appunto quella cui fa cenno il tribunale bolognese.
In sintesi il tribunale di Firenze ritiene che pur in assenza di espressa previsione normativa, i principi e le garanzie costituzionali[5] impongano di includere la mediazione obbligatoria fra le procedure cui l’art. 75 del d.p.r. 115 del 2002 estende l’applicazione del patrocinio a spese dello Stato. Se così non fosse non potrebbe parlarsi di una mediazione effettiva e si priverebbe il cliente della possibilità concreta di difendere i propri diritti.
Non risultano invece pronunce attinenti la mediazione non obbligatoria. Peraltro anche la negoziazione assistita in ambito non obbligatorio è allo stato attuale oggetto di interrogativo.
[1] Art. 3 c. 6: “Quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all’avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni. A tale fine la parte è tenuta a depositare all’avvocato apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo avvocato, nonché a produrre, se l’avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato”.
[2] “Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1, all’organismo non è dovuta alcuna indennita’ dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione puo’ essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicita’ di quanto dichiarato.
[5] Artt. 2, 3 e 24 Cost. e art. 47 della Carta di Nizza, art. 10 D.Lgs. n. 116 del 27 maggio 2005, attuativo della dir. 2002/8/CE in tema di Legal Aid.
Si ringrazia l’Osservatorio di Milano per aver messo a disposizione questo importante ed interessante provvedimento
R.G. n. 5136/
Decreto
Pronunziata il 11.09.17
Depositata il 13.09.17
TRIBUNALE DI BOLOGNA
IL PRESIDENTE
esaminata l’istanza di liquidazione del compenso dell’avv. ________, difensore di _______, ammessa a patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento di divisione ereditaria definito a seguito di mediazione presso l’organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Bologna;
considerato che si tratta di liquidare le spettanze del difensore di persona ammessa a gratuitopatrocinio per l’attività compiuta in sede di mediazione obbligatoria, positivamente conclusasi con la sottoscrizione di un accordo tra le parti necessarie avanti al mediatore;
esaminati gli atti e la documentazione allegata;
rilevato che al professionista istante spetta la liquidazione del compenso per l’attività svolta in favore della cliente nell’ambito del preliminare obbligatorio procedimento di mediazione (n. 30/2017) per le perspicue, pregevoli e ragionevoli argomentazioni esposte in analogo precedente del Tribunale di Firenze, prodotto dall’istante;
ritenuto che l’articolata e completa motivazione del giudice fiorentino nella sentenza del13.12.2016 va qui richiamata per relationem e posta a fondamento integrale della decisione, per la perfetta corrispondenza delle questioni di diritto svolte in fattispecie in fatto del tutto analoga a quella di cui ci si occupa;
che va in conclusione condivisa l’affermazione della richiamata sentenza secondo cui “l’art. 75 D.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui l’ammissione al gratuito patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse, comprenda la fase della mediazione obbligatoria preprocessuale anche quando la mediazione, per il suo esito positivo, non sia seguita dal processo. Si tratta infatti di una procedura strettamente connessa al processo, dal momento che condiziona la possibilità di avviarlo (o proseguirlo, per la mediazione demandata dal giudice); d’altronde nel caso di successo della mediazione, si realizza il risultato migliore non solo per le parti, ma anche per lo Stato che non deve sostenere le spese del giudizio”;
ritenuto che dovendosi procedere alla liquidazione sulla base dei parametri indicati negli artt. 18, 19, 20 e 21 del D.M. n. 55 del 2014 (attività stragiudiziale), va considerato il valore medio della controversia con riduzione alla metà ai sensi dell’art 130 D.P.R. n. 115/ 2002 e il valore della quota, come stabilito dal comma 21 comma terzo del citato D.M. (“per l’assistenza in affari di successioni, divisioni e liquidazioni si ha riguardo al valore della quota attribuita al cliente”);
che il valore medio della controversia va perciò determinato in relazione allo scaglione inferiore a 26 mila euro, trattandosi della quota di un quarto di un compendio stimato 103.500 euro;
che trattandosi di un valore nell’intorno dei 26 mila euro il valore medio può essere ragionevolmente arrotondato fino a 3 mila euro, determinandosi cosi il compenso del difensore da prendere a base prima della riduzione alla metà, ai sensi dell’art. 130 D.P.R. 115/2012, sicché il compenso finale da erogare a carico dello Stato ammonta a 1.500,00 euro, oltre alle spese generali pure esse ridotte della metà.
P.T.M.
In accoglimento della domanda dell’avv. ___________liquida in favore del medesimo per la difesa di X, ammessa a patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione avanti all’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, n. X/2017, la somma di € 1.500,00 oltre spese generali nella misura forfettaria del 7,5% e accessori di legge.
Il provvedimento aderisce alla tesi sostenuta dalla Corte di Cassazione e da una parte della giurisprudenza di merito, pone l’onere di attivazione a carico del debitore opponente e fa derivare dalla inerzia dello stesso la conseguenza della improcedibilità della opposizione e della definitività del decreto ingiuntivo opposto.
La sentenza si contraddistingue perché, nello sviluppare argomentazioni già messe in risalto dalla Cassazione, muove dalla ricostruzione della logica sottesa alla scelta legislativa di differenziare i casi in cui la domanda, quand’anche relativa ad una delle materie elencate nell’art. 5, comma 1 bis, veicoli in giudizio un diritto di credito che abbia quelle caratteristiche tali da poter essere tutelato in via monitoria, dai casi in cui la stessa domanda riguardi un credito privo dei predetti requisiti, prevedendo una condizione di procedibilità solo per questi ultimi, ma non anche per i primi.
Inoltre, mette bene in evidenza quali sarebbero gli effetti positivi dell’accoglimento della propugnata chiave di lettura della norma, sia in funzione dissuasiva di opposizioni pretestuose, sia in funzione deflattiva di controversie che possono risolversi con un accordo amichevole.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VASTO
in composizione monocratica, nella persona del dott. Fabrizio Pasquale, alla pubblica udienza del 30.05.2016, al termine della discussione orale disposta ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, nel procedimento civile iscritto al n. del Ruolo Generale Affari Civili, avente ad oggetto: MANDATO e vertente
TRA
, rappresentati e difesi dall’avv., presso il cui studio, sito in
Vasto (CH), alla Vian.è elettivamente domiciliato;
OPPONENTE
E
, rappresentato e difeso dall’avv., presso il cui studio, sito in Vasto (CH), alla Vian.è elettivamente domiciliato;
OPPOSTO
LETTI gli atti e la documentazione di causa;
ASCOLTATE le conclusioni rassegnate dai difensori delle parti;
PREMESSO IN FATTO CHE
Con decreto ingiuntivo n. 231/12 del 29/06/2012, il Tribunale di Vasto ingiungeva adi pagare, in favore di, la somma di € 6.000,00, oltre interessi e accessori di legge.
Con atto di citazione ritualmente notificato, i debitori ingiunti proponevano opposizione avverso il menzionato decreto, ai sensi dell’art. 645 p.c.
Nel corso del procedimento, con ordinanza del 13.07.2015, il giudice istruttore, ritenuto che la natura puramente documentale della causa suggerisse il ricorso a soluzioni amichevoli della lite, disponeva – ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10 – l’esperimento del procedimento di mediazione. Alla successiva udienza del 03.03.2016, le parti dichiaravano di non aver attivato la procedura di mediazione (senza, peraltro, illustrare le motivazioni di tale decisione) e chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni
RITENUTO IN DIRITTO CHE
È pacifico che nessuna delle parti in causa ha attivato la procedura di mediazione, con ciò contravvenendo a quanto disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10. Non vi è dubbio, pertanto, che l’inosservanza delle disposizioni dettate con l’ordinanza del 13.07.2015 abbia determinato la sopravvenuta carenza di una condizione di procedibilità della domanda, ponendo una questione pregiudiziale che assume valore dirimente rispetto allo scrutinio nel merito delle argomentazioni difensive delle parti. Trattandosi di una opposizione a decreto ingiuntivo, il tema che questo giudice è chiamato ad affrontare concerne l’individuazione della parte sulla quale grava l’onere di attivazione della procedura di mediazione e le ripercussioni della eventuale inottemperanza a tale onere sulla sorte del decreto ingiuntivo opposto.
Sul tema si contrappongono due diversi orientamenti
2.1 Secondo un primo indirizzo, che ha ricevuto anche l’avallo di un pronunciamento della Corte di Cassazione (cfr., Cass., 03.12.2015, n. 24629), in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione delegata ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 28/10 grava sulla parte opponente. La mancata attivazione della mediazione comporta la declaratoria di improcedibilità della opposizione e la definitività del decreto ingiuntivo opposto, che acquista l’incontrovertibilità tipica del giudicato (cfr., ex plurimis, Trib. Prato, 18.07.2011; Trib. Rimini, 05.08.2014; Trib. Siena, 25.06.2012; Trib. Bologna, 20.01.2015; Trib. Firenze 30.10.2014; Trib. Firenze, 21.04.2015; Trib. Chieti, 08.09.2015, n. 492).
Tale interpretazione si fonda sull’assunto secondo il quale è l’opponente, e non l’opposto, ad avere interesse acchè proceda il giudizio di opposizione diretto alla rimozione di un atto giurisdizionale (il decreto ingiuntivo) suscettibile, altrimenti, di divenire definitivamente esecutivo; è, dunque, l’opponente a dovere subire le conseguenze del mancato o tardivo esperimento del procedimento di mediazione delegata. Argomentando in senso contrario, si introdurrebbe una sorta di improcedibilità postuma della domanda monitoria e si finirebbe col porre in capo al creditore ingiungente l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò sconfessando la natura stessa del giudizio di opposizione quale giudizio eventuale, rimesso alla libera scelta dell’ingiunto.
La Suprema Corte, nell’unico precedente di legittimità allo stato noto, ha accreditato la tesi appena esposta, partendo dalla considerazione che la disposizione di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 28/10 debba essere interpretata conformemente alla funzione deflattiva che il legislatore ha inteso attribuire all’istituto della mediazione e che mira a rendere il ricorso al processo la extrema ratio di tutela, cioè l’ultima possibilità dopo che tutte le altre sono risultate precluse. In tale prospettiva, l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve logicamente allocarsi a carico della parte che ha interesse al processo, al fine di indurla a coltivare una soluzione alternativa della controversia che riconduca il ricorso alla tutela giurisdizionale nella descritta logica di residualità.
2.2. In base ad una seconda soluzione interpretativa, che valorizza il carattere unitario del giudizio di opposizione rispetto alla fase sommaria di richiesta e ottenimento del decreto e che ha trovato affermazione nella giurisprudenza di merito anche successivamente alla pronuncia della Corte di Cassazione (cfr., ex plurimis, Trib. Firenze, ord. 17.01.2016; Trib. Busto Arsizio, 03.02.2016), in caso di omesso esperimento del tentativo di mediazione, la declaratoria di improcedibilità avrebbe ad oggetto non l’opposizione, bensì la domanda sostanziale proposta in via monitoria. Ne consegue che l’onere di promuovere la mediazione sarebbe a carico del creditore opposto, atteso che questi riveste la natura di parte attrice titolare della pretesa azionata in giudizio e che la domanda giudiziale cui si riferisce l’art. 5 D.Lgs. n. 28/10 è la domanda monitoria e non già l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in accoglimento della stessa. In caso di inerzia del creditore, deve pertanto disporsi la revoca del decreto ingiuntivo, posto che il mancato perfezionamento della condizione di procedibilità della domanda monitoria (e non dell’opposizione) impedisce il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo.
3. Nella diversità delle opinioni espresse sul punto, ritiene questo giudice di condividere l’assunto dei sostenitori del primo orientamento interpretativo, per le ragioni di seguito illustrate.
Nel disciplinare il procedimento di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il legislatore ha inteso escludere dall’ambito di operatività della norma dettata dall’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/10 le ipotesi in cui la domanda venga introdotta nelle forme del procedimento monitorio. Premesso che allo speciale procedimento d’ingiunzione può essere fatto ricorso solo quando la domanda abbia ad oggetto un diritto di credito che, per la natura o per l’oggetto o per la particolare attendibilità della prova offerta, rende più semplice e più probabile il giudizio di accertamento sulla effettiva esistenza del diritto, la logica sottesa alla scelta legislativa di circoscrivere il perimetro applicativo della mediazione obbligatoria va rinvenuta nella volontà di differenziare i casi in cui la domanda, quand’anche relativa ad una delle materie elencate nell’art. 5, comma 1 bis, veicoli in giudizio un diritto di credito che abbia quelle caratteristiche tali da poter essere tutelato in via monitoria, dai casi in cui la stessa domanda riguardi un credito privo dei predetti requisiti, prevedendo una condizione di procedibilità solo per questi ultimi, ma non anche per i primi.
Stando così le cose, non è pensabile che la ratio della descritta differenziazione normativa venga meno per il semplice fatto che il debitore ingiunto (che ha interesse ad ottenere un accertamento giudiziale della insussistenza del credito vantato dalla controparte) assuma l’iniziativa processuale tesa ad ottenere la caducazione del titolo nelle more conseguito dal creditore, facendo in tal modo scattare a posteriori una condizione di procedibilità a cui la domanda monitoria non era inizialmente assoggettata.
Poiché per tutta la durata del giudizio di opposizione, e almeno fino a quando non interviene la sentenza che definisce il procedimento, permangono inalterati i peculiari requisiti del diritto di credito fatto valere in sede monitoria (e che hanno già costituito oggetto di una cognizione sommaria, esitata in una valutazione positiva, da parte del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo), è corretto farne derivare la conseguenza che i presupposti che giustificano la decisione legislativa di escludere la condizione di procedibilità per la domanda monitoria continuino a sussistere anche nella fase di opposizione e, in particolare, anche dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e/o sospensione della provvisoria esecuzione.
Nel silenzio della norma, è, dunque, più logico pensare che la condizione di procedibilità non riguardi la domanda monitoria iniziale (domanda in senso sostanziale) avanzata dal creditore ingiungente, bensì l’opposizione (domanda in senso formale) formulata dal debitore ingiunto con la notifica dell’atto di citazione.
Intesa in questo senso, la condizione di procedibilità assolve anche ad una funzione dissuasiva di opposizioni pretestuose. Colui che ha interesse e motivi per contestare l’esistenza di un credito (che – si badi bene – non è un credito qualsiasi, ma è assistito dai particolari requisiti e presupposti dettati dall’art. 633 c.p.c.), prima di far valere le proprie ragioni in sede giudiziale, avrà – dunque – l’onere di tentare l’esperimento della procedura di mediazione, come occasione privilegiata di cui il debitore può usufruire per comporre amichevolmente la controversia e cogliere una chance di soluzione del conflitto alternativa alla tutela giurisdizionale che intende chiedere. In tal modo, si potrà, da un lato, disincentivare, in funzione deterrente, la prosecuzione di opposizioni strumentali e dilatorie e, dall’altro, si potrà, in funzione deflattiva, portare fuori dalla sede processuale controversie, altrimenti assoggettate alla disciplina del rito ordinario di cognizione, che possono risolversi con un accordo amichevole.
La correttezza della tesi qui sostenuta è corroborata dalla considerazione che il processo ordinario (sul quale il legislatore ha inteso intervenire in termini deflattivi) e in cui si inserisce la condizione di procedibilità, si è instaurato non per iniziativa del creditore ingiungente (il quale si è avvalso di una speciale procedura sommaria per procurarsi il titolo giudiziale del quale dispone), ma su impulso del debitore ingiunto, che non solo ha l’interesse a coltivare la fase di giudizio che ha egli stesso intrapreso, al fine di ottenere la caducazione del titolo giudiziale in possesso della controparte, ma ha anche l’onere di far proseguire il giudizio, per evitare che questo si estingua per inattività delle parti e che, quindi, in applicazione dell’art. 653 c.p.c., il decreto ingiuntivo, che non ne sia già munito, acquisti efficacia esecutiva.
Il principio che, in altri termini, il legislatore ha voluto affermare è quello secondo cui l’onere di attivare la procedura di mediazione, sanzionato a pena di improcedibilità, deve gravare sulla parte processuale che, con la propria iniziativa, ha provocato l’instaurazione del processo assoggettato alle regole del rito ordinario di cognizione. Nel procedimento monitorio, tale parte si identifica nel debitore opponente, che – quantunque convenuto in senso sostanziale – risulta essere attore in senso formale, per avere introdotto la fase del giudizio ordinario successiva a quella monitoria e, come tale, è titolare dell’onere di rivolgersi preventivamente al mediatore. In caso di inottemperanza a detto onere, sarà dunque proprio l’opponente a subire le conseguenze della propria inerzia, sia sotto il profilo della declaratoria di improcedibilità della domanda formulata con l’atto di opposizione, sia della conseguente acquisizione di definitiva esecutività del decreto ingiuntivo opposto.
La tesi qui sostenuta non solo è coerente – come innanzi già chiarito – con le finalità deflattive sottese alla normativa sulla mediazione civile e commerciale, dal momento che incoraggia la desistenza dell’opponente e l’abbandono della lite eventualmente promossa, ma ha, altresì, il pregio di evitare le illogiche conseguenze dell’impostazione avversaria, che – nell’affermare l’improcedibilità della domanda monitoria e la necessaria revoca del decreto ingiuntivo – produce come effetto quello di cancellare attività procedurali che il creditore opposto si troverà a dovere riproporre, con ulteriori dispendio di tempo e di risorse pubbliche.
Coerentemente con tale ultima considerazione, è condivisibile l’affermazione di una parte della giurisprudenza di merito (cfr., Trib. Rimini, ord. 05.08.2014) secondo cui “ritenere, al contrario, che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo importerebbe un risultato “eccentrico” rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta dell’ingiunto”.
Sulla scorta delle osservazioni finora esposte, deve concludersi che, nel caso di specie, l’onere dell’esperimento della mediazione delegata da questo giudice spettasse a, in qualità di debitori ingiunti e successivamente opponenti. L’inerzia serbata nell’attivazione della procedura si ripercuote in danno della procedibilità della domanda veicolata dall’atto di citazione introduttivo della presente fase di opposizione, con la conseguenza che – per effetto della declaratoria di improcedibilità della opposizione – il decreto ingiuntivo opposto deve essere dichiarato definitivamente esecutivo.
Quanto al regime delle spese processuali, l’assoluta novità della questione, l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità sul punto e la natura meramente processuale delle ragioni di reiezione della domanda, costituiscono eccezionali motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
Per Questi Motivi
Il Tribunale di Vasto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta danei
confronti di, disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o conclusione, così provvede:
DICHIARA improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo in epigrafe indicata;
DICHIARA definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 231/12, emesso dal Tribunale di Vasto il 29/06/2012 nei confronti die in favore di;
DICHIARA interamente compensate tra le parti le spese di lite;
MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza;
DISPONE che la presente sentenza sia allegata al verbale di udienza.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[1] impongono all’Unione di contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori.
Per dare un ordine di grandezza di quanto sia importante anche nei fatti la protezione dei consumatori possiamo dire che nel 2014 il 50,2% dei cittadini europei ha fatto acquisti online da aziende del paese di cittadinanza, ma soltanto il 14,6% ha operato acquisti online da aziende di altri paesi dell’Unione[2].
Il ridotto numero degli acquisti transfrontalieri è determinato secondo la UE soprattutto da due problematiche: la distanza dalla sede di vendita (31,7%) e la carenza di garanzie apprestate per la vendita stessa (10,1%)[3].
Nel 2011 è stato calcolato dall’Unione che le perdite causate da una inidonea protezione dei consumatori di beni e servizi in Europa ammontavano allo 0,4 del Gross Domestic Product della UE[4]: stiamo parlando di 49 miliardi di euro[5].
Il che corrisponde, tanto per avere un ordine di grandezza, a poco meno del PIL 2014 del Lussemburgo.
Proprio per questo la Commissione europea considera gli strumenti alternativi di risoluzione delle dispute di cui stiamo parlando una delle 12 leve per far crescere il mercato unico e la fiducia in esso, ma l’intento è pure quello di risparmiare 2,5 miliardi di euro[6].
La tutela della protezione dei consumatori sino alla Direttiva ADR
Il considerando 5 della Direttiva ADR in commento si esprime come segue: “I consumatori e i professionisti non sono ancora a conoscenza dei meccanismi extraprocessuali di ricorso esistenti e soltanto un’esigua percentuale di cittadini sa come presentare un reclamo a un organismo ADR.Laddove le procedure ADR sono disponibili, i loro livelli qualitativi variano notevolmente da uno Stato membro all’altro e le controversie transfrontaliere non sono spesso trattate in modo efficace dagli organismi ADR.”.
La situazione fotografata nel 2013 dalla Direttiva ADR ha trovato conferma anche nel febbraio 2015 quando la UE ha lanciato una intervista con cui è stato chiesto ai consumatori che rimedi hanno coltivato negli ultimi 12 mesi per risolvere il loro maggior problema negli acquisti:
il 16% ha dichiarato che non ha adottato alcun rimedio;
il 23% ha affermato che era improbabile si potesse ottenere qualcosa;
il 19% ha precisato che la risoluzione era troppo lunga;
il 12% che non sapeva come o dove
Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio[7].
La situazione descritta oggi era peraltro nota alla Comunità Europea già dagli anni ’90.
Il Consiglio d’Europa è intervenuto a sostegno dell’ADR con ben nove raccomandazioni[8] tra il 1981 ed il 2002[9], che però non sembrano aver sortito effetti significativi, salva una recente pronuncia della Corte dei Diritti dell’Uomo[10].
Nel 1998 e nel 2001 sono state emesse dalla Commissione Europea due Raccomandazioni[11], non attuate correttamente da molti stati[12], sulla cui base[13] nel 2005 si è varato un sistema di informazione sulla risoluzione alternativa (rete dei centri europei dei consumatori – Rete EEC-net)[14] che dal 2007 al 2014 ha gestito circa 35.000-37.000 reclami all’anno[15], ossia una goccia nel mare delle controversie in materia.
Tale Rete di CEC[16] si occupa per lo più delle questioni transfrontaliere[17], ma almeno sino a questo momento anche di fornire consigli di viaggio od una guida agli acquisti sicuri[18] e collabora anche con la rete che si occupa dei servizi finanziari (FIN-net)[19], con la rete SOLVIT (mercato interno)[20] e la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale istituita dal Consiglio d’Europa[21].
Peraltro la Comunità si è mossa anche in campo giudiziale: con il regolamento (CE) n. 861/07 ha istituito un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, di cui ultimamente si vorrebbe alzare il valore.
Ci sono state poi anche diverse Direttive che hanno cercato vanamente di fare sistema[22].
Ma tutto ciò non è stato sufficiente perché gli organismi che si sono occupati di ADR in materia di consumo e che sono stati notificati alla Commissione Europea dagli Stati sono in numero assai esiguo in rapporto a quelle che potrebbero risultare le esigenze del consumatore: ad oggi si tratta di 508 Istituti notificati su 750 noti alla Commissione.
Croazia e Slovacchia inoltre non ne hanno notificato alla UE nemmeno 1.
L’Italia ha notificato alla Commissione 4 soli organismi su 129 presenti sul territorio[23] e siamo al 15° posto in Europa, contro i 203 organismi della Germania che è al primo posto[24].
Solo da questi dati si può intuire che la nostra economia di scambio, come del resto quella croata e slovacca, non può non esserne influenzata.
Solo il 41% deisopradetti 750 organismi ADR è nota poi al pubblico e alle autorità e dunque l’accesso alle informazioni sui modi di utilizzazione, il numero di casi e il tasso di efficacia riguarda solo 292 organismi[25].
I tempi del contenzioso giudiziario in materia di consumo sono poi abbastanza elevati nello spazio euro: il CEPEJ 2014 attesta che 12 paesi non li hanno addirittura comunicati[26], che 4 li hanno forniti in modo incompleto[27]; tra quelli “diligenti” (12) e che sono stati quindi trasparenti, si va dai 290 giorni della Slovenia ai 1580 dei Paesi Bassi; in Italia il contenzioso richiede circa 1150 giorni.
La protezione dei consumatori più recente
Alla luce della situazione descritta in precedenza l’Unione europea nel 2013 ha tentato di rilanciare e valorizzare l’ADR/ODR sia con un Regolamento[28], sia con una Direttiva[29].
La Direttiva è finalizzata all’armonizzazione in ambito europeo delle regole relative agli organismi e alle procedure ADR.
L’opinione sottesa è che l’armonizzazione e la diffusione delle ADR nel territorio europeo, oltre a favorire la concorrenza nel mercato interno, possono fornire un contributo al superamento di situazioni di congestione delle cause pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, rafforzando così il diritto dei cittadini dell’Unione ad un processo equo in tempi ragionevoli[30].
Stiamo parlando della Direttiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che doveva essere recepita dai singoli stati entro il 9 luglio 2015.
Tuttavia l’ADR nel consumo viene considerato di primaria importanza soltanto in pochi paesi: al momento si ha notizia che solo 11 stati hanno attuato la Direttiva: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lettonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Svezia ed Ungheria.
Altri 15 paesi stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna.
Ci sono poi 2 stati sui cui passi legislativi non si sono rinvenute informazioni: Croazia[31], Malta.
Per maggiore dettaglio: Austria (disegno di legge)[32], Belgio (legge)[33], Bulgaria (progetto di legge)[34], Cipro (progetto di legge non noto)[35], Croazia -, Danimarca (legge)[36], Estonia (progetto di legge)[37], Finlandia(legge)[38], Francia (progetto di regolamento: testo non noto)[39], Germania (disegno di legge del governo federale)[40], Grecia (Decisione ministeriale)[41], Irlanda (Disegno di legge)[42], Italia (schema di decreto legislativo)[43], Lettonia (legge)[44], Lituania (disegno di legge governativo)[45], Lussemburgo (progetto di legge)[46], Malta -, Paesi Bassi (legge)[47], Polonia (progetto di legge)[48], Portogallo (proposta di legge approvata dall’Assembleia da Repùblica)[49], Regno Unito (legge)[50], Repubblica ceca (progetto di legge – non disponibile)[51], Romania[52], Slovacchia (legge)[53], Slovenia (legge)[54], Spagna (progetto di legge)[55], Svezia (legge)[56], Ungheria (legge)[57].
Peraltro la predetta Direttiva è strumento legislativo interconnesso e complementare[58] al Regolamento UE 524/2013 che andrà a regime il 9 gennaio del 2016[59].
Circa il Regolamento UE 524/2013 dobbiamo oggi sottolineare che il 9 luglio 2015 ci doveva essere un passaggio cruciale per gli Stati membri che dovevano comunicare alla Commissione “se la loro legislazione autorizza o meno la risoluzione delle controversie di cui al paragrafo 1, avviate da un professionista nei confronti di un consumatore, attraverso l’intervento di un organismo ADR. Le autorità competenti, quando notificano l’elenco di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2013/11/UE comunicano alla Commissione quali organismi ADR trattano tali controversie”[60].
Non abbiamo notizia del fatto che il nostro Stato abbia adempiuto alla richiesta comunicazione.
Sempre al 9 luglio 2015 gli Stati dovevano aver designato un punto di contatto ODR e comunicare “il suo nome e le modalità di contatto alla Commissione. Gli Stati membri possono conferire la responsabilità per i punti di contatto ODR ai loro centri della rete di Centri europei dei consumatori, alle associazioni dei consumatori o a qualsiasi altro organismo. Ogni punto di contatto ODR dispone di almeno due assistenti ODR”[61].
E dunque anche il punto/i punti di contatto italiani della rete tessuta dalla UE dovevano essere pronti.
Da noi è appunto il CEC (Centro Europeo Consumatori)[62] che è punto di contatto perché l’esperienza di un organo della rete che è in campo almeno dal 2005 può effettivamente aiutare il nuovo progetto europeo[63].
Mentre punto di contatto unico con la Commissione Europea è il Ministero dello sviluppo economico[64] presso cui è istituito un tavolo di coordinamento ed indirizzo composto da tutte le autorità[65]: questo tavolo è importante perché svolge compiti di definizione degli indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR.
Detto ciò occupiamoci della Direttiva 2013/11/UE più in dettaglio.
Mentre il Regolamento 524/13 riguarda le controversie che nascono dai contratti di vendita o dalle forniture di servizi online o tramite mercati online, transfrontaliere e non, la Direttiva riguarda i contratti predetti, ma stipulati on line e off line. Il Regolamento poi si occupa anche delle procedure intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori negli stati che comunichino di trattarli, la direttiva ADR invece riguarda solo quelle dei consumatori nei confronti dei professionisti.
La Direttiva è stata promossa sin dal 2011 sia dal Consiglio Europeo, sia dal Consiglio dell’Unione Europea.
Il provvedimento risponde a quanto indicato nella risoluzione del 13 settembre 2011 dal Parlamento Europeo per cui vanno implementati sistemi di ricorso semplici, economici, utili e accessibili[66].
Le procedure ADR dovrebbero essere disponibili per tutti i tipi di controversie previste dalla Direttiva, sia nazionali sia transfrontaliere.
Ciò non comporta che gli Stati siano obbligati ad apprestarne per ogni settore, ci possono essere anche degli organismi polifunzionali o “residuali”; tuttavia faccio notare che ad esempio la forza economica della Germania sta anche nel fatto che per ogni settore produttivo esistono organi di ADR. Ci sono paesi in Europa come la Svezia che disciplinano in ADR addirittura le contestazioni relative alla sepoltura dei defunti[67].
La procedura ADR non dovrebbe però avere l’effetto di sostituire il processo, né di impedirlo (considerando 45[68]); è dunque anche quando la soluzione possa essere vincolante deve rendersi possibile il ricorso all’autorità giudiziaria.
La Direttiva 2013/11 ha come oggetto, dicevamo, i contratti di vendita di beni (anche digitali) e di fornitura di servizi sia online che offline.
In ciò si differenzia dal citato Regolamento n. 524/2013 che prevede come ambito i contratti online.
Ai sensi della Direttiva si intende per «consumatore» la persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.
Con il termine «professionista» si fa riferimento a qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto privato o pubblico, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto.
La Direttiva dovrebbe applicarsi a qualsiasi organismo che sia istituito su base permanente e offra la risoluzione di una controversia tra un consumatore e un professionista attraverso una procedura ADR e sia inserito in elenco conformemente alla Direttiva (cfr. art. 20 per i requisiti).
Gli organismi possono essere quelli già esistenti (se correttamente funzionanti) e se ne possono anche creare di nuovi: in entrambe i casi essi devono rispettare i criteri di qualità dettati dalla Direttiva stessa.
Il consumatore di uno stato peraltro può rivolgersi anche all’organismo ADR di un altro Stato (art. 14). Gli organismi ADR possono anche essere transnazionali o paneuropei.
La Direttiva concerne in particolare procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nazionali e transfrontaliere, appunto concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell’Unione e consumatori residenti nell’Unione, in cui l‘intervento di un organismo ADR propone o impone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole (art. 2).
La Direttiva può dunque applicarsi agli organismi di risoluzione delle controversie autorizzati dagli Stati membri a imporre soluzioni vincolanti per le parti (è facoltà di ogni Stato prevedere o meno l’ipotesi; cfr. art. 2 c. 4; il nostro stato non ha scelto l’ipotesi in discorso).
Le parti vanno però informate del fatto che l’Organismo può imporre tali soluzioni e necessita il loro esplicito assenso, a meno che lo Stato non preveda che quel tipo di soluzione sia vincolante per il professionista ed in tal caso non è necessaria una sua espressa accettazione.
La soluzione imposta non può però essere in conflitto con norme inderogabili dello Stato del consumatore: v. comunque tutte le specificazioni in merito che detta l’art. 11 disciplinante il principio di legalità.
In presenza di un organismo che può proporre una soluzione le parti devono poi avere la possibilità di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento se non sono soddisfatte delle prestazioni o del funzionamento della procedura e devono essere informate di questo diritto (art. 9 c. 2 lett. a).
Le procedure ADR possono anche consistere in una combinazione di due o più procedure di tipo diverso. E dunque l’ampiezza dei meccanismi è notevole.
La Direttiva: a) non attiene ai reclami dei professionisti contro i consumatori e a quelle tra i professionisti; b) non riguarda i servizi non economici di interesse generale e l’assistenza sanitaria; c) non disciplina le negoziazioni dirette tra le parti (considerando 23).
E’ fuori dal suo ambito anche la gestione dei reclami dei consumatori operata dallo stesso professionista.
Non concerne poi i tentativi di composizione operati dal giudice nel corso di un processo.
La Direttiva non si applica infine agli organismi pubblici di istruzione superiore o di formazione.
L’inoltro della domanda da parte del consumatore è su base volontaria, ma può essere anche obbligatoria se non si preclude l’accesso alla giustizia (cfr. art. 1).
Nella delega licenziata dal nostro Parlamento non si fa cenno all’aspetto della obbligatorietà ed il testo dello schema legislativo conferma che la procedura dovrebbe avere da noi carattere volontario.
I consumatori presentano reclamo nei confronti di professionisti dinanzi a organismi che offrono procedure indipendenti, imparziali, trasparenti, efficaci, rapide ed eque di risoluzione alternativa delle controversie.
Gli Stati membri garantiscono che le persone fisiche incaricate dell’ADR possiedano le competenze necessarie, tra cui rientra una conoscenza generale del diritto, anche se non necessita essere professionisti del diritto; cfr. considerando 36) e i requisiti di indipendenza e imparzialità.
Ma devono garantire anche che siano retribuite secondo modalità non legate all’esito della procedura (art. 6 c. 1 lett. d).
Viene da chiedersi come possa essere possibile che da noi in Italia il mediatore non riceva alcuna retribuzione dall’Organismo se le parti decidono di fermarsi al primo incontro e soprattutto che lo Stato non vigili su tale mancata retribuzione.
E purtroppo l’Europa non prende una posizione sul punto.
In caso di conflitto con altri atti dell’Unione inerenti agli ADR prevale questa Direttiva; la Direttiva 52/08 è comunque salva.
Gli organismi ADR possono (art. 5 c. 4) rifiutare di trattare la controversia[69], quando è futile e o temeraria, se il consumatore non ha preso contatto prima col professionista[70], se la controversia è già stata sottoposta ad altro organismo o al giudice, se il valore della controversia è inferiore o superiore a una soglia monetaria prestabilita[71]; se il reclamo è presentato da più di un anno dal contatto col professionista; se infine il trattamento dell’affare rischierebbe di nuocere significativamente all’efficace funzionamento dell’organismo ADR.
I termini di definizione sono di 90 giorni di calendario dalla ricezione del reclamo[72].
Su ogni sito web degli organismi di ADR vanno comunicati diversi requisiti per la trasparenza (costi, lingue, regole durata, efficacia dell’accordo, effetto giuridico, possibilità di ritiro, statistiche ecc.)[73].
A loro volta i professionisti che si impegnano a ricorrere agli organismi ADR per risolvere le controversie con i consumatori dovrebbero indicare a questi ultimi l’indirizzo e il sito web del o degli organismi ADR competenti.
Dette informazioni dovrebbero essere comunicate in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, se esiste, e, se del caso, nelle condizioni generali dei contratti di vendita o di servizi tra il professionista e il consumatore.
In queste procedure non può essere imposta l’assistenza obbligatoria dell’avvocato.
Viviane Reding[74] in una recente interrogazione ha fatto notare che sul punto la legge italiana non deve necessariamente rispettare la Direttiva ADR e dunque che procedure con obbligo di assistenza e senza obbligo possano coesistere[75].
Le procedure dovrebbero essere preferibilmente gratuite per il consumatore. I costi non dovrebbero superare un importo simbolico (considerando 41 e art. 8 lett. c).
Un accordo tra professionista e consumatore per adire un dato organismo di ADR prima che insorga una data controversia, non dovrebbe essere vincolante per il consumatore se lo priva del diritto di adire un organo giurisdizionale.
Vi sono dei poi principi che vanno rispettati dagli organismi che sono notificati alla Commissione.
Entrambi gli strumenti normativi (Direttiva 2013/11 e Regolamento 524/13) richiedono una risoluzione extragiudiziale indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa delle controversie.
Non ci diffondiamo qui sui principi: cfr. articoli dal 6 all’11 della Direttiva ADR.
La prescrizione e la decadenza non devono impedire il ricorso ad organi giurisdizionali nel caso si partecipi a procedure ADR che non hanno esito vincolante (art. 12).
Gli organismi per essere inseriti nella lista degli organismi ADR devono rispettare alcuni requisiti di qualità[76]: alcuni li abbiamo già menzionati, per gli altri rimandiamo al testo normativo ed aggiungiamo qui solo che il sito web dell’organismo deve consentire un facile accesso alla procedura e alle relative informazioni anche su supporto durevole; l’organismo deve inoltre accettare sia procedure nazionali che transfrontaliere e garantire la riservatezza dei dati personali (art. 5).
Detto questo sulla disciplina aggiungo che la Commissione ha nominato un gruppo di esperti scelti negli paesi dell’Unione, che attraverso un forum aiuta gli Stati ad attuare la Direttiva ADR[77].
Il 1° aprile 2015 l’IMCO (Internal Market and Consumer Protection) ossia il Comitato del Parlamento Europeo che si occupa del mercato interno e della protezione del consumatore ha poi potuto visionare la piattaforma che consentirà l’attuazione dei provvedimenti in materia di ADR ed ha riscontrato che la traduzione nelle lingue minori e attualmente scarsa.
Inoltre è emerso che gli Stati membri sono piuttosto lenti nella designazione degli organismi ADR che devono essere inclusi nella piattaforma ODR[78].
Da ultimo la Commissione Europea ha varato un importante provvedimento.
Si tratta del Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 DELLA COMMISSIONE del 1° luglio 2015 relativo alle modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma di risoluzione delle controversie online, alle caratteristiche del modulo di reclamo elettronico e alle modalità della cooperazione tra i punti di contatto di cui al regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori
Il provvedimento è entrato in vigore il 22 luglio 2015[79].
Esso disciplina come si evince anche dal titolo:
a) le caratteristiche del modulo di reclamo elettronico;
b) le modalità dell’esercizio delle funzioni della piattaforma ODR;
c) le modalità della cooperazione tra i punti di contatto ODR[80].
Il modulo di reclamo elettronico da inoltrare alla piattaforma, si legge nel regolamento, è accessibile ai consumatori e ai professionisti “in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione”. Il ricorrente deve poter salvare sulla piattaforma una bozza del modulo di reclamo elettronico, che deve risultare accessibile e modificabile prima della trasmissione. Passati 6 mesi dalla creazione della bozza, se il modulo non risulta debitamente compilato e trasmesso è automaticamente cancellato dalla piattaforma[81].
Al ricevimento del modulo elettronico di reclamo, la piattaforma trasmette un messaggio elettronico standard all’indirizzo elettronico della parte convenuta, che la informa del reclamo presentato nei suoi confronti[82].
Se nel modulo non è indicato alcun organismo ADR competente, la piattaforma, in base alla posizione geografica e all’oggetto del reclamo, propone alla parte convenuta un elenco indicativo di organismi ADR per facilitare l’individuazione di quello competente. In ogni caso, le parti possono accedere in qualsiasi momento all’elenco di tutti gli organismi ADR registrati nella piattaforma[83].
L’organismo ADR inserito nell’elenco può decidere se accettare o no la gestione della disputa, dandone tempestiva comunicazione alla piattaforma.
L’organismo ADR che accetta, una volta che gli è arrivato il fascicolo completo ed il reclamo, comunica alla piattaforma la data di ricezione e l’oggetto; dalla data di ricezione scattano 90 giorni per la trattazione.
Alla chiusura della controversia, l’organismo ADR trasmette la data di conclusione della procedura e il suo esito (anche se le parti si sono ritirate)[84].
Sono evidenziati poi i casi in cui una controversia si considera conclusa ed i dati vengono soppressi entro 6 mesi: ciò accade quando
a) la parte convenuta dichiara di non voler avvalersi di un organismo ADR;
b) le parti non riescono a trovare un accordo su un organismo ADR che tratti il loro caso entro 30 giorni di calendario dalla trasmissione del modulo di reclamo elettronico;
c) l’organismo ADR concordato dalle parti rifiuta di trattare la controversia[85].
Anche le autorità designate dai singoli Stati che comunicano alla Commissione l’elenco degli organismi ADR devono usare un modulo standard fornito dalla Commissione stessa che contiene alcune informazioni previste dalla Direttiva[86].
La piattaforma ODR offrirà alle parti della controversia anche la possibilità di esprimere e condividere i propri commenti (feedback) entro 6 mesi dalla conclusione della controversia[87].
Il regolamento stabilisce infine le modalità di cooperazione tra i punti di contatto ODR, che, attraverso dei consulenti, forniscono assistenza per la risoluzione delle controversie riguardanti reclami presentati mediante la piattaforma[88]. Si specifica, in ultimo, che i consulenti che hanno accesso alle informazioni relative a una controversia ne devono concedere l’accesso ai consulenti in altri punti di contatto nella misura in cui ciò sia necessario per l’adempimento delle loro funzioni[89].
Registriamo ancora in tema una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ritenuto il tentativo di composizione bonario croato, previsto a pena di irricevibilità del ricorso, come conforme all’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’uomo[90].
Il che apre alla considerazione che il diritto di accesso alla giustizia per svolgere un ADR può essere compresso se ciò sia previsto dalla legge.
Recepimento in Italia della Direttiva ADR
A settembre 2014 (con l’approvazione del Senato) il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la delega al Governo per il recepimento della Direttiva.
L’iter parlamentare ha condotto all’art. 8 della Legge 7 ottobre 2014, n. 154[91].
Nella norma si stabilisce ovviamente che l’operazione non costi alcunché allo Stato[92]: al proposito la relazione tecnica precisa che gli organismi opereranno secondo una tariffa, ma la Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) nella sua valutazione economica, consiglia per il rispetto della delega di indicare chiaramente nel decreto che non ci sarà alcun intervento pubblico.
Continuiamo dunque con le riforme a costo zero e vedremo se e quale risultato ci porteranno.
Al momento in verità lo Stato finanzia le conciliazioni paritetiche con contributi per le associazioni dei consumatori[93].
Naturalmente è giusto che chi lavora non lo faccia in perdita, ma mi sia consentita una piccola considerazione di parte: secondo dati che sono pubblici gli organismi di mediazione civile e commerciale hanno gestito in 4 anni 552.436, mentre tutto l’ADR del consumo in cinque anni è arrivato a 104.120 controversie[94]; lo Stato non solo non concede agli organismi di mediazione alcun finanziamento, ma pretenderebbe secondo questa linea che gli organismi gestissero anche le controversie del consumo a loro spese, il che mi pare insostenibile; si tenga conto che nella concezione europea il consumatore che è considerato il primo attore da tutelare, dovrebbe essere servito gratuitamente o comunque con un compenso simbolico.
Un altro organo che viene remunerato è il CEC ossia il Centro nazionale della rete europea per i consumatori che svolge nel nostro ordinamento una duplice funzione: è punto di assistenza per chi dovesse rivolgersi ad organismo ADR straniero che è competente a trattare una controversia transfrontaliera, sia essa offline od online, ed è punto di contatto ODR, ossia per accedere alla piattaforma europea ai sensi del Regolamento 524/13 e risolvere on line la controversia[95].
Ebbene Il CEC per le controversie transfrontaliere, verrà, secondo la relazione tecnica, sostenuta coi proventi delle contravvenzioni amministrative dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (art. 148 della legge 388/2000[96]). E pertanto anche con il provento delle sanzioni che verranno irrogate ai professionisti che non rispettano gli obblighi di informativa nei confronti dei consumatori. L’art. 141-sexies (Informazioni e assistenza ai consumatori) dello schema di decreto prevede quanto segue:
“1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.
Le informazioni di cui al comma 1 devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contratto di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole” [97].
E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni relative all’informazione dei consumatori sulle procedure di ricorso extragiudiziale contenute in altri provvedimenti normativi.
La legge delega stabilisce poi:
1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche[98] relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi[99].
2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva)[100].
L’Italia in data 8 maggio 2015[101] ha conseguentemente adottato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti sono noti[102]: come assumono le Commissioni del Senato il testo non brilla per chiarezza[103].
La legge delegata che nello schema vuol dare attuazione anche al regolamento (UE) n. 524/2013, avrebbe dovuto essere emanata entro 40 giorni[104] dalla trasmissione alle Camere per i prescritti pareri, ossia il 18 giugno 2015 (entro 40 giorni dall’8 di maggio), ma sino ad ora non si ha alcuna notizia certa in merito. Secondo indiscrezioni giornalistiche il testo definitivo dovrebbe essere approvato nel Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2015.
Secondo la relazione tecnica allo schema di decreto il testo della Direttiva “rende indispensabile una radicale revisione del testo dell’attuale articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), che di fatto non è stato mai attuato”.
L’art. 141 attuale prevede quanto segue.
Composizione extragiudiziale delle controversie
Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica.
Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
Il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresì, gli ulteriori adempimenti connessi all’attuazione della risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo.
Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.
Per modificare la sopradetta disciplina, il legislatore delegato aggiunge alla Parte V del Codice del consumo dopo il titolo II che termina con l’azione di classe (art 140 bis), il TITOLO II-bis inerente la risoluzione extragiudiziale delle controversie che contiene gli articoli dal nuovo 141 al 141 decies.
Viene poi affidata alle organizzazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale la tutela degli interessi collettivi scaturenti dall’oggetto della Direttiva ADR e dal Regolamento ADR[105].
Si stabilisce che in merito alla violazione dell’obbligo di informativa per il professionistaprevisto dallo schema di decreto (art. 141 sexies)[106] le sanzioni siano accertate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse.
I diritti dei consumatori previsti dal Capo I Sezioni I-IV (articoli 45-66 quinques) potranno essere tutelati, sempre salvo il diritto di ricorrere al giudice, con le nuove procedure ADR (ad esempio in materia di diritto di recesso, condizioni di vendita dei contratti a distanza, informativa precontrattuale nei locali di vendita)[107].
Tra le clausole di contratto che si presumono vessatorie vengono inserite quelle che hanno ad oggetto l’imposizione al consumatore di rivolgersi ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR o quelle che abbiano per effetto di rendere eccessivamente difficile l’accesso ad una procedura ADR[108].
Secondo il parere del 23 giugno 2015 della Commissione II e X della Camera invece “la clausola ADR predisposta unilateralmente dal professionista non altera l’equilibrio negoziale a danno del consumatore (ex articolo 33, comma 1, del Codice del consumo) e non può essere pertanto considerata vessatoria”[109]. La Commissioni chiedono pertanto che “a) sia valutata l’opportunità di precisare che alle clausole ADR del contratto non si applica l’articolo 1341, comma 2, del codice civile”.
Il che peraltro ricalcherebbe la disciplina attuale del 141.
In estrema sintesi l’Italia riterrebbe di operare il recepimento tramite il riconoscimento normativo della negoziazione paritetica (per cui, dobbiamo dirlo, operano delle pesanti incompatibilità v. art. 141 ter schema disegno di legge) su protocolli d’intesa e tramite una novella del Codice del consumo[110].
Si tratta in particolare di apprestare procedure volontarie di composizione extragiudiziale, anche in modalità telematica, delle controversie, nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, che abbiano luogo davanti ad un organismo ADR iscritto nell’elenco prescritto dall’articolo 141decies[111].
Tra le scelte che la Direttiva consente il nostro Stato ha previsto nella novella, nel rispetto dei principi della Direttiva:
la possibilità che i compositori siano retribuiti dal professionista, associazione di imprese o organizzazione professionale (in tal caso le risorse di bilancio devono essere separate e destinate allo scopo[112]) ;
non vi siano organismi di ADR che possono imporre soluzioni: l’organismo ADR propone una soluzione[113] o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole[114];sono salve però le autorità che adottano decisioni (Aeesgi, Consob, Banca d’Italia)
che gli organismi di ADR italiani possano, se il loro regolamento lo stabilisce, rifiutare determinate controversie: in particolare potranno stabilire che il consumatore che voglia adire l’organismo ADR debba necessariamente contattare prima il professionista che ha effettuato la prestazione: in sostanza il contatto costituirebbe condizione di procedibilità della procedura alternativa[115]; nel caso di rifiuto devono motivarlo entro 21 giorni dal ricevimento del fascicolo[116].
che siano considerate procedure ADR appunto le conciliazioni paritetiche[117].
Rimane in piedi, come desidera la normativa europea, la Direttiva 52/08 e dunque il decreto 28/10; la direttiva ADR non interferisce con la conciliazione obbligatoria dei Corecom; nella misura in cui rispettino il dettato del decreto legislativo, sarebbero procedure ADR le procedure svolte dall’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), dalla Banca d’Italia e dalla Commissione nazionale per la società e la borsa nei rispettivi settori di competenza[118].
Sono escluse a tutt’oggi dal processo legislativo le Camere di Commercio che sono invece attrici nell’attuale art. 141 del Codice del consumo e nella mediazione civile e commerciale; hanno pertanto fatto sentire la loro voce in sede di parere delle Commissioni senatoriali e della Camera[119]: bisogna vedere che ascolto abbiano presso il Governo.
La norma non si applica alle controversie gestite direttamente dal professionista, a quelle intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori o tra professionisti[120], ai servizi economici di interesse generale[121], alla negoziazione diretta tra consumatore e professionista, ai servizi di assistenza sanitaria[122].
Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale[123].
La domanda del consumatore di ADR viene definita forse impropriamente dal decreto come “reclamo”[124]: almeno così hanno precisato le Commissioni parlamentari nel loro parere.
L’organismo ADR può essere gestito da una persona fisica, da un persona giuridica privata o pubblica[125].
Il Ministero dello sviluppo economico, si pone come autorità di chiusura “con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni”[126].
Possono essere organismi ADR quelli attualmente iscritti nella sezione speciale di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per la trattazione degli affari in materia di consumo[127] e gli altri inseriti su domanda in apposito elenco tenuto dalle autorità[128]: ogni autorità ha un suo procedimento di iscrizione e vigila sull’elenco nonché sui singoli organismi ed ha i poteri connessi a tale attività[129].
Le autorità ADR incoraggiano gli organismi italiani ad associarsi a reti europee che trattino le controversie nello stesso settore e a cooperare tra loro[130]; anche la cooperazione con le stesse autorità è incoraggiate per mettere a punto buone prassi nei settori di controversi più frequenti[131].
Le persone incaricate di una procedura di ADR devono ricevere, eventualmente dai propri organismi secondo programmi vigilati dalle autorità competenti, una formazione che contempli conoscenze e competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto; restano inoltre necessari fermi gli obblighi formativi previsti per i mediatori civili e commerciali[132].
Circa la procedura è necessario che le parti siano informate del fatto che possono ritirarsi in qualsiasi momento (ciò potrebbe però non valere per il professionista[133])[134] che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale, ma che possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura[135].
Dall’esito dell’ADR che viene condotto da ogni organismo ADR deve essere precisato dall’organismo l’effetto giuridico[136] e la eventualità esecutività delle decisioni.
Le procedure devono essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori[137]. L’indagine europea del febbraio 2015 rivela che il 21% delle imprese (specie le micro imprese tra 1 e i 9 dipendenti) che si occupano di commercio transfrontaliero online sostiene che i costi dei reclami per i consumatori costituiscono un grave problema alla circolazione delle merci, problemi che va risolto se si voglia creare un unico mercato digitale[138].
La procedure devono concludersi entro 90 giorni (prorogabili dello stesso termine a discrezione dell’organismo) dalla data di ricevimento del fascicolo completo del reclamo da parte dell’organismo ADR[139].
Assai interessante è il principio per cui gli organismi precisano se risolvono le controversie “in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole”[140]. Finalmente si rispetta la storia degli ADR!
Dalla data di ricevimento da parte dell’organismo ADR, il relativo reclamo produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, il reclamo impedisce altresì la decadenza per una sola volta[141]. Ricominciano a decorrere dalla comunicazione della data alle parti della mancata definizione della controversia.
Conclusioni
Alla luce della storia “incerta” della risoluzione alternativa nell’ambito UE credo di poter affermare che la conoscenza e la diffusione dell’ADR sia nel consumo, sia altrove dipenda in buona parte dalla volontà politica degli Stati e non più ditanto dalle entità sovranazionali.
La Direttiva 52/08 specificava già in merito alla controversie transfrontaliere che “La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario” (considerando 19).
Noi potremmo estendere questa considerazione a tutti gli strumenti alternativi in ogni campo.
Ma la volontà politica non basta ovviamente, perché un ruolo cruciale assume l’economia: migliori sono i sistemi economici migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.
In Europa questi buoni sistemi economici che hanno una buona giustizia ed un buon ADR sono solo 5: Regno Unito, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda e Lussemburgo[142].
L’Italia e gli altri 22 paesi purtroppo sono lontani dai loro standard.
Anche se Junker da ultimo promette l’uscita dalla recessione e ben un milione e trecento mila posti di lavoro[143].
Ma è inutile recriminare, vorrei solo e in ultimo sottolineare quello che si potrebbe fare anche se mi rendo conto che questo Stato continua a pretendere di fare riforme a costo zero.
I mediatori europei secondo uno studio che conduco da alcuni anni sono attualmente più di 44.000.
Nello spirito della Direttiva che contempla diversi strumenti ADR, credo si dovrebbero aggiungere gli attuali arbitri, almeno nei paesi che contemplano l’arbitrato per la risoluzione del consumo.
Si può dunque stimare che gli operatori ADR arrivino a circa 50.000 anime; la speranza è che i mediatori italiani smettano di crescere (al momento hanno superato i 17.000).
Ora secondo la Direttiva, lo abbiamo detto, gli operatori di ADR devono essere retribuiti a prescindere dal risultato raggiunto: lo stesso schema di decreto stabilisce ovviamente che le parsone incaricate delle procedure devono essere “retribuite indipendentemente dall’esito della procedura”[144].
E se non per la Direttiva ADR, per il Consiglio d’Europa l’obbligo di un sostegno finanziario diretto ai servizi di mediazione dovrebbe gravare anche sugli Stati[145].
Ammettiamo che gli operatori di ADR possano guadagnare almeno 1500 € al mese per non essere sotto la soglia di povertà.
Il conto è presto fatto: per sostenere i mediatori europei ci vorrebbero circa 900 milioni di euro all’anno.
Dal momento che la popolazione dei 28 è di 446 milioni e mezzo, con due euro a testa all’anno, dico 2 euro a testa, si potrebbe avere un sistema alternativo efficiente sia per il consumo sia per le controversie estranee al consumo.
Vogliamo aggiungere un euro per gli organismi ed enti vari nei paesi che hanno una mediazione strutturata? Arriviamo a tre euro.
Chi non li darebbe se sapesse che ciò gli può consentire di recarsi in tribunale come ultima risorsa?
Teniamo conto che per sostenere i tribunali i cittadini dei 28 paesi UE spendono pro capite[146] facendo una media 47 € all’anno: quella che impiega meno risorse è la Bulgaria con 18 euro e quello che ne impiega di più è il Lussemburgo con 142 €: l’Italia eroga 44 € pro capite ossia 2.674.709.180 € contro 182.366.535 € che spenderebbero per un sistema ADR efficiente [147].
Morale… i cittadini europei spendono in tribunali 15 volte quello che spenderebbero per avere un sistema ADR funzionante.
Non dico naturalmente che andrebbero aboliti i tribunali, ma che se è vero che secondo i dati ministeriali la mediazione italiana ogni anno gestisce circa 200.000 pratiche e aggiungeremo presto a queste, seppure su base volontaria, le controversie di consumo, non possiamo che mettere in condizione i neutri[148] di dare una mano importante al sistema giustizia.
[1] L’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000) e l’articolo 169, paragrafo 2, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE, 2008).
[4] Il GDP ossia il Gross Domestic Product rappresenta il totale del valore dei beni e servizi scambiati in un dato anno. Cfr. COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions A Digital Single Market Strategy for Europe
Per rafforzare la fiducia dei consumatori nel mercato unico, occorre garantire i loro diritti, in particolare sviluppando sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e prevedendo mezzi di ricorso diversi da quelli giudiziari. I consumatori avranno pertanto a disposizione una soluzione più facile, rapida ed economica.
Questi sistemi sono essenziali per il commercio online, laddove proprio una maggiore fiducia dei consumatori nel commercio elettronico transfrontaliero produrrebbe vantaggi economici valutati a 2,5 miliardi di euro”.
[7] Cfr. A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication cit. p. 16.
[8] Il Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo (Francia), raggruppa oggi, con i suoi 47 Stati membri, quasi tutti i paesi del continente europeo. Istituito il 5 maggio 1949 da 10 Stati fondatori, il Consiglio d’Europa ha come obiettivo quello di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, nel rispetto della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e di altri testi di riferimento relativi alla tutela dell’individuo.
[9] Raccomandazione n. R (81) 7, Raccomandazione n. R (86) 12, Raccomandazione n. R (93) 1, Raccomandazione n. R (94) 12, Raccomandazione n. R (95) 5, Raccomandazione n. R (98) 1, Raccomandazione n. R (99) 19 relativa alla mediazione in materia penale, Raccomandazione n. R (2001) 9 sulle alternative al contenzioso tra le autorità amministrative e le parti private. Raccomandazione n. R (2002) 10 sulla mediazione in materia civile.
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 4 aprile 2001 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo [notificata con il numero C(2001) 1016] (Testo rilevante ai fini del SEE)
“È deplorevole che, nonostante le raccomandazioni della Commissione 98/257/CE, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e 2001/310/CE, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, l’ADR non sia stato attuato correttamente e non funzioni in modo soddisfacente in tutte le zone geografiche o in tutti i settori economici dell’Unione”.
Considerando n. 6 della DIRETTIVA 2013/11/UE
[13] Già nel 2001 gli organismi nazionali che si occupano di risolvere le controversie di consumo sono stati raccolti in una rete sperimentale (EJE-net) avente come fine, tra gli altri, quello di risolvere appunto le controversie in modo rapido ed efficace con le nuove tecnologie.
[14] La rete dei CEC conta attualmente 30 centri (almeno un punto di contatto nazionale in ciascuno Stato membro). La rete include anche un punto in contatto in Norvegia ed uno in Islanda. Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/ecc/index_en.htm
[15] In Italia per il 46 % hanno riguardato i contratto di trasporto.
[16] Il Centro Europeo Consumatori italiano si trova a Roma in Via Francesco Gentile, 135. Tel. +39 06 44.23.80.90. Fax. +39 06 45.55.05.58 email: info@ecc-netitalia.it
[17] Le fonti normative sono da rinvenirsi nella decisione n. 20/2004/CE è stata abrogata dalla decisione n. 1926/2006/CE (programma d’azione comunitaria in materia di politica dei consumatori 2007-2013) a partire dal 31 dicembre 2006.
[19] FIN-NET dal 2001 si occupa dei reclami dei consumatori nei confronti delle imprese finanziarie (banche e assicurazioni) e fornisce moduli nelle lingue appropriate e risoluzione delle controversie; è presente in 21 stati + Islanda, Liechtenstein e Norvegia. In Italia fanno parte della rete: Arbitro Bancario Finanziario (ABF), Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP), Ombudsman Bancario – Giurì bancario
[20] La rete SOLVIT consente di risolvere le controversie derivanti da una cattiva applicazione delle regole del mercato interno da parte di un’amministrazione pubblica. I cittadini e le imprese possono così trovare una risposta pronta, gratuita ed efficace ai loro problemi senza dover far ricorso ai tribunali.
A titolo d’esempio, la rete può trovare una soluzione ai problemi transfrontalieri nell’Unione europea (UE) in materia di lavoro, di riconoscimento dei titoli universitari, di immatricolazione dei veicoli, di creazione di un’impresa o di fornitura di beni e servizi; ciò in qualsiasi parte dell’UE, nonché in Norvegia, in Islanda e Liechtenstein.
Questa rete di risoluzione delle controversie, a titolo gratuito, segue un approccio informale orientato verso il cliente. Allorquando uno dei centri SOLVIT ritiene fondata la denuncia di un consumatore o di un’impresa, provvede ad accettarla ed a inviarla al centro SOLVIT del paese in cui si è manifestato il problema. Una soluzione può allora essere trovata per il caso specifico entro un termine di dieci settimane.
Le soluzioni proposte non sono vincolanti. In ogni caso, se il cliente considera la proposta inaccettabile, può chiedere di risolvere la controversia per via giudiziaria. Lo Stato membro interessato ha la responsabilità della risoluzione della controversia. Se tale Stato non reagisce, la Commissione si riserva il diritto di avviare un procedimento.
La rete è presente in 28 stati + Norvegia, in Islanda e Liechtenstein.
Il Centro SOLVIT in Italia si trova a Roma presso la Presidenza Consiglio Ministri, Dipartimento Politiche Comunitarie. Cfr.http://ec.europa.eu/solvit/site/centres/addresses/index.htm#italy al quale indirizzo si può compilare comodamente un modulo di reclamo online.
[21] Il Consiglio d’Europa ha istituito una rete giudiziaria in materia civile e commerciale volta ad agevolare la cooperazione fra gli Stati membri in tali ambiti. Attraverso Internet i cittadini possono accedere a informazioni sul sistema giuridico negli Stati membri rispettivi, su come ricorrere al giudice, sull’assistenza giudiziaria, ecc. La rete è costituita da punti di contatto negli Stati membri. Cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/consumer_information/l33129_it.htm
[23] Le CC.I.AA. di Roma e Milano, i collegi arbitrali di Telecom Italia e l’Ombudsman dell’ABI.
[24] Germania (203 organismi su 229); Spagna 73; Grecia 60; Polonia 54; Bulgaria 25; Belgio 23; Repubblica Ceca 20; Austria 20; Francia 20; Danimarca 19; Ungheria 18; Regno Unito 18; Portogallo 14; Malta 6; Irlanda 5; Italia 4; Paesi Bassi 4; Finlandia 4; Estonia 2; Svezia 1; Lituania 1; Lettonia 1; Slovenia 1; Romania 1; Cipro 1; Slovacchia 0.
[25] DGSANCO, CONSULTATION PAPER On the use of Alternative Dispute Resolution as a means to resolve disputes related to commercial transactions and practices in the European Union (Adr consultation paper 18012011). http://ec.europa.eu/dgs/health_consumer/dgs_consultations/ca/docs/adr_consultation_paper_18012011_en.pdf. Il documento è scaricabile anche in lingua Italiana: V. DGSANCO, DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE, Il ricorso a forme alternative di risoluzione delle controversie come strumento per risolvere le controversie relative alle transazioni e alle prassi commerciali nell’Unione Europea.
In ec.europa.eu/dgs/health_consumer/dgs_consultations/ca/docs/adr_consultation_paper_18012011_it.pdf
[26] Germania, Cipro, Portogallo, Svezia, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Croazia, Belgio, Slovacchia, Malta e Austria.
[30] Così si esprimono in sede di parere le commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo) il 19 maggio 2015.
[33] Che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.
[39] Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.
La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.
Su questo testo ha fatto osservazioni il Bundesrat: l’organo attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale (in tedesco Bund) e si occupano di questioni relative all’Unione europea. Cfr. http://www.bundesrat.de/SharedDocs/drucksachen/2015/0201-0300/258-15(B).pdf;jsessionid=57937C7BFA9BDF19797E1509C7A232D5.2_cid382?__blob=publicationFile&v=1
Ρυθμίσεις σχετικά με προσαρμογή της ελληνικής νο−μοθεσίας, σε συμμόρφωση με την Οδηγία 2013/11/ΕΕ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλί−ου της 21ης Μαΐου 2013 για την εναλλακτική επίλυσηκαταναλωτικών διαφορών και για την τροποποίησητου κανονισμού (ΕΚ) αριθ. 2006/2004 και της οδηγί−ας 2009/22/ΕΚ (οδηγία ΕΕΚΔ) και την λήψη συμπλη−ρωματικών εθνικών μέτρων εφαρμογής του Κανονι−σμού 524/2013 του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και τουΣυμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την ηλεκτρονικήεπίλυση καταναλωτικών διαφορών.È stata pubblicata in gazzetta del Governo il 9 luglio 2015, ma è stata varata il 30 giugno 2015.
[47] 160 Wet van 16 april 2015 tot implementatie van de Richtlijn 2013/11/EU van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende alternatieve beslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG en uitvoering van de Verordening (EU) nr. 524/2013 van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende onlinebeslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG (Implementatiewet buitengerechtelijke geschillenbeslechting consumenten)
[51] È all’esame della Camera dei deputati dal 24 giugno 2015.
Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.
[52] Allo stato vi è solo un comunicato che respinge la precedente proposta dell’ANPC. Si dice in esso che tutti i mediatori rumeni possono trattare i casi di ADR del consumo.
Il primo luglio si è tenuto un importante convegno in cui alcuni deputati hanno fatto presente al Consiliul de Mediere che intendono portare a compimento l’attuazione della Direttiva ADR.
Bisogna dire che la FACUA, un’associazione dei consumatori spagnoli, si è scagliata contro questo progetto di legge perché, tra gli altri motivi, limita i diritti e le garanzie dei consumatori e ostacola l’accesso alla giustizia e all’arbitrato.
[57] Il progetto di legge governativo è del maggio 2015 e comporta la modifica della legge del consumo del 1997. T/4820. számú örvényjavaslat a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról. In http://www.parlament.hu/irom40/04820/04820.pdf. È divenuta legge con l’adozione in parlamento il 6 luglio 2015 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 102/2015 del 13 luglio 2015 a pag. 17618. Si intitola 2015. évi CXXXVII. Törvény a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról in http://www.kozlonyok.hu/nkonline/MKPDF/hiteles/MK15102.pdf
[63] Dalla relazione tecnica allo schema di decreto di recepimento apprendiamo che “le funzioni di Centro nazionale della rete europea per i consumatori sono state affidate, previa procedura selettiva, per l’anno 2015, ma in un quadro programmatico triennale, al Centro europeo consumatori Italia (CEC) costituito dalle associazioni ADICONSUM nazionale e CTCU di Bolzano. A tal fine è previsto un finanziamento nazionale annuale di circa 265.000 euro e un corrispondente cofinanziamento dell’UE” Cfr. http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/VQDOC165.pdf.
[64] Art. 141 octies c. 2 schema decreto legislativo di recepimento della Direttiva ADR.
[65] a) Ministero della giustizia unitamente al Ministero dello sviluppo economico, con riferimento al registro degli organismi di mediazione relativo alla materia del consumo, di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
b) Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), di cui all’articolo 1 della legge 7 giugno 1974, n. 216, per il settore di competenza;
c) Autorità per l’energia elettrica, il gas, e il sistema idrico (AEEGSI), di cui all’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, per il settore di competenza;
d) Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), di cui all’articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, per il settore di competenza;
e) Banca d’Italia, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n° 385;
f) altre autorità amministrative indipendenti, di regolazione di specifici settori, ove disciplinino specifiche procedure ADR secondo le proprie competenze;
Art. 141 octies schema decreto legislativo.
g) Ministero dello sviluppo economico, con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni.
[66] La Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 impone anche oneri di informazione ben precisi: “19. è del parere che le autorità nazionali dovrebbero essere incoraggiate a sviluppare programmi per promuovere una conoscenza adeguata delle composizioni alternative delle controversie; reputa che tali azioni dovrebbero riguardare i principali vantaggi della mediazione, cioè i costi, il tasso di successo e l’efficienza in termini temporali, e dovrebbero coinvolgere avvocati, notai e imprese, in particolare le PMI, nonché docenti universitari;”. Considerando A della Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 sull’attuazione della direttiva sulla mediazione negli Stati membri, impatto della stessa sulla mediazione e sua adozione da parte dei tribunali (2011/2026(INI).
[67] In Svezia le controversie su come celebrare un funerale, sul luogo di sepoltura dei defunti o sulla cremazione degli stessi vanno in primo luogo in mediazione; se la mediazione fallisce decide il consiglio provinciale. Sino a che la mediazione è in corso non vi può essere sepoltura né cremazione.
La decisione del consiglio provinciale può essere impugnata al tribunale amministrativo e di qui al consiglio di stato.
[68] Il considerando 45 della Direttiva prevede appunto: “Il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale sono diritti fondamentali previsti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, l’obiettivo delle procedure ADR non dovrebbe essere né quello di sostituire le procedure giudiziali né quello di privare i consumatori o i professionisti del diritto di rivolgersi agli organi giurisdizionali. È opportuno che la presente direttiva non contenga alcun elemento che possa impedire alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario. Nei casi in cui una controversia non possa essere risolta secondo una determinata procedura ADR il cui esito non sia vincolante, è auspicabile che alle parti non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario in relazione a tale controversia….“.
[69] Se un organismo rifiuta la controversia lo Stato non è tenuto peraltro a garantire che ce ne sia uno che accetti e dunque l’obbligo di apprestare una tutela ADR può considerarsi assolto.
[70] In tal caso però dovrebbero invitare il consumatore a contattare il professionista.
[71] Sempre che ciò non precluda naturalmente l’accesso alla giustizia per i consumatori di Stati ove la soglia è bassissima.
[72] A cui si aggiungono 90 giorni di eventuale proroga per casi eccezionali di particolare complessità, di cui vanno informate le parti. Cfr att. 8 lett. e).
[74] Ex vicepresidente della Commissione e Commissario europeo per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza nella Commissione Barroso II.
[76] Quelli del Capo II della legge (ACCESSO E REQUISITI APPLICABILI AGLI ORGANISMI E ALLE PROCEDURE ADR).
[77] Il 30 di Giugno 2015 in risposta ad una interrogazione del marzo 2015, il Parlamento europeo è stato informato in merito alla Direttiva che “Al fine di aiutare gli Stati membri nel processo di recepimento, la Commissione ha istituito un gruppo di esperti sulla risoluzione alternativa composto da esperti designati dagli Stati membri e gli Stati membri dello Spazio economico europeo. Il gruppo di esperti mette a disposizione degli Stati membri un forum per discutere di tutte le questioni aperte relative alla direttiva e sullo scambio di esperienze e di buone pratiche con altri Stati membri. E l’ultima volta si è riunito il 17 marzo 2015.
I servizi della Commissione, inoltre, forniscono assistenza attraverso stretti contatti bilaterali con i funzionari dei ministeri che si occupano di recepimento della direttiva nei rispettivi Stati membri”http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2015-003972&language=EN
I punti di contatto ODR forniscono assistenza per la risoluzione delle controversie riguardanti reclami presentati mediante la piattaforma ODR, eseguendo le funzioni seguenti:
a) se richiesto, agevolano la comunicazione tra le parti e l’organismo ADR competente, il che può comprendere in particolare:
i) l’assistenza per la presentazione del reclamo e, se del caso, dei documenti pertinenti;
ii) la trasmissione alle parti e agli organismi ADR di informazioni generali sui diritti dei consumatori relativi ai contratti di vendita e di servizi, che si applicano nello Stato membro del punto di contatto ODR che dispone dell’assistente ODR in questione;
iii) la trasmissione di informazioni sul funzionamento della piattaforma ODR;
iv) la trasmissione alle parti di spiegazioni sulle norme procedurali applicate dagli organismi ADR individuati;
v) la trasmissione alla parte ricorrente di informazioni sugli altri mezzi di ricorso se una controversia non può essere
risolta tramite la piattaforma ODR;
b) presentano ogni due anni, in base alle esperienze pratiche raccolte nell’esecuzione delle loro funzioni, una relazione di attività alla Commissione e agli Stati membri
[91] Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre. (14G00167) (GU n.251 del 28-10-2014 )
Art. 8
Principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2013/11/UE, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE – direttiva sull’ADR per i consumatori
Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) esercitare l’opzione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra le procedure di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) utili ai fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione delle controversie in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista, già consentite ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
b) prevedere espressamente, ai fini dell’opzione di cui alla lettera a), che in tal caso le persone fisiche incaricate della
risoluzione delle controversie facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero eguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.
Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Precedentemente era contenuto nel disegno di legge di delegazione europea – II semestre (A.C. 1836-A).
[92] La norma, specifica che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Mi domando se questa statuizione possa o meno essere contraria al considerando 46 della direttiva 2013/11 che prevede: ” (46) Ai fini di un loro efficiente funzionamento, è opportuno che gli organismi ADR dispongano di risorse umane, materiali e finanziarie sufficienti. Gli Stati membri dovrebbero stabilire una forma adeguata di finanziamento degli organismi ADR sui rispettivi territori, senza ridurre il finanziamento degli organismi già operativi. La presente direttiva non dovrebbe impedire che il finanziamento avvenga mediante fondi pubblici o privati ovvero con una combinazione di entrambi. È opportuno tuttavia incoraggiare gli organismi ADR a valutare in modo specifico forme private di finanziamento e a utilizzare i fondi pubblici solo a discrezione degli Stati membri. La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la possibilità per le imprese o per le organizzazioni professionali o associazioni di imprese di finanziare organismi ADR“.
In ogni caso c‘è il pericolo, teorico o meno non so, che si crei una disparità tra organismi di mediazione che non si occupano di consumo e quelli che se ne occupano, perché solo per i secondi è prevista appunto una forma adeguata di finanziamento, anche se l’utilizzo dei fondi pubblici è a discrezione degli stati membri.
[93] In tal senso ci si è mossi da tempo, ad esempio, con specifiche iniziative per quanto riguarda le conciliazioni paritetiche per le quali, anche attualmente, con distinti bandi, sono previsti contributi a rimborso forfettario delle spese che le associazioni dei consumatori sostengono per l’assistenza gratuita ai consumatori nelle procedure.
Si fa riferimento in particolare a contributi di minimo importo concessi per le conciliazioni nel settore dell’energia elettrica ed il gas dall’AEEGSI, avvalendosi della Cassa conguaglio per il settore elettrico, a carico del citato fondo di cui all’articolo Il-bis del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, nonché ai contributi di importo ancor più contenuto concessi, relativamente alle conciliazioni basate su protocolli fra associazioni dei consumatori ed imprese in diversi altri settori, da parte del Ministero dello sviluppo economico, avvalendosi della società Invitalia, e con onere in parte a carico delle singole imprese che hanno sottoscritto i relativi protocolli cd in parte a carico del citato Fondo di cui all’articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Relazione allo schema di decreto di recepimento della Direttiva ADR
[94] In 5 anni dal 2009 al 2013 ci sono state 104.120 istanze di ADR per controversie dei consumatori di cui fornisco il dettaglio:
Conciliazioni Corecom 65240
ADR bancari e finanziari 18709
ADR servizi postali 5274
ADR Energia gas e servizi idrici 11.645
ADR mobilità e trasporti 3252
Totale 104.120
Fonte: ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.) (all. alla direttiva P.C.M. 16 gennaio 2013 –G.U. 12 aprile 2013, n. 86) sullo schema di recepimento della Direttiva ADR
Le mediazioni dal 2011 (secondo trimestre) – 2015 (primo trimestre) sono state 552.436
Fonte: il Ministero
[95] Cfr. Art. 141 sexies c. 5 schema di decreto legislativo.
(Utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato)
Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
Le entrate di cui al comma 1 sono riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ad un apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per essere destinate alle iniziative di cui al medesimo comma 1, individuate di volta in volta con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentite le competenti Commissioni parlamentari.
[97] Il regolamento 524 che è complementare alla Direttiva ADR specifica in aggiunta che: “1. I professionisti stabiliti nell’Unione che operano mediante contratti di vendita o servizi online e i mercati online stabiliti nell’Unione, forniscono nei loro siti web un link elettronico alla piattaforma ODR. Tale link deve essere facilmente accessibile ai consumatori. I professionisti stabiliti nell’Unione operanti mediante contratti di vendita o di servizi online indicano altresì i propri indirizzi di posta elettronica.
I professionisti stabiliti nell’Unione, che operano mediante contratti di vendita o servizi online, che si sono impegnati o sono tenuti a ricorrere a uno o più organismi ADR per la risoluzione delle controversie con i consumatori, informano i consumatori in merito all’esistenza della piattaforma ODR e alla possibilità di ricorrere alla piattaforma ODR per risolvere le loro controversie. Essi forniscono un link elettronico alla piattaforma ODR sui loro siti web e, se l’offerta è fatta mediante posta elettronica, nella posta elettronica stessa. Le informazioni sono fornite altresì, se del caso, nelle condizioni generali applicabili ai contratti di vendita e di servizi online”.
[98] Le negoziazioni volontarie e paritetiche sono quelle che si fanno sulla base di intese tra rappresentanti dei consumatori e degli imprenditori.
Dobbiamo dire che la Direttiva esclude di principio questo tipo di procedure perché c’è il rischio di conflitto di interessi, ma permette di considerarle ADR a certe condizioni. Il considerando 28 della Direttiva specifica che devono sussistere i requisiti di indipendenza ed imparzialità previsti dalla Direttiva. Inoltre la qualità ed indipendenza degli organismi deve essere soggetta a valutazione periodica. Nella delega non c’è però alcuna traccia di queste ultime cautele richieste dalla UE.
[99] Ciò è stato recepito con l’art. 141 ter dello schema di decreto legislativo.
[100] Ciò è stato recepito con l’art. 141 bis comma 9 dello schema di decreto legislativo.
[101] “In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive” (art. 31 comma 1 Legge 24 dicembre 2012, n. 234). E dunque lo schema di decreto recepente la direttiva ADR doveva appunto essere adottata entro il 9 maggio 2015.
[103] Commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo), 19 maggio 2015.
[104] Art. 31 c. 3 Legge 24 dicembre 2012, n. 234.
[105] 4. All’articolo 139, comma 1, deI decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, alla fine della lettera b) e della lettera b-bis), il punto è sostituito dal punto e virgola e, dopo la lettera b-bis), è aggiunta la seguente: «b-ter) regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori).».
I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.
Le informazioni di cui al comma l devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contrano di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fomite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole.
[107] 7. All’articolo 66 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il comma 5 è sostituito dal seguente: « 5. E’ comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario. E’ altresì fatta salva la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo, nelle materie di cui alle Sezioni da l a IV del presente Capo, mediante il ricorso alle procedure di cui alla Parte V, Titolo Il-bis, del presente codice,».
[108] 9. Al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 33, comma 2, dopo la lettera v) sono inserite le seguenti:
“v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi
esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo
ADR;
v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V”.».
[110] “trattasi di metodo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nato dalla prassi delle associazioni dei consumatori ed utenti italiani maggiormente rappresentative che consente, previa stipula di apposti protocolli di intesa tra associazioni ed imprese, o loro associazioni, alle parti del rapporto di consumo – consumatore e impresa, tramite i propri rappresentanti – di confrontarsi al fine di trovare una soluzione condivisa, rapida ed economica. Ciò anche e soprattutto in virtù degli specifici principi e criteri direttivi contenuti all’articolo 8 comma 1 della legge di delegazione europea 20l3 – secondo semestre, n. 154 del 7 ottobre 2014” (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)
“Il Parlamento Europeo nella propria risoluzione del 25 ottobre 2011 sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare (201 1/2117(INI)) ha richiamato l’attenzione “sulla conciliazione paritetica italiana, quale esempio dì migliore prassi, basata su un protocollo stipulato e sottoscritto dall’azienda e dalle associazioni di consumatori, in cui l’azienda si impegna in anticipo a ricorrere agli ADR per risolvere le eventuali controversie che possono sorgere nei settori contemplati dal protocollo“. (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)
[111] Così si esprimono in sede di parere le commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo) il 19 maggio 2015.
[112] Art. 141 bis comma 8 schema di decreto legislativo.
[113] Cfr. l’art. 141 quater c. 2 lett. b)-d) schema di decreto legislativo con riferimento alle cautele da assumersi in caso di proposta.
[114] Art. 141 c. 4 schema di decreto legislativo.
[115] Art. 141 bis c. 2 schema di decreto legislativo.
[116] Art. 141 bis c. 3 schema di decreto legislativo.
[117] Art. 141 c. 5 schema di decreto legislativo. V. all’art. 141 ter schema di decreto legislativo le previste incompatibilità.
[118] Art. 141 commi 6 e 7 e art. 141 octies schema di decreto legislativo.
[119] “si invita infine il Governo a valutare l’opportunità di integrare il medesimo articolo 141octies, al comma 1, lettera g), consentendo alla conciliazione delle Camere di commercio di far parte della rete di organismi di ADR riconosciuta a livello nazionale ed europeo per la gestione delle controversie tra professionisti e consumatori”. COMMISSIONI 2ª e 10ª RIUNITE 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo), 17 giugno 2015.
d) all’articolo 1, comma 3, capoverso « ART. 141-octies (Autorità competenti e punto di contatto unico) », alinea, primo comma, lett. g), in fine, dopo le parole « specifiche disposizioni » sia valutata l’opportunità di aggiungere le seguenti: « e con riferimento alla conciliazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 »;
COMMISSIONI RIUNITE II (Giustizia) e X (Attività produttive, commercio e turismo), 23 giugno 2015.
[120] Art. 141 c. 8 schema di decreto legislativo.
[121] Art. 141 c. 8 lett. b) schema di decreto legislativo. Sono tali quei servizi esperiti senza corrispettivo dalla P. A. o per suo conto.
[122] Art. 141 c. 8 lett. g) schema di decreto legislativo.
[123] Art. 141 c. 10 schema di decreto legislativo.
[124] Art. 141 lettera L schema di decreto legislativo.
[125] Art. 141 c. 3 schema di decreto legislativo.
[126] Art. 141-octies lett. g) schema di decreto legislativo.
[127] Art. 141 c. 4 schema di decreto legislativo.
[128] Cfr. artt. 141 nonies e decies schema di decreto legislativo.
[129] Art. 141 decies c. 2-3 schema di decreto legislativo.
[130] Art. 141 septies c. 2 schema di decreto legislativo.
[131] Art. 141 septies c. 3 schema di decreto legislativo.
[132] Art. 141 bis c. 10 schema di decreto legislativo.
[133] Art. 141 quater c. 5 lett. a) schema di decreto legislativo.
[134] Art. 141 bis c. 6 schema di decreto legislativo.
[135] Art. 141 quater c. 4 dello schema di decreto legislativo.
[136] Art. 141 quater c. 1 lett. p) dello schema di decreto legislativo.
[137] Art. 141 quater c. 3 lett. c) dello schema di decreto legislativo.
[138] Cfr. A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication cit. p. 16.
[139] Art. 141 quater c. 3 lett. e) dello schema di decreto legislativo.
[140] Art. 141 quater c. 1 lett. i) schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva ADR.
[141] Art. 141 quinques c. 1 dello schema di decreto legislativo.
[144] Art. 141 bis c. 4 lett. d) schema di decreto legislativo.
[145] I costi della mediazione per gli utenti dovrebbero essere ragionevoli e proporzionati al problema in questione. Al fine di rendere la mediazione accessibili al pubblico in generale, gli Stati dovrebbero assicurare un sostegno finanziario diretto ai servizi di mediazione (33. The cost of mediation for the users should be reasonable and proportionate to the issue at stake. In order to make mediation accessible for the general public, states should ensure some direct financial support to mediation services).
European Commission for the efficiency of justice (CEPEJ)
Guidelines for a better implementation of Recommendation No. R(98)1 on family mediation and Recommendation Rec(2002)10 on mediation in civil matters
[146] Secondo il Quadro di valutazione UE della giustizia 2015 operato dalla Commissione Europea. Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015 9.3.2015 in http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf
[147] Nei 24 paesi che hanno messo a disposizione i dati.
[148] Così si chiamano negli Stati Uniti gli operatori della risoluzione alternativa delle controversie.
La presente nota riguarda un discorso[1] pronunciato due giorni fa nel Regno Unito da Lord Neuberger.
Lord Neuberger è un signore di 67 anni, presidente della Supreme Court[2] nel Regno Unito.
La Supreme Court è corte d’appello finale per i casi civili e penali in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Si occupa delle cause più importanti per la pubblica opinione e delle questioni costituzionali.
In precedenza, nel 2009, Lord Neuberger è stato anche Master of the Rolls[3] ossia il secondo giudice più importante in Inghilterra e nel Galles, dopo il Lord Chief Justice of England and Wales.
Nel suo discorso, appunto del 12 maggio 2015, tesse le lodi della mediazione civile.
Ne riporto di seguito un riassunto rimandando alla versione integrale in lingua originale (che allego qui: speech-150512 ).
Il giudice chiarisce che quando faceva l’avvocato consideravano la mediazione come una procedura che potesse essere utilizzata in Australia ed in America, ma non nel Regno Unito.
La mediazione iniziò invece a prendere campo nel 1996 quando egli diventò giudice. Lord Neuberger se ne interessò pienamente quando venne nominato Master of the Rolls.
La praticità ed i principi della mediazione sono una cosa buona. E nel Regno unito era già molto diffusa nell’XI secolo.
La Chiesa nel XII secolo scomunicava chi litigava e predicava dunque la composizione.
I giudici medievali inglesi spesso sospendevano le cause per permettere alle parti di mediare.
La stessa controversia tra Enrico II e Thomas Becket non fu che il risultato di una mediazione fallita.
La mediazione poi, per qualche oscura ragione, è andata in letargo fino al 1997.
Dal 1997 però si è svegliata ed ha preso campo anche se da una parte c’è l’idea che sia soltanto una moda destinata a sparire e dall’altra che sia una panacea per tutti i mali.
In realtà non è né l’una, né l’altra cosa: la mediazione presenta vantaggi e svantaggi.
Quanto ai vantaggi la mediazione è più veloce, più economica, meno stressante e richiede meno tempo del contenzioso. In secondo luogo, la mediazione è più flessibile del contenzioso in termini di risultati potenziali. In terzo luogo, la mediazione ha meno probabilità di essere dannosa per un rapporto a lungo termine tra le parti. In quarto luogo la mediazione è condotta privatamente, sotto meno pressione e in circostanze un po’ meno artificiali di un’udienza. In quinto luogo, è molto più probabile che entrambe le parti possano emergere come “vincitori”, o almeno che nessuna delle parti emerga come un “perdente”.
Il tutto a condizione che si raggiunga un accordo.
Se una mediazione non funziona ci sono degli svantaggi: il procedimento complessivo costerà di più e recherà più danni alle parti. Chi è ricco può ricorrere alla mediazione per fare pressione su chi è privo di mezzi. Chi accetta un accordo può rendersi conto in seguito che in giudizio avrebbe ottenuto di più. Se tutte le questioni vanno in mediazione lo sviluppo del diritto si arresta: ciò vale per il mondo anglo sassone ove il giudice non si limita ad interpretare la legge, ma ne determina lo sviluppo.
Il diritto di accesso ai tribunali è fondamentale e, come tutti i diritti, deve essere effettivamente a disposizione di tutti. E così la mediazione non deve essere invocata e promossa come se fosse sempre un sostituto migliore del giudizio. Giudizio, mediazione ed arbitrato sono gemelli, ma non gemelli identici e si capisce già dagli svantaggi citati.
Ma in più, in termini costituzionali, non vi è alcun diritto di accesso a una mediazione, così la mediazione, a differenza del processo, non ha implicazioni insite per lo stato di diritto.
Il processo è una funzione essenziale dello Stato, mentre la mediazione è un servizio. Ciò comporta non una valutazione negativa, m un vantaggio, in quanto la mediazione non è assoggettata alle stringenti regole del processo.
Ma ci sono persone che non vogliono mediare e anche questo è uno svantaggio della mediazione dovuto secondo alcuno al fatto che sta nella natura umana combattere piuttosto che compromettere.
Ma noi non dobbiamo spaventarci per tutti gli svantaggi citati perché la mediazione è troppo importante: dobbiamo analizzarli e rispondere e se possibile neutralizzarli.
Dal 1999 in poi si è iniziato a pensare che il tempo dedicato al processo debba essere proporzionato al valore della controversia. Oggi possiamo dire che la mediazione debba essere sostenuta nei casi civili e familiari ove il tempo destinato al processo è sproporzionato, e vi sono tutti i vantaggi prima elencati.
La relativa economicità della mediazione (accoppiata con la sua rapidità) è, o almeno dovrebbe essere, particolarmente attraente per la gente comune.
Coincide anche con l’interesse pubblico che le parti siano chiamate a mediare prima di effettuare spese giudiziarie. Quando le spese giudiziarie già effettuate sono ingenti le persone tendono, infatti, a prediligere il giudizio.
La risposta principe che dobbiamo dare per dissipare tutti gli svantaggi è che la maggioranza delle mediazioni ha successo.
Il sistema della mediazione famigliare nel Regno Unito ci dice che l’85% delle mediazioni si concludono con un accordo. Negli Stati Uniti, almeno secondo i dati di vent’anni fa, c’era un tasso di accordo dell’80-85%. E questi dati si riferiscono alle sole mediazioni che appaiono.
Ci sono molti motivi per cui le parti non vogliono mediare tra cui magari la personale antipatia della controparte, ma una statistica inglese ci dice anche il contrario, ossia che il 95% delle controversie concernenti lesioni personali si concludono con una accordo, anche se non c’è stata una formale mediazione.
Il giudice ha un ascendente importante nel raccomandare la mediazione, ascendente che agli avvocati può mancare; l’incoraggiamento del giudice può portare con maggiore probabilità ad un felice accordo.
Alla mediazione preventiva si formulano due obiezioni: i costi della procedura potrebbero per qualche persona rendere difficile il successivo giudizio; oppure si dice che ritarderebbe il giudizio.
Queste obiezioni sono trascurabili se la mediazione è a basso costo (o meglio gratuita) e la procedura è veloce.
Nell’aprile del 2014 il Governo inglese ha istituito la MIAM ossia una sessione di mediazione preventiva obbligatoria prima di agire in giudizio in materia familiare. I primi dati parlano si un accordo nel 70% dei casi.
Mentre il predecessore di Lord Neuberger era favorevole alla mediazione obbligatoria, il presidente della Supreme Court si dice più cauto, anche se la vede favorevolmente in una serie di casi.
Dopo tutto, la mediazione obbligatoria è in vigore negli Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, e in Scandinavia, almeno per alcuni tipi di causa civile.
Il giudice sarebbe favorevole all’estensione della MIAM per le controversie civili di poco conto.
Lo stesso precedente Ministro della Giustizia aveva opinioni simili in merito
Un modo per incoraggiare le parti a mediare è penalizzare la parte che rifiuta, ma a ben vedere chi perde è già penalizzato e non c’è ragione di penalizzare chi vince al 100%.
Un altro modo per incoraggiare la mediazione è prevederla contrattualmente ed in alcuni casi (ad esempio in materia di locazione) potrebbe essere una buona idea che si imponesse alle parti di stabilirla.
Ancora un settore dove la mediazione può funzionare è la responsabilità medica: le scuse del medico sono molto importanti e spesso non vengono formulate fuori dalla mediazione perché sembrano costituire una ammissione di colpa.
È doveroso aggiungere che la mediazione non è affatto solo per controversie di modesta entità: ci sono state alcune controversie assai grandi che sono state risolte con successo e relativamente a buon mercato, in modo indolore e veloce da mediatori. Questo di per sé è un esercizio prezioso per il paese e per il business. Tuttavia la preoccupazione è per la gente comune, i ceti medi, e le imprese ordinarie, le PMI, che hanno problemi ad ottenere l’accesso alla giustizia, e, visto che siamo in un’epoca di austerità e di proporzionalità, la mediazione è particolarmente adatta alle loro controversie legali.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in appello nr. 2156 del 2015, proposto dal MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e dal MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
l’UNIONE NAZIONALE DELLE CAMERE CIVILI (UNCC), in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio De Notaristefani di Vastogirardi e Francesco Storace, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Crescenzio, 20, e con l’intervento di ad adiuvandum:
– signori Roberto NICODEMI, Maria AGNINO, Antonio D’AGOSTINO, Alessandra GULLO, Gemma SURACI, Monica MAZZENGA, Gabriella SANTINI, Laura NICOLAMARIA, Nicola PRIMERANO, Luigi RAPISARDA, Elisabetta ZENONI, Alessandra TOMBOLINI, Sabina MARONCELLI, Stefano AGAMENNONE, Silvia MONTANI, Elena ZAFFINO, Elisabetta Carla PICCIONI, Luciano CAPOGROSSI GUARNA, Giuliana SCROCCA, Maurizio FERRI, Matilde ABIGNENTE, Guido CARDELLI, Marco Fabio LEPPO, Alessandra ROMANINI, Claudio DRAGONE, Roberta D’UBALDO, Corrado DE MARTINI, Arnaldo Maria MANFREDI, Eugenio GAGLIANO, Fabio CAIAFFA e Daniela BERTES, rappresentati e difesi dall’avv. Gemma Suraci, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via degli Scipioni, 237,
– ASSOCIAZIONE PRIMAVERA FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Benucci, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via corso d’Italia, 29;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del Lazio nr. 1351/2015, notificata in data 5 marzo 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’art. 98 cod. proc. amm.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Unione Nazionale delle Camere Civili (UNCC) e gli atti di intervento dei soggetti in epigrafe indicati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di parziale accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi gli avv.ti Storace e De Notaristefani per la appellata, l’avv. Suraci e l’avv. Benucci per gli intervenienti ad adiuvandum e l’avv. dello Stato De Carlo per le Amministrazioni appellanti;
Ritenuto, quanto al profilo della legittimazione processuale della ricorrente in primo grado, che l’indicazione di quest’ultima nell’epigrafe della sentenza impugnata è frutto di evidente fraintendimento, essendo fuori discussione il carattere nazionale (e non meramente locale), e conseguentemente la rappresentatività, dell’associazione che ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio;
Ritenuto, nei limiti della sommaria delibazione propria della fase cautelare, che l’appello risulta assistito da sufficiente fumus nella parte in cui censura l’integrale annullamento dei commi 2 e 9 dell’art. 16 del d.m. 18 ottobre 2010, nr. 180, atteso che: – l’uso del termine “compenso” nel comma 5-ter dell’art. 17 del d.lgs. 4 marzo 2010, nr. 28 (introdotto dalla “novella” del 2013), è manifestamente generico e improprio, non trovando detta terminologia riscontro in alcuna altra parte della normativa primaria e secondaria de qua, nella quale si parla invece di “indennità di mediazione”, che a sua volta si compone di “spese di avvio” e “spese di mediazione” (art. 16, d.lgs. nr. 28/2010);
– ciò premesso, nulla quaestio essendovi per le spese di mediazione, nelle quali è ricompreso “anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione” (art. 16, comma 10), il problema si pone per le spese di avvio, le quali in virtù del decisum qui contestato sarebbero anch’esse del tutto non dovute per il primo incontro di cui all’art. 8, comma 1, del medesimo d.lgs. nr. 28/2010; – quanto alle spese di avvio – le quali a tenore del censurato comma 2 dell’art. 16 comprendono, a loro volta, da un lato le “spese vive documentate” e dall’altro le spese generali sostenute dall’organismo di mediazione – queste ad avviso della Sezione effettivamente non appaiono prima facie riconducibili alla nozione di “compenso” di cui alla disposizione di fonte primaria dianzi citata; – quanto sopra, in particolare, è di palmare evidenza quanto alle spese vive documentate, ma vale anche per le residue spese di avvio, che sono quantificate in misura forfettaria e configurate quale onere connesso all’accesso a un servizio obbligatorio ex lege per tutti i consociati che intendano accedere alla giustizia in determinate materie, come confermato dal riconoscimento in capo alle parti, ex art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010, di un credito di imposta commisurato all’entità della somma versata e dovuto – ancorché in misura ridotta – anche in caso di esito negativo del procedimento di mediazione (e, quindi, anche in ipotesi di esito negativo del primo incontro per il quale le spese di avvio sono dovute);
Ritenuto, pertanto, che l’istanza cautelare è meritevole di accoglimento limitatamente all’esclusione del rimborso delle spese di avvio, le quali per le ragioni dette non sono riconducibili al concetto di “compenso” ex art. 17, comma 5-ter, d.lgs. nr. 28/2010, potendo invece essere devoluta alla sede del merito la trattazione di tutti i residui profili oggetto di causa (ivi comprese le questioni di legittimità costituzionale riproposte dall’originaria ricorrente con l’appello incidentale);
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie in parte l’istanza cautelare (Ricorso numero: 2156/2015) e la respinge per il resto, e, per l’effetto, sospende l’esecutività della sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione.
Tenuto conto della complessità e della novità delle questioni esaminate, compensa tra le parti le spese della presente fase del giudizio d’appello.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il giudice istruttore del Tribunale di Pavia, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 30.03.2015; Viste le istanze avanzate dalle parti in udienza;
Letti atti e documenti del fascicolo;
Sulla provvisoria esecuzione del decreto osserva e decide:
L’opposizione appare parzialmente fondata e, conseguentemente, anche la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo deve essere concessa solo per una parte del credito ingiunto. L’opposta ha fornito prova scritta del titolo di credito e del suo ammontare, relativo alla fornitura del materiale inerte agli opponenti. Materiale necessario all’esecuzione del contratto di appalto tra opponenti e terza chiamata. Pur dovendo tenere distinti i rapporti tra le parti, qualche nesso è innegabile. In particolare, esiste un principio di prova scritta che almeno una parte della fornitura del materiale inerte è risultato inidoneo e che l’appaltatore non ha rifiutato di stendere sul campo, pur avendone denunciata l’inidoneità. Conseguentemente, al credito relativo alla fornitura di questa parte di materiale non si ritiene opportuno concedere l’esecutività provvisoria. I questa sede di cognizione sommaria, l’ammontare di tale credito non può che essere determinato in via approssimativa nella misura di € 25.000,00. Ne consegue che il credito per il quale è invece concessa la provvisoria esecuzione è pari alla differenza tra il capitale ingiunto (€ 48.208,48) e il credito come sopra approssimativamente determinato (€ 25.000,00). Il credito che allo stato risulta meritevole di concessione della provvisoria esecuzione è dunque pari alla differenza (€ 23.208,48).
Ciò premesso, visto l’art. 648 cpc,
Concede la parziale esecuzione provvisoria del decreto opposto, per la somma di € 23.208,48, oltre accessori.
Vista l’istanza di fissazione dei termini per le memorie istruttorie ex art. 183, co. 6, cpc, fissa i termini per il deposito come segue:
30 aprile 2015 per la memoria n. 1;
31 maggio 2015 per la n. 2;
15 giugno 2015 per la memoria n. 3;
con invito ai difensori a depositare in cancelleria copie cartacee di cortesia per il magistrato (che non dispone di consolle) o, in alternativa, a spedirle al seguente indirizzo di posta elettronica: giorgio.marzocchi@gmail.com.
Considerato lo stato dell’istruzione, la natura della causa e il comportamento delle parti, che hanno in corso anche altro giudizio pendente avanti il Tribunale di Vercelli;
Ritenuto opportuno disporre il tentativo di mediazione in vista di una possibile conciliazione della controversia, alla luce degli elementi di fatto e di diritto emersi;
Ritenuto inoltre che il tentativo di mediazione non possa considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, essendo evidente che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione ed essendo al contrario necessaria la partecipazione delle parti personalmente – o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare – che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre l’incontro preliminare (ex multis, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14; Trib. Roma, Ord. 30.06.14; Trib. Firenze, Ord. 26.11.14; Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15, Trib. Vasto, Sent. 9.03.2015);
Viste le modifiche introdotte dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013;
PQM
Letto ed applicato l’art. 5, co. 2, D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28,
Dispone l’esperimento del procedimento di mediazione, ponendo l’onere dell’avvio della procedura di mediazione a carico di parte convenuta opposta e avvisando tutte le parti costituite che, per l’effetto, l’esperimento del tentativo di mediazione – presenti le parti o i loro procuratori speciali e i loro difensori – sarà condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che, considerato che il giudizio sulla mediabilità della controversia è già dato con il presente provvedimento, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli difensori delle parti;
Visti gli artt. 8, co. 4-bis, D.Lgs. 28/2010, 116, co. 2, 91 e 96 cpc, invita il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare;
Invita parte convenuta opposta ad allegare la presente ordinanza all’istanza di avvio della mediazione, in modo che il mediatore possa averne compiuta conoscenza. In subordine invita alla produzione dell’ordinanza anche le altre parti, all’atto dell’adesione alla procedura di mediazione;
Assegna il termine di legge di quindici giorni dalla comunicazione dell’ordinanza per la presentazione della domanda di avvio della procedura di mediazione da depositarsi presso un Organismo di mediazione, regolarmente iscritto nel registro ministeriale, che svolga le sue funzioni nel circondario del Tribunale di Pavia, ex art. 4, co. 1, D. Lgs. 28/2010.
Fissa nuova udienza in data 12 ottobre 2015, ore 9,30, per la verifica dell’esito della procedura di mediazione e, in caso suo esito negativo, per la decisione sull’ammissione delle prove dedotte nelle memorie istruttorie ex art. 183, co. 6, cpc;
Manda la cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.
In data di ieri in qualità di semplice uditore ho partecipato ad un convegno internazionale ospitato dall’Università di Genova e intitolato Consumatori e giustizia, “Fuori dall’aula!”.
Il Convegno non ha affrontato in dettaglio la situazione internazionale, ma più che altro si è soffermato su quella interna e così mi è venuto in mente di fare qui il punto sul recepimento della direttiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che deve avvenire, come è noto, entro il 9 luglio 2015.
Allo stato gli unici due paesi che hanno ottemperato entro il termine sono il Belgio e la Slovacchia che hanno già proceduto al recepimento.
Su alcuni paesi della UE non ho rinvenuto notizia alcuna: Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Malta, Cipro, Spagna, Portogallo, Austria. E dunque non ho purtroppo alcuna idea se siano o meno in piedi progetti di legge.
Un funzionario della UE che si occupa di ADR e consumo ha asserito ieri in video conferenza che Spagna e Portogallo avrebbero optato per l’arbitrato.
La situazione attuale non è delle più rosee nel senso che ad esempio con riferimento alla direttiva 52/08 sulla risoluzione delle controversie transfrontaliere soltanto 6 paesi su 29 avevano sforato i termini del recepimento[1]; ci sono ovviamente ancora 5 mesi di tempo, ma occorre maggiore rapidità.
In merito all’attuazione della direttiva 11/13 possiamo dire in generale che alcuni stati hanno deciso di modificare il proprio codice del consumo (Belgio, Francia, Lussemburgo, Italia).
Vediamo ora di fornire le notizie che si sono rinvenute nel dettaglio.
BELGIO
Il Belgio ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione[2], seppure la prima normativa entrata in vigore come vedremo è stata quella slovacca.
Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015[3]
Il predetto paese il 10 aprile 2014 ha dettato anche la normativa secondaria che semplicemente si limita a stabilire l’entrata in vigore, poi come detto, posticipata[4].
Il Belgio ha dunque modificato il suo codice del consumo.
Ci sarà un organismo pubblico indipendente con personalità giuridica, denominato “servizio di mediazione per il consumatore”, che è un punto di contatto e di servizio per la risoluzione delle controversie di consumo.
Il servizio di mediazione per il consumatore riceve qualsiasi richiesta di ADR di controversie di consumo: è di fatto un Ombudsman
Il Servizio pubblico federale dell’Economia, PMI, lavoratori autonomi ed Energia tiene l’elenco dei soggetti che svolgono attività di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori e che soddisfano determinate condizioni (v. articolo XVI.25) e pubblica tale elenco sul suo sito web.
E dunque abbiamo in Belgio un sistema misto pubblico-privato di organismi che vanno in elenco ed un Mediatore pubblico generale che è punto di contatto[5].
BULGARIA
A quanto pare l’Europa non intende formare gli operatori di ADR e per quanto riguarda l’Italia non si sa ancora che cosa farà. L’associazione professionale dei mediatori di Bulgaria (PAMB) ha organizzato la prima formazione specializzata per la direttiva 11/13 il 2 luglio 2013[6]. Non ci sono però notizie circa eventuali disegni di legge di recepimento della direttiva.
DANIMARCA
La Danimarca ha pubblicato il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 in data 29 gennaio 2015 ed è stata scelta la mediazione[7].
FINLANDIA
Il Ministro della Giustizia della Finlandia ha approntato il provvedimento di attuazione della direttiva 11/13 che verrà votato in primavera dal Parlamento. La Finlandia sembra aver scelto l’arbitrato[8].
FRANCIA
Anche la Francia con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière[9] ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.
La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.
Ad ogni buon contro la Francia ha scelto come strumento principe la mediazione[10].
GERMANIA
Il 10 novembre 2014 Ministero federale di giustizia e la tutela dei consumatori ha presentato la
proposta di legge sull’attuazione della direttiva 11/13[11].
La Germania allo stato ha scelto l’arbitrato.
IRLANDA
L’Irlanda ha preparato un primo progetto per il recepimento della direttiva 11/13[12], dopo avere condotto una consultazione in merito a partire dal giugno 2014[13].
LUSSEMBURGO
Il progetto di legge di recepimento della direttiva 11-13 è stato depositato dal Ministro dell’Economia alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2015[14]. È il n. 6769.
Anche il Lussemburgo ritiene opportuno integrare il Codice del Consumo.
Il punto di contatto è identificato con il Mediatore del Consumo, che oltre a informare i consumatori, ricevere reclami si occupa della risoluzione extragiudiziale delle controversie per cui non è competente altro organismo. Si può adire, tramite lettera, fax e posta elettronica.
Vi è poi un elenco tenuto dal Ministro dell’economia degli organismi di ADR.
Le parti devono poter aver accesso alle procedura senza l’assistenza dell’avvocato anche se ne possono chiedere la consulenza.
PAESI BASSI
Il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 è stato approntato dal Ministero della Giustizia e depositato il 2 luglio 2014; è stato approvato con modifiche dagli Stati generali il 27 marzo 2015[15]; il Comitato parlamentare per la sicurezza e la giustizia (V & J) del Senato lo analizzerà ed eventualmente lo emenderà a partire dal 10 marzo il 2015.
L’attuale disegno di legge riprende la definizione della direttiva circa i metodi di composizione e dunque vi possono rientrare i metodi ADR più diversi.
REPUBBLICA CECA
In Repubblica Ceca stanno rivedendo (15/1/15) il testo del disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13[16].
ROMANIA
L’Autorità nazionale per la protezione dei consumatori (ANPC) ha proposto per la consultazione pubblica un progetto di legge di recepimento della direttiva 11/13[17].
In questo momento stanno discutendo sul fatto se gli avvocati siano soggetti o meno alla direttiva 11-13 perché il segreto professionale potrebbe essere a repentaglio.
La questione è scoppiata in Belgio dopo il recepimento della direttiva perché i legali sostengono che se dovessero sottoporre ad un organismo di ADR l’oggetto del loro mandato professionale e se dunque fossero soggetti della direttiva 11-13, come qualsivoglia altro professionista, potrebbe esserci una lesione del segreto professionale. E dunque hanno sollecitato la creazione di una entità autonoma cui possano sottoporsi i loro conflitti coi consumatori
Da noi siamo ancora fermi alla legge di delegazione e dunque l’avvocatura italiana forse non ha ancora pensato a questo risvolto.
SLOVACCHIA
La Slovacchia ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo che modifica alcune leggi.
La normativa è entrata in vigore il 1° gennaio 2015[18].
Non c’è bisogno di sottolineare che il paese come strumento ha scelto l’arbitrato[19].
SLOVENIA
Il 9 dicembre 2014 è stato varato il disegno di legge sulla composizione extragiudiziale delle controversie di consumo (ZIRPS)[20].
La Slovenia ha scelto di adeguarsi alla definizione della direttiva e dunque mette in campo mediazione, arbitrato, la combinazione dei due ed altro.
SPAGNA
Il 21 novembre 2014 il Ministro dell’Economia e Competitività informa che è impegnato a considerare la modifica del quadro giuridico esistente in materia di assicurazioni e banche, come risultato della trasposizione forzata della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio del 2013.
In secondo luogo, nell’ambito del Consiglio di cooperazione dei consumatori è stato istituto un gruppo di lavoro per intraprendere una revisione delle norme di tutela dei consumatori nel settore delle assicurazioni, per eliminare duplicazioni, sovrapposizioni o contraddizioni che si verificano tra la normative statali o regionali. Inoltre il Ministero della Salute si è impegnato per quanto di sua pertinenza[21].
UK
Il governo britannico ha appena annunciato di volere attuare la direttiva 11/13 come sistema residuale.
Nel Regno Unito ci sono ben 70 schemi di ADR e nessuno vuole rinunciare al proprio modello e dunque non è ipotizzabile un mediatore unico per il settore del consumo.
Anche in Italia siamo nella stessa situazione. Le varie Autorità (energia, telecomunicazioni ecc.) e le Associazioni dei consumatori vogliono mantenere le proprie regole e la propria fetta di mercato.
E dunque alla fine avremo un elenco di organismi che seguono regole diverse a seconda del settore ed il consumatore (italiano e straniero) con tutta probabilità rinuncerà alla tutela extragiudiziale.
Gli Inglesi che sono più pragmatici hanno preso atto di questa situazione: peraltro da loro la mediazione telefonica per gli small claims già funziona benissimo.
E così creeranno un nuovo sistema ‘residuale’ di ADR per colmare le attuali lacune;
nomineranno il Trading Standards Institute (STI) quale autorità competente del Regno Unito per monitorare i fornitori di ADR nei settori non regolamentati; estenderanno di otto settimane il periodo standard di prescrizione di sei anni per i procedimenti giudiziari (per le controversie contemplate dalla direttiva) nei casi in cui ADR è in corso alla scadenza del periodo di sei anni; e con una normativa secondaria che verrà adottata in primavera si stabiliranno nuovi obblighi di legge per le imprese circa la fornitura di informazioni ai consumatori per quanto riguarda la disponibilità di sistemi di ADR[22].
[1] Lussemburgo, Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Cipro e Paesi Bassi.
[16] Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.
A Malta la mediazione familiare è obbligatoria e gratuita, quando è pubblica; a modico pagamento quando è privata. Va attivata tramite avvocato, ma lo stesso partecipa alle sessioni solo qualora i clienti lo desiderino.
In caso di mediazione pubblica in pratica le parti pagano solo i loro avvocati (nella misura in cui decidano di utilizzarli) ed il notaio che poi pubblica il loro accordo.
La traduzione dal maltese (di quasi tutto il testo a cui si rimanda) è operata dallo scrivente: mi scuso per eventuali inesattezze.
La mediazione familiare a Malta ci viene spiegata così dal Ministro della Giustizia che la introduce con le seguenti parole.
Introduzione
E’ con grande soddisfazione per me fare l’introduzione di questo opuscolo informativo in corso di pubblicazione per l’informazione del pubblico sul processo della mediazione nell’ambito del processo della famiglia.
Se sorgono difficoltà nel matrimonio, purtroppo queste sono solitamente riservate alla risoluzione delle corti di giustizia. Ma l’assistenza di un mediatore per aiutarli a raggiungere un accordo senza la necessità di ricorrere a una procedura formale in tribunale, è la procedura più efficace e meno costosa.
Questo opuscolo ha lo scopo di fornire le informazioni necessarie a coloro che scelgono di andare alla mediazione senza perdere tempo in procedure burocratiche. Questo libretto è scritto in un modo che può essere compreso da tutti.
La pubblicazione di questo opuscolo è un altro passo importante nella serie di misure nel mio ministero per i sistemi giudiziari più efficienti ed efficaci. La fornitura delle informazioni è una delle misure per aiutare i cittadini a comprendere i propri diritti e doveri, e allo stesso tempo consente che non si sentano persi in un sistema che, dopo tutto, è stato progettato per offrire la giustizia per tutti.
Owen Bonnici
Ministro della giustizia, cultura e degli enti locali
In che cosa consiste la mediazione in materia familiare?
Quando una coppia vuole presentare una domanda su questioni relative alla famiglia, le parti possono chiedere l’assistenza di un mediatore per aiutarle a raggiungere un accordo amichevole senza ricorrere a procedure formali dinanzi alla Corte. Anche se la mediazione è sempre richiesta dalla legge come primo passo quando si utilizza il tribunale della famiglia, questo procedimento, quando sfocia in una composizione amichevole, salva le parti dal sostenere costi e dall’attesa di lunghi tempi.
Questo processo è confidenziale e ciò che viene detto resta tra le parti, il mediatore e l’avvocato, se presente. In questo processo non c’è un vincitore e perdente, ma solo due adulti che discutono i problemi al fine di raggiungere un accordo in forma di un contratto autenticato e pubblicato da Notaio.
Chi è il mediatore e qual è il suo ruolo?
Il mediatore è la persona che aiuta le parti a raggiungere un accordo amichevole. Si tratta di una persona indipendente e imparziale, nominata dal Tribunale. In alcuni casi, le parti scelgono un mediatore esse stesse e in questo caso ci sono alcuni piccoli costi da sostenere.
I mediatori sono tutti professionisti qualificati. La maggior parte di loro sono terapeuti familiari, assistenti sociali e avvocati.
Attualmente ci sono dieci mediatori impiegati presso la Corte della famiglia.
Al mediatore non può mai essere chiesto di deporre in tribunale su quanto è stato detto nel corso delle sessioni di mediazione.
Il mediatore non è un giudice e quindi non può dare ordini alle parti. Se il mediatore è un avvocato, non ha alcun diritto od obbligo di fornire consulenza legale alle parti. Una persona dovrebbe ottenere un parere legale solo dal suo avvocato
Un mediatore nominato dalla Corte può essere sostituito?
Il mediatore può essere sostituito in due casi. Questi sono:
a. Quando le parti e il mediatore si conoscono personalmente – in questo caso, il mediatore presenta una nota nella cancelleria del Tribunale con la quale chiede alla Corte di nominare un mediatore in sostituzione. Ciò trova ragione nel fatto che mantenendo l’imparzialità si proteggono le parti.
b. Quando una delle parti ritiene che l’altra parte venga avvantaggiata
– In questo caso, l’interessato può informare il mediatore e questo presenta una nota nella cancelleria del Tribunale e chiede al Tribunale di nominare un mediatore in sostituzione.
Chi può richiedere la mediazione?
Si può chiedere la mediazione presso la Corte della famiglia nei seguenti casi:
a. Quando una persona ritiene che il suo matrimonio sia fallito e vuole separarsi dalla moglie o dal marito;
b. Quando una persona vuole divorziare dalla moglie o dal marito, a meno che non abbiano vissuto insieme per quattro anni o più;
c. Quando una persona ha bisogno di mantenimento sia essa donna o uomo;
d. Quando una persona ha figli nati fuori del matrimonio e vuole regolarizzare la sua posizione e la custodia dei bambini, il diritto di visita ed il mantenimento;
e. Quando una persona ha bisogno modificare l’accordo o la sentenza di separazione o di divorzio;
f. Quando una persona vuole modificare l’accordo o la sentenza di separazione nei punti in cui ci si riferisce alla cura e la custodia del bambino, al diritto di visita o al mantenimento.
Pertanto, non vi è alcun bisogno di essere sposato con una persona per chiedere la mediazione.
Come iniziare la procedura di mediazione e in che cosa consiste?
Per ricorrere alla mediazione, si dovrebbe scrivere una semplice lettera, indirizzata al cancelliere della Corte, chiedendo il permesso di iniziare la procedura di mediazione.
La lettera deve contenere i nomi e gli indirizzi di entrambe le parti e almeno il numero della carta di identità della persona che scrive la lettera. Questa lettera deve essere firmata dallo/a scrivente e deve essere firmata da un avvocato per avere validità. Si provvede poi al deposito in cancelleria situata al secondo piano del tribunale della famiglia. Questa procedura è completamente gratuita.
Il processo di mediazione può essere avviato anche con una nota. Questa nota va scritta quando le parti hanno già concordato alcune cose, anche attraverso i loro avvocati o tramite un notaio. La nota contiene gli stessi dettagli della lettera,
con la differenza che le parti presentano anche una bozza di accordo, se è stato concordato qualche cosa, che sarà pubblicata alla fine della mediazione. La nota deve essere firmata da entrambe le parti, dal notaio scelto da loro o dagli avvocati di entrambe le parti e il loro notaio.
Un certificato di nascita inerente i bambini va presentato con la lettera o con la nota in tutti i casi in cui le parti non sono sposate.
Al momento della presentazione della lettera o nota, viene nominato mediatore dall’elenco dei mediatori per trattare il caso.
Il mediatore può essere scelto privatamente con un accordo tra le parti stesse, e questo rischia di accelerare la procedura, ma comporta un piccolo pagamento a favore del mediatore.
Il mediatore invia alle parti per posta la comunicazione della data specifica in cui si terrà la sessione di mediazione in tribunale. Queste sessioni si tengono presso la Corte della famiglia in una stanza privata dove entrano solo le parti ed il mediatore; se le parti lo desiderano, pure i loro avvocati. Nel processo di mediazione non è necessaria l’assistenza dell’avvocato e le parti possono partecipare a queste sessioni con il solo il mediatore.
Il mediatore in primo luogo verifica se vi è la possibilità per le parti di conciliare. Perché la conciliazione abbia successo, ci deve essere la volontà di entrambe le parti. Se il mediatore ritiene che vi sia speranza che il matrimonio o la relazione possano essere salvate, può sospendere temporaneamente la mediazione ed inviare le parti a sedute di counseling.
Se le parti ritengono che non ci sia speranza che il matrimonio o la relazione possano sopravvivere, il mediatore cerca di aiutare le parti a raggiungere un accordo in merito ai bambini, alla casa residenziale e agli altri beni personali in modo da causare la minor sofferenza possibile a entrambe le parti e ai bambini, se ci sono bambini.
Per la composizione amichevole, le parti che partecipano alle sessioni dovrebbero essere aperte e flessibili nelle loro decisioni.
Il mediatore permette alle parti di esprimere la loro opinione e di parlare. Il mediatore è lì solo per aiutare le parti a comprendere i desideri di uno e dell’altra, e non per dare ordini.
Se le parti raggiungono un accordo, il testo deve essere letto dal mediatore e dalle parti e se esse sono d’accordo, il mediatore lo presenta formalmente alla cancelleria del Tribunale della famiglia perché sia assegnato al giudice (o al magistrato in caso di appartenenza alla zona di Gozo). Se il giudice/magistrato omologa il contratto, le parti possono andare da un notaio per pubblicarlo e renderlo quindi ufficiale.
Le parti non devono temere la mediazione, ma dovrebbe farne il miglior uso possibile. Il procedimento non è rigido, come ci si aspetterebbe in un tribunale e le parti sono libere di esprimere le proprie opinioni. Per le sessioni di mediazione non è necessario indossare un abbigliamento formale, come la giacca e cravatta, è sufficiente un abito decente.
Che cosa succede quando qualcuno vuole parlare individualmente col mediatore?
Se si verifica tale richiesta è tutto rimesso alla discrezione del mediatore incaricato del caso. Se il mediatore ritiene che sia utile per le parti, conduce sedute individuali con la parte che ha fatto la richiesta, in attesa di un accordo tra le due parti. Ciò che viene detto al mediatore resta confidenziale a meno che la parte non reca il suo consenso per fornire le informazioni all’altra.
I bambini coinvolti possono esprimere il loro parere e possono essere ascoltati?
I bambini che abbiano una età per cui possano essere facilmente compresi sono udibili dal mediatore qualora lo ritenga necessario. La seduta è confidenziale. I bambini possono anche essere ascoltati da assistenti sociali, psicologi e da i loro difensori nominati dalla Corte per questo scopo. Ci possono essere momenti in cui i bambini vengono ascoltati da un giudice / magistrato riservatamente. Sia i bambini che i loro genitori non devono preoccuparsi del fatto che i loro figli vengano ascoltati da questi professionisti perché ciò può essere vantaggioso per loro e per i loro figli.
La priorità della Corte è sempre quella di considerare il migliore interesse dei bambini e di proteggerli.
Se è necessario coinvolgere questi professionisti una delle parti o il mediatore stesso può chiederne la nomina alla Corte. I costi sono ripartiti a metà tra le parti ad eccezione del compenso degli avvocati che è a carico della Corte. Anche il servizio degli assistenti sociali è gratuito ed in capo ad apposita agenzia.
Cosa succede se le parti non raggiungono una soluzione amichevole?
Se le parti non riescono ad accordarsi, la mediazione si chiude e le parti sono autorizzate ad adire il tribunale. Se però le parti non presentano il caso entro due mesi dalla chiusura della mediazione, devono iniziare nuovamente la procedura.
Nel 2013 le mediazioni sono state 1809, sono stati trovati 815 accordi e 75 persone si sono conciliate.
Sei mesi prima che in Argentina si decidesse di varare la legge sulla mediazione (Ley Nº 26.589 – Mediación y Conciliación che è entrata in vigore nel maggio del 2010) e che dunque si passasse dalla fase sperimentale (in cui siamo immersi oggi noi) all’assetto attuale che è invece definitivo, in Antartide e nella Terra del Fuoco, provincie argentine, si promulgava una interessantissima legge sulla mediazione penale, familiare, civile e commerciale, tributaria, mineraria, rurale e di lavoro.
La legge venne promulgata il 25 novembre 2009 ed è stata pubblicata in Gazzetta il 30 novembre 2009.
È entrata in vigore a maggio del 2010 (e dunque in contemporanea con il varo di quella Argentina) per consentire ai Consigli dell’Ordine di allestire gli organismi di mediazione; è stato fissato inoltre un tempo minimo di due anni per dar modo ai tribunali di organizzarsi per verificare se i casi di mediazione pregiudiziale obbligatoria siano opportuni ed economici anche in sede endoprocessuale.
Così come accadde anche nella nazione madre, la mediazione venne sperimentata con progetti pilota a seguito dell’accordo 37/2007 (in vigore sino a maggio del 2010) di impulso della Corte Superiore Provinciale: ossia si chiese ai giudici di inviare in mediazione alcune controversie presso tre strutture giudiziarie che erogavano il servizio.
Il sistema era volontario e portò ad accordi nel 78% dei casi, dato statistico questo ben superiore alla media nazionale.
E così si decise di implementare lo strumento con un legge che considerasse sia la mediazione volontaria, sia quella come condizione di procedibilità della domanda.
Questa legge vede come esecutori appunto alcuni centri giudiziari (Centri di mediazione e Casa della Giustizia) e le strutture create dai singoli consigli dell’Ordine degli avvocati.
Il testo è di un certo interesse per i comparatisti per almeno cinque motivi:
1) perché prevede appunto in via pregiudiziale la condizione di procedibilità per diverse materie come il nostro decreto 28, come farà poi l’omologa legge argentina; l’elenco delle materie tuttavia non rispecchia se non in parte le previsioni italiche.
2) perché il pagamento della tassa di mediazione è inversamente proporzionale all’accordo;
3) perché il concetto di mediazione extragiudiziale è assolutamente peculiare, riguardando solo gli organismi privati e richiedendo l’omologazione del giudice competente per materia. Gli organismi di mediazione peraltro devono fruire della consulenza legale per redigere il verbale che poi andrà ad omologarsi;
4) le spese per il funzionamento della mediazione giudiziaria sono a carico del Potere provinciale: non è come da noi che è senza oneri per lo Stato;
5) la partecipazione alla mediazione è personale e la delega è ammessa in casi tassativi e comunque solo con il consenso dell’altra parte.
Questo provvedimento è di rara completezza (qualcosa di analogo si riscontra forse soltanto nella legislazione argentina ed in quella di Romania) perché contempla non solo diverse materie, ma disciplina un codice etico dei mediatori, una Corte etica, la mediazione giudiziaria, la mediazione extragiudiziaria, il registro dei mediatori, lo statuto dei mediatori e naturalmente un regolamento della procedura di mediazione.
Si tratta poi della prima legge da me consultata che contempla espressamente tra le caratteristiche della mediazione (che solitamente si danno per scontate) la composizione degli interessi, la interdisciplinarietà, la rapidità, il risparmio dei costi ed il fatto che il lavoro del mediatore sia una professione di squadra, che cioè si svolga “in rete”.
Quest’ultima peculiarità la ritroviamo ad esempio nel programma per mediatori familiari francesi ove si prevedono addirittura delle prove d’esame in cui il candidato deve dimostrare la capacità di far appunto “ rete”.
La mediazione giudiziaria in Antartide e nella Terra del fuoco parte con un accordo di mediazione, così come accade del resto nella maggior parte dei paesi dove la mediazione ha preso campo.
L’accordo di mediazione prevede l’obbligo della riservatezza ed il divieto di deposizione per tutti coloro che intervengono alla mediazione stessa; la riservatezza trova limite nella “esistenza di fatti o situazioni di violenza che potrebbero influenzare l’integrità fisica, emotiva o economica di minori o incapaci”; una dizione dunque simile a quella che ritroviamo nella direttiva 52/08.
Le parti devono partecipare alla mediazione pregiudiziale od endoprocessuale con l’assistenza degli avvocati ovvero se è il caso del Difensore pubblico; quando sono coinvolti gli interessi di minori od incapaci gli incontri di mediazione vanno comunicati anche al Ministero della Gioventù.
I mediatori devono rispettare: 1) le norme etiche del mediatore, 2) le norme etiche della loro professione, 3) le norme disciplinari nel caso che rivestano la qualifica di magistrato.
Se si perviene ad un accordo preventivo, sia che il caso derivi da mediazione volontaria, ovvero da mediazione obbligatoria, non si corrisponde la tassa di giustizia (qui per la mediazione viene corrisposto il contributo unificato del processo nel valore indeterminato).
Se si perviene ad un accordo a processo instaurato si vedrà una defalcazione del 40% del c.u..
Per coloro che possono godere del gratuito patrocinio sussiste l’esenzione delle spese di mediazione (ossia da loro delle spese di giustizia), così come accade in Italia.
La mediazione familiare in alcuni casi è gratuita, così come sono gratuite la mediazione penale e quella del lavoro e comunque è esente da pagamento la mediazione che abbia ad oggetto un modicissimo valore.
L’accordo tra le parti ha efficacia esecutiva come la sentenza e non necessita di omologazione, a meno che non riguardi la materia del lavoro. In materia di famiglia l’accordo deve essere approvato dal Ministero della Gioventù che può rimandarlo al mediatore con le sue osservazioni per la prosecuzione della mediazione.
Se vi sono incidenti sull’esecuzione dell’accordo vengono risolti secondo le norme di procedura civile e comunque è sempre possibile una nuova mediazione: questo orientamento ha ispirato anche il legislatore spagnolo della Ley 5/12 sulla mediazione.
La mediazione giudiziaria può avvenire solo in relazione ai diritti disponibili che siano suscettibili di transazione: questo richiamo alla transazione si ritrova già nella tradizione italiana di conciliazione a partire dal conciliatore etneo del 1819.
Sono suscettibili di mediazione anche i delitti per cui non si procede d’ufficio, quelli per cui è possibile l’istituto della messa alla prova con sospensione del giudizio ed infine quelli ascrivibili ai giovani ed adolescenti.
Per svolgere il compito di mediatore giudiziario è necessario un titolo universitario, la frequentazione di apposito corso base secondo un programma stabilito dal Ministero della Giustizia e della Nazione, il possesso della specializzazione richiesta dal registro dei mediatori per mediare in una data materia, l’autorizzazione della Provincia, la certificazione di 20 ore di formazione continua all’anno.
Negli organismi giudiziari il mediatore deve essere necessariamente avvocato anche per le mediazioni pregiudiziali, sia volontarie, sia obbligatorie, ma può essere coadiuvato da co-mediatori di altre discipline che fanno parte del panel giudiziario o che sono iscritti nel registro ministeriale.
I Consigli degli Ordini sono organismi di mediazione di diritto, ma non si possono occupare di mediazione penale. Gli avvocati mediatori del Consiglio dell’Ordine devono possedere gli stessi requisiti dei mediatori giudiziari: e dunque a differenza dell’Italia qui abbiamo una disciplina paritaria.
Anche in materia di onorario gli avvocati mediatori dei Consigli dell’Ordine percepiscono il contributo unificato per il valore indeterminato, a meno che non siano autorizzati dalle parti a parcellare secondo la loro legge professionale. Le parti, se non è disposto diversamente, corrispondono la metà dell’onorario per ciascuno.
La mediazione è obbligatoria nei seguenti casi:
a) azioni di recupero delle imposte;
b) azioni per adempimento dei contratti;
c) azioni di possesso;
d) alimenti;
e) regime delle visite;
f) scioglimento del matrimonio;
e) divisione della comunione e del patrimonio comune.
Nel caso dei procedimenti di esecuzione e di sfratto, la mediazione è facoltativa.
Si tratta di una condizione di procedibilità: chi vuole procedere col giudizio deve dare la prova di aver mediato con un mediatore registrato.
Chi voglia richiedere misure cautelari o domande provvisorie di alimenti per i figli, può adire il giudice prima che la mediazione incominci, ma le misure decadono se entro 10 giorni non viene iniziata la mediazione obbligatoria.
Le spese di sentenza tengono conto anche della misura in cui si è cercato di evitare la prosecuzione dell’azione giudiziaria.
Il termine per la mediazione è di 45 giorni prorogabili e decorrenti dal primo incontro di mediazione; della proroga viene informato il giudice qualora sia opportuno.
La prescrizione dei diritti si sospende per tutti richiedenti dalla ricezione della domanda da parte del Centro di mediazione e ricomincia a decorrere dalla notifica al richiedente della chiusura della mediazione ad opera dello stesso centro.
Alla mediazione deve parteciparsi di persona, a meno che non si risieda fuori provincia o i costi della presenza siano troppo onerosi ovvero siano presenti altri fatti eccezionali; in tali casi si può essere rappresentati, ma l’altra parte deve acconsentire a mediare col rappresentante.
Se una parte è assente ingiustificata il mediatore redige apposita certificazione e si dà per compiuta la condizione di procedibilità; se l’assenza al primo incontro è giustificata viene fissata una nuova data. Se anche a quella data qualcuno manca, sarà redatto apposito certificato, ma eccezionalmente è possibile anche una terza convocazione, se le parti sono d’accordo.
La mediazione può essere, al di fuori dei casi in cui è obbligatoria, richiesta al giudice dalle parti ed è assoggettata alle stesse regole compresa l’assistenza del legale; anche il giudice può proporre una seduta informativa che è soggetta al consenso delle parti; in difetto il processo prosegue.
Il centro di mediazione notifica al giudice l’inizio della mediazione e ciò determina la sospensione del processo; così come il verbale del mediatore di chiusura o il certificato del Centro determinano la ripresa del processo.
Per la mediazione penale vigono particolare regole a cui qui si rimanda il lettore: in generale il potere del giudice penale è molto elastico, nel senso che la sorte dell’azione penale dipende dal risarcimento e dall’adempimento dell’accordo, dalla partecipazione a programmi di riabilitazione o di terapia ecc.
La legge si occupa poi della mediazione extragiudiziale che è quella non erogata né dai centri di mediazione giudiziaria, né dai Consigli dell’Ordine e che viene regolata caso per caso. Il procedimento di mediazione che è previsto dalla legge riguarda, infatti solo i Centri giudiziari e e i Consigli dell’Ordine.
La mediazione extragiudiziale può intervenire per tutte le controversie che non hanno ancora visto il giudice e che riguardano diritti disponibili e non sono contrarie all’ordine pubblico.
Gli accordi hanno valore tra le parti e possono essere omologati dal giudice competente in base alle leggi che regolano le singole materie. Gli organismi di mediazione devono fruire della consulenza legale per redigere il verbale che poi andrà ad omologarsi.
All’interno di tutti i processi (di cognizione, lavoro, minerario, commerciale e rurale) il giudice può richiedere, in qualsiasi momento, la comparizione personale delle parti per tentare la conciliazione, e proporre e incoraggiare le parti della controversia a considerare altri mezzi alternativi di risoluzione delle controversie.
Il registro di mediazione è tenuto dal Tribunale superiore e riguarda i mediatori dei Centri giudiziari di mediazione e di quelli dei Consigli dell’Ordine; l’inclusione in elenco è provvisoria per due anni e poi diventa definitiva a seguito di valutazione.
La legge sull’educazione nelle provincie argentine della Terra del Fuoco, Antartide ed Isole del Sud (Legge 1018 del 4 dicembre 2014) che è entrata in vigore il 16 gennaio 2015 prevede che la Provincia debba promuovere:
– lo sviluppo e l’attuazione delle pratiche di mediazione scolastica che contribuiscono alla risoluzione pacifica dei conflitti, con i vari attori della comunità educativa…;
– promuovere la formazione della mediazione.
Il Ministero della Pubblica istruzione mette anche a disposizione di tutti gli attori della comunità educativa un Gabinete Psicopedagógico y de Asistencia al Escolar (GPAE).
Il codice delle contravvenzioni (Legge n 1024 del 4 dicembre 2014) entrato in vigore il 13 gennaio 2015 prevede che l’attuazione dell’accordo di mediazione estingua l’azione e la punizione.
La legge sulla protezione dalla violenza domestica sempre entrata in vigore nel 2015 vieta invece (ed è l’unico caso) che si celebrino mediazioni o conciliazioni.
In data odierna Il Ministero della Giustizia ha comunicato quanto segue: “Sentenza Tar Lazio n. 1351/2015 del 23/01/2015. Si rende noto a tutti gli organismi di mediazione che a seguito della sentenza del Tar Lazio n. 1351/2015 del 23 gennaio 2015, che ha annullato l’articolo 16, comma 2 e 9 del Dm n. 180 del 18 ottobre 2010, immediatamente esecutiva, non è più possibile richiedere il pagamento di alcuna somma di denaro a titolo di spese di avvio – né a titolo di indennità – in sede di primo incontro. Le SS.VV. sono invitate ad adeguarsi immediatamente a tale decisione fino ad eventuali nuove comunicazioni”. https://mediazione.giustizia.it/
Nell’augurarvi il migliore Natale possibile e naturalmente buone feste vi propongo una rassegna “particolare” delle notizie curiose in materia di Adr che sono uscite negli ultimi mesi.
ALBERTA
Gratuito patrocinio
Per chi lavora col gratuito patrocinio segnalo quanto segue: anche in America le cose non sembrano andare per il verso giusto.
Mentre noi mediatori lavoriamo gratis e nessuno allo stato dice alcunché, in Alberta si pratica l’autodifesa e ci sono giudici che minacciano di non giudicare se non si stanziano i soldi per i difensori.
Il Ministero della Giustizia argentino nell’ottobre scorso ha invitato i mediatori che sono iscritti nel registro a sottoporre le loro candidature per la creazione del Tribunale di disciplina della mediazione (che vigila sulle irregolarità che sono denunciate).
Le proposte sono state accettate fino al 31 ottobre presso la Direzione Generale della Mediazione.
L’elezione dovrebbe aver avuto luogo il 19 novembre di quest’anno attraverso il sistema di votazione elettronico.
I cittadini hanno chiamato in mediazione l’aeroporto di Vienna per i rumori molesti che provenivano dal decollo e dagli atterraggi degli aerei durante le ore notturne. Non solo l’aeroporto ha partecipato, ma dall’inizio della procedura hanno adottato tutte le possibili precauzioni per ridurre di un quinto le immissioni e restringere il traffico aereo.
Più del 5% della popolazione belga è in difficoltà debitoria. Ciò significa che queste persone non sono in grado di ripagare il loro debito, pur continuando a vivere in condizioni decenti. La mediazione può aiutare…
A notre estime, deux facteurs principaux freinent actuellement le développement de la médiation comme mode prévention et de résolution des conflits :
– le manque d’information du grand public quant aux modalités et aux objectifs réels du processus, souvent assimilé à une séance de réconciliation où mes prétentions risquent de ne pas être entendues ni reconnues, et où je risque de « ne pas obtenir gain de cause » ;
– le manque de sensibilisation des acteurs de la vie juridique – notamment des avocats : certes, la médiation ne conviendra pas nécessairement à toutes les situations conflictuelles mais elle pourrait néanmoins être systématiquement envisagée en vue de trouver à un litige une solution efficace et appropriée.
E’ notizia del 18 agosto 2014 che i magistrati brasiliani hanno ribadito di adottare il Programma Comunitario di Giustizia (Il Programma Comunitario di Giustizia incoraggia la comunità a sviluppare i propri meccanismi di risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo, la partecipazione sociale e la realizzazione dei diritti umani; cfr. http://www.tjdft.jus.br/institucional/2a-vice-presidencia/nupecon/justica-comunitaria).
come sistema per avvicinare la magistratura alla società. Mediazione e conciliazione sono stati identificati nella loro comunicazione come paradigmi prioritari da perseguire nell’ambito del potere giudiziario (Os corregedores também reiteraram a adoção do Programa Justiça Comunitária como forma de aproximar a atuação do Judiciário e a sociedade. A mediação e a conciliação foram apontadas, na carta, como paradigmas prioritários a serem buscados no âmbito do Poder Judiciário).
La Corte Quebec fornisce a privati e aziende che si oppongono in una causa civile la possibilità di una conférence de règlement à l’amiable
Cosa è la conférence de règlement à l’amiable?
La conférence de règlement à l’amiable è un metodo di risoluzione delle controversie che permette alle persone coinvolte in una causa civile di risolvere la loro controversia in armonia, senza che si tenga un processo, risparmiando tempo e denaro.
Quando si può chiedere una conférence de règlement à l’amiable?
Si può richiedere una conférence de règlement à l’amiable in qualsiasi fase del processo giudiziario, ma preferibilmente prima dell’udienza del caso.
Come e dove si terrà la conférence de règlement à l’amiable?
L’udienza si terrà a porte chiuse con l’utilizzo di regole flessibili, tali da favorire la composizione della controversia.
Un giudice della sezione civile del Tribunale di Québec presiede l’udienza. Le parti sono presenti e possono farsi assistere dai loro legali.
Quanto costa questo servizio?
Il servizio è gratuito. Tuttavia, le parti ed i legali si devono mettere d’accordo sugli onorari.
Quando e come la conférence de règlement à l’amiable termina?
Quando la conferenza consente di trovare una soluzione alla controversia, un accordo è redatto e firmato dalle parti e dai loro avvocati, se del caso. Se l’accordo è coerente con i principi stabiliti dalla legge, è proposto al giudice competente che lo dichiara esecutivo.
Se la conférence non risolve la controversia, il processo sarà tenuto da un altro giudice.
Il giudice che ha presieduto la conferenza di insediamento e delle parti e loro difensori si impegnano a mantenere riservate le informazioni che sono state rivelate durante la conferenza.
Come si può richiedere una conférence de règlement à l’amiable?
Basta compilare congiuntamente o individualmente un modulo sul sito web dei tribunali nella sezione riservata alla Corte del Quebec.
Il modulo è disponibile anche in tribunale. Quando la richiesta è congiunta va firmato da entrambe le parti e inviato all’ufficio della sezione civile del tribunale di cui trattasi.
Se una parte vuole proporre una conférence de règlement à l’amiable senza consultare la controparte, può farlo per iscritto contattando la cancelleria del tribunale di cui trattasi.
Il personale della Cancelleria verificherà se l’altra parte accetta di partecipare a tale conférence. In caso di accordo, un modulo verrà inviato alle parti e ai loro avvocati di firmarlo.
In generale, la conférence de règlement à l’amiable si svolge entro 60 giorni dal ricevimento di una richiesta firmata dalle parti.
Il Barreu du Quebéc ha un sito molto efficace ove le persone possono trovare ciò che cercano.
Vi è una sezione che riguarda la giustizia partecipativa.
In essa vengono presentati diversi modi di regolazione delle controversie (con un bel video e opuscoli vari):
– negoziazione
– diritto collaborativo
– mediazione
– la conférence de règlement amiable
– i procedimenti giudiziari e arbitrali
La cosa che ritengo importante è che hanno capito l’essenzialità di una partecipazione alla giustizia da parte del cliente e dell’avvocato.
E dunque da loro la delega è una cosa che fa a pugni con il sistema giustizia.
Per realizzare questa partecipazione presso il tribunale si trova un modulo (o nei singoli studi) molto chiaro da compilare che indica come in banca da noi il “profilo del cliente”.
A seconda delle risposte si va incontro alle esigenze.
Il giorno che avremo anche noi questo modulo in Tribunale o presso i singoli studi saremo entrati forse nella mentalità giusta per affrontare i mezzi alternativi.
Ho scoperto perché abbiamo perso col Costa Rica… anche nell’ADR loro sono più avanti di noi di ben 12 anni… la loro legge è del 1998… E non c’è partita con nessuno dei paesi europei poiché la prima legge sulla mediazione è dell’Ungheria che ci arriva solo nel 2002…
DUBAI
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L’EUROPEAN COMMISSION FOR THE EFFICIENCY OF JUSTICE
(CEPEJ) ha emesso un documento (“BETTER IMPLEMENTATION OF MEDIATION IN THE MEMBER STATES OF THE COUNCIL OF EUROPE” Concrete rules and provisions) nel quale i regala una guida per un migliore sviluppo della normativa in materia di mediazione familiare e civile
Quanto al ruolo dei giudici si trova scritto quanto segue.
1.2. Role of the judges
Judges have an important role in the development of mediation. They should be able to give information, arrange information sessions on mediation and, where applicable, invite the parties to use mediation and/or refer the case to mediation. It is important therefore that, mediation services are available,either by the establishment of court annexed mediation schemes or by directing parties to lists of mediation providers.
1.2. Ruolo dei Giudici
I Giudici hanno un ruolo importante nello sviluppo della mediazione. Essi devono essere in grado di dare informazioni, organizzare sessioni informative di mediazione e, quando applicabile, invitare le parti ad usare la mediazione o attribuire il caso alla mediazione. E’ importante inoltre che i servizi di mediazione siano disponibili, sia attraverso l’apprestamento di programmi di mediazione giudiziaria ovvero indirizzando le parti agli elenchi di organismi di mediazione.
Ma immaginiamo che i legali delle parti in causa siano entrambi mediatori e che unitamente ai “professionisti soci, associati ovvero a coloro esercitino la professione negli stessi locali” esauriscano gli organismi competenti territorialmente. Si potrà eludere l’ordine del giudice?
Questo è tutto ciò che il Consiglio d’Europa sa sugli adr in Italia.
Between 2012 and 2014… in Italy, a new law reintroduced mandatory mediation in civil and commercial matters particularly in the
context of disputes over inheritance, family law, medical malpractice.
A qualcuno del nostro Governo deve essere venuta l’ernia a dare così abbondanti comunicazioni. Sono meravigliato e ammirato per la completezza.
FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Il ragionamento del Fondo Monetario Internazionale non fa una grinza…
Mediation should not be seen as a “pre-trial room” or a necessary
routine step before going to the first instance court. It should instead be a device for parties to genuinely attempt to reach a “win-win” solution to their dispute. The measures discussed Esposito et al. (2013), such as allowing mediation without the compulsory presence of lawyers, would help strengthen mediation.
Una interessante distinzione nell’antica Roma era quello tra foro e forum.
Il foro era l’insieme degli organi che amministravano la giustizia, ad esclusione del popolo.
Il foro indicava anche il luogo fisico ove si amministrava la giustizia che era costituito da una serie di portici che davano su una piazza ove si riunivano le tribù romane.
Il popolo era legislatore e giudice e veniva chiamato forum. In linea di principio tutte le cariche dello Stato erano soggette al forum, ma da Giulio Cesare in poi la maggior parte delle questioni approdavano in Senato che era un organo asservito ai principi.
Il foro indicherà in seguito l’ordine degli avvocati che in francese viene detto barreau dalle barre di legno dietro a cui in ad un certo punto staranno gli avvocati.
Ma originariamente le persone che a Roma o in Grecia ambivano alle cariche pubbliche non diventavano avvocati, ma retori.
I retori che ad un certo punto diventarono in qualche caso anche avvocati prestavano la loro opera gratuitamente. Stiamo parlando di Pericle, Demostene, Nicia, Ortensio, Cicerone e la lista potrebbe proseguire.
Queste figure di retori-avvocati a Roma diventavano spesso tribuni ed ebbero un largo seguito di tutti i ceti sino a quando il loro servizio venne prestato senza corrispettivo.
La cosa cambiò quando si iniziò a pretendere denaro. Si fecero leggi per frenare la rapacità degli avvocati ( ad esempio legge Cinzia o munerale del 204 a.C. a cui Augusto aggiunse pene afflittive) e l’imperatore Claudio stabilì che non potessero guadagnare più di 10 sesterzi grandi a causa (1800 franchi del 1845).
Ma fu tutto inutile e l’arte oratoria degenerò in mestiere. Venne l’abitudine di fare grandi scarpe per piccoli piedi. Aristofane, Cicerone e Quintiliano si lamentarono invano di quel che succedeva.
Quindi il foro romano si divise in due categorie: i giureconsulti (patroni de iure respondentes) e gli avvocati discutenti (causidici).
I giureconsulti (Papiniano, Ulpiano, Paolo ecc.) formavano una sorta di magistratura privata che fiorì con gli imperatori.
I causidici o avvocati venivano presi in giro da Giovenale perché per distinguersi avevano alle dita delle mani anelli tempestati da pietre preziose e quando andavano in tribunale (basilica) si circondavano di un corteggio quasi regale.
In tempi imperiali gli avvocati che erano per lo più di nazionalità gallica, greca e latina decidevano per lo più di mettersi a servizio di imperatori come Tiberio e Domiziano, ossia dei despoti. Di solito venivano utilizzati come spie, così almeno ci riferisce Tacito.
Quando i Franchi arrivarono in Francia trattarono i vinti con una certa moderazione e ciò si può dire anche con riferimento agli avvocati.
I Franchi conservarono le discussioni nel foro, ma vi aggiunsero qualcosa di proprio.
Dopo aver discusso davanti al giudice e quindi di aver tentato la conciliazione se la contestazione era ancora difficile da sciogliere, i due avversari si ritrovavano in campo chiuso e al giudizio di Dio si combattevano ad oltranza.
Il giudizio di Dio invenzione dei Ripuarii non escludeva discussioni precedenti, almeno quando si trattasse di sudditi Gallo-romani.
Tutto ciò risale a VI secolo dopo Cristo e la legge che ne ebbe il merito si chiamava Gombelta (501).
In pratica se le parti non si accordavano amichevolmente e si rifiutavano di giurare gli veniva deferito il duello.
I difensori delle parti venivano chiamati clamatores da clam che significava azione (plaidours in francese).
A fronte di una paga si incaricavano di sostenere le difese; in ogni tribunale erano eletti gli uomini probi e i più istruiti alla presenza del duca o del conte. Erano un corpo di persone revocabili come quello dei magistrati.
Il loro lusso era così sfrenato che Carlo Magno con un capitolare vietò loro di andare in udienza con più di 30 cavalli.
Vi erano poi dei laici nobili che si proclamavano difensori e rappresentanti delle chiese, delle comunità, dei monasteri, delle province e delle città; essi venivano detti advocati, defensores, causidici (in fancese uvoueries). Questi nobili laici vennero presto eretti come feudatari oppure come vassalli dei loro clienti.
I capitolari estesero in tutto il sacro romano impero l’uso del combattimento giudiziario che sostituì così le prove della croce, dell’acqua fredda e dell’acqua bollente a cui era legato soprattutto il clero.
Il combattimento giudiziario coinvolgeva tutti gli attori del processo. Se il giudice citava qualcuno e questo non si presentava in giudizio il magistrato combatteva con la parte e la parte con il testimonio; la parte non contenta del giudizio si appellava e combatteva contro il suo giudice. I servi combattevano a piedi col bastone ed i nobili a cavallo.
Siccome vennero a mancare i giudici si introdusse l’appello per errore di diritto che non contemplava duello.
La giustizia romana scomparve e ai giureconsulti ed avvocati furono sostituiti da campioni che assomigliavano a gladiatori e che appunto a fronte di una retribuzione si incaricavano di difendere una causa qualunque.
Con Carlo il Calvo (860) la Francia si coperse di giurisdizioni; re, nobili e clero avevano i loro tribunali canonico particolari. Quelli del re si chiamava parlamento e si occupava di questioni pubbliche e private ed era formato da baroni, ecclesiastici, teologi e giuristi.
I giuristi furono chiamati perché a quel tempo vigevano quattro diritti: feudale, canonico, civile e statutario e chi non era giurista non sapeva districarsi; la procedura era poi qualcosa di impossibile.
Il diritto romano era conosciuto assai vagamente dai giuristi.
Ma due secoli dopo successe un fatto che cambiò tutto. Nel saccheggio di Amalfi (1133) un soldato trovò un manoscritto legato con oro e con la copertina di diversi colori. Lo portò a Lotario II che era imperatore di Germania.
Si trattava dei 50 volumi delle Pandette di Giustiniano.
Lotario lo donò alla città di Pisa e si fece solo delle copie. Italia, Francia e Germania adottarono subito la nuova legislazione; il manoscritto fu deificato ed ottenne un culto particolare.
Tutta la giurisprudenza passata fu messa da parte. La Santa sede si inquietò sia per la deificazione sia per l’abbandono della vecchia giurisprudenza.
Un concilio di Tours (1180) vietò ai religiosi di fuggire dai chiostri per studiare il diritto romano.
Nel 1225 Onorio vietò con un decretale lo studio del diritto romano ai chierici ed ordinò che i contravventori venissero cancellati dall’albo degli avvocati e pure scomunicati.
Queste proibizioni fecero sì che da questo momento in poi fossero i giuristi laici ad occuparsi di diritto romano. Il Digesto venne visto dal re come il rivestimento del nuovo Cesare, ma ci vollero secoli per affermare le nuove regole perché i re di Francia non volevano inimicarsi la Chiesa.
Se si legge ad esempio la storia dell’avvocatura francese si scopre che nelle decisioni più importanti dei re dal 1200 in poi c’è sempre stato lo zampino dell’avvocatura.
Un nome per tutti: Robespierre faceva l’avvocato.
In altre parole sino al 1790 l’avvocatura svolse un ruolo politico.
Ed ebbe in cambio dignità e ricchezza.
Si pensi che erano anche esenti dalle imposte.
A Parigi nel 1790 c’era un quartiere dedicato a loro residenza (St.-Jacques) ed erano in numero di 600. Nel 1845 furono sostituiti dagli studenti e dai tipografi: per chi non la conosce sembra di parlare dell’attuale Via Balbi a Genova.
I più abili erano avvocati del parlamento, poi c’erano gli avvocati detti UTILI che si occupavano delle controversie nei tribunali e che dipendevano dall’arbitrio dei procuratori; altri si dedicavano come oggi solo alla redazione delle memorie ed altri ancora erano segretari di magistrati e ricevevano le lagnanze (insomma erano dei cancellieri).
Fra di loro erano molto corretti e si scambiavano tutti gli atti e produzioni senza ricevuta od elenco: già all’epoca dunque esisteva la discovery e veniva chiamata comunicazione dei sacchi.
Ogni sabato dalle 12 alle 19 davano consulti gratuiti (consulti di carità) a tutti i poveri che si presentavano, come facevano del resto già i giuristi dell’antica Roma.
Le cose cambiarono con la Rivoluzione francese perché l’avvocatura si schierò coerentemente per il re e i rivoluzionari non la perdonarono.
L’ordine fu cancellato: quello che non tutti sanno è che gli stessi legali, percepito che cambiava il vento, votarono segretamente per l’abolizione; in cambio 183 di loro entrarono nell’Assemblea Costituente.
Il nome avvocato venne cancellato dal dizionario ed al suo posto si parlò di uomo di legge e di difensore officioso.
Nonostante ciò furono gli artefici più convinti del periodo del Terrore. Tanto che il Direttorio fu chiamato il regno degli avvocati; solo non si macchiarono di corruzione e di concussione.
L’ordine non ricomparve che con la Monarchia. Fu Napoleone a restaurarlo nel 1810.
Napoleone non amava gli avvocati; un avvocato era per lui la personificazione di tutto ciò che vi era di ciarliero, di debole, di inutile e di oppressivo; egli considerava la loro influenza politica come il più pericoloso dissolvente di ogni governo. Così col decreto del 1810 li pone comunque sotto la dipendenza del pubblico ministero e dunque cercò di stroncarne comunque le ambizioni politiche.
Nel 1812 gli avvocati erano solo 300 e nel 1838 solo 800 ed avevano per lo più rinunciato alla professione UTILE. Così facevano i soldati, gli agenti immobiliari e svolgevano ruoli commerciali proibiti dal regolamento, altri semplicemente scrivevano sul biglietto da visita che erano avvocati alla corte reale, ma qui nulla facevano.
Nel 1845 per arginare la crisi dell’avvocatura il consiglio dell’ordine faceva un’assicurazione che copriva il danno se i clienti non pagavano o pagavano male. Una pensione di 400 franchi era destinata agli orfani, agli invalidi e alle vedove.
FRANCIA
Il mediatore degli appalti pubblici
Mentre da noi si facevano emendamenti (bontà loro!) poi cassati per mettere un tetto di 120.000 € agli arbitrati negli appalti pubblici in Francia dal 19 dicembre 2012 abbiamo il mediatore degli appalti pubblici (Médiateur National des Marchés publics) che facilita il rapporto tra imprese e grandi clienti pubblici, crea le basi per far progredire le relazioni tra i committenti pubblici e le imprese, offre la mediazione a quelle imprese che si dicono vittime di malpractice da parte di operatori pubblici (la mediazione può essere individuale o collettiva). il mediatore degli appalti pubblici può naturalmente essere contattato con un clic.
Mentre da noi si fanno gli studi di settore e si vanno a cercare i professionisti presunti evasori in Francia dal 4 novembre 2013 il Ministero dell’economia e quello delle finanze pubblicizzano sul portale dell’economia e delle finanze un servizio di mediazione tra imprese. In pratica tutte le aziende che hanno problemi commerciali di qualsiasi indole con un partner possono adire un mediatore che in 8 casi su 10 li porta ad un accordo al massimo nel giro di tre mesi.
La differenza tra la Francia e l’Italia sta ad esempio nel fatto che se io ho bisogno di scaricarmi il codice civile francese mi basta un clic; e se non conosco il francese lo posso scaricare in inglese o in spagnolo o in tedesco. E se non conosco alcuna di queste lingue la colpa è mia e non del legislatore francese.
L’avvocato negoziatore per i Francesi
L’avocat formé à la négociation – Initialement formé au droit, à la rédaction d’actes juridiques et/ou judiciaires ainsi qu’à la plaidoirie, l’avocat apprend aussi les techniques d’entretien et de négociation. Cela est particulièrement utile dans les conflits familiaux. Une séparation est une période délicate, faite de doutes, de désarroi, de fragilité psychologique et, pourtant, des décisions doivent être prises sur les plans extrapatrimonial et patrimonial.
Laurence Junod-Fanget, Présidente de la commission des Modes amiables de résolution des différends
Ecco perché da noi la n.a. fallirà…
L’avocat doit fixer la « stratégie » participative, en ménageant la nécessaire bonne foi de la discussion, qui suppose une certaine transparence, avec la crainte qu’en cas d’échec des pièces manifestement contraires aux intérêts de son client soient communiquées. Il paraît indispensable de produire et communiquer les pièces essentielles à la résolution du différend, sous peine d’une déconvenue annoncée de la procédure amiable !
Natalie Fricero, ordinario dell’Università di Nizza nonché “mamma” della n.a.
Organismi in Francia
In Francia ci sono soltanto 17 entità che si occupano di mediazione.
15 non sono registrate nel Registre du Commerce et des Sociétés
Mentre noi parliamo di negoziazione assistita il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Parigi ha aperto una settimana fa una scuola per mediatori che offre 130 ore di formazione continua.
En France le ministère de la Justice participe activement aux travaux de transposition de la directive ADR de mai 2013, avec les autres acteurs concernés (Consommation, associations de consommateurs, entreprises, médiateurs.
Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati d’Angers in Francia ha lanciato una interessante iniziativa. Ogni cittadino od impresa può fare una sessione informativa di 20-30 minuti gratuita (CONSULTATION “ORIENTATION”) concernente gli strumenti giuridici che può fornire l’avvocatura. Anche da noi si è previsto lo sportello del cittadino. Ma la cosa interessante è che qui il richiedente non si reca in tribunale ma presso lo studio dell’avvocato che gli viene più comodo.
Ma allora non potrebbe essere interessante che anche gli organismi di mediazione approntassero un modulo e dessero alle persone la possibilità di recarsi presso il mediatore più vicino per avere informazioni sulla mediazione?
Vi è un recentissimo articolo francese che tratta delle attribuzioni del tribunale del lavoro (Conseil des Prud’hommes) e ci racconta quanto sia sacrosanta in Francia l’esclusione dalla negoziazione assistita della materia. Il Conseil des Prud’hommes ha come missione di conciliare le parti di un rapporto di lavoro e se non ci riesce di giudicarlo; il tentativo è previsto a pena di inesistenza di una eventuale sentenza sul punto. L’articolista pertanto conclude affermando che essendo già presente un tentativo di accordo amichevole la n.a si sarebbe rivelata un inutile doppione.
Ma va? In Italia non avevamo già la mediazione? Non si poteva tornare all’origine e reinserire i sinistri e aggiungere il risarcimento dei danni? No, sarebbe stato troppo semplice: magari visto un certo filone di giurisprudenza arrivavamo a più di un milione di procedure all’anno e a qualcuno questo avrebbe potuto dare molto fastidio….
Magari in cinque anni azzeravamo l’arretrato… ma meglio dire che si dimezza in un anno a parole ed io ho il cuore sempre più piccolo per l’insipienza di chi ci dovrebbe rappresentare e governare.
Nel 1873 il procuratore generale della Corte d’Appello di Genova tenne una importante relazione sulla amministrazione della giustizia.
Mi pare importante sottolinearne qualche elemento perché tale relazione smentisce tutti coloro che sostennero e sostengono ancora oggi che a quel tempo la giustizia andasse avanti a colpa di processo.
Intanto il conte Augusto Avet, così si chiamava, era un fervente sostenitore della conciliazione.
Apprendiamo poi ad esempio che i conciliatori nel 1872 conciliarono 11.591 procedimenti e decisero con sentenza 4380 controversie.
Gli uffici di conciliazione erano molto diffusi perché su 353 comuni ne erano sprovvisti solo 57.
Anche i pretori conciliavano: nel 1872 fecero 3278 conciliazioni.
Il pretore di Savona fece addirittura 884 conciliazioni a fronte delle 667 sentenze.
ed il Pretore di Genova Molo, praticamente sotto casa mia, ne fece ben 823.
In sostanza le controversie che oggi arrivano all’organismo di mediazione forense venivano all’epoca tutte concluse in conciliazione.
A Dresda nel 1699 venne pubblicata una disputazione giuridica intitolata DE PHILANTROPHO in memoria di Johann Friedrich Mayer, figlio di un famoso teologo, che fu avvocato in quella città.
Essa è interessante perché ci reca informazioni sulla professione del conciliatore così come su quella del mediatore del codice civile che secondo l’autore dell’opera avrebbero un’origine comune.
Ci dice in primo luogo che in Grecia col termine filantropo si intendeva l’amico, ma anche il conciliatore di uomini, il mediatore civile che si interponeva nelle vendite, il sensale di matrimoni.
Il filantropo quando si interponeva come terza persona in un negozio di altri per conciliare era detto proxeneta, ma pure mediator, conciliator, internuncius, interpres, pararius, cypraeus, amicus.
Il proxeneta poteva agire solo in negozi onesti e leciti dietro compenso o gratuitamente (come facciamo noi); c’erano proxeneta pubblici, che erano approvati dal magistrato, e che previo giuramento di gestire i negozi secondo buona fede, venivano inseriti in un elenco e conciliatori privati che non erano “certificati” da un magistrato e che venivano incaricati dalle parti volontariamente.
Sul sito del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Berlino nel dicembre del 2013 è stato pubblicato un articolo che spiega agli avvocati i benefici della mediazione
I Tedeschi sono preoccupati perché hanno un contenzioso di 3,9 milioni di cause all’anno con 20.880 giudici.
I Tedeschi sono preoccupati perché da loro un primo grado dura 6.2 mesi ed un appello 7.2.
Da noi invece non possiamo nemmeno quantificarli.
Così il RAK Berlin pubblica un contributo di un collega per i colleghi ove sta scritto:
“Il mercato dei servizi legali sta cambiando. Costante e crescente è il numero degli avvocati, in crescita sono le dimensioni dell’azienda, sussiste una caratterizzante e progressiva specializzazione e l’internazionalizzazione investe l’ambiente avvocatizio. Questi cambiamenti si riflettono anche nelle rivendicazioni sul lato della domanda: i clienti si aspettano dai loro avvocati non più un puro contenzioso, ma sono alla ricerca di soluzioni differenziate, il pensiero classico delle affermazioni di diritto non è più soddisfacente”.
“Un ruolo chiave deve essere assegnato alla mediazione. La mediazione sta guadagnando importanza pubblica”.
Anche in uno stato di diritto è preferibile una soluzione amichevole piuttosto che una giudiziale („Eine zunächst streitige Problemlage durch eine einverständliche Lösung zu bewältigen, ist auch in einem Rechtsstaat grundsätzlich vorzugswürdig gegenüber einer richterlichen Streitentscheidung.“)
Decisione della Corte costituzionale federale tedesca del 14.02.2007
GIORDANIA
In Giordania si inizia a parlare di mediazione giudiziaria dopo che quella preventiva era stata introdotta nel 2006.
Mentre noi creiamo un improbabile supermercato dell’ADR i Greci cercano di valorizzare l’esistente.
Alla fine di agosto hanno creato la “ΕΛΛΗΝΙΚΗ ΕΠΙΣΤΗΜΟΝΙΚΗ ΕΤΑΙΡΕΙΑ ΓΙΑ ΤΗ ΔΙΑΜΕΣΟΛΑΒΗΣΗ” (Società greca della scienza per la mediazione) che in acronimo (ΕΛΠΙΔΙΑ) significa in italiano SPERANZA.
La istituzione ha come scopi appunto 1) la speranza di riunire i cittadini, le imprese, il mondo accademico, la magistratura e gli enti pubblici e privati sotto l’egida della mediazione e in generale della composizione amichevole delle controversie, al fine di creare un clima favorevole per la mediazione e collegamenti tra coloro che sono interessati alla Mediazione e alla risoluzione delle controversie in via amichevole in Grecia e all’estero 2) la speranza di incoraggiare attraverso azioni la promozione dello studio e dello sviluppo scientifico, legislativo e giurisprudenziale in Grecia e all’estero in materia di mediazione e di risoluzione delle controversie in modo amichevole, 3) così da trarre conclusioni sulla realtà, presentando idee e suggerimenti per il miglioramento delle istituzioni, per la intrapresa e la implementazione dei programmi greci e comunitari in materia di ADR 4) la promozione dell’istituto della mediazione volontaria e composizione amichevole delle controversie nel quadro della libera prestazione di servizi per la comunità, in collaborazione con altri ministeri e le istituzioni dello Stato, della Magistratura o di qualsiasi tipo di istituzioni pubbliche o private.
il collega sottolinea acutamente alcuni elementi importanti:
1) in Grecia la mediazione è esplosa grazie al Ministero e ai sindacati che lo considerano un modo molto buono per “liberarsi” dalla giustizia.
2) E’ di moda tra gli avvocati anche se c’è incomprensione.
3) Grazie ad una formazione centralizzata dal 2012 sono stati creati centinaia di mediatori.
4) Ma il modo con cui è stata introdotta nel paese getta le basi per una sua cancellazione: la mediazione è un processo non-giuridico in cui il mediatore cerca di aiutare le parti a risolvere la stessa controversia tra di loro. Se al contrario l’accordo tra le parti diventa in sostanza una decisione del giudice o è parificabile ad un lodo arbitrale lo scopo dell’istituto è frustrato. Non si capisce poi perché sia stato messo in mano solo agli avvocati, dal momento che è un processo non legale. La spiegazione è che in Grecia ci sono ancora leggi che tutelano determinate professioni.
6) Appare incomprensibile la mediazione giudiziaria che è stata pensata dal Ministero per il Codice di Rito: in pratica un giudice sospende il procedimento e rimette gli atti ad un collega di altra zona perché operi la conciliazione; questo è un intervento non a favore, ma contro la mediazione.
7) Da una parte abbiamo oggi avvocati formati in mediazione e incomprensibilmente giudici inesperti e anche non formati che fanno anche loro mediazione. Questo è un altro modo per favorire un’altra professione protetta.
HONG KONG
Ad Hong Kong stanno mettendo la mediazione obbligatoria per le controversie commerciali
In India esiste una procedura che si chiama PIL (Public Interest Litigation). Ogni cittadino leso può inviare una lettera alla Corte Suprema oppure più cittadini possono chiedere ad un cittadino di inviarla per loro. La Corte Suprema raccoglie queste denunce in rapporti che pubblica e nomina anche d’ufficio dei commissari per verificare i fatti e degli avvocati che gratuitamente sono tenuti a chiedere i relativi risarcimenti. L’esercizio di tale giurisdizione su richiesta epistolare ha aumentato la popolarità della Corte e ha rafforzato il suo ruolo nel buon governo. Tuttavia, genera polemiche sul rapporto tra la magistratura e l’esecutivo, nonché sui limiti dell’intervento giudiziario nel governo.
Quattro giorni fa lo stesso Consiglio ha richiesto ai giudici di invitare le parti ad aumentare l’uso delle procedure pacifiche di risoluzione delle controversie, che sono più veloci e costano meno di un normale processo giudiziario.
Sono state approntate nuove regole per la mediazione giudiziaria (entreranno in vigore il 1° gennaio 2015): in particolare non ci sarà più un termine fisso di 4 ore per la procedura perché ogni procedura deve avere il tempo necessario fino a quando le parti non trovino il risultato desiderato (con il limite però dell’udienza fissata dal giudice); inoltre si potrà mediare anche in luoghi diversi dalle aule di tribunale.
Sono state varate nuove regole anche per la formazione dei mediatori che sarà di 32 ore da cui saranno dispensati i giudici (in Lituania possono mediare anche loro, ma in tal caso non possono partecipare alla fase giudiziaria) che hanno una formazione a sé.
La mediazione giudiziaria è gratuita e l’accordo comporta una diminuzione dell’imposta di bollo del 75%.
La mediazione nelle scuole
In Lituania si è deciso sull’esempio tedesco di invitare tutti gli insegnanti delle scuole ad un corso di mediazione di alcuni giorni (dal 6 al 9 ottobre: è dunque appena iniziato…) perché si ritiene che la procedura sia utile per fronteggiare i conflitti scolastici ed in particolare il fenomeno del bullismo.
Un’iniziativa da imitare per il nostro Ministero dell’istruzione.
Gli avvocati della Malesia ci informano che a giugno di quest’anno il National Unity Consultative Council (NUCC) ha proposto un disegno di legge sulla mediazione nei casi di discriminazione che pur non essendo vincolante dà la possibilità al giudice di adottare una sentenza in luogo dell’accordo che non sia stato eseguito.
La mediazione, introdotta nel 2009, ha risolto molti casi civili; al punto che nel 2012 si è resa obbligatoria per le controversie dei tribunali inferiori.
Il CNF malese mette in rete il panel dei loro mediatori e ci fa sapere che il suo centro fa parte della Asian Mediation Association (‘AMA’), una associazione nata nel 2007 che ricomprende i più importanti organismi di mediazione di Hong Kong, Filippine, India, Indonesia, Singapore, Bahrain
A ciò si aggiunga il Thai Mediation Center, l’unità di mediazione presso il Ministero del Lavoro delle isole Fiji; l’Unità di Mediazione delle isole Fiji.
L’idea di associarsi in un super organismo pubblico-privato internazionale che smista le mediazioni ai vari centri secondo la convenienza delle parti viene considerata una carta vincente per la sopravvivenza dell’istituto.
Così si presenta il governo di Malta sul portale UE della giustizia elettronica
Piuttosto che andare in tribunale, perché non risolvere le controversie attraverso la mediazione? Questa è una forma di risoluzione alternativa delle controversie (ADR), in cui un mediatore aiuta le parti a raggiungere un accordo. Sia il governo sia gli operatori del diritto a Malta sono infatti consapevoli dei vantaggi della mediazione.
(Minflok ma toqgħod tmur il-qorti, għaliex ma ssolvix it-tilwim permezz tal-medjazzjoni? Din hija forma ta’ soluzzjoni alternattiva għat-tilwim (ADR), fejn medjatur jgħin lill-partijiet jilħqu ftehim. Kemm il-gvern kif ukoll il-professjonisti legali f’Malta huma tabilħaqq konxji mill-vantaġġi tal-medjazzjoni.)
1) il più importante dovere per un mediatore e per le parti è quello della riservatezza;
2) il mediatore può fare anche delle proposte quando le parti non vedono la soluzione, ma in generale sono loro ad essere responsabili delle soluzioni;
3) la mediazione è rapida: un caso si può chiudere in una sola sessione che di solito dura 4 ore;
4) la mediazione è nata nell’antica Grecia e che successivamente la troviamo a Roma;
5) il mediatore nei secoli è stato sempre considerato sacro e saggio;
6) anche nel mondo islamico la mediazione è stata sempre utilizzata tra le tribù;
7) nel 1947 è stato fondato negli Stati Uniti il servizio federale di mediazione e conciliazione voluto dal presidente Truman e di lì si è diffusa per le controversie di lavoro; oggi si usa in particolare nelle controversie familiari.
8) che ci sono diversi versetti del Corano che incoraggiano la pratica della mediazione; sono tutti citati, ma riporto qui il seguente:
وقد جاء الإسلام بقواعد وأحكام تفصيلية للإصلاح بين الناس، فقد أمر الإسلام بالإصلاح بين الناس فقال تعالى:(إنما المؤمنون إخوة فأصلحوا بين أخويكم واتقوا الله لعلكم ترحمون).
I credenti sono fratelli, ma fate la pace tra i vostri fratelli e temete Allah, affinché possiate ottenere misericordia.
E noi ci preoccupiamo della negoziazione assistita?
Un anziano giudice marocchino il 27 di agosto 2014 ha rilasciato una interessante intervista.
In essa specifica che tutte le cause in Marocco possono essere sottoposte a mediazione e che il giudice ha il potere di ordinarla.
E’ convinto che il successo della mediazione dipenda dalla professionalità del mediatore nel rispetto della volontarietà.
Si deve inoltre garantire la qualità della mediazione attraverso la formazione dei mediatori, la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza,
Invita mediatori ed avvocati a fare sinergia.
Si augura che gli uffici del contenzioso delle grandi aziende si coordinino con gli organismi di mediazione ed arbitrato.
Punta sull’introduzione delle clausole di mediazione nei contratti d’impresa e sulla diffusione della mediazione a livello scolastico.
Ritiene che la mediazione giudiziaria sia necessaria per le controversie internazionali, se si vuole promuovere gli investimenti e l’economia.
L’art. 17 della Costituzione del Messico (1917) prevede che “Las leyes preverán mecanismos alternativos de solución de controversias”.
In ottemperanza a ciò di 19 Stati federati del Messico possiedono leggi sull’ADR che ricomprende in Messico conciliazione, mediazione ed arbitrato.
MILWAUKEE
L’8 di settembre è iniziata una mediazione che coinvolge l’Archidiocesi di MILWAUKEE per centinaia di presunti abusi sessuali; l’accordo sembrava nell’aria. In realtà la vertenza si è chiusa solo il 18 dicembre con il versamento di 10 milioni dollari.
Mentre da noi confindustria e CNF si fanno una finta guerra dove muoiono solo mediatori, il 15 luglio 2013 a Mosca presso la Corte Commerciale di Mosca si è aperta una Camera di conciliazione in collaborazione con la Camera di Commercio ed un organismo privato che si chiama SOMEDIARS.
Come primo evento hanno organizzato corsi di ADR per giudici.
Nel XVII secolo a Napoli la gente buttava nel cortile del tribunale immondizia e animali morti; alcuni si divertivano anche a tirare pietre alle finestre dove si riuniva il Sacro Consiglio.
Altri giocavano d’azzardo sulla scalinata del tribunale e altri ancora entravano in tribunale con le armi e si discuteva se i pugnali fossero tali.
Gli avvocati potevano entrare nel palazzo del re solo il giorno del compleanno per omaggiarlo.
I giudici erano tenuti a lavorare dalle 3 alle 4 ore al giorno (anche prima di carnevale).
Durante il tempo della messa a cui partecipava il Sacro Consiglio i litiganti non potevano negoziare.
Finita la messa gli avvocati dovevano essere pronti per la spedizione delle cause.
Non si poteva intentare una causa per diritti reali passati sessanta anni dai fatti: il tribunale doveva dichiararli irricevibili per intervenuta prescrizione.
I Calcolatori non erano computer ma funzionari che dovevano verificare i fatti pro e contro gli attori delle cause.
Il re poteva riscuotere lo ius sententiae.
Esisteva già il Magistrato del commercio nel 1739 e pure la tariffa delle cause.
La magistratura nella Grande Mela ha compiuto un passo importante per la promozione della mediazione. Il 28 luglio si è introdotto un programma pilota di mediazione obbligatoria.Questa notizia si sapeva, ma non si conosceva il motivo; oggi qualcuno lo ha scritto “è stata progettata per superare la resistenza degli avvocati nello scegliere la mediazione prima che inizi un processo, e, di conseguenza, per facilitare lo smaltimento dell’arretrato di casi”.
Il Nicaragua è stato il primo paese nell’America del Sud ad implementare la figura del Facilitatore Giudiziale Comunitario che facilita appunto l’accesso alla giustizia nelle zone rurali di difficile raggiungimento, sotto la supervisione del Giudice di pace.
Si tratta di un soggetto onesto ed imparziale che sa scrivere e leggere e che conduce anche mediazioni: sino ad ora si sono tenute circa 16.000 procedure.
Questa figura si trova oggi in diversi paesi: Guatemala, Panama, Ecuador, Nicaragua, Paraguay, Honduras ed Argentina; ma in Nicaragua è presente in ben 153 comuni .
Circa 2.500.000 persone accedono alla giustizia tramite i suoi servigi (gli operatori sono poco di più di 5000).
Ha diversi punti di contatto con i mediatori cinesi, i conciliatori francesi, i mediatori croati ed i conciliatori che operarono nel Regno delle Due Sicilie sino all’Unità d’Italia.
In Nicaragua la legge sul potere giudiziario (Ley 260 del 23 de Julio de 1998) stabilisce che la partecipazione ad una mediazione è requisito per instaurare un giudizio civile o penale che sia.
Mediación previa
Arto. 94. En todos los casos en que se presenten demandas de Familia, Civiles, Mercantiles, Agrarias y Laborales en los juzgados respectivos, previo a cualquier actuación o diligencia, el juez convocará dentro de sexto día a un trámite de mediación entre las partes las que podrán estar asistidas por abogados.
En los casos penales, la mediación se llevará a efecto por el juez de la causa en cualquier estado del Juicio de Instrucción antes de la correspondiente sentencia interlocutorias en los casos previstos por la ley. En los procesos por delitos que ameriten penas correccionales, la mediación se realizará antes de la sentencia definitiva.
E dunque in tema di giustizia ci dà parecchi punti da almeno 16 anni…
ONU
L’ONU ci dice alcune cosette sull’Italia… saranno veritiere? Certo che siamo un paese contraddittorio…
In ogni caso io se fossi al governo partirei da qui e non da quello che vuole la UE.
L’aspettativa di vita in Italia 83,39 anni
Muoiono 3 neonati su 1000
Su 1000 persone muoiono 40 donne e 73 uomini
Il 17% degli italiani è obeso.
La spesa sanitaria è altissima (9,5)
Andiamo 10 anni a scuola ma ci aspettiamo di andarci 16
Solo l’1% delle persone è analfabeta
La spesa per istruzione è meno della metà di quella per la sanità
Nel 2011 avevamo un reddito pro capite di 32,668 $
Il 20% di noi ha redditi disuguali
Tra i 15 e i 19 anni le donne partoriscono il 4% dei nati
Il 30% dei seggi in Parlamento è occupato da donne
Il 71,25% delle donne ha almeno una istruzione secondaria
L’80,54% degli uomini ha almeno una istruzione secondaria
Il 39,4%delle donne lavora
Il 59,4% degli uomini lavora
Non si sa nulla in merito ai poveri
Non si sa nulla sui senza casa
Non si sa nulla del lavoro minorile
Non si sa quanti siano gli ammalati di HIV
Il 47% della popolazione lavora
Il 18,2% dell’occupazione è precaria
La disoccupazione giovanile tra i 15 ed i 24 anni è del 35.3%
La disoccupazione dai 15 anni in su è del 10.7 %
Restano disoccupati a lungo il 5,6% della popolazione
L’81,1% delle persone hanno la pensione di vecchiaia
106 persone su 100.000 stanno in prigione
C’è un tasso di omicidi dello 0,91 %
Il 59% del PIL deriva dal commercio internazionale
Gli investimenti stranieri in Italia sono dell’0,4%
I Flussi di capitali privati sono lo -0.76 del PIL
Nessuno conosce le nostre riserve auree
3 persone su 1000 sono immigrati
Il 58% della popolazione usa internet
Ogni persona all’anno fa 162 minuti di telefonate internazionali
L’83,72% del combustibile che usiamo è fossile
Le emissioni di anidride carbonica pro capite sono 6.72 (in tonnellate)
La superficie forestale è del 31.37%
Preleviamo il 23,69% dell’acqua dolce
Il 2,2% della popolazione vive su terreni degradati
Lo 0,87% su un milione muore per disastri naturali ogni anno
Abbiamo un popolazione di 60,99% milioni
Il 2,9 % della popolazione ha meno di 5 anni
Il 12,89 % della popolazione ha più di 65 anni
Il 68.73% della popolazione vive in città
L’età media della popolazione italiana è di 45,5 anni
Una delle prime testimonianze di conciliatore in Piemonte risale al 1372.
Un signore che si chiamava Bastardo De Franchelinis ottenne la facoltà di stabilire accordi e composizioni sopra ogni sorta di cause, ad eccezione dei delitti di omicidio, tradimento e ribellione.
Sclopis, Storia della antica legislazione del Piemonte, p. 234
Dal 13 al 17 ottobre in Polonia si è tenuta la “settimana della mediazione”. Quest’anno è stata vissuta alla luce di un bellissimo slogan “Lei ha il diritto di mediare.” In tutti gli uffici giudiziari si sono fornite informazioni sul processo di mediazione.
Nel Regno Unito il servizio di mediazione familiare viene appaltato,
La procedura di gara per le nuove organizzazioni che desiderano fornire servizi di mediazione familiare dal febbraio 2015 è stata aperta il 1° ottobre 2014 ed è terminata alle ore 12 del 31 ottobre 2014.
Mediation Information and Assessment Meeting (MIAM) è la nuova denominazione per indicare la sessione informativa di mediazione familiare inglese.
E’ stata introdotta da The Family Procedure (Amendment No. 3) Rules 2014 2014/843 che è entrata in vigore il 22 aprile 2014 (ed ha modificato la FPR 2010).
Sembra quasi che noi viviamo in un altro mondo. In Canada ed in Inghilterra le persone non hanno più i soldi per pagare gli avvocati e noi ci inventiamo nuove formule per dare un lavoro che potrebbe non essere più retribuito.
UK Family Justice Minister Simon Hughes 26 settembre 2014
It is not the sign of a civilised family justice system to have more and more people litigating in court whether with lawyers alongside them or not. A civilised system is to have more people resolving disputes away from the often confrontational atmosphere of the courtroom. That is why we continue to give our support, both through legal aid funding and promotional work, to alternatives like mediation which can resolve disputes without going to court. Mediation is often quicker and cheaper and leads to more amicable outcomes which both sides can accept because they have agreed them together.” The problem, of course, with this is that not all disputes are suitable for mediation and therefore many people are forced to go to court, often now without legal representation. Hardly “the best family justice”.
Naturalmente non potevano pubblicare i dati (1° marzo 2015) a conclusione della istruttoria come avverrebbe in qualsiasi paese civile dell’Europa dove esiste un regime di concorrenza…
SPAGNA
Siamo tutti nella stessa barca?
Pascual Ortuño è un magistrato di Barcellona entusiasta della mediazione, tanto che è stato fondatore della sezione spagnola del Gruppo Europeo dei magistrati per la Mediazione (GEMME).
Egli è convinto che la mediazione prenderà campo anche perché il Ministro della Giustizia spagnolo è favorevole a questa misura.
Egli paragona la giustizia ad un ospedale: è come se tutti i cittadini volessero accedere alla camera operatoria; bisogna spiegare loro che ci sono metodi alternativi di cura, più efficaci e meno invasivi.
Nonostante ci siano in Spagna migliaia di mediatori in disperata ricerca di clienti
(La mediazione cammina molto lentamente. Dopo la pubblicazione della legge di due anni fa sono emersi come funghi centinaia di corsi di formazione e migliaia di professionisti sono stati accreditati a mediare. Tuttavia non c’è offerta. Né i cittadini né gli avvocati né i giudici sono ancora coscienti in questo modo alternativo di risoluzione dei conflitti. http://www.diariojuridico.com/miles-de-mediadores-en-busca-desesperada-de-clientela/?) egli ritiene che la responsabilità della presente situazione non sia imputabile all’istituto, ma al fatto che i cittadini e gli avvocati non lo conoscono e gli organismi non sono di buon livello.
Ciò perché l’introduzione della mediazione è in Spagna relativamente giovane.
Inoltre sino a poco tempo fa le scuole di diritto non si occupavano di mediazione e di negoziazione.
La mediazione non è solo un insieme di conoscenze teoriche o un insieme di formule, standard, linee guida e paradigmi di azione. Soprattutto, la mediazione è una pratica.
Attualmente è come studiare le regole del calcio, ma non avere un campo su cui giocare.
Si tratta di un cane che si morde la coda: senza la pratica non ci possono essere buoni mediatori e senza buoni mediatori non ci possono essere buone istituzioni di mediazione.
Ma non serve introdurre la mediazione obbligatoria: una pratica forzosa rende l’istituto una pratica burocratica; l’essenza della mediazione è la volontarietà. La dimostrazione di ciò si trova nel fallimento della conciliazione obbligatoria, anche di quella lavoristica.
E’ preferibile trovare misure incentivanti indirette per far fare un primo passo ai cittadini e agli avvocati.
Gli avvocati che hanno partecipato alla mediazione hanno visto che in poco tempo possono fornire un servizio eccellente ai loro clienti, che non perdono il loro ruolo né perdono la funzione della loro professione, né tanto meno sacrificano i loro legittimi interessi.
-Diritto ad una retribuzione. Il mediatore ha diritto di essere compensato economicamente per lo svolgimento della sua attività professionale e per la reintegrazione delle spese incontrate durante la stessa.La percezione degli onorari non può essere collegata al successo di una determinata opera o al risultato dell’azione del mediatore.
Il mediatore può eccezionalmente prestare un servizio gratuito avendo valutato di intervenire a favore di clienti che, non potendo pagare, lo hanno richiesto espressamente
Articolo 6
Restrizioni. Si asterrà dall’accettare condizioni di retribuzione economica che significhino svalorizzazione della professione e concorrenza sleale.
Buone prassi 2014 di GEMME (GRUPO EUROPEO DE MAGISTRADOS POR LA MEDIACIÓN)
In sintonia con le autorità italiane… si fa per dire
Il 26 settembre del 2013 Carlos Carnicer, presidente del Consejo General de la Abogacía Española ovvero del CNF spagnolo ha dichiarato di aver formato 543 mediatori (la legge spagnola è del luglio 2012) e ha precisato che 1/3 delle questioni che affollano gli studi legali viene risolta stragiudizialmente.
Sempre in quella data Gonzalo Moliner, presidente del Consejo General del Poder Judicial (CGPJ) ossia del CSM spagnolo, ha applaudito alla mediazione come una via di risoluzione rapida ed efficace dei conflitti che si adatta alle esigenze delle parti.
Il Presidente del Consejo General del Notariado, José Manuel García Collantes, ha definito la mediazione come una via per migliorare la convivenza e la pace sociale; mentre il presidente dei Procuratori, Juan Carlos Estévez, ha precisato di aver formato 500 procuratori quali tecnici di mediazione e di voler creare entro poco tempo una fondazione specifica in questa materia.
Il 29 maggio 2014 La Camera dei Rappresentanti ha approvato un ordine del giorno per esortare il Consiglio Generale del Potere Giudiziario (GCJ) a promuovere la mediazione per evitare che alcuni conflitti siano risolti nei tribunali, al fine di alleviare il carico di lavoro dei giudici.
In Spagna la mediazione penale viene condotta in 23 città presso diversi organi giudiziari. A Madrid e a Barcellona il cittadino si può rivolgere a ben 10 istituzioni. A disposizione c’è un comodo servizio di ricerca con tutti i dati necessari.
In Svezia le controversie su come celebrare un funerale, sul luogo di sepoltura dei defunti o sulla cremazione degli stessi vanno in primo luogo in mediazione; se la mediazione fallisce decide il consiglio provinciale. Sino a che la mediazione è in corso non vi può essere sepoltura né cremazione.
La decisione del consiglio provinciale può essere impugnata al tribunale amministrativo e di qui al consiglio di stato.
E STANNO CERCANDO MEDIATORI… che cosa affascinante deve essere!
Mentre da noi la TV danneggia i mediatori, quando non li ignora… In Svizzera è la stessa TV ad utilizzare la mediazione per le sue controversie.
Sono 18 le denunce sporte nel 2013 contro trasmissioni radiofoniche o televisive, tutte della SSR ( Società svizzera di radiotelevisione). Il 92% dei conflitti sono stati risolti grazie agli organi di mediazione. Le lamentele ricevute dall’Autorità indipendente di ricorso in materia radiotelevisiva (AIRR) concernevano per la maggior parte la Svizzera tedesca, seguita dai romandi. Nessun ricorso, invece, contro la RSI, dove tutte le situazioni sono state risolte tramite mediazione.Le più contestate sono state trasmissioni informative: solo un caso ha riguardato uno spot pubblicitario.
Negli anni ’20 del XIX secolo esistevano in Toscana i mediatori civili e commerciali.
E facevano la proposta come la facciamo (o dovremmo farla…) ai giorni nostri ai sensi del decreto 28.
E dunque allora poteva darsi non solo una conciliazione valutativa (ipotesi normale) ma anche una mediazione valutativa
L’unica differenza rispetto ad oggi era che le parti potevano non accettarla senza subire conseguenze. Nel momento in cui la sottoscrivevano invece dovevano adempierla.
Questa disciplina peraltro poteva essere ripresa anche da noi proprio in ossequio della tradizione.
Invece abbiamo preferito inserire nel decreto 28 una norma – l’art. 13 – che era prevista in California per l’arbitrato, misteri della fede. Da loro l’ipotesi regge perché l’arbitro è un giudice in pensione e dunque c’è una forte possibilità che il lodo il quale è impugnabile possa coincidere con la sentenza del giudice della causa.
A riprova della nostra tradizione in materia consiglio l’attenta lettura di una sentenza del Consiglio Supremo del 25 febbraio 1825.
La Turchia possiede una legge sulla mediazione dal 2012 (Law on Mediation in Civil Disputes No 6325 came into effect on June 22, 2013) che contiene una bella definizione di mediazione.
Mediation: shall mean the method used for the resolution of disputes, employing systematic techniques, carried out voluntarily and with the participation of an impartial and independent third person with specialty training, bringing the parties together to discuss and negotiate, and establishing a communication process between the parties in order to help them to understand each other and thus enabling them to work out their own solutions;
Mediazione: si intende un metodo usato per la definizione delle dispute, che utilizza sistematiche tecniche, svolte volontariamente e con la partecipazione di un terzo imparziale ed indipendente con una formazione specialistica, che porta le parti a discutere insieme e negoziare, e che determina un processo di comunicazione tra le parti al fine di aiutarle a capirsi e a consentire loro in tal modo di elaborare le proprie soluzioni;
In other words, the mediator does not aim at resolving the dispute by making a decision, s/he tries to create an environment allowing the parties to renegotiate and reach an agreement by convincing and inspiring the parties. The mediator does not try to find who is right or who is wrong, s/he makes efforts to find a basis of agreement balancing the interests of both parties in the most suitable way, and thus to reach a resolution for the dispute.
The mediator determines the common points and grounds on which the parties can agree and makes efforts for the parties to reach an agreement on such grounds; s/he can not produce resolutions and impose them to the parties, or persuade the parties to agree any resolution proposal formulated. During the mediation negotiations, efforts are made to establish better communication between the parties, to help them understand the interests of each other and their common points by strengthening the communication, and to help them to produce and evaluate various resolution options that may become functional according to the concrete circumstance. The functioning of the mediation process and achievement of a result are completely dominated by the parties.
Another point that needs to be emphasized within the frame of definition of mediation is that the transmission – by the mediator to the other party – of a concrete proposal made by one of the parties for the resolution of the dispute can not be interpreted as the formulation and imposition of a resolution proposal by the mediator. A final point that has to be indicated in this frame is that the mediation process is a dispute resolution method which becomes functional completely on a discretionary basis from the beginning to the end, and which is implemented voluntarily
Commento del Governo alla definizione di mediazione presente nella legge turca
UNESCO
Abbiamo compreso che la pace non è un argomento di esclusiva pertinenza dei Governi e delle Organizzazioni internazionali. La pace è molto più che assenza di guerra e di violenza. la pace risiede nei nostri valori e nelle attitudini delle nostre comunità, famiglie e dei nostri centri educativi. La pace si deve coltivare ed apprendere; e soprattutto si deve mettere in pratica. Per costruire la pace dobbiamo fare in modo che i nostri conflitti quotidiani si trasformino in occasioni di cooperazione che alimentino un mondo migliore per tutti.
FEDERICO MAYOR, ex direttore dell’UNESCO
UNGHERIA
Anche l’Ungheria ha dal febbraio 2014 la mediazione obbligatoria. Interessante è che nel paese magiaro può essere disposta sia dal giudice sia da altra autorità.
Cfr. art. 38 della 2002. évi LV. törvény a közvetítői tevékenységrő
Evitare i contenziosi! Sforziamoci di trovare un accordo, quando è possibile …
anche se sulla carta si può vincere, si perdono certamente tempo e denaro.
Abramo Lincoln
Robert A. Epstein è un famoso avvocato statunitense che si occupa di famiglia.
Due giorni fa ha pubblicato un interessante articolo su mediazione e divorzio in cui ci spiega che negli Stati Uniti coloro che divorziano vogliono mediare.
“Quasi ogni cliente che arriva in ufficio vuole sapere quanto sarà veloce il suo divorzio e quanto verrà a costare. La migliore risposta che posso dare è di solito, “dipende”. Dipende da voi e il vostro coniuge, dipende dall’altro avvocato, dipende dai fatti e questioni giuridiche, dipende dal giudice, dipende dalla contea. Ci sono così tanti fattori che entrano in gioco che non c’è davvero nessuna risposta definitiva. In relazione a tale indagine, i clienti vogliono avere informazioni sulla mediazione, di solito perché lui o lei ha sentito dire che è un modo più economico e veloce per portare un divorzio ad una conclusione…”
Questo è l’intrigante inizio.
Un articolo che consiglio e che si conclude con buon senso: se vuoi mediare deve scegliere un avvocato ed un mediatore che siano appropriati per il tuo caso.
Noi pensiamo alla pace come ad un modo passivo di vivere e alla guerra come un modo attivo. La verità è opposta. La guerra non è il modo più faticoso per condurre la vita. Se la compariamo con il compito di conciliare le nostre differenze la guerra è una sorta di cura riposante… Passare dalla Guerra alla Pace non è come passare da una vita faticosa ad una agevole; è come passare da una vita superflua ad una utile, da una vita stagnante ad una vita attiva, da un modo distruttivo di vivere ad uno creativo… Il mondo sarà rigenerato dalla persone che si ergono sopra questi modi passivi di vivere e ricercano eroicamente, a qualunque costo, i metodi attraverso cui le persone possono accordarsi
(We have thought of peace as passive and war as the active way of living. The opposite is true. War is not the most strenuous life. It is a kind of rest cure compared to the task of reconciling our differences … From War to Peace is not from the strenuous to the easy existence; it is from the futile to the effective, from the stagnant to the active, from the destructive to the creative way of life … The world will be regenerated by the people who rise above these passive ways and heroically seek, by whatever hardship, by whatever toil, the methods by which people can agree.)
Mary Parker Follett,1920 (Colei che ha inventato le regole del management)
Per chi voglia pensare a cose serie… ossia alle abilità del mediatore.
Lo dedico a chi vuole negare agli avvocati la manifestazione del pensiero su internet.
Figurarsi che negli Stati Uniti ce l’hanno anche gli avvocati mediatori che possono sui loro siti addirittura dare degli input ai legali sul loro modo di mediare.
Da noi una cosa del genere porterebbe probabilmente alla sospensione del mediatore con gogna, ignominia e cacciata dal regno.
Leggete qui di seguito.
All mediators ask questions to help the parties analyze the situation and decide what they want to do. Sometimes parties also want mediators to analyze the strengths and weaknesses of the case, give opinions about what might
happen in court, make suggestions about possible settlement options, give advice about making or accepting offers, or urge the parties to settle. Some mediators regularly give such opinions, some never do so, and some do so in some but
not all cases. Usually, when mediators communicate this kind of information, they do so in private caucuses rather. There are pros and cons to a mediator offering opinions, coaching, and giving case analysis. It depends on the dispute, the needs of the parties and the background of the mediator.
Some mediators have web sites or provide bios that indicate their mediation approach. If you are represented by an attorney, your attorney may know the styles of mediators available for your case and can help you choose one whose style fits your needs.
Before and/or during a mediation session, you can tell your mediator whether or not you want to get his or her suggestions or opinions. Even if your mediator gives you suggestions or opinions, you always have the right to disregard those suggestions and opinions and to make your own decisions, including a decision not to accept a particular offer or not to reach any settlement.
ABA preparing
for complex civil
Mediation
Guide 2014
Una dedica anche a tutti gli assistenti negoziatori…
You are more likely to feel satisfied with mediation if you prepare carefully ahead of time.
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Guide 2014
Mediazione da 175 milioni di dollari
Nel 1989 è stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che protegge gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell’illecito.
Protetto da questo provvedimento un impiegato ha denunciato un colosso mondiale, la Trinity Industries che è stata condannata a pagare 175 milioni di dollari per aver frodato il Governo.
E ciò per aver venduto nel 2005 al Governo americano dei guardrail che non erano sicuri per la circolazione e di cui la Trinity conosceva la pericolosità.
Un giudice americano del Kansas ha ordinato alle parti di andare in mediazione. Vedremo come andrà a finire.
Uno splendido articolo sulla negoziazione in un paese in cui meno del 5% delle cause vanno a processo e le tecniche negoziali si insegnano nelle facoltà di legge.
Ho deciso di tradurre l’articolo “The Mediator as Process Designer” di Richard Chernick, pubblicato in data di oggi, perché mi pare davvero importante per fondare una riflessione.
Ci parla di una mediazione, quella americana, che è flessibile e che può essere connessa con vari strumenti (alcuni in Italia non esistono).
Il mediatore qui ha sostanzialmente qualunque potere gli attribuiscono le parti.
Quanto all’Europa assomiglia il disegnatore di processo alla figura del Guterichter tedesco che però in quanto giudice non può fare l’arbitro.
Forse col decreto del fare il legislatore aveva in mente una figura simile ed ha coniato dunque il mediatore di diritto.
Se così fosse non si capirebbe però il percorso formativo approntato dal CNF che non potrebbe certo far fronte ad un simile scenario.
Ma io mi chiedo se questa si possa chiamare ancora mediazione, a prescindere dal fatto che il lavoro di questo soggetto, il disegnatore di processi, sia utile e davvero suggestivo.
Mi chiedo che spazio ci sia in un processo simile per un non giurista e quali competenze giuridiche un non giurista debba acquisire per poter essere mediatore come disegnatore di processo.
E mi chiedo ancora che possibilità abbia questa futuribile mediazione di trovare spazio in una legislazione come quella italica.
“Il mediatore come disegnatore di processo
Un mediatore è un facilitatore che ha la capacità di aggirare o superare gli ostacoli all’accordo creati dalle parti o dai loro difensori. In particolare, quando i negoziati hanno portato le parti vicine ad un accordo, il mediatore esperto è in grado di mantenere i negoziati in movimento anche quando le parti sono disposte a rinunciare.
Se l’impasse riguarda un disaccordo circa il probabile esito di una questione di diritto o di fatto, e tutti gli sforzi facilitanti a conciliare le parti in merito alla questione controversa non sono riusciti, il mediatore potrebbe suggerire qualche espediente valutativo per assistere le parti al fine di trovare un compromesso su questo punto. Gli esempi includono una valutazione indipendente di una terza parte per stabilire il valore di un bene contestato (su base vincolante o non vincolante) o un parere su una questione giuridica contestata tramite esperto nel campo rispettato da entrambe le parti (costui potrebbe essere anche lo stesso mediatore ), o la risoluzione strutturata di tale limitata questione tramite arbitrato o consulenza, vincolante o non vincolante.
Le questioni legali controverse potrebbero anche essere affrontate nel contenzioso sottostante se c’è una causa in corso attraverso la presentazione di apposite mozioni prima di continuare con il processo di mediazione se tale determinazione è fondamentale per uno o entrambi i partecipanti. Il mediatore aiuta così le parti a concordare un processo che darà loro ulteriori informazioni sul punto in discussione (o se è il caso una risoluzione vincolante), con l’intento di spostare l’intero caso verso la risoluzione.
Se il problema riguarda un ventaglio di possibili danni, un arbitrato di baseball (trattasi di un arbitrato nel quale ogni parte propone la sua valutazione e vince quella che è più vicina a quella dell’arbitro; possono essere mantenute segrete) potrebbe essere una risoluzione accettabile per le parti. L’arbitro concordato assumerebbe le prove rilevanti circa il credito contestato e dovrebbe scegliere la valutazione proposta da una parte o dall’altra e nessuna diversa cifra (un arbitrato high-low fa sì che ci sia un pavimento ed un tetto, ma consente di spaziare tra i due). Anche in questo caso, il mediatore potrebbe suggerire una struttura per il procedimento e potrebbe aiutare nella selezione dell’arbitro. In alcuni casi, le parti potrebbero essere disposte a sottoporre la questione al mediatore, come arbitro. Deroghe appropriate devono essere ottenute in tal caso. Questa scelta di processo presuppone però che il mediatore abbia già esplorato le soluzioni integrative (win-win) e abbia esaurito gli sforzi per rendere la torta più grande.
Infine, se il punto di stallo nel processo è la sfiducia che una parte nutre negli obblighi contrattuali che formano oggetto del contratto derivante dalla conciliazione, il mediatore potrebbe aiutare le parti a strutturarlo in modo che esso protegga contro l’inadempimento; il mediatore esperto può dare alle parti una certa sicurezza che l’accordo raggiunto sarà eseguibile e potrebbe suggerire disposizioni che incoraggino le prestazioni così come previsioni per risolvere le dispute da inserire nello stesso accordo, quando ciò possa determinare una rapida soluzione nel caso in cui le stesse dispute si presentino.
Se una soluzione globale non può essere raggiunta, il mediatore potrebbe tentare di promuovere un accordo per una delle tante pretese o per una delle diverse parti. Ogni chiarimento delle rivendicazioni, basato sulle discussioni delle parti nel corso della mediazione, è da considerarsi proficuo per una successiva efficiente risoluzione della controversia.
L’ultimo servizio che il mediatore può fornire alle parti quando non sembra possibile un accordo è quello di affrontare il processo con cui si risolverà la controversia. Il mediatore è ora armato delle informazioni su come le parti valutino i punti controversi e conosce quali siano gli elementi più importanti e quali meno per il risultato finale. Così, il mediatore può dare suggerimenti circa la risoluzione efficace della controversia. Se la questione chiave è la determinazione del valore di un bene controverso, forse tale questione dovrebbe essere affrontata in due tempi ed in primo luogo, forse con un arbitrato o con un processo di valutazione vincolante o attraverso una combinazione dei due. Una volta che questo valore è stabilito tra le parti forse una successiva seduta di mediazione consentirebbe loro di risolvere le restanti (meno contestate) problematiche.
Ogni controversia è suscettibile in questo modo di essere “decostruita”. Il mediatore, che è un esperto di processo, dovrebbe essere capace di fare una diagnosi sulla disputa e di compiere le più opportune scelte. Il mediatore dovrebbe anche assistere le parti nel modellare un accordo tramite una serie di step in modo tale che le parti siano obbligate a partecipare a tutte le fasi e a quella finale, così da fare in modo che l’accordo sia eseguibile.
E’ fondamentale che il mediatore capisca come funziona ogni processo e come renderlo applicabile. Molti accordi “creativi” di risoluzione delle controversie saltano a causa di errori di processo o per l’errata identificazione del processo concordato. Si veda Old Republic Insurance Co. v St. Paul Fire & Marine Insurance Co., (confusione tra l’arbitrato vincolante e non vincolante e la consulenza giudiziaria).; Sy First Family Limited Partnership v Cheung, (confusione tra arbitrato e consulenza giudiziaria); Elliott & Ten Eyck Partnership v. Città di Long Beach, (ove si designa un giudice del trial come “arbitro”).
Il mediatore è un disegnatore di processo che ha la responsabilità di aiutare le parti a raggiungere un processo efficace che affronti le loro esigenze specifiche e che possa essere dotato di esecutività in caso di disaccordo”.
Richard Chernick, Esq. is an arbitrator and mediator. He is Vice President and Managing Director of the JAMS arbitration practice. He is a former chair of the ABA Dispute Resolution Section. He can be reached at rchernick@jamsadr.com.
Il presente scritto potrebbe essere di qualche interesse perché come sappiamo la Direttiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) deve essere recepita dai singoli stati entro il 9 luglio 2015.
Peraltro il predetto provvedimento è strumento legislativo interconnesso e complementare al Regolamento UE 524/2013 che andrà a regime il 9 gennaio del 2016[1].
Questi provvedimenti riguardano con qualche approssimazione, gli ADR che intervengono tra cittadini di diversi stati dell’Unione e dunque possono interessare, almeno nel campo del consumo, la mediazione o conciliazione commerciale internazionale.
L’ONU ovvero l’UNCITRAL sta lavorando da tempo ad una convenzione in materia di mediazione e conciliazione commerciale internazionale. In previsione dell’adozione nel 2015 all’Università del Missouri è stata commissionata una indagine molto approfondita che ha risposto a 34 domande.
Tale indagine può essere interessante non solo per la UE che eventualmente potrebbe ritenere di fare una revisione critica della Direttiva 52/08, ma pure per i Governi che sono tenuti a ratificare la Direttiva 2013/11/UE, in modo che possano essere privilegiati determinati aspetti e non altri.
Questa mia nota non è che un mero ed approfondito sunto del pregevole articolo a firma dal professor J. Strong del 17 novembre 2014 sugli esiti della ricerca universitaria[2] (clicca qui per scaricarlo SSRN-id2526302 ).
Gli intervistati, di cui è garantito l’anonimato, sono stati 221 provenienti da tutto il mondo[3]: esercenti privati[4], neutri (conciliatori, mediatori, arbitri)[5], consulenti interni d’impresa[6], avvocati del governo, accademici[7] e giudici con esperienza in entrambi i procedimenti nazionali e internazionali.
Il 56% dei rispondenti aveva almeno 15 anni di esperienza nel campo.
La maggioranza di loro possedeva una preponderante esperienza domestica e solo una minoranza anche internazionale di spessore, ma si è ritenuto che anche il contributo degli operatori interni potesse essere fondamentale (a loro determinate domande ovviamente non sono state rivolte non avendo competenza in merito ed alcune risposte sono state filtrate in relazione all’oggetto dell’intervista).
Le risposte erano assolutamente volontarie e non tutti i partecipanti hanno risposto a tutte le domande.
I rispondenti si sono auto selezionati cliccando su un link messo a disposizione su vari siti (uno è stato ad es. opinio juris); è stata scelta questa metodologia perché si è scoperto che le risposte di coloro che si auto selezionano sono di qualità superiore.
Lo spazio temporale del sondaggio è stato breve: dall’8 ottobre al 31 ottobre 2014.
La lingua utilizzata è stata quella inglese e alcune risposte oltre a proporre delle opzioni richiedevano anche commenti personali.
Si tratta di una ricerca di carattere empirico, perché si è compreso che era necessaria una indagine di tal natura.
I punti messi in luce sono stati i seguenti:
la misura in cui la mediazione e la conciliazione sono attualmente utilizzati nel contesto commerciale internazionale;
il principio per cui si è iniziato ad utilizzare la mediazione e la conciliazione nel quadro commerciale internazionale;
le ragioni delle parti per fare o non fare uso della mediazione o della conciliazione nelle controversie commerciali internazionali;
i metodi per incoraggiare le parti a ricorrere alla mediazione e alla conciliazione nel quadro commerciale internazionale; e
i tipi di controversie commerciali internazionali che sono o non sono suscettibili di mediazione e conciliazione.
Alcune delle domande fondamentali a questo proposito sono state focalizzate sul
futuro della mediazione e conciliazione commerciale internazionale;
sulla necessità di una convenzione internazionale quadro per la mediazione e conciliazione commerciale internazionale; e
la forma di qualsiasi futura convenzione che affronti la mediazione e la conciliazione commerciale internazionale.
La prima domanda ha involto la misura dell’utilizzazione della mediazione o conciliazione commerciale internazionale: estremamente rara se si pensa che negli ultimi 3 anni solo il 9% ha dichiarato di essere stato coinvolto in più di venti procedure; il 20% ha fatto riferimento ad 1 sola procedura. L’esito è identico a quello che ebbe la stessa domanda sull’arbitrato prima che fosse adottata la Convenzione di New York del 1958.
Coloro che hanno sostenuto di aver partecipato a venti procedure o più erano 19 neutri (arbitri, conciliatori, mediatori) ed 1 consulente interno d’impresa.
I soggetti che hanno affermato di essere stati coinvolti in più di 20 procedure sono stati: Britannici (43%), Italiani (14%), Libanesi (14%), Svizzeri (14%) e degli USA (14%).
Si è poi chiesto (domanda rivolta solo a chi aveva avuto esperienza di m.c.c. internazionale) come la procedura sia stata introdotta ed in ordine queste sono state le risposte:
1) un contratto autonomo di mediazione pre-contenzioso,
2) una clausola contrattuale multi-step,
3) una mediazione volontaria su consiglio di un avvocato,
4) un invio del giudice (ipotesi questa assai rara nel contesto del commercio internazionale).
Il che sottolinea che una eventuale convenzione dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla procedura preventiva.
Che cosa determina le parti a partecipare ad una mediazione o conciliazione commerciale internazionale? (domanda rivolta solo a chi aveva avuto esperienza di m.c.c. internazionale)
La domanda conteneva alcune opzioni che sono state rinvenute dagli esperti della materia.
Per il 36% il risparmio dei costi, per il 28% il risparmio di tempo, per il 26% il desiderio di mantenere una relazione, per il 21% la riluttanza verso l’arbitrato e il contenzioso, per il 19% una procedura più soddisfacente. Il sesto motivo è costituito dalla particolare complessità della lite in fatto ed in diritto ed il settimo, al contrario, dalla semplicità; al penultimo posto sta la competenza del mediatore ed all’ultimo la possibilità di trovare una soluzione creativa (ossia quella che un arbitrato od una causa non può dare).
E dunque gli studiosi che ritengono come primario il motivo della mcc quello inerente il desiderio di mantenere una relazione dovranno parzialmente ricredersi. Gli studiosi di mediazione interna spesso ritengono che la complessità della lite in fatto ed in diritto sia una delle ragioni più importanti, ma così non è per l’indagine sulla mcc internazionale.
Gli intervistati sono stati poi invitati a dire se sussistessero ulteriori ragioni rispetto a quelle che gli sono state sottoposte; la stragrande maggioranza ha risposto che non ce ne sono; solo alcuni hanno affermato che la mediazione può aiutare a salvare la faccia e che può essere utilizzata per ragioni di riservatezza o per la neutralità del luogo; una minoranza ha ancora fatto riferimento alla possibilità di perdita in un procedimento contenzioso; infine c’è chi ha riferito che pratica la mediazione o conciliazione perché certe corti inviano lì le controversie che non sono arbitrabili.
Tutto ciò ci può portare a riflettere ad esempio sul significato della prima sessione riservata in mediazione.
Si è poi chiesto a tutti di scegliere in ordine tra 5 motivi quella per cui le parti evitano la mediazione e la conciliazione commerciale internazionale.
Coloro che hanno avuto esperienza di mcc internazionale hanno risposto in ordine:
1) la scarsa esperienzadelle parti in mediazione e conciliazione,
2) la scarsa esperienza del consulente,
3) il timore di rivelare la strategia contenziosa od arbitrale,
4) il timore di non trovare un mediatore e conciliatore efficace; non è stato invece possibile valutare il quinto motivo.
Coloro che non hanno avuto esperienza di mcc internazionale dicono che le parti non la scelgono perché preferiscono il contenzioso e l’arbitrato (scelta non evidenziata da coloro che ne avevano esperienza).
Nessuno degli inesperti ha risposto alle opzioni identificate dai soggetti con esperienza di mcc internazionale se non con “non applicabile (N/A)” dimostrando sostanzialmente di non aver idea di che cosa sia la mcc internazionale
È stato poi chiesto di indicare ulteriori ragioni.
La maggioranza di coloro che avevano esperienza non hanno aggiunto alcunché. Alcuni del gruppo hanno segnalato peraltro anche la mancanza di fiducia in questi strumenti, nella procedura e nel mediatore, i costi della procedurache non portano ad una soluzione vincolante, la percepita solidità della domanda della controparte, la credenza che chiedere una mediazione o una conciliazione possa costituire segno di debolezza.
La maggioranza di coloro senza esperienza non hanno aggiunto alcunché. Alcuno però ha sottolineato che le parti possono non sentire il bisogno di mediare o conciliare se sono in grado di negoziare in proprio. Altri ha segnalato che le parti evitano la mcc internazionale perché non ne sono informati a sufficienza ed altri ancora perché sono seriamente contrari alle composizioni amichevoli.
Le conclusioni attendibili sono ovviamente quelle di coloro che recano esperienza in mcc internazionale, ossia il risparmio di tempo e di denaro; e dunque una pubblicità della mcc internazionale dovrebbe passare attraverso l’esaltazione di questi due aspetti.
Altra domanda formulata era su come si potesse essere incoraggiati a praticare la mcc internazionale. Anche in tal caso le opzioni da esaminare erano preparate da esperti.
Secondo il 37% di coloro con esperienza lo strumento principe sarebbe quello di fornire maggiori prove dell’efficacia delle procedure, ossia un incremento degli accordi; in seconda posizione si è indicata una maggiore informazione sulla procedura, in terza posizione si è piazzata una maggiore informazione circa i costi. La maggioranza non ha indicato alcun’altra soluzione; alcuno tuttavia ha tirato in ballo una maggiore garanzia della riservatezza o di trovare un modo per convincere il consulente esterno dell’impresa a portare in mediazione quello interno. Altri hanno indicato come rilevante lo studio di una modalità che consenta di non considerare una delle parti come debole.
Coloro che non hanno esperienza hanno indicato gli stessi elementi sottolineati da coloro che ne hanno. Quando gli è stato chiesto se c’erano ulteriori modalità di incoraggiamento alcuno ha sottolineato che si dovrebbe garantire l’indipendenza del mediatore specie quando appartiene a grandi gruppi internazionali.
E dunque da tutto ciò si ricava che per le mediazioni transfrontaliere ci sarebbe bisogno di ulteriori attività educative. Tuttavia c’è da sottolineare che all’educazione dovrebbero corrispondere i fatti: le procedure devono cioè produrre effettivamente degli accordi ed essere veramente meno costose.
Si è chiesto ancora quali controversie siano più adatte alla mcc internazionale; il 74% ha riferito circa le controversie ove è coinvolta la relazione (dando ragione agli accademici che sostengono ciò in relazione alle mediazioni domestiche); ciò contrasta però con la risposta in merito ai motivi per cui si sceglie la mcc internazionale che non mette certo ai primi posti la continuità della relazione; una spiegazione potrebbe essere che sussiste una differenza tra ciò che si percepisce della mcc e ciò che si fa effettivamente.
In seconda posizione si piazzano quelle controversie che coinvolgono persone provenienti da paesi ove la mediazione e la conciliazione sono maggiormente incoraggiate.
In terza posizione troviamo le controversie che coinvolgano solo due parti tra le quali l’impatto emotivo non sia così rilevante.
Alla domanda su quali controversie non siano adatte a mediazione e conciliazione, la maggior parte delle persone non ha fornito una risposta alle opzioni proposte.
L’intervista ha poi proposto la questione del futuro della mcc internazionale.
Si evidenzia che gli attori del commercio internazionale non utilizzano di routine la mcc e quando la utilizzano prevale quella pre-contenziosa.
Si è chiesto agli intervistati se incoraggino o raccomandino l’inserimento in contratto di clausole di mediazione in contratti commerciali; il 49% ha risposto di no.
Nel restante 51% si situano coloro che negli ultimi tre anni hanno raccomandato l’inserimento o incluso 10 o più clausole all’anno (21%), quelli che hanno raccomandato o incluso da 4 ad 8 clausole all’anno ed infine il 22% che ha raccomandato ed inserito 3 clausole all’anno.
Tale risultato farebbe ben sperare per l’istituto.
Si è poi ancora indagato quale forma di procedura i rispondenti consiglierebbero o includerebbero per i contratti commerciali: il 55% ha risposto che dipende dalla controversia, il 32% una procedura amministrata, il 7% una procedura ad hoc senza forme, il 5% una procedura UNCITRAL.
Il che dovrebbe far riflettere anche la UE e i governi su quale procedura incentivare.
Si è chiesto ancora quanto sia facile eseguire un’accordo per mediare o conciliare (agreement to mediate or to conciliate) una disputa domestica.
Circa il 14% degli intervistati ha indicato che era impossibile o molto difficile far rispettare tale tipo di accordi, il 26% ha spiegato che è un po difficile, il 39% ha aggiunto che era facile, il 12% ha detto che il problema non era stato approfondito e il 7% ha riferito di non saperlo.
Si è chiesto poi quanto sia facile eseguire un’accordo per mediare o conciliare di mcc internazionalenella giurisdizione del rispondente. E qui le percentuali sono cambiate.
La percentuale di quelli che hanno indicato la impossibilità o la grande difficoltà a far rispettare un accordo sfiora al 19%, e il numero di quelli che evidenziano difficoltà sfiora il 30%. Solo il 20% degli intervistati ha specificato che era facile far rispettare un accordo di mediazione o di conciliare di una disputa commerciale internazionale nella giurisdizione del rispondente. Inoltre, il 18% degli intervistati ha indicato che la questione era in gran parte non testata, mentre il 10% ha indicato che ignoravano se un tale accordo sarebbe stato eseguibile.
Ma se l’accordo per mediare o conciliare riguarda una mediazione da tenersi in un altro stato?
Il livello di difficoltà percepita è salito ancora una volta, con il 26% degli intervistati che indicano che l’esecuzione sarebbe impossibile o molto difficile e il 30% che indica che l’esecuzione sarebbe un po’ difficile. Solo il 7% di coloro che hanno risposto ha ritenuto che sarebbe stato facile far rispettare questo tipo di accordo. Inoltre, il 18% dei partecipanti ha detto che la questione non è stata affrontata ovvero di ignorare la risoluzione del problema.
La percezione (bisogna vedere quanto avvalorata dalla legislazione) è dunque che sia più facile eseguire un accordo per mediare e conciliare una conciliazione domestica piuttosto che un accordo stipulato per mediare e conciliare una controversia internazionale.
Altra domanda richiedeva se una convenzione di mcc internazionale sull’accordo a mediare o a negoziare potesse incoraggiare la partecipazione ad una mediazione o a una negoziazione nello stato del rispondente.
Il 68% ha risposto di sì, il 12% no ed il 20% forse (a chi ha scelto questa opzione è stata chiesta una spiegazione).
Stesso ragionamento è stato fatto per l’esito da una mediazione o conciliazione commerciale internazionale (settlement agreement).
Quando si tratta di accordo derivante da mcc domestica il 4% ha ritenuto l’esecuzione impossibile o molto difficile, il 18% che c’è qualche difficoltà, il 62% che l’esecuzione è facile, l’11 % che il problema non era stato testato ed il 5% che non lo sapevano.
Quanto all’accordo derivante da una mcc internazionale? Per il 9% l’esecuzione è impossibile o molto difficile, per il 28% che c’era qualche difficoltà, per il 35% che l’esecuzione era semplice, per il 17% che il problema non è stato testato, per l’11% che non sapevano come la legge domestica risolvesse il problema.
Quanto all’accordo derivante da una mcc internazionale da tenersi all’estero? La situazione precipita. Per il 15% l’esecuzione è impossibile o molto difficile, per il 36% che c’era qualche difficoltà, per il 14% che l’esecuzione era semplice, per il 19% che il problema non è stato testato, per il 17% che non sapevano come la legge domestica risolvesse il problema.
Anche qui dunque si crede che sia più facile l’esecuzione di un accordo domestico, piuttosto che derivante da una mcc internazionale.
Altra domanda richiedeva se una convenzione di mcc internazionale sull’accordo finale (settlement agreement) potesse incoraggiare la partecipazione ad una mediazione o a una negoziazione nello stato del rispondente.
Il 74% ha risposto di sì, l’8% no ed il 18% forse (a chi ha scelto questa opzione è stata chiesta una spiegazione ed è stata identica a quella data in precedenza per l’accordo a mediare o a conciliare).
Si è poi aggiunto che l’UNCITRAL stava apprestando un trattato in questo campo e quindi si è chiesto se la convenzione avrebbe dovuto riguardare singoli aspetti (agreement to mcc o settlemente agreement) o la disciplina organica. Il 75% ha risposto che preferirebbe una disciplina organica, il 19% gli accordi derivanti dallo svolgimento della procedura ed il 6% gli accordi per mediare o conciliare.
Si è poi chiesto ai partecipanti di descrivere con parole proprie perché hanno effettuato una data scelta.
Alcuni hanno precisato che un trattato potrebbe essere “critico” e rendere la mediazione un “business”, altri che potrebbe sancirne maggiore legittimità, creare maggiore fiducia nelle parti di una controversia, altri ancora che la disciplina dovrebbe però uniformarsi a quello della Convenzione di New York per l’arbitrato; ancora c’è chi ha criticato una normazione sugli accordi perché si potrebbe rischiare di rendere la mcc una mera formalità ecc.
La domanda finale nel sondaggio ha chiesto ai partecipanti se ci fossero altre osservazioni che vorrebbero fare sulla mediazione commerciale internazionale o di conciliazione.
Tutti hanno sollecitato l’adozione di una normativa internazionale a differenza di uno che ha sostenuto ci sia maggiore bisogno di esperienza piuttosto che di norme.
Alcuni pensano che l’adozione di un trattato comporti difficoltà ed altri che debba essere graduale.
Si dovrebbe anche tener conto secondo alcuni che è in corso un lavoro di definizione della conciliazione e della mediazione e quindi una eventuale proposta di convenzione sul punto dovrebbe essere curata e riuscire a distinguere chiaramente i due istituti (allo stato regna molta confusione). Alcuno ha sostenuto poi che qualsiasi convenzione futura non dovrebbe essere dominata dai principi anglo-sassoni.
Si è infine sottolineato che un trattato non è sufficiente, che si deve informare le persone sul fatto che l’accordo è esecutivo e cercare di rassicurare gli avvocati che mediazione e conciliazione non determinano una perdita di entrate: per alcuno, infatti, questi ultimi sono il principale ostacolo alla diffusione dell’istituto.
[2] Strong, S.I., Use and Perception of International Commercial Mediation and Conciliation: A Preliminary Report on Issues Relating to the Proposed UNCITRAL Convention on International Commercial Mediation and Conciliation (November 17, 2014). University of Missouri School of Law Legal Studies Research Paper No. 2014-28. Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=2526302
[3] 35% USA, 11% UK, 27% EU, 13% Asia, 7% America Latina, 4% Medio Oriente, 2% Oceania, 2% altre regioni.
Il 25 giugno 2014 la Corte Costituzionale della Romania ha dichiarato incostituzionale l’art. 2 c. 1 e c 1^2 della legge sulla mediazione[1] che prevedevano una sessione informativa di mediazione obbligatoria a pena di inammissibilità[2].
La sentenza desta in chi scrive qualche preoccupazione perché la Consulta rumena non si limita a dichiarare l’incostituzionalità della sessione informativa in quanto ne risulterebbe pregiudicato l’accesso alla giustizia[3], ma ha interpretato anche la direttiva 52/08 assumendo – laddove non è arrivata la Consulta nostrana – che la normativa europea si riferisca “solo alla possibilità, e non all’obbligo delle parti di partecipare alla procedura di mediazione, quindi niente è vincolante circa la mediazione, tanto meno, una procedura preliminare di informazioni sui vantaggi della mediazione”[4].
Inoltre secondo la Corte rumena l’obbligo di una sola informativa sui benefici della mediazione non solo costituisce un ostacolo all’accesso alla giustizia, ma può risultare più inopportuna di una mediazione obbligatoria vera e propria[5]: il che dovrebbe forse farci interrogare una volta di più sul significato della nostra mediazione attualmente spezzata in due fasi.
Va detto che il primo incontro non è previsto in Italia a pena di inammissibilità, ma di improcedibilità; è anche vero che le considerazioni della Corte sulla disciplina rumena che vedremo tra poco e che avvalorano, tra le altre, la censura di incostituzionalità, da noi appaiono inapplicabili perché la mediazione delegata è obbligatoria, mentre in Romania è facoltativa[6].
Da una parte la pronuncia romena potrebbe indurre ad una riflessione positiva su quella giurisprudenza che in materia di mediazione delegata ritiene che la mediazione “debba essere effettiva” e che non ci si possa limitare a dichiarare che non si vuole proseguire con la mediazione[7]; ma dall’altra si assume che l’Europa guardi con favore ad una mediazione delegata volontaria[8].
Si aggiunga che la Consulta rumena “salva” la sessione informativa, nel senso che assume che in fondo l’oggetto della mediazione per cui è prevista a pena di ammissibilità è limitato, e dunque dichiarato incostituzionale l’obbligo, se le persone scelgono di mediare in quelle materie circoscritte allora possono incontrare il mediatore per avere le delucidazioni del caso[9].
Entriamo ora nel vivo della pronuncia e vediamo quali sono state le norme della legge sulla mediazione coinvolte/censurate dal giudizio della Consulta.
Art. 2 (1) Se la legge non disponga altrimenti, le parti, persone fisiche o giuridiche, sono tenute a partecipare alla seduta informativa sui benefici della mediazione, incluso, se necessario, successivamente all’inizio di un processo dinanzi al giudice competente, per risolvere i conflitti in materia civile, di famiglia, e di altra materia, secondo le condizioni stabilite dalla legge[10].
L’art 2 1 ^2 che, lo ricordo, è stato introdotto nel 2012[11].
1 ^ 2) Il tribunale respinge come inammissibile la citazione in causa per mancato rispetto da parte del ricorrente dell’obbligo di partecipare alla riunione informativa sulla mediazione, anteriormente alla chiamata in giudizio, o dopo l’inizio del processo entro il termine fissato dal corte a tal fine, per le questioni processuali di cui all’art. 60^1 par. (1) a) – f)[12].
Per le argomentazioni della pronuncia viene in gioco ancora l’art. 60^1 della legge 192/06, introdotto sempre nel 2012[13] che però è stato salvato con una particolare interpretazione dalla Corte.
Art. 60^1
(1) In caso di controversia che, per legge, abbia per oggetto la partecipazione ad mediazione o altre forme alternative di risoluzione delle controversie, le parti e /o le parti interessate, se del caso, sono tenute a dimostrare di aver partecipato alla sessione informativa sui vantaggi della mediazione, sulle seguenti materie:
a) per le domande di consumo, quando il consumatore invoca l’esistenza di un danno a seguito di acquisto di un prodotto difettoso o di un servizio, un inadempimento contrattuale o delle garanzie rilasciate, l’esistenza di clausole abusive contenute nei contratti tra consumatori e professionisti o altra violazione dei diritti previsti dalla legislazione nazionale o di tutela dei consumatori dell’UE;
b) per il diritto di famiglia, ove previsto dall’art. 64;
c) per il contenzioso relativo possesso, al regolamento di confini, spostamento dei confini, e qualsiasi altra controversia sulle relazioni di vicinato;
d) per le domande di responsabilità professionale quando il professionista venga considerato responsabile di negligenza, nella misura in cui la legge speciale non contempli una procedura diversa;
e) per le controversie di lavoro quando involgono la conclusione, le prestazioni e la cessazione dei contratti individuali di lavoro;
f) per le controversie civili per un valore sotto 50.000 lei[14], tranne le controversie che hanno comportato l’apertura di una procedura di insolvenza conclusasi con sentenza esecutiva, le azioni relative al registro del commercio e i casi in cui le parti scelgono di ricorrere alla procedura di cui agli articoli 1013-1024 o a quella previsto dall’art. 1025-1032 della legge. 134/2010, ripubblicato, con successive modifiche[15].
Il processo costituzionale è nato dalla rimessione alla Corte, operata il 25 marzo 2013, della questione da parte del tribunale di Craiova.
La parte proponente ha sollevato eccezione di incostituzionalità dell’art. 2 c. 1 della legge sulla mediazione e dell’art. 200 C.p.c. (che introduce un particolare filtro al giudizio e che è stato ritenuto costituzionale) ai sensi dell’art. 21 e del 53[16] della Costituzione.
L’art. 21 della Costituzione rumena che costituisce il cardine per la pronuncia della Corte ha il seguente dettato:
(1) Ogni persona può rivolgersi al giudice per la tutela dei diritti, delle libertà e degli interessi legittimi.
(2) Nessuna legge può limitare l’esercizio di questo diritto.
(3) Le parti hanno il diritto a un processo equo e alla risoluzione dei casi in un tempo ragionevole.
(4) le giurisdizioni amministrative speciali sono facoltative e gratuite[17].
Vediamo ora le argomentazioni della Consulta in un breve sunto (il testo in lingua originale è indicato in nota).
La Corte ritiene che :
“A partire dalla definizione di mediazione, può essere qualificata come una procedura facoltativa, informale, amichevole, confidenziale e tenuta in presenza di un mediatore”[18];
le parti possano ricorrervi per legge quando si tratti di diritti disponibili[19];
l’art. 2 (1) prevede l’obbligo di partecipazione alla sessione informativa solo nei casi dell’art. 60^1 lett. a-f[20];
nei casi dell’art. 60^1 lett. a-f la mancata partecipazione alla sessione informativa comporta che il Tribunale, ai sensi dell’art. 2 1 ^2 debba dichiarare la inammissibilità della domanda giudiziaria[21];
l’art. 2 1 ^2 che determina la inammissibilità della domanda riguarda i processi successivi al 1° agosto 2013[22];
il meccanismo di cui all’art. 2 1 ^2 richiede soltanto che la parte si metta in contatto col mediatore che provvede (art. 43 cpv) alla notifica al chiamato di un invito scritto che può essere trasmesso con qualsiasi mezzo che garantisca la conferma del ricevimento del testo. La prova della partecipazione alla riunione informativa è data da un certificato rilasciato dal mediatore. Se una delle parti rifiuta per iscritto di partecipare alla sessione di informazione, non risponde all’invito previsto dall’art. 43 cpv. o non si presenta al momento della sessione il mediatore stende una relazione che viene depositata in tribunale[23];
nel contesto di cui sopra il legislatore ha imposto il nuovo obbligo di contattare il mediatore perche informi circa i benefici della mediazione[24]. “In queste circostanze, la Corte ritiene che l’obbligo introdotto di informare circa la mediazione è incompatibile con l’art. 21 della Legge fondamentale”;
“la direttiva 2008/52/CE si riferisce solo alla possibilità, e non all’obbligo delle parti di partecipare alla procedura di mediazione, quindi niente è vincolante circa la mediazione, tanto meno, una procedura preliminare di informazioni sui vantaggi della mediazione”[25];
sebbene la normativa nazionale, vale a dire la legge n. 192/2006 e l’art. 227 comma secondo ultima parte del codice di procedura civile[26] e la direttiva 2008/52/CE individuino la mediazione come una procedura volontaria, alternativa e informale, l’art 2 par. (1) in combinazione con il par. 1 ^2 della legge n. 192/2006 prevedono che le parti siano tenute a partecipare alla sessione informativa sui benefici della mediazione, a pena di inammissibilità della domanda giudiziaria. In altre parole anche se la mediazione è volontaria, è obbligatoria la sessione informativa sui vantaggi della mediazione;
“la partecipazione obbligatoria alla sessione informativa sui vantaggi della mediazione è una restrizione del libero accesso alla giustizia, perché si tratta di un filtro per l’esercizio di questo diritto costituzionale, e la sanzione della irricevibilità per la comparizione, determina che questo diritto non è solo limitato, ma anche vietato”[27];
dal momento che ci possono essere situazioni in cui le persone fisiche o giuridiche desiderano investire esclusivamente il giudice, il Tribunale ritiene che la norma di legge censurata non permetta loro di valutare se abbiano o meno necessità delle informazioni sulla mediazione. Il libero accesso alla giustizia è inteso come la facoltà di ogni persona di adire un tribunale per difendere i suoi diritti o interessi legittimi. Qualsiasi limitazione di questo diritto, per quanto piccola essa sia, deve essere pienamente giustificata, con una analisi che verifichi se gli svantaggi non siano superiori ai possibili vantaggi[28];
La Corte rileva che l’obbligo di una procedura preliminare di informazione circa i vantaggi della mediazione appare come un ostacolo all’ottenimento e alla realizzazione dei diritti in tribunale; e poiché si limita solo a fornire informazioni su una legge esistente, è più inopportuna di una mediazione che tenda effettivamente di comporre una controversia;
“Nel contesto di quanto sopra, la Corte rileva che l’obbligo imposto alle parti, fisiche o giuridiche, di partecipare alla riunione sui benefici della mediazione, a pena di inammissibilità della domanda di comparizione, è una misura incostituzionale, essendo in contrasto con l’art. 21 della Costituzione”[29];
Dato che l’art. 31 cpv. (2) della legge n. 47/1992 sull’organizzazione e il funzionamento della Corte Costituzionale, prevede che il Tribunale si pronunci sulla costituzionalità delle altre disposizioni del provvedimento impugnato, che necessariamente e ovviamente non può essere dissociata dalle disposizioni di riferimento”, la Corte espande il controllo di costituzionalità all’art. 2 1^2 della legge n. 192/2006, che stabilisce la sanzione della inammissibilità della citazione in caso di inadempimento a partecipare alla sessione informativa prevista dall’art. 2 par. (1) della stessa legge, il testo giuridico fondamentale in questione[30];
“Per le ragioni sopra esposte, il Tribunale constata che le disposizioni di cui all’art. 2 par. (1) e 1^2 della legge n. 192/2006 sulla mediazione e la professione di mediatore, e successive modifiche ed integrazioni, è incostituzionale e in contrasto con l’art. 21 della Costituzione che sancisce il libero accesso alla giustizia”[31];
L’art. 60^1 che contempla la necessità di dare la prova di aver partecipato ad una sessione informativa, riguarda materie limitate e non tutte le possibili materie di mediazione[32];
L’art. 60^1 va interpretato alla luce della dichiarata incostituzionalità dell’art. 2 par. (1) e 1^2 della legge n. 192/2006 e dunque se le parti scelgono di mediare presenzieranno alla sessione informativa dove il mediatore le informerà sulla procedura di mediazione, perché ne capiscano lo scopo, i limiti e gli effetti, in particolare sulla relazioni conflittuali. La frequenza non costituirà un obbligo per le parti, ma una scelta volontaria delle persone interessate a ricorrere a tale metodo alternativo, opzionale, per risolvere i conflitti. In altre parole, “la Corte dichiara che l’incostituzionalità dell’art. 60 c.1 della legge n. 192/2006 è infondata”[33].
Alcune considerazioni della Corte non appaiono in conclusione a chi scrive del tutto fuori luogo: specie laddove essa ragiona sul fatto che le parti devono essere messe in grado di valutare se la mera acquisizione di determinate informazioni di legge[34]non si traduca in uno svantaggio più che in un vantaggio per la tutela dei diritti od interessi legittimi.
Effettivamente la legge romena sulla mediazione è assai minuziosa e dunque il cittadino ha l’opportunità oltre che l’obbligo di informarsi per bene prima di qualsivoglia azione giudiziaria; non possiamo dire forse lo stesso per il nostro decreto 28/10 che esprime a ben vedere un dettaglio solo sulla riservatezza ed il segreto professionale.
Si intende che una maggiore riflessione e cautela alla luce di questa pronuncia potrebbe forse essere estesa anche alla negoziazione assistita di recente introduzione da noi, che non consente alle parti di adire direttamente il giudice nelle materie per cui è condizione di procedibilità, senza che peraltro si proceda ad alcuna informativa se non sulla possibilità della procedura, operata però dall’avvocato.
[1] LEGE Nr. 192 din 16 mai 2006 privind medierea şi organizarea profesiei de mediator
[2] Decizia Curtii Constitutionale a Romaniei nr. 266/2014 referitoare la exceptia de neconstitutionalitate a prevederilor art. 200 din Codul de procedura civila, precum si celor ale art. 2 alin. (1) si (1^2) si art. 60^1 din Legea nr. 192/2006 privind medierea si organizarea profesiei de mediator a fost publicata in Monitorul Oficial, Partea I, nr. 464, din 25 iunie 2014. In ege5.ro/Gratuit/gm4tsnrrgy/decizia-nr-266-2014-referitoare-la-exceptia-de-neconstitutionalitate-a-prevederilor-art-200-din-codul-de-procedura-civila-precum-si-celor-ale-art-2-alin-1-si-12-si-art-601-din-legea-nr-192-2006-privin?pId=171967819#p-171967819
[3] “Per le ragioni sopra esposte, il Tribunale constata che le disposizioni di cui all’art. 2 par. (1) e 1^2 della legge n. 192/2006 sulla mediazione e la professione di mediatore, e successive modifiche ed integrazioni, è incostituzionale e in contrasto con l’art. 21 della Costituzione che sancisce il libero accesso alla giustizia”
[4] 20. Curtea retine, totodata, ca in preambulul Directivei 2008/52/CE a Parlamentului European si a Consiliului din 21 mai 2008 privind anumite aspecte ale medierii in materie civila si comerciala, publicata in Jurnalul Oficial al Uniunii Europene seria L nr. 136 din 24 mai 2008, se prevede ca “medierea ar trebui sa constituie o procedura voluntara, in sensul ca partile sunt ele insele responsabile de procedura si o pot organiza dupa cum doresc si incheia in orice moment.” De asemenea, art. 3 lit. a) din directiva defineste medierea ca fiind un proces “in care doua sau mai multe parti intr-un litigiu incearca, din proprie initiativa, sa ajunga la un acord privind solutionarea litigiului dintre ele (…)”. Art. 5 alin. (1) intitulat “Recurgerea la mediere” prevede ca “o instanta la care a fost introdusa o actiune poate, atunci cand este cazul si avand in vedere toate circumstantele cazului respectiv, sa invite partile sa recurga la mediere pentru a solutiona litigiul. Instanta poate, de asemenea, invita partile sa participe la o sesiune de informare privind recurgerea la mediere daca astfel de sesiuni sunt organizate si sunt usor accesibile.” Ca atare, dispozitiile acestei directive se refera doar la posibilitatea, si nu la obligatia partilor de a urma procedura medierii, deci nimic obligatoriu referitor la mediere si, cu atat mai putin, la procedura prealabila de informare cu privire la avantajele medierii.
[5] 24. Ca atare, Curtea considera ca procedura prealabila obligatorie a informarii asupra avantajelor medierii apare ca fiind o piedica in calea realizarii si obtinerii de catre cetatean a drepturilor sale in justitie. Mai mult, o procedura constand in informarea asupra existentei unei legi apare, neindoielnic, ca o incalcare a dreptului de acces la justitie, ce pune asupra justitiabilului o sarcina inoportuna, cu atat mai mult cu cat procedura se rezuma la o simpla obligatie de informare, si nu la incercarea efectiva de solutionare a conflictului prin mediere, astfel incat participarea partilor la sedinta de informare in fata mediatorului este una cu caracter formal.
[6] (1) În tot cursul procesului, judecătorul va încerca împăcarea părţilor, dându-le îndrumările necesare, potrivit legii. În acest scop, el va solicita înfăţişarea personală a părţilor, chiar dacă acestea sunt reprezentate. Dispoziţiile art. 241 alin. (3) sunt aplicabile.
(2) În litigiile care, potrivit legii, pot face obiectul procedurii de mediere, judecătorul poate invita părţile să participe la o şedinţă de informare cu privire la avantajele folosirii acestei proceduri. Când consideră necesar, ţinând seama de circumstanţele cauzei, judecătorul va recomanda părţilor să recurgă la mediere, în vederea soluţionării litigiului pe cale amiabilă, în orice fază a judecăţii. Medierea nu este obligatorie pentru părţi.
(3) În cazul în care judecătorul recomandă medierea, părţile se vor prezenta la mediator, în vederea informării lor cu privire la avantajele medierii. După informare, părţile decid dacă acceptă sau nu soluţionarea litigiului prin mediere. Până la termenul fixat de instanţă, care nu poate fi mai scurt de 15 zile, părţile depun procesul-verbal întocmit de mediator cu privire la rezultatul şedinţei de informare.
(4) Prevederile alin. (3) nu sunt aplicabile în cazul în care părţile au încercat soluţionarea litigiului prin mediere anterior introducerii acţiunii.
(5) Dacă, în condiţiile alin. (1) sau (2), părţile se împacă, judecătorul va constata învoiala lor în cuprinsul hotărârii pe care o va da. Dispoziţiile art. 440 sunt aplicabile.
L’art. 227 del Codice di procedura civile rumeno (norma per certi versi all’avanguardia) prevede quanto segue:
(1) Nel corso del processo, il giudice cercherà una riconciliazione, dando loro le informazioni richieste dalla legge. A tal fine, richiede la comparizione personale delle parti, anche se essi sono rappresentati. Le previsioni dell’art. 241 cpv. (3) si applicano.
(2) Nei procedimenti che per legge possono essere oggetto di un procedimento di mediazione, il giudice può invitare le parti a partecipare ad un incontro informativo sui vantaggi di utilizzare questa procedura. Quando ritenuto necessario, tenendo conto delle circostanze del caso di specie, il giudice informerà le parti ai fini della partecipazione alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia in via amichevole, in qualsiasi fase del procedimento. La mediazione non è un procedimento obbligatorio per le parti.
(3) Se il giudice ha raccomandato la mediazione, le parti si presentano al mediatore, per essere informati sui vantaggi della mediazione. Dopo essere state informate le parti decidono se accettano di affrontare la controversia attraverso la mediazione. Entro il termine fissato dal giudice, che non può essere inferiore a 15 giorni, le parti presentano la relazione elaborata dal mediatore sui risultati del briefing.
(4) Le disposizioni del par. (3) non si applicano se le parti hanno tentato di mediare la controversia prima dell’introduzione del ricorso.
(5) Se, ai sensi del par. (1) o (2) le parti si riconciliano, il giudice sancirà il comune accordo con la sentenza che darà. Le previsioni dall’art. 440 sono applicabili.
[7] Filone giurisprudenziale, bisogna dirlo, non molto osservato nella prassi, specie dagli Enti.
[8] Art. 5 alin. (1) intitulat “Recurgerea la mediere” prevede ca “o instanta la care a fost introdusa o actiune poate, atunci cand este cazul si avand in vedere toate circumstantele cazului respectiv, sa invite partile sa recurga la mediere pentru a solutiona litigiul. Instanta poate, de asemenea, invita partile sa participe la o sesiune de informare privind recurgerea la mediere daca astfel de sesiuni sunt organizate si sunt usor accesibile.” Ca atare, dispozitiile acestei directive se refera doar la posibilitatea, si nu la obligatia partilor de a urma procedura medierii, deci nimic obligatoriu referitor la mediere si, cu atat mai putin, la procedura prealabila de informare cu privire la avantajele medierii.
[9] 29. In acest context, Curtea apreciaza ca art. 601 din Legea nr. 192/2006 trebuie privit din prisma efectelor declararii ca neconstitutionale a prevederilor art. 2 alin. (1) si (12) din Legea nr. 192/2006. Astfel, in cazul in care partile vor opta pentru mediere, in scopul rezolvarii diferendelor existente intre ele, acestea se vor prezenta la sedinta de informare cu privire la avantajele medierii doar in situatia in care vor considera necesara participarea la o astfel de sedinta, pentru informatii si lamuriri cu privire la avantajele medierii. Cu aceasta ocazie, mediatorul are obligatia sa dea orice explicatii partilor cu privire la activitatea de mediere, pentru ca acestea sa inteleaga scopul, limitele si efectele medierii, in special asupra raporturilor ce constituie obiectul conflictului. Participarea la sedinta de informare nu va mai reprezenta insa o obligatie pentru parti, ci o optiune voluntara a persoanelor interesate sa recurga la o asemenea metoda alternativa, facultativa, de solutionare a conflictelor. Asa fiind, Curtea constata ca exceptia de neconstitutionalitate a prevederilor art. 601 din Legea nr. 192/2006 este neintemeiata.
[10] Art. 2 (1) Dacă legea nu prevede altfel, părţile, persoane fizice sau persoane juridice, sunt obligate să participe la şedinţa de informare privind avantajele medierii, inclusiv, dacă este cazul, după declanşarea unui proces în faţa instanţelor competente, în vederea soluţionării pe această cale a conflictelor în materie civilă, de familie, precum şi în alte materii, în condiţiile prevăzute de lege.
[11] Ordonanţa de urgenţă a Guvernului nr. 90/2012
[12] 1^2) Instanţa va respinge cererea de chemare în judecată ca inadmisibilă în caz de neîndeplinire de către reclamant a obligaţiei de a participa la şedinţa de informare privind medierea, anterior introducerii cererii de chemare în judecată, sau după declanşarea procesului până la termenul dat de instanţă în acest scop, pentru litigiile în materiile prevăzute de art. 60^1 alin. (1) lit. a) – f).
[13] Cfr. Legea nr. 115/2012 e Ordonanţa de urgenţă a Guvernului nr. 90/2012
(1) În litigiile ce pot face, potrivit legii, obiect al medierii sau al altei forme alternative de soluţionare a conflictelor, părţile şi/sau partea interesată, după caz, sunt ţinute să facă dovada că au participat la şedinţa de informare cu privire la avantajele medierii, în următoarele materii:
a) în domeniul protecţiei consumatorilor, când consumatorul invocă existenţa unui prejudiciu ca urmare a achiziţionării unui produs sau unui serviciu defectuos, a nerespectării clauzelor contractuale ori garanţiilor acordate, a existenţei unor clauze abuzive cuprinse în contractele încheiate între consumatori şi operatorii economici ori a încălcării altor drepturi prevăzute în legislaţia naţională sau a Uniunii Europene în domeniul protecţiei consumatorilor;
b) în materia dreptului familiei, în situaţiile prevăzute la art. 64;
c) în domeniul litigiilor privind posesia, grăniţuirea, strămutarea de hotare, precum şi în orice alte litigii care privesc raporturile de vecinătate;
d) în domeniul răspunderii profesionale în care poate fi angajată răspunderea profesională, respectiv cauzele de malpraxis, în măsura în care prin legi speciale nu este prevăzută o altă procedură;
e) în litigiile de muncă izvorâte din încheierea, executarea şi încetarea contractelor individuale de muncă;
f) în litigiile civile a căror valoare este sub 50.000 lei, cu excepţia litigiilor în care s-a pronunţat o hotărâre executorie de deschidere a procedurii de insolvenţă, a acţiunilor referitoare la registrul comerţului şi a cazurilor în care părţile aleg să recurgă la procedura prevăzută la art. 1.013 – 1.024 sau la cea prevăzută la art. 1.025 – 1.032 din Legea nr. 134/2010, republicată, cu modificările şi completările ulterioare.
(1) Exerciţiul unor drepturi sau al unor libertăţi poate fi restrâns numai prin lege şi numai dacă se impune, după caz, pentru: apărarea securităţii naţionale, a ordinii, a sănătăţii ori a moralei publice, a drepturilor şi a libertăţilor cetăţenilor; desfăşurarea instrucţiei penale; prevenirea consecinţelor unei calamităţi naturale, ale unui dezastru ori ale unui sinistru deosebit de grav.
(2) Restrângerea poate fi dispusă numai dacă este necesară într-o societate democratică. Măsura trebuie să fie proporţională cu situaţia care a determinat-o, să fie aplicată în mod nediscriminatoriu şi fără a aduce atingere existenţei dreptului sau a libertăţii.
ARTICOLO 53
(1) L’esercizio di determinati diritti o libertà può essere limitata solo dalla legge e solo se necessario, se del caso, per: la difesa della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della salute o della morale, dei diritti e delle libertà dei cittadini; per lo svolgimento di un’indagine penale; per prevenire le conseguenze di una calamità naturale, un disastro, o un disastro gravissimo.
(2) Le restrizioni possono essere ordinate solo se necessario in una società democratica. La misura deve essere proporzionata alla situazione che ha causato la sua applicazione, senza discriminazioni e senza pregiudizio per l’esistenza del diritto o della libertà.
[17] (1) Orice persoană se poate adresa justiţiei pentru apărarea drepturilor, a libertăţilor şi a intereselor sale legitime.
(2) Nici o lege nu poate îngrădi exercitarea acestui drept.
(3) Părţile au dreptul la un proces echitabil şi la soluţionarea cauzelor într-un termen rezonabil.
(4) Jurisdicţiile speciale administrative sunt facultative şi gratuite.
[18] 13. Fata de critica formulata, Curtea observa ca medierea a fost consacrata in dreptul roman odata cu intrarea in vigoare a Legii nr. 192/2006. Potrivit art. 1 alin. (1) din aceasta lege, medierea reprezinta “o modalitate de solutionare a conflictelor pe cale amiabila, cu ajutorul unei terte persoane specializate in calitatea de mediator, in conditii de neutralitate, impartialitate, confidentialitate si avand liberul consimtamant al partilor”. Pornind de la definitia medierii, aceasta poate fi calificata ca fiind o procedura facultativa, informala, amiabila, confidentiala si desfasurata in prezenta unui mediator.
[19] 14. Pentru a determina obiectul medierii, respectiv cazurile in care partile pot recurge la mediere, Curtea observa ca, asa cum reiese din cuprinsul art. 2 alin. (5) din Legea nr. 192/2006, partile pot recurge la mediere atunci cand este vorba despre drepturi de care ele pot dispune.
[20] 15. Referitor la critica autoarei exceptiei, Curtea constata ca prevederile art. 2 alin. (1) din Legea nr. 192/2006 stipuleaza ca, daca legea nu prevede altfel, partile, persoane fizice sau persoane juridice, sunt obligate sa participe la sedinta de informare privind avantajele medierii, inclusiv, daca este cazul, dupa declansarea unui proces in fata instantelor competente, in vederea solutionarii pe aceasta cale a conflictelor in materie civila, de familie, precum si in alte materii, in conditiile prevazute de lege. In ceea ce priveste domeniul de aplicare al procedurii obligatorii, desi art. 2 alin. (1) din Legea nr. 192/2006 trimite, cu titlu general, la conflictele in materie civila, de familie, precum si in alte materii, in realitate, partile sunt tinute sa faca dovada participarii la sedinta de informare doar in materiile reglementate prin art. 601 alin. (1) lit. a)-f) din aceeasi lege.
[21] 16. Sanctiunea instituita in caz de nerespectare a obligatiei de a participa la sedinta de informare privind avantajele medierii, obligatie prevazuta de art. 2 alin. (1) din Legea nr. 192/2006, este reglementata in cuprinsul art. 2 alin. (12) din aceeasi lege potrivit caruia “Instanta va respinge cererea de chemare in judecata ca inadmisibila in caz de neindeplinire de catre reclamant a obligatiei de a participa la sedinta de informare privind medierea, anterior introducerii cererii de chemare in judecata, sau dupa declansarea procesului pana la termenul dat de instanta in acest scop, pentru litigiile in materiile prevazute de art. 601 alin. (1) lit. a)-f).” Astfel, Curtea observa ca, in situatia in care nu este respectata obligatia de a participa la sedinta de informare privind beneficiile medierii, instanta va respinge cererea de chemare in judecata ca inadmisibila, sanctiunea fiind instituita de o norma imperativa.
[22] 17. Curtea retine ca alin. (12) al art. 2 din Legea nr. 192/2006 a fost introdus prin art. I pct. 2 din Ordonanta de urgenta a Guvernului nr. 90/2012 pentru modificarea si completarea Legii nr. 192/2006 privind medierea si organizarea profesiei de mediator, precum si pentru modificarea art. II din Legea nr. 115/2012 pentru modificarea si completarea Legii nr. 192/2006 privind medierea si organizarea profesiei de mediator, ordonanta de urgenta publicata in Monitorul Oficial al Romaniei, Partea I, nr. 878 din 21 decembrie 2012. Curtea retine, totodata, ca, potrivit dispozitiilor tranzitorii cuprinse in art. VII din Ordonanta de urgenta a Guvernului nr. 4/2013 privind modificarea Legii nr. 76/2012 pentru punerea in aplicare a Legii nr. 134/2010 privind Codul de procedura civila, precum si pentru modificarea si completarea unor acte normative conexe, care modifica art. III din Ordonanta de urgenta a Guvernului nr. 90/2012, “Dispozitiile art. 2 alin. (12) din Legea nr. 192/2006 privind medierea si organizarea profesiei de mediator, cu modificarile si completarile ulterioare, referitoare la sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata, se aplica numai proceselor incepute dupa data de 1 august 2013.”
[23] 18. Curtea remarca faptul ca, desi art. 2 alin. (1) din Legea nr. 192/2006 se refera la obligatia partilor de a participa la sedinta de informare privind avantajele medierii, alin. (12) al aceluiasi articol prevede sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata numai pentru situatia in care reclamantul nu si-a indeplinit aceasta obligatie. Ca atare, paratul nu este obligat sa participe la o astfel de sedinta, singura conditie pe care reclamantul trebuie sa o indeplineasca este sa se adreseze unui mediator care sa il notifice pe parat, in conditiile art. 43 alin. (1) din Legea nr. 192/2006, adresandu-i o invitatie scrisa, ce poate fi transmisa prin orice mijloc ce asigura confirmarea primirii textului. Dovada participarii la sedinta de informare privind avantajele medierii se face printr-un certificat de informare eliberat de mediatorul care a realizat informarea. Daca una dintre parti refuza in scris participarea la sedinta de informare, nu raspunde invitatiei prevazute la art. 43 alin. (1) ori nu se prezinta la data fixata pentru sedinta de informare, se intocmeste un proces-verbal, care se depune la dosarul instantei.
[24] 19. In acest context, Curtea retine ca, asa cum rezulta din coroborarea art. 2 alin. (1) cu alin. (12) din Legea nr. 192/2006, pentru a se adresa instantei cu o cerere de chemare in judecata, pentru litigiile in materiile prevazute de art. 601 alin. (1) lit. a)-f) din legea precitata, legiuitorul a instituit in sarcina justitiabilului o obligatie noua, si anume aceea de a se adresa in prealabil unui mediator, pentru ca acesta sa il informeze despre avantajele medierii. In aceste conditii, Curtea constata ca introducerea obligativitatii informarii asupra medierii este in contradictie cu art. 21 din Legea fundamentala.
[25] 20. Curtea retine, totodata, ca in preambulul Directivei 2008/52/CE a Parlamentului European si a Consiliului din 21 mai 2008 privind anumite aspecte ale medierii in materie civila si comerciala, publicata in Jurnalul Oficial al Uniunii Europene seria L nr. 136 din 24 mai 2008, se prevede ca “medierea ar trebui sa constituie o procedura voluntara, in sensul ca partile sunt ele insele responsabile de procedura si o pot organiza dupa cum doresc si incheia in orice moment.” De asemenea, art. 3 lit. a) din directiva defineste medierea ca fiind un proces “in care doua sau mai multe parti intr-un litigiu incearca, din proprie initiativa, sa ajunga la un acord privind solutionarea litigiului dintre ele (…)”. Art. 5 alin. (1) intitulat “Recurgerea la mediere” prevede ca “o instanta la care a fost introdusa o actiune poate, atunci cand este cazul si avand in vedere toate circumstantele cazului respectiv, sa invite partile sa recurga la mediere pentru a solutiona litigiul. Instanta poate, de asemenea, invita partile sa participe la o sesiune de informare privind recurgerea la mediere daca astfel de sesiuni sunt organizate si sunt usor accesibile.” Ca atare, dispozitiile acestei directive se refera doar la posibilitatea, si nu la obligatia partilor de a urma procedura medierii, deci nimic obligatoriu referitor la mediere si, cu atat mai putin, la procedura prealabila de informare cu privire la avantajele medierii.
[26] La mediazione non può essere obbligatoria per le parti.
[27] 22. Curtea apreciaza, totodata, ca reglementarea legala criticata, respectiv art. 2 alin. (1) din Legea nr. 192/2006, prin care partile sunt obligate la parcurgerea procedurii de informare asupra medierii, rastoarna prezumtia irefragabila “nemo censetur ignorare legem”. Daca legea, in speta Legea nr. 192/2006, cu toate modificarile ei, este publicata in Monitorul Oficial al Romaniei, Partea I, potrivit acestui adagiu, cetateanul beneficiaza de prezumtia de cunoastere a legii. Ca atare, nu este justificata o procedura speciala de informare asupra continutului unei atare legi. In mod indubitabil aceasta obligatie instituita sub orice sanctiune, nu doar sub aceea a inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata, contravine dispozitiilor art. 21 din Constitutie, care prevad ca nicio lege nu poate ingradi exercitarea accesului liber la justitie. Obligativitatea participarii la informarea despre avantajele medierii reprezinta o ingradire a accesului liber la justitie, deoarece se constituie intr-un filtru pentru exercitarea acestui drept constitutional, iar prin sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata, acest drept este nu doar ingradit, ci chiar interzis.
[28] 23. Intrucat pot exista situatii in care persoanele fizice sau juridice doresc ca solutionarea conflictului sa se faca exclusiv de catre instanta de judecata, Curtea constata ca prin reglementarea legala criticata nu le este permis acestora sa aprecieze singuri daca au sau nu nevoie de aceasta informare. Accesul liber la justitie reprezinta facultatea fiecarei persoane de a se adresa unei instante judecatoresti pentru apararea drepturilor sale sau valorificarea intereselor sale legitime. Orice limitare a acestui drept, oricat de neinsemnata ar fi, trebuie sa fie temeinic justificata, analizandu-se in ce masura dezavantajele create de ea nu cumva depasesc posibilele avantaje. Atat in jurisprudenta Curtii Constitutionale, cat si in jurisprudenta Curtii Europene a Drepturilor Omului, se arata ca “simpla sa consacrare legala, chiar si la nivelul suprem, prin Constitutie, nu este de natura a asigura si o eficacitate reala a acestuia, atat timp cat, in practica, exercitarea sa intampina obstacole. Accesul la justitie trebuie sa fie asigurat, in consecinta, in mod efectiv si eficace” (a se vedea, spre exemplu, Decizia Curtii Constitutionale nr. 670 din 18 mai 2011, publicata in Monitorul Oficial al Romaniei, Partea I, nr. 421 din 16 iunie 2011).
[29] 25. In contextul celor mai sus retinute, Curtea constata ca obligatia instituita in sarcina partilor, persoane fizice sau persoane juridice, de a participa la sedinta de informare privind avantajele medierii, sub sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata, este o masura neconstitutionala, fiind contrara dispozitiilor art. 21 din Constitutie.
[30] 26. Avand in vedere art. 31 alin. (2) din Legea nr. 47/1992 privind organizarea si functionarea Curtii Constitutionale, care prevede ca, “In caz de admitere a exceptiei, Curtea se va pronunta si asupra constitutionalitatii altor prevederi din actul atacat, de care, in mod necesar si evident, nu pot fi disociate prevederile mentionate in sesizare”, Curtea isi va extinde controlul de constitutionalitate si asupra prevederilor art. 2 alin. (12) din Legea nr. 192/2006, care instituie sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata in caz de neindeplinire a obligatiei de a participa la sedinta de informare privind medierea, obligatie prevazuta de art. 2 alin. (1) din aceeasi lege, text de lege criticat in cauza.
[31] 27. Pentru argumentele expuse mai sus, Curtea constata ca prevederile art. 2 alin. (1) si (12) din Legea nr. 192/2006 privind medierea si organizarea profesiei de mediator, cu modificarile si completarile ulterioare, sunt neconstitutionale si contravin art. 21 din Constitutie care consacra accesul liber la justitie.
[32] 28.In ceea ce priveste prevederile art. 601 din Legea nr. 192/2006, Curtea retine ca prin aceasta reglementare legiuitorul a circumstantiat materiile in care partile sunt tinute sa faca dovada participarii la sedinta de informare, prevazuta de art. 2 alin. (1) din aceeasi lege, sub sanctiunea inadmisibilitatii cererii de chemare in judecata. Mai exact, obligativitatea participarii la sedinta de informare cu privire la avantajele medierii nu priveste toate materiile in care este posibila medierea, ci este limitata expres la anumite domenii, acestea fiind urmatoarele: protectia consumatorului [lit. a), care trebuie coroborata si cu art. 2 alin. (2) din lege], dreptul familiei [lit. b), in situatiile prevazute de art. 64, respectiv in ceea ce priveste continuarea casatoriei, partajul bunurilor comune, exercitiul drepturilor parintesti, stabilirea domiciliului copiilor, contributia parintilor la intretinerea acestora, orice alte neintelegeri care apar in raporturile dintre soti, cu privire la drepturi de care acestia pot dispune potrivit legii], litigiile privind posesia, granituirea, stramutarea de hotare, orice alte litigii ce privesc raporturile de vecinatate [lit. c) ], in cauzele de malpraxis, daca vreo lege speciala nu prevede o alta procedura [lit. d) ], in litigiile de munca in legatura cu contractul individual de munca [lit. e) ], in litigiile civile a caror valoare este sub 50.000 lei, cu exceptia cazurilor in care s-a pronuntat o hotarare executorie de deschidere a procedurii de insolventa, a actiunilor referitoare la registrul comertului si a cazurilor in care partile aleg sa parcurga procedura ordonantei de plata, prevazuta de art. 1.013-1.024 din noul Cod de procedura civila sau a cererilor de valoare redusa, prevazuta de art. 1.025-1.032 din noul Cod de procedura civila [lit. f) ].
[33] 29. In acest context, Curtea apreciaza ca art. 601 din Legea nr. 192/2006 trebuie privit din prisma efectelor declararii ca neconstitutionale a prevederilor art. 2 alin. (1) si (12) din Legea nr. 192/2006. Astfel, in cazul in care partile vor opta pentru mediere, in scopul rezolvarii diferendelor existente intre ele, acestea se vor prezenta la sedinta de informare cu privire la avantajele medierii doar in situatia in care vor considera necesara participarea la o astfel de sedinta, pentru informatii si lamuriri cu privire la avantajele medierii. Cu aceasta ocazie, mediatorul are obligatia sa dea orice explicatii partilor cu privire la activitatea de mediere, pentru ca acestea sa inteleaga scopul, limitele si efectele medierii, in special asupra raporturilor ce constituie obiectul conflictului. Participarea la sedinta de informare nu va mai reprezenta insa o obligatie pentru parti, ci o optiune voluntara a persoanelor interesate sa recurga la o asemenea metoda alternativa, facultativa, de solutionare a conflictelor. Asa fiind, Curtea constata ca exceptia de neconstitutionalitate a prevederilor art. 601 din Legea nr. 192/2006 este neintemeiata.
[34] Che peraltro sono pubblicate sulla gazzetta ufficiale e dunque la loro ignoranza non scusa.
Natalie Fricero è un docente ordinario dell’Università di Nizza.
E’ stata membro della Commissione Guinchard che col suo rapporto nel 2008 ha aperto le porte della negoziazione assistita in Francia.
In questa intervista ci spiega che per fruire della negoziazione assistita l’avvocato deve formarsi in tecniche di comunicazione e negoziazione e deve essere addestrato ad andare in mediazione.
A commento di questa intervista Dominique Lopez, uno dei più importanti avvocati negoziatori di Francia (http://www.cyber-avocat.com/CaFamille/Equipe.asp) scrive quanto segue: “Fort bien, qu’ils le soient est toujours un plus pour négocier, c’est vrai mais si en face l’autre avocat n’est pas formé car il n’en a nulle obligation, il sera très dur d’arriver à un accord qui ne soit pas une concession réciproque au sens juridique du terme? C’est donc perdre une chance d’avoir votre solution optimale et encore faut-il que l’avocat non formé à ces techniques ne s’arcqueboute pas naturellement sur une défense légitime mais axée uniquement sur les positions de base de son client. Ce ne sera que temps perdu et personne n’en sortira gagnant”.
Insomma o gli avvocati sono preparati in tecniche di negoziazione e comunicazione oppure se si parla solo di posizioni giuridiche la negoziazione assistita si traduce in una mera perdita di tempo.
“L’avocat, acteur des modes amiables de résolution des différends” è un brochure che il CNF francese (CNB) ha preparato nell’ottobre del 2014 per divulgare la cultura dei MARC (così chiamano gli ADR in Francia).
Ora noi sappiamo che il CNB sta spingendo per la negoziazione assistita ma in questo opuscolo sono contenuti dati interessanti e soprattutto imparziali.
Si spiega ad esempio che ci sono ben dieci buone ragioni per andare in mediazione e farsi accompagnare da un avvocato.
Che circa l’84% delle imprese che hanno partecipato ad una mediazione (Rapporto Magendie) si sono dichiarate soddisfatte.
Che il 99% degli accordi in mediazione hanno avuto esecuzione spontanea.
Che la presenza dell’avvocato favorisce gli accordi per il 50%.
Che in Francia ci sono ben 64 centri di mediazione gestiti dall’avvocatura.
Questa apertura alla mediazione è forse dovuta al fatto che a prescindere dalla parificazione di legge e dalle direttive del Governo, il CNB ha dovuto tener conto dei dati disastrosi sulla n.a. e di uno Studio.
L’Istituto IPSOS su richiesta del Consiglio Nazionale Forense di Francia (CNB), ha realizzato uno studio (cfr.http://blogcdcl.wordpress.com/) per conoscere gli usi delle società in materia di ADR e le loro esigenze e aspettative.
I risultati sono stati i seguenti:
– I conflitti sono legati a una violazione del contratto e coprono il 96% delle PMI
– Un terzo delle PMI ha incontrato nel corso degli ultimi tre anni un conflitto relativo a una violazione del contratto
– La disponibilità ad una risoluzione amichevole è indiscutibile, ma le aziende non rinunciano al processo
– Una risoluzione deve essere veloce e contribuire a mantenere le relazioni
– Solo una società su 10 ha utilizzato l’ADR
– Le aziende, una volta informati sono interessate a verificare i benefici: velocità, efficienza, mantenimento delle buone relazioni e basso costo
– Alla fine dell’intervista il 72% delle imprese ha previsto di inserire una clausola nel loro contratto per obbligarsi all’uso di un ADR
Il 9 ottobre 2014 è stato reso disponibile il rapporto CEPEJ (Commissione Europea per l’efficienza della giustizia) per il 2014
Si tratta del Report on “European judicial systems – Edition 2014 (2012 data): efficiency and quality of justice“ che analizza appunto la qualità e l’efficienza della Giustizia nei paesi aderenti al Consiglio Europeo.
45 Paesi hanno partecipato al rapporto: solo il Liechtenstein e San Marino non sono stati in grado di inviare i propri dati.
Si può scaricare all’indirizzo http://www.coe.int/t/dghl/cooperation/cepej/evaluation/2014/Rapport_2014_en.pdf
Tra la miriade dei dati che riguardano il nostro paese (la parola Italy ricorre ben 376 volte nel corpo del documento) ne ho scelto alcuni che mi paiono curiosi.
La rilevazione riguarda l’anno 2012.
E’ davvero consolante in particolare sapere che la spesa pubblica in Italia è stata maggiore di quella della Federazione Russa che ha più del doppio dei nostri abitanti.
E che stanziammo per la giustizia quanto la Germania.
Che solo lo 0,1 del budget destinato dal Ministero della Giustizia ai Tribunali è stato impiegato per la formazione.
Che l’incremento dei costi giudiziari dal 2010 al 2012 fu dovuto ai salari che venivano pagati ai giudici, e che invece sono stati irrilevanti gli aumenti di stipendio del restante personale.
Che è successo una sola volta in tutta la storia del sistema giudiziario che un Ministro della Giustizia promettesse un bonus alle Corti ed ai singoli magistrati (del settore civile) per ridurre il contezioso
Che nel 2012 le mediazioni giudiziarie in Italia sarebbero state solo 5.
Che l’Italia non sa quanti mediatori avesse nel 2012 e quindi non ha comunicato alcunché al CEPEJ.
Che sempre nel 2012 per la durata di un primo grado l’Italia fu superata solo dalla Bosnia e da Malta.
Che le cause di divorzio in quell’anno sono diminuite del 3,5% e nonostante ciò il tempo processuale dedicato a quelle promosse è aumentato del 30%.
Che la durata di una procedura fallimentare in Italia nel 2012 era di oltre 2500 giorni.
Che un giudice italiano a fine carriera nel 2012 guadagnava il triplo di un giudice all’inizio della carriera.
Che un giudice italiano a fine carriera guadagnava 65 volte di più di un giudice armeno.
Nel mio quotidiano lavoro di modesto studioso di storia antica si affacciano sempre due domande: chi era il legislatore? Chi era il giudice?
Generalmente la risposta è piuttosto semplice: il legislatore ed il giudice non erano giuristi di professione.
Non lo erano i Pretori dell’età repubblicana, anche se si servivano di assessori legali che erano giuristi; non lo erano gli Imperatori che pur avevano un consistorium auditorium, né i Presidi o i Prefetti del pretorio che a loro volta erano coadiuvati dagli assessori e così pure i Difensori di città[1] dell’epoca imperiale, e per venire a tempi successivi non lo erano gli Sculdasci dei Longobardi, il Baiulo degli Svevi o i Consoli di giustizia dell’età delle repubbliche[2], il giudice di pace inglese[3], il giudice di pace francese del 1790[4].
Ciò più o meno vale dunque sino alla Rivoluzione Francese, ma ci sono eccezioni anche per gli anni successivi, ad esempio il conciliatore della Repubblica Ligure del 1798, il conciliatore italiano del 1865, i conciliatori francesi introdotti nel 1978.
Poi un tempo si distingueva tra giureconsulti, avvocati e procuratori: non c’era corrispondenza.
La categoria dei giuereconsulti è sepolta da secoli.
Fino al 1860, ma anche oltre, la differenza tra avvocato e quella di procuratore era importante perché il primo si occupava del consiglio e delle questioni giuridiche, i procuratori degli aspetti procedurali e del contatto con le parti.
Questa distinzione era così forte e radicata che già Quintiliano ci racconta che una delle fasi giudiziarie, l’altercazione, era di stretta pertinenza dei procuratori; in pratica gli avvocati non si mischiavano nel litigio, mentre lo facevano i procuratori che per questo erano detti negoziatori forensi.
Detta impostazione era peraltro vivissima anche quando ho iniziato a fare la professione forense: la distinzione tra avvocato e procuratore si riverberava pure sulle competenze che la legge assegnava alle due qualifiche.
Quel che voglio dire è che un tempo una attività come la negoziazione assistita di cui oggi si discute come l’Araba fenice, non sarebbe stata mai presa in considerazione dall’avvocato, ma sarebbe forse stata svolta dal procuratore, magari per sbarcare il lunario.
La stessa rappresentanza del cliente in mediazione che pare una grande conquista del CNF, applaudita anche da alcuni giudici cassazionisti, non sarebbe stata mai stata considerata prerogativa di un avvocato nei tempi passati; erano i procuratori che rappresentavano le parti in giudizio, l’avvocato si limitava a scrivere gli atti.
Diversa cosa possiamo dire del mediatore che era un nobile quanto provvisorio[5] ruolo del giureconsulto che conciliava dall’alba al tramonto senza pretendere alcun pagamento[6].
Certo i tempi sono cambiati, ma ciò che consideriamo apertura verso un mondo che sembra richiedere nuove competenze rischia di riverberarsi pesantemente sulla professione dell’avvocato alterando profondamente le sue funzioni.
Non è un caso che ad esempio nel mondo anglo-sassone gli studi professionali sono organizzati in sezioni specializzate di ADR e litigation.
La cumulazione di tante cariche in un solo professionista che i governi di questi ultimi anni vorrebbero mettere in campo, il rappresentante, l’assistente, l’arbitro, il negoziatore, il mediatore di diritto ecc., probabilmente più che rafforzare indebolisce la professione forense.
Almeno negli altri paesi si sono previsti appositi percorsi formativi: da noi sono soltanto etichette vuote su cui si scrivono e si sono scritti fiumi di parole, addirittura manuali e quant’altro senza spesso e purtroppo conoscere nemmeno le caratteristiche degli istituti fondamentali da cui queste figure prenderebbero le mosse.
E questo naturalmente se la professione legale non vuol cambiare pelle e continuare ad avere le caratteristiche che sono immutate da secoli.
Detto questo rischio di divagare e torno alle due domande iniziali.
Chi è oggi legislatore e chi è il giudice.
Possiamo dire che i giudici sono dei professionisti che svolgono il loro ruolo in tribunale (anche questa collocazione non trova spesso riscontro nel passato) che hanno superato un esame piuttosto duro e difficile in materie giuridiche, ma il legislatore nel 2014 chi è?
Se osserviamo coloro che hanno proposto emendamenti al decreto-legge 132-14 (cfr. la tabella qui sotto) si può affermare che il panorama è assai variegato.
Ricordo che stiamo parlando di un provvedimento che riguarda strettamente la disciplina della giustizia civile.
Professioni
Numero
qualifiche particolari
Avvocati
18
Funzionario carriera direttiva, abilitato alla professione forense 1
Politici
13
Ex Assessore Bilancio Finanze del Comune di Pinerolo 1; Dirigente, funzionario della Camera dei deputati, docente universitario 1; Funzionario di partito 2; Imprenditore Sindaco del Comune di Carovigno 1; Ex funzionario agenzia ONU 1; Assessore alla Sanità, salute e politiche sociali della Regione Valle d’Aosta 1Segretario politico P.A.T.T., Assessore alla cultura della Provincia autonoma di Trento 1; Vicepresidente del gruppo PD 1
Vicesindaco del Comune di Pavia 1; Segretario comunale 1; Sindaco – consigliere regionale 1; Appartenente al corpo di polizia penitenziaria Sindaco del Comune di Corciano 1
Imprenditori
13
Imprenditrice di società agricola, avvocatessa non più iscritta all’Albo 1; Commerciante agricoltore 1
Insegnanti
9
Insegnante di filosofia 1; insegnante biologo 1; Insegnante scuola primaria 2; insegnante dirigente di partito 1; Insegnante 4
Impiegati
7
Funzionario amministrativo, pubblicista 1; Dirigente quadro nel settore privato 1; Tecnico in studio professionale audiologia 1
Docenti universitari (non avvocati)
3
Docente universitario di demografia 1;Docente universitario ordinario di storia contemporanea (Università La Sapienza – Roma) 1; Coordinatore generale Sanità – Università di Buenos Aires 1
Giornalista
3
Pubblicista 1
Magistrati
3
Consulenti
2
Consulente di impresa 1
Ingegneri
2
Architetto
1
Commercialista
1
Consulente del lavoro
1
Presidente Fondazione Villa Emma (Nonantola, MO)
1
Orientatore e selezionatore del personale
1
Dirigente sindacale
1
Come si può agevolmente notare non c‘è un solo mediatore civile e commerciale, o almeno nelle schede parlamentari i senatori non si palesano come tali: sarà una forma di pudore?
I magistrati sono trattati numericamente alla stessa stregua dei giornalisti e dei consulenti.
Le professioni liberali diverse dall’avvocato in Commissione non sono quasi rappresentate.
Gli insegnanti e gli impiegati sono in maggior numero dei docenti universitari, almeno di quelli non giuristi che ho evitato di citare dato che li ho ricompresi tra gli avvocati.
Ci soddisfa un legislatore così composto in una materia tecnica come quella della giustizia?
Un legislatore che si fa vanto delle resistenze dell’ordine giudiziario?
Il senatore BARANI (GAL) che per inciso è un medico, ha appunto dichiarato che “il decreto-legge, per il fatto stesso di avere incontrato resistenze da parte degli esponenti dell’ordine giudiziario, deve pur annoverare disposizioni positive e favorevoli“.
Qualcuno dovrebbe spiegargli che sono almeno duecento anni che si riconoscono tre poteri. Rousseau e Montesquieu si stanno rivoltando nella tomba e con lui tutti gli Enciclopedisti, Locke e Cartesio…
Ma ammettiamo che non sia corretto giudicare le capacità tecniche delle persone dalle loro professioni.
Può essere allora opportuno trattare di qualche emendamento (sono 400).
Un primo emendamento richiede che in negoziazione assistita, ove sussistano le condizioni per il gratuito patrocinio, l’avvocato venga pagato dallo Stato se fa raggiungere al suo cliente un accordo[7].
Secondo il Codice del Principato di Trento (stiamo parlando del 1788) se gli avvocati non raggiungevano un accordo davanti al giudice non venivano pagati, o meglio gli si riconosceva solo le spese di carrozza ed il vitto per quelli che non erano residenti nel comune del Tribunale.
Evidentemente gli attuali firmatari si sono ispirati a questa disciplina.
E dunque se passasse questo emendamento l’avvocato avrebbe un’unica possibilità per sbarcare il lunario, far accordare a qualsiasi costo il suo cliente, e ciò anche se l’accordo fosse assolutamente iniquo. Non mi pare ovviamente una grande pensata.
Altri emendatori pensano che il genitore che sia tutore del proprio figlio non debba tenere la contabilità a sensi di legge[8].
A parte l’inconferenza di questo emendamento con il decreto-legge mi chiedo se questi senatori abbiano mai avuto a che fare con un ufficio del giudice tutelare o con i tutori prima di formulare questa proposta. Sono tantissime le cause che si intentano in queste materie, proprio perché il genitore agisce spesso in conflitto di interesse con il tutelato.
C’è poi qualcuno che vorrebbe la negoziazione assistita per il trasferimento degli immobili sino a 30.000 euro di valore[9]. Ma a Lecce, città di provenienza del senatore proponente, gli immobili valgono così poco? Forse si riferiva ai garage…
Altri stimati senatori pensano di innovare il regime della prova scritta che fonda la possibilità di richiedere decreto ingiuntivo[10] con un invito a mediare o a negoziare che siano seguiti da silenzio, rifiuto o da mancata partecipazione.
Mi chiedo se abbiano mai partecipato ad una mediazione. Avranno mai letto le domande che fanno valere i colleghi avvocati in mediazione?
Frequentemente sono tentativi – denontanti profonda ignoranza della procedura di mediazione – di ottenere dal mediatore quello che il giudice non concederebbe mai; poche di quelle vertenze arriveranno realmente nelle aule di giustizia (dal che si può anche dedurre che la funzione deflativa della mediazione è quasi una favola metropolitana;la mediazione è un’altra cosa e serve altri bisogni che poco hanno a che fare con la giurisdizione).
Ma chi emette un decreto ingiuntivo giudica, eserita la giurisdizione.
Un conto è fondare l’azione esecutiva sul lodo o sul verbale di accordo come fanno ad esempio in Spagna, ed un altro è prendere in considerazione parametri evanescenti;così non si portano le persone in mediazione, ma si fomentano soltanto nuove liti.
Vi è poi chi ha proposto di abrogare la mediazione obbligatoria entro due anni dalla conversione del decreto e di sostituirla con la negoziazione assistita[11].
Vorrei tanto che mi spiegasse la ratio di una tale disposizione.
A parte il fatto che se l’arbitrato e la negoziazione assistita non dovessero funzionare ci troveremmo senza strumenti alternativi. Ma l’Europa va in un’altra direzione: tra due anni in Europa si faranno mediazioni, arbitrati e neutre valutazioni anche in tema di consumo. Nessuno fa riferimento alla negoziazione assistita, ormai nemmeno i Francesi.
E noi vogliamo che la mediazione cessi di esistere per le questioni interne e transfrontaliere?
E la direttiva 52/08 poi come la applichiamo? con la mediazione facoltativa?
Quanti organismi rimarrebbero a dare sicurezza all’Europa circa l’accesso alla giustizia?
A prescindere dal fatto che la direttiva 52/08 non menziona la negoziazione assistita, ve lo immaginate un avvocato italiano che negozia con uno polacco? per la negoziazione assistita non è previsto allo stato alcun onere formativo, nemmeno linguistico.
C’è poi un senatore che propone lo stesso emendamento sull’introduzione della negoziazione assistita per il pagamento di somme con l’indicazione di due cifre diverse[12]: prima 5000 e poi 50.000 €; forse aveva le idee un po’ confuse?
Ancora c’è un emendamento che stravolge l’uso dell’istituto della negoziazione assistita[13], escludendo in seguito la mediazione e la conciliazione.
La ratio della negoziazione assistita è quella di creare uno spazio di sicuro esperimento della conciliazione nel quale le persone negoziano (ce lo insegnano i Francesi che l’hanno inventata).
In Francia vi è effettivamente l’esclusione della mediazione e conciliazione, ma nel caso in cui le parti abbiano negoziato (Lorsque, faute de parvenir à un accord au terme de la convention, les parties soumettent leur litige au juge, elles sont dispensées de la conciliation ou de la médiation préalable le cas échéant prévue. Art. 2066 c. 2 C.c.).
Peraltro già nel paese transalpino la norma è stata molto criticata perché là pur non essendoci la mediazione obbligatoria, con questo meccanismo si scavalca la mediazione pattizia.
Ma questo emendamento invece ci dice che se anche non accade nulla (mancata risposta all’invito o decorsi 30 giorni) si può andare davanti al giudice e questo è davvero inaccettabile (sembra di rinverdire il toc di antica memoria).
C’è ancora chi propone di precludere la mediazione una volta esperita la negoziazione assistita, dimenticandosi probabilmente che esistono ancora il Codice civile e le norme sull’autonomia privata[14].
Ingegnoso è chi propone di estendere negoziazione assistita a tutte le controversie intervenute con la Pubblica Amministrazione, dimenticandosi probabilmente che una convenzione con il potere pubblico non può avere le stesse caratteristiche di una convenzione intervenuta tra privati[15].
Altri senatori, bontà loro, propongono di mettere un tetto di 120.000 € al compenso arbitrale per le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee[16].
Perché un arbitrato in queste materie potrebbe venire a costare di più?
Lo dico da ignorante. Mi viene il dubbio che qualcuno abbia creduto di arbitrare in qualche paese petrolifero.
In una Italia dove ormai non si riasfaltano nemmeno le strade ammalorate c’è qualcuno che pensa che per deflazionare il contenzioso si possano spendere più di 120.000 €?
E che dire a chi vorrebbe stravolgere in un sol colpo tutte le cautele apprestate in 50 anni di diritto del lavoro inserendo nel contratto individuale privato la clausola di arbitrato?[17].
C’è poi l’emendamento 1.1[18], forse il più corposo, che propone di utilizzare le risorse degli organismi COA di mediazione per le Camere arbitrali. Saranno contenti gli amministrativi, se ci si riferisce a quelli.
Se invece si fa riferimento ai mediatori la cosa è gustosa… Gli arbitri secondo gli emendatori dovrebbero venir pagati coi crediti di imposta e le parti corrisponderebbero solo i diritti di segreteria; così gli Ordini forensi sopravviverebbero grazie ai 40 € delle mediazioni oltre ai corposi diritti di segreteria per gli arbitrati ed i mediatori continuerebbero a lavorare gratis (v. decreto del fare) sia in mediazione che in arbitrato.
Se poi si mette insieme questo emendamento col recente art. 14 bis c. 1 del d.m. 4 agosto 2014, n. 139, un’altra splendida pensata stavolta di Confindustria, viene fuori che i mediatori-avvocati non possono portare i loro clienti al COA dove svolgono la loro funzione (e dunque le mediazioni su cui comunque lavorano gratis diminuiscono), mentre nulla osta che possono portare i loro clienti in arbitrato al COA.
Inoltre per le precedenti disposizioni (v. art. 55 bis Codice deontologico) non possono usare comunque il loro studio per mediare. Al contrario per l’emendamento in discussione quando arbitrano possono usare le loro strutture.
La cosa è completamente assurda perché un arbitro giudica, mentre un mediatore facilita solo la comunicazione. Non si presta ad inciuci il giudizio arbitrale?
Una bella pensata di coloro che evidentemente hanno davvero a cuore il futuro della giustizia, che conoscono bene gli strumenti alternativi e che hanno soprattutto ben presente quale sia la situazione economica dei lavoratori autonomi. I miei complimenti, è talmente surreale che potrebbe anche essere ammesso.
O vogliamo dire che tutti i lacci e lacciuoli negli ADR che ha messo il legislatore italiano ed il CNF in questi anni non hanno alcun senso se non quello di fermarne la diffusione? Specie ragionando sul fatto che comunque oggi le parti in queste procedure sono accompagnate dal loro legale?
Se andiamo avanti nell’analisi però ci sono anche alcuni emendamenti che meriterebbero di essere considerati.
Il primo è di sicuro quello a firma del senatore Mario Mauro teso a dare finalmente dignità alla mediazione familiare[19].
Vanno segnalati anche quelli che vogliono imporre la presenza personale delle parti in mediazione, ad abrogare la sperimentalità della procedura e finalmente ad eliminare l’attuale disciplina dell’attuale primo incontro di mediazione[20].
Ma si dubita che questo legislatore avrà la sensibilità di dare attuazione a questi ultimi buoni propositi.
[1] L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano, vol VIII p. I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1896, p. 44.
[2] Eccezione al principio sono forse lo Scabino di età franca che potremmo definire erede del giureconsulto romano ed il Bailo, giudice e conciliatore nelle terre non feudali che doveva essere notaio. Solo nel 1770 in Piemonte si iniziò a richiedere la laurea per i giudici di nomina regia. (Cfr. Atti parlamentari subalpini, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, 1869, p. 360) anche se, per la verità già una norma savoiarda del 1430 (Statuta Sabaudiae; v. in seguito Leggi e Costituzioni di Sua Maestà del 1729 art. 2 lib. II Tit. V) richiedeva ai giudici di città e delle terre non feudali di essere dottori.
[3]Per questa carica i professionisti del foro venivano deliberatamente esclusi. Ma con una legge del 25 maggio 1871 si limitò l’incompatibilità all’attorney o solicitor (procuratore e avvocato) che eserciti la professione nella stessa contea. L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, op. cit., p. 48. Il giudice di pace in un primo tempo era comunque assistito da due giuristi chiamati Quorum.
[4] Che era parimenti affiancato da due assessori.
[6] Spesso i giuristi discettatori partecipavano alle riunioni di conciliazione in piedi su uno scranno che si teneva all’entrata della domus ed erano presenti come ai tempi attuali anche alcuni tirocinanti. Cfr. C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, in Itinerari di ADR- ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION collana diretta da Marco marinaro, ARACNE editrice s.r.l., 2014, p. 36.
CASSON, LUMIA, CAPACCHIONE, CIRINNÀ, FILIPPIN, GINETTI, LO GIUDICE
Dopo l’articolo, inserire il seguente:
«Art. 11-bis.
(Incentivi fiscali per la negoziazione assistita)
Alla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocini a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materià di spese di giustizia di cui aI decreto del Presidente della Repubblica deI 30 maggio 2002, n. 115, può essere concesso il beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche per l’assistenza di un avvocato svolta nel corso della procedura partecipativa di negoziazione assistita purché terminata con un accordo. L’ammissione della parte ai benefici del patrocinio a spese dello Stato è decisa dal Tribunale competente per territorio in relazione al luogo di residenza della parte, purché siano prodotte la convenzione di negoziazione assistita con data certa e la copia dell’accordo raggiunto nell’ambito della procedura.
Agli accordi raggiunti per mezzo delle procedure previste nella presente legge si applicano le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 11 e 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 e successive modificazioni. L’attestazione, ai fini dei benefici sulle imposte dei redditi, è rilasciata dai legali delle parti, i quali sono responsabili verso l’Agenzia delle entrate dell’attestazione resa; la falsa attestazione, fermo restando quanto previsto dal codice penale, costituisce altresì, per l’avvocato, illecito disciplinare».
Conseguentemente, all’articolo 22, comma 1, sostituire le parole: «articoli 18 e 20, pari a euro 550.000,00 per l’anno 2014 e a euro 100.000,00», con le seguenti: «articoli 11-bis, 18 e 20, pari a euro 1.000.000,00 per l’anno 2014 e a euro 700.000,00».
(Semplificazioni in materia di contabilità dell’amministrazione)
All’articolo 424 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
”3-bis. Fermo quanto previsto dal primo comma, le disposizioni in materia di contabilità dell’amministrazione di cui all’articolo 380 del codice civile non si applicano qualora tutore dell’interdetto sia uno dei genitori”».
(Trasferimento di beni immobili con negoziazione assistita)
La procedura di negoziazione assistita di cui agli articoli precedenti può altresì essere utilizzata ai fini del trasferimento di beni immobili di valore inferiore a 30.000 euro. L’accordo, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per la trascrizione nei registri immobiliari>>
(Modifica degli articoli 633, 634 e 642 del codice di procedura civile per i casi di omessa risposta, rifiuto o di mancata partecipazione ad un invito ad una procedura di negoziazione assistita o di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28)
– All’articolo. 633, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: ”L’ingiunzione può essere pronunciata, anche fuori dai casi previsti dal primo comma, purché il ricorrente offra elementi atti a dimostrare la fondatezza della propria richiesta e sempre che la stessa non riguardi un diritto indisponibile, nel caso in cui, prima della proposizione di una domanda giudiziale, una parte abbia invitato, per il tramite del difensore designato e con le forme previste, l’altra parte a ricorrere alla procedura di negoziazione assistita o abbia proposto istanza di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, e tale invito non sia stato seguito da risposta o sia seguito da un rifiuto non motivato o dalla mancata partecipazione al procedimento proposto”.
All’articolo 634, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: ”È prova scritta al fine di quanto previsto al terzo comma dell’articolo 633, l’invito ad aderire ad una procedura di negoziazione assistita o l’atto di avvio di una procedura di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, seguita, sotto la propria responsabilità, dall’attestazione del difensore designato che all’invito non è stata data risposta o che la stessa è stata rifiutata, o da dichiarazione dell’organismo di mediazione attestante il mancato accordo a seguito della mancata partecipazione di una parte al relativo tentativo”.
All’articolo. 642, dopo il terzo comma, è aggiunto il seguente: ”Se il ricorso è fondato su pretesa specificamente indicata quale domanda nell’atto di avvio della procedura di negozi azioneassistita o di mediazione ai sensi del Decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, se la stessa è motivata dalla mancata risposta o fa seguito ad un immotivato rifiuto o alla mancata partecipazione all’invito di procedere ad una procedura di negozi azione assistita o di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, il giudice, su istanza del ricorrente, pronuncia l’ingiunzione, autorizzando l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando termine ai soli effetti dell’opposizione. Il giudice può imporre al ricorrente una cauzione. Il giudice autorizza, altresì, la trascrizione del titolo, ove necessario, con riserva di provvedere alla successiva annotazione del passaggio in giudicato del decreto. Il decreto divenuto esecutivo acquista efficacia di giudicato sostanziale ai sensi dell’articolo 2909 del codice civile”.
Le attestazioni previste nel secondo comma sono rilasciate dal difensore del ricorrente o dall’organismo di mediazione sotto la loro rispettiva responsabilità e la falsità delle stesse o dei loro contenuti, ancorché parziale, comporta sanzioni deontologiche non inferiori alla sospensione per l’avvocato dall’esercizio della professione, e l’esclusione dall’elenco degli organismi di mediazione per l’organismo di mediazione; i medesimi rispondono inoltre nei confronti del danneggiato per la responsabilità civile ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile».
Dopo il comma 8 aggiungere, in fine, i seguenti commi:
«8-bis. Decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, altresì, alle controversie previste dal primo periodo del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
8-ter. Le disposizioni di cui al comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, cessano di avere efficacia decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge«.
Conseguentemente, all’articolo, apportare le seguenti modifiche:
a) al comma 1, secondo periodo, alle parole: «Allo stesso modo», premettere le seguenti: «Fermo restando quanto previsto dai commi 8-bis ed 8-ter del presente articolo»;
b) al comma 5, premettere le seguenti parole: «Salvo quanto previsto dai commi 8-bis ed 8-ter del presente articolo».
Al comma 1, sostituire i primi due periodi con il seguente: «Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquemila euro, ad eccezione delle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e fuori dei casi previsti dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 20 l O n. 28, deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita.».
3.5
SCALIA
Al comma 1, sostituire i primi due periodi con il seguente: «Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro, ad eccezione delle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e fuori dei casi previsti dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita».
[13] «Nel caso di mancata risposta all’invito ovvero quando le parti non raggiungano un accordo, dopo aver esperito la procedura di negoziazione assistita per almeno 30 giorni ovvero quando è decorso il termine di cui all’artico 2, comma 2, lettera a), la condizione di procedibilità di cui al comma 1 si considera avverata e la parte che propone la domanda in giudizio non è tenuta ad esperire procedimenti di conciliazione o di mediazione.»
«1-bis. La convenzione di negoziazione si applica sempre in caso di controversie tra le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e soggetti privati. È fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui al periodo precedente di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, ove presente».
All’articolo 241, comma 12 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il secondo, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti:
”Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all’effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell’eventuale compenso per il segretario, non può superare l’importo di 120 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni, a partire dal 1º gennaio 2015, nella misura massima consentita dalla legge delle variazioni accertate dall’ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati”».
Dopo il comma 5, aggiungere, in fine, il seguente:
«5-bis. È ammessa ogni clausola del contratto individuale di lavoro privato o comunque pattuita che obblighi una parte o entrambe a proporre la soluzione di controversie al collegio di conciliazione e di arbitrato e ciò senza limitazioni a tale facoltà».
(Istituzione e funzionamento delle camere arbitrali dell’avvocatura)
La presente legge istituisce le camere arbitrati dell’avvocatura, di seguito denominate «camere arbitrali», con la finalità di ridurre, e quindi esaurire, i giudizi pendenti in materia civile e di impedirne la nuova formazione. La costituzione delle camere arbitrali, realizza, altresì, il proposito di contribuire all’attuazione di modelli alternativi di risoluzione delle controversie, in tempi rapidi, caratterizzati dal costo contenuto, per i cittadini e per l’imprese che se ne avvalgono, oltre che la relativa detraibilità agli effetti fiscali.
Ciascun consiglio dell’ordine degli avvocati, di seguito denominato «consiglio dell’ordine», costituisce, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, una camera arbitrale, con lo scopo di promuovere il ricorso ad arbitrati rituali per la risoluzione delle controversie e al fine di amministrarne lo svolgimento.
Una camera arbitrale può essere costituita da più consigli dell’ordine, fino ad un massimo di tre, caratterizzati da contiguità territoriale, i quali provvedono con apposita convenzione a stabilirne la sede della camera arbitrale presso uno degli stessi, ad indicare il numero dei consiglieri di ciascun consiglio dell’ordine che sono chiamati a fame parte, in: modo che sia in ogni caso assicurata proporzionalità di partecipazione per ciascuno di essi, ad indicarne gli organi di funzionamento, a prevederne le modalità per il relativo rinnovo, e a concordare i contributi che ciascuno di essi deve versare per provvedere alle necessità di funzionamento.
La composizione e il funzionamento delle camere arbitrali, e lo svolgimento degli arbitrati da esse amministrati, sono regolati dalle disposizioni contenute nei commi seguenti.
La camera arbitrale è composta dai consiglieri dell’ordine presso il quale è stata costituita. I medesimi restano in carica sino a quando non se ne verifica la sostituzione a seguito dell’elezione di nuovi consiglieri per effetto del rinnovo dei relativi consigli. Nel caso in cui la camera arbitrale sia costituita da più consigli dell’ordine e composta da consiglieri provenienti da ciascuno di essi, i suoi componenti possono essere avvicendati anche non simultaneamente, qualora i consigli dell’ordine di relativa provenienza siano rinnovati in tempi diversi.
La camera arbitrale è di norma presieduta dal presidente del consiglio dell’ordine presso cui è costituita. Il segretario e il tesoriere del consiglio dell’ordine svolgono la medesima funzione in seno ad essa. Le suddette cariche, come quelle dei rimanenti componenti, non danno diritto ad alcun compenso; per esse può essere stabilita l’assegnazione di un rimborso delle spese documentate, sostenute per lo svolgimento delle funzioni.
I componenti del consiglio dell’ordine in carica non possono essere iscritti nell’elenco di cui all’articolo 2.
Per il funzionamento della camera arbitrale possono essere utilizzate le risorse dell’Organismo di conciliazione forense, ove costituito.
Il Consiglio nazionale forense vigila sul corretto funzionamento delle camere arbitrali istituite presso ciascun consiglio dell’ordine e, ove siano rilevate gravi irregolarità nel funzionamento di una di esse, può deliberarne lo scioglimento con provvedimento immediatamente efficace.
Nell’ipotesi di scioglimento di cui al comma 9, il Consiglio nazionale forense designa contestualmente, scegliendolo tra i propri membri, un commissario che esercita le relative funzioni sino a che il consiglio dell’ordine cui la stessa si riferisce non sia rinnovato e la medesima camera arbitrale non sia stata ricostituita.
Art. 1-bis.
(Elenco degli arbitri)
Possono svolgere la funzione di arbitri per incarico ricevuto dalla camera arbitrale di appartenenza, previa deliberazione del consiglio dell’ordine, gli avvocati iscritti all’albo del circondario da almeno tre anni che abbiano comunicato la propria disponibilità ad esercitare la relativa funzione, assumendo l’impegno di svolgere gli incarichi loro assegnati, salvo che non ricorrano casi di eventuale incompatibilità ovvero gravi ragioni di inopportunità. La camera arbitrale tiene e aggiorna l’elenco degli arbitri iscritti di cui al comma 2.
Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio nazionale forense, sono fissati i criteri in base ai quali il consiglio dell’ordine delibera in merito alle domande di iscrizione e di eventuale cancellazione dal medesimo elenco.
Il regolamento di cui al comma 2:
a) fissa i criteri di valutazione della competenza necessaria ai fini dell’iscrizione nell’elenco e della permanenza nello stesso, oltre che dell’assegnazione dei singoli incarichi, ove non sia sufficiente, per la stessa, il semplice criterio dell’alternanza;
b) stabilisce i casi nei quali eventuali provvedimenti disciplinari, anche di natura cautelare o non definitivi, adottati a carico di coloro che richiedono l’iscrizione nell’elenco ostano alla stessa, ovvero ne determinano la cancellazione o la sospensione;
c) fissa e aggiorna le caratteristiche e i requisiti della polizza assicurativa che ciascun iscritto nell’elenco ha l’obbligo di stipulare e mantenere a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della funzione di arbitro per le procedure previste dalla presente legge. La mancata stipula o il venir meno per qualsivoglia ragione della polizza comporta la cancellazione, con provvedimento immediatamente efficace, dall’elenco. La sussistenza della polizza assicurativa e l’indicazione del termine della sua scadenza sono contenuti nella dichiarazione di accettazione della nomina che l’arbitro, a pena di nullità, comunica alle parti all’inizio di ciascuna procedura.
I provvedimenti di cancellazione o di sospensione dell’arbitro dall’elenco sono assunti dal consiglio dell’ordine dopo aver convocato e sentito l’interessato.
L’elenco degli arbitri è pubblico, e deve essere consultabile nel sito internet dell’ordine.
I consigli dell’ordine organizzano per gli iscritti corsi gratuiti di formazione in materia arbitrale. La frequenza dei corsi e lo svolgimento della funzione di arbitro in procedure arbitrali previste nella presente legge sono considerati dal Consiglio nazionale forense come attività utile ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti.
Art. 1-ter.
(Assegnazione degli incarichi arbitrali)
I criteri in base ai quali la camera arbitrale assegna gli incarichi arbitrali sono fissati con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 2.
I criteri di cui al comma 1 valorizzano le specifiche competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alle materie che caratterizzano la controversia; tengono conto del luogo in cui le parti hanno residenza o sede legale in relazione alla prossimità geografica con la sede dell’arbitro; assicurano il rispetto del principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi agli iscritti negli elenchi, tenuto conto che nessun arbitro può essere designato per il compimento di oltre dieci procedure arbitrati nel corso di ciascun anno e per l’esame e la pronuncia di oltre venti decreti ingiuntivi.
Art. 1-quater.
(Proposizione e svolgimento dell’arbitrato)
Le parti che intendono promuovere il procedimento arbitrale devono depositare presso la segreteria della camera arbitrale domanda sottoscritta personalmente con firma recante l’autentica di un avvocato e versare i diritti per il funzionamento della camera arbitrale ed il compenso dell’arbitro, come stabilito dall’Allegato A della presente legge. La domanda contiene:
a) il nome delle parti e l’indicazione della loro residenza, ovvero la ragione sociale, l’indicazione del legale rappresentante e della sua sede legale, oltre ai codici fiscali e all’indicazione degli avvocati cui è affidato il patrocinio e presso cui è eletto il domicilio. Nella domanda sono indicati gli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) dei difensori delle parti;
b) l’esposizione generica dei fatti, la formulazione generica dei quesiti, l’indicazione del valore della controversia;
c) la richiesta di nomina dell’arbitro da parte della camera arbitrale;
d) l’espressa indicazione della eventuale possibilità, per l’arbitro, di decidere secondo equità.
L’arbitrato amministrato dalle camere arbitrali può essere promosso per tutte le controversie che non siano di competenza del giudice di pace e che non abbiano un valore superiore a euro 100.000, con eccezione di quelle concernenti diritti indisponibili e di quelle per le quali il ricorso alla procedura arbitrale è espressamente vietato dalla legge.
La domanda rimane depositata presso la segreteria della camera arbitrale per il rilascio, ove richiesto, di copie autentiche.
La proposizione della domanda di arbitrato esonera le parti dal tentativo di conciliazione e dall’obbligo di proposizione del procedimento di mediazione, nei casi in cui gli stessi sono previsti dalla legge in via obbligatoria o sotto pena di improcedibilità della domanda o di improseguibilità del procedimento.
Art. 1-quinquies.
(Designazione dell’arbitro)
Le controversie sono trattate e decise da un arbitro unico designato dalla camera arbitrale. Tutte le comunicazioni con la segreteria della camera arbitrale, e tra l’arbitro e i difensori delle parti, avvengono tramite PEC. L’arbitro, se non ricorrono ragioni di incompatibilità o di grave documentata inopportunità, deve accettare l’incarico inviando alle parti e ai loro difensori apposita dichiarazione scritta entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di designazione da parte della segreteria della camera arbitrale che gli è trasmessa unitamente alla domanda depositata.
Con la comunicazione della propria accettazione dell’incarico l’arbitro espressamente dichiara:
a) l’insussistenza di cause di incompatibilità;
b) l’assenza di relazioni con le parti, con i loro difensori o con ogni altro soggetto coinvolto nella controversia, che possano pregiudicare, ovvero semplicemente far dubitare della sua imparzialità o della sua indipendenza;
c) l’assenza di qualunque interesse personale o economico, diretto o indiretto, relativo all’oggetto della controversia.
La mancata comunicazione dell’accettazione nel termine previsto al comma 1 produce gli effetti della mancata accettazione, e determina l’applicazione di quanto previsto al comma 4.
Nel caso di mancata accettazione dell’incarico di arbitro o di dichiarazione della sussistenza di causa di incompatibilità o delle relazioni o degli interessi di cui al comma 2, la camera arbitrale procede immediatamente ad una nuova designazione.
Art. 1-sexies.
(Sede dell’arbitrato, compenso degli arbitri e determinazione del valore della controversia)
La sede dell’arbitrato è presso lo studio professionale dell’arbitro designato dalla camera arbitrale.
Il compenso spettante all’arbitro, determinato in base al valore della controversia, è stabilito dall’Allegato A della presente legge.
Il valore della controversia è dato dalla somma del valore delle domande presentate dalle parti secondo i seguenti criteri:
a) le domande riconvenzionali si sommano a quelle principali;
b) le domande proposte in via subordinata non si sommano a quelle principali;
c) le domande proposte in via alternativa si sommano a quelle principali;
d) è stabilito con equo apprezzamento dalla camera arbitrale il valore della domanda non determinato o non determinabile.
In ogni caso il valore della controversia, determinato secondo i criteri di cui al comma 3, non può superare per ciascuna parte il limite indicato all’articolo 4, comma 2.
Art. 1-septies.
(Revoca, rinuncia o ricusazione degli arbitri)
Nei casi di ritardo o di negligenza dell’arbitro, il presidente della camera arbitrai e, sentiti, eventualmente, gli interessati, può provvedere alla sostituzione, il presidente della camera arbitrale provvede in ogni caso alla sostituzione dell’arbitro nell’ipotesi di rinuncia da parte dell’arbitro stesso, di sua cancellazione o sospensione dall’elenco, ovvero di sua ricusazione.
L’arbitro è ricusato con ricorso presentato e deciso ai sensi dell’articolo 815 del codice di procedura civile, e la parte che vi ha dato luogo ha obbligo di dame contestuale comunicazione alla camera arbitrale.
Il presidente del tribunale comunica alla camera arbitrale l’esito del procedimento di ricusazione.
Art. 1-octies.
(Procedimento dell’arbitrato)
Il procedimento dell’arbitrato è disciplinato dagli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile. È sempre ammessa l’impugnazione del lodo per errore di diritto ai sensi dell’articolo 829, terzo comma, del codice di procedura civile.
Le parti devono essere assistite da un avvocato.
L’arbitro regola con il lodo la ripartizione degli oneri del procedimento arbitrale e delle spese del giudizio.
I termini fissati nel procedimento sono perentori.
Il lodo è redatto in formato cartaceo, in tanti originali quante sono le parti, oltre ad un esemplare destinato ad essere conservato a cura della segreteria della camera arbitrale, il lodo è comunicato dall’arbitro a mezzo di spedizione in forma raccomandata con ricevuta di ritorno presso il domicilio eletto, ovvero è consegnato direttamente ai difensori delle parti. Le comunicazioni, lo scambio delle memorie ed il deposito di documenti avvengono tra le parti, e tra le parti e l’arbitro, di norma tramite PEC, firmati digitalmente, in formato pdf. La copia del verbale delle riunioni è rilasciata dall’arbitro alle parti a seguito di richiesta. La copia dei documenti e la relativa consegna all’altra parte è a cura di quella che li ha prodotti.
L’arbitro, a conclusione del procedimento, trasmette alla segreteria della camera arbitrale uno degli originali del lodo, nonché, tramite PEC, il fascicolo elettronico dell’arbitrato con le memorie, i documenti, le comunicazioni, i verbali ed un’ulteriore copia dello stesso in formato pdf firmata digitalmente. Il regolamento di cui all’articolo 2 determina le modalità e la durata della conservazione digitale della documentazione relativa al lodo anche nel rispetto delle previsioni di cui al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
La segreteria della camera arbitrale rilascia, su richiesta di una delle parti del procedimento e dietro rifusione delle spese nella misura fissata da ciascun consiglio dell’ordine, copie autentiche della domanda, del lodo, degli atti e dei documenti del procedimento, attestandone la conformità agli originali.
Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano le norme del codice di procedura civile che regolano l’arbitrato rituale, in quanto compatibili con la presente legge.
L’arbitro, in relazione agli affari trattati, e tutti coloro che prestano a qualsiasi titolo la propria opera o il proprio servizio nella camera arbitrale sono tenuti all’obbligo di rigorosa riservatezza.
Art.1-novies.
(Modifiche degli articoli 637 e 645 del codice di procedura civile)
All’articolo 637 del codice di procedura civile, dopo il primo comma, è inserito il seguente:
«È altresì competente, entro i limiti di valore previsti nella legge istitutiva della camere arbitrali dell’avvocatura, l’arbitro che è designato dalla camera arbitrale costituita nel consiglio dell’ordine che afferisce al tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. L’arbitro designato dalla camera arbitrale emette ingiunzione ai sensi dell’articolo 641, primo comma, e l’eventuale opposizione ai sensi dell’articolo 645 è proposta con ricorso da depositarsi entro quaranta giorni presso la segreteria della camera arbitrale medesima, che provvede, senza indugio, a designare l’arbitro che assume l’incarico di pronunciarsi sulla stessa. L’opposizione è tuttavia trattata avanti il tribunale competente se l’opponente notifica all’altra parte atto di citazione ai sensi dell’articolo 645 davanti al medesimo entro il termine perentorio di quaranta giorni dal ricevimento della ingiunzione e, in questo caso, la segreteria della camera arbitrale rimette il fascicolo alla cancelleria del giudice competente per l’opposizione. Della opposizione proposta avanti il giudice ordinario deve essere data comunicazione, a cura dell’opponente, alla segreteria della camera arbitrai e che ha pronunciato l’ingiunzione.».
All’articolo 645 del codice di procedura civile, dopo il secondo comma, è aggiunto, in fine, il seguente:
«Le parti possono concordare di proporre l’opposizione prevista nel presente articolo, entro i limiti di valore previsti nella legge istitutiva della camera arbitrale dell’Avvocatura, davanti alla camera arbitrale dell’avvocatura costituita nel consiglio dell’ordine che afferisce al tribunale al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. La segreteria della camera arbitrale presso cui è depositata la domanda congiunta procede immediatamente alla nomina dell’arbitro e dà contestualmente avviso dell’opposizione al cancelliere affinché ne prenda nota sull’originale del decreto. Alla procedura arbitrale prevista nel presente comma si applicano gli articoli 648 e 649. Il lodo produce gli effetti previsti nell’articolo 653.».
L’arbitro designato per decidere sull’opposizione proposta ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile, come modificato dal comma 2 del presente articolo, non può essere il medesimo che ha pronunciato il decreto opposto.
Art. 1-decies.
(Tentativo di conciliazione)
L’arbitro deve tentare di conciliare le parti; può altresì formulare loro una proposta transattiva, senza che questo costituisca motivo di ricusazione. Se il tentativo riesce, è redatto, a cura dell’arbitro medesimo, verbale recante i termini dell’accordo raggiunto dalle parti e degli obblighi assunti dalle stesse, che è sottoscritto dalle medesime e dall’arbitro stesso. L’arbitro provvede altresì ad autenticare le sottoscrizioni delle parti.
Il verbale di conciliazione produce gli effetti di cui all’articolo 185 del codice di procedura civile e costituisce titolo per la trascrizione.
Art. 1-undecies.
(Esecutorietà del lodo arbitrale)
Il lodo arbitrale costituisce titolo esecutivo ed è titolo per la trascrizione.
Il lodo arbitrale ed il verbale di conciliazione di cui all’articolo 10, comma 1, sono resi esecutivi, a richiesta di una delle parti, dal presidente del consiglio dell’ordine con provvedimento che autorizza l’apposizione della formula esecutiva da parte della cancelleria del tribunale, senza nessun altro onere o spesa per la parte richiedente.
Art. 1-duodecies.
(Trattamento fiscale degli atti. Imposta di registro. Gratuito patrocinio)
Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento arbitrale sono esenti dall’imposta di bollo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1