Con la presente riflessione sono arrivato a 477 articoli pubblicati dal 2012 sulla materia della giustizia complementare.
Non è servito a molto: lo so bene. Addirittura c’è chi ha ritenuto che con questo sito io possa farmi una pubblicità non deontologicamente permessa.
Peccato che io non pratico l’avvocatura da almeno vent’anni e quindi non faccio pubblicità a nessun studio legale, ma solo alla mediazione che ho appunto scoperto nel 2004.
Premesso ciò, voci di corridoio dicono che arriveranno ben tre decreti ministeriali per l’attuazione della riforma Cartabia.
Addirittura c’è chi invita a guardare le gazzette ufficiali del venerdì: chissà per quale arcano motivo, di sicuro i bene informati lo sapranno.
Io sono davvero stanco di studiare le norme, mi ci sto rovinando sopra anche la salute; e per che cosa poi?
Perché purtroppo nel nostro paese servono per condurre anche una mediazione: mi piacerebbe dire di no, che le norme non servono a nulla, mi piacerebbe tanto poter iniziare il mio discorso al tavolo della mediazione come fanno gli inglesi: “How may I help you?”
E buttare al macero tutto quello che ho imparato sino ad oggi, come fece a suo tempo Savonarola.
Ma in Italia non è possibile: le leggi da noi sono come la coperta di Linus; come dice qualcuno a me caro, siamo convinti che le leggi ci salvino anche dalla morte e se una legge non c’è appunto ci sentiamo in balia della morte.
Vorrei ricordare però che la legge di per sé non è un dato oggettivo, come siamo portati a credere; certo dobbiamo osservarla, come tante altre cose che questa società ci impone, ma nasce con una impostazione soggettiva.
Da duemila anni si legifera nella convinzione soggettiva che mettere dei precetti sulla carta li rendano giusti: in realtà, come sosteneva un mio professore dell’Università purtroppo scomparso, la legge è quella cosa che fanno i vincenti per non dovere vincere un’altra volta.
In effetti, nella Grecia antica ove non esistevano i diritti reali e quindi si doveva difendere ogni volta il proprio possesso era proprio una vitaccia!
Ma quando nascono le leggi? Ci abbiamo fatto caso? Nascono con l’avvento del patriarcato, quando le relazioni simmetriche del matriarcato (ove ogni decisione veniva concertata) spariscono e arriva la complementarietà, il sopra e il sotto, il nemico, l’avversario, il giudizio, i tribunali.
Arrivano pure gli dei uomini, mentre prima si pregavano divinità femminili.
Anche per questo forse la mediazione è in oggi una soluzione così combattuta: appartiene ad un mondo che non è il nostro, un mondo lontano dove tutti i nuclei familiari avevano vincoli di sangue e quindi non potevano che ricercare l’armonia.
In mediazione non vale il precetto che “tutti siamo uguali davanti alla legge”, ma piuttosto quello secondo cui “la legge è che tutti siamo uguali”.
Ne parlavano già gli Illiri, fieri avversari dei Romani, millenni e millenni fa.
E poi i Kosovari: se si accetta il principio che tutti gli uomini sono eguali, lo Stato non ha legittimazione per comandare se non con il consenso dei cittadini, i tribunali non hanno legittimazione a giudicare: tu non puoi imporre nulla ad un altro uomo se non ti dà il permesso di farlo, né tanto meno puoi giudicarlo, indipendentemente da quello che credi abbia fatto e comunque puoi sempre perdonarlo.
Il Kanun albanese precisa che “Il mediatore non getta pietre”.
Queste idee non possono essere accettate nella nostra società, sono destabilizzanti e dunque si cercano tutti i modi possibili per boicottare chi potrebbe (ma non sa di poterlo volere) prendere una decisione da solo, ragionando con la propria testa; in ciò consiste la mediazione nel ragionare con la propria testa, ma è anche vero che i miei pensieri dipendono da quello che l’altro pensa di me, e allora alla fine il tutto assume una dimensione sociale ineludibile.
Come l’affrontiamo questa dimensione sociale ineludibile?
Coi primi incontri di mediazione ambigui? L’affrontiamo senza pensare che la mediazione non si fa con l’orologio?
Il tempo della comprensione, della condivisione, dell’accettazione e della compassione nessuno ha voglia di crearlo, e dunque non resta che minacciare le pene dell’inferno per chi non partecipa.
Non è un accordo forzato che creerà una società più pacifica: solo chi crede nel valore degli accordi può comprendere che la soluzione del conflitto individuale si ripercuote sull’intera collettività.
Perché lo Stato non ha il coraggio dire al cittadino che non si può più permettere un processo, ma che ci sono anche altri modi per soddisfare nel profondo i propri bisogni?
Basterebbe un po’ di pubblicità in tv o sui social.
L’art. 21 del decreto 28/10 prevede che
Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento
per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei
Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la
divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie,
in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di
mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.
Questa è la norma più importante se vogliamo iniziare una campagna di pacificazione.
Si fa qui riferimento al Centro di mediazione della Commissione arbitrale di Pechino.
L’Organismo di mediazione del Centro arbitrale possiede 136 mediatori.
Il regolamento delle spese di mediazione è del 2011
Quando una parte chiede la mediazione al Centro, deve anticipare il pagamento dell’onorario di mediazione secondo gli standard stabiliti dal Centro. Le spese di mediazione comprendono: le spese di registrazione, le spese di gestione giornaliere e il compenso del mediatore.
Quando un richiedente fa domanda per la mediazione, deve pagare al Centro una tassa di registrazione del caso di 65,78 €. Questa tassa non è rimborsabile in nessun caso.
A ciò si aggiungono le spese di gestione giornaliera
Meno di 26.348,16€ (inclusi 26.348,16 €)
131,56 €
Da 26.348,16 € a 65870,40 € (inclusi 65.870,40 € yuan)
1%
131,56 € più l’1% dell’importo contestato superiore a 26348,16 €
Da 65.870,40 € a 131.740,80 € (inclusi 1 131.740,80 )
0.5%
526,96 € più lo 0,5% dell’importo contestato superiore a 65870,40 €
Da 131.740,80 € a 658.704,01 € (inclusi 658.704,01 €)
0.1%
856,32 € più lo 0,1% dell’importo contestato superiore a 131.740,80 €
Da 658.704,01 € a 2.634.816,032 € (inclusi 2.634.816,032 €)
0.05%
1383,28 yuan più lo 0,05% dell’importo contestato superiore a 658.704,01
Da 2.634.816,032 € a 5.269.632,07 € (inclusi 5.269.632,07 €)
0.03%
2371,33 € più lo 0,03% dell’importo contestato superiore a 2.634.816,032 €
Più di 5.269.632,07 €
0.01%
3161,78 € più lo 0,01% dell’importo contestato superiore 5.269.632,07 €
1. Se utilizzi la sala conferenze del centro per più di un giorno, ti verrà addebitata una tariffa aggiuntiva per l’utilizzo della sala conferenze in base allo “Standard per l’addebito della sala conferenze del Centro di mediazione della Commissione arbitrale di Pechino”.
2. Nelle seguenti situazioni, il centro addebiterà spese di gestione giornaliere aggiuntive in base a ciascuna situazione specifica:
(1) Se ci sono due o più mediatori, verrà addebitato un ulteriore 10% della commissione di gestione giornaliera per ogni mediatore aggiuntivo;
(2) Se la lingua di lavoro del caso di mediazione è l’inglese, verrà addebitato un ulteriore 10% della commissione di gestione giornaliera;
(3) Se le parti necessitano dell’assistenza del centro nel processo di attuazione dell’accordo di mediazione e il centro è d’accordo, verrà addebitato un ulteriore 10% della commissione di gestione giornaliera.
3. Se l’importo contestato non è determinabile, il centro determina la tariffa giornaliera di gestione.
4. Le parti possono scegliere di pagare separatamente per l’uso della sede e delle strutture e delle attrezzature della sede. Per gli standard di addebito specifici, fare riferimento alle “Tariffe della sala conferenze del Centro di mediazione della Commissione arbitrale di Pechino” allegate a queste misure. Se le suddette commissioni vengono pagate separatamente, la commissione di gestione giornaliera sarà ridotta del 50%.
5. Se le parti concordano di mediare in un luogo diverso dal Centro, la tariffa giornaliera di gestione sarà ridotta del 50%.
Remunerazione dei mediatori:
Meno di 26.348,16 (compresi 26.348,16 €)
856,32 €
Da 26.348,16 € a 65.870,40 € (compresi 65.870,40 € )
856,32 € più l’1% dell’importo contestato superiore a 26.348,16 €
Da 65.870,40 € a 131.740,80 € (inclusi 1 131.740,80 )
1.515,02 € più lo 0,15% dell’importo contestato superiore a 65.870,40 €
Da 131.740,80 € a 658.704,01 € (inclusi 658.704,01 €)
1910,24 € più lo 0,1% dell’importo contestato superiore a 131.740,80 €
Più di 658.704,01 €
2173,72 € più lo 0,05% dell’importo contestato superiore a 658.704,01 €
1. Lo standard di cui sopra è la remunerazione di un mediatore. Se le parti concordano di utilizzare due o più mediatori per la mediazione, il calcolo sarà raddoppiato in base al numero di mediatori aggiuntivi.
2. Se l’importo della controversia non può essere determinato, sarà determinato dal Centro previa consultazione con il mediatore.
3. Se le parti e il mediatore hanno concordato diversamente sulla remunerazione del mediatore, tale accordo prevarrà. Qualora si convenga che il compenso del mediatore sia calcolato su base oraria, lo standard di tariffazione oraria sarà proposto dal mediatore e la modalità di calcolo del tempo potrà fare riferimento a “Contenuti e modalità di calcolo del compenso del mediatore in modalità oraria del Centro di Mediazione della Commissione Arbitrale di Pechino” allegato al presente Provvedimento.
4. L’imposta professionale, l’imposta sull’edilizia urbana, l’imposta sull’istruzione, l’imposta sul reddito delle società e le altre imposte e tasse corrispondenti diverse dall’imposta sul reddito delle persone fisiche del mediatore derivanti dalla remunerazione del mediatore sono a carico delle parti interessate.
4. Commissione di rimborso
Se la mediazione fallisce, il centro può rimborsare la parte della quota di gestione giornaliera prepagata dalle parti che supera i 658,70 €, ma il tasso massimo di rimborso non deve superare il 50% della parte superiore a 658,70 € yuan.
La remunerazione del mediatore non è rimborsabile, ma il tempo di lavoro della mediazione è relativamente breve e se la remunerazione del mediatore supera i 2634,82 €, può essere rimborsata a seconda dei casi. Se entrambe le parti e il mediatore concordano diversamente sulla restituzione del compenso del mediatore, l’accordo sarà rispettato.
Allegato 1 Standard tariffari per la sala conferenze del Centro di mediazione della Commissione arbitrale di Pechino
di sala riunioni
Capacità
Canone di utilizzo standard
Strutture e attrezzature accessorie
€/mezza giornata
€/giorno
piccola sala conferenze
Meno di 10 persone
105,39 €
197,61 €
Computer, stampanti, fotocopiatrici, fax e accesso gratuito a Internet a banda larga
sala conferenze media
10-20 persone
210,79
395,22
Computer, stampante, fotocopiatrice, fax e accesso gratuito a Internet a banda larga, TV LCD, proiezione, sala di revisione
ampia sala conferenze
20-30 persone
329,35
592,83
Computer, stampanti, fotocopiatrici, fax e accesso gratuito a Internet a banda larga, TV LCD, proiettori, sale riunioni, lavagne elettroniche, interconnessione video (costo aggiuntivo per l’utilizzo delle apparecchiature di 65,87 € yuan/mezza giornata viene addebitato), interpretazione simultanea (gli interpreti simultanei vengono addebitati separatamente )
Nota: se la suddetta sala conferenze viene utilizzata per meno di 4 ore, verrà addebitata come tariffa per l’utilizzo di mezza giornata, se è superiore a 4 ore ma inferiore a 8 ore, verrà addebitata come tariffa intera tariffa di utilizzo giornaliera e, dopo 8 ore, verrà addebitato il 30% della tariffa di utilizzo per l’intera giornata per ogni ora.
Allegato 2 Contenuti e modalità di calcolo orario del compenso dei mediatori del Centro di Mediazione della Commissione Arbitrale di Pechino:
Articolo 1 L’orario di lavoro di un mediatore comprende:
(1) Il momento in cui il mediatore parla con una o entrambe le parti faccia a faccia o per telefono e conduce l’incontro di mediazione;
(2) Il tempo per lo studio del caso;
(3) il momento in cui il mediatore ha redatto il piano di mediazione;
(4) Parte del tempo di viaggio del mediatore per arrivare al luogo di mediazione per la mediazione.
Se il mediatore lavora per meno di 30 minuti, sarà calcolata come mezz’ora, e se il mediatore lavora per 30 minuti ma meno di 1 ora, sarà calcolata come 1 ora.
Articolo 2 Dopo che il mediatore ha accettato la selezione o la designazione, presenta al centro il piano di lavoro, indicando l’orario di lavoro approssimativo richiesto per la mediazione, la tariffa oraria della retribuzione del mediatore e l’importo preventivato della retribuzione.
Articolo 3 Durante il processo di mediazione, il mediatore dovrebbe redigere un elenco delle ore lavorative giornaliere. L’elenco dovrebbe includere il contenuto specifico del lavoro e il numero di ore fatturabili. L’elenco dovrebbe essere inviato direttamente a entrambe le parti e una copia dovrebbe essere presentata a il Centro come base per la fatturazione. Se le parti hanno obiezioni alla lista, il centro contratterà con le parti ed il mediatore. Se la contrattazione fallisce, il centro determinerà l’importo degli emolumenti.
Articolo 4 Se il compenso del mediatore pagato in anticipo dalle parti non è sufficiente a coprire l’importo effettivo, il mediatore presenta al Centro un prospetto di budget per aumentare il suo compenso. Il Centro riscuote dalle parti l’eccedenza del compenso del mediatore e le tasse e gli onorari corrispondenti previsti nelle “Misure per gli oneri per i casi di mediazione del Centro di mediazione della Commissione arbitrale di Pechino” dalle parti. Se le parti non pagano, il procedimento di mediazione si estingue.
Articolo 5 Al termine della procedura di mediazione, il mediatore presenta al Centro un elenco di liquidazione del compenso del mediatore, che comprende il contenuto specifico del lavoro di mediazione, la tempistica e l’importo finale del compenso.
Articolo 6 Il Centro pagherà i mediatori dopo aver esaminato la lista di liquidazione del compenso dei mediatori presentata dai mediatori.
Articolo 7 Al termine del procedimento di mediazione, se vi è eventuale residuo del compenso del mediatore anticipato dalle parti, il Centro lo restituirà alle parti.
Per questioni di lavoro studio e spiego la riforma Cartabia un giorno sì e l’altro pure, così come accade, credo, a buona parte degli avvocati e degli appartenenti al mondo della mediazione
Siamo in attesa della novella del d.m. 180/10 e dunque il quadro non è ancora chiaro: questa cosa da mediatore mi preoccupa molto, ma penso che gli organismi e gli enti di formazione siano ancora più preoccupati di me.
Stiamo anche attendendo i d.m. in materia penale e non mi giungono segnali del fatto che la disciplina organica della giustizia riparativa abbia fatto sostanziali progressi: ma forse il mio piccolo punto di vista è angusto; io non sto ovviamente nella stanza dei bottoni e non so se e che cosa abbiano concertato le varie conferenze.
Voglio solo capire che ne sarà delle ipotesi applicative che dovrebbero entrare in vigore a fine maggio: senza centri di giustizia riparativa e senza mediatori rimarranno sulla carta.
La mediazione familiare poi è un soldato che si ritrova in un campo minato: ovunque mette il piede salta. E non servirà a nulla il prossimo comitato dei mediatori familiari a cui non so ancora se mi iscriverò.
Non servirà a nulla perché paradossalmente l’unico momento in cui si può tenere una mediazione familiare è quello antecedente all’inzio del giudizio: volevate sabotare l’istituto (e non lo dico certo io che lo avete sabotato, ma gli stessi componenti del tavolo in pubblico convegno), bravi ci siete riusciti.
Così tanto zelo potevate riporlo anche nella riforma del decreto 28/10: ma si vede che lì il problema della violenza domestica, di genere e degli abusi familiari non è presente; mi permetto sommessamente di dissentire.
Ma concentriamoci sulle modifiche del decreto 28: le mani mi prudono da parecchi mesi e ora è il momento di farle scorrere, seppure per cenni, sulla tastiera.
Una caratteristica dei paesi di civil law, si dice, è quella di dettagliare tutto con la legge, mentre nei paesi di common law si legifera proprio se non se ne può fare a meno.
Prova ne è ad esempio che se andate a cercare una legge sulla mediazione in Inghilterra non la trovate: ci sono solo le practice in materia.
Negli Stati Uniti l’ultima legge sulla mediazione di qualche importanza ha più di 20 anni e si va avanti ad advisor, ossia interpretazioni.
Dunque se decidiamo di dettagliare facciamolo bene, diversamente il settore della mediazione va in affanno.
Parto dall’art. 1 del decreto 28/10: da povero ignorante vorrei sapere chi sono le parti, in che cosa consiste l’assistenza degli avvocati, che cosa sia una procura sostanziale, che significa cooperare in buona fede e lealtà e ancora che cosa si intenda per “realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”. Mi interesserebbe sapere infine che cosa si intenda per somministrazione o per contratto d’opera.
In base al decreto legislativo, si intende: ed invece il silenzio è assordante.
O meglio si fanno strada in me, anche a seguito della pratica, interpretazioni bizzarre.
Con la bicicletta senza ruote che il legislatore ci ha fornito nel 2013 abbiamo fatto solo l’0,51 degli accordi su contenzioso; ergo i politici dicono tra cinque anni vi spazziamo via, ma dimenticano che con una bicicletta senza ruote non si poteva fare di meglio: il problema è che le ruote ce l’hanno tolte apposta perché non riuscissimo (“sforzati ma non riuscire” dice il Super Io freudiano: secondo me il legislatore si è ispirato proprio alla psicologia dinamica come rivista da Berne: i miei complimenti per la cultura).
E ora abbiamo una bicicletta con le ruote? Per me abbiamo dei trampoli nella migliore delle ipotesi.
Hanno aggiunto dei contratti come condizione di procedibilità che: 1) a parte quello di società di persone, non porteranno grandi numeri (per superare lo 0,51%) perché sono fattispecie ove sono in gioco know how e segreti di impresa; per queste cose gli imprenditori non vanno nemmeno in giudizio e si tengono le perdite, figuriamoci se si recano davanti ad un mediatore mai visto e conosciuto, 2) sono contratti da specialisti: non solo non li conoscono i mediatori, ma nemmeno gli avvocati che non si occupano di quei precipui settori 3) alcune fattispecie sono troppo generiche e comunque potrebbero sempre fare riferimento a rapporti di “lavoro mascherato” che il mediatore non può conoscere e per cui non è preparato.
Il termine dell’art. 6 anche con proroga non può essere rispettato in molti casi: se non interviene il Ministero dell’Economia, c’è il rischio che le Agenzie delle Entrate non riconoscano le esenzioni per i contratti “sforati”; peraltro la Commissione Bilancio a suo tempo ha dimezzato le risorse e quindi mi sento già le pulci addosso degli enti preposti (mi gratto che è un piacere).
L’art. 8 è un capolavoro di politica: peccato che i politici non capiscano nulla di come si organizzi una mediazione e quindi poi ce la dobbiamo cavare noi mediatori e soprattutto gli organismi. E’ impossibile ad un organismo anche solo medio basso rispettare il termine di effettuazione della mediazione tra i 20 e i 40 giorni: la norma è praticamente inutiliter data.
Ma il capolavoro gattopardesco sta nell’affermazione “cooperare in buona fede e lealtà per realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”.
Ora nel mondo ci sono due modi di affrontare la mediazione: quella legale di cui si parla qui che è fallita negli Stati Uniti da 30 anni (e che chissà perché è stata portata da noi, sic! ); gli accordi non si trovano in mediazione ma prima del trial, dopo aver appunto fatto un effettivo confronto sulle questioni controversie. La stessa cosa potrei dire di qualche paese del Nord Europa dove addirittura ti premiano con uno sconto sul contributo unificato se realizzi un effettivo confronto sulle questioni controversie (ma là un processo dura tre mesi, non 9 anni come da noi e pertanto la mcc è una sconosciuta; fanno mediazione penale e familiare).
Se vogliamo questa mediazione gli avvocati arriveranno al tavolo, si siederanno confrontandosi sull’oggetto e sulle ragioni delle pretese con tanto di messa a fuoco degli aspetti giuridici e poi saluteranno i mediatori con una “non conciliazione”.
Così allo 0,51 gli faremo un baffo.
E questo accadrà di sicuro se l’importo stanziato per il primo incontro sarà basso (voce di popolo, voce di Dio parla di 100 euro perché pare che un centesimo in più leda l’art. 24 della Costituzione, il che se non ci fosse da piangere sarebbe ridicolo a fronte dei 95 € che sborsa ogni italiano per la giustizia senza avere alcun processo in corso).
Se l’importo del primo incontro sarà alto, invece c’è qualche probabilità in più di mediare, ma la disciplina che divide la decisione sugli aspetti economici del primo incontro da quella sugli incontri successivi e sull’accordo, non rende certo facile l’esplicazione del modello di Harvard.
Assisteremo poi comunque a primi incontri dilatati non tanto per ragioni procedurali, ma solo per fare concorrenza agli altri organismi.
E comunque che modello usare per tempi ridotti? Sembra che nessuno se ne preoccupi o che escano le idee più strane in merito; ci si concentra sulle formalità come il cieco che dalla coda deve capire se si trova davanti un cane o un elefante.
Io trovo mediatori che hanno una preparazione sui modelli e sulle tecniche di mediazione che è imbarazzante e non per colpa loro: perché il lavoro era solo quello di fare verbali negativi (e anche un bambino di 6 anni può imparare a redigerli). Non hanno affrontato la mediazione vera, ossia quella effettiva che si faceva prima del 2012.
E dunque anche se affrontassimo la mediazione come l’affrontano coloro che l’hanno riportata in Occidente, non sapremmo da che cosa incominciare; sappiamo solo raccontare la funzione della mediazione e le sue modalità di svolgimento.
Sulla mediazione telematica poi che cosa possiamo dire?
C’è un eccesso di delega grande come una casa, lede l’art. 1322 del Codice civile e la librtà economica di cui all’art. 41 della Costituzione; spiegatemi perché in negoziazione assistita si è prevista una disciplina differente, a che pro?. Se c’era qualcuno da foraggiare ditelo, diversamente io non capisco perché i verbali fatti in presenza vanno conservati per un solo triennio e quelli telematici in perpetuo. Senza contare poi che se per usare lo spid ho bisogno di uno smartphone per gli OTP (One time password) e di un PC per firmare allora vado a mediare in Danimarca; qui ci sono persone anziane che non hanno nemmeno internet perché sul telefono non lo vogliono.
E poi che dire del bipolare art. 11 che al primo comma ti chiede di allegare l’accordo al verbale e poi di incorporarlo seguendo le sirene della mediazione telematica. Non si è pensato che in questo caso quando si ha a che fare con accordi da trascrivere mettiamo nei guai il mediatore che diventa sostituto di imposta, visto che la firma digitale è unica e non si può specificare a che titolo si firma?
E sulla proposta fatta sua sponte quando gli avvocati non trovano un accordo che cosa diciamo? Che siamo mediatori e fare una cosa del genere lede l’autodeterminazione delle parti: lo sa il legislatore che il valore fondante della mediazione è l’autodeterminazione? La proposta va fatta prima, quande le parti sono a tanto così dall’accordo e non lo vedono, magari facendosi dare autorizzazione ad usare quanto emerge dal procedimento per evitare le insidie dell’art. 13 (dalla domanda e dall’adesione normalmente non emerge nulla su cui fondare la proposta). Ma che cosa ve lo dico a fare?
E veniamo ad un’ulteriore perla: il gratuito patrocinio. Dopo che la Corte costituzionale si è pronunciata chiaramente avremo che la Suprema Corte ritornerà sull’argomento e dichiarerà incostituzionale il carrozzone ideato da chi poi ha stanziato la miseria di 2 milioni di euro. E le ragioni sono lampanti: perché non si può usare il patrocinio in mediazione volontaria? Perché l’avvocato che ha lavorato anche se non si raggiunge l’accordo non deve essere pagato? Perché non posso rivolgermi al mio avvocato di fiducia? Perché il d.m. deve prevedere dei compensi diversi da quelli che si possono vantare nella mediazione ordinaria? E che cosa c’entra il responsabile scientifico di chiara fama con la determinazione dei criteri dell’accordo? Così come peraltro sulle spese e le indennità di avvio (leggasi sul punto la relazione).
Ma veniamo ai crediti di imposta: perché devo dividere i crediti quando si tratta di mediazione obbligatoria positiva tra quello dell’avvocato e quello da procedura? Che cosa possono pensare le parti quando il mediatore prova affannosamente a spiegari i complessi criteri che li presiedono (peraltro ancora non del tutto sfatati visto che incombe il d.m.?).
Nel 2010 alcuni formatori spiegavano nei corsi per mediatori civili e commerciali in Italia che la nostra legislazione si era ispirata a quella belga: in effetti noi abbiamo in comune con loro il numero di ore di formazione continua nel biennio (18), ma per il resto non mi sembra che ci siano vistose somiglianze.
Basti un solo rilievo: il Belgio, a nostra differenza, non possiede una mediazione amministrata (la professione del mediatore è individuale); peraltro sul versante della formazione sia il nostro legislatore sia i nostri enti di formazione dovrebbero studiare l’impianto formativo belga che negli anni si è ulteriormente evoluto e migliorato.
Specie l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia italiano, visto che sta mettendo mano alla modifica del decreto ministeriale 180/10, dovrebbe approfondire i contenuti designati dalla Commissione federale belga, perlomeno a partire dal 2021 e prenderne esempio.
Sono contenuti in parte ispirati dalla giustizia partecipativa canadese che, al momento, è in materia di giustizia complementare all’avanguardia nel Mondo.
La legislazione belga è particolarmente favorevole[1] alla mediazione dal momento che l’art. 1724 del Codice giudiziario recita che “Qualsiasi controversia suscettibile di essere risolta mediante transazione può essere oggetto di mediazione…” e l’art. 1725 che “Qualsiasi contratto può contenere una clausola di mediazione, con la quale le parti si impegnano a ricorrere alla mediazione prima di ogni altro metodo di risoluzione…”.
A noi interessano in particolare gli articoli 1726 e 1727 che attengono alle condizioni di accreditamento dei mediatori e alla costituzione della Commissione federale di mediazione (Federale Bemiddelingscommissie o Commission Fédérale de médiation).
Ai sensi dell’art. 1726 C.p.c. “§ 1. Possono essere approvati dalla commissione di cui all’articolo 1727 i mediatori che soddisfino almeno le seguenti condizioni:
1) possedere, attraverso l’esercizio presente o passato di un’attività, la qualificazione richiesta in relazione alla natura della controversia;
2) giustificare, a seconda dei casi, una formazione o un’esperienza[2] adatta alla pratica della mediazione;
3) presentare le garanzie di indipendenza e imparzialità necessarie per l’esercizio della mediazione;
4) non essere stati oggetto di condanna annotata nel casellario giudiziale e incompatibile con l’esercizio della funzione di mediatore abilitato;
5) non essere incorsi in alcuna sanzione disciplinare o amministrativa, incompatibile con l’esercizio della funzione di mediatore abilitato, né di essere stato oggetto di revoca dell’abilitazione.
§ 2. I mediatori accreditati seguono una formazione continua, il cui programma è approvato dalla commissione di cui all’articolo 1727.
§ 3. Questo articolo si applica anche quando è chiamato (a mediare) un collegio di mediatori.”
Ai sensi dell’art. 1727 C.p.c.[3] § 1.“È istituita una Commissione federale di mediazione, di seguito denominata Commissione, composta da ventiquattro membri.
La Commissione è composta da un’assemblea generale e dai seguenti organi: un ufficio di presidenza, una commissione permanente per l’approvazione dei mediatori belgi e stranieri, una commissione permanente per l’approvazione della formazione e il monitoraggio della formazione continua, una commissione disciplinare e il trattamento delle denunce e commissioni speciali.
Fatte salve le commissioni permanenti, la Commissione ha nei suoi organi tanti membri di lingua francese quanti membri di lingua olandese.
Per assumere e deliberare validamente è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti di ciascun organo e di ciascun gruppo linguistico. In caso di assenza o impedimento di un membro effettivo, lo sostituisce il suo supplente. Le decisioni sono prese a maggioranza semplice dei voti. In caso di parità di voti preponderante è la voce del presidente o del vicepresidente che lo sostituisce.
§ 2 Le missioni del comitato sono le seguenti:
1°Approvare gli organismi di formazione dei mediatori e la formazione che organizzano o revocare tale autorizzazione.
2°Determinare i programmi minimi di formazione teorica e pratica da seguire, nonché le valutazioni per il rilascio di un accreditamento e la procedura di accreditamento.
3°Accreditare i mediatori in base a particolari aree della pratica della mediazione.
4°Decidere l’inclusione nell’elenco dei mediatori stabiliti in un paese membro o non membro dell’Unione Europea, che sono stati approvati da un organismo autorizzato a tale scopo in tale paese.
5°Stabilire un codice etico.
6°Trattare le denunce contro i mediatori o le organizzazioni che forniscono formazione, esprimere pareri in caso di controversie sugli onorari dei mediatori e imporre sanzioni contro i mediatori che non soddisfano più le condizioni previste dall’articolo 1726 o le disposizioni del codice deontologico stabilito dalla Commissione.
7°Pubblicare periodicamente tutte le decisioni regolamentari della Commissione nella Gazzetta ufficiale belga.
8°Determinare la procedura sanzionatoria nei confronti dei mediatori.
9°Presentare pareri motivati al Ministro della giustizia sulle condizioni che un’associazione di mediatori deve soddisfare per essere rappresentativa.
10°Redigere e distribuire l’elenco dei mediatori presso le corti e i tribunali, le autorità federali, comunitarie e regionali e le autorità locali.
11° Informare il pubblico delle possibilità offerte dalla mediazione.
12° Prendere tutte le misure necessarie per promuovere la corretta pratica della mediazione, e in particolare per esaminare e sostenere nuovi metodi e pratiche di mediazione e altri metodi di risoluzione delle controversie.
13° Redigere e pubblicare, sul proprio sito web, una relazione annuale sull’esercizio delle proprie missioni legali come previsto dall’articolo 1727/1, comma 5.
14° Garantire la corretta organizzazione del suo ufficio e delle sue commissioni.
§ 3. Il Ministro della giustizia mette a disposizione della Commissione federale di mediazione il personale e i mezzi necessari al suo funzionamento. Il Re determina i gettoni di presenza che possono essere assegnati ai membri della Commissione Federale di Mediazione e ai membri della Commissione Disciplinare e dei Ricorsi, nonché l’indennità che può essere loro assegnata a titolo di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno[4]”.
Le condizioni specifiche di accreditamento dei mediatori sono dettate pertanto dalla Commissione Federale di mediazione ed in particolare dalle decisioni di quest’ultima che determina i programmi minimi di formazione teorica e pratica da seguire[5] e che ha anche approntato il codice etico. Le Decisioni della Commissione sono state in 16 anni ben 11[6].
Lo annoto perché da noi non è presente una commissione permanente autonoma che si occupi di mediazione, restando tutto in capo al Ministero della Giustizia che negli anni ha solo nominato commissioni provvisorie e meramente consultive: questo modo di procedere ha reso asfittico e ambiguo il sistema in quanto le migliorie non possono che arrivare col contagocce e dipendono comunque nell’attuazione pratica sempre dal clima politico.
2. Il candidato mediatore belga
Secondo la legge belga il candidato mediatore deve possedere, per l’esercizio presente o passato di un’attività, la qualifica richiesta in considerazione della natura della controversia.
Chiarisce la Commissione che il senso di questa norma risiede nel fatto che il mediatore deve inviare alla Commissione federale di mediazione una lettera di richiesta di autorizzazione, accompagnata da una lettera motivazionale che illustra la portata della sua domanda e la sua affinità con la materia oggetto della domanda di approvazione[7]. Deve essere presentato anche il curriculum vitae del candidato mediatore indicante la professione esercitata alla data della domanda[8].
Il mediatore è un laureato con almeno due anni di esperienza professionale oppure con cinque anni di esperienza professionale[9].
Il candidato possiede una formazione in mediazione: deve dimostrare di aver completato con successo un corso di formazione riconosciuto come mediatore, organizzato da un organismo di formazione riconosciuto (detto Centro di formazione)[10] dalla Commissione federale di mediazione (sono allo stato 18 enti di lingua francese[11] e 14 di lingua olandese[12]), relativo al tipo di mediazione per la quale desidera ottenere l’accreditamento (tutti gli enti di formazione tengono i corsi base ma non tutti coprono i settori di specializzazione: civile e commerciale, societario, familiare ecc.).
La formazione deve essere recente: oltre l’anno richiede 9 ore suppletive; oltre i 10 anni è necessario ripetere interamente il corso base a meno che non possa dimostrare di aver seguito una formazione permanente di 18 ore ogni 2 anni dal completamento con successo della sua formazione iniziale.
Il candidato deve presentare un certificato del casellario giudiziario risalente ad un massimo di due mesi prima della data di presentazione della domanda che attesti di non essere stato oggetto di una condanna incompatibile con l’esercizio della funzione di mediatore accreditato.
Il candidato mediatore non deve essere incorso in sanzioni disciplinari o amministrative incompatibili con l’esercizio della funzione di mediatore accreditato.
A tal fine, l’aspirante mediatore dovrà allegare alla domanda una autodichiarazione sul suo onore di non essere incorso in sanzioni disciplinari o amministrative in passato, o dovrà menzionare le sanzioni disciplinari o amministrative adottate nei suoi confronti.
Il candidato mediatore che è o è stato membro di un ordine o collegio professionale organizzato sulla base della legge, che ha un sistema disciplinare specifico, deve inoltre allegare alla domanda un certificato dell’autorità disciplinare competente che attesti che non è incorso in sanzioni disciplinari o amministrative in passato, o che menzioni, se del caso, le sanzioni disciplinari o amministrative incorse.
L’aspirante mediatore deve allegare alla domanda di approvazione un certificato attestante due anni di esperienza professionale. Può farlo attestare dal suo attuale o precedente datore di lavoro. Se è un lavoratore autonomo, tale dichiarazione può essere fornita dalla prova del pagamento dei contributi previdenziali per un periodo di due anni.
Il candidato mediatore deve dimostrare che la sua attività di mediatore è coperta da un’assicurazione di responsabilità professionale e produce almeno un certificato di assicurazione che dimostri che le sue attività di mediatore saranno coperte da tale assicurazione non appena sarà concesso l’accreditamento.
Il candidato mediatore si impegna a rispettare il codice etico stabilito dalla Commissione federale di mediazione ai sensi dell’art. 1727 §2, 6°[13] e 8°[14] del Codice giudiziario.
L’aspirante mediatore si impegna, dopo l’abilitazione alla mediazione, a seguire una formazione complementare il cui programma è approvato dalla Commissione Federale di Mediazione.
L’aspirante mediatore allega alla domanda di accreditamento l’autorizzazione alla conservazione e all’utilizzo dei propri dati personali indicati nella politica di riservatezza della Commissione federale di mediazione[15].
3. La formazione del mediatore belga e i centri di formazione
Il 30 marzo 2021, in ottemperanza alla legge del 18 giugno 2018, la Commissione Federale di Mediazione ha approvato un nuovo regolamento (di aggiornamento dei precedenti[16]) che stabilisce dal 1° di settembre 2021[17] le condizioni e le modalità per il riconoscimento della formazione di base, di specializzazione e continua dei mediatori accreditati[18].
Il regolamento definisce tre entità: l’organismo di mediazione che è la persona fisica[19] o giuridica che desidera fornire una formazione a norma del regolamento, il centro di formazione l’organismo di formazione autorizzato a fornire una formazione di base e specializzata ed il coordinatore.
Il coordinatore è un mediatore che, sulla base di un dossier, può dimostrare:
– di essere autorizzato dalla Commissione federale di mediazione o, se il mediatore è stato formato all’estero, di avere ottenuto l’approvazione della Commissione per l’approvazione dei mediatori istituita in seno alla Commissione federale di mediazione;
-di possedere le qualifiche e le competenze pedagogiche necessarie;
– di avere almeno tre anni di esperienza pratica come mediatore certificato.
Il regolamento prevede poi tre tipologie di formazione: base, specializzata e continua.
Per impartire la formazione base e specializzata (che hanno regole comuni) bisogna essere riconosciuti come centri di formazione. Lo stesso vale per la formazione continua, ma quest’ultima risponde a regole differenti e semplificate che vedremo in seguito.
Per ogni tipo di formazione si deve presentare domanda alla Commissione federale.
L’organismo che richiede l’autorizzazione come centro di formazione deve presentare alla segreteria della Commissione federale di mediazione una domanda per il corso o i corsi di formazione di base e di specializzazione che soddisfano le condizioni che andremo a vedere per la formazione base e specialistica.
La Commissione federale di mediazione può verificare in qualsiasi momento se le condizioni per l’approvazione sono soddisfatte.
Gli organismi allegano alla domanda un dossier amministrativo comprendente i seguenti documenti:
– Per le persone giuridiche: un estratto dello statuto o dell’atto costitutivo che giustifichi l’oggetto sociale, con menzione della pubblicazione;
– L’identità della persona di contatto;
– il modello di certificato di partecipazione effettiva.
– Per i corsi di formazione di base e specialistici, il modello di certificato di completamento della formazione.
L’organismo allega alla domanda anche un fascicolo descrittivo secondo i moduli disponibili sul sito web della Commissione federale di mediazione e comprendente i seguenti documenti.
– Una descrizione dei programmi di formazione, in conformità con i requisiti del presente regolamento, con l’indicazione, per ciascuna parte, del numero di ore ad essa dedicate e del nome del/i formatore/i interessato/i;
– Il Curriculum Vitae dei formatori, menzionati nella descrizione del programma, e dei mediatori incaricati di supervisionare o coordinare la formazione. Il CV deve contenere almeno per i formatori-mediatori il loro accreditamento e, se del caso, indicare se soddisfano le condizioni per essere coordinatori;
– una descrizione dei metodi di valutazione degli aspiranti mediatori.
Le domande di accreditamento vengono esaminate dopo che la segreteria della Commissione Federale di Mediazione ha verificato che i fascicoli siano conformi a quanto precede.
Le domande di accreditamento sono analizzate dalla Commissione per l’accreditamento della formazione (Organismi) per quanto riguarda la loro conformità al regolamento, che può portare a una proposta di adattamento del programma proposto. La commissione ha anche un diritto di apprezzamento marginale basato sul carattere manifestamente irragionevole. Il Comitato di accreditamento per le organizzazioni di formazione può richiedere informazioni aggiuntive e invitare il rappresentante dell’organizzazione a essere ascoltato. Il Comitato di accreditamento per la formazione (Organismi) esprime un parere motivato al Consiglio della Commissione federale di mediazione.
Il Consiglio adotta una decisione motivata.
Ogni quattro anni, l’organismo riconosciuto come centro di formazione presenta alla Commissione federale di mediazione una relazione su tutti i corsi di formazione organizzati, pena la revoca del riconoscimento come centro di formazione. Ogni centro di formazione accreditato deve organizzare almeno un corso di formazione di base e uno di formazione specialistica ogni due anni per mantenere il proprio accreditamento.
La Commissione federale di mediazione pubblica sul proprio sito web i recapiti di tutti i centri di formazione accreditati.
L’organismo di formazione che richiede l’accreditamento come centro di formazione stabilisce un programma di formazione di base e specializzato che corrisponde alle norme minime di durata e di qualità, fatta salva l’attuazione di un programma più lungo e più elaborato delle norme minime.
Il centro di formazione notifica alla Commissione federale di mediazione qualsiasi modifica apportata al suo programma o qualsiasi cambio di formatore, almeno sei settimane prima dell’organizzazione della formazione.
Dopo aver richiesto, se necessario, informazioni supplementari, la Commissione federale di mediazione può, entro un mese dal ricevimento del fascicolo completo, condizionare o rifiutare l’approvazione.
In mancanza di un parere della Commissione federale di mediazione entro questo termine, l’approvazione è mantenuta.
Sia per la formazione di base che per quella specialistica, il coordinatore è responsabile di garantire la coerenza tra le diverse materie e che il contenuto dei corsi sia correlato alla mediazione.
L’autorità di formazione può concedere una deroga a un partecipante per uno o più elementi della formazione[20].
4. I corsi di formazione: la formazione base
I corsi di formazione per diventare mediatore abilitato ai sensi dell’articolo 1726 del codice giudiziario devono comprendere almeno 105 ore, suddivise tra formazione di base e formazione almeno specializzata in uno dei settori specifici di cui agli articoli da 11 a 14 del regolamento.
La formazione di base comprende un minimo di 70 ore, di cui almeno 30 ore di formazione teorica e almeno 30 ore di tirocinio pratico.
La parte teorica della formazione di base (art. 8) deve riguardare almeno i seguenti argomenti[21]:
10. Teoria e pratica dell’intervento di pagamento da parte di terzi – mediazione e patrocinio a spese dello Stato;
11. Mediazione a distanza per via elettronica.
La ripartizione del numero di ore di lezione nelle materie di cui al paragrafo precedente è lasciata alla discrezionalità sovrana degli organismi di formazione secondo della loro pedagogia e del loro pubblico destinatario.
Per consentire ai candidati mediatori di integrare le diverse competenze: know-how, capacità interpersonali e capacità di comunicazione, e nell’interesse della qualità, si raccomanda agli enti di formazione di non programmare più di sette ore di lezione (escluse le pause) al giorno.
La formazione di base e tutte le esercitazioni pratiche di base sono impartite o supervisionate da almeno un coordinatore.
Le esercitazioni pratiche organizzate nell’ambito della formazione di base devono essere direttamente correlate alla materia di cui alla formazione teorica di base e devono vertere sui seguenti argomenti:
1. Le fasi del processo di mediazione;
2. L’applicazione dei principi di mediazione;
3. Capacità di mediazione;
4. Abilità comunicative;
5. Capacità di negoziazione;
6. Interventi in situazioni concrete;
7. Scenari attraverso giochi di ruolo;
8. L’applicazione della mediazione a distanza per via elettronica.
5. I corsi di formazione: la formazione specialistica
Ogni programma di formazione specializzata deve includere un minimo di 35 ore.
La formazione specializzata descritta di seguito, sia per le parti teoriche che pratiche, è impartita o supervisionata da almeno un coordinatore riconosciuto nel campo della formazione specializzata.
La formazione specialistica (art. 11) in mediazione familiare, di almeno 35 ore, deve riguardare i seguenti argomenti:
Argomenti teorici:
1. Concetti di diritto
– Matrimonio, convivenza legale e convivenza di fatto;
– Divorzio e separazione legale, separazione di fatto;
o il contributo alle spese di mantenimento e istruzione dei figli (concetti di spese ordinarie, spese straordinarie, costi specifici), metodi di calcolo
o assistenza alimentare e alimenti tra ex coniugi, metodi di calcolo.
– Diritto immobiliare e diritto successorio;
– Procedure di conciliazione dinanzi al tribunale della famiglia;
– Procedimenti giudiziari in materia di diritto di famiglia;
– Coinvolgimento dell’ordine pubblico e delle disposizioni obbligatorie.
2. Psicologia e sociologia
– Psicologia e sociologia della famiglia;
– Effetti psicologici dei conflitti familiari;
– Relazioni e dinamiche familiari;
– Setting del bambino e dell’adolescente in mediazione.
3. Introduzione alla mediazione internazionale in materia di famiglia;
4. Introduzione alla mediazione multiculturale;
5. Mediazione familiare a distanza per via elettronica.
Argomenti pratici:
Le esercitazioni pratiche organizzate nell’ambito della formazione specializzata devono essere direttamente correlate al contenuto degli argomenti teorici.
La formazione specialistica in mediazione civile e commerciale, di almeno 35 ore, deve riguardare i seguenti argomenti (art. 12):
Argomenti teorici:
1. Concetti di diritto
– Obblighi;
– proprietà;
– consumo;
– responsabilità;
– assicurazione;
– economia e società;
– Coinvolgimento dell’ordine pubblico e disposizioni imperative
– Procedura di conciliazione dinanzi al tribunale delle società
2. Mediazione civile e commerciale;
3. Introduzione alla mediazione internazionale in materia civile e commerciale;
4. Introduzione alla mediazione multiculturale;
5. Mediazione civile e commerciale a distanza per via elettronica.
Argomenti pratici:
Le esercitazioni pratiche organizzate nell’ambito della formazione specializzata devono essere direttamente collegate al contenuto degli argomenti teorici.
La formazione specialistica in mediazione sociale (art. 13, rapporti di lavoro e sicurezza sociale), di almeno 35 ore, deve riguardare i seguenti argomenti:
Argomenti teorici:
1. Nozioni di diritto del lavoro e sicurezza sociale:
– Procedura di conciliazione presso il Tribunale del lavoro;
– Coinvolgimento dell’ordine pubblico e delle disposizioni obbligatorie.
2. Mediazione sociale:
– Le dimensioni umane, relazionali e materiali nell’ambiente di lavoro;
– I diversi attori dell’organizzazione e della cultura aziendale;
– Benessere sul lavoro;
– Conflitti interpersonali e collettivi sul lavoro.
3. Introduzione alla mediazione internazionale in materia sociale;
4. Introduzione alla mediazione multiculturale;
5. Mediazione sociale a distanza per via elettronica.
Argomenti pratici:
Le esercitazioni pratiche organizzate nell’ambito della formazione specializzata devono essere direttamente collegate al contenuto degli argomenti teorici.
6. L’autovalutazione e la valutazione
Il metodo di valutazione finale dei partecipanti è lasciato alla discrezione sovrana dei centri di formazione in base alla loro pedagogia e al loro pubblico di destinazione.
Si raccomanda ai centri di formazione di utilizzare le griglie di autovalutazione e valutazione finale per i candidati mediatori stabilite dalla Commissione federale di mediazione e pubblicate sul suo sito web.
La griglia autovalutazione è decisamente interessante e quindi la propongo integralmente.
GUIDA ALL’AUTOVALUTAZIONE DEL MEDIATORE*
Nome del partecipante: ……………. File No… Data:……………………………….. Durata:………………
Competenze dei partecipanti alla mediazione -Relazione tra i partecipanti -Desiderio di trovare un accordo -Desiderio di trovare una soluzione creativa e flessibile
Interazione produttiva -Tempo a disposizione -Problemi da risolvere -Relazione tra i partecipanti -Relazione tra i partecipanti e il mediatore
Conoscenza sufficiente (soggetto o conflitto) -Conseguenze legali -Impatti finanziari -Competenze dei partecipanti
Rispetto per i partecipanti –Percepire e tradurre i sentimenti dei partecipanti -Attenzione attiva alle loro preoccupazioni -essere attenti alle nuove possibilità
Preparazione dei partecipanti -Chiarire accordi parziali o provvisori durante tutto il processo di mediazione. -Aiuta i partecipanti a evitare di impegnarsi troppo presto da un certo punto di vista.
Persone da includere nella mediazione (mandato, procura, ecc.) -Persone che possono contribuire, facilitare o danneggiare l’accordo -Persona con potere di rappresentanza, delega e decisione
Equilibrio delle interazioni -Ogni partecipante è coinvolto -Il suo intervento è altrettanto importante -riconoscere le relazioni di potere e bilanciarle -Tutti i problemi sono coperti -Interventi attivi -Pause appropriate
I partecipanti sono stati informati del mio livello di competenza
Riassumere e riformulare -I punti principali -Riassumere i diversi argomenti e i contributi dei partecipanti -Temi e punti importanti -Nominarli e strutturarli
Inquadrare i problemi -Valorizzazione degli interessi/bisogni comuni -Riconosce un terreno comune -Raccoglie interessi/bisogni divergenti -Effettua collegamenti tra i problemi per produrre vantaggi reciproci
Conoscenza dei partecipanti – Le loro aspettative – i loro limiti
Clima sicuro per parlare del conflitto
Ascolto dei partecipanti -Descrizione del conflitto
Riconoscimento -Consentire l’espressione di sentimenti ed emozioni -Controllare i sentimenti e le emozioni manifeste
Esplora le opportunità di accordo e promuove la condivisione delle informazioni per espandere le opzioni
Strategie per la gestione dei conflitti
Incoraggiamento e fiducia -Autodeterminazione dei partecipanti -Capacità dei partecipanti di trovare risultati reciprocamente soddisfacenti
Domande neutre e aperteRiformulazione / validazione
Espressione di comprensione delle priorità di ciascun partecipante.
Promuove la creazione di tutte le opzioni possibili
Anche la griglia di valutazione è decisamente importante e quindi lo scrivente intende proporla per intero.
Valutazione finale dei candidati mediatori accreditati
– Griglia per le organizzazioni di formazione –
Questa forma è complementare alla valutazione di corsi interattivi, aspetti pratici di giochi di ruolo, co-mediazioni… conoscenza della metodologia di mediazione e della professione di mediatore certificato.
Oltre al modulo di autovalutazione consegnato al candidato all’inizio della sua formazione, riceve un debriefing sulla valutazione del suo precedente apprendimento del processo di mediazione. Firma la sua valutazione e ne prende una copia.
Il candidato mediatore:
Cognome, nome: ……………
Il valutatore:
Cognome, nome: ……………
Data:……………………………..
TITOLO I. CRITERI DI VALUTAZIONE
Processo di mediazione
Criteri soddisfatti
Ha bisogno di miglioramenti
Da acquisire (insufficiente)
Non osservato
1.1.
Presentazione dei partecipanti
1.2.
Conferma dell’autorità decisionale
1.3.
Presentazione del processo
1.4.
Spiegazione del processo, il quadro… (garante dell’equilibrio tra le persone)
1.5.
Spiegazione delle regole di comunicazione “Io”, sentimento, rispetto reciproco (fisico/verbale), ascolto fino alla fine…
1.6.
Spiegazione dei ruoli e delle responsabilità (ad esempio chi scriverà gli accordi ….)
1.7.
Spiegazione delle nozioni di riservatezza, multiparzialità, neutralità…
1.8.
Protocollo di mediazione (contenuto e firma all’inizio della mediazione)
1.9.
Comprendere le fasi della mediazione
1.10.
Gestione del tempo (interviste, agenda…)
Capacità di comunicare
Criteri soddisfatti
Ha bisogno di miglioramenti
Da acquisire (insufficiente)
Non osservato
2.1.
Ascolto attivo e premuroso
2.1.1.
Escludere i propri preconcetti e qualsiasi tentativo di interpretazione e soluzione.
2.1.2.
Adottare un atteggiamento fisico di disponibilità
2.1.3.
Lascia che gli altri si esprimano senza interrompere.
2.1.4.
Interrogarlo (domande aperte)
2.1.5.
Incoraggialo a specificare il corso del suo pensiero, quando è impreciso o troppo generale.
2.1.6.
Dagli segni visivi e verbali di interesse.
2.1.7.
Riformulare in modo appropriato (echi, specchio, chiarificazione, sintesi…)
2.1.8.
Pratica i silenzi.
2.1.9.
Mostrare empatia
2.1.10.
Rimani neutrale e benevolo
2.2.
Empatia
2.3.
Connotare positivamente
2.4.
Mettere in comune i punti di vista
2.5.
Meta posizione del mediatore… (altezza di guadagno)
11.Autovalutazione complessiva del candidato mediatore
Criteri soddisfatti
Ha bisogno di miglioramenti
Per acquisire (insufficiente)
Non osservato
11.1.
Il mio comportamento etico
11.2.
Autovalutazione
TITOLO II. VALUTAZIONE
La valutazione mira a stimolare e migliorare la qualità della pratica del mediatore accreditato. Nella valutazione, dovrebbe essere data priorità ai criteri in corsivo. In questo spirito, è importante che il candidato abbia soddisfatto la maggioranza di questi criteri. Altrimenti, dovrà approfondire la sua formazione in queste aree.
Firma del valutatore, …………… ……….. …. Data: … ………… ……… …
Firma del candidato mediatore, ……………….. ……………….. Data:………………………
che conferma di aver ricevuto il resoconto sul contenuto del presente modulo di valutazione.
7. L’esito della formazione di base e specialistica
Fatte salve altre disposizioni di legge, il certificato di completamento con successo della formazione di base viene rilasciato al partecipante a condizione che abbia effettivamente frequentato 70 ore di corsi ai sensi dell’articolo 5, § 2, e che abbia ottenuto un punteggio pari o superiore a 12/20 per la teoria e 12/20 per la pratica.
Fatte salve altre disposizioni giuridiche, il certificato di attitudine rilasciato al termine della formazione specializzata è rilasciato al partecipante a condizione che abbia ottenuto il certificato di completamento della formazione di base, che abbia effettivamente frequentato 35 ore di corsi e che ha ottenuto un punteggio uguale o superiore a 12/20 per la teoria e 12/20 per la pratica.
Per la valutazione finale e per il rilascio del certificato di attitudine le autorità si avvalgono di almeno un mediatore approvato “imparziale ed esterno alla formazione”. Quest’ultimo è presente durante la valutazione finale e dà la sua valutazione, che è almeno informativa e non direttiva, e servirà a oggettivare la valutazione effettuata dai formatori del centro di formazione.
In buona sintesi, a partire dal 1° settembre 2021, è richiesto che i corsi di formazione di base comprendano almeno 70 ore (di cui almeno 30 ore teoriche e 30 ore pratiche) e che il loro programma includa le materie elencate nell’articolo 8 del Regolamento. La formazione specialistica (familiare, civile e commerciale, sociale e governativa) ha una durata minima di 35 ore (il programma minimo richiesto è definito agli articoli 11, 12, 13 o 14, a seconda della materia interessata).
Solo con 105 ore di formazione si può diventare un mediatore accreditato.
Il programma della formazione di base e della formazione specialistica così elaborato costituisce la base minima in termini di numero di ore e contenuto richiesto.
La formazione di base e la formazione specialistica dovranno concludersi ciascuna con una valutazione teorico-pratica dei partecipanti (art. 15).
Il mediatore in Belgio può essere scelto tra 180 professioni e può parlare sino a 34 lingue[31].
8. La formazione continua
Occupiamoci ora della formazione continua.
Per il legislatore è molto importante dato che una mancata e insufficiente formazione da parte di un mediatore abilitato può comportare la revoca del riconoscimento in quanto egli non soddisferebbe più, in questo caso, le condizioni per la sua autorizzazione: questa ipotesi è espressamente menzionata nell’articolo 1726 e 1727 del codice giudiziario[32].
L’organismo che richiede l’accreditamento soltanto per uno o più corsi di formazione teorica e/o pratica continua presenta una domanda alla segreteria della Commissione federale di mediazione, con i programmi che soddisfano le condizioni che vedremo più avanti.
Il programma di ciascun programma di formazione continua deve indicare il numero di ore per le quali è richiesto l’accreditamento.
Un organismo di formazione che presenta una domanda di accreditamento come centro di formazione e che desidera anche organizzare la formazione continua presenta contemporaneamente una domanda alla quale è allegato almeno un programma di formazione continua teorica e pratica o intervisione le cui caratteristiche vedremo in seguito.
Se l’organismo di formazione riceve l’abilitazione come centro di formazione e per almeno una formazione continua, tutte le domande successive di nuova formazione continua presentate da tale organismo nei tre anni successivi all’approvazione beneficiano di una procedura di approvazione semplificata.
A seguito di questa procedura di approvazione semplificata, il centro di formazione notifica il progetto di formazione alla Commissione federale di mediazione, almeno un mese prima dell’organizzazione della formazione. Dopo aver richiesto, se necessario, informazioni supplementari, la Commissione federale di mediazione può, entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento del fascicolo completo, condizionare o rifiutare l’approvazione.
In mancanza di un parere della Commissione federale di mediazione entro questo periodo, la formazione è approvata per il numero di ore richieste.
Il centro di formazione deve presentare una nuova domanda di accreditamento per la sua formazione continua solo in caso di cambiamento del programma o in caso di cambiamento di formatore.
Ogni nuovo programma di formazione continua deve essere ricomunicato per l’accreditamento.
Fatte salve le disposizioni del regolamento della Commissione federale che definiscono gli obblighi dei mediatori accreditati in materia di formazione continua, la formazione continua può essere una formazione teorica, una formazione pratica o un’intervisione.
La formazione teorica comprende, a titolo esemplificativo, la frequenza di corsi, la partecipazione attiva o passiva a congressi, conferenze, cicli di lezioni, simposi, colloqui, giornate di studio, seminari, webinar, e-seminari, workshop e altri tipi di laboratori.
La formazione teorica deve avere un interesse diretto alla mediazione e un legame con la pratica della mediazione.
La formazione pratica comprende, ma non è limitata a, esercitazioni pratiche, giochi di ruolo, sessioni di studio di casi di mediazione e tirocinio.
La supervisione è uno scambio organizzato da un responsabile esperto che mira, attraverso uno sguardo critico e costruttivo, ad aiutare uno o più professionisti a migliorare la qualità del loro lavoro. La supervisione si basa su situazioni concrete vissute dai partecipanti. Il suo obiettivo principale è quello di portare il mediatore a svolgere un lavoro di distanza, a comprendere il suo funzionamento personale di fronte al conflitto e alle persone in conflitto, a riflettere sulle sue risonanze, le sue resistenze, pregiudizi e alleanze.
La supervisione è affidata a un mediatore accreditato o a un esperto con almeno cinque anni di esperienza professionale, attestata dalla produzione di un curriculum vitae, in uno dei settori della mediazione o nella funzione di supervisione[33].
La supervisione può essere individuale o collettiva.
L’Intervisione consiste in uno scambio di opinioni sulle situazioni di mediazione tra mediatori tra pari.
L’intervisione è organizzata con un minimo di cinque partecipanti, la maggior parte dei quali sono mediatori accreditati.
L’intervisione consiste in uno scambio di opinioni su situazioni di mediazione tra mediatori di pari livello.
L’intervisione è organizzata con un minimo di cinque partecipanti, la maggior parte dei quali sono mediatori accreditati.
Fatta salva la supervisione e l’intervisione, la formazione continua deve essere erogata o supervisionata da almeno un formatore di mediatori accreditato.
l’intervisione non richiede una richiesta di approvazione preventiva della Commissione ma è oggetto di un certificato di partecipazione all’intervisione.
La formazione continua può dunque consistere in una formazione teorica (conferenza o ciclo di conferenze, simposio, colloquio, giornata di studio, ecc.) o in una formazione pratica (casi di studio, supervisione, gioco di ruolo) o in una intervisione. Se l’ente di formazione organizza un’intervisione, deve assicurarsi che si svolga in modo serio.
Il certificato attinente alla intervisione o supervisione deve indicare:
-il numero di ore di intervisione o di attività di supervisione,
– gli argomenti trattati,
– i nomi e le qualifiche dei partecipanti (formatori, mediatori riconosciuti o non riconosciuti).
È firmato da tutti i partecipanti.
In caso di intervisione, l’attestato di partecipazione o un documento ad esso allegato, specifica le regole del gioco, gli obiettivi, il metodo di lavoro e i casi pratici affrontati.
Il mediatore autorizzato possiede una formazione continua di almeno 18 ore (così è dal 2013) ripartite su due anni consecutivi, indipendentemente dalla materia in cui la Commissione federale di mediazione ha rilasciato un’autorizzazione e indipendentemente dal numero di autorizzazioni rilasciate al mediatore[34].
Il mediatore può, tuttavia, comporre il proprio programma di formazione con moduli offerti in Belgio o all’estero. Questi moduli devono essere direttamente rilevanti per la pratica della mediazione. Il mediatore ne fornisce la prova alla Commissione Federale[35].
Bisogna però che le 18 ore siano ripartite al massimo nel modo seguente[36]:
a) Supervisione e/o intervisione (6 ore),
c) Pubblicazione, insegnamento e/o formazione erogata (6 ore)[37],
d) Accompagnamento di un tirocinante in mediazione (6 ore)[38].
Non possono essere riconosciuti come formazione continua:
– Lettura di libri.
-Partecipazione a riunioni di mediazione.
-Chat di mediazione.
-Sessioni di coaching come assistente formatore.
Un’abbondante pratica di mediazione non esonera il mediatore accreditato dal suo obbligo di formazione continua.
9. Il procedimento disciplinare
La Commissione federale ha emanato un Regolamento interno della Commissione disciplinare e reclami[39] che illustriamo nelle sue parti principali.
Ne suggerisco la lettura all’Ufficio legislativo del Ministero e ai Presidenti di Tribunale per quanto attiene al funzionamento del comitato che dovrà occuparsi di gestire l’elenco dei mediatori familiari e che avrà dunque anche funzioni disciplinari.
Le decisioni della Commissione sono prese attraverso il collegio francofono o olandese.
I collegi siedono con tre membri.
Le decisioni sono prese a maggioranza.
Eventuali opinioni dissenzienti non sono rese pubbliche e sono soggette alla segretezza delle deliberazioni.
Quando vengono attribuite più violazioni disciplinari a un mediatore o a un organo, viene avviata una sola procedura nei suoi confronti che può comportare una sola sanzione disciplinare.
Se nel corso del procedimento disciplinare viene contestata una nuova violazione, viene avviato un nuovo procedimento senza interrompere il procedimento già avviato.
In caso di collegamento, tuttavia, questa nuova inosservanza è trattata nell’ambito della procedura già in atto.
Le comunicazioni o notifiche o le comunicazioni della Commissione al destinatario avvengono via pec, a meno che il destinatario non chieda l’invio per posta al suo domicilio o sede legale.
Le notifiche, gli invii o le comunicazioni che non sono effettuati per via elettronica si considerano effettuati il quinto giorno dopo la consegna per l’invio all’ufficio postale.
Ogni parte interessata può presentare una denuncia o informare la Commissione in merito a violazioni commesse da uno o più mediatori o da un centro di formazione.
La Commissione mette a disposizione un modulo di reclamo sul sito web della Commissione federale di mediazione.
La denuncia può esser presentata in francese, olandese o tedesco, ma la scelta del collegio francese od olandese spetta al mediatore.
Entrambi i collegi possono trattare i reclami presentati in tedesco.
Una parte della denuncia può essere tenuta riservata qualora debba essere tutelata la vita privata delle parti interessate.
Il presidente della Commissione conferisce il fascicolo completo al collegio competente affinché possa essere avviato, se necessario, un procedimento disciplinare.
Il collegio competente può decidere che la denuncia è manifestamente irricevibile e che il procedimento non può essere avviato[40].
Se la Commissione decide che il procedimento non può essere avviato, ne informa il denunciante o il dichiarante.
Il rigetto della denuncia non impedisce al denunciante o al dichiarante di presentare successivamente una nuova denuncia o dichiarazione.
Se la Commissione decide che il mediatore o l’organizzazione devono comparire dinanzi ad essa, il Presidente notifica la denuncia per posta raccomandata al mediatore o all’organo interessato, con copia al denunciante o al dichiarante per posta semplice o per posta elettronica.
Nella notifica sono inclusi i seguenti elementi:
1) la registrazione del reclamo o della dichiarazione con il numero di serie;
2) il riferimento al regolamento;
3) la composizione della Commissione;
4) i fatti portati a conoscenza della Commissione;
5) le norme che possono essere state violate;
6) le sanzioni disciplinari di cui all’articolo 1727/5, §4, del codice giudiziario;
7) il diritto di far conoscere il suo punto di vista con tutti i mezzi appropriati;
8) la possibilità di essere assistiti o rappresentati da un avvocato ;
9) se del caso, l’avvertenza che, ai fini della tutela della vita privata di terzi, taluni elementi di cui è specificata la nazionalità sono stati oscurati;
10) il diritto di richiedere ulteriori misure investigative in modo motivato;
11) Il diritto della persona o dell’organizzazione di richiedere la ricusazione motivata di un membro della Commissione;
12. la possibilità di ottenere, su richiesta, che il Presidente o un membro della Commissione, da essa nominato a tal fine, convochi il denunciante e il mediatore o l’organismo interessato in vista di una soluzione amichevole;
La Commissione allega alla notifica una copia del verbale disciplinare o, se ciò non è possibile, specifica in che modo l’imputato può esaminarlo e ottenerne copia.
Il fascicolo disciplinare contiene soltanto i documenti che il Presidente ritiene pertinenti ai fini del procedimento disciplinare. Esse sono tradotte, se del caso, nella lingua procedurale.
Se il denunciante, il presidente o l’organo chiedono una soluzione amichevole, il presidente fissa il luogo, la data e l’ora in cui le persone interessate saranno convocate dinanzi a lui o dinanzi al membro della commissione che egli designa a tal fine. La citazione precisa che la procedura di conciliazione è riservata.
La Commissione convoca le parti interessate mediante lettera ordinaria o comunicazione elettronica a comparire dinanzi a uno dei suoi membri al fine di esaminare se una soluzione amichevole sia concepibile dalle parti interessate. È redatto un verbale di comparizione delle persone interessate.
Se viene raggiunto un accordo, il verbale ne riporta i termini e una copia del verbale è inviata alle parti interessate.
Se non si raggiunge un accordo o se una delle parti interessate non compare, il fascicolo è rinviato alla Commissione per ulteriori procedimenti.
La conclusione di un accordo non osta all’adozione di una sanzione disciplinare da parte della commissione.
Se la procedura continua, le parti interessate sono convocate, mediante lettera raccomandata o notifica all’indirizzo di posta elettronica, a comparire dinanzi alla Commissione.
La citazione contiene le informazioni (già identificate più sopra da 1 a 12) nonché il luogo, la data e l’ora dell’udienza.
Il termine per comparire è di almeno quindici giorni dalla data della notifica.
Se, sebbene regolarmente convocato, il mediatore o il rappresentante dell’organo o il suo avvocato non si presentano in due occasioni successive, al termine della seconda udienza, il collegio decide, sulla base dei documenti del fascicolo, se il mediatore o il suo avvocato non si avvalgano o meno di una valida scusante.
Quando viene avviata un’indagine penale o una denuncia sugli stessi fatti, la Commissione può decidere di sospendere il procedimento fino a quando non sia informata che una decisione giudiziaria è stata pronunciata e che ha autorità di cosa giudicata. La Commissione è tenuta a informarsi sull’esito del procedimento penale.
Una denuncia o un’indagine penale non impedisce alla Commissione di adottare misure disciplinari.
Se la sanzione disciplinare si rivela incompatibile con una successiva decisione giudiziaria, la Commissione revoca la sanzione disciplinare con effetto retroattivo a decorrere dalla data in cui è irrogata la sanzione disciplinare.
Le parti interessate possono essere rappresentate o assistite da un avvocato.
La Commissione può tuttavia ordinare che il mediatore interessato compaia personalmente o che l’organo compaia tramite una persona che abbia la capacità legale e la capacità di rappresentarlo e di coinvolgerlo.
Ogni membro della Commissione che sa di essere soggetto a ricusazione ha l’obbligo di astenersi.
In particolare, un membro può essere ricusato per i seguenti motivi:
– legittimo sospetto;
– il membro o un membro della sua famiglia o uno dei suoi collaboratori ha un interesse personale nella controversia;
– il membro ha dato consigli, sostenuto o scritto sui fatti addebitati;
– esiste un’inimicizia di fondo tra il membro e il mediatore o l’organismo interessato;
– il membro ha un rapporto professionale con il mediatore o l’organismo.
Chi desidera contestare un membro della Commissione deve farlo per iscritto, al più tardi all’inizio dell’udienza, a meno che i motivi della contestazione non siano emersi successivamente.
Il membro contestato è tenuto, entro cinque giorni dalla conoscenza della richiesta di contestazione, a dichiarare se è d’accordo con la contestazione o se la rifiuta, eventualmente rispondendo ai motivi della contestazione.
La contestazione è decisa entro dieci giorni dal Comitato in ultima istanza. Il membro contestato non può essere membro della Commissione che decide sulla contestazione.
In generale le audizioni della Commissione sono pubbliche. L’interessato può chiedere alla Commissione di sentire il caso a porte chiuse. La Commissione accoglie tale richiesta a meno che non ritenga che l’ordine pubblico o l’interesse pubblico vi ostino.
La Commissione ascolta il denunciante e il Mediatore o l’organismo coinvolto.
Le audizioni dei testimoni si svolgono a porte chiuse, a meno che tutte le persone interessate e i testimoni interessati non accettino di deporre in pubblica udienza.
La Commissione può imporre le seguenti sanzioni ai mediatori certificati:
– avvertenza;
– rimprovero;
– l’obbligo di completare un tirocinio per la durata e secondo le procedure stabilite dalla Commissione;
-l’obbligo di esercitare la propria professione esclusivamente in co-mediazione per la durata e secondo le procedure stabilite dalla Commissione;
-la sospensione per un periodo non superiore a un anno;
-la revoca del riconoscimento.
Nessuna sanzione può essere imposta per atti anteriori a più di tre anni prima del deferimento alla Commissione.
Se i fatti addebitati costituiscono un inadempimento continuato, l’ultimo atto contestato costituisce il punto di partenza del termine di prescrizione.
Per quanto riguarda gli organismi, la Commissione può:
-formulare raccomandazioni;
-sospendere l’accreditamento di un’organizzazione per un periodo limitato non superiore a un anno;
-revocare il riconoscimento dell’organismo.
La decisione è firmata dal presidente del collegio e inserita nel fascicolo.
Il presidente del collegio notifica senza indugio la decisione al mediatore o all’organo.
Essa notifica al reclamante la decisione nella sua interezza, a meno che tale notifica non sia contraria a motivi di ordine pubblico, nel qual caso notifica soltanto il dispositivo della decisione.
La notifica riproduce il testo integrale dell’articolo 1727/6 del codice giudiziario.
Le decisioni di sospensione o revoca dell’approvazione sono eseguite cancellando i dati di contatto del mediatore dall’elenco di cui all’articolo 1727 del codice giudiziario.
La cancellazione ha luogo il giorno successivo a quello in cui la decisione sul merito è notificata al mediatore. I dati del mediatore sospeso sono automaticamente e senza indugio reinseriti nell’elenco di cui all’articolo
Le decisioni sono conservate in forma cartacea o elettronica presso la segreteria della Commissione federale di mediazione.
Esse possono essere consultate dai membri della Commissione nell’esercizio della loro missione nei singoli casi che sono chiamati a trattare, nella redazione del parere di cui all’articolo 1727/5, § 5 del Codice giudiziario e al fine di armonizzare la giurisprudenza dei due collegi. Un registro annoterà ogni richiesta di consultazione delle decisioni.
La Commissione istituisce una banca dati contenente le decisioni di principio adottate dalla Commissione e rese anonime. La banca dati è accessibile gratuitamente al pubblico.
Il segretario della Commissione federale di mediazione redige un elenco delle sanzioni pronunciate dalla Commissione.
Tale elenco può essere consultato solo dai membri dell’Assemblea Generale e dai membri della Commissione nell’esercizio delle loro funzioni legali.
Se la Commissione viene a conoscenza di fatti che possono costituire una violazione dell’etica, il Presidente può nominare un membro della Commissione per indagare su tali fatti e redigere una relazione.
Possono essere esaminati d’ufficio solo i fatti di cui la Commissione è venuta a conoscenza da meno di un anno.
Il relatore può ascoltare il mediatore o l’organismo interessato, nonché eventuali testimoni. Il relatore presenta la sua relazione al presidente che convoca la Commissione.
La Commissione decide di chiudere il caso o di convocare il mediatore o l’organismo accreditato ai sensi della normativa già vista.
Dal momento della presentazione della relazione, il relatore si astiene da qualsiasi forma di intervento nel fascicolo.
Tuttavia, la Commissione può ascoltarlo in presenza o in assenza del mediatore o dell’organismo interessato. In quest’ultimo caso, il verbale dell’audizione del relatore viene comunicato al mediatore o all’organismo interessato, invitandolo a formulare eventuali osservazioni entro quindici giorni dal ricevimento.
10. Il codice deontologico del mediatore belga
Siamo in presenza di un codice etico che vale per tutti i mediatori accreditati ed il cui contenuto è inderogabile. A differenza dell’Italia, dunque ove non vige un codice nazionale, ma si fa riferimento ai codici etici depositati dagli organismi iscritti a registro. Era peraltro quella belga una scelta necessaria visto che la professione del mediatore è individuale.
Mi pare interessante che il mediatore possa rifiutarsi di lavorare con un dato consulente e che in tal caso la controversia passerà ad altro mediatore.
Altro principio di rilievo è quello per cui il mediatore che si renda conto di non avere le competenze “può offrire di condurre una co-mediazione o indirizzare il richiedente a un altro mediatore.”
Correttamente semplificato è l’approccio col mezzo telematico “Il mediatore ha il diritto di organizzare incontri virtuali. In questo caso, si assicurerà di mantenere il controllo del processo, incluso quello dello strumento informatico.”
La concezione della neutralità è assai originale e appropriata dal punto di vista psicologico: “La neutralità non consente alle parti di ottenere un parere che potrebbe influenzare la risoluzione della controversia tra di loro. Tuttavia, il mediatore rimane libero di riferire su casi simili di cui è a conoscenza, nel rispetto del segreto professionale e dell’obbligo di riservatezza sancito dall’articolo 1728 del Codice giudiziario.”
Salvo il caso in cui il mediatore “potrebbe trarre un beneficio diretto o indiretto, compreso un compenso per il successo, dall’esito della mediazione;”, si lascia comunque alle parti la decisione se proseguire o meno la mediazione con lui, sulla scorta del modello statunitense.
Da noi in Italia invece il consenso delle parti non ha alcun rilievo.
Altro principio meritevole di attenzione riguarda il fatto “di possedere o venire a conoscenza di informazioni pubbliche relative alle parti, indipendentemente dai mezzi attraverso i quali sono accessibili, prima o durante la mediazione, non costituisce una violazione degli obblighi di indipendenza, imparzialità o neutralità.” È ragionevole che il mediatore che debba affrontare una data controversia si possa informare nel migliore interesse delle parti su determinati aspetti pubblici.
Trovo poi appropriato che il mediatore possa interrompere la mediazione quando “Una o più parti non sia più in grado di partecipare in modo costruttivo alla mediazione o mostri un totale disinteresse nei suoi confronti”. Ne va della sua professionalità in fondo ed è anche corretto il possibile rimedio per una mediazione che andrebbe interrotta “Tuttavia, in questi casi, il mediatore può, prima di sospendere o terminare la mediazione, richiamare l’attenzione delle parti, eventualmente in caucus, sulla necessità di un comportamento corretto.”
In Italia abbiamo poi una giurisprudenza spesso invasiva che richiama spesso il mediatore a limitare il principio di riservatezza: le stesse regole assai stringenti talvolta lo impongono e lo imporranno maggiormente dopo il 30 giugno 2023.
In Belgio invece la questione è risolta alla radice: “In caso di mediazione giudiziaria, al termine della sua missione, il mediatore informa per iscritto il giudice se le parti hanno raggiunto o meno un accordo. Non può comunicare altre informazioni.”
Anche le competenze economiche del mediatore sono considerate in modo ragionevole visto che il professionista deve tener conto “della capacità contributiva delle parti in mediazione, dell’urgenza, della complessità e della posta in gioco della controversia.”
Riproduco qui di seguito la traduzione italiana del Codice etico.
Articolo 1. Il presente Codice Etico si applica a chiunque sia titolare del titolo di mediatore autorizzato ai sensi dell’articolo 1726 del Codice giudiziario.
Articolo 2. Le disposizioni contenute nel presente codice hanno lo scopo di assicurare la tutela del pubblico e di garantire la qualità dei servizi forniti dai titolari del titolo di mediatore accreditato.
Nell’esercizio della sua attività professionale, il mediatore certificato non può intraprendere alcuna azione che possa mettere a repentaglio la dignità o l’integrità della professione. Il codice non intende sanzionare atti che non riguardano l’attività professionale del Mediatore o che non possono avere alcun impatto su di essa.
Non si può derogare alle disposizioni del presente Codice.
Definizioni
Articolo 3. Ai fini del presente codice, si intende per:
Mediazione: mediazione ai sensi dell’articolo 1723/1[41] del codice giudiziario;
Mediatore: il mediatore autorizzato ai sensi dell’articolo 1726, § 1 numero 1[42], del codice giudiziario;
Organizzazione: un’organizzazione che fornisce formazione ai sensi dell’articolo 1727, § 2, 6°[43], del codice giudiziario;
Commissione: la Commissione disciplinare e di trattamento dei reclami o il suo collegio;
Consulente: la persona che assiste una delle parti durante la mediazione.
Preliminare alla mediazione
PRIMI CONTATTI
Articolo 4. § 1. Durante un primo contatto, il mediatore si assicurerà di valutare la pertinenza di intraprendere la mediazione, raccogliendo solo le informazioni necessarie per consentirgli di avere un’idea generale della natura della controversia.
Il mediatore farà attenzione a non fare commenti che potrebbero essere interpretati come consigli dati alla parte che lo contatta.
§ 2. I mediatori che esercitano anche un’altra professione, regolamentata o meno, saranno particolarmente attenti ad evitare qualsiasi confusione di ruoli.
§ 3. Al termine di un primo contatto, se ha avuto luogo solo con una delle parti, il mediatore deve garantire l’accordo delle altre parti sul ricorso alla mediazione e sulla scelta del mediatore. Questo accordo deve essere confermato per iscritto e portato all’attenzione di tutte le parti interessate.
Articolo 5. Il mediatore garantisce che le parti siano informate della possibilità di essere assistite da un consulente durante le sessioni di mediazione.
Il mediatore non può vietare a una parte di farsi assistere da un consulente.
Tuttavia, il mediatore non è obbligato ad accettare di lavorare con i consulenti se lo ritiene inappropriato. In questo caso, informa le parti che preferisce non lavorare con consulenti e suggerisce loro di rivolgersi a un altro mediatore autorizzato. Se necessario, indica loro dove trovare l’elenco dei mediatori accreditati sul sito web della Commissione federale per la mediazione. Su richiesta congiunta delle parti, può anche raccomandare un mediatore autorizzato.
COMPETENZE SPECIFICHE E ORGANIZZAZIONE DELLA MEDIAZIONE.
Articolo 6. Il mediatore possiede le competenze richieste dalla natura della controversia sulla base della sua esperienza e/o formazione. A seconda della natura della controversia, il mediatore, prima di accettare e intraprendere la mediazione, valuta ragionevolmente se dispone della competenza necessaria per condurre la mediazione. In caso contrario, può offrire di condurre una co-mediazione o indirizzare il richiedente a un altro mediatore. Farà lo stesso se si rende conto nel corso del processo che non ha le competenze necessarie per continuare la mediazione.
Articolo 7. Il mediatore garantirà che le sessioni di mediazione si svolgano in un luogo di incontro appropriato.
Il mediatore ha il diritto di organizzare incontri virtuali. In questo caso, si assicurerà di mantenere il controllo del processo, incluso quello dello strumento informatico.
INDIPENDENZA, IMPARZIALITÀ E NEUTRALITÀ
Articolo 8 § 1. Un mediatore può accettare di condurre una riunione solo se la sua neutralità, indipendenza e imparzialità non possono essere ragionevolmente messe in discussione.
Questi concetti devono essere intesi come segue:
– Indipendenza: il mediatore non può avere alcun legame, diretto o indiretto, o alcun interesse che possa obbligarlo e fargli perdere in tutto o in parte la sua libertà.
-L’imparzialità è l’assenza di pregiudizi o prevenzione.
-La neutralità non consente alle parti di ottenere un parere che potrebbe influenzare la risoluzione della controversia tra di loro. Tuttavia, il mediatore rimane libero di riferire su casi simili di cui è a conoscenza, nel rispetto del segreto professionale e dell’obbligo di riservatezza sancito dall’articolo 1728 del Codice giudiziario.
Più specificamente, il mediatore non può intervenire quando, per motivi di interesse personale, materiale o morale, non può esercitare le sue funzioni con la necessaria indipendenza e imparzialità. Pertanto, il mediatore non può intervenire:
quando egli, o uno dei suoi genitori o parenti fino al quarto grado incluso, o la persona con cui convive legalmente, ha una relazione personale o commerciale con una delle parti, a meno che le parti non abbiano concordato diversamente per iscritto;
quando potrebbe trarre un beneficio diretto o indiretto, compreso un compenso per il successo, dall’esito della mediazione;
in una controversia in cui uno dei suoi collaboratori o associati è intervenuto per una delle parti in una veste diversa da quella di mediatore, a meno che le parti non abbiano concordato diversamente per iscritto.
§ 2. In caso di dubbio, il mediatore informerà le parti, non appena viene a conoscenza di un elemento che possa mettere in discussione la sua neutralità, imparzialità o indipendenza, o il loro aspetto, della natura di quest’ultima, proponendo di recedere o chiedendo loro di dare il loro accordo scritto al proseguimento della sua missione.
§ 3. Il fatto di possedere o venire a conoscenza di informazioni pubbliche relative alle parti, indipendentemente dai mezzi attraverso i quali sono accessibili, prima o durante la mediazione, non costituisce una violazione degli obblighi di indipendenza, imparzialità o neutralità.
Il Protocollo di mediazione
Articolo 9 § 1. Durante i colloqui preliminari o, al più tardi, durante il primo incontro, il mediatore informa le parti che dovranno firmare un protocollo di mediazione.
§ 2 Il protocollo deve essere perfezionato e firmato al più tardi all’inizio della mediazione, al fine di garantire il rispetto del processo e offrire sicurezza giuridica alle parti.
Se è necessario un periodo di riflessione, il rifiuto di firmare dopo una scadenza fissata dal mediatore dà a quest’ultimo il diritto di interrompere il lavoro, mentre i servizi resi restano dovuti e pagabili dalle parti.
§ 3 Il protocollo deve in ogni caso contenere le seguenti informazioni
nome e domicilio delle parti e dei loro consulenti;
il nome, la qualifica e l’indirizzo del mediatore, la menzione che il mediatore è approvato dal CFM;
un richiamo al principio di volontarietà della mediazione;
una breve descrizione della controversia;
la riservatezza dei documenti e delle comunicazioni nel contesto della mediazione;
il metodo di fissazione e la tariffa delle spese del mediatore, nonché le modalità di pagamento;
la menzione che la firma del protocollo sospende il decorso della prescrizione durante la mediazione;
la menzione che, salvo diverso accordo esplicito delle parti, la sospensione della prescrizione termina un mese dopo che una delle parti o il mediatore ha notificato all’altra o alle altre parti la propria volontà di porre fine alla mediazione. Tale notifica deve essere effettuata con lettera raccomandata.
Il protocollo menziona inoltre:
– l’impegno delle parti, del mediatore, dei consulenti e degli esperti esterni a non consentire alcuna presenza diversa dalla propria durante le sessioni virtuali;
– la possibilità per il mediatore di interrompere la mediazione.
Lo svolgimento della mediazione
ALL’INIZIO DELLA MEDIAZIONE
Articolo 10 § 1. Il mediatore informa i suoi clienti sulla possibilità di assistenza legale.
Il mediatore chiede ai clienti la possibilità di beneficiare dell’intervento totale o parziale di un terzo pagante. Richiama l’attenzione dei clienti sul fatto che le spese e gli onorari al di là dell’intervento del terzo pagante restano a loro carico.
§ 2 Il mediatore deve assicurarsi di posizionarsi correttamente nel suo ruolo specifico, che non è quello di esperto, arbitro, consulente legale, giudice o terapeuta.
Il mediatore ricorda o spiega, se necessario, il ruolo della riservatezza e del segreto professionale nella mediazione. Il mediatore deve garantire la riservatezza del fascicolo.
Se il mediatore condivide il proprio segreto professionale, ad esempio con i propri dipendenti o collaboratori, deve assicurarsi che tale segreto sia rispettato da queste persone.
Il mediatore deve garantire, per quanto possibile, che tutte le persone che devono partecipare alla risoluzione della controversia siano presenti, rappresentate o almeno informate.
Il mediatore ricorderà o spiegherà le caratteristiche del processo di mediazione: l’equilibrio tra le parti, l’ascolto delle parole dell’altro, la possibilità di fare caucus (separatamente), la buona fede nelle negoziazioni e il ruolo dei consulenti se presenti.
Se nel corso della mediazione emerge che un caucus potrebbe essere utile, il mediatore informa tutte le parti che tutte le informazioni ricevute nel corso del caucus rimarranno segrete e non saranno suscettibili di contraddittorio, a meno che la parte che ha fornito le informazioni non acconsenta alla loro divulgazione all’altra parte.
Se necessario, commenterà alcuni dei punti salienti del codice di condotta o del protocollo, come, ad esempio, lo svolgimento degli incontri, le possibilità di interruzione, la raccolta e la comunicazione di ulteriori informazioni rilevanti.
IN MEDIAZIONE
Articolo 11 § 1. Il mediatore garantisce che la mediazione proceda in modo equilibrato, consentendo che gli interessi di tutte le parti siano espressi e presi in considerazione.
Il mediatore incoraggia le parti a prendere le loro decisioni sulla base di tutte le informazioni pertinenti.
§ 2 Il mediatore è tenuto a sospendere o terminare la mediazione se ritiene che
– La mediazione sia stata avviata per uno scopo inappropriato;
– il comportamento delle parti o di una di esse sia incompatibile con il corretto svolgimento della mediazione;
– Una o più parti non sia più in grado di partecipare in modo costruttivo alla mediazione o mostri un totale disinteresse nei suoi confronti;
– l’accordo proposto è palesemente squilibrato e riflette una malsana sudditanza di una parte nei confronti dell’altra o una mancanza di consenso informato;
– non c’è più motivo di ricorrere alla mediazione.
Tuttavia, in questi casi, il mediatore può, prima di sospendere o terminare la mediazione, richiamare l’attenzione delle parti, eventualmente in caucus, sulla necessità di un comportamento corretto.
FINE DELLA MEDIAZIONE
Articolo 12. Il mediatore ricorda che spetta alle parti cercare ogni consiglio utile prima di raggiungere un accordo al termine della mediazione.
Il mediatore si assicura che venga redatto un accordo di mediazione che includa tutti i punti di negoziazione sui quali è stato raggiunto un accordo.
Il mediatore deve assicurarsi che l’accordo di mediazione rifletta la volontà delle parti.
L’accordo di mediazione deve contenere le clausole necessarie per la sua omologazione, che rimane a discrezione delle parti.
Articolo 13 In caso di mediazione giudiziaria, al termine della sua missione, il mediatore informa per iscritto il giudice se le parti hanno raggiunto o meno un accordo. Non può comunicare altre informazioni.
Onorari e spese del mediatore
Articolo 14 § 1. Il mediatore propone ai suoi clienti un metodo di calcolo degli onorari e delle spese che gli consenta di svolgere dignitosamente la sua attività. Tale metodo di calcolo deve anche riflettere un’equa moderazione alla luce della capacità contributiva delle parti in mediazione, dell’urgenza, della complessità e della posta in gioco della controversia.
Il protocollo di mediazione esprime l’accordo del mediatore e dei suoi clienti in merito al metodo di calcolo degli onorari e delle spese.
§ Il mediatore le cui parcelle e spese sono contestate deve informare il proprio cliente della possibilità di sottoporre la contestazione per un parere alla Commissione disciplinare e per i reclami, nonché delle altre procedure di risoluzione delle controversie (mediazione, arbitrato, procedimento giudiziario).
Il mediatore le cui parcelle e/o spese non sono state pagate invia un avviso formale al suo cliente prima di convocarlo.
§ 3 Le controversie relative a onorari e spese sono trattate in contraddittorio dal collegio linguistico competente.
Il parere è limitato alla verifica del rispetto delle disposizioni del presente articolo.
[1] Peraltro ci sono 28 Case di giustizia in Belgio, una per distretto giudiziario, ad eccezione di Bruxelles che ne ha due (una di lingua francese e una di lingua olandese).
Una Casa di Giustizia è un servizio di Giustizia le cui missioni principali sono: fornire informazioni alle autorità giudiziarie e amministrative, seguire gli autori dei reati nell’esecuzione della pena o del provvedimento deciso dal giudice, informare e assistere le vittime di reato, informare i cittadini. Sebbene l’occupazione principale degli assistenti giudiziari sia nel campo penale, essi possono anche fornire informazioni utili sulla mediazione.
Nell’idea italiana dovrebbero essere i Centri di Giustizia riparativa di recente valorizzazione con la riforma Cartabia.
[2] Il requisito dell’esperienza non è più richiesto dal 2018.
[3] L’article 1727 du même Code, inséré par la loi du 21 février 2005 et modifié par le loi du 6 juillet 2017,
est remplacé par ce qui suit :
“Art. 1727. § 1er. Il est institué une Commission fédérale de médiation, ci-après dénommée la Commission,
composée de vingt-quatre membres.
La Commission est composée d’une assemblée générale et des organes suivants : un bureau, une commission permanente pour l’agrément des médiateurs belges et étrangers, une commission permanente pour l’agrément des formations et le suivi de la formation permanente, une commission disciplinaire et de traitement des plaintes t des commissions spéciales.
Sous réserve des commissions permanentes, la Commission compte au sein de ses organes autant de
membres d’expression française que de membres d’expression néerlandaise.
Pour délibérer et prendre des décisions valablement, la majorité des membres de chaque organe et de chaque groupe linguistique doit être présente. En cas d’absence ou d’empêchement d’un membre effectif, son suppléant le remplace. Les décisions sont prises à la majorité simple des voix. En cas de parité des voix, la voix du président ou du vice-président qui le remplace est prépondérante.
§ 2. Les missions de la Commission sont les suivantes :
1° agréer les organes de formation des médiateurs et les formations qu’ils organisent ou retirer cet agrément;
2° déterminer les programmes minimaux de formation théorique et pratique devant être suivis ainsi que les
évaluations en vue de la délivrance d’un agrément et la procédure d’agrément;
3° agréer les médiateurs en fonction des domaines particuliers de pratique de la médiation;
4° décider de l’inscription sur la liste des médiateurs établis dans un pays membre ou non membre de l’Union
européenne, qui ont été agréés par une instance habilitée à cet effet dans ce pays;
5° établir un code de déontologie;
6° traiter les plaintes à l’encontre des médiateurs ou des organismes qui dispensent les formations, donner des
avis en cas de contestation des honoraires des médiateurs et imposer des sanctions à l’encontre des médiateurs
qui ne satisferaient plus aux conditions prévues à l’article 1726 ou aux dispositions du code de déontologie établi par la Commission;
7° publier périodiquement au Moniteur belge l’ensemble des décisions réglementaires de la Commission;
8° déterminer la procédure de sanction à l’égard des médiateurs;
9° rendre des avis motivés au ministre de la Justice sur les conditions auxquelles une association de médiateurs
doit répondre pour pouvoir être représentative;
10° dresser et diffuser la liste des médiateurs auprès des cours et tribunaux, des autorités fédérales, communautaires et régionales et des pouvoirs locaux;
11° informer le public des possibilités offertes par la médiation;
12° prendre toutes les mesures nécessaires pour promouvoir le bon exercice de la médiation, et en particulier
examiner et soutenir de nouvelles méthodes et pratiques de médiation et d’autres modes de résolution des litiges;
13° rédiger et publier, sur son site internet, un rapport annuel portant sur l’exécution de ses missions légales omme prévu à l’article 1727/1, alinéa 5;
14° veiller à la bonne organisation de son bureau et de ses commissions.
1 § 3. Le ministre de la Justice met à disposition de la commission fédérale de médiation le personnel et les moyens nécessaires à son fonctionnement. Le Roi détermine le jeton de présence qui peut être alloué aux membres de la commission fédérale de médiation et aux membres de la commission disciplinaire et de traitement des plaintes ainsi que les indemnités qui peuvent leur être allouées en remboursement de leurs frais de parcours et de séjour.
[5] Décision du 1er février 2007, modifiée par les décisions des 11 mars 2010, 23 septembre 2010, 14 MARS 2019, 28 mars 2019 ET 30 Mars 2021 déterminant les conditions et les procédures d’agrément des formations DE BASE, SPECIALISEES ET PERMANENTES pour médiateurs agréés EN APPLICATION DE L’ARTICLE 1727, §1er AL.2 DU CODE JUDICIAIRE.
DÉCISION DU 1ER FÉVRIER 2007, MODIFIÉE PAR LES DÉCISIONS DES 11 MARS 2010, 23 SEPTEMBRE 2010, 14 ET 28 MARS 2019, DÉTERMINANT LES CONDITIONS ET LES PROCÉDURES D’AGRÉMENT DES INSTANCES DE FORMATION DES MEDIATEURS ET LES FORMATIONS QU’ELLES ORGANISENT, AINSI QUE LES PROGRAMMES MINIMAUX DE FORMATION POUR MÉDIATEURS AGRÉÉS ET LES ÉVALUATIONS EN VUE DE LA DÉLIVRANCE D’UN AGRÉMENT
Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010,28 avril et 9 juin 2011, 12 février 2015 et 28 juin 2018 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
Reglement van procesvoering van de Commissie voor de tuchtregeling en klachtenbehandeling Règlement de procédure de la Commission disciplinaire et de traitement des plaintes
[9] Deve produrre copia di un diploma che attesti il conseguimento di una laurea o equivalente, oppure, per i candidati mediatori che esercitano una professione che può essere esercitata solo dopo il conseguimento di tale diploma o superiore, almeno un certificato che attesti la professione esercitata, nonché un documento che attesti almeno 2 anni di esperienza professionale, oppure, in mancanza di documenti che attestino il conseguimento di un diploma, documenti che attestino almeno 5 anni di esperienza professionale.
Directives pour l’introduction d’un dossier en vue de l’obtention d’un agrément en tant que médiateur
[10] Le condizioni di accreditamento degli enti di formazione si trovano in: DÉCISION DU 1ER FÉVRIER 2007, MODIFIÉE PAR LES DÉCISIONS DES 11 MARS 2010, 23 SEPTEMBRE 2010, 14 ET 28 MARS 2019, DÉTERMINANT LES CONDITIONS ET LES PROCÉDURES D’AGRÉMENT DES INSTANCES DE FORMATION DES MEDIATEURS ET LES FORMATIONS QU’ELLES ORGANISENT, AINSI QUE LES PROGRAMMES MINIMAUX DE FORMATION POUR MÉDIATEURS AGRÉÉS ET LES ÉVALUATIONS EN VUE DE LA DÉLIVRANCE D’UN AGRÉMENT
[13] 6°Trattare le denunce contro i mediatori o le organizzazioni che forniscono formazione, esprimere pareri in caso di controversie sugli onorari dei mediatori e imporre sanzioni contro i mediatori che non soddisfano più le condizioni previste dall’articolo 1726 o le disposizioni del codice deontologico stabilito dalla Commissione.
[14] 8°Determinare la procedura sanzionatoria nei confronti dei mediatori.
Il sottoscritto, ………………………………… (inserire il proprio nome e cognome), confermo di aver letto l’informativa sulla privacy della Commissione Federale di Mediazione e autorizzo/non autorizzo (cancellare a seconda dei casi) la Commissione Federale di Mediazione a conservare e utilizzare i miei dati personali menzionati nell’informativa sulla privacy nell’ambito dei suoi compiti legali.
INVENTAIRE de DEMANDE de RECONNAISSANCE comme MĖDIATEUR
[16] Anche in relazione al confronto con i Centri di Formazione sulla normativa pregressa.
[17] Si omettono qui le disposizioni transitorie perché ormai non hanno alcuna rilevanza.
[18] Décision du 1er février 2007, modifiée par les décisions des 11 mars 2010, 23 septembre 2010, 14 MARS 2019, 28 mars 2019 ET 30 Mars 2021 déterminant les conditions et les procédures d’agrément des formations DE BASE, SPECIALISEES ET PERMANENTES pour médiateurs agréés EN APPLICATION DE L’ARTICLE 1727, §1er AL.2 DU CODE JUDICIAIRE.
BESLISSING VAN 1 FEBRUARI 2007, GEWIJZIGD DOOR DE BESLISSING VAN 11 MAART 2010, 23 SEPTEMBER 2010, 14 EN 28 MAART 2019 EN 30 MAART 2021, TOT VASTSTELLING VAN DE VOORWAARDEN EN DE PROCEDURE VOOR ERKENNING VAN DE BASISOPLEIDING, DE SPECIALISATIE OPLEIDINGEN EN DE PERMANENTE VORMINGEN VOOR ERKENDE BEMIDDELAARS EN DE TOEPASSING VAN ARTIKEL 1727, §1STE AL.2 VAN HET GERECHTELIJK WETBOEK
[19] Così come in Austria dunque l’organismo può essere una persona fisica.
-O che la domanda si basa su una precedente partecipazione a una formazione nel settore per il quale è richiesta l’esenzione o su un’esperienza professionale di almeno tre anni in detta materia;
-O che il partecipante abbia effettivamente seguito un minimo di 105 ore di formazione in mediazione negli ultimi 5 anni, in Belgio o all’estero.
-Nozione, distinzioni, identificazione della nascita e dell’escalation del conflitto (genealogia del conflitto);
-Posizioni e reazioni di ciascuno (mediato e mediatore) rispetto al conflitto;
-Approccio al conflitto secondo le nozioni di ansia, difesa e desiderio;
-Chiarimento e gestione dei conflitti;
-Strategie di intervento in base al tipo di conflitto, conflitti intrapersonali, interpersonali e collettivi;
-Contributi di varie teorie, tra cui sistemico e costruttivismo, alla nozione di problema.
[23] Studio analitico delle diverse modalità amichevoli e giurisdizionali di risoluzione dei conflitti, compreso il ruolo degli attori giudiziari, in termini di informazione e prescrizione;
-Definizione di mediazione;
-Uso del termine “mediazione” in vari campi come la famiglia, il vicinato, il lavoro, l’interculturalità, gli affari, le autorità pubbliche, ecc.);
-Principi generali della mediazione (approccio etico, filosofico, psicosociale alla mediazione, ecc.);
-Introduzione alla negoziazione ragionata;
-Studio analitico e comprensione delle percezioni, dei pregiudizi, degli atteggiamenti e dell’impatto dei media sulle parti;
– I limiti dell’intervento del mediatore, il posto delle parti mediate e di tutti i partecipanti al processo
[24] Titolo 9 della legge del 18 giugno 2018 e parte VII del codice giudiziario (principi generali tra cui composizione e missione del CFM, riservatezza e natura volontaria della mediazione; norme specifiche alla mediazione extragiudiziale e giudiziale);
-Nozioni di diritto giudiziario (forme di presentazione della domanda di approvazione giudiziaria, competenza, esecuzione, ecc.);
-Distinzione tra ordine pubblico, norme perentorie e norme integrative;
-Gestione delle relazioni, delle percezioni e delle emozioni;
-Dinamiche di gruppo e complessità delle interazioni;
-Teorie del cambiamento;
-Mediazione a distanza;
-Riflessione critica sul suo modo di comunicare come mediatore.
[26] – Nozioni di abilità e know-how interpersonale, abilità e autodisciplina del mediatore;
– Nozioni di psicologia e psicopatologia (manipolazioni / personalità, ecc.);
– Nozioni di dinamiche di gruppo e psicologia;
– Comprendere e apprendere le posizioni psicologiche delle persone in conflitto (ad esempio vittima / carnefice / salvatore / alleati / testimoni / ecc.);
– Teorie psicologiche della funzione del mediatore e delle sue diverse posizioni (distinzioni con terapie, coaching, lavoro sociale, gestione, ecc.);
-Principali correnti della psicologia;
-Principi di analisi e paradigmi.
[27] – Modelli per l’analisi delle rappresentazioni culturali e dei conflitti umani;
– Meccanismi di difesa in situazioni di conflitto e le sue ragioni emotive, nozione di lutto, espressione socializzata del conflitto;
– Concetti di attore psicosociale e relazioni psicosociali e di altro tipo.
[28] – Dalla richiesta di mediazione all’eventuale approvazione giudiziale dell’accordo;
– Ruolo del mediatore, delle parti, dei terzi;
– Fasi del processo di mediazione e strumenti specifici del mediatore;
– Gestione del quadro di mediazione;
– Presentazione di diversi modelli di pratica della mediazione;
– Competenze e attitudini socio-professionali del mediatore (saper essere, saper dire e saper fare).
[32] Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010 et 28 avril et 9 juin 2011 et 12 février 2015 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010, 28 avril et 9 juin 2011, 12 février 2015 et 28 juin 2018 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
I mediatori che hanno perso il loro accreditamento hanno sempre la possibilità di recuperarlo a certe condizioni .
[33] Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010, 28 avril et 9 juin 2011, 12 février 2015 et 28 juin 2018 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
[34] Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010 et 28 avril et 9 juin 2011 et 12 février 2015 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
[35] Il presidente della Commissione federale di mediazione può offrire al mediatore in questione, se del caso, la possibilità di regolarizzare la situazione entro un termine da lui stabilito.
[36] Il criterio è stato concepito a partire dagli anni 2019-2020.
[37] L’offerta di insegnamento in mediazione, la scrittura di articoli o libri in mediazione, la presentazione di conferenze o letture in mediazione sono considerati una categoria e sono validi solo per un massimo di 6 ore di formazione continua. La Commissione valuterà ciascun elemento in modo autonomo.
[38] Décision du 18 décembre 2008 modifiée par la décision du 11 juin 2009, 6 mai 2010,28 avril et 9 juin 2011, 12 février 2015 et 28 juin 2018 définissant les obligations des médiateurs agréés en matière de formation permanente.
L’accompagnamento di un tirocinante sarà giustificato da un certificato firmato dal supervisore della formazione e dal tirocinante, secondo il modello fornito dalla Commissione federale di mediazione.
[40] Il collegio può decidere di non attivarlo quando:
– I reclamo non è diretto contro un mediatore accreditato o un organismo autorizzato;
– La denuncia non riguarda l’attività professionale del mediatore o altri fatti che non possano avere un impatto sull’attività professionale del mediatore;
– La denuncia si riferisce a fatti che esulano dalla missione legale dell’organizzazione.
[41] “Un processo confidenziale e strutturato di consultazione volontaria tra le parti in conflitto che si svolge con l’assistenza di una terza parte indipendente, neutrale e imparziale che facilita la comunicazione e cerca di guidare le parti a trovare una soluzione da sole.”
[42] “Possedere, attraverso l’esercizio presente o passato di un’attività, la qualificazione richiesta in relazione alla natura della controversia;”
[43] “6°Trattare le denunce contro i mediatori o le organizzazioni che forniscono formazione, esprimere pareri in caso di controversie sugli onorari dei mediatori e imporre sanzioni contro i mediatori che non soddisfano più le condizioni previste dall’articolo 1726 o le disposizioni del codice deontologico stabilito dalla Commissione.”
Non esiste a mia conoscenza uno studio statistico sugli avvocati mediatori in Europa e nel Mondo; nemmeno nella nostra Italia che è provvista dell’albo dei mediatori[1]: a dire il vero né il CNF né il Ministero della Giustizia hanno idea di quanti siano gli avvocati che praticano la mediazione da mediatori o comunque non divulgano i dati.
Possiamo affermare tuttavia che almeno nei paesi UE la professione dei mediatori avvocati sia fenomeno diffuso.
Proprio per questo il 14 giugno 2019 è stato pubblicato dal CEPEJ in collaborazione con l’IMI[2] un kit di strumenti per lo sviluppo della mediazione[3].
Si dettano delle linee guida per la progettazione e il monitoraggio di programmi di formazione sulla mediazione.
Lo stesso CEPEJ spiega che l’avvocato che voglia fare il mediatore dovrebbe seguire un programma di formazione che segua queste linee.
Fornisco la traduzione in italiano dall’inglese delle parti che da formatore di mediatori ritengo più rilevanti: per il resto rimando al testo in lingua.
Il corso di formazione deve possedere un “quadro di competenze” che definisca in modo chiaro e conciso le competenze chiave che un mediatore efficace dovrebbe possedere.
In generale, non ci sono requisiti speciali per quanto riguarda le qualifiche o l’esperienza precedenti necessarie per iscriversi a un corso di mediazione di base.
Viceversa, corsi di formazione di mediazione avanzata o specializzata richiedono ai partecipanti precedenti comprovate conoscenze e/o pratiche di mediazione.
Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a finanziare la formazione in materia di mediazione quando giustificabile, ad esempio, per attuare e diffondere la mediazione in generale o per sviluppare progetti specifici e/o iniziative legali.
Gli Stati membri e i fornitori di servizi di mediazione per la formazione dovrebbero essere incoraggiati ad assegnare borse di studio basate sulle esigenze economiche dei partecipanti.
I corsi dovrebbero avere un numero di ore di formazione non inferiore a 40, che è il punto di riferimento minimo accettabile per l’insegnamento e la pratica degli aspetti esperienziali delle competenze del mediatore, tenendo conto che i corsi di formazione mirano esclusivamente a formare le persone a un livello base di competenza del mediatore.
Si raccomanda che i corsi abbiano una classe massima di 30 studenti, con un rapporto formatore-studente compreso tra l’ideale di 1 formatore ogni 6 partecipanti; un massimo di 1 trainer ogni 10.
Il corso dovrebbe essere focalizzato sulla partecipazione, e l’interazione. Per garantire ciò, dovrebbero essere utilizzate varie metodologie di insegnamento, tra cui lezioni frontali, video, esercizi interattivi, lavoro individuale, discussione di gruppo, dialoghi in coppia e giochi di ruolo… la seguente percentuale di tempo dovrebbe essere dedicata a questi diversi approcci alla formazione:
• lezioni/input di conoscenza/presentazione – circa il 10%;
• Esercitazioni e discussioni – circa il 40%;
• Giochi di ruolo, coaching e feedback – circa il 50%.
Il tipo di materiale che potrebbe essere distribuito in formato cartaceo o virtuale prima di un corso include:
• Manuale/cartella di lavoro del corso;
• Materiali supplementari come istruzioni generali per giochi di ruolo;
• Regole e procedure di mediazione, legislazione pertinente;
• Articoli accademici e libri di testo.
Quando è richiesta una preparazione prima del corso, i partecipanti devono ricevere il materiale completo in tempo sufficiente per consentire loro di prepararsi adeguatamente. A titolo indicativo, si suggerisce che ciò dovrebbe avvenire entro e non oltre due settimane prima del corso.
Allo stesso modo, quando i partecipanti sono tenuti a prepararsi per i loro ruoli in anticipo rispetto ai giochi di ruolo, i riassunti riservati dei giochi di ruolo dovrebbero essere forniti in tempo sufficiente per consentire ai giocatori di prepararsi. Si suggerisce che ciò dovrebbe avvenire entro e non oltre una settimana prima del corso.
Un gioco di ruolo qui è definito come un caso simulato in cui il mediatore ha l’opportunità di esercitare una vasta gamma di abilità da mediatore, possibilmente attraverso più fasi del processo.
Ogni ruolo in un corso dovrebbe avere un massimo di sei persone per una mediazione a due.
Le fasce orarie di mediazione all’interno dei giochi di ruolo dovrebbero essere di almeno 45 minuti per consentire al mediatore un tempo sufficiente per esercitare una serie di abilità man mano che la mediazione si sviluppa; almeno il 50% di tutti i giochi di ruolo dovrebbe essere supervisionato da un coach/trainer esperto e, tra questi, un coach abilitato alla supervisione dovrebbe essere presente almeno nel 50% del tempo effettivo di gioco di ruolo.
Quando i giochi di ruolo vengono utilizzati in veste di valutazione, devono essere supervisionati dall’assessor per il 100% del tempo.
I coach dovrebbero essere ruotati tra i gruppi e i partecipanti per garantire che tutti i partecipanti sperimentino una varietà di approcci di coaching.
Nei corsi che contengono valutazione, qualsiasi coach/ trainer che alleni un partecipante non dovrebbe essere coinvolto in alcuna valutazione successiva di quel partecipante.
Al fine di garantire l’equità e l’uguaglianza della partecipazione, tutti i partecipanti dovrebbero mediare lo stesso numero di volte nei giochi di ruolo.
I partecipanti apprendono non solo esercitando le abilità da mediatori, ma anche ricevendo feedback da mediatori esperti che agiscono nel ruolo di coach durante il corso.
È possibile utilizzare una varietà di metodi diversi per fornire il feedback, tra cui:
• Coaching di gruppo durante un gioco di ruolo. Qui il feedback non è solo a beneficio del partecipante che agisce come mediatore, ma anche per gli altri partecipanti coinvolti nel gioco di ruolo;
• Feedback privato uno ad una persona dopo un gioco di ruolo.
Si consiglia di utilizzare feedback scritti sulla performance di un solo partecipante, in particolare durante il momento di valutazione di un corso.
Se un corso è progettato per valutare, certificare o accreditare un partecipante come avente le capacità e le conoscenze necessarie per mediare una controversia in modo competente, deve contenere una valutazione effettiva della competenza da mediatore del partecipante, rispetto al proprio quadro di competenze. In relazione alla valutazione di abilità del mediatore, il giudizio dovrebbe incentrarsi sulla performance durante un gioco di ruolo.
Mentre una qualche forma di valutazione continua durante il corso potrebbe essere considerata come parte del processo di valutazione, dovrebbe esserci almeno una valutazione separata basata esclusivamente sulle prestazioni durante un gioco di ruolo.
La valutazione di un partecipante dovrebbe essere data in due momenti diversi da due assessor differenti.
Si raccomanda che ogni gioco di ruolo valutativo abbia una durata di almeno un’ora, escluso il tempo necessario per redigere un accordo transattivo.
Trainers, Coaches and Assessor (TCA)
Coloro che forniscono degli input durante un programma di formazione possono essere suddivisi in tre ruoli chiave:
• un trainer (formatore) che fornisce le skills e le conoscenze stabilite nel programma;
• un coach che osserva le prestazioni di un partecipante nel ruolo di mediatore, di solito durante un gioco di ruolo, e fornisce coaching e feedback al partecipante, durante e dopo il gioco di ruolo, al fine di far crescere la competenza come mediatore;
• un assessor (valutatore) che osserva anche le prestazioni del partecipante e fornisce una valutazione formale delle competenze. Il valutatore può anche fornire un feedback al termine della valutazione.
Chiunque cerchi di svolgere il ruolo di Trainer, Coach o Assessor (TCA) dovrebbe aver partecipato con successo a un corso di formazione sulla mediazione e se è richiesta la registrazione da mediatore in uno stato, formatori, coach e valutatori dovrebbero essere mediatori registrati. Avrebbero anche dovuto frequentare una formazione adeguata da formatore per assumere il proprio ruolo.
Idealmente, i TCA dovrebbero aver condotto almeno due mediazioni effettive della durata di almeno quattro ore in ciascuno dei tre anni precedenti prima di essere nominati. Una volta nominati, dovrebbero condurre due mediazioni effettive della durata di almeno quattro ore all’anno ed essere in grado di dimostrare di aver mantenuto uno sviluppo professionale continuo (CPD) di sei ore all’anno.
I TCA dovrebbero condurre almeno un corso di formazione per le competenze di base dei mediatori o un corso di aggiornamento ogni due anni.
Coach e assessor dovrebbero istruire e/o valutare almeno quattro sessioni di giochi di ruolo nel corso di due anni.
I fornitori di formazione potrebbero prendere in considerazione la certificazione dei propri programmi con il programma di formazione per mediatori certificati (CMTP) dell’International Mediation Institute.
La corretta registrazione come IMI-CMTP significa che i programmi di formazione soddisfano gli standard internazionali indipendenti per la formazione dei mediatori.
Corso di formazione di base per mediatori
1. Sviluppo della conoscenza
Un corso di formazione di base per mediatori dovrebbe coprire almeno questi settori principali dello sviluppo delle conoscenze:
1.1. Teoria dei conflitti
1.2. Risoluzione tradizionale delle controversie e mediazione
1.3. Nozioni di base sulla mediazione:
1.3.1. Principi di base della mediazione:
a. Volontarietà
b. Riservatezza
c. Indipendenza, imparzialità e neutralità del mediatore
d. Autodeterminazione delle parti e controllo del processo
e. Uguaglianza delle parti
f. Creatività e sostenibilità
g. Flessibilità
h. Efficacia dei costi
1.3.2. Scopi della mediazione
1.3.3. Indicazioni e controindicazioni della mediazione nella valutazione dell’idoneità dei casi
1.4. Gli attributi principali di un mediatore:
a. Atteggiamento e ruolo del mediatore
b. Credibilità
c. Competenze e tecniche di base
d. Etica professionale
e. Requisiti e pratica professionale
1.5. Ruoli delle parti, dei loro consulenti e degli altri partecipanti alla mediazione
1.8. Quadro giuridico della mediazione e legislazione relativa alla mediazione, compreso il quadro giuridico per la mediazione obbligatoria e il primo incontro di mediazione obbligatorio, se disponibile
1.9. Interazione tra mediatori, giudici, avvocati, utenti della mediazione e altri soggetti interessati alla mediazione
1.10. Principali caratteristiche e differenze della mediazione in materia civile, familiare, penale e amministrativa
2. Formazione delle abilità pratiche
In termini di sviluppo delle competenze, gli argomenti delle competenze essenziali che dovrebbero essere coperti, dimostrati e praticati in qualsiasi programma di formazione sono:
a. Forme di capacità di ascolto e strategie di comunicazione
b. Capacità e tecniche di gestione del processo di mediazione, incluso ma non limitato all’uso di riunioni congiunte e private
c. Strategie di negoziazione e competenze per gestire il contenuto della controversia
d. Modi per rispondere ai diversi comportamenti delle parti
e. Capacità di problem solving e capacità decisionale
f. Capacità di analisi e gestione dei conflitti, compresa una ragionevole selezione della strategia e dei metodi di risoluzione delle controversie
g. Competenze di co-mediazione
I formatori possono includere altri argomenti basati sulle competenze, tra cui la gestione delle emozioni, la gestione delle persone difficili, la risposta all’impasse, la programmazione neurolinguistica, ecc.
I corsi di formazione sulle competenze dei mediatori dovrebbero essere partecipativi, interattivi e focalizzati sullo studente. Per garantire ciò, è necessario utilizzare una varietà di metodologie di insegnamento, tra cui lezioni, video, esercizi interattivi, lavoro individuale, discussione di gruppo, conversazione in coppia e giochi di ruolo. In base alle linee guida, per la parte pratica di qualsiasi corso, progettata per insegnare la procedura e le “abilità di essere” un mediatore efficace, una parte sostanziale dovrebbe essere dedicata al gioco di ruolo, al coaching e al feedback, nonché a discussioni ed esercitazioni.
3. Particolarità della formazione specializzata in mediazione
Argomenti aggiuntivi ed esercizi di sviluppo delle competenze dovrebbero essere coperti nei programmi di formazione specialistica di mediazione.
Per la formazione dei mediatori in materia familiare:
a. Principi fondamentali della mediazione familiare
b. Conoscenza sufficiente del diritto di famiglia
c. Modelli di mediazione familiare
d. Competenze del mediatore familiare
e. Limiti del principio di riservatezza
f. Mediazione incentrata sul bambino e interesse superiore del bambino
g. Partecipazione dei bambini
h. Riunioni di valutazione (fase di pre-mediazione)
i. Abuso domestico
j. Squilibri di potenza
K. Tecniche di mediazione transfrontaliera
l. Quadro giuridico internazionale
Per la formazione dei mediatori in materia civile:
a. Conoscenza sufficiente delle disposizioni di diritto pubblico e di protezione sociale nei settori in questione che praticano in particolare:
i. controversie in materia in leasing e affitti
ii. nel campo del diritto del lavoro
iii. nel diritto dei consumatori
b. Squilibri di potere
c. Modelli di mediazione civile
d. Tecniche di mediazione transfrontaliera
e. Quadro giuridico internazionale
Per la formazione di mediazione in materia penale:
a. Conoscenza sufficiente del sistema giudiziario penale
b. Vari metodi di giustizia riparativa
c. Il rapporto tra giustizia penale e mediazione
d. Competenze e tecniche di comunicazione e di lavoro con le vittime, i trasgressori e altri impegnati nel processo di mediazione, comprese le conoscenze di base sulle reazioni delle vittime e i trasgressori
e. Competenze specialistiche per la mediazione in caso di reati gravi e reati che coinvolgono minori
Per la formazione di mediazione in materia amministrativa:
a. Principi fondamentali di mediazione in materia amministrativa
b. Conoscenza sufficiente del diritto costituzionale e amministrativo
c. Equilibrio tra i principi di riservatezza della mediazione e la trasparenza dell’attività amministrativa
d. I confini dell’interesse pubblico
e. Il ruolo del mediatore – particolarità dei principi di indipendenza e imparzialità
f. Riunioni di valutazione (fase di pre-mediazione)
g. Codice etico dei mediatori in campo amministrativo
Chiunque conosca il programma approntato dal Ministero della Giustizia italiano con il decreto ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180[5] (articolo 16 f e g)[6] non può non rendersi conto che è necessaria una integrazione; e non solo: necessità un’apertura della mediazione italiana verso settori per noi sconosciuti come ad esempio quello amministrativo.
Inoltre, dal programma del Cepej emergono figure che non sono familiari a tutti gli enti di formazione come i coach, i trainer e gli assessor.
Nemmeno la riforma Cartabia a dire il vero vi fa alcun cenno; il nostro legislatore sembra porre l’attenzione più che altro sul responsabile scientifico di chiara fama (cfr. il nuovo articolo 16 bis del decreto 4 marzo 2010 n. 28[7]) che nella relazione al decreto 10 ottobre 2022, n. 149 (che ha emendato il decreto 28/10) riveste molti compiti ed adombra forse quasi una predilezione del legislatore per un’unica organizzazione di mediazione che sia organismo ed ente di formazione: “il responsabile scientifico degli enti di formazione, nell’adempimento dei compiti di cui all’articolo 16-bis, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 218, possa svolgere appositi compiti quali: approvare i programmi erogati dall’ente unitamente ai nomi dei formatori incaricati e ai calendari di svolgimento dei corsi di formazione, certificare l’equivalenza della formazione di aggiornamento eventualmente svolta dai formatori presso enti e istituzioni con sede all’estero, certificare per singole attività formative l’idoneità di formatori anche stranieri non accreditati dal Ministero della giustizia, rivedere i parametri per la determinazione dell’onorario e delle spese spettanti all’avvocato ai sensi dell’articolo 15-octies, comma 1, nonché per la revisione delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione.”
Il principio poi, tutto italico, secondo cui il mediatore riceve solo le nozioni che gli servono per il settore scelto (mediazione civile e commerciale, penale, familiare ecc) deve essere necessariamente superato nel senso che il nuovo operatore di base della giustizia complementare dovrà avere una infarinatura a 360° di quello che è il mondo della gestione delle relazioni.
Ciò ovviamente richiede una nuova organizzazione per gli Enti di formazione.
Un’altra categoria da noi sconosciuta è quella del giudice mediatore.
La riforma Cartabia timidamente precisa soltanto che il giudice deve curare la sua formazione in mediazione, ma solo al fine di migliorare le sue performance in materia di delegazione dello strumento alternativo (e al fine di inserire tra i parametri che ne connotano la carriera anche l’utilizzo della giustizia complementare[8]).
Negli altri paesi le cose vanno assai diversamente.
Il considerando 12 della Direttiva 52/08 estende l’applicazione “ai casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti a una mediazione o in cui il diritto nazionale prescrive la mediazione. La direttiva dovrebbe inoltre applicarsi, per quanto un giudice possa agire come Mediatore ai sensi della legislazione nazionale, alla mediazione condotta da un giudice che non sia responsabile di un procedimento giudiziario relativo alla questione o alle questioni oggetto della controversia”.
In relazione a tale considerando rileva l’art 3 della Direttiva 52/08.
L’art 3 lett. a) capoverso precisa che rientra nel concetto di mediazione “la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima;”.
Il caso del giudice mediatore a qualsivoglia titolo riguarda in particolare diverse nazioni: Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Scozia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.
In Belgio dal 2018 possono mediare i giudici onorari, supplenti, sociali e consolari[9]. Non possono però esercitare la qualità di giudice nei casi ove hanno mediato.
In Croazia[10] il giudice media nei procedimenti giudiziari: la mediazione del giudice è la più utilizzata perché i Croati non si fidano dei mediatori esterni.
Le parti possono anche chiedere che il giudice mediatore possa operare come arbitro nel caso in cui siano pervenute ad un accordo e vogliano che esso sia recepito da un lodo (ciò ai sensi della legge sulla mediazione).
Dal 2008 si sta affermando anche l’idea di una mediazione del giudice fuori dal tribunale: in pratica la mediazione extraprocessuale può essere condotta da un giudice e da un laico; anche se ciò reca determinate garanzie non aiuta però lo sviluppo extraprocessuale della mediazione[11].
In Croazia non ci può essere però coincidenza tra conciliatore ed organo giudicante, mentre nella legge finlandese non ci sono indicazioni in proposito. In entrambe le nazioni, peraltro, il giudice può decidere se avviare una mediazione[12]: si tratta dunque di una mediazione obbligatoria per le parti.
L’art. 168.a del Codice di rito croato peraltro contempla l’ipotesi in cui si voglia far causa alla Repubblica di Croazia: nel qual caso si deve chiedere alla Procura un tentativo di bonario componimento. Questa norma è importante per la storia della mediazione europea perché è stata impugnata da chi non l’ha rispettata e ha ricevuto conseguentemente una dichiarazione di irricevibilità della domanda dai Tribunali croati; la Corte dei Diritti dell’Uomo nel caso in questione ha però ritenuto che la mediazione a pena di irricevibilità della domanda fosse conforme all’art. 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo[13]: il che ha aperto uno scenario importante ad es. in Francia con riferimento alla conciliazione davanti alle Corti inferiori che è stata prevista a pena di inammissibilità.
Il tribunale danese (Forligsmægling) concilia in tutte le controversie, a meno che non ritenga che la mediazione sia vana[14]. Su richiesta delle parti il giudice può fungere anche da mediatore[15].
In Estonia con il consenso delle parti il giudice può conciliare anche le controversie amministrative[16].
In Finlandia[17] il giudice media le controversie giudiziarie.
In Francia le parti possono chiedere al giudice di risolvere la questione come amichevole compositore (salvo appello) sia all’inizio del processo, sia durante lo stesso[18].
In Germania il giudice naturale di una controversia può investire della questione un altro giudice (Güterichter) che si occupa della sola composizione (l’unico strumento non utilizzabile è l’arbitrato)[19].
L’art. 278 c. 5 del Codice di procedura civile tedesco stabilisce in particolare che “Il tribunale può deferire le parti a una composizione amichevole di fronte a un giudice nominato a tale scopo e non autorizzato a prendere decisioni giudiziarie…[20]”. Questa regola vale per diversi altri tipi di processo.
In Inghilterra e Galles un pool di giudici mediatori si occupa del tentativo obbligatorio di mediazione presso il tribunale del lavoro (Employment Tribunal) ed offre mediazioni dal 2010 in alcuni casi[21].
In Lituania il giudice può mediare se è mediatore oppure può nominare un altro giudice che lo sia[22].
In Polonia può mediare un giudice in pensione.
In Repubblica Ceca ai sensi de § 67 del Codice di rito si prevede che se il tribunale regionale o qualsiasi tribunale distrettuale sono competenti possono anche condurre la conciliazione e la mediazione[23].
In Scozia un pool di giudici mediatori si occupa del tentativo obbligatorio di mediazione presso il tribunale del lavoro (Employment Tribunal) offre mediazioni dal 2010 in alcuni casi. [24].
In Slovenia se il giudice è inserito nell’elenco dei mediatori può mediare[25], ma non deve essere il titolare del procedimento giudiziale[26].
In Spagna alla prima udienza il Giudice tiene comunque un incontro informativo.
In Svezia il tribunale può nominare un giudice mediatore o un avvocato o un altro tipo di esperto.
In Ungheria la mediazione giudiziaria può essere eseguita dal giudice e dal cancelliere che abbiano ultimato la formazione professionale in mediazione[27]. Il nuovo Codice di procedura civile dal 2017 esclude però che possa mediare il giudice a cui sia stata già affidata la controversia in sede contenziosa[28].
La tabella che segue chiarirà ulteriormente il quadro anche con riferimento allo strumento utilizzato.
Preso atto di questa realtà del giudice mediatore nel dicembre del 2019 la Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) ha presentato un kit di strumenti per lo sviluppo della mediazione in modo da garantire l’attuazione degli orientamenti CEPEJ sulla mediazione.
In sostanza qui si parlerà di un programma per i giudici affinché acquisiscano consapevolezza sulla mediazione e venga garantita l’efficienza del rinvio giudiziario alla mediazione.
Il documento è stato sviluppato con il contributo del Gruppo dei magistrati europei per la mediazione (GEMME) ed è stato adottato nella 33a riunione plenaria del CEPEJ a Strasburgo il 5 e 6 dicembre 2019 in vista della sua adozione[52].
Ne propongo qui una traduzione in italiano dall’inglese.
“È stato riconosciuto che i giudici svolgono un ruolo cruciale nella promozione di una cultura della risoluzione amichevole delle controversie. Dovrebbero essere in grado di fornire informazioni, organizzare sessioni informative sulla mediazione e, ove applicabile, invitare le parti a utilizzare la mediazione e/o rinviare i casi alla mediazione. È quindi essenziale che abbiano una piena conoscenza e comprensione del processo e dei benefici della mediazione.
L’obiettivo del presente strumento è sensibilizzare i giudici sulla mediazione in materia civile e familiare, in materia penale (adulti e minori) e in materia amministrativa.
Questo strumento per analogia può essere utilizzato da altri professionisti legali che fanno riferimento alla mediazione come i pubblici ministeri e da altre autorità e istituzioni giudiziarie che forniscono loro formazione.
È concepito per far accedere alla mediazione le parti in causa migliorando la capacità dei giudici di effettuare un effettivo rinvio giudiziario alla mediazione e non per creare dei giudici mediatori nell’esercizio della loro funzione giudiziaria.
Si ispira ai programmi di formazione e sensibilizzazione condotti in Belgio, Francia e Svizzera francofona, gentilmente trasmessi e commentati dai seguenti istruttori: Giudici Avi SCHNEEBALG, formatore per i giudici belgi presso l’Institut de training judiciaire di Bruxelles, Fabrice VERT, formatore per giudici francesi presso l’Ecole Nationale de la.Magistrature di Bordeaux, e Jean A. MIRIMANOFF, giudice onorario, mediatore, formatore per la Fondazione per la formazione continua dei giudici svizzeri.
Esiste una vasta gamma di diversi insegnamenti di mediazione e pratiche di mediazione all’interno degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tuttavia, questo strumento è facilmente adattabile alle diverse situazioni nazionali.
Questo strumento è stato sviluppato in riferimento al punto 3. Consapevolezza delle linee guida CEPEJ sulla mediazione.
1. Contesto dello strumento
– Raccomandazione Rec (2002) 10 sulla mediazione in materia civile, cap. VII: “Gli Stati dovrebbero fornire informazioni sulla mediazione in materia civile ai professionisti coinvolti nel funzionamento della giustizia”[53].
– Linee guida per una migliore attuazione della raccomandazione esistente in materia di mediazione familiare e mediazione in materia civile, CEPEJ (2007) 14, n. 50: “I giudici svolgono un ruolo cruciale nel promuovere una cultura di risoluzione amichevole delle controversie. È quindi essenziale che abbiano una piena conoscenza e comprensione del processo e dei benefici della mediazione. Ciò può essere ottenuto attraverso sessioni informative, nonché programmi di formazione iniziale e in servizio che includano elementi specifici di mediazione utili nel lavoro quotidiano dei tribunali in determinate giurisdizioni ”[54].
– Roadmap CEPEJ (2018) 8 basato sul rapporto CEPEJ-GT-MED su “L’impatto delle linee guida CEPEJ sulla mediazione civile, familiare, penale e amministrativa”, adottato il 27 giugno 2018, Rec. 3, p. 4: “Senza una consapevolezza/formazione obbligatoria della mediazione dei giudici durante la loro istruzione o nel primo anno della loro pratica giudiziaria, il numero di casi riferiti alla mediazione in materia civile, familiare, penale (adulti e minorenni) e amministrativi rimarrà invariato a un numero effettivo insignificante”, e la sua tabella 2.1:” Sviluppare e distribuire strumenti di formazione per aumentare la formazione obbligatoria e la consapevolezza della mediazione tra avvocati e giudici “[55].
2. Obiettivi generali dei programmi di sensibilizzazione sulla mediazione
Qualsiasi programma di sensibilizzazione iniziale dovrebbe mirare a consentire ai giudici di:
– Essere a conoscenza dei vari metodi ADR e saper discernere la modalità appropriata per una determinata situazione;
– Comprendere il conflitto e il modo per renderlo positivo;
2. Obiettivi generali dei programmi di sensibilizzazione sulla mediazione
Qualsiasi programma di sensibilizzazione iniziale dovrebbe mirare a consentire ai giudici di:
– Essere a conoscenza dei vari metodi ADR e saper discernere la modalità appropriata per una determinata situazione;
– Comprendere il conflitto e il modo per renderlo positivo;
– Aprire l’accesso alla mediazione attraverso un efficiente rinvio giudiziario, che implica sapere come:
a) identificare e selezionare i casi adatti alla mediazione;
b) Comprendere le caratteristiche, i prìncipi, gli obiettivi, gli approcci e i metodi di mediazione e il funzionamento del suo processo, al fine di fornire adeguate informazioni sulla mediazione alle parti in causa e ai loro avvocati;
c) suggerire, proporre alle le parti o dirigerle verso una partecipazione a una sessione informativa sulla mediazione svolta da un centro di mediazione o da mediatori qualificati;
d) facilitare la transizione delle parti in causa dal procedimento giudiziario al processo di mediazione.
Il contenuto e la metodologia dell’addestramento deve tenere conto del contesto, del livello iniziale di conoscenza e dell’esperienza pratica dei tirocinanti. Dovrebbero essere predisposti controlli di qualità e misure di monitoraggio indipendenti per garantire contenuti e offerta di formazione sufficienti.
Si raccomanda vivamente che la fornitura delle parti pratiche della formazione sia guidata da giudici-mediatori in attività e mediatori non giudiziari attivi, con esperienza come formatori.
Un programma di sensibilizzazione continua dovrebbe aggiornare la conoscenza e la pratica dei giudici in materia di rinvio giudiziario alla mediazione, ripetendo il programma del secondo e terzo semestre. (Cfr. Appendice 2).
3. Obiettivi specifici relativi alla legislazione nazionale e internazionale
– Garantire la conoscenza della legislazione nazionale dei giudici nei rispettivi settori in materia civile e familiare, penale (adulti e minori) e amministrativa.
– Preparare i giudici a partecipare a un progetto pilota di mediazione nella propria giurisdizione.
– Migliorare la capacità conciliante dei giudici con l’uso di strumenti di mediazione (comunicazione attiva e principi – basati sugli interessi – negoziazione), ove consentito o prescritto dalla legge.
4. Durata della formazione iniziale e continua
La durata di quattro mezze giornate (due giorni in totale) è raccomandata quando possibile per i programmi di formazione iniziale.
Si consigliano una o due sessioni di mezza giornata a frequenza regolare per i programmi di formazione continua.
5. Risorse necessarie per formatori e assistenti
Le risorse necessarie dipenderanno dal numero di partecipanti. Per un gruppo di 24 giudici, la partecipazione di un istruttore qualificato (mediatore accreditato, concordato, certificato) e una squadra di tre assistenti garantisce una buona efficacia nella sensibilizzazione. Idealmente, il rapporto formatore-tirocinanti dovrebbe essere al massimo da 1 formatore a 10 tirocinanti/15 tirocinanti.
6. Locali
Quando il programma di sensibilizzazione si svolge nel primo anno della pratica giudiziaria, si raccomanda che si svolga all’interno degli edifici giudiziari o vicino ad essi.
7. Manuali consigliati
Gli strumenti adottati dalla CEPEJ (CEPEJ (2018) 7), in particolare:
– La guida al rinvio giudiziario alla mediazione[56];
– La checklist di gestione e la checklist di monitoraggio del programma pilota;
– Manuali nazionali e una breve bibliografia per i giudici.
8. Raccomandazioni alle autorità giudiziarie degli Stati membri
Per garantire l’efficienza dei programmi di sensibilizzazione/formazione (ovvero la loro durata, frequenza e qualità) sarebbe opportuno adottare le seguenti misure:
1. Nominare, in ciascuna Corte d’appello, un giudice responsabile della mediazione, per l’indagine sulla consapevolezza dei giudici e sui progetti pilota
2. Nominare, in ciascuna giurisdizione, un giudice incaricato dell’organizzazione di questi programmi
3. Garantire che questo giudice riceva una formazione completa da mediatore, al fine di poter diventare il principale riferimento per la sensibilizzazione sulla mediazione del suo tribunale e di essere in grado di organizzare un progetto pilota di mediazione nella sua giurisdizione
Appendice 1
Curriculum di base per rinvio giudiziario
1. Sviluppo della conoscenza
I programmi di formazione dovrebbero coprire almeno questi settori principali dello sviluppo delle conoscenze:
1.1 Mediazione – definizione e concetto
1.2 Risoluzione tradizionale delle controversie e mediazione
1.3 Principi fondamentali di mediazione
1.4. Fasi della mediazione:
a. Preparazione
b. Apertura
c. Esplorazione
d. trattativa
e. Accordo
1.5. Indicazioni e controindicazioni della mediazione nella valutazione dell’idoneità dei casi
1.6. Qualità richieste dai giudici che incoraggiano le parti a mediare
1.7. Ruoli delle parti, dei loro consulenti e degli altri partecipanti alla mediazione
1.8. Tempistica dell’incoraggiamento alla mediazione
1.9 Quadro giuridico della mediazione e legislazione relativa alla mediazione, inclusa la revisione del quadro giuridico per la mediazione obbligatoria e opt-out mediation[57], se disponibile
1.10 Interazione tra mediatori, giudici, avvocati, utenti della mediazione e altri soggetti interessati alla mediazione
1.11. Elementi di un’intervista di rinvio:
a. Diagnosi di conflitto
b. Piano di intervento
c. Esplorazione della volontà di negoziare e suo potenziamento
d. Livello di escalation
e. Informazioni sulla mediazione
1.12. Principali caratteristiche e differenze della mediazione in materia civile, familiare, penale e amministrativa
2. Formazione di abilità pratiche
In termini di sviluppo delle competenze, gli argomenti delle competenze essenziali che dovrebbero essere coperti, dimostrati e praticati in qualsiasi programma di formazione sono:
a. Forme di capacità di ascolto e strategie di comunicazione soprattutto quando partecipano gruppi vulnerabili (bambini, vittime e altre categorie che richiedono un’attenzione specifica)
b. Porre le domande giuste
c. Modi per rispondere ai diversi comportamenti delle parti
d. Motivare e preparare le parti e gli avvocati
e. Capacità di analisi dei casi, compresa una ragionevole selezione della strategia e dei metodi di risoluzione delle controversie
I corsi di formazione per rinvio giudiziario dovrebbero essere partecipativi, interattivi e focalizzati sullo studente. Per garantire ciò, è necessario utilizzare una varietà di metodologie di insegnamento, tra cui lezioni, video, esercizi interattivi, lavoro individuale, discussione di gruppo, conversazione in coppia e giochi di ruolo. Come linea guida, per la parte pratica di qualsiasi corso, progettata per insegnare il processo e le abilità per essere un giudice di rinvio efficace, una parte sostanziale dovrebbe essere dedicata al gioco di ruolo, al coaching e al feedback, nonché a discussioni ed esercitazioni.
Appendice 2
Esempio concreto di formazione iniziale e continua
1) Esempio concreto di un programma di formazione iniziale – organizzazione e contenuto
Il tempo è diviso in lezioni seguite da tavole rotonde, workshop e giochi di ruolo in modo interattivo, con una mezza giornata dedicata alle specificità nazionali. La durata ha solo un valore indicativo e può essere modificata in base alle esigenze specifiche. Vedi anche il cap.10. Raccomandazioni alle autorità giudiziarie.
Prima mezza giornata
A) Introduzione all’ADR e al luogo della mediazione rispetto alla soluzione tradizionale delle controversie (lezione 45 min. e tavola rotonda 15 min.);
B) Conflitto e controversia legale (lezione 45 min. e tavola rotonda 15 min.);
C) Mediazione: principi, vantaggi e limitazioni (lezione 45 min.)/Tavola rotonda e dibattiti sulla riservatezza (15 minuti);
D) Mediazione e conciliazione (lezione di 30 minuti) ed esercitazioni su casi pratici (30 minuti). Per gli Stati membri che non conoscono la conciliazione: approcci e moduli di mediazione (prevenzione e riparazione)
Valutazione della mezza giornata
Seconda mezza giornata
A) Comunicazione attiva (lezione 30 min. ed esercitazioni pratiche 30 min.)
B) Negoziazione di principio (basata sugli interessi) e sua applicazione nel diritto collaborativo e nel processo di mediazione (lezione 15 min. ed esercitazioni 45 min.)
C) Il processo di mediazione e le sue fasi, i ruoli della terza parte, delle parti e dei consulenti/avvocati (lezione 30 min.)
Caso di studio: gioco di ruolo (90 min.)
D) Qualità dei giudici che rimandano i casi alla mediazione (tavola rotonda 30 min.)
Valutazione della mezza giornata
Terza mezza giornata
Il colloquio di rinvio giudiziario e le sue fasi:
A) Individuazione e selezione di casi (lezione 15 min.) e casi pratici (45 min.)
B) Informazioni sulla mediazione (lezione 15 min.) e giochi di ruolo, come in udienza (45 min.): simulazione degli scambi tra il giudice, le parti e i loro avvocati, esplorando la volontà di negoziare e migliorandola, argomentazioni pro e contra, obiezioni e contro obiezioni
C) Le modalità per fare riferimento alla mediazione e al sostegno alle parti durante il passaggio dalla procedura giudiziaria al processo di mediazione: lezione (15 min.) e tavola rotonda (45 min.)
Valutazione della mezza giornata
Quarta mezza giornata
Specificità nazionali compreso il quadro giuridico della mediazione
Cinque gruppi separati, se applicabile, per la mediazione in:
A) Famiglia
B) Civile
C) Criminale (adulti)
E) Criminale (minori) e
F) Questioni amministrative
– rinvio giudiziario alla mediazione;
– L’uso degli strumenti di mediazione da parte del giudice della conciliazione
– Rafforzare gli accordi di mediazione: ratifica e atti esecutivi autentici. Aspetti nazionali e internazionali.
Valutazione della mezza giornata e della formazione
2) Esempio concreto di formazione continua
Prima mezza giornata
A) Comunicazione attiva (lezione 30 min.) ed esercitazioni pratiche (30 min.)
B) Negoziazione di principio (basata sugli interessi) e sua applicazione nel diritto collaborativo e nel processo di mediazione (lezione 15 min. ed esercitazioni 45 min.)
C) Procedura per il processo di mediazione e le sue fasi, i ruoli della terza parte, delle parti e dei consulenti / avvocati (lezione 30 min.)
Caso di studio: gioco di ruolo (90 min.)
Valutazione della mezza giornata
Seconda mezza giornata
Il colloquio di rinvio giudiziario e le sue fasi:
A) Individuazione e selezione di casi (lezione 15 min.) e casi pratici (30 min.)
B) Informazioni sulla mediazione (lezione 15 min.) e giochi di ruolo, come in udienza (30 min.): simulazione degli scambi tra il giudice e le sue parti in causa e i loro consulenti/avvocati, esplorando la volontà di negoziare e migliorarla, argomenti pro et contra, obiezioni e contro obiezioni
C) Il modo di fare riferimento alla mediazione e l’assistenza alle parti durante il passaggio dalla procedura giudiziaria al processo di mediazione: lezione (15 min.) e tavola rotonda (30 min.)
Valutazione della mezza giornata e della formazione”.
L’IMI è l’unica organizzazione al mondo che trascende le giurisdizioni locali per sviluppare standard globali e professionali per mediatori e difensori coinvolti nella risoluzione e negoziazione di controversie collaborative. L’IMI convoca le parti interessate, promuove la comprensione della mediazione e diffonde le competenze. L’IMI non è un fornitore di servizi.
[3] EUROPEAN COMMISSION FOR THE EFFICIENCY OF JUSTICE (CEPEJ)
Mediation Development Toolkit
Ensuring implementation of the CEPEJ Guidelines on mediation
Guidelines on Designing and Monitoring Mediation Training Schemes
Document elaborated jointly with the International Mediation Institute
As adopted at the 32th plenary meeting of the CEPEJ
[6] ) “f) la previsione e la istituzione di un percorso formativo, di durata complessiva non inferiore a 50 ore, articolato in corsi teorici e pratici, con un massimo di trenta partecipanti per corso, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti, e in una prova finale di valutazione della durata minima di quattro ore, articolata distintamente per la parte teorica e pratica; i corsi teorici e pratici devono avere per oggetto le seguenti materie: normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di mediazione e conciliazione, metodologia delle procedure facilitative e aggiudicative di negoziazione e di mediazione e relative tecniche di gestione del conflitto e di interazione comunicativa, anche con riferimento alla mediazione demandata dal giudice, efficacia e operatività delle clausole contrattuali di mediazione e conciliazione, forma, contenuto ed effetti della domanda di mediazione e dell’accordo di conciliazione, compiti e responsabilità del mediatore;
g) la previsione e l’istituzione di un distinto percorso di aggiornamento formativo, di durata complessiva non inferiore a 18 ore biennali, articolato in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti ovvero, in alternativa, di sessioni di mediazione; i corsi di aggiornamento devono avere per oggetto le materie di cui alla lettera f);”
1. Sono abilitati a iscriversi nell’elenco degli enti di formazione in materia di mediazione gli enti pubblici o privati che danno garanzie di serietà ed efficienza, come definiti dall’articolo 16, commi 1-bis e 1-ter.
2. Ai fini di cui al comma 1, l’ente di formazione è altresì tenuto a nominare un responsabile scientifico di chiara fama ed esperienza in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie, il quale assicura la qualità della formazione erogata dall’ente, la completezza, l’adeguatezza e l’aggiornamento del percorso formativo offerto e la competenza ed esperienza dei formatori, maturate anche all’estero. Il responsabile comunica periodicamente il programma formativo e i nominativi dei formatori scelti al Ministero della giustizia, secondo le previsioni del decreto di cui all’articolo 16, comma 2.
3. Il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, stabilisce altresì i requisiti di qualificazione dei mediatori e dei formatori necessari per l’iscrizione, e il mantenimento dell’iscrizione, nei rispettivi elenchi.
[8] Art. 5-quinquies del decreto 4 marzo 2010 n. 28 (in vigore dal 30 giugno 2023)
(Formazione del magistrato, valutazione del contenzioso definito con mediazione demandata e collaborazione)
1. Il magistrato cura la propria formazione e il proprio aggiornamento in materia di mediazione con la frequentazione di seminari e corsi, organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, anche attraverso le strutture didattiche di formazione decentrata.
2. Ai fini della valutazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006 , n. 160, la frequentazione di seminari e corsi di cui al comma 1, il numero e la qualità degli affari definiti con ordinanza di mediazione o mediante accordi conciliativi costituiscono, rispettivamente, indicatori di impegno, capacità e laboriosità del magistrato.
3. Le ordinanze con cui il magistrato demanda le parti in mediazione e le controversie definite a seguito della loro adozione sono oggetto di specifica rilevazione statistica.
4. Il capo dell’ufficio giudiziario può promuovere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, progetti di collaborazione con università, ordini degli avvocati, organismi di mediazione, enti di formazione e altri enti e associazioni professionali e di categoria, nel rispetto della reciproca autonomia, per favorire il ricorso alla mediazione demandata e la formazione in materia di mediazione.
[9] Art. 204 Loi du 18 juin 2018 publié le 02 juillet 2018 Loi portant dispositions diverses en matière de droit civil et des dispositions en vue de promouvoir des formes alternatives de résolution des litiges
[12] § 10 Lag om medling i tvistemål i allmänna domstolar e art. 186.d Zakon o parničnom postupku
[13] Il 26 marzo 2015 la Corte dei Diritti dell’Uomo ha emesso all’unanimità una fondamentale sentenza che è passata in giudicato il 26 giugno 2015. Si tratta del caso MOMČILOVIĆ v. CROATIA (Application no. 11239/11) che si può trovare in https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22itemid%22:[%22001-152990%22]}; c’era già stato un precedente conforme: European Court of Human Rights in A č imovi ć v. Croatia of 9 October 2003 and Kuti ć v. Croatia of 1 March 2002.
[14] Cap. 26 § 268 Retsplejeloven Lov om rettens pleje
[19] Questa misura è prevista dal Codice di procedura civile, dal Codice del lavoro, dalla Legge sulle procedure in materia di giurisdizione familiare e volontaria, dal Codice di procedura amministrativa, dal Codice previdenziale e dalle leggi sui marchi e brevetti.
La mediazione, la formazione e lo status del mediatore sono disciplinati dalla legge[1], da un’ordinanza[2], da due direttive[3] e dal 2018 dalle Linee guida per la prova della sostenibilità in relazione all’obbligo di comunicazione ai sensi del § 27 della legge sulla mediazione[4].
Il mediatore può essere chiunque abbia compiuto 28 anni. Deve fornire certificato del casellario giudiziario.
Per esercitare il mediatore deve essere registrato; solo in presenza di un mediatore registrato si esplicano peraltro effetti sull’interruzione della prescrizione con l’inizio della mediazione.
Il registro dei mediatori[5] è gestito dal 1° maggio 2004 dal Ministero della Giustizia. Il Ministero però sponsorizza direttamente sul sito ministeriale anche tre associazioni che sono organizzazioni di mediazione e formazione[6].
L’iscrizione nell’elenco dei mediatori presso il Ministero federale della giustizia non è legata all’appartenenza ad ordini professionali o ad associazioni di mediatori.
Al contrario, l’adesione non sostituisce la prova della formazione, che deve essere presentata al Ministero federale della Giustizia.
L’iscrizione e il mantenimento della qualifica di mediatore comporta il pagamento di 345 €.
Dopo il primo quinquennio la qualifica si rinnova sempre a pagamento, per un decennio: non prima di un anno e non oltre tre mesi prima della fine del periodo di iscrizione, il mediatore, se desidera rimanere iscritto nell’elenco dei mediatori, può richiedere per iscritto che l’iscrizione sia mantenuta appunto per altri dieci anni.
Allo stesso tempo, deve descrivere l’ulteriore formazione ai sensi del § 20 ZivMediatG (50 ore in 5 anni) e presentare informazioni aggiornate sul casellario giudiziario (non più vecchie di tre mesi).
Il ministero federale della giustizia accetta anche certificati di perfezionamento professionale presentati prima della presentazione della domanda di mantenimento della registrazione.
Il mediatore deve anche provvedere alla stipula di idonea assicurazione per la responsabilità civile: è necessario un contratto assicurativo valido secondo la legge austriaca; la somma minima assicurata deve essere di 400.000 euro; non può essere opposta alcuna esclusione e nessun limite temporale della responsabilità successiva dell’assicuratore.
Le compagnie di assicurazione sono tenute a notificare al Ministero federale della giustizia la perdita della copertura assicurativa (ad es. a causa del pagamento tardivo dei premi o della risoluzione del contratto di assicurazione). Quest’ultimo chiede poi al mediatore interessato di fornire la prova dell’esistenza di una copertura assicurativa entro un certo periodo di tempo. Se si cambia assicuratore e si annulla un contratto assicurativo esistente, anche tale modifica viene comunicata al Ministero federale della Giustizia. Tuttavia, ciò non comporta l’automatica cancellazione dal registro: verrà fissato un termine, ad esempio per dimostrare di aver stipulato un contratto di assicurazione con un altro assicuratore. Ciò vale anche nei casi in cui la copertura assicurativa venga meno per recesso da un’associazione che ha consentito ai propri iscritti di stipulare un’assicurazione collettiva.
Il mediatore austriaco svolge dunque un’attività individuale anche se ovviamente può anche lavorare all’interno di un organismo di mediazione; in ogni caso deve anche indicare i locali ove svolge la mediazione.
La formazione è erogata al momento da 58[7] diversi enti iscritti nel registro [8] e dalle Università. In Austria sia le persone fisiche sia le giuridiche possono costituire istituti di formazione (in Italia invece non lo possono le persone fisiche).
Un gruppo di formazione può andare da 10 a 25 persone (per 25 ci vogliono però due docenti); nel caso di lezione teorica il gruppo può arrivare a 30 persone.
L’ente di formazione deve possedere locali appropriati per l’amministrazione e per la didattica.
Ovviamente ogni ente deve presentare annualmente un documento con le uscite e le entrate che devono essere coerenti.
Ogni ente deve predisporre un piano di valutazione sia per i formatori sia per i discenti. Deve indicare al Ministero il numero, il titolo e il contenuto dei corsi ed i materiali forniti; bisogna poi inviare relazioni complete sul numero dei partecipanti e dei licenziati per ogni corso.
Per ogni corso vanno indicati i docenti, i costi e le procedure di reclamo.
Il contenuto della formazione è disciplinato dalla legge (§ 29 ZivMediatG) e dalle decisioni del Comitato consultivo.
Gli enti di formazione devono essere formati da almeno tre persone fisiche: una persona dovrebbe occuparsi della amministrazione e gli altri della didattica (non ci deve essere commistione).
I docenti dovrebbero essere mediatori (tranne quando impartiscono conoscenze specialistiche supplementari).
Dal 2018 gli enti di formazione devono dare prova della “sostenibilità” ai sensi dell’obbligo di comunicazione ai sensi del § 27 della legge sulla mediazione civile.
In altre parole, ai sensi del § 27 ZivMediatG, gli istituti di formazione registrati devono riferire per iscritto al Ministro federale della giustizia entro il 1° luglio di ogni anno precedente, sul contenuto e sul successo delle attività di formazione dell’anno precedente per dimostrare la sostenibilità dell’attività[9].
Il contenuto della formazione che è assai nutrito e viene impostato in modo orario differente in base alla facoltà, all’esperienza e alle conoscenze.
In altre parole, la formazione richiesta per una professione e la pratica generalmente acquisita durante il suo esercizio devono essere adeguatamente considerate.
In generale sono previste 200 ore di teoria e 165 ore di pratica, Per un totale di 365 ore.
Contenuto della formazione
Unità minime
Parte 1 Parte teorica
Parte totale
200
1. Principali caratteristiche e sviluppo della mediazione, compresi i suoi presupposti e modelli di base
12
2. Procedure, metodi e fasi della mediazione con particolare attenzione agli approcci orientati alla negoziazione e alla soluzione
26
3. Fondamenti di comunicazione, in particolare comunicazione, tecniche di interrogazione e negoziazione, conversazione e moderazione con particolare riguardo alle situazioni di conflitto
32
4. Analisi dei conflitti
15
5. Forme e campi di applicazione della mediazione, ad esempio mediazione individuale, congiunta o di gruppo, nonché mediazione di grandi gruppi; Mediazione familiare, economica e interculturale
20
6. Introduzione alle teorie della personalità, in particolare alle strutture della personalità, alle basi della psicologia di gruppo e delle forme di intervento psicosociali e alle questioni di genere
20
7. Questioni etiche della mediazione, in particolare comprensione del ruolo e dell’atteggiamento dei mediatori, immagine di sé e immagine umana nella mediazione
15
8. Principali caratteristiche delle disposizioni di legge
40
9. Fondamenti delle relazioni economiche
20
Parte 2 Parte orientata all’applicazione
Parte totale
165
1. Autoconsapevolezza individuale e di gruppo
40
2. Seminari pratici sulla pratica delle tecniche di mediazione utilizzando Giochi di ruolo, simulazione e riflessione
58
3. Lavoro di gruppo tra pari
24
4. Casistica
17
5. Accompagnamento alla partecipazione alla supervisione pratica nel campo della mediazione (di cui 3 unità di supervisione individuale)
26
Totale
365
I contenuti formativi per avvocati, notai, giudici, pubblici ministeri e avvocati della procura finanziaria e dei docenti universitari in materia giuridica, pur non variando nei contenuti, contemplano 136 ore teoriche e 84 di pratica, per un totale di 220. Lo stesso vale per i commercialisti, i consulenti di direzione, gli ingegneri e i docenti universitari nelle materie pertinenti; gli ingegneri devono svolgere però 8 ore supplementari.
In altre parole, per i professionisti sopradetti variano le ore per un determinato contenuto in base alle conoscenze: ad esempio i commercialisti non studiano i fondamenti delle relazioni economiche.
Medesimo approccio e numero di ore vale per psicoterapeuti, psicologi clinici e psicologi della salute, counselor e assistente sociale, ciascuno con tre anni di esperienza professionale: è ovvio che ad esempio in relazione al punto 5 della teoria faranno solo cinque ore e non venti.
Inoltre, è per tutti necessario un aggiornamento di almeno 50 ore[10] in 5 anni[11].
La partecipazione a seminari specialistici, workshop, intervisione, supervisione extraprofessionale, ecc. può essere considerata come ulteriore formazione. La propria attività di insegnamento non conta come ulteriore formazione, poiché l’insegnante di solito impartisce conoscenze che gli sono già familiari. La formazione completata nei primi cinque anni non può essere riportata al quinquennio successivo (dopo i primi 5 anni la formazione continua non va più segnalata al Ministero)[12].
[1] Bundesrecht konsolidiert: Gesamte Rechtsvorschrift für Zivilrechts-Mediations-Gesetz, Fassung vom 03.10.2019
[2] Verordnung des Bundesministers für Justiz über die Ausbildung zum eingetragenen Mediator (Zivilrechts-Mediations-Ausbildungsverordnung – ZivMediat-AV)
2) Richtlinie des Beirats für Mediation über die Kriterien zur Eintragung in die Liste der Ausbildungseinrichtungen und Lehrgänge nach § 23 Zivilrechts-Mediations-Gesetz – ZivMediatG
[11] § 20 l. 6 giugno 2003 (ZivMediatG) e direttiva 5 giugno 2007 sulla formazione (Richtlinie des Beirates für Mediation über die Kriterien zur Anerkennung von Fortbildungsmaßnahmen nach § 20 ZivMedG.)
Negli ultimi giorni di dicembre 2022 vi sono state diverse modifiche al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 hanno preso in considerazione l’art. 35[1], ma anche l’art. 36 ed il 41 nel testo licenziato sulla Gazzetta Ufficiale del 17/10/22. Cito in primo luogo l’art. 8 c. 8 e 9 del DECRETO-LEGGE 29 dicembre 2022, n. 198 Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. (22G00212)[2]: si sono introdotte delle modifiche che tengono conto dell’art. 35 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
Art. 8
8. Anche in deroga alle disposizioni di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni di cui all’articolo 221, comma 8, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e di cui all’articolo 23, commi 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e 9-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, continuano ad applicarsi, rispettivamente, alle udienze e alle camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023 e alle formule esecutive rilasciate fino al 28 febbraio 2023, fermo restando quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
9. La disposizione di cui all’articolo 221, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, continua ad applicarsi fino alla data del 28 febbraio 2023, limitatamente al pagamento mediante sistemi telematici dell’anticipazione forfettaria prevista dall’articolo 30 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, fermo restando quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
In base a tale ultime modifiche del DECRETO-LEGGE 29 dicembre 2022, n. 198 si presenta comunque il quadro indicato in tabella[3].
1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.
2. Salvo quanto previsto dal secondo periodo, le disposizioni di cui agli articoli 127, terzo comma, 127-bis e 127-ter del codice di procedura civile, quelle previste dal Capo I del Titolo V-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, nonché’ l’articolo 196-duodecies delle medesime disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotte dal presente decreto hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e da tale data si applicano ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione. Gli articoli 196-quater e 196-sexies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente dal 30 giugno 2023.
3. Davanti al giudice di pace e al tribunale superiore delle acque pubbliche le disposizioni di cui al comma 2, primo periodo, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023, anche ai procedimenti pendenti a tale data, fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 127, terzo comma, 127-bis e 127-ter che hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche per i procedimenti civili pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al primo periodo.
4. Ai procedimenti civili pendenti davanti agli uffici giudiziari diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 le disposizioni di cui al comma 2, primo periodo, si applicano a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti, non aventi natura regolamentare, con i quali il Ministro della giustizia accerta la funzionalità dei relativi servizi.
5. Le norme di cui ai capi I e II del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile, come modificate dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte avverso le sentenze depositate successivamente al 30 giugno 2023.
6. Salvo quanto disposto dal comma 7, le norme di cui al capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e di cui al capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificate dal presente decreto, si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023.
7. Gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis del codice di procedura civile, come modificati o abrogati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
8. Le disposizioni di cui all’articolo 363-bis del codice di procedura civile si applicano ai procedimenti di merito pendenti alla data del 30 giugno 2023.
9. Le disposizioni di cui all’articolo 3, commi 52, 53, 54, 55, 56 e 57 si applicano ai procedimenti arbitrali instaurati dopo il 30 giugno 2023. 10. Fino all’adozione dei provvedimenti previsti dall’articolo 196-duodecies, comma quinto, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto n. 1368 del 1941, introdotto dal presente decreto, i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili continuano ad essere regolati dal decreto del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia del 20 marzo 2020, previsto dall’articolo 83, comma 7, lettera f), 199/208 decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27
[2] (GU Serie Generale n.303 del 29-12-2022) note: Entrata in vigore del provvedimento: 30/12/2022
[3] Il testo delle norme è stato recepito su Normattiva
A seconda del Paese in cui la giustizia riparativa viene utilizzata e al modo in cui è praticata, essa può essere denominata con i termini, tra gli altri, di mediazione reo-vittima, mediazione penale, restorative conferencing, family group conferencing, consigli commisurativi e circoli di conciliazione[1].
Detto ciò è disciplinata esplicitamente da almeno 20 paesi di area UE.
Altri stati la possono però regolarla con la disciplina della mediazione in generale.
Gli Stati che fanno più mediazioni penali sono nell’ordine Finlandia (16.000), Polonia (4.000) e Spagna (3.000).
Diversi stati si sono mossi prima di qualunque intervento della Comunità Europea.
L’Italia ha varato una disciplina nel 2000: l’art. 29 c. 4 e 5 Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274[22] inerente la giurisdizione penale del Giudice di Pace.
È stata varata una Direttiva europea: la 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Doveva essere recepita dagli stati entro il 16 novembre 2015.
Nel 2018 l’Italia ha varato il Decreto legislativo 2 ottobre 2018 n. 121[23] secondo cui l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato ((i programmi di giustizia riparativa di cui al decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134[24])).
Il 3 ottobre 2018 c’è stato un intervento del Consiglio d’Europa che è sicuramente il più interessante e corposo ai nostri fini: la Raccomandazione Rec(2018)8 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla giustizia riparativa in materia penale, che è stata presa come base per la disciplina della legge delega[25] e dell’ultimo decreto delegato[26] che dovrebbe entrare in vigore il 30/12/2022[27]
È stata varata la legge delega: Legge 27 settembre 2021, n. 134 entrata in vigore il 19/10/2021.
A seguire è stata importante la Dichiarazione di Venezia del COE sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale 13 e 14 dicembre 2021 che ci ha dato (o meglio ha ripreso la definizione di giustizia riparativa: “la giustizia riparativa è un processo che consente alle persone che subiscono pregiudizio a seguito di un reato, e a quelle responsabili di tale pregiudizio, se vi acconsentono liberamente, di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, attraverso l’aiuto di un soggetto terzo formato e imparziale (solitamente chiamato mediatore o facilitatore);
questo processo prende spesso la forma di un dialogo (diretto o indiretto) tra la vittima e l’autore del reato, che presuppone il riconoscimento preventivo dei fatti criminali da parte dell’autore, e può anche coinvolgere, se del caso, altre persone colpite dal reato, soprattutto la famiglia e, se del caso, la comunità di appartenenza;”.
Infine è arrivato il decreto delegato: il Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150
La legge delega disciplina la giustizia riparativa all’art. Art. 1 c. 18 lett. a)-g) e 19 e all’art. 2 c. 22.
Il Decreto legislativo è assai articolato: ha dedicato una parte generale e organica alla giustizia riparativa dagli articoli 42 a 67 e poi ha modificato (o ha introdotto nuove norme):
Il codice penale (articoli 62, 152 e 163).
Il codice di procedura penale (articoli 90-bis, 90 bis-1 (nuovo), 129 bis (nuovo), 293, 369, 386, 408, 409, 415 bis, 419, 429, 447, 460, 464 bis, 552, 601, 656, 660).
Le Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale con l’introduzione di un solo articolo il 45-ter.
la legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario): art. 13, 15-bis (nuovo) e 47.
Il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni): art. 28
Il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) : art. 1 c. 2, art. 1-bis (nuovo).
Le modifiche sono in generale legate all’avviso che sia possibile adire la giustizia riparativa in ogni stato e grado del processo.
Vi sono infine da registrare due disposizioni transitorie:l’art. 92 sui servizi esistenti e l’art. 93 sull’inserimento nell’elenco dei mediatori.
La Camera, con 206 voti favorevoli e 145 contrari, ha votato la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge: S. 274 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali (Approvato dal Senato) (A.C. 705), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Nella seduta di venerdì 30 dicembre la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del decreto 31 ottobre 2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali (Approvato dal Senato) (C. 705), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
L’art. 5-novies del disegno di legge S. 274 (oggi LEGGE 30 dicembre 2022, n. 199 Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali. (22G00209) introduce una modifica importante in materia di giustizia riparativa integrando il dettato dell’art. 92 del decreto legislativo 150/22.
Il nuovo dettato normativo è il seguente.
Art. 92. Disposizioni transitorie in materia di giustizia riparativa. Servizi esistenti
1. La Conferenza locale per la giustizia riparativa, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, provvede alla ricognizione dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati alla stessa data da soggetti pubblici o privati specializzati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici.
2. La Conferenza valuta i soggetti di cui al comma 1 con riferimento all’esperienza maturata almeno nell’ultimo quinquennio e il curricolo degli operatori in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, verificando altresì la coerenza delle prestazioni erogate e dei requisiti posseduti dagli operatori con quanto disposto
«2-bis. Le disposizioni in materia di giustizia riparativa di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), lettera h), numero 2), e lettera l), all’articolo 5, comma 1, lettera e), numero 5), e lettera f), all’articolo 7, comma 1, lettera c), all’articolo 13, comma 1, lettera a), all’articolo 18, comma 1, lettera c), numero 2), all’articolo 19, comma 1, lettera a), numero 1), all’articolo 22, comma 1, lettera e), numero 3), lettera f) e lettera l), numero 2), all’articolo 23, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera n), numero 1), all’articolo 25, comma 1, lettera d), all’articolo 28, comma 1, lettera b), numero 1), lettera c), all’articolo 29, comma 1, lettera a), numero 4), all’articolo 32, comma 1, lettera b), numero 1), lettera d), all’articolo 34, comma 1, lettera g), numero 3), all’articolo 38, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera c), all’articolo 41, comma 1, lettera c), all’articolo 72, comma 1, lettera a), all’articolo 78, comma 1, lettera a), lettera b) e lettera c), numero 2), all’articolo 83, comma 1, e all’articolo 84, comma 1, lettere a) e b), si applicano nei procedimenti penali e nella fase dell’esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
Questa norma comporta alcune importanti conseguenze: per l’art. 6 del decreto convertito entra in vigore il 31.12.22 la disciplina organica della giustizia riparativa (art. 42 a 67).
Entrano invece in vigore a maggio 2023:
a) le modifiche del Codice penale in materia di giustizia riparativa (art. 62, 152 e 163).
b) Le modifiche (o l’istituzione di nuove norme) sulla giustizia riparativa inserite nelle disposizioni di procedura penale: 90 bis (informazioni alla persona offesa), Art. 90 -bis .1 (informazioni alla vittima del reato), 129 bis (Accesso ai programmi di giustizia riparativa), 293 (adempimenti esecutivi), 369 (Informazione di garanzia), 386 (doveri della polizia), art. 408 (Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato), 409 (Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione), Art. 415 bis (Avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari), art. 419 (Atti introduttivi), 429 (Decreto che dispone il giudizio), 447 (Richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari), 460 (Requisiti del decreto di condanna), 464-bis (Sospensione del procedimento con messa alla prova), art. 552 (Decreto di citazione a giudizio), 601 (Atti preliminari al giudizio), 660 (Esecuzione delle pene pecuniarie)
c) Le Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale con l’introduzione di un solo articolo il 45-ter
d) la modifica dell’art. 29 c. 4 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468.)
e) la modifica dell’art. 13 e 47 e l’introduzione dell’art. 15-bis nella legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario)
f) la modifica dell’art. 28 c. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni)
g) la modifica dell’art. 1 c. 2 e l’introduzione dell’art. 1-bis del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni)
In pratica sino a maggio non si potrà accedere, secondo il dettato della riforma Cartabia, alla giustizia riparativa nelle varie fasi e gradi del processo né saranno informati della possibilità di accesso i difensori l’autore del reato e la vittima.
A giudizio dello scrivente la Riforma Cartabia in materia di giustizia riparativa è uno splendido edificio normativo. Tuttavia ho l’impressione che richieda dei requisiti in capo ai mediatori, anche nella fase transitoria, che non sono per niente facili da rinvenire in tutto il territorio nazionale[28].
E’ probabile che il legislatore rendendosi conto delle difficoltà di formare mediatori e di strutturare le organizzazioni ha rimandato l’applicazione a maggio 2023.
Del resto in Francia dove sono partiti almeno una trentina d’anni fa ci sono soltanto 309 mediatori penali.
[1] Raccomandazione Rec(2018)8 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla giustizia riparativa in materia penale
[11] Loi du 6 mai 1999 relative à la médiation pénale et portant modification de différentes dispositions a) de la loi modifiée du 7 mars 1980 sur l’organisation judiciaire, b) du code des assurances sociales.
(Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103). (18G00147) (GU n.250 del 26-10-2018 – Suppl. Ordinario n. 50 )
2) Rozporządzenie Ministra Sprawiedliwości z dnia 18 maja 2001 r. w sprawie postępowania mediacyjnego w sprawach nieletnich (Dz. U. z 2001 r., Nr 56, poz. 591)
3) Rozporządzenie Ministra Sprawiedliwości z dnia 13 czerwca 2016 r. w sprawie wysokości i szczegółowych zasad ustalania kosztów postępowania w sprawach nieletnich (Dz.U. z 2016 r poz. 863)
4) Rozporządzenie Ministra Sprawiedliwości z dnia z 23 grudnia 2002 r. w sprawie wynagrodzeń kuratorów zawodowych i aplikantów kuratorskich (Dz.U. z 2016 r. poz. 1547)
[17] 1) Legea 255/2013 pentru punerea in aplicare a Legii nr. 135/2010 privind Codul de procedura penala si pentru modificarea si completarea unor acte normative care cuprind dispozitii procesual penale.
2) Ordonanța de urgență nr. 24/2019 pentru modificarea și completarea Legii nr. 211/2004 privind unele măsuri pentru asigurarea protecției victimelor infracțiunilor, precum și a altor acte normative
[22] 4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l’udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell’attività centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio ((dei Centri per la giustizia riparativa presenti sul territorio))*. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell’attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.
5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all’articolo 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.
* Dal 30/12/2022.
[23] (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103). (18G00147) (GU n.250 del 26-10-2018 – Suppl. Ordinario n. 50 )
[25] Legge 27 settembre 2021, n. 134 Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari
[26] Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari
[27]È stato introdotto l’art. 99bis con il decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162 (in G.U. 31/10/2022, n.255)
[28] 1. Sono inseriti nell’elenco di cui all’articolo 60 coloro che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
a) avere completato una formazione alla giustizia riparativa ed essere in possesso di una esperienza almeno quinquennale, anche a titolo volontario e gratuito, acquisita nel decennio precedente presso soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici;
b) avere completato una formazione teorica e pratica, seguita da tirocinio, nell’ambito della giustizia riparativa in materia penale, equivalente o superiore a quella prevista dal presente decreto;
c) prestare servizio presso i servizi minorili della giustizia o gli uffici di esecuzione penale esterna, avere completato una adeguata formazione alla giustizia riparativa ed essere in possesso di adeguata esperienza almeno quinquennale acquisita in materia nel decennio precedente.
2. L’inserimento nell’elenco, ai sensi del comma 1, è disposto a seguito della presentazione, a cura dell’interessato, di idonea documentazione comprovante il possesso dei requisiti e, nel caso di cui alla lettera b), previo superamento di una prova pratica valutativa, il cui onere finanziario è a carico dei partecipanti, come da successiva regolamentazione a mezzo di decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca.
3. Con il medesimo decreto di cui al comma 2 sono stabilite altresì le modalità di svolgimento e valutazione della prova di cui al comma 2, nonché di inserimento nell’elenco di cui ai commi 1 e 2.
Ripropongo qui contenuti già trattati, ma che mi sembrano di una qualche modernità vista la riforma Cartabia di cui attendiamo con ansia e patema i decreti interministeriali.
Diciamo subito due parole sulla tutela antica.
I servi che fossero nominati tutori erano implicitamente liberati. La donna però non poteva essere tutore sino a Giustiniano.
La possibilità dei magistrati di intromettersi negli affari familiari e di punire arriva solo con Costantino.
Il tutore presso i Romani non era tenuto a rendere conto della sua amministrazione sino alla fine della tutela, ma poteva essere convenuto in giudizio come tutore sospetto e se condannato veniva rimosso. Il giudice di pace dell’Ottocento poteva convenire il tutore sospetto in giudizio ex officio.
Solo con Costantino si obbliga il tutore a chiedere l’autorizzazione (decreto del pretore) sia per la vendita delle cose mobili sia per quelle immobili; poteva vendere da solo esclusivamente le cose non facilmente conservabili.
Nelle transazioni delle tutele poi non era sufficiente l’autorizzazione del consiglio di famiglia, ma si richiedeva anche il parere di due o tre giureconsulti.
I tutori ed i curatori dal diritto romano al 1838 quando assumevano la tutela dovevano dare satisdatio e successivamente dal diritto giustinianeo, ipotecare a garanzia i loro beni.
In chiave storica possiamo poi rilevare che già nell’antichità greca e romana gli accomodamenti tra consanguinei avvenivano più che altro attraverso conciliazioni e arbitrati[1] che spesso erano effettuati appunto con l’ausilio di vicini e familiari.
Passiamo ora a parlare della mediazione familiare che è molto antica. Nel nostro paese è più antica della conciliazione (mamma della nostra mediazione civile e commerciale) che viene codificata nella prima delle XII tavole che però sono di derivazione greca e quindi suppongono l’uso ellenico.
La mediazione familiare è invece autoctona: presso gli Etruschi ed i Laziali in genere, veniva adorata la divinità Viriplaca che era preposta alle separazioni. Dal nome si capisce che per questo popolo la colpa dei dissidi familiari era sempre dell’uomo e quindi la divinità era invocata per placare l’ira maschile.
C’erano dei templi ove alcuni sacerdoti della dea erano preposti a cercare di riconciliare gli sposi e il tutto si concludeva con una unione nel talamo del tempio.
Presso i Romani questa divinità venne sostituita da Giunone.
Questa mediazione familiare tesa alla conciliazione delle parti non deve farci sorridere perché la troviamo nel Nord Italia fino al 1848 ove era il parroco (e non il giudice) che tentava la riconciliazione degli sposi che addivenivano alla “separazione di mensa e di letto”, e ciò con ben tre sedute di conciliazione.
Oggi la finalità riconciliativa della mediazione familiare è ancora presente nei paesi del Nord Europa, ad es. in Svezia, e può capitare appunto come mediatore un sacerdote.
In Italia e negli altri paesi bagnati dal Mediterraneo la finalità della mediazione familiare è ben differente, anche se le persone spesso non vengono in mediazione familiare proprio perché a torto credono che il mediatore le voglia riconciliare.
Vista la delicatezza delle questioni tra consanguinei lo stesso Digesto giustinianeo mantenne il principio per cui le cause tra i parenti dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del praetor[2].
Diversi Statuti medioevali prevedevano per scavalcare questo principio l’arbitrato obbligatorio per le liti tra parenti[3]: ne riportiamo alcuni esempi.
Lo Statuto dell’Università ed arte della Lana di Siena (1298-1300) così prevedeva alla Seconda distinzione capitolo XVIII[4]:<<Et se la lite o vero questione o vero richiamo fusse enfra padre et filliuolo mancepato, o vero enfra fratelli carnali, o vero enfra suoro carnali, o vero enfra madre et filliuolo, o vero enfra zio et nipote carnale, sì da lato di madre come di padre; sien constrecte le parti, a petizione di chiunque l’addimandasse, d’eleggere due arbitri et amici comuni, cioè ciascheuna parte uno, sottoposti de la detta Arte. O vero altri, di ragione et di facto; et in essi compromettere d’ogne e sopr’ogne lite et questione o vero richiamo el quale fusse o éssar potesse enfra loro, per qualunque ragione o vero cagione.>>
Citiamo poi un precetto dello Statuto di Buje del 1420 in Istria: “Ogni volta che sarà lite civile tra Padre e Figlio, o tra il Figlio e la Madre, o figli, et converso, ovvero tra fratelli e sorelle, ovvero tra fratelli, così de cose mobili che immobili, ordiniamo che il Reg.to di Buje debbi, o sia tenuto astringer quelle tali persone congionti litiganti insieme a compromettersi di esse differenze in arbitri, o arbitrotori, uno ovvero più, come parerà al Reg.to. E se detti arbitri od arbitratori non potessero essere d’accordo a sentenziar sopra essa differenza che vertisse tra esse parti, delle quali fosse compromesso in quelli, che in quel caso il Reg.to di Buje siua tenuto, e debbi da altro arbitro, et arbitratore presso quelli che non fossero concordi, il quale con quelli arbitri et arbitratori in tal modo che quele cose saranno state date, arbitrate, e sentenziate tra esse parti, per la maggior parte di essi arbitri debino valer, e tener, et haver perpetua fermezza e si debbino osservar da esse parti…”[5]
Gli Statuti di Provenza del 1491 prevedevano più in generale l’arbitrato forzato “pel maggior bene universale del paese, e per restringere l’uso disordinato del contendere[6]”: vi si dovevano sottoporre i nobili, i gentiluomini, i signori e loro vassalli, le comunità, i parenti ed affini ed i coniugi.
In conformità alla norma giustinianea sull’autorizzazione del praetor col passare dei secoli si crearono anche in linea con i provvedimenti predetti, per i più stretti congiunti dei tribunali di famiglia.
Con decreto 16 agosto 1790 l’Assemblea costituente francese stabilì che in caso di questioni tra familiari o di tutela si dovessero eleggere parenti, vicini od amici come arbitri che sentivano le parti e prendevano una decisione motivata[7].
Le attribuzioni sono assai ben esplicitate ad esempio dall’art. 12 del decreto dell’Assemblea costituente francese 16-24 agosto 1790
“Elevandosi qualche contestazione tra marito e moglie, padre e figli, avo e nipoti, fratelli e sorelle, nipoti e zii, o altri congiunti negli stessi gradi, come anche tra i pupilli ed i loro tutori per affari relativi alla tutela, le parti dovranno eleggersi parenti, o in difetto amici e vicini, per arbitri, davanti ai quali i contendenti esporranno le loro differenze, e che, dopo averli sentiti ed aver preso le informazioni necessarie renderanno una decisione motivata”.
Contro le decisioni di questo tribunale che peraltro durò in Francia pochi anni (si mantenne sino al 1796), ma si mantenne in Italia per lungo tempo, era possibile di norma l’appello ai tribunali ordinari e quindi non si trattava di un arbitrato inappellabile.
Ogni parte nominava due arbitri e, se una parte rifiutava, la nomina era fatta d’ufficio dal giudice di pace; se i quattro arbitri avevano differenti opinioni ne nominavano un quinto per stabilire la preponderanza del voto.
Chi si sentiva leso dalla decisione arbitrale poteva appellarla al tribunale di distretto.
La Lombardia invece non adottò mai il sistema del Consiglio di famiglia.
Nel Regno di Sardegna l’arbitrato tra stretti congiunti, se qualcuno ne facesse richiesta, resterà obbligatorio sino al 1827[8].
Nella seconda metà del XVIII secolo si sentì pressante l’esigenza di modificare il codice giudiziario nel Principato Vescovile di Trento.
Il progetto venne affidato a Francesco Vigilio Barbacovi che fu nel Principato Cancelliere e Ministro della Giustizia.
Nel 1785 il Cancelliere pubblicò quindi un “Progetto di nuovo codice giudiziario nelle cause civili”, che entrò in vigore nel 1788[9].
Tale Codice incontrò l’opposizione della Chiesa e dei collaboratori del predetto Barbacovi che vollero sottoporlo a revisione.
Il progetto originario che comunque entrò in vigore per qualche tempo è tuttavia di grande interesse per gli studiosi di composizione dei conflitti e potrebbe fornire appunto seri spunti di riflessione anche al prossimo Ministro della Giustizia.
Il Barbacovi afferma peraltro di aver copiato il Codice austriaco del 1781 in alcune sue parti, quello stesso Codice che verrà esteso al Lombardo Veneto tra il 1803 ed il 1815 e che vedrà la conciliazione obbligatoria come un perno insostituibile.
Ci limitiamo qui a descrivere la mediazione che il Barbacovi introdusse ben cinque anni prima della presa della Bastiglia, ed il tentativo di conciliazione giudiziale che era il cuore del processo trentino.
La mediazione era una procedura obbligatoria che scattava in tutti casi di lite tra parenti ad eccezione di quelli riguardanti crediti pecuniari (Capitoli XIV e XV) e qualora le parti “avessero già prima compromessa la causa infruttuosamente”(§ 38),
Il Capitolo II[10] è intitolato appunto “Della mediazione nelle liti tra parenti”.
Il § 28 stabilisce l’abolizione dell’arbitrato obbligatorio nelle liti tra parenti e sancisce però la possibilità di arbitrato volontario.
All’epoca l’arbitrato obbligatorio in queste materie era la prassi in tutta Europa e ciò praticamente a partire dal Codice giustinianeo che richiedeva l’autorizzazione del praetor per instaurare una lite tra parenti davanti alla giustizia civile.
Il § 29 recita: ”Noi vogliamo però, che, allorché trattisi di lite tra persone congiunte di sangue, cioè tra quelle che in virtù degli Statuti di cadauna Giurisdizione erano prima obbligate al compromesso, debbano le parti eleggere due Mediatori, col mezzo dei quali prima di procedere oltre nella lite debbansi tentare le vie di conciliazione, e di componimento, ma senza che questi possano pronunziare alcun laudo, o decisione, dovendo, allorché siano stati infruttuosi i tentativi di dell’accomodamento, proseguirsi direttamente la causa davanti al giudice ordinario”.
223 anni prima della direttiva 52/08 si stabilì dunque il principio per cui il mediatore non potesse assumere alcuna decisione vincolante per le parti, cardine dell’attuale mediazione.
Il mediatore dell’attore veniva indicato, a pena di improcedibilità rilevabile d’ufficio, nell’atto di libello (ossia nella nostra citazione) (§ 30) e il reo (il convenuto) doveva del pari nominare il suo mediatore nell’udienza successiva a cui compariva anche l’attore. Il giudice a questo punto avrebbe assegnato “il giorno e l’ora, in cui i Mediatori, e le parti dovranno adunarsi ad oggetto di tentarsi questa opera salutare dell’amichevole accomodamento” (§ 31)
E dunque abbiamo qui un chiaro esempio di mediazione delegata o demandata come si dirà in futuro; dal momento che la mediazione non veniva operata dal Giudice, il testo normativo appare di grande modernità.
Ciascuna parte doveva presentare il proprio mediatore od un sostituto nel caso di mancata accettazione, e comparire personalmente davanti ai Mediatori o a mezzo di confidente (§ 32).
“Comparse le parti, i due Mediatori dovranno esaminare l’oggetto delle loro differenze, e procurare di condurle ad un amichevole accomodamento. Terranno una, o più sessioni secondo le circostanze del caso per giungere a questo importante fine: ma passato lo spazio di due mesi dal dì della intimazione fatta al Reo della petizione dell’Attore, quando entro questo tempo non sia composta la causa, o almeno le Parti non abbiano di comune consenso sospeso a più lungo termine l’affare, dovrà il reo nella susseguente udienza presentare in giudizio senz’altre citazioni la sua risposta al libello, altramente si procederà contro di esso nella forma ordinaria al § 49” (§ 33).
E dunque nel 1785 avevano già assai chiaro il concetto di sessione di mediazione ed esisteva la prassi che i mediatori civili attuali conoscono bene di “sforare il termine” di composizione su consenso delle parti.
Ma è già presente la possibilità di proroga della mediazione che avremo dopo il 30 giugno 2023.
Assai interessante è il principio per cui la comparsa di risposta dell’epoca veniva depositata solo all’esito del tentativo infruttuoso.
E ancora più interessante il richiamo al § 49 che appunto stabiliva l’accoglimento delle domande dell’attore con decreto del Giudice in assenza della comparsa di risposta del reo o di sua mancata comparizione o di presentazione della comparsa senza la forma prescritta.
Non è peraltro una disciplina rimasta isolata.
In Norvegia il giudice può imporre attualmente al convenuto di replicare per iscritto alla richiesta di componimento bonario dell’attore[11]: in caso di diniego il giudice può emettere quello che si definisce default judgment, ossia può dare ragione nel merito all’attore con una sentenza contumaciale. Chi non voglia partecipare all’udienza nel caso in cui il caso sia suscettibile di accordo extragiudiziale, può poi subire delle ripercussioni in sede di merito: in sostanza chi propone la conciliazione scriverà in atti che in caso di mancata partecipazione dell’altra parte il giudice debba emettere una decisione a lui favorevole (a default judgment)[12].
“Nelle conferenze, o sessioni, che terrannosi davanti ai Mediatori, le parti esporranno le loro ragioni a viva voce, e presenteranno ad essi le proprie carte, e documenti, ma senza che possa formarvisi alcun atto, né alcun processo, che sarà sempre nullo, e di niun valore, quando el Parti non avessero stipulato volontariamente un compromesso, in qual caso si osserverà ciò che è disposto nel precedente Capo. Non potrà neppure intervenirvi alcun Notajo, se non affine di porre in iscrittura la transazione già accettata, quando così piaccia alle parti” (§ 34).
La segretezza delle sessioni di mediazione e l’inutilizzabilità dei contenuti era già dunque un dogma nell’Età dei Lumi.
E ci si era già posti il problema di far intervenire il notaio in mediazione al momento e per l’oggetto opportuno.
“Potranno le parti anche convenire un solo Mediatore. Il Mediatore a cui sarà riuscito di far aggradire alle parti un amichevole componimento, che sia stato validamente accettato, allor quando sia jurisperito di professione, avrà lo stesso onorario, che sarebbe dovuto al Giudice ordinario per la sentenza. E quando due saranno stati i Mediatori jurisperiti, Noi vogliamo che cadauno di essi abbia separatamente l’intiero onorario suddetto”(§ 35).
Rivoluzionaria anche per i nostri tempi è la parificazione dell’onorario del mediatore a quello del giudice: ciò denota grande rispetto per la professionalità, seppure qui squisitamente giuridica; ma l’identità di emolumenti si ritrova ad esempio oggi tra mediatore ed arbitro nel processo statunitense.
In Italia per il futuro attendiamo il decreto interministeriale.
Dalla norma si può ricavare che già in allora mediatore potesse essere anche un non giurista: non è dato di sapere però quanto venisse pagato.
“Ancorché gli ufficj de’ Mediatori siano stati infruttuosi, dovranno tuttavia ambe le Parti comparire innanzi al Giudice nel Giorno, che verrà da esso assegnato per lo stesso oggetto d’un amichevole componimento, e del processo verbale secondo ciò ch’è prescritto al § 65 e seguenti” (§ 36).
Insomma sino a che il fuoco era caldo bisognava battere il tasto della pace con un tentativo di conciliazione del giudice che era assai particolare e merita di un ampio cenno perché era davvero il cuore del processo trentino.
Veniva convocato entro 5 giorni dalla comparizione della parti successiva alla mancata mediazione (§ 65): le parti dovevano presentarsi personalmente[13] senza l’assistenza dell’avvocato e chi mancava perdeva la causa; in assenza di entrambe le parti scattava la condanna alla pena di cinquanta fiorini (§ 66).
Anche qui dunque abbiamo una norma che precorre la condanna dei giorni nostri al contributo unificato propria della mancata partecipazione senza giustificato motivo.
Se una parte veniva dispensata dalla presenza personale poteva affidare la rappresentanza ad un avvocato, ma in tal caso l’altra parte poteva essere assistita da avvocato (§ 68); i nobili avevano la facoltà di non comparire personalmente, ma dovevano comunque essere rappresentati da avvocato e provare ai fini della dispensa di comparizione la loro condizione (§ 69); se i rappresentanti non si presentavano scattava per loro la multa di 50 fiorini (§ 68).
Dunque c’era già un germe di quella che poi diverrà da noi “la verifica dei poteri”.
Se il giorno della comparizione per il tentativo non compariva l’attore od un suo rappresentante, il giudice assolveva pienamente il convenuto; se invece restava contumace il reo o se si presentava il suo procuratore senza che il reo avesse ottenuto dispensa dal comparire, il giudice “lo condannerà intieramente secondo la petizione dell’attore” (§ 71).
Il decreto di condanna veniva notificato al contumace unitamente alle spese intervenute comprese quelle che l’altra parte aveva dovuto sopportare per un viaggio inutile; se entro 5 giorni il contumace si presentava a pagare e saldava, poteva chiedere una nuova udienza per celebrare il tentativo di conciliazione e dunque il decreto di condanna decadeva; in difetto esso acquistava cosa giudicata (§ 72).
Quei passaggi che il nostro Codice di rito attuale affida ad atti scritti erano invece orali davanti al Giudice trentino che il giorno fissato per il tentativo leggeva alle parti la petizione e la comparsa di risposta, chiedeva prima e sul complesso dell’affare all’attore di replicare alla risposta del reo e al reo di controbattere alla replica dell’attore e poi nello specifico interrogava le parti sui fatti per capire con certezza quali fossero condivisi. Di tutto ciò il Giudice dettava processo verbale al cancelliere (§ 74).
Ogni parte era obbligata a rispondere e tutto ciò che non era specificamente negato o contraddetto veniva considerato per vero e provato; ad ogni domanda il giudice avvertiva le parti di questo effetto e del fatto che se avessero scientemente detto cosa falsa o negata cosa vera sarebbero stati condannati come litiganti temerari al pagamento delle spese, dei danni cagionati alla controparte e della sesta parte della cosa litigiosa (§§ 74 e 381).
Se la temerarietà investiva il diritto civile la condanna veniva comminata al solo avvocato sempre che il cliente fosse stato all’oscuro del lume del legale (§ 382).
La cosa interessante era che se la controversia era di fatto scattava la condanna e dunque sussisteva la temerarietà, sia nel caso in cui la verità dei fatti fosse contrariamente provata, sia quando non si fosse riusciti a dar prova delle proprie affermazioni. La controversia in diritto comportava condanna per temerarietà quando la legge che contrastava le affermazioni della parte fosse chiara ovvero quando le affermazioni andassero contro “i dettami evidenti della naturale giustizia”(§ 382)
Nel caso in cui fosse il cliente a comportarsi da litigante temerario in una controversia di mero fatto, l’avvocato che ne fosse consapevole doveva dismettere il mandato perché diversamente correva il rischio di essere condannato soltanto lui (§ 384).
Chi ribadiva il comportamento temerario in altra udienza veniva condannato parimenti alla stessa pena, ed anche in appello (§ 385): per cui si potevano collezionare tre o più sanzioni.
Il Giudice di primo grado o quello d’appello con la sentenza definitiva dichiaravano la temerarietà, condannavano al pagamento di quanto sopra detto e stabilivano che i litiganti temerari ed i loro avvocati fossero sottoposti a giudizio penale (§ 386); il che avveniva entro 12 giorni: l’avvocato riconosciuto colpevole del reato di litigante temerario perdeva il diritto all’onorario e doveva risarcire anche le spese che il cliente avesse sostenuto (§387) e ciò anche se nel successivo corso del processo fosse riuscito ad indurre il suo cliente all’accomodamento amichevole od al recesso.
Non c’è dubbio che una disciplina così rigida abbia comportato all’epoca dure contestazioni: ma non si può dire che questa legge non avesse le potenzialità di ridurre il contenzioso.
Il giudice in sede di comparizione del tentativo era tenuto a leggere ed esaminare “le carte, e i documenti, che le Parti avessero portati seco al tribunale tendenti a dar lume all’affare, esigendo su di essi dalla Parte contraria la risposta, e traendone tutto ciò che possa servire a porre in chiaro gli oggetti in questione”; i documenti venivano allegati agli atti solo in questa occasione e su ordine del giudice (§ 76), il che forse rendeva l’attività procuratoria un po’ defatigante.
“Quando il Giudice si sarà reso in tal guisa bastatamente istruito di tutto lo stato della controversia, ed avrà rinvenuto il vero punto del litigio, dal quale dipenderà principalmente la decisione, egli dovrà proporre alle parti le condizioni di un equo, e conveniente accomodamento, esponendo loro le conseguenze, che aver potrebbe la causa, e procurando di conciliarle, e comporle amichevolmente. Il tenore dell’accomodamento proposto dal Giudice non potrà mai servir di pretesto, onde allegarlo sospetto” (§ 77).
Si dà qui per presupposto che il punto vero del litigio sia diverso da quello esposto dalle parti: concetto questo che sarà presente nei mediatori due secoli dopo; si aggiunge che la proposta deve essere fatta in un momento in cu il giudice possieda già tutti gli strumenti per giudicare, e dunque il legislatore trentino non condivide il primato della sentenza o che la conciliazione non possa ritardare la sentenza; a distanza di molti anni questo tipo di impostazione la ritroviamo nel 696 C.p.c. nostrano per cui il perito provvede – secondo la dottrina maggioritaria – al tentativo di conciliazione una volta che ha già confezionato la sua perizia.
Si parla poi di “equo e conveniente accomodamento” e dunque si apre ad una nozione di proposta che può contemperare anche le esigenze delle persone e non si risolve in una mera transazione: principio questo di assoluta modernità.
Così come è assolutamente moderno il fatto che non si possa far uso della proposta del giudice.
“Sia che il componimento riesca, o non riesca, tutto quello, che sarà stato detto, o dedotto dalle Parti in tal giorno, dovrà sempre dettarsi agli atti nella forma ordinata di sopra insieme con le proposizioni di accomodamento, che il Giudice avrà fatte, e colle dichiarazioni, che cadauna delle Parti avrà dato intorno ad esso. Questo processo verbale dovrà essere sottoscritto dal Giudice, dall’Attuario della causa[14], e delle parti litiganti di mano propria, premessa la lettura che ne sarà loro fatta, ed in caso di loro assenza dai rispettivi avvocati. La parte che non saprà scrivere, dovrà porvi una croce, e l’atto verrà sottoscritto da un altro in sua vece, ed a sua preferenza. Il detto processo verbale che dovrà essere unito agli atti di causa, verrà riguardato in tutto come un vero atto giudiziale, e sarà sempre lecito alle Parti di levarne copia”(§ 78).
Il meccanismo della verbalizzazione della proposta con i deliberati delle parti, con qualche variante, arriverà sino alla nostra riforma societaria.
Se l’accomodamento non era stato raggiunto sul fatto, il Giudice invitava a riconsiderare al proposta per l’udienza successiva ed in caso di rifiuto, a continuare la causa (§ 79); in caso fossero intervenute le dispense a non comparire e dunque fossero presenti all’udienza di conciliazione i soli procuratori “il giudice assegnerà del pari a cadauno avvocato il termine fino alla seconda susseguente udienza affine di riportare sull’accettazione, o rifiuto dell’accomodamento la deliberazione del proprio Cliente”; se vi era rifiuto o l’accettazione non veniva riportata in forma autentica, la causa veniva proseguita (§ 80).
Non è chi non veda qui una disciplina simile a quella che la proposta possiede per il decreto legislativo 28/10.
All’epoca il giudice veniva pagato dalle parti: si prevede dunque che se l’accomodamento amichevole venga accettato dalle parti il giudice abbia il diritto di conseguire l’intero onorario come se fosse stata pronunciata sentenza. “Intiero lo conseguiranno del pari gli Avvocati, allorché il componimento sia stato accettato col loro intervento, e consiglio”.
In caso di fallimento del tentativo al Giudice veniva pagata solo la sessione di pace e agli avvocati che fossero intervenuti al processo verbale solo le spese per il pranzo e per la vettura, se ed in quanto il luogo di loro residenza fosse stato diverso da quello della sede del Giudice (§ 81).
Norme queste che se fossero applicate al nostro processo determinerebbero quasi certamente la chiusura di tutte le pendenze.
Norme peraltro più generose rispetto a quelle che riguardano gli attuali mediatori che non riescano ad andare oltre il primo incontro.
Una norma decisamente premiale riguardava poi gli avvocati conciliativi: ”L’Avvocato ogni volta che la lite sarà stata composta prima della sentenza come sopra con la sua mediazione, ovvero col suo intervento, ed assistenza, conseguirà pure l’intiero onorario come se fosse vincitore con sentenza del Giudice. Se il componimento sarà seguito colla mediazione, ovvero coll’intervento, ed assistenza d’ambidue gli Avvocati, conseguiranno del pari lo stesso onorario, come se fossero ambidue vincitori. Tutto ciò avrà luogo in qualunque stato della causa sia seguito il componimento, e quand’anche la causa non fosse ancora incominciata in giudizio” (§ 549).
Ancora da menzionare appare quanto previsto dal § 37 in merito alla mancata comparizione delle parti: se una parte non compariva all’udienza successiva al fallimento della conciliazione, non nominava il mediatore per la sessione di mediazione, non si presentava alla prima sessione di mediazione, veniva multata per la somma di 30 fiorini e doveva corrispondere le spese ed i danni cagionati all’altra parte ed il giudice procedeva contro di lei ex officio; nel caso di assenza alla sessione di mediazione o di mancata nomina del mediatore non comunicata alla controparte, venivano addossate anche “le spese e i viaggj cagionati da tale mancanza” (§ 37).
In conclusione si può dire che quella sopra descritta era in primo luogo una disciplina che moralizzava i legali ed i clienti; in secondo luogo con la mediazione obbligatoria, il susseguente tentativo di conciliazione obbligatorio e l’invito del Giudice comunque a ripensare sulla proposta di “equo e conveniente componimento” ed infine il premio assicurato all’avvocato conciliativo, relegava davvero la sentenza del giudice in un cantuccio.
Nel 1798 anche la Repubblica Ligure ebbe un tribunale di famiglia, convocato e presieduto dal giudice di pace di seconda classe[15], per gestire le situazioni d’incapacità o la cura provvisoria dei beni degli assenti, formato dai più prossimi parenti, ed in mancanza di essi da “tre probi vicini”, o amici prescelti dal giudice di pace[16].
Di un rapporto tra conciliazione, seppure non nel senso da noi concepito, e la materia delle successioni troviamo accenno sempre nella codificazione giustinianea con riferimento all’istituto della diseredazione dell’erede necessario: colui che diseredava un discendente od un ascendente poteva, in altre parole, riconciliarsi, ma ciò aveva esclusivamente una valenza etica, serviva cioè solo a manifestare il perdono in relazione all’ingratitudine ricevuta; dunque la diseredazione rimaneva in piedi sino a nuovo testamento[17].
Presso i Longobardi che in genere non conoscevano, come abbiamo visto, se non l’accomodamento pecuniario e di solito gli preferivano di gran lunga la faida[18] e quindi la decisione delle armi[19], gli affari più intimi delle famiglie, quando approdavano al processo e non erano giudicati dal tribunale di famiglia[20], erano però sottratti al duello giudiziario e si regolavano di solito per giuramento dei sacramentali[21].
In Francia nel 1796[22] si stabilì che tutte le contestazioni tra coeredi e altre parti aventi interesse, fino alla divisione, dovessero portarsi in via di conciliazione, innanzi al giudice di pace del luogo ove la successione si fosse aperta[23].
Nel 1806 il Codice napoleonico di procedura civile riprese il predetto principio e stabilì che la successione e la divisione fossero oggetto di conciliazione preventiva obbligatoria come prevede l’art. 5 c. 1-bis del nostro decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
L’art. 50 stabiliva in particolare che “Il convenuto sarà citato in conciliazione… III. In materia di successione, sulle domande tra eredi sino alla divisione inclusivamente; sulle domande che venissero intentate dai creditori del defunto prima della divisione; sulle domande relative all’esecuzione delle disposizioni a causa di morte, sino a giudizio definitivo, davanti al giudice di pace del luogo in cui la successione è aperta”.
Il Codice dispensò però dal tentativo quelle procedure che, per qualsiasi materia, vedessero coinvolte più di due convenuti, anche se questi nutrissero il medesimo interesse (art. 49); conseguentemente i conflitti multi parte che intervenissero nei confronti di più di due soggetti litiganti non erano condizione di procedibilità del giudizio nel diritto francese.
E ciò, si diceva, stante la difficoltà di una siffatta conciliazione e per le spese e le noie di viaggio che all’epoca si dovevano sostenere per partecipare ad una conciliazione[24].
A proposito degli eredi poi si riteneva in aggiunta che non ci fosse obbligo di conciliazione, perché ciascun erede non poteva che essere considerato personalmente obbligato per la “sua parte e posizione virile” non avendo gli altri coeredi qualifica di litisconsorti[25].
La regola non si applicava però se la citazione era svolta da più attori e quindi, se i convenuti erano due e gli attori più di due, restava comunque l’obbligo di conciliazione preventiva.
Dunque chi non voleva partecipare ad una conciliazione coinvolgeva spesso più persone estranee come convenute[26], oppure se, al contrario, era preso dall’afflato conciliativo, citava un solo erede, anche se essi erano molti e la giurisprudenza riteneva in tal ultimo caso obbligatorio il tentativo.
La dispensa dal tentativo non comportava ovviamente che non si potesse tenere una conciliazione volontaria o che il suo svolgimento determinasse una nullità[27].
Analoga situazione riscontriamo nei domini napoleonici. Così ad esempio il decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805), emesso in Genova relativamente alla riforma del sistema giudiziario[28], all’art. 126 stabiliva come competente alla conciliazione il giudice di pace della successione per le “dimande fra eredi, ed altre parti interessate sino alla divisione inclusivamente, e sopra quella a termine d’esecuzione di disposizioni per causa di morte sino al giudizio”; la norma aggiungeva però la dispensa dalla conciliazione il caso di soggetti che fossero tre o più[29].
Bisogna però rimarcare che la citazione in conciliazione davanti al “Burò[30] di Pace e Conciliazione” che era formato per tutte le materie che oltrepassavano la competenza del giudice di pace[31], vedeva, per espressa disposizione (art. 36), la chiamata del difensore del convenuto: quindi veniva effettuata nei confronti delle parti i cui difensori erano già stati individuati; a differenza pertanto della coeva legislazione austriaca del 1803[32] che escludeva in Veneto[33] gli avvocati ed i faccendieri dalla conciliazione[34] e che quindi si imperniava su una conciliazione “effettiva” con e tra le parti, la codificazione napoleonica valorizzava più che altro l’apporto dei procuratori.
Prova ne è che all’udienza il convenuto e l’attore (o meglio i loro legali) potevano modificare la domanda e le eccezioni prima di procedere a tentativo di conciliazione; in definitiva si era in presenza di un tentativo di conciliazione “tra tecnici” che peraltro non era reso neanche tanto appetibile dal momento che il verbale aveva il valore di una semplice scrittura privata (art. 137).
In linea con questa tendenza l’anno successivo il codice di procedura civile della madre patria stabilì il principio secondo cui il difetto di citazione in conciliazione doveva essere eccepito dalle parti e non rilevato d’ufficio dal giudice: in un certo senso dunque la Liguria fu considerata un’esperienza pilota per approntare successivamente un ammorbidimento della condizione di procedibilità.
Nel Sud della penisola il Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819 non poneva invece limiti soggettivi alla conciliazione in materia di successione: l’art. 25 stabiliva semplicemente che “Gli eredi presuntivi, ed altri che trovansi nel possesso provvisionale dei beni degli assenti possono sperimentare la conciliazione per le liti che non riguardino beni o dritti immobiliari”.
Quindi a patto che non si trattasse di immobili assegnati a titolo provvisorio, la conciliazione che era volontaria, si esperiva in materia ereditaria qualunque fossero le parti ed anzi giova qui ribadire che il conciliatore in Sicilia poteva intervenire motu proprio per spegnere odi ed inimicizie[35]; si può quindi presumere che i tentativi di amichevole composizione fossero abbastanza frequenti.
Sotto il vigore del codice di procedura italiano del 1865 lo erano di certo.
Troviamo qui un consiglio di famiglia sull’esempio francese ed etneo[36] per le questioni attinenti ai minori e agli incapaci: dunque qualsiasi conciliazione ovvero il promovimento di divisione e transazione, stragiudiziale e non che li riguardasse, doveva passare necessariamente attraverso l’autorizzazione di questo organo.
A parte ciò, quando non ci avesse già pensato il testatore, la divisione che il Codice del 1865 privilegiava era quella amichevole[37].
Capitava però che, specie nelle campagne o nei paesi, coloro che volessero dividere i beni non fossero in grado di operare e si recassero in conciliazione preventiva davanti al conciliatore.
La conciliazione preventiva, allora come oggi[38], non aveva, infatti, limiti di valore o di materia[39], salvo si trattasse di materia nella quale fossero vietate le transazioni.
Se non c’era una controversia in atto, ma l’intervento era solo richiesto per l’incapacità delle parti di gestire la questione o purtroppo frequentemente per la volontà di aggirare le disposizioni fiscali[40], il conciliatore più avveduto inviava le parti dal mediatore commerciale, qualora si trattasse di questioni routinarie di poco conto, oppure dal notaio se si trattava di redigere atti complessi.
Se invece sussisteva una vera e propria divergenza di interessi, si teneva la conciliazione e se la proposta di accomodamento non veniva accettata, il conciliatore, come già detto, faceva rimostranze sui guai, sulle spese e l’incerto esito di qualsivoglia lite, e se gli rimaneva la speranza di conciliazione, poteva proporre di rimettere la definizione dell’affare in arbitrato ad una terna ovvero a un notaio o a un ragioniere oppure ad un avvocato[41]: in tal caso redigeva egli stesso il compromesso.
Qualora non fosse stata perseguita la via amichevole o fosse fallita, l’ordinamento apprestava la sola via del giudizio in cui si poteva chiedere l’attribuzione dei beni mobili ed immobili in natura e se ciò non fosse stato possibile non c’erano che i pubblici incanti[42] che potevano seguire davanti ad un notaio scelto dalle parti, se tutte fossero maggiorenni[43].
I patti e le condizioni della vendita venivano stabilite d’accordo tra le parti od in difetto dall’autorità giudiziaria[44] che per valore poteva essere il pretore[45] o il tribunale[46].
A questo punto la conciliazione che all’epoca si denominava “ufficiale” veniva svolta dal notaio. Non quindi dal tribunale perché nei giudizi ad esso pertinenti non era prevista, non davanti al pretore perché davanti a quest’ultimo era radicata l’opinione che non si formasse un titolo esecutivo.
Compiuta la stima e la vendita l’autorità giudiziaria rimetteva le parti davanti ad un giudice delegato o ad un notaio che procedeva alla resa dei conti, alla formazione dello stato attivo e passivo dell’eredità, alla determinazione delle rispettive porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi che si dovessero tra condividenti[47].
In questa fase, qualora fosse stato necessario, veniva utilizzato anche l’istituto dell’esame dei conti di cui all’art. 402 C.p.c.[48], per cui il tribunale nominava degli arbitri conciliatori che procedevano alla conciliazione e se questa falliva essi recavano al tribunale o al giudice delegato un parere meramente consultivo[49].
Anche il pretore ai sensi dell’art. 432 C.p.c. poteva in questa materia rimettere le parti davanti ad un arbitro conciliatore per la discussione dei conti.
Sia per la legislazione etnea sia per quella italiana, peraltro, non vi era limite alla conciliazione legato al numero delle parti come nella legislazione francese.
Ha dunque una lunga tradizione l’art. 5 c. 1-bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che stabilisce la mediazione come condizione di procedibilità in materia di divisione e successione ereditaria.
Anche oggi non si sono poste limitazioni legate al numero delle parti e quindi che ciascun erede debba considerarsi o meno singolarmente non ha più alcuna importanza; sono inoltre cambiati i tempi ed i problemi che avevano gli uomini dell’Ottocento in merito alle noie del viaggio e le spese sono attualmente meno pressanti.
Ed infine noi conosciamo tecniche di mediazione facilitativa che possono aiutare ad affrontare efficacemente anche i conflitti multi parte più complessi.
Si deve però sottolineare che la conciliazione che si è approntata con il nuovo decreto non ha le caratteristiche della conciliazione ottocentesca.
L’antico conciliatore svolgeva una procedura di conciliazione durante la quale consigliava le parti.
Non si limitava dunque a facilitare la comunicazione, né aveva problemi di sorta ad anticipare con le buone maniere quello che aveva in animo di decidere nel caso in cui le parti fossero tornate da lui in sede contenziosa.
Il limite era che in sede preventiva il giudice di pace non poteva emettere una sentenza perché avrebbe commesso un eccesso di potere[50].
Ma la situazione poteva cambiare in sede giudiziale tosto che, ad esempio, per la giurisprudenza austriaca una transazione giudiziale non cessava d’essere valida per la circostanza che il giudice potesse avervi indotto una parte colla minaccia che, non transigendo, esso avrebbe deciso a favore della parte avversaria.
Questo aspetto che noi moderni assertori della mediazione facilitativa consideriamo negativo rimaneva però in ombra nel caso di divisioni perché, come abbiamo accennato, la competenza era ripartita tra il pretore (v. art. 883 C.p.c. – r.d. 25 giugno 1865) ed il tribunale e quindi una sentenza del conciliatore non sarebbe stata nemmeno astrattamente concepibile.
Ma qualche pallida possibilità di condizionare il successivo giudizio con il consiglio poteva forse sussistere in relazione alle successioni, perché il conciliatore del 1892 aveva una competenza per valore sino a 100 lire e quindi le parti avrebbero potuto ritrovarsi di fronte a lui in successivo giudizio, anche se restava teoricamente[51] possibile la ricusazione.
Il campo peraltro era assai ristretto, direi prettamente nel campo del possibile e non del probabile, perché il conciliatore conosceva entro il valore predetto di tutte le azioni personali e civili e commerciali relativi a beni mobili[52].
Valutate dunque le modeste controindicazioni il parere del conciliatore poteva rivelarsi davvero prezioso per le parti.
In un tempo in cui la maggioranza delle persone apponeva il crocesegno il conciliatore spiegava ai contadini e agli artigiani, che le transazioni operate con dolo e violenza potevano essere oggetto di rescissione[53], che un verbale sancente la lesione di un coerede per oltre un quarto[54] aveva “le gambe corte”, potendo essere rescisso, che prima della divisione qualsiasi atto, e quindi anche un verbale di conciliazione, che avesse fatto cessare tra i coeredi la comunione ereditaria (vendita, permuta, transazione, testamento invalido, ecc.) era del pari soggetto di rescissione, e che invece si doveva riflettere molto bene sulla transazione successiva alla divisione, perché in tal caso poteva non esserci una tutela[55].
Conseguentemente in materie così particolari come quelle della divisione e della successione le parti godevano comunque di una guida per l’accomodamento e potevano muoversi con sicurezza senza perdere per questo il controllo della loro questione.
Con tutte queste cautele era inoltre abbastanza improbabile che il consiglio di famiglia non autorizzasse la conciliazione di un tutore nelle materie in discorso, e pur tacendo che tale organo era convocato dallo stesso giudice che aveva conciliato le parti, sebbene su delega del pretore[56].
[1] Cfr. anche M. FERRO, Dizionario del diritto comune e Veneto, volume I, seconda edizione, Andrea Santini e Figlio, Venezia, 1845, p. 23.
[2] Digesto II Legge 4, 1 “De in ius vocando: praetor ait: Parentem, patronum patronam, liberos, parentes patroni patronae, in ius sine permissu meo ne quis vocet” (“Riguardo al citare in giudizio il pretore disse: nessuno citerà in giudizio senza mio permesso il padre, il patrono, la patrona, i figli, i parenti del patrono e della patrona”.
[3] L. BORSARI, Il Codice di procedura civile italiano annotato, sub art. 8, L’Unione Tipografica editrice, Napoli, 1869, p. 51.
[4] Di comprométtare la questione entra padre e figliolo. Cfr. F.L. POLIDORI, Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XII e XIII, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1863, p. 213.
[5]Capitolo 118 de compromessi da farsi da persone congonte e litiganti. V. L’Istria, volume V, Sabbato 5 ottobre 1850.
[6] Intento anche del legislatore del 2010 con riferimento alla mediazione.
[8] F. BETTINI, Giurisprudenza degli Stati Sardi dal 1848 al 1859, Unione Tipografica Editrice, Torino, 1861, p. 121.
[9] F.V. BARBACOVI, Progetto di nuovo codice giudiziario nelle cause civili, Volume I, Giambattista Monauni, Trento, 1785; Codice giudiziario nelle cause civili per principato di Trento, Trento, 1788, Giambattista Monauni, 1788. Il codice fu commissionato da Pietro Vigilio per grazia di Dio Vescovo, e del sacro romano impero principe di Trento, Marchese di Castellaro, De. Conti di Thunn, ed Hochestnstein ec. ec.
[10] Il capitolo I è invece destinato all’arbitrato e contiene norme di sconcertante modernità.
[13] La impossibilità di presenziare per infermità, vecchiaia e lontananza di 20 miglia doveva essere provata prima dell’udienza deputata al tentativo, e la dispensa veniva data soltanto previa audizione della controparte (§ 67).
[14] Si tratta del cancelliere che poteva essere anche un notaio.
[15] Essi avevano attribuzioni inferiori rispetto a quelli di prima classe in ragione del fatto che erano ubicati dove risiedeva il tribunale.
[16] Art. 31 lett. I legge 1° giugno 1798 n. 111 in Raccolta delle leggi, ed atti del corpo legislativo della Repubblica ligure dal 17 gennaio 1798, anno primo della ligure libertà, VOLUME I, Franchelli Padre e Figlio, 1798, p. 211 e ss.
[17] A. HAIMBERGER, Il diritto romano privato e puro, Gabriele Rondinella Editore, Napoli, 1863, p. 227.
[18] Ossia il diritto di vendetta da esplicitarsi singolarmente o come gruppo o come comunità di villaggio, senza che vi fosse una proporzione tra azione e reazione.
[19] S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Tipografia Borroni e Scotti, 1850, p. 51.
[20] Cfr. C. TROYA, Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774, Volume terzo, Stamperia Reale, Napoli, 1853, p. 262.
[21] Erano dodici uomini liberi. L’uso del giuramento risale al processo attico.
[22] Art 3 della legge ventoso 26 anno quarto (16 marzo 1796).
[23] J. POTHIER, Trattati diversi sulle successioni, vol. III, Tipografia Sonzogno di Jo Battista, Milano, 1812, p. 382.
[24] G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1, cit., p. 360.
[25] G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1, cit., p. 361. V. oggi l’art. 757 C. c.
[26] Ed in questo caso era però bastonato in sede di liquidazione delle spese da parte del tribunale.
[27] Tribunale di Montpellier 5 agosto 1807. V. anche G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1, cit., p. 43.
[28] Che nell’intenzione dell’Imperatore avrebbe dovuto mutare in due ore: v. gli articoli 159-161 a tenore dei quali il primo giorno vendemmiatore (ossia il 22 settembre 1805) alle ore dieci dovevano chiudersi gli antichi tribunali e alle ore 12 si doveva aprire quelli nuovi. V. Bulletin des Lois et Arrêtés publiés dans la 28. division militaire de l’Empire Franςais, tome premier, A l’Imprimerie Impériale, Genés, 1805, p. 121-161.
Ricordo che la Liguria fu annessa alla Francia con decreto imperiale del 6 giugno 1805 quando Napoleone si trovava a Milano. Il 25 maggio del 1805 il Senato di Genova richiese l’annessione per non essere coinvolta nella guerra tra Francia ed Inghilterra (che non voleva riconoscere la repubblica di Genova) ed essere protetta nei commerci marittimi (dalle “Potenze barbaresche”: Algeria, Libia e Tunisia) e di terra che erano “inceppati” dalle dogane francesi.
[29] Come imponeva per qualsivoglia procedura il richiamato dalla norma art. 37.
[30] È il vocabolo che usa il traduttore italiano della legge.
[31] Art. 35 decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805).
[32] E di quella che venne praticata nella Repubblica Ligure dal 1797 al 1805.
[34] E anche dalla partecipazione ai procedimenti possessori.
[35] Attribuzione questa antichissima che prima di essere esercitata dai Difensori di città e dai Tribuni della plebe riguardava il Praetor che quando giudicava recandosi a casa dei concittadini si diceva lo facesse de plano (ossia senza osservare le forme e semplicemente apponendo il decreto sul libello del postulante)e non pro tribunale come quando giudicava nel foro in modo solenne. V. P. ELLERO, Archivio giuridico, volume primo, Tipi Fava e Garagnani, Bologna, 1868, pp. 189-190
[36] Art. 859 e ss. Codice di procedura civile pel lo Regno delle Due Sicilie.
[39] L’unico problema riguardava la forza del verbale di conciliazione che al di fuori dell’ambito della competenza per valore del conciliatore (che inizialmente era di 30 lire e poi fu portata a 100 nel 1892), non poteva mettersi in esecuzione.
[40] Abbiamo detto che un quadro definito sul rapporto tra verbale di conciliazione ed imposta arriverà solo nel 1938.
[41] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, p. 208. Così come può fare d’altronde il mediatore ai sensi dell’art. 8 c. 4 del decreto 4 marzo 2010 n. 28.
[48] In oggi si tratterebbe dell’istituto previsto dagli articoli 198-200 C.p.c. L’istituto arriva in Italia grazie all’art. 421 del Codice di procedura civile napoleonico, viene adottato dal Codice pel Regno delle Due Sicilie (635), da quello italiano del 1859 (art. 516) e dunque approda nell’Italia unita.
[49] L. BORSARI, Il Codice di procedura civile italiano annotato, op. cit., p. 512. Tal parere è in un certo senso antesignano della proposta che ritroviamo nella conciliazione societaria e nell’attuale mediazione.
[51] Perché una ricusazione infondata costava una multa salatissima.
[52] La questione invece aveva una certa rilevanza ad esempio per il giudice di pace della Repubblica Ligure (1797-1805), perché perlomeno quello di prima classe aveva una competenza in materia di giurisdizione volontaria senza limite di valore. Ma all’epoca si potevano anche mischiare giuramento decisorio e conciliazione; dunque non si andava molto per il sottile e comunque le questioni dei giudici di prima classe erano sempre appellabili (v. articoli 31 e ss. legge 1° giugno 1798 , n. 111)
[53] Art. 1038 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.
[54] Art. 1038 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.
[55] Art. 1039 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.
La settimana scorsa UCPI, AIF, UNCAT e UNCC hanno presentato ricorso al T.A.R. del Lazio chiedendo che U.N.A.M. – Unione Avvocati per la mediazione venga cancellata dalle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative. UNAM è l’unica associazione specialistica forense che promuove la mediazione e la negoziazione , quali metodologie consensuali di risoluzione delle controversie, verso quella giustizia consensuale e complementare, oggi al centro della riforma Cartabia appena pubblicata in Gazzetta.
Con il presente articolo si vuole dimostrare che la giustizia consensuale e complementare è stata sempre al centro dei pensieri e dell’azione dell’avvocatura e che in realtà la giustizia tribunalizia non è che il frutto di una scelta politica dovuta a ragioni di bilancio.
Di talché attaccare U.N.A.M. equivale ad attaccare le radici della nostra professione. E ritenere come i ricorrenti ritengono che la giustizia consensuale non faccia parte del diritto civile va contro un dato storico pesante ed incontrovertibile.
I dati che seguono sono stati tratti da tutti i documenti ufficiali ISTAT emanati dal Regno d’Italia e poi dalla Repubblica[1].
Per 71 anni, dal 1875 al 1950 (esclusi gli anni dal 1942 al 1946 perché la guerra impedì il conto statistico) è possibile ricostruire il mondo dei procedimenti contenziosi e non contenziosi.
Molti procedimenti contenziosi peraltro vennero abbandonati, transatti e conciliati; ma comunque dalla tabella che segue possiamo farci un’idea in sintesi di come il suddito e poi il cittadino utilizzassero il processo civile.
La Giustizia dal 1875 al 1950
Totali
Totale dei procedimenti sopravvenuti in tutte le giurisdizioni
105.566.429
1.486.851
Numero dei procedimenti ad esclusione di quelli del conciliatore
I valori della terza colonna sono le medie annuali
I numeri ovviamente si prestano a plurime valutazioni.
I procedimenti contenziosi in carico al Conciliatore costituivano il 71,77% del totale dei procedimenti di tutte le giurisdizioni. Erano inoltre più del doppio (2,54) dei procedimenti di tutte le altre giurisdizioni messe insieme. Costituivano più del triplo (3,86) delle domande in Pretura; i Conciliatori svolgevano (sulla carta per quel che si dirà appresso) quasi nove volte (8,80) il lavoro dei Tribunali.
Anche la Pretura che aveva in carico il 18,58 del contenzioso totale, vedeva il doppio (2,72) dei fascicoli rispetto al Tribunale che gestiva soltanto 8,15 % dei procedimenti totali.
I procedimenti di Corte d’Appello costituivano l’1,29% dei procedimenti contenziosi totali, mentre quelli di Cassazione costituivano lo 0,21 % del totale del contenzioso.
In questo periodo che è stato afflitto da due guerre mondiali, possiamo affermare che i sudditi e poi i cittadini consideravano “processo civile” quello del Conciliatore e quello di Pretura.
Il Tribunale, la Corte d’Appello e la Cassazione costituivano giurisdizioni sconosciute ai più.
Il movimento contenzioso dei procedimenti davanti al Conciliatore non era peraltro molto lontano da quello dell’attuale Giudice di Pace.
In compenso il Ministro della Giustizia aveva il problema di retribuire i giudici togati che gestivano 419.750 procedimenti in media all’anno e naturalmente gli impiegati dell’apparato amministrativo giudiziario, ma non aveva il cruccio di stipendiare i Conciliatori che erano onorari.
I Conciliatori sono sempre stati un numero elevato[7], ma il presupposto era che potessero occuparsi del benessere pubblico mantenendosi a loro spese.
Nonostante ciò ogni scelta di politica legislativa veniva affrontata dal Ministro della Giustizia quando si discuteva il bilancio del Ministero.
La giustizia del Conciliatore, infatti, non era una grande fonte di entrate per l’erario statale; se una causa ai primi del ‘900 costava al suddito 3 lire, una conciliazione comportava l’esborso di 1 lira[8]. Ma non solo, la maggior parte degli affari contenziosi venivano conciliati verbalmente quando non abbandonati e transatti fuori udienza proprio per evitare le spese del processo.
Già nel 1885 si discuteva sulla misura poi realizzata nel 1999 di approntare un giudice unico e di abolire le Preture, proprio perché il Tribunale era davvero poco frequentato[9].
Negli anni ’30, quando già si approntava il progetto del Codice di rito che poi vedrà la luce nel ’42, il Ministro di allora rifiutò decisamente di ampliare la competenza del Conciliatore, nonostante fosse palese che il processo per tanti anni era stato quello delle giurisdizioni minori.
Per comprendere questa ultima asserzione posso fare l’esempio di come andassero le cose nel 1875.
A differenza del Belgio in cui il Giudice di Pace si occupava di conciliare le questioni delle giurisdizioni superiori[10], in Italia chi non conciliava veniva giudicato dallo stesso Conciliatore.
Il che porrebbe secondo i criteri moderni della maggior parte dei paesi europei un problema: chi giudica insomma non dovrebbe conciliare/mediare e viceversa.
Gli uomini del 1875 ponevano invece una grande fiducia nel conciliatore; qualora non si accettasse la proposta di conciliazione era possibile ricusare il giudice; questa era la valvola di garanzia del sistema.
In quell’anno tuttavia il conciliatore venne ricusato soltanto in 642 casi[11] su 755.469 controversie e dunque all’epoca non si pensava che il giudice potesse penalizzare una parte per il rifiuto di conciliare.
Su 755.469 controversie dunque in carico al Conciliatore vennero conciliate 262.143 ossia il 34,70%[12]. Sino al 1884 le rilevazioni statistiche peraltro non tenevano conto per i Conciliatori degli abbandoni delle cause e delle transazioni che da questo anno si vide coprirono quasi il 50% delle domande.
26.597 procedimenti davanti al Pretore vennero conciliati, ossia il 6.88%[13].
23.203 cause di tribunale furono cancellate (4.374 per conciliazione) e dunque il 21,54%[14].
3.272 controversie vennero cancellate in appello ovvero il 18,77%[15].
345 furono le transazioni in sede di Cassazione[16] ossia il 13,74%[17].
E dunque il mondo giudiziario non trovava la sua maggiore esplicazione nelle aule di giustizia, per quanto il Conciliatore fosse lodato dai sudditi e dagli apparati giudiziari per il suo encomiabile lavoro.
L’avvocato era il dominus incontrastato della risoluzione delle liti: certo nel 1901 gli avvocati erano 33.746[18] (rigorosamente uomini) e non sono paragonabili ai 243.000 attuali.
Discorso analogo potremmo fare per l’avvocato francese: nel 1875 in 771.958 casi si addivenne a conciliazione e ben 158.056 cause vennero abbandonate[19].
Fino al 1882 (anno in cui venne ampliata la competenza dei conciliatori) la situazione fu quella riportata dalla tabella.
Procedimenti totali del conciliatore (contenziosi e non contenziosi)
21.793.172
Procedimenti in conciliazione preventiva
3.264.166
Procedimenti conciliati preventivamente
1.883.191
Procedimenti non conciliati
1.421.175
Procedimenti contenziosi
13.988.017
Conciliazione in sede contenziosa
4.043.250
Abbandoni e transazioni (mancano 8 anni)
4.540.989
Conciliazioni totali
5.926.441
Le conciliazioni sul totale dei procedimenti furono del 26,93%.
In sede non contenziosa furono del 57,68%.
In sede contenziosa furono il 23,11%.
Unitamente agli abbandoni e alle transazioni conosciute le conciliazioni costituirono il 36,50% di tutti i procedimenti del conciliatore.
In relazione alle controversie sopravvenute di tutte le giurisdizioni le soluzioni non contenziose operate presso il conciliatore furono del 25,93%.
Il Digesto del 1896, conscio di questi dati, presenta addirittura una voce “conciliazione” che è di oltre 354 colonne[20] con una ricostruzione dell’istituto che parte dagli episodi di conciliazione presenti nella Bibbia e da cui abbiamo attinto a piene mani nelle pagine che precedono.
il Nuovo Digesto Italiano del 1938 decise invece di far compilare una voce sulla “conciliazione” che risultò di sole quattro pagine ed in cui venne affermato che l’istituto era rimasto lettera morta[21].
Sostenere dunque che la giustizia consensuale non fa parte del diritto civile è un’affermazione grave come quella che diedero nel 1938 della conciliazione, ignorando palesemente tutti i dati che precedono in sintesi e che in dettaglio seguono.
ISTAT, L’Italia in 150 anni, 6. Giustizia, litigiosità, criminalità, Roma, 2010
Istituto Centrale di Statistica, Sommario di statistiche storiche italiane 1861-1965, Roma, 1968
Istituto Centrale di Statistica, Sommario di statistiche storiche italiane 1861-1955, Roma, 1958
Direzione Generale della Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1889, Tipografia Nazionale di G. Bertero, Roma, 1891.
Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Annali di Statistica, Atti della Commissione per il riordinamento della Statistica giudiziaria civile e penale, Serie terza, volume quindicesimo, Tipografia dei Fratelli Bencini, Roma, 1885, p. 18-20.
Direzione Generale della Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1880 (Relazione Zanardelli), Tipografia di Enrico Sininberghi, Roma, 1883
[2] Con l’avvertenza che sino al 1884 non si teneva conto dei procedimenti conciliati e di quelli abbandonati e/o transatti. Qui non sono indicati però i procedimenti non contenziosi del conciliatore.
[6] Sino al 1923 c’erano diverse sedi di Cassazione.
[7] Facendo una media delle sedi, ne risultano in media 8.278; in ogni sede erano almeno in due.
[8] Nel 1882 una causa costava 1,45 lire e dunque la conciliazione era assai conveniente; quando addirittura non si ricorreva a conciliazioni verbali che non costavano nulla.
Nel 1890 le spese furono di 1,34 lire. nel 1889 la spese era di lire 1,44, nel 1888 di lire 1,35, nel 1887 di lire 1,39, nel 1886 di lire 1,36, nel 1885 di lire 1,41, nel 1884 di lire 1,38, nel 1883 di lire 1,42, nel 1881 di lire 1,61 e nel 1880 di lire 1,45. Nel 1895 vi fu un’impennata dovuta all’ampiamento della competenza del conciliatore avvenuta nel 1892 e si arrivò ad 2,04 lire. Nel 1907 la spesa media era di 3,26 lire. Nel 1908 la spesa era di 3,98 lire e nel 1909 di 3.31. Nel 1911 la spesa era di Lire 3.
“L’abolizione del Pretore i cui uffizi in mezzo alle nostre popolazioni possono riguardarsi quasi piccoli centri di civiltà, romperebbe una tradizione e sopprimerebbe quella giustizia locale e poco costosa, così necessaria per risolvere prontamente tante minute contese con gran vantaggio della quiete pubblica e privata.
Di forma che per taluno sarebbe gravissimo errore non solo abolire i Pretori, ma persino restringerne notabilmente il numero, conferendone le attribuzioni a competenze più estese e più elevate.
E contro a tale proposta si ritiene che miglior partito sarebbe concedere al Pretore in primo grado la competenza sino a L. 2000.
La sostituzione del giudice unico al collegio per rendere ragione in prima istanza sopra interessi di qualsiasi gravita, è anche essa giudicata una innovazione non accettabile. Imperocchè il giudice unico fu dai migliori reputato sempre mal rispondente alla natura dei liberi reggimenti e proprio soltanto dei governi dispotici; non ha base nella nostra storia giuridica, gli esempi presso altre nazioni ne sono scarsi e non imitabili, ed infine esso, sopprime il confronto delle varie opinioni nel quale il vero si manifesta ed appura. Onde è che ritiensi perfettamente vero quel che altra volta fu già notato che il giudice unico in Italia, volendo pure passarcene del maggior ritardo nella spedizione degli affari e nella carriera dei funzionari, non avrebbe né autorità, né indipendenza sufficiente, i suoi pronunziati ispirerebbero poco o
nulla fiducia e spesso mancherebbero della maturità richiesta alla risoluzione delle grandi questioni.”
RELAZIONE TONDI sui discorsi inaugurali del Pubblico Ministero per gli affari civili. In Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Annali di Statistica, Atti della Commissione per il riordinamento della Statistica giudiziaria civile e penale, Sessione novembre-dicembre 1885, Tipografia dei fratelli Bencini, 1886, p. 150 e ss.
[10] Con legge 2 maggio 1855 in Francia il giudice di pace fu dotato anche di una competenza a conciliare le proprie cause.
[12] Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti, Statistica degli Affari civili e Commerciali e degli affari Penali per l’anno 1875, Stamperia Reale, Roma, 1877.
[16] Peraltro all’epoca le Supreme Corti (Torino, Firenze, Napoli, Roma e Palermo) avevano un pendente di 15.267 controversie (4.013 anteriori al 1866 e 11.254 formatisi successivamente. Zanardelli ci racconta nella relazione del 1880 che fu necessario chiamare in aiuto i consiglieri di Corte d’Appello per cercare di smaltire l’arretrato
[17] Nel 1876 431 controversie si conclusero con recesso o transazione.
[19] Direzione Generale di Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1882, Tipografia Eredi Botta, Roma, 1885.
[20] 177 pagine circa che stanno alla base anche del presente contributo. V. L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano, vol VIII p. I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1896, pag. 39 e ss.
[21] L’autore riconosce in pratica solo l’utilità dell’art 2125 C.c. c. 2 – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358, in materia di interruzione della prescrizione, ma non certo perché la norma venisse usata a fini conciliativi. V. M. RICCA-BARBERIS, Conciliazione, op. cit., p. 646.
[22] “vale a dire pei casi in cui l’avvisato non si è presentato, ovvero quando le parti intervenute, non essendosi messe d’accordo, non sottoscrissero il Verbale di conciliazione”(1876).
Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche’ in materia di esecuzione forzata. (21G00229) (GU Serie Generale n.292 del 09-12-2021)
Entrata in vigore del provvedimento: 24/12/2021
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale del processo
civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi
processuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione,
speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto
della garanzia del contraddittorio, attenendosi ai principi e criteri
direttivi previsti dalla presente legge.
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono
adottati su proposta del Ministro della giustizia di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per
l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. I medesimi
schemi sono trasmessi alle Camere perche' su di essi sia espresso il
parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i
profili finanziari entro il termine di sessanta giorni dalla data
della ricezione. Decorso il predetto termine i decreti possono essere
emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine scada nei
trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per
l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo e' prorogato
di sessanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai
pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le
sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei
necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I
pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia e per i
profili finanziari sono espressi entro venti giorni dalla data della
nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere
comunque emanati.
3. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni
dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi
adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel rispetto
dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, puo'
adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti
legislativi medesimi.
4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alle discipline della procedura
di mediazione e della negoziazione assistita sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riordinare e semplificare la disciplina degli incentivi
fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle
controversie prevedendo: l'incremento della misura dell'esenzione
dall'imposta di registro di cui all'articolo 17, comma 3, del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28; la semplificazione della procedura
prevista per la determinazione del credito d'imposta di cui
all'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e il
riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al compenso
dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione, nei
limiti previsti dai parametri professionali; l'ulteriore
riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al contributo
unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a
seguito della conclusione dell'accordo di mediazione; l'estensione
del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di
negoziazione assistita; la previsione di un credito d'imposta in
favore degli organismi di mediazione commisurato all'indennita' non
esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione
al patrocinio a spese dello Stato; la riforma delle spese di avvio
della procedura di mediazione e delle indennita' spettanti agli
organismi di mediazione; un monitoraggio del rispetto del limite di
spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali
scostamenti rispetto al predetto limite di spesa, preveda il
corrispondente aumento del contributo unificato;
b) eccezion fatta per l'arbitrato, armonizzare, all'esito del
monitoraggio che dovra' essere effettuato sull'area di applicazione
della mediazione obbligatoria, la normativa in materia di procedure
stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge
e, allo scopo, raccogliere tutte le discipline in un testo unico
degli strumenti complementari alla giurisdizione (TUSC), anche con
opportuna valorizzazione delle singole competenze in ragione delle
materie nelle quali dette procedure possono intervenire;
c) estendere il ricorso obbligatorio alla mediazione, in via
preventiva, in materia di contratti di associazione in
partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di
somministrazione, di societa' di persone e di subfornitura, fermo
restando il ricorso alle procedure di risoluzione alternativa delle
controversie previsto da leggi speciali e fermo restando che, quando
l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di
procedibilita' della domanda giudiziale, le parti devono essere
necessariamente assistite da un difensore e la condizione si
considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si
conclude senza l'accordo e che, in ogni caso, lo svolgimento della
mediazione non preclude la concessione dei provvedimenti urgenti e
cautelari, ne' la trascrizione della domanda giudiziale. In
conseguenza di questa estensione rivedere la formulazione del comma
1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Prevedere, altresi', che decorsi cinque anni dalla data di entrata in
vigore del decreto legislativo che estende la mediazione come
condizione di procedibilita' si proceda a una verifica, alla luce
delle risultanze statistiche, dell'opportunita' della permanenza
della procedura di mediazione come condizione di procedibilita';
d) individuare, in caso di mediazione obbligatoria nei
procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte che deve
presentare la domanda di mediazione, nonche' definire il regime del
decreto ingiuntivo laddove la parte obbligata non abbia soddisfatto
la condizione di procedibilita';
e) riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della
procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione
personale delle parti, nonche' l'effettivo confronto sulle questioni
controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione;
f) prevedere la possibilita' per le parti del procedimento di
mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un
proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri
necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le
persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di
mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei
fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della
controversia;
g) prevedere per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche
di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, che la conciliazione nel procedimento di mediazione
ovvero in sede giudiziale non da' luogo a responsabilita' contabile,
salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, consistente nella
negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge
o dal travisamento dei fatti;
h) prevedere che l'amministratore del condominio e' legittimato ad
attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi,
e prevedere che l'accordo di conciliazione riportato nel verbale o la
proposta del mediatore sono sottoposti all'approvazione
dell'assemblea condominiale che delibera con le maggioranze previste
dall'articolo 1136 del codice civile e che, in caso di mancata
approvazione, la conciliazione si intende non conclusa o la proposta
del mediatore non approvata;
i) prevedere, quando il mediatore procede ai sensi dell'articolo 8,
comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, la possibilita'
per le parti di stabilire, al momento della nomina dell'esperto, che
la sua relazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente
valutata dal giudice;
l) procedere alla revisione della disciplina sulla formazione e
sull'aggiornamento dei mediatori, aumentando la durata della stessa,
e dei criteri di idoneita' per l'accreditamento dei formatori teorici
e pratici, prevedendo che coloro che non abbiano conseguito una
laurea nelle discipline giuridiche possano essere abilitati a
svolgere l'attivita' di mediatore dopo aver conseguito un'adeguata
formazione tramite specifici percorsi di approfondimento giuridico,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
m) potenziare i requisiti di qualita' e trasparenza del
procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei
requisiti di serieta' ed efficienza degli enti pubblici o privati per
l'abilitazione a costituire gli organismi di mediazione di cui
all'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e le
modalita' della loro documentazione per l'iscrizione nel registro
previsto dalla medesima norma;
n) riformare e razionalizzare i criteri di valutazione
dell'idoneita' del responsabile dell'organismo di mediazione, nonche'
degli obblighi del responsabile dell'organismo di mediazione e del
responsabile scientifico dell'ente di formazione;
o) valorizzare e incentivare la mediazione demandata dal giudice,
di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010,
n. 28, in un regime di collaborazione necessaria fra gli uffici
giudiziari, le universita', nel rispetto della loro autonomia,
l'avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni
professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente
la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e la
tracciabilita' dei provvedimenti giudiziali che demandano le parti
alla mediazione. Agli stessi fini prevedere l'istituzione di percorsi
di formazione in mediazione per i magistrati e la valorizzazione di
detta formazione e dei contenziosi definiti a seguito di mediazione o
comunque mediante accordi conciliativi, al fine della valutazione
della carriera dei magistrati stessi;
p) prevedere che le procedure di mediazione e di negoziazione
assistita possano essere svolte, su accordo delle parti, con
modalita' telematiche e che gli incontri possano svolgersi con
collegamenti da remoto;
q) prevedere, per le controversie di cui all'articolo 409 del
codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto
dall'articolo 412-ter del medesimo codice, senza che cio' costituisca
condizione di procedibilita' dell'azione, la possibilita' di
ricorrere alla negoziazione assistita, a condizione che ciascuna
parte sia assistita dal proprio avvocato, nonche', ove le parti lo
ritengano, anche dai rispettivi consulenti del lavoro, e prevedere
altresi' che al relativo accordo sia assicurato il regime di
stabilita' protetta di cui all'articolo 2113, quarto comma, del
codice civile;
r) semplificare la procedura di negoziazione assistita, anche
prevedendo che, salvo diverse intese tra le parti, sia utilizzato un
modello di convenzione elaborato dal Consiglio nazionale forense;
s) prevedere, nell'ambito della procedura di negoziazione
assistita, quando la convenzione di cui all'articolo 2, comma 1, del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con
modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, la prevede
espressamente, la possibilita' di svolgere, nel rispetto del
principio del contraddittorio e con la necessaria partecipazione di
tutti gli avvocati che assistono le parti coinvolte, attivita'
istruttoria, denominata « attivita' di istruzione stragiudiziale »,
consistente nell'acquisizione di dichiarazioni da parte di terzi su
fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia e nella
richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui
all'articolo 2735 del codice civile, la verita' di fatti ad essa
sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente;
t) prevedere, nell'ambito della disciplina dell'attivita' di
istruzione stragiudiziale, in particolare:
1) garanzie per le parti e i terzi, anche per cio' che concerne le
modalita' di verbalizzazione delle dichiarazioni, compresa la
possibilita' per i terzi di non rendere le dichiarazioni, prevedendo
in tal caso misure volte ad anticipare l'intervento del giudice al
fine della loro acquisizione;
2) sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false e conseguenze
processuali per la parte che si sottrae all'interrogatorio, in
particolar modo consentendo al giudice di tener conto della condotta
ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli
96 e 642, secondo comma, del codice di procedura civile;
3) l'utilizzabilita' delle prove raccolte nell'ambito
dell'attivita' di istruzione stragiudiziale nel successivo giudizio
avente ad oggetto l'accertamento degli stessi fatti e iniziato,
riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della procedura di
negoziazione assistita, fatta salva la possibilita' per il giudice di
disporne la rinnovazione, apportando le necessarie modifiche al
codice di procedura civile;
4) che il compimento di abusi nell'attivita' di acquisizione delle
dichiarazioni costituisca per l'avvocato grave illecito disciplinare,
indipendentemente dalla responsabilita' prevista da altre norme;
u) apportare modifiche all'articolo 6 del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10
novembre 2014, n. 162: prevedendo espressamente che, fermo il
principio di cui al comma 3 del medesimo articolo 6, gli accordi
raggiunti a seguito di negoziazione assistita possano contenere anche
patti di trasferimenti immobiliari con effetti obbligatori;
disponendo che nella convenzione di negoziazione assistita il
giudizio di congruita' previsto dall'articolo 5, ottavo comma, della
legge 1° dicembre 1970, n. 898, sia effettuato dai difensori con la
certificazione dell'accordo delle parti; adeguando le disposizioni
vigenti quanto alle modalita' di trasmissione dell'accordo;
prevedendo che gli accordi muniti di nulla osta o di autorizzazione
siano conservati, in originale, in apposito archivio tenuto presso i
Consigli dell'ordine degli avvocati di cui all'articolo 11 del citato
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, che rilasciano copia
autentica dell'accordo alle parti, ai difensori che hanno
sottoscritto l'accordo e ai terzi interessati al contenuto
patrimoniale dell'accordo stesso; prevedendo l'irrogazione di una
sanzione amministrativa pecuniaria a carico dei difensori che violino
l'obbligo di trasmissione degli originali ai Consigli dell'ordine
degli avvocati, analoga a quella prevista dal comma 4 dell'articolo 6
del citato decreto-legge n. 132 del 2014.
5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al
tribunale in composizione monocratica sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) assicurare la semplicita', la concentrazione e l'effettivita'
della tutela e la ragionevole durata del processo;
b) prevedere che nell'atto di citazione i fatti e gli elementi di
diritto costituenti le ragioni della domanda, di cui all'articolo
163, terzo comma, numero 4), del codice di procedura civile, siano
esposti in modo chiaro e specifico;
c) stabilire che nell'atto di citazione sia contenuta l'indicazione
specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e dei
documenti che offre in comunicazione, di cui all'articolo 163, terzo
comma, numero 5), del codice di procedura civile;
d) prevedere che l'atto di citazione contenga, in aggiunta ai
requisiti di cui all'articolo 163, terzo comma, numero 7), del codice
di procedura civile, l'ulteriore avvertimento che la difesa tecnica
mediante avvocato e' obbligatoria ai sensi degli articoli 82 e
seguenti del codice di procedura civile, in tutti i giudizi davanti
al tribunale, fatta eccezione per i casi di cui all'articolo 86 del
medesimo codice, e che la parte, sussistendone i presupposti di
legge, puo' presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato;
e) prevedere che nella comparsa di risposta di cui all'articolo 167
del codice di procedura civile il convenuto proponga tutte le sue
difese e prenda posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento
della domanda in modo chiaro e specifico e che, ferme le preclusioni
di cui all'articolo 167, secondo comma, primo periodo, del codice di
procedura civile, indichi i mezzi di prova di cui intende valersi e i
documenti che offre in comunicazione;
f) prevedere che l'attore, entro un congruo termine prima
dell'udienza di comparizione, a pena di decadenza puo' proporre le
domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda
riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto e chiedere di essere
autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269,
terzo comma, del codice di procedura civile se l'esigenza e' sorta
dalle difese del convenuto, nonche' in ogni caso precisare e
modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni gia' formulate
e, a pena di decadenza, indicare i nuovi mezzi di prova e le
produzioni documentali; prevedere che entro un successivo termine
anteriore all'udienza di comparizione il convenuto puo' modificare le
domande, le eccezioni e le conclusioni gia' formulate e, a pena di
decadenza, indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni
documentali e che entro un ulteriore termine prima dell'udienza di
comparizione le parti possono replicare alle domande ed eccezioni
formulate nelle memorie integrative e indicare la prova contraria;
g) determinare i termini per le memorie di cui alla lettera f) in
modo tale da permettere la celere trattazione del processo garantendo
in ogni caso il principio del contradditorio e il piu' ampio
esercizio del diritto di difesa, se del caso anche ampliando il
termine a comparire previsto dall'articolo 163-bis e il termine per
la costituzione del convenuto previsto dall'articolo 166 del codice
di procedura civile;
h) adeguare la disciplina della chiamata in causa del terzo e
dell'intervento volontario ai principi di cui alle lettere da c) a
g);
i) adeguare le disposizioni sulla trattazione della causa ai
principi di cui alle lettere da c) a g) e prevedere che:
1) nel corso dell'udienza di comparizione le parti devono comparire
personalmente ai fini del tentativo di conciliazione previsto
dall'articolo 185 del codice di procedura civile; la mancata
comparizione personale senza giustificati motivi e' valutabile dal
giudice ai fini dell'articolo 116, secondo comma, del codice di
procedura civile;
2) il giudice provvede sulle richieste istruttorie all'esito
dell'udienza, predisponendo il calendario del processo e disponendo
che l'udienza per l'assunzione delle prove sia fissata entro novanta
giorni;
l) prevedere che, esaurita la trattazione e istruzione della
causa:
1) il giudice, ove abbia disposto la discussione orale della
causa ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura
civile, possa riservare il deposito della sentenza entro un termine
non superiore a trenta giorni dall'udienza di discussione;
2) il giudice, ove non proceda ai sensi dell'articolo
281-sexies del codice di procedura civile, fissi l'udienza di
rimessione della causa in decisione e di conseguenza:
2.1) assegni un termine perentorio non superiore a sessanta
giorni prima di tale udienza per il deposito di note scritte di
precisazione delle conclusioni;
2.2) assegni termini perentori non superiori a trenta e
quindici giorni prima di tale udienza per il deposito rispettivamente
delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, salvo che le
parti non vi rinuncino espressamente;
2.3) all'udienza riservi la decisione e provveda al deposito
della sentenza nei successivi trenta giorni nelle cause in cui il
tribunale decide in composizione monocratica ovvero nei successivi
sessanta giorni nelle cause in cui il tribunale decide in
composizione collegiale;
m) modificare l'articolo 185-bis del codice di procedura civile
prevedendo che il giudice possa formulare una proposta di
conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione;
n) prevedere che il procedimento previsto dagli articoli 702-bis
e seguenti del codice di procedura civile:
1) sia sistematicamente collocato nel libro II del codice di
procedura civile;
2) assuma la denominazione di «procedimento semplificato di
cognizione»;
3) ferma la possibilita' che l'attore vi ricorra di sua iniziativa
nelle controversie di competenza del tribunale in composizione
monocratica, debba essere adottato in ogni procedimento, anche nelle
cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, quando
i fatti di causa siano tutti non controversi, quando l'istruzione
della causa si basi su prova documentale o di pronta soluzione o
richieda un'attivita' istruttoria costituenda non complessa,
stabilendo che, in difetto, la causa sia trattata con il rito
ordinario di cognizione e che nello stesso modo si proceda ove sia
avanzata domanda riconvenzionale priva delle condizioni di
applicabilita' del procedimento semplificato;
4) sia disciplinato mediante l'indicazione di termini e tempi
prevedibili e ridotti rispetto a quelli previsti per il rito
ordinario per lo svolgimento delle difese e il maturare delle
preclusioni, nel rispetto del contraddittorio fra le parti;
5) si concluda con sentenza;
o) prevedere che, nel corso del giudizio di primo grado, nelle
controversie di competenza del tribunale che hanno ad oggetto diritti
disponibili:
1) il giudice possa, su istanza di parte, pronunciare ordinanza
provvisoria di accoglimento provvisoriamente esecutiva, in tutto o in
parte, della domanda proposta, quando i fatti costitutivi sono
provati e le difese del convenuto appaiono manifestamente infondate;
2) l'ordinanza di accoglimento sia reclamabile ai sensi
dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile e non
acquisti efficacia di giudicato ai sensi dell'articolo 2909 del
codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi;
3) in caso di accoglimento del reclamo, il procedimento di merito
prosegua davanti a un magistrato diverso appartenente al medesimo
ufficio;
p) prevedere che, nel corso del giudizio di primo grado, nelle
controversie di competenza del tribunale in materia di diritti
disponibili:
1) all'esito della prima udienza di comparizione delle parti e di
trattazione della causa il giudice possa, su istanza di parte,
pronunciare ordinanza provvisoria di rigetto della domanda proposta,
quando quest'ultima e' manifestamente infondata ovvero se e' omesso o
risulta assolutamente incerto il requisito stabilito dall'articolo
163, terzo comma, numero 3), del codice di procedura civile ovvero se
manca l'esposizione dei fatti di cui al numero 4) del predetto terzo
comma;
2) l'ordinanza di cui al numero 1) sia reclamabile ai sensi
dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile e non
acquisti efficacia di giudicato ai sensi dell'articolo 2909 del
codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi;
3) in caso di accoglimento del reclamo, il procedimento prosegua
davanti a un magistrato diverso appartenente al medesimo ufficio;
q) coordinare la disciplina dell'articolo 164, quarto, quinto e
sesto comma, del codice di procedura civile con quanto previsto al
numero 1) della lettera p);
r) estendere l'applicabilita' della procedura di convalida, di
licenza per scadenza del contratto e di sfratto per morosita' anche
ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto d'azienda;
s) disciplinare i rapporti tra collegio e giudice monocratico,
prevedendo che:
1) il collegio, quando rilevi che una causa, rimessa davanti a se'
per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione
monocratica, rimetta la causa al giudice istruttore con ordinanza non
impugnabile perche' decida quale giudice monocratico, senza fissare
ulteriori udienze;
2) il giudice, quando rilevi che una causa, gia' riservata per la
decisione davanti a se' quale giudice monocratico, deve essere decisa
dal tribunale in composizione collegiale, senza fissare ulteriori
udienze, rimetta la causa al collegio per la decisione con ordinanza
comunicata alle parti, ciascuna delle quali, entro dieci giorni dalla
comunicazione, puo' chiedere la fissazione dell'udienza di
discussione davanti al collegio, senza che in tal caso sia necessario
precisare nuovamente le conclusioni e debbano essere assegnati alle
parti ulteriori termini per il deposito di atti difensivi;
3) in caso di mutamento del rito, gli effetti sostanziali e
processuali della domanda si producano secondo le norme del rito
seguite prima del mutamento, restino ferme le decadenze e le
preclusioni gia' maturate secondo le norme seguite prima del
mutamento e il giudice fissi alle parti un termine perentorio per
l'eventuale integrazione degli atti introduttivi;
4) in caso di cause connesse oggetto di riunione, prevalga il rito
collegiale, restando ferme le decadenze e le preclusioni gia'
maturate in ciascun procedimento prima della riunione;
t) modificare, in conformita' ai criteri di cui al presente
comma, le connesse disposizioni del codice di procedura civile.
6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al
tribunale in composizione collegiale sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre i casi in cui il tribunale giudica in composizione
collegiale, in considerazione dell'oggettiva complessita' giuridica e
della rilevanza economico-sociale delle controversie;
b) prevedere che nel processo operi un regime di preclusioni e di
fissazione dell'oggetto della causa analogamente a quanto previsto
per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.
7. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al
giudice di pace sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) uniformare il processo davanti al giudice di pace al
procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica;
b) provvedere a una rideterminazione della competenza del giudice
di pace in materia civile, anche modificando le previsioni di cui
all'articolo 27 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116.
8. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di giudizio di appello sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che i termini per le impugnazioni previsti
dall'articolo 325 del codice di procedura civile decorrono dal
momento in cui la sentenza e' notificata anche per la parte che
procede alla notifica;
b) prevedere che l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia
anche quando l'impugnazione principale e' dichiarata improcedibile;
c) prevedere che, negli atti introduttivi dell'appello disciplinati
dagli articoli 342 e 434 del codice di procedura civile, le
indicazioni previste a pena di inammissibilita' siano esposte in modo
chiaro, sintetico e specifico;
d) individuare la forma con cui, nei casi previsti dall'articolo
348 del codice di procedura civile, l'appello e' dichiarato
improcedibile e il relativo regime di controllo;
e) prevedere, fuori dei casi in cui deve essere pronunciata
l'improcedibilita' dell'appello secondo quanto previsto dall'articolo
348 del codice di procedura civile, che l'impugnazione che non ha una
ragionevole probabilita' di essere accolta sia dichiarata
manifestamente infondata e prevedere che la decisione di manifesta
infondatezza sia assunta a seguito di trattazione orale con sentenza
succintamente motivata anche mediante rinvio a precedenti conformi;
modificare conseguentemente gli articoli 348-bis e 348-ter del codice
di procedura civile;
f) modificare la disciplina dei provvedimenti sull'esecuzione
provvisoria in appello, prevedendo:
1) che la sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione
della sentenza impugnata sia disposta sulla base di un giudizio
prognostico di manifesta fondatezza dell'impugnazione o,
alternativamente, sulla base di un grave e irreparabile pregiudizio
derivante dall'esecuzione della sentenza anche in relazione alla
possibilita' di insolvenza di una delle parti quando la sentenza
contiene la condanna al pagamento di una somma di denaro;
2) che l'istanza di cui al numero 1) possa essere proposta o
riproposta nel corso del giudizio di appello, anche con ricorso
autonomo, a condizione che il ricorrente indichi, a pena di
inammissibilita', gli specifici elementi sopravvenuti dopo la
proposizione dell'impugnazione;
3) che, qualora l'istanza sia dichiarata inammissibile o
manifestamente infondata, il giudice, con ordinanza non impugnabile,
puo' condannare la parte che l'ha proposta al pagamento in favore
della cassa delle ammende di una somma non inferiore ad euro 250 e
non superiore ad euro 10.000. L'ordinanza e' revocabile con la
sentenza che definisce il giudizio;
g) introdurre modifiche all'articolo 287 del codice di procedura
civile prevedendo che, nell'ambito del procedimento di correzione
delle sentenze e delle ordinanze, le parti possano fare richiesta
congiunta, da depositare almeno cinque giorni prima dell'udienza
fissata, di non presenziarvi. In caso di richiesta non congiunta,
prevedere che il giudice abbia comunque facolta' di invitare la parte
resistente a depositare note scritte, senza fissazione di apposita
udienza;
h) introdurre modifiche all'articolo 288 del codice di procedura
civile, prevedendo la possibilita' di ricorrere al procedimento di
correzione nei casi in cui si voglia contestare l'attribuzione o la
quantificazione delle spese di lite liquidate con un provvedimento
gia' passato in giudicato, prevedendo altresi' che tale procedimento
non sia piu' esperibile decorso un anno dalla pubblicazione del
provvedimento;
i) prevedere che per la trattazione del procedimento
sull'esecuzione provvisoria il presidente del collegio, fermi i
poteri di sospensione immediata previsti dall'articolo 351, terzo
comma, secondo periodo, del codice di procedura civile, designa il
consigliere istruttore e ordina la comparizione delle parti davanti
al predetto consigliere e prevedere che, sentite le parti, il
consigliere istruttore riferisce al collegio per l'adozione dei
provvedimenti sull'esecuzione provvisoria;
l) prevedere che la trattazione davanti alla corte d'appello si
svolge davanti al consigliere istruttore, designato dal presidente,
al quale sono attribuiti i poteri di dichiarare la contumacia
dell'appellato, di procedere alla riunione degli appelli proposti
contro la stessa sentenza, di procedere al tentativo di
conciliazione, di ammettere i mezzi di prova, di procedere
all'assunzione dei mezzi istruttori e di fissare udienza di
discussione della causa davanti al collegio anche ai sensi
dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile, fermo
restando il potere del collegio di impartire provvedimenti per
l'ulteriore istruzione della causa e di disporre, anche d'ufficio, la
riassunzione davanti a se' di uno o piu' mezzi di prova;
m) introdurre la possibilita' che, all'esito dell'udienza in camera
di consiglio fissata per la decisione sull'istanza prevista
dall'articolo 283 del codice di procedura civile, il collegio
provveda ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura
civile, assegnando ove richiesto un termine per il deposito di note
conclusive scritte antecedente all'udienza di discussione;
n) prevedere che, esaurita l'attivita' prevista dagli articoli 350
e 351 del codice di procedura civile, il consigliere istruttore
assegna termini perentori non superiori a sessanta giorni per il
deposito di note scritte contenenti la precisazione delle
conclusioni, termini non superiori a trenta giorni per il deposito
delle comparse conclusionali e termini non superiori a quindici
giorni per il deposito delle memorie di replica e fissa successiva
udienza avanti a se' nella quale la causa e' rimessa in decisione e
il consigliere istruttore si riserva di riferire al collegio;
prevedere altresi' che la sentenza e' depositata nei successivi
sessanta giorni;
o) riformulare gli articoli 353 e 354 del codice di procedura
civile, riducendo le fattispecie di rimessione della causa in primo
grado ai casi di violazione del contraddittorio.
9. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di giudizio di cassazione sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che il ricorso debba contenere la chiara ed essenziale
esposizione dei fatti della causa e la chiara e sintetica esposizione
dei motivi per i quali si chiede la cassazione;
b) uniformare i riti camerali disciplinati dall'articolo 380-bis e
dall'articolo 380-bis.1 del codice di procedura civile, prevedendo:
1) la soppressione della sezione prevista dall'articolo 376 del
codice di procedura civile e lo spostamento della relativa competenza
dinanzi alle sezioni semplici;
2) la soppressione del procedimento disciplinato dall'articolo
380-bis del codice di procedura civile;
c) estendere la pronuncia in camera di consiglio all'ipotesi in cui
la Corte riconosca di dover dichiarare l'improcedibilita' del
ricorso;
d) prevedere, quanto alla fase decisoria del procedimento in camera
di consiglio disciplinato dagli articoli 380-bis.1 e 380-ter del
codice di procedura civile, che, al termine della camera di
consiglio, l'ordinanza, succintamente motivata, possa essere
immediatamente depositata in cancelleria, rimanendo ferma la
possibilita' per il collegio di riservare la redazione e la
pubblicazione della stessa entro sessanta giorni dalla deliberazione;
e) introdurre un procedimento accelerato, rispetto all'ordinaria
sede camerale, per la definizione dei ricorsi inammissibili,
improcedibili o manifestamente infondati, prevedendo:
1) che il giudice della Corte formuli una proposta di definizione
del ricorso, con la sintetica indicazione delle ragioni
dell'inammissibilita', dell'improcedibilita' o della manifesta
infondatezza ravvisata;
2) che la proposta sia comunicata agli avvocati delle parti;
3) che, se nessuna delle parti chiede la fissazione della camera di
consiglio nel termine di venti giorni dalla comunicazione, il ricorso
si intenda rinunciato e il giudice pronunci decreto di estinzione,
liquidando le spese, con esonero della parte soccombente che non
presenta la richiesta di cui al presente numero dal pagamento di
quanto previsto dall'articolo 13, comma 1-quater, del testo unico di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115;
f) prevedere che la Corte proceda in udienza pubblica quando la
questione di diritto e' di particolare rilevanza, anticipando fino a
quaranta giorni prima dell'udienza l'onere di comunicazione della
data della stessa al pubblico ministero e agli avvocati, introducendo
la facolta' per il pubblico ministero di depositare una memoria non
oltre quindici giorni prima dell'udienza;
g) introdurre la possibilita' per il giudice di merito, quando
deve decidere una questione di diritto sulla quale ha preventivamente
provocato il contraddittorio tra le parti, di sottoporre direttamente
la questione alla Corte di cassazione per la risoluzione del quesito
posto, prevedendo che:
1) l'esercizio del potere di rinvio pregiudiziale alla Corte di
cassazione e' subordinato alla sussistenza dei seguenti presupposti:
1.1) la questione e' esclusivamente di diritto, non ancora
affrontata dalla Corte di cassazione e di particolare importanza;
1.2) la questione presenta gravi difficolta' interpretative;
1.3) la questione e' suscettibile di porsi in numerose
controversie;
2) ricevuta l'ordinanza con la quale il giudice sottopone la
questione, il Primo presidente, entro novanta giorni, dichiara
inammissibile la richiesta qualora risultino insussistenti i
presupposti di cui al numero 1) della presente lettera;
3) nel caso in cui non provvede a dichiarare
l'inammissibilita', il Primo presidente assegna la questione alle
sezioni unite o alla sezione semplice tabellarmente competente;
4) la Corte di cassazione decide enunciando il principio di
diritto in esito ad un procedimento da svolgere mediante pubblica
udienza, con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con
facolta' per le parti di depositare brevi memorie entro un termine
assegnato dalla Corte stessa;
5) il rinvio pregiudiziale in cassazione sospende il giudizio
di merito ove e' sorta la questione oggetto di rinvio;
6) il provvedimento con il quale la Corte di cassazione decide
sulla questione e' vincolante nel procedimento nell'ambito del quale
e' stata rimessa la questione e conserva tale effetto, ove il
processo si estingua, anche nel nuovo processo che e' instaurato con
la riproposizione della medesima domanda nei confronti delle medesime
parti.
10. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di revocazione a seguito di sentenze emesse dalla Corte
europea dei diritti dell'uomo sono adottati nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ferma restando l'esigenza di evitare duplicita'
di ristori, sia esperibile il rimedio della revocazione previsto
dall'articolo 395 del codice di procedura civile nel caso in cui, una
volta formatosi il giudicato, il contenuto della sentenza sia
successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo
contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ovvero a uno dei
suoi Protocolli e non sia possibile rimuovere la violazione tramite
tutela per equivalente;
b) prevedere che, nell'ambito del procedimento per revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
siano fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede che non
hanno partecipato al processo svoltosi innanzi alla Corte europea dei
diritti dell'uomo;
c) prevedere che, nell'ambito del procedimento per revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
la legittimazione attiva a promuovere l'azione di revocazione spetti
alle parti del processo svoltosi innanzi a tale Corte, ai loro eredi
o aventi causa e al pubblico ministero;
d) prevedere, nell'ambito del procedimento per revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
un termine per l'impugnazione non superiore a novanta giorni che
decorra dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della
sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ai sensi del
regolamento della Corte stessa;
e) prevedere l'onere per l'Agente del Governo di comunicare a tutte
le parti del processo che ha dato luogo alla sentenza sottoposta
all'esame della Corte europea dei diritti dell'uomo e al pubblico
ministero la pendenza del procedimento davanti alla Corte stessa, al
fine di consentire loro di fornire elementi informativi o, nei limiti
consentiti dal regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo,
di richiedere di essere autorizzati all'intervento;
f) operare gli adattamenti delle disposizioni del codice di
procedura civile, del codice civile e delle altre disposizioni
legislative che si rendano necessari in seguito all'adozione delle
norme attuative dei principi e criteri direttivi di cui alle lettere
a), b), c), d) ed e).
11. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di controversie di lavoro e previdenza sono adottati nel
rispetto del seguente principio e criterio direttivo: unificare e
coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei
licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative
alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune
norme transitorie, prevedendo che:
a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta
domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro abbia
carattere prioritario;
b) le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle
cooperative, anche ove consegua la cessazione del rapporto
associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409
e seguenti del codice di procedura civile;
c) le azioni di nullita' dei licenziamenti discriminatori, ove non
siano proposte con ricorso ai sensi dell'articolo 414 del codice di
procedura civile, possano essere introdotte, ricorrendone i
presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli articoli 38
del codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, di cui al
decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e 28 del decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione
dell'azione, nell'una o nell'altra forma, preclude la possibilita' di
agire successivamente in giudizio con rito diverso.
12. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina del processo di
esecuzione sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione forzata,
le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorita' giudiziaria e
gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale devono
essere formati in copia attestata conforme all'originale, abrogando
le disposizioni del codice di procedura civile e le altre
disposizioni legislative che si riferiscono alla formula esecutiva e
alla spedizione in forma esecutiva;
b) prevedere che se il creditore presenta l'istanza di cui
all'articolo 492-bis del codice di procedura civile, il termine di
cui all'articolo 481, primo comma, del codice di procedura civile,
rimane sospeso e riprende a decorrere dalla conclusione delle
operazioni previste dal secondo comma dell'articolo 492-bis del
medesimo codice;
c) prevedere che il termine prescritto dal secondo comma
dell'articolo 567 del codice di procedura civile per il deposito
dell'estratto del catasto e dei certificati delle iscrizioni e
trascrizioni ovvero del certificato notarile sostitutivo coincide con
quello previsto dal combinato disposto degli articoli 497 e 501 del
medesimo codice per il deposito dell'istanza di vendita, prevedendo
che il predetto termine puo' essere prorogato di ulteriori
quarantacinque giorni, nei casi previsti dal terzo comma
dell'articolo 567 del codice di procedura civile;
d) prevedere che il custode di cui all'articolo 559 del codice di
procedura civile collabori con l'esperto nominato ai sensi
dell'articolo 569 del codice di procedura civile al controllo della
completezza della documentazione di cui all'articolo 567, secondo
comma, del codice di procedura civile;
e) prevedere che il giudice dell'esecuzione provvede alla
sostituzione del debitore nella custodia nominando il custode
giudiziario entro quindici giorni dal deposito della documentazione
di cui al secondo comma dell'articolo 567 del codice di procedura
civile, contemporaneamente alla nomina dell'esperto di cui
all'articolo 569 del medesimo codice, salvo che la custodia non abbia
alcuna utilita' ai fini della conservazione o amministrazione del
bene ovvero per la vendita;
f) prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione
dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal suo nucleo
familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla
procedura, al piu' tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con
cui e' autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni
e che ordina la liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato
convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il
decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilita' di
disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle
attivita' degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di
visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite
in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri
obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti;
g) prevedere che la relazione di stima e gli avvisi di vendita
siano redatti secondo schemi standardizzati;
h) prevedere che sia il custode ad attuare il provvedimento di
liberazione dell'immobile pignorato secondo le disposizioni del
giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle
formalita' di cui agli articoli 605 e seguenti del codice di
procedura civile, successivamente alla pronuncia del decreto di
trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario
se questi non lo esentano;
i) prevedere che la delega delle operazioni di vendita
nell'espropriazione immobiliare ha durata annuale, con incarico
rinnovabile da parte del giudice dell'esecuzione, e che in tale
periodo il professionista delegato deve svolgere almeno tre
esperimenti di vendita con l'obbligo di una tempestiva relazione al
giudice sull'esito di ciascuno di essi, nonche' prevedere che il
giudice dell'esecuzione esercita una diligente vigilanza
sull'esecuzione delle attivita' delegate e sul rispetto dei tempi per
esse stabiliti, con l'obbligo di provvedere immediatamente alla
sostituzione del professionista in caso di mancato o tardivo
adempimento;
l) prevedere un termine di venti giorni per la proposizione del
reclamo al giudice dell'esecuzione avverso l'atto del professionista
delegato ai sensi dell'articolo 591-ter del codice di procedura
civile e prevedere che l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione
decide il reclamo possa essere impugnata con l'opposizione di cui
all'articolo 617 dello stesso codice;
m) prevedere che il professionista delegato procede alla
predisposizione del progetto di distribuzione del ricavato in base
alle preventive istruzioni del giudice dell'esecuzione,
sottoponendolo alle parti e convocandole innanzi a se' per
l'audizione, nel rispetto del termine di cui all'articolo 596 del
codice di procedura civile; nell'ipotesi prevista dall'articolo 597
del codice di procedura civile o qualora non siano avanzate
contestazioni al progetto, prevedere che il professionista delegato
lo dichiara esecutivo e provvede entro sette giorni al pagamento
delle singole quote agli aventi diritto secondo le istruzioni del
giudice dell'esecuzione; prevedere che in caso di contestazioni il
professionista rimette le parti innanzi al giudice dell'esecuzione;
n) prevedere:
1) che il debitore, con istanza depositata non oltre dieci
giorni prima dell'udienza prevista dall'articolo 569, primo comma,
del codice di procedura civile, puo' chiedere al giudice
dell'esecuzione di essere autorizzato a procedere direttamente alla
vendita dell'immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo
base indicato nella relazione di stima, prevedendo che all'istanza
del debitore deve essere sempre allegata l'offerta di acquisto
irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia della serieta'
dell'offerta, e' prestata cauzione in misura non inferiore a un
decimo del prezzo proposto;
2) che il giudice dell'esecuzione, con decreto, deve:
verificata l'ammissibilita' dell'istanza, disporre che l'esecutato
rilasci l'immobile nella disponibilita' del custode entro trenta
giorni a pena di decadenza dall'istanza, salvo che il bene sia
occupato con titolo opponibile alla procedura; disporre che entro
quindici giorni e' data pubblicita', ai sensi dell'articolo 490 del
codice di procedura civile, dell'offerta pervenuta rendendo noto che
entro sessanta giorni possono essere formulate ulteriori offerte di
acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore a un decimo
del prezzo proposto, il quale non puo' essere inferiore a quello
dell'offerta gia' presentata a corredo dell'istanza dell'esecutato;
convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i
creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti a
un'udienza da fissare entro novanta giorni per la deliberazione
sull'offerta e, in caso di pluralita' di offerte, per la gara tra gli
offerenti;
3) che con il provvedimento con il quale il giudice
dell'esecuzione aggiudica l'immobile al miglior offerente devono
essere stabilite le modalita' di pagamento del prezzo, da versare
entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell'articolo 587
del codice di procedura civile;
4) che il giudice dell'esecuzione puo' delegare uno dei
professionisti iscritti nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, alla deliberazione sulle offerte e allo svolgimento della
gara, alla riscossione del prezzo nonche' alle operazioni di
distribuzione del ricavato e che, una volta riscosso interamente il
prezzo, ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e
delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell'articolo 586 del codice di
procedura civile;
5) che, se nel termine assegnato il prezzo non e' stato
versato, il giudice provvede ai sensi degli articoli 587 e 569 del
codice di procedura civile;
6) che l'istanza di cui al numero 1) puo' essere formulata per
una sola volta a pena di inammissibilita';
o) prevedere criteri per la determinazione dell'ammontare,
nonche' del termine di durata delle misure di coercizione indiretta
di cui all'articolo 614-bis del codice di procedura civile; prevedere
altresi' l'attribuzione al giudice dell'esecuzione del potere di
disporre dette misure quando il titolo esecutivo e' diverso da un
provvedimento di condanna oppure la misura non e' stata richiesta al
giudice che ha pronunciato tale provvedimento;
p) prevedere che, nelle operazioni di vendita dei beni immobili
compiute nelle procedure esecutive individuali e concorsuali, gli
obblighi previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a
carico del cliente si applicano anche agli aggiudicatari e che il
giudice emette il decreto di trasferimento soltanto dopo aver
verificato l'avvenuto rispetto di tali obblighi;
q) istituire presso il Ministero della giustizia la banca dati
per le aste giudiziali, contenente i dati identificativi degli
offerenti, i dati identificativi del conto bancario o postale
utilizzato per versare la cauzione e il prezzo di aggiudicazione,
nonche' le relazioni di stima. I dati identificativi degli offerenti,
del conto e dell'intestatario devono essere messi a disposizione, su
richiesta, dell'autorita' giudiziaria, civile e penale.
13. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dei
procedimenti in camera di consiglio sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre i casi in cui il tribunale provvede in composizione
collegiale, limitandoli alle ipotesi in cui e' previsto l'intervento
del pubblico ministero ovvero ai procedimenti in cui il tribunale e'
chiamato a pronunciarsi in ordine all'attendibilita' di stime
effettuate o alla buona amministrazione di cose comuni, operando i
conseguenti adattamenti delle disposizioni di cui al capo VI del
titolo II del libro IV del codice di procedura civile e consentendo
il rimedio del reclamo di cui all'articolo 739 del codice di
procedura civile ai decreti emessi dal tribunale in composizione
monocratica, individuando per tale rimedio la competenza del
tribunale in composizione collegiale;
b) prevedere interventi volti a trasferire alle amministrazioni
interessate, ai notai e ad altri professionisti dotati di specifiche
competenze alcune delle funzioni amministrative, nella volontaria
giurisdizione, attualmente assegnate al giudice civile e al giudice
minorile, individuando altresi' gli specifici ambiti e limiti di tale
trasferimento di funzioni.
14. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi che provvedono alla revisione dei procedimenti in
camera di consiglio e alle modifiche del procedimento sommario di
cognizione di primo grado sono adottati nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) modificare l'articolo 30 del decreto legislativo 1° settembre
2011, n. 150, specificando che si svolgono in camera di consiglio, in
assenza di contraddittorio, i procedimenti volti ad ottenere la
dichiarazione di esecutivita' di una decisione straniera e quelli
volti ad ottenere in via principale l'accertamento della sussistenza
dei presupposti per il riconoscimento di una decisione straniera ai
sensi degli atti indicati di seguito:
1) regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre
2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione
delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di
responsabilita' genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n.
1347/2000;
2) regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008,
relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e
all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di
obbligazioni alimentari;
3) regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del 24 giugno 2016,
che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza,
della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi;
4) regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016,
che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza,
della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate;
5) regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge
applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e
all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in materia di
successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo;
b) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) il giudice
provveda con decreto motivato, avverso il quale puo' essere promosso
ricorso ai sensi della lettera c);
c) prevedere che i ricorsi avverso le decisioni rese nei
procedimenti di cui alla lettera a), nonche' i giudizi sulle domande
di diniego del riconoscimento promosse ai sensi degli atti indicati
nei numeri da 1) a 5) della lettera a) siano trattati con il rito
sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti del
codice di procedura civile, o con altro rito ordinario semplificato;
d) prevedere che le domande di diniego del riconoscimento o
dell'esecuzione previste dal regolamento (UE) n. 606/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo al
riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia
civile, siano trattate con il rito sommario di cognizione di cui agli
articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile, o con
altro rito ordinario semplificato;
e) prevedere che, fatti salvi i procedimenti di cui agli articoli
615 e seguenti del codice di procedura civile, si applichi il rito
sommario di cognizione, o altro rito ordinario semplificato, ai
procedimenti di diniego del riconoscimento o dell'esecuzione e di
accertamento dell'assenza di motivi di diniego del riconoscimento
previsti dagli atti di seguito indicati:
1) regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in
materia civile e commerciale;
2) regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza
(rifusione);
3) regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019,
relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita'
genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori;
f) prevedere che i ricorsi di cui agli atti indicati nelle lettere
a), c) ed e) siano promossi innanzi alla corte d'appello
territorialmente competente ai sensi delle disposizioni e nei termini
previsti da tali atti;
g) prevedere che le decisioni della corte d'appello rese sui
ricorsi di cui alle lettere a), c) ed e) siano impugnabili innanzi
alla Corte di cassazione;
h) prevedere che i criteri di cui alle lettere da a) a g) si
estendano, con gli opportuni adattamenti, ai procedimenti volti ad
ottenere la dichiarazione di esecutivita' di una decisione straniera
o in via principale l'accertamento della sussistenza dei presupposti
per il riconoscimento di una decisione straniera, o il diniego di
tale riconoscimento, allorche' l'efficacia di tali decisioni si fondi
su una convenzione internazionale.
15. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dell'arbitrato
sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) rafforzare le garanzie di imparzialita' e indipendenza
dell'arbitro, reintroducendo la facolta' di ricusazione per gravi
ragioni di convenienza nonche' prevedendo l'obbligo di rilasciare, al
momento dell'accettazione della nomina, una dichiarazione che
contenga tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini delle sopra
richiamate garanzie, prevedendo l'invalidita' dell'accettazione nel
caso di omessa dichiarazione, nonche' in particolare la decadenza nel
caso in cui, al momento dell'accettazione della nomina, l'arbitro
abbia omesso di dichiarare le circostanze che, ai sensi dell'articolo
815 del codice di procedura civile, possono essere fatte valere come
motivi di ricusazione;
b) prevedere in modo esplicito l'esecutivita' del decreto con il
quale il presidente della corte d'appello dichiara l'efficacia del
lodo straniero con contenuto di condanna;
c) prevedere l'attribuzione agli arbitri rituali del potere di
emanare misure cautelari nell'ipotesi di espressa volonta' delle
parti in tal senso, manifestata nella convenzione di arbitrato o in
atto scritto successivo, salva diversa disposizione di legge;
mantenere per tali ipotesi in capo al giudice ordinario il potere
cautelare nei soli casi di domanda anteriore all'accettazione degli
arbitri; disciplinare il reclamo cautelare davanti al giudice
ordinario per i motivi di cui all'articolo 829, primo comma, del
codice di procedura civile e per contrarieta' all'ordine pubblico;
disciplinare le modalita' di attuazione della misura cautelare sempre
sotto il controllo del giudice ordinario;
d) prevedere, nel caso di decisione secondo diritto, il potere
delle parti di indicazione e scelta della legge applicabile;
e) ridurre a sei mesi il termine di cui all'articolo 828, secondo
comma, del codice di procedura civile per la proposizione
dell'impugnazione per nullita' del lodo rituale, equiparandolo al
termine di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura
civile;
f) prevedere, nella prospettiva di riordino organico della materia
e di semplificazione della normativa di riferimento, l'inserimento
nel codice di procedura civile delle norme relative all'arbitrato
societario e la conseguente abrogazione del decreto legislativo 17
gennaio 2003, n. 5; prevedere altresi' la reclamabilita'
dell'ordinanza di cui all'articolo 35, comma 5, del decreto
legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, che decide sulla richiesta di
sospensione della delibera;
g) disciplinare la translatio iudicii tra giudizio arbitrale e
giudizio ordinario e tra giudizio ordinario e giudizio arbitrale;
h) prevedere che, in tutti i casi, le nomine degli arbitri da parte
dell'autorita' giudiziaria siano improntate a criteri che assicurino
trasparenza, rotazione ed efficienza.
16. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla normativa in materia di
consulenti tecnici sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) rivedere il percorso di iscrizione dei consulenti presso i
tribunali, favorendo l'accesso alla professione anche ai piu'
giovani;
b) distinguere le varie figure professionali, caratterizzate da
percorsi formativi differenti anche per il tramite dell'unificazione
o aggiornamento degli elenchi, favorendo la formazione di
associazioni nazionali di riferimento;
c) creazione di un albo nazionale unico, al quale magistrati e
avvocati possano accedere per ricercare le figure professionali piu'
adeguate al singolo caso;
d) favorire la mobilita' dei professionisti tra le diverse corti
d'appello, escludendo obblighi di cancellazione da un distretto
all'altro;
e) prevedere la formazione continua dei consulenti tecnici e
periti;
f) tutelare la salute, la gravidanza o le situazioni contingenti
che possono verificarsi nel corso dell'anno lavorativo, prevedendo la
possibilita' di richiesta di sospensione volontaria come prevista in
altri ambiti lavorativi;
g) istituire presso le corti d'appello una commissione di verifica
deputata al controllo della regolarita' delle nomine, ai cui
componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di
spese o altri emolumenti comunque denominati.
17. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti disposizioni dirette a rendere i
procedimenti civili piu' celeri ed efficienti sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che, nei procedimenti davanti al giudice di pace, al
tribunale, alla corte d'appello e alla Corte di cassazione, il
deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti che sono in
giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo esclusivamente
con modalita' telematiche, o anche mediante altri mezzi tecnologici,
e che spetti al capo dell'ufficio autorizzare il deposito con
modalita' non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del
dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione
d'urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza
adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema;
b) prevedere che, in tutti i procedimenti civili, il deposito
telematico di atti e documenti di parte possa avvenire anche con
soluzioni tecnologiche diverse dall'utilizzo della posta elettronica
certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici;
c) prevedere che, nel caso di utilizzo di soluzioni tecnologiche
diverse dalla posta elettronica certificata, in tutti i procedimenti
civili, il deposito si abbia per avvenuto nel momento in cui e'
generato il messaggio di conferma del completamento della
trasmissione;
d) prevedere che i provvedimenti del giudice e gli atti del
processo per i quali la legge non richiede forme determinate possano
essere compiuti nella forma piu' idonea al raggiungimento del loro
scopo, nel rispetto dei principi di chiarezza e sinteticita',
stabilendo che sia assicurata la strutturazione di campi necessari
all'inserimento delle informazioni nei registri del processo, nel
rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato dal
Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della
magistratura e il Consiglio nazionale forense;
e) prevedere il divieto di sanzioni sulla validita' degli atti
per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma, sui
limiti e sullo schema informatico dell'atto, quando questo ha
comunque raggiunto lo scopo, e che della violazione delle specifiche
tecniche, o dei criteri e limiti redazionali, si possa tener conto
nella disciplina delle spese;
f) rivedere la disciplina delle modalita' di versamento del
contributo unificato per i procedimenti davanti al giudice ordinario
e, in particolare:
1) prevedere che tale versamento possa avvenire:
1.1) con sistemi telematici di pagamento tramite la
piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma 2, del codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con
altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nel
circuito bancario o postale, come previsto dall'articolo 4, comma 9,
del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24;
1.2) con strumenti di pagamento non telematici, in conto
corrente postale intestato alla tesoreria dello Stato;
1.3) presso le rivendite di generi di monopolio e di valori
bollati, con rilascio di contrassegni emessi ai sensi dell'articolo
3, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 642, di valore corrispondente all'importo dovuto;
1.4) mediante bonifico, con strumenti di pagamento non
telematici, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 9 ottobre 2006, n. 293;
2) disciplinare i mezzi tramite i quali deve essere data la
prova del versamento;
3) prevedere che nei procedimenti davanti al giudice ordinario,
quando uno degli atti di cui all'articolo 14 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, e' depositato con modalita' telematiche, il
contributo unificato sia corrisposto esclusivamente con sistemi
telematici di pagamento;
4) prevedere, nella procedura di liquidazione giudiziale, che il
contributo unificato sia corrisposto esclusivamente con sistemi
telematici di pagamento;
5) prevedere che il versamento con modalita' diverse da quelle
prescritte non liberi la parte dagli obblighi di cui all'articolo 14
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, e che la relativa istanza di rimborso debba
essere proposta, a pena di decadenza, entro trenta giorni dal
pagamento;
6) rivedere la disciplina dell'articolo 197 del testo unico di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115,
prevedendo e disciplinando il versamento anche con sistemi telematici
delle spettanze degli ufficiali giudiziari;
g) rivedere la disciplina delle attestazioni di conformita' di cui
agli articoli 16-bis, comma 9-bis, 16-decies e 16-undecies del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, al fine di consentire tali
attestazioni per tutti gli atti trasmessi con modalita' telematiche
all'ufficiale giudiziario o dal medesimo ricevuti con le stesse
modalita';
h) introdurre, in funzione dell'attuazione dei principi e criteri
direttivi di cui alla presente legge, misure di riordino e
implementazione delle disposizioni in materia di processo civile
telematico;
i) prevedere all'articolo 22 delle disposizioni per l'attuazione
del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, che le funzioni di
consulente presso le sezioni specializzate dei tribunali con
competenza distrettuale possono essere affidate ai consulenti
iscritti negli albi dei tribunali del distretto;
l) prevedere che il giudice, fatta salva la possibilita' per le
parti costituite di opporsi, puo' disporre che le udienze civili che
non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle
parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice si
svolgano con collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e
regolati con provvedimento del direttore generale per i sistemi
informativi automatizzati del Ministero della giustizia;
m) prevedere che, fatta salva la possibilita' per le parti
costituite di opporsi, il giudice puo', o deve in caso di richiesta
congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non
richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle
parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano
sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole
istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio
stabilito dal giudice;
n) prevedere che il giudice, in luogo dell'udienza di comparizione
per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio, puo' disporre il
deposito telematico di una dichiarazione sottoscritta con firma
digitale recante il giuramento di cui all'articolo 193 del codice di
procedura civile;
o) prevedere che nei procedimenti di separazione consensuale, di
istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili
del matrimonio le parti possono formulare rinuncia alla
partecipazione all'udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso
la volonta' di non volersi riconciliare con l'altra parte purche'
offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilita' reddituali e
patrimoniali relative al triennio antecedente e depositino la
relativa documentazione;
p) prevedere che, nei procedimenti di interdizione, inabilitazione
e amministrazione di sostegno, all'udienza per l'esame
dell'interdicendo, dell'inabilitando o della persona per la quale sia
richiesta la nomina di amministratore di sostegno sia di regola
prevista la comparizione personale del soggetto destinatario della
misura, con facolta' per il giudice di disporre l'udienza in
modalita' da remoto mediante collegamenti audiovisivi a distanza,
individuati e regolati con provvedimento del Ministero della
giustizia, nelle ipotesi in cui la comparizione personale potrebbe
arrecare grave pregiudizio per il soggetto destinatario della misura;
q) prevedere che il provvedimento cautelare di sospensione
dell'esecuzione delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di
associazioni, fondazioni, societa', ovvero condominio, non perde
efficacia in caso di estinzione del giudizio, anche quando la
relativa domanda e' stata proposta in corso di causa; prevedere che i
provvedimenti di sospensione delle deliberazioni dell'assemblea
condominiale di cui all'articolo 1137 del codice civile non perdono
efficacia ove non sia successivamente instaurato il giudizio di
merito;
r) prevedere che la dichiarazione di inefficacia di cui
all'articolo 669-novies del codice di procedura civile assume anche
in caso di contestazioni la forma dell'ordinanza.
18. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dell'ufficio
per il processo istituito presso i tribunali e le corti d'appello,
anche ad integrazione delle disposizioni dell'articolo 16-octies del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e delle disposizioni di cui al
decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il
coordinamento di uno o piu' magistrati dell'ufficio, sia organizzato
individuando i requisiti professionali del personale da assegnare a
tale struttura facendo riferimento alle figure gia' previste dalla
legge;
b) prevedere altresi' che all'ufficio per il processo sono
attribuiti, previa formazione degli addetti alla struttura:
1) compiti di supporto ai magistrati comprendenti, tra le altre, le
attivita' preparatorie per l'esercizio della funzione giurisdizionale
quali lo studio dei fascicoli, l'approfondimento giurisprudenziale e
dottrinale, la selezione dei presupposti di mediabilita' della lite,
la predisposizione di bozze di provvedimenti, il supporto nella
verbalizzazione, la cooperazione per l'attuazione dei progetti
organizzativi finalizzati a incrementare la capacita' produttiva
dell'ufficio, ad abbattere l'arretrato e a prevenirne la formazione;
2) compiti di supporto per l'ottimale utilizzo degli strumenti
informatici;
3) compiti di coordinamento tra l'attivita' del magistrato e
l'attivita' del cancelliere;
4) compiti di catalogazione, archiviazione e messa a disposizione
di precedenti giurisprudenziali;
5) compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro;
c) prevedere che presso la Corte di cassazione siano istituite
una o piu' strutture organizzative denominate ufficio per il processo
presso la Corte di cassazione, in relazione alle quali:
1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale struttura organizzativa, facendo riferimento alle figure
previste dalla legislazione vigente per le corti d'appello e i
tribunali ordinari, in coerenza con la specificita' delle funzioni
della Corte di cassazione;
2) prevedere che all'ufficio per il processo presso la Corte di
cassazione, sotto la direzione e il coordinamento del presidente o di
uno o piu' magistrati da lui delegati, previa formazione degli
addetti alla struttura, sono attribuiti compiti:
2.1) di assistenza per l'analisi delle pendenze e dei flussi
delle sopravvenienze;
2.2) di supporto ai magistrati, comprendenti, tra l'altro, la
compilazione della scheda del ricorso, corredata delle informazioni
pertinenti quali la materia, la sintesi dei motivi e l'esistenza di
precedenti specifici, lo svolgimento dei compiti necessari per
l'organizzazione delle udienze e delle camere di consiglio, anche con
l'individuazione di tematiche seriali, lo svolgimento di attivita'
preparatorie relative ai provvedimenti giurisdizionali, quali
ricerche di giurisprudenza, di legislazione, di dottrina e di
documentazione al fine di contribuire alla complessiva gestione dei
ricorsi e dei relativi provvedimenti giudiziali;
2.3) di supporto per l'ottimale utilizzo degli strumenti
informatici;
2.4) di raccolta di materiale e documentazione anche per le
attivita' necessarie per l'inaugurazione dell'anno giudiziario;
d) prevedere l'istituzione, presso la Procura generale della
Corte di cassazione, di una o piu' strutture organizzative denominate
ufficio spoglio, analisi e documentazione, in relazione alle quali:
1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale struttura, facendo riferimento alle figure previste dalla
legislazione vigente per le corti d'appello e i tribunali ordinari,
in coerenza con la specificita' delle attribuzioni della Procura
generale in materia di intervento dinanzi alla Corte di cassazione;
2) prevedere che alla predetta struttura organizzativa, sotto la
supervisione e gli indirizzi degli avvocati generali e dei magistrati
dell'ufficio, previa formazione degli addetti alla struttura, sono
attribuiti compiti:
2.1) di assistenza per l'analisi preliminare dei procedimenti
che pervengono per l'intervento, per la formulazione delle
conclusioni e per il deposito delle memorie dinanzi alle sezioni
unite e alle sezioni semplici della Corte;
2.2) di supporto ai magistrati comprendenti, tra l'altro,
l'attivita' di ricerca e analisi su precedenti, orientamenti e prassi
degli uffici giudiziari di merito che formano oggetto dei ricorsi e
di individuazione delle questioni che possono formare oggetto del
procedimento per l'enunciazione del principio di diritto
nell'interesse della legge previsto dall'articolo 363 del codice di
procedura civile;
2.3) di supporto per l'ottimale utilizzo degli strumenti
informatici;
2.4) di raccolta di materiale e documentazione per la
predisposizione dell'intervento del Procuratore generale in occasione
dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.
19. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 18, il
Ministero della giustizia e' autorizzato ad assumere, con decorrenza
non anteriore al 1° gennaio 2023, un contingente di 500 unita' di
personale da inquadrare nella III area funzionale, posizione
economica F1, con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
20. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina del
procedimento notificatorio sono adottati nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) prevedere, quando il destinatario della notificazione e' un
soggetto per il quale la legge prevede l'obbligo di munirsi di un
indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici
elenchi o quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai
sensi dell'articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle
persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti
all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai
sensi dell'articolo 6-quater del medesimo codice, che la
notificazione degli atti in materia civile e stragiudiziale sia
eseguita dall'avvocato esclusivamente a mezzo di posta elettronica
certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici;
b) prevedere che, quando la notificazione a mezzo di posta
elettronica certificata non sia possibile o non abbia esito positivo
per causa imputabile al destinatario, l'avvocato provveda alla
notificazione esclusivamente mediante inserimento, a spese del
richiedente, nell'area web riservata di cui all'articolo 359 del
codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che la notificazione si abbia per
eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui e' compiuto
l'inserimento e che, solo quando la notificazione non sia possibile o
non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la
notificazione si esegua con le modalita' ordinarie;
c) prevedere che, quando la notificazione deve essere eseguita a
mezzo di posta elettronica certificata o mediante inserimento
nell'area web riservata, sia vietato all'ufficiale giudiziario
eseguire, su richiesta di un avvocato, notificazioni di atti in
materia civile e stragiudiziale, salvo che l'avvocato richiedente
dichiari che il destinatario della notificazione non dispone di un
indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici
elenchi ovvero che la notificazione a mezzo di posta elettronica
certificata non e' risultata possibile o non ha avuto esito positivo
per cause non imputabili al destinatario;
d) adottare misure di semplificazione del procedimento di
notificazione nei casi in cui la stessa e' effettuata dall'ufficiale
giudiziario, al fine di agevolare l'uso di strumenti informatici e
telematici.
21. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
dirette a rafforzare i doveri di leale collaborazione delle parti e
dei terzi sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere il riconoscimento dell'Amministrazione della giustizia
quale soggetto danneggiato nei casi di responsabilita' aggravata e,
conseguentemente, specifiche sanzioni a favore della cassa delle
ammende;
b) prevedere conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie nei casi
di rifiuto non giustificato di consentire l'ispezione prevista
dall'articolo 118 del codice di procedura civile e nei casi di
rifiuto o inadempimento non giustificati dell'ordine di esibizione
previsto dall'articolo 210 del medesimo codice;
c) prevedere la fissazione di un termine non superiore a sessanta
giorni entro il quale la pubblica amministrazione, cui sono state
richieste informazioni ai sensi dell'articolo 213 del codice di
procedura civile, deve trasmetterle o deve comunicare le ragioni del
diniego.
22. Il decreto o i decreti legislativi attuativi della delega di
cui al comma 1 sono adottati altresi' nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, anche
modificando la formulazione e la collocazione delle norme del codice
di procedura civile, del codice civile e delle norme contenute in
leggi speciali non direttamente investite dai principi e criteri
direttivi di delega, comprese le disposizioni del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, di cui al
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, in modo da renderle ad essi
conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune
disposizioni transitorie;
b) apportare le necessarie modifiche alla legge 24 marzo 2001, n.
89, sostituendo all'introduzione del giudizio nelle forme del
procedimento sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e
seguenti del codice di procedura civile quali rimedi preventivi, la
stipulazione, anche fuori dei casi in cui l'accesso preventivo a
strumenti alternativi per la risoluzione della controversia
costituisce condizione di procedibilita' della domanda giudiziale, di
una convenzione di negoziazione assistita ovvero la partecipazione
personale al procedimento di mediazione anche successivamente al
primo incontro ovvero la partecipazione attiva ad altri procedimenti
di conciliazione e mediazione previsti da disposizioni speciali e,
per i giudizi davanti alla corte d'appello, alla proposizione
d'istanza di decisione in udienza, all'esito di discussione orale,
preceduta dalla sola precisazione delle conclusioni nel corso della
medesima udienza;
c) prevedere che il difetto di giurisdizione:
1) sia rilevabile nel giudizio di primo grado anche d'ufficio e nei
successivi gradi del processo solo quando e' oggetto di specifico
motivo di impugnazione;
2) non sia eccepibile nel giudizio di gravame da parte dell'attore
che ha promosso il giudizio di primo grado.
23. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale per
la realizzazione di un rito unificato denominato «procedimento in
materia di persone, minorenni e famiglie» sono adottati nel rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere l'introduzione di nuove disposizioni in un apposito
titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile, rubricato
«Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e
famiglie», recante la disciplina del rito applicabile a tutti i
procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle
famiglie di competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i
minorenni e del giudice tutelare, con esclusione dei procedimenti
volti alla dichiarazione di adottabilita', dei procedimenti di
adozione di minori di eta' e dei procedimenti attribuiti alla
competenza delle sezioni istituite dal decreto-legge 17 febbraio
2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile
2017, n. 46, e con abrogazione, riordino, coordinamento, modifica ed
integrazione delle disposizioni vigenti;
b) nei procedimenti di cui alla lettera a), prevedere che in
presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere siano
assicurate: su richiesta, adeguate misure di salvaguardia e
protezione, avvalendosi delle misure di cui all'articolo 342-bis del
codice civile; le necessarie modalita' di coordinamento con altre
autorita' giudiziarie, anche inquirenti; l'abbreviazione dei termini
processuali nonche' specifiche disposizioni processuali e sostanziali
per evitare la vittimizzazione secondaria. Qualora un figlio minore
rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, prevedere che il
giudice, personalmente, sentito il minore e assunta ogni informazione
ritenuta necessaria, accerta con urgenza le cause del rifiuto ed
assume i provvedimenti nel superiore interesse del minore,
considerando ai fini della determinazione dell'affidamento dei figli
e degli incontri con i figli eventuali episodi di violenza. In ogni
caso, garantire che gli eventuali incontri tra i genitori e il figlio
avvengano, se necessario, con l'accompagnamento dei servizi sociali e
non compromettano la sicurezza della vittima. Prevedere che, qualora
il giudice ritenga di avvalersi dell'ausilio di un consulente,
procede alla sua nomina con provvedimento motivato, indicando gli
accertamenti da svolgere; il consulente del giudice eventualmente
nominato si attiene ai protocolli e alle metodologie riconosciuti
dalla comunita' scientifica senza effettuare valutazioni su
caratteristiche e profili di personalita' estranee agli stessi;
prevedere esplicitamente, inoltre, che i provvedimenti di cui agli
articoli 342-bis e seguenti del codice civile possono essere
richiesti ed emessi anche dal tribunale per i minorenni e quando la
convivenza e' gia' cessata;
c) prevedere la competenza del tribunale in composizione
collegiale, con facolta' di delega per la trattazione e l'istruzione
al giudice relatore, stabilendo che nel tribunale per i minorenni la
prima udienza di cui alla lettera l) e le udienze all'esito delle
quali devono essere adottati provvedimenti decisori, anche
provvisori, sono tenute dal giudice relatore, con facolta' per lo
stesso di delegare ai giudici onorari specifici adempimenti e con
l'esclusione della facolta' di delegare l'ascolto dei minorenni,
l'assunzione delle testimonianze e tutti gli atti riservati al
giudice togato;
d) procedere al riordino dei criteri di competenza territoriale,
prevedendo quale criterio di competenza prevalente quello della
residenza abituale del minore che corrisponde al luogo in cui si
trova di fatto il centro della sua vita al momento della proposizione
della domanda, salvo il caso di illecito trasferimento, prevedendo
altresi' che per il cambio di residenza ovvero per la scelta
dell'istituto scolastico anche prima della separazione dei genitori
sia sempre necessario il consenso di entrambi i genitori, ovvero, in
difetto, del giudice;
e) disporre l'intervento necessario del pubblico ministero, ai
sensi dell'articolo 70 del codice di procedura civile, fermo restando
il potere del pubblico ministero nei procedimenti di cui agli
articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile e in quelli di
cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, di proporre la relativa azione;
f) prevedere l'introduzione del giudizio con ricorso, redatto in
modo sintetico, contenente: l'indicazione del giudice, le generalita'
e la residenza abituale del ricorrente, del resistente e dei figli
comuni della coppia, minorenni, maggiorenni economicamente non
autosufficienti o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ai quali il
procedimento si riferisce; la determinazione dell'oggetto della
domanda; l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui
quali si fonda la domanda con le relative conclusioni; l'indicazione,
a pena di decadenza per le sole domande aventi ad oggetto diritti
disponibili, dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente
intenda avvalersi; il deposito di copia dei provvedimenti
eventualmente gia' adottati all'esito di uno dei procedimenti di cui
alla lettera a); l'indicazione di procedimenti penali in cui una
delle parti o il minorenne sia persona offesa; nelle ipotesi di
domande di natura economica, il deposito di copia delle denunce dei
redditi e di documentazione attestante le disponibilita' mobiliari,
immobiliari e finanziarie delle parti degli ultimi tre anni,
disponendo le sanzioni per il mancato deposito della documentazione
senza giustificato motivo ovvero per il deposito di documentazione
inesatta o incompleta; prevedere che con gli atti introduttivi le
parti depositino altresi' un piano genitoriale che illustri gli
impegni e le attivita' quotidiane dei minori, relativamente alla
scuola, al percorso educativo, alle eventuali attivita'
extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle
frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi abitualmente
frequentati, alle vacanze normalmente godute; prevedere che all'esito
del deposito del ricorso sia fissata con decreto la data dell'udienza
di comparizione delle parti davanti al giudice relatore, da tenere
entro novanta giorni dal deposito del ricorso; prevedere inoltre che
il capo dell'ufficio giudiziario vigili sul rispetto di tale termine
e ne tenga conto nella formulazione dei rapporti per la valutazione
di professionalita'; prevedere con la fissazione della data
l'indicazione del termine per la notificazione del ricorso e del
decreto e del termine per la costituzione della parte convenuta, con
possibilita' per il giudice relatore di assumere provvedimenti
d'urgenza nell'interesse delle parti e dei minori prima
dell'instaurazione del contraddittorio, quando cio' potrebbe
pregiudicare l'attuazione del provvedimento o in presenza di
pregiudizio imminente ed irreparabile, fissando l'udienza di
comparizione delle parti per la conferma, modifica o revoca di tali
provvedimenti entro i successivi quindici giorni; prevedere che con
il decreto di fissazione della prima udienza il giudice debba
informare le parti della possibilita' di avvalersi della mediazione
familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti sia stata
destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei
provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti
dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d'Europa
sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle
donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di
cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77;
g) prevedere che, in assenza di limitazioni o provvedimenti di
decadenza della responsabilita' genitoriale, nell'assumere i
provvedimenti circa l'affido dei figli minori il giudice indichi
quali sono le informazioni che ciascun genitore deve
obbligatoriamente comunicare all'altro;
h) prevedere che il convenuto debba costituirsi mediante comparsa
di costituzione, redatta in modo sintetico, nella quale devono essere
proposte, a pena di decadenza, eventuali domande riconvenzionali ed
eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonche'
contestazioni specifiche sui fatti affermati dal ricorrente e, a pena
di decadenza per le sole domande aventi ad oggetto diritti
disponibili, i mezzi di prova e i documenti, oltre alla
documentazione indicata nella lettera f) e con le stesse sanzioni per
il mancato deposito della documentazione senza giustificato motivo
ovvero per il deposito di documentazione inesatta o incompleta;
i) disciplinare le difese del ricorrente in caso di domande
riconvenzionali del convenuto, nonche' la possibilita' di precisare e
modificare le domande e proporre nuove istanze istruttorie alla luce
delle difese della controparte; prevedere in ogni caso la
possibilita' di introdurre nel corso del giudizio domande nuove
relative all'affidamento e al mantenimento dei figli minori e di
quelli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonche' la
possibilita' di introdurre domande nuove relative al mantenimento
delle parti e dei figli maggiorenni non economicamente
autosufficienti nelle sole ipotesi di fatti sopravvenuti ovvero di
nuovi accertamenti istruttori;
l) prevedere che la prima udienza si svolga con necessaria
comparizione personale delle parti per essere sentite, anche
separatamente, e per il tentativo di conciliazione, disponendo le
sanzioni per la mancata comparizione senza giustificato motivo e
prevedendo in ogni caso la data di decorrenza dei provvedimenti a
contenuto economico, con facolta' di farli retroagire alla data della
domanda o comunque della prima udienza, e che il verbale di
conciliazione costituisca titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione
di ipoteca giudiziale; prevedere che, in caso di mancata comparizione
del convenuto senza giustificato motivo, il giudice adotta comunque i
provvedimenti provvisori e urgenti all'esito della prima udienza,
determinando la data di decorrenza dei provvedimenti di natura
economica anche a far data dalla domanda; prevedere che la prima
udienza debba svolgersi con necessaria comparizione personale delle
parti per il tentativo di conciliazione, con esclusione delle ipotesi
in cui siano allegate o segnalate violenze di genere o domestiche, e
che il giudice possa formulare una proposta di definizione motivata
anche tenendo conto di tutte le circostanze e delle risultanze
istruttorie acquisite; prevedere che la mancata comparizione senza
giustificato motivo sia valutata ai sensi dell'articolo 116, secondo
comma, del codice di procedura civile e che possa altresi' essere
tenuta in considerazione ai fini delle spese di lite; prevedere
infine che il verbale di conciliazione costituisca titolo esecutivo e
titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale;
m) prevedere che, qualora il tentativo di conciliazione non
riesca, il presidente, anche d'ufficio, sentiti le parti ed i
rispettivi difensori, assuma con ordinanza i provvedimenti temporanei
e urgenti che reputa opportuni nell'interesse della prole e dei
coniugi, nonche' che il tentativo di conciliazione non sia esperito
nei casi in cui sia allegata qualsiasi forma di violenza prevista
dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013,
n. 77; in tali casi la comparizione personale delle parti deve
avvenire in orari differiti;
n) prevedere che il giudice relatore possa, con esclusione delle
fattispecie in cui siano allegate violenze di genere o domestiche,
secondo quanto previsto dalla citata Convenzione del Consiglio
d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei
confronti delle donne e la violenza domestica, invitare le parti ad
esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto di
una delle parti, il giudice pronuncia i provvedimenti temporanei ed
urgenti;
o) prevedere che l'attivita' professionale del mediatore
familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe
applicabili siano regolate secondo quanto previsto dalla legge 14
gennaio 2013, n. 4;
p) prevedere l'istituzione, presso ciascun tribunale, di un
elenco dei mediatori familiari iscritti presso le associazioni del
settore, secondo quanto disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013, n.
4, con possibilita' per le parti di scegliere il mediatore tra quelli
iscritti in tale elenco; prevedere che i mediatori familiari siano
dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella
disciplina giuridica della famiglia, nonche' in materia di tutela dei
minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i
mediatori abbiano l'obbligo di interrompere la loro opera nel caso in
cui emerga qualsiasi forma di violenza;
q) prevedere che alla prima udienza, in mancanza di conciliazione
tra le parti, il giudice, ove la causa sia matura per la decisione,
inviti le parti alla discussione, pronunciando sentenza definitiva
ovvero parziale qualora possa essere decisa la sola domanda relativa
allo stato delle persone e il procedimento debba continuare per la
definizione delle ulteriori domande;
r) prevedere che qualora il processo debba continuare il giudice
relatore, nel contraddittorio tra le parti: adotti i provvedimenti
temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse delle parti
stesse, nel limite delle rispettive domande e anche d'ufficio per i
minori, per i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e
per i figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi
dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che
costituiscono titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca
giudiziale, disciplinando il regime della reclamabilita' dinanzi al
giudice, che decide in composizione collegiale; ammetta le prove o
adotti gli altri provvedimenti istruttori, fissando l'udienza per la
prosecuzione del giudizio; prevedere che nell'adottare i
provvedimenti temporanei e urgenti il giudice possa formulare una
proposta di piano genitoriale nella quale illustrare la complessiva
situazione di vita del minore e le sue esigenze dal punto di vista
dell'affidamento e dei tempi di frequentazione dei genitori, nonche'
del mantenimento, dell'istruzione, dell'educazione e dell'assistenza
morale del minore, nel rispetto dei principi previsti dall'articolo
337-ter del codice civile; prevedere altresi' che all'interno del
piano genitoriale siano individuati i punti sui quali vi sia
l'accordo dei genitori e che il mancato rispetto delle condizioni
previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile
ai sensi dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile;
s) prevedere che il giudice dispone in ogni caso la
videoregistrazione dell'audizione del minore;
t) prevedere che il giudice, anche relatore, previo ascolto non
delegabile del minore anche infradodicenne, ove capace di esprimere
la propria volonta', fatti salvi i casi di impossibilita' del minore,
possa adottare provvedimenti relativi ai minori d'ufficio e anche in
assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti a
pena di nullita' del provvedimento; prevedere che il giudice, anche
relatore, possa disporre d'ufficio mezzi di prova a tutela dei
minori, nonche' delle vittime di violenze, anche al di fuori dei
limiti stabiliti dal codice civile, sempre garantendo il
contraddittorio e il diritto alla prova contraria, disciplinando i
poteri istruttori officiosi di indagine patrimoniale;
u) stabilire che i provvedimenti temporanei ed urgenti debbano
contenere le modalita' e i termini di prosecuzione del giudizio, che
possano essere modificati o revocati dal giudice, anche relatore, nel
corso del giudizio in presenza di fatti sopravvenuti o di nuovi
accertamenti istruttori, che mantengano la loro efficacia in caso di
estinzione del processo e che siano disciplinate le forme di
controllo dei provvedimenti emessi nel corso del giudizio;
v) modificare l'articolo 178 del codice di procedura civile
introducendo una disposizione in cui si preveda che, una volta
istituito il tribunale per le persone, per i minorenni e per le
famiglie, l'ordinanza del giudice istruttore in materia di
separazione e di affidamento dei figli e' impugnabile dalle parti con
reclamo immediato al collegio, che il reclamo deve essere proposto
nel termine perentorio di venti giorni dalla lettura alla presenza
delle parti oppure dalla ricezione della relativa notifica e che il
collegio decide in camera di consiglio entro trenta giorni dal
deposito del reclamo;
z) prevedere che per la fase decisoria il giudice relatore,
esaurita l'istruzione, fissi davanti a se' l'udienza di rimessione
della causa in decisione con assegnazione dei termini per gli scritti
difensivi finali, che all'udienza la causa sia posta in decisione dal
giudice relatore che si riserva di riferire al collegio e che la
sentenza venga depositata nel termine di sessanta giorni;
aa) prevedere che in presenza di allegazioni o segnalazioni di
comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un
rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore e la
conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale siano assicurate l'abbreviazione
dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti
adottati nell'interesse del minore;
bb) prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente
quanto il convenuto abbiano facolta' di proporre domanda di
scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio,
disponendo che quest'ultima sia procedibile solo all'esito del
passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato
la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo
3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la
riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora
pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale,
assicurando in entrambi i casi l'autonomia dei diversi capi della
sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti;
cc) stabilire che nei procedimenti di separazione personale e di
scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio le
parti possano, sino alla prima udienza di comparizione, concludere un
accordo sulla legge applicabile alla separazione e al divorzio ai
sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento (UE) n. 1259/2010 del
Consiglio, del 20 dicembre 2010;
dd) prevedere: la nomina, anche d'ufficio, del curatore speciale
del minore; il riordino delle disposizioni in materia di ascolto del
minore, anche alla luce della normativa sovranazionale di
riferimento; la predisposizione di autonoma regolamentazione della
consulenza tecnica psicologica, anche con l'inserimento nell'albo dei
consulenti tecnici d'ufficio di indicazioni relative alle specifiche
competenze; la possibilita' di nomina di un tutore del minore, anche
d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti di cui alla lettera
a), e in caso di adozione di provvedimenti ai sensi degli articoli
330 e 333 del codice civile;
ee) prevedere la facolta' per il giudice, anche relatore, su
richiesta concorde di entrambe le parti, di nominare un
professionista, scelto tra quelli iscritti nell'albo dei consulenti
tecnici d'ufficio, ovvero anche al di fuori dell'albo in presenza di
concorde richiesta delle parti, dotato di specifiche competenze in
grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo
familiare, per superare conflitti tra le parti, per fornire ausilio
per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra
genitori e figli;
ff) adottare, per i procedimenti di cui alla lettera a), puntuali
disposizioni per regolamentare l'intervento dei servizi
socio-assistenziali o sanitari, in funzione di monitoraggio,
controllo e accertamento, prevedendo che nelle relazioni redatte
siano tenuti distinti con chiarezza i fatti accertati, le
dichiarazioni rese dalle parti e le valutazioni formulate dagli
operatori, con diritto delle parti e dei loro difensori di avere
visione di ogni relazione ed accertamento compiuto dai responsabili
del servizio socio-assistenziale o sanitario, e, fermo restando il
principio generale dell'interesse del minore a mantenere relazioni
significative con i genitori, sia assicurato che nelle ipotesi di
violenze di genere e domestiche tale intervento sia disposto solo in
quanto specificamente diretto alla protezione della vittima e del
minore e sia adeguatamente motivato, nonche' disciplinando
presupposti e limiti dell'affidamento dei minorenni al servizio
sociale; dettare disposizioni per individuare modalita' di esecuzione
dei provvedimenti relativi ai minori, prevedendo che queste siano
determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le
parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo, desunto da
circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore o di
altre condotte che potrebbero pregiudicare l'attuazione del
provvedimento, che in caso di mancato accordo l'esecuzione avvenga
sotto il controllo del giudice, anche con provvedimenti assunti
nell'immediatezza, che nell'esecuzione sia sempre salvaguardato il
preminente interesse alla salute psicofisica del minorenne e che
l'uso della forza pubblica, sostenuto da adeguata e specifica
motivazione, sia limitato ai soli casi in cui sia assolutamente
indispensabile e sia posto in essere per il tramite di personale
specializzato;
gg) riformare la disciplina dei procedimenti per la tutela e
l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4
maggio 1983, n. 184, e in particolare:
1) prevedere cause di incompatibilita' con l'assunzione
dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonche' con lo
svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che
riguardano l'affidamento dei minori, per coloro che rivestono cariche
rappresentative in strutture o comunita' pubbliche o private presso
le quali sono inseriti i minori, che partecipano alla gestione
complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore di esse
attivita' professionale, anche a titolo gratuito, o che fanno parte
degli organi sociali di societa' che le gestiscono, nonche' per
coloro il cui coniuge, parte dell'unione civile, convivente, parente
o affine entro il quarto grado svolge le medesime funzioni presso le
citate strutture o comunita'; apportare modifiche al regio
decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, per adeguare le ipotesi di
incompatibilita' ivi previste per i giudici onorari a quelle previste
dal presente numero;
2) introdurre il divieto di affidamento dei minori a persone
che sono parenti o affini entro il quarto grado del giudice che ha
disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di
coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel
medesimo procedimento nonche' il divieto di collocamento dei minori
presso strutture o comunita' pubbliche o private nelle quali
rivestono cariche rappresentative, o partecipano alla gestione
complessiva o prestano a favore di esse attivita' professionale anche
a titolo gratuito o fanno parte degli organi sociali di societa' che
le gestiscono, persone che sono parente o affine entro il quarto
grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che
ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di
coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel
medesimo procedimento;
hh) introdurre un unico rito per i procedimenti su domanda
congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di
affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, modellato sul
procedimento previsto dall'articolo 711 del codice di procedura
civile, disponendo che nel ricorso debba essere contenuta
l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri
a carico delle parti, prevedendo la possibilita' che l'udienza per il
tentativo di conciliazione delle parti si svolga con modalita' di
scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine rilasciare
dichiarazione contenente la volonta' di non volersi riconciliare;
introdurre un unico rito per i procedimenti relativi alla modifica
delle condizioni di separazione ai sensi dell'articolo 711 del codice
di procedura civile, alla revisione delle condizioni di divorzio ai
sensi dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e alla
modifica delle condizioni relative ai figli di genitori non
coniugati, strutturato mediante presentazione di istanza congiunta e
successiva decisione da parte del tribunale, prevedendo la fissazione
dell'udienza di comparizione personale delle parti nei soli casi di
richiesta congiunta delle parti ovvero nelle ipotesi in cui il
tribunale ravvisi la necessita' di approfondimenti in merito alle
condizioni proposte dalle parti;
ii) procedere al riordino della disciplina di cui agli articoli
145 e 316 del codice civile, attribuendo la relativa competenza al
giudice anche su richiesta di una sola parte e prevedendo la
possibilita' di ordinare al coniuge inadempiente al dovere di
contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall'articolo 143 del
codice civile di versare una quota dei propri redditi in favore
dell'altro; prevedere altresi' che il relativo provvedimento possa
valere in via esecutiva diretta contro il terzo, in analogia a quanto
previsto dall'articolo 8 della legge 1° dicembre 1970, n. 898;
ll) procedere al riordino della disciplina di cui all'articolo
156 del codice civile, all'articolo 8 della legge 1° dicembre 1970,
n. 898, all'articolo 3 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, e
all'articolo 316-bis del codice civile, introducendo un unico modello
processuale strutturato in analogia a quanto previsto dall'articolo 8
della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che tenga conto dell'assenza
di limiti prevista dall'articolo 156 del codice civile per adottare
le garanzie a tutela dell'adempimento delle obbligazioni a carico
dell'onerato e per il sequestro;
mm) procedere al riordino della disciplina di cui all'articolo
709-ter del codice di procedura civile, con possibilita' di adottare
anche d'ufficio, previa instaurazione del contraddittorio,
provvedimenti ai sensi dell'articolo 614-bis del codice di procedura
civile in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di non fare
anche quando relativi ai minori;
nn) predisporre autonoma regolamentazione per il giudizio di
appello, per tutti i procedimenti di cui alla lettera a);
oo) prevedere che i provvedimenti adottati dal giudice tutelare,
inclusi quelli emessi ai sensi dell'articolo 720-bis del codice di
procedura civile in materia di amministrazione di sostegno, siano
reclamabili al tribunale che decide in composizione monocratica per
quelli aventi contenuto patrimoniale gestorio e in composizione
collegiale in tutti gli altri casi; prevedere che del collegio non
possa far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato.
24. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti norme per l'istituzione del tribunale per
le persone, per i minorenni e per le famiglie sono adottati con
l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riorganizzare il funzionamento e le competenze del tribunale
per i minorenni di cui al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.
1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n.
835, che assume la denominazione di «tribunale per le persone, per i
minorenni e per le famiglie» composto dalla sezione distrettuale e
dalle sezioni circondariali, prevedendo che la sezione distrettuale
sia costituita presso ciascuna sede di corte d'appello o di sezione
di corte d'appello e che le sezioni circondariali siano costituite
presso ogni sede di tribunale ordinario di cui all'articolo 42
dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12, collocata nel distretto di corte d'appello o di sezione
di corte d'appello in cui ha sede la sezione distrettuale;
organizzare il tribunale per le persone, per i minorenni e per le
famiglie nell'ambito delle attuali dotazioni organiche del personale
di magistratura, del personale amministrativo, dirigenziale e non
dirigenziale, e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
b) trasferire le competenze civili, penali e di sorveglianza del
tribunale per i minorenni alle sezioni distrettuali del tribunale per
le persone, per i minorenni e per le famiglie, ad eccezione delle
competenze civili indicate nella lettera c) che sono trasferite alle
sezioni circondariali;
c) attribuire alle sezioni circondariali del tribunale per le
persone, per i minorenni e per le famiglie le competenze assegnate al
tribunale per i minorenni dall'articolo 38 delle disposizioni per
l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, dall'articolo 403 del codice
civile e dai titoli I e I-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184,
oltre a tutte le competenze civili attribuite al tribunale ordinario
nelle cause riguardanti lo stato e la capacita' delle persone, ad
esclusione delle cause aventi ad oggetto la cittadinanza,
l'immigrazione e il riconoscimento della protezione internazionale,
nonche' quelle riguardanti la famiglia, l'unione civile, le
convivenze, i minori e tutti i procedimenti di competenza del giudice
tutelare, nonche' i procedimenti aventi ad oggetto il risarcimento
del danno endo-familiare;
d) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria per svolgere le
funzioni di presidente della sezione distrettuale e la minore
anzianita' di servizio necessaria per svolgere quelle di presidente
della sezione circondariale;
e) determinare le competenze del presidente della sezione
distrettuale e del presidente della sezione circondariale;
f) stabilire che i giudici assegnati al tribunale per le persone,
per i minorenni e per le famiglie siano scelti tra quelli dotati di
specifiche competenze nelle materie attribuite all'istituendo
tribunale, stabilire l'anzianita' di servizio necessaria e disporre
che non si applichi il limite dell'assegnazione decennale nella
funzione;
g) stabilire che i magistrati siano assegnati in via esclusiva al
tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;
disciplinare la possibilita' di applicazione, anche per singoli
procedimenti individuati con criteri predeterminati nei provvedimenti
tabellari con provvedimento del presidente della sezione
distrettuale, dei giudici delle sezioni circondariali alla sezione
distrettuale ovvero dei giudici della sezione distrettuale alle
sezioni circondariali, prevedendo la possibilita' che le udienze, in
caso di applicazione, possano svolgersi con modalita' di scambio di
note scritte o di collegamento da remoto e con possibilita' per il
giudice di tenere udienza in luogo diverso dall'ufficio;
h) stabilire che i magistrati onorari assegnati ai tribunali per i
minorenni al momento dell'istituzione del tribunale per le persone,
per i minorenni e per le famiglie, ferme le disposizioni che
prevedono la loro presenza nella composizione dei collegi secondo i
principi di delega di seguito indicati, siano assegnati all'ufficio
per il processo gia' esistente presso il tribunale ordinario per le
funzioni da svolgere nell'ambito delle sezioni circondariali del
tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;
i) disciplinare composizione ed attribuzioni dell'ufficio per il
processo secondo quelle previste per l'ufficio per il processo
costituito presso i tribunali ordinari ai sensi dell'articolo
16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevedendola
possibilita' di demandare ai giudici onorari, che integreranno
l'ufficio, oltre alle funzioni previste per l'ufficio per il processo
presso il tribunale ordinario, funzioni di conciliazione, di
informazione sulla mediazione familiare, di ausilio all'ascolto del
minore e di sostegno ai minorenni e alle parti, con attribuzione di
specifici compiti puntualmente delegati dal magistrato togato
assegnatario del procedimento, secondo le competenze previste dalla
legislazione vigente;
l) stabilire che nelle materie del penale minorile la sezione
distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le
famiglie sia competente per tutti i procedimenti gia' attribuiti alla
competenza del tribunale per i minorenni e giudichi in composizione
monocratica o collegiale secondo le disposizioni vigenti che
disciplinano la materia;
m) stabilire che, nelle materie della sorveglianza minorile, la
sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e
per le famiglie sia competente per tutti i procedimenti gia'
attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni e giudichi
in composizione monocratica o collegiale secondo le disposizioni
vigenti che disciplinano la materia;
n) stabilire che, nei procedimenti civili che rientrano nelle loro
rispettive competenze, secondo quanto previsto nelle lettere b) e c),
le sezioni circondariali giudichino in composizione monocratica e le
sezioni distrettuali giudichino in composizione collegiale, con
esclusione dei soli procedimenti di cui ai titoli II, III e IV della
legge 4 maggio 1983, n. 184, per i quali le sezioni distrettuali
giudicano in composizione collegiale, con collegio composto da due
magistrati togati e da due magistrati onorari;
o) stabilire che: ogni provvedimento che definisce il giudizio
adottato dal giudice della sezione circondariale sia impugnabile
dinanzi alla sezione distrettuale, che giudica in composizione
collegiale, prevedendo che del collegio non possa far parte il
giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; ogni provvedimento
che definisce il giudizio adottato, quale giudice di prima istanza,
dalla sezione distrettuale nelle materie di competenza della stessa
sia impugnabile dinanzi alla sezione di corte d'appello per i
minorenni;
p) stabilire che avverso i provvedimenti di cui alla lettera o)
possa essere proposto ricorso per cassazione e avverso i
provvedimenti provvisori emessi ai sensi degli articoli 330, 332 e
333 del codice civile dalle sezioni distrettuali del tribunale per le
persone, per i minorenni e per le famiglie, su reclamo proposto
avverso i provvedimenti provvisori emessi dalle sezioni
circondariali, possa essere proposto ricorso per cassazione ai sensi
dell'articolo 111 della Costituzione;
q) stabilire che nel settore civile ogni provvedimento provvisorio
adottato dalle sezioni circondariali che presenti contenuti decisori
sia reclamabile dinanzi alla sezione distrettuale e che ogni
provvedimento provvisorio adottato dalla sezione distrettuale che
presenti contenuti decisori nelle materie di competenza della stessa
sia reclamabile dinanzi alla sezione di corte d'appello per i
minorenni, fatto salvo quanto previsto dalla legge 15 gennaio 1994,
n. 64, in materia di sottrazione internazionale di minorenni;
r) stabilire per i procedimenti civili elencati nel comma 23,
lettera a), l'applicazione del rito unificato in materia di persone,
minorenni e famiglie previsto dal medesimo comma 23, salvo quanto
previsto dalle lettere n), o) e q) del presente comma;
s) stabilire che per i procedimenti civili non ricompresi nella
lettera r) si applichino le disposizioni processuali vigenti che
disciplinano la materia;
t) riorganizzare il funzionamento e le competenze dell'ufficio
della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
che assume la denominazione di ufficio della procura della Repubblica
presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le
famiglie, attribuendo, inoltre, all'ufficio le funzioni civili
attribuite all'ufficio della procura della Repubblica presso il
tribunale ordinario nelle materie di competenza del costituendo
tribunale; stabilire che le funzioni del pubblico ministero
attribuite siano svolte, sia presso le sezioni distrettuali sia
presso le sezioni circondariali, anche con l'utilizzo di modalita' di
collegamento da remoto, da individuare con decreto del Ministero
della giustizia;
u) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria per svolgere le
funzioni di procuratore della Repubblica presso il tribunale per le
persone, per i minorenni e per le famiglie;
v) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria perche' i
magistrati possano essere assegnati all'ufficio della procura della
Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per
le famiglie;
z) stabilire che per l'iniziale costituzione dei tribunali per le
persone, per i minorenni e per le famiglie e delle procure della
Repubblica presso i suddetti tribunali, con decreto del Ministro
della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura,
da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al presente comma, sia determinata la pianta
organica dei magistrati addetti alle sezioni distrettuali e
circondariali dei tribunali per le persone, per i minorenni e per le
famiglie e alle procure della Repubblica presso i suddetti tribunali,
nell'ambito della dotazione organica del personale di magistratura,
con decorrenza dalla data indicata nei decreti legislativi stessi;
disporre che i magistrati con funzione di presidente di tribunale per
i minorenni siano assegnati quali presidenti delle sezioni
distrettuali dei costituendi tribunali e che i presidenti di sezione
presso i tribunali ordinari, assegnati anche in via non esclusiva
alle materie di competenza delle costituende sezioni circondariali,
siano nominati, previa domanda, presidenti delle sezioni
circondariali, individuando i criteri di selezione in caso di
richieste superiori al numero di posti disponibili, privilegiando i
magistrati con maggiore esperienza maturata nelle materie di
competenza del costituendo tribunale; disporre che i procuratori
della Repubblica delle procure della Repubblica presso i tribunali
per i minorenni siano assegnati quali procuratori della Repubblica
delle procure della Repubblica presso i costituendi tribunali;
stabilire che l'assegnazione e' prevista fino alla scadenza del
termine stabilito per l'assegnazione delle funzioni dirigenziali e
semi-dirigenziali, computando in tale periodo quello gia' svolto
nella precedente funzione; prevedere che i magistrati gia' assegnati
ai tribunali per i minorenni e, in via anche non esclusiva, alle
sezioni di corte d'appello per i minorenni siano assegnati alle
sezioni distrettuali e che i magistrati assegnati nei tribunali
ordinari, in via anche non esclusiva, alle materie di competenza
delle sezioni circondariali siano assegnati alle stesse, previa
domanda dei magistrati interessati, individuando i criteri di
selezione in caso di richieste superiori al numero di posti
disponibili, privilegiando i magistrati con maggiore esperienza
maturata nelle materie di competenza del costituendo tribunale;
prevedere che i magistrati assegnati alla procura della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni siano assegnati alla procura
della Repubblica presso il costituendo tribunale;
aa) stabilire che il personale di cancelleria e le dotazioni
materiali assegnati al tribunale per i minorenni siano assegnati alla
sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e
per le famiglie e che il personale di cancelleria e le dotazioni
materiali assegnati in ciascun tribunale allo svolgimento delle
funzioni amministrative connesse alle materie trasferite alle
istituende sezioni circondariali siano alle stesse assegnati con
provvedimenti del Ministero della giustizia;
bb) stabilire l'informatizzazione del tribunale per le persone,
per i minorenni e per le famiglie e dell'ufficio di procura, con
l'introduzione della consolle del magistrato e del pubblico ministero
per tutti i procedimenti civili di competenza dell'istituendo
tribunale, da attuare con provvedimenti del Ministero della
giustizia;
cc) stabilire che le disposizioni contenute nei decreti
legislativi di cui al presente comma abbiano efficacia decorsi due
anni dalla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
25. Il Governo e' delegato ad emanare, entro il termine del 31
dicembre 2024, le norme necessarie al coordinamento delle
disposizioni dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 24
con tutte le altre leggi dello Stato nonche' la disciplina
transitoria volta ad assicurare la rapida trattazione dei
procedimenti pendenti, civili e penali, fissando le fasi oltre le
quali i procedimenti saranno definiti secondo le disposizioni
previgenti.
26. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al
tribunale in composizione collegiale sono adottati nel rispetto del
seguente principio e criterio direttivo: modificare l'articolo 336
del codice civile, prevedendo che la legittimazione a richiedere i
relativi provvedimenti competa, oltre che ai soggetti gia' previsti
dalla norma, anche al curatore speciale del minore, qualora gia'
nominato; che il tribunale sin dall'avvio del procedimento nomini il
curatore speciale del minore, nei casi in cui cio' e' previsto a pena
di nullita' del provvedimento di accoglimento; che con il
provvedimento con cui adotta provvedimenti temporanei nell'interesse
del minore, il tribunale fissi l'udienza di comparizione delle parti,
del curatore del minore se nominato e del pubblico ministero entro un
termine perentorio, proceda all'ascolto del minore, direttamente e
ove ritenuto necessario con l'ausilio di un esperto, e all'esito
dell'udienza confermi, modifichi o revochi i provvedimenti emanati.
27. All'articolo 403 del codice civile sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al primo comma, le parole: « Quando il minore e' moralmente o
materialmente abbandonato o e' allevato in locali insalubri o
pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralita', ignoranza
o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui »
sono sostituite dalle seguenti: «Quando il minore e' moralmente o
materialmente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente
familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumita'
psico-fisica e vi e' dunque emergenza di provvedere»;
b) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:
«La pubblica autorita' che ha adottato il provvedimento emesso ai
sensi del primo comma ne da' immediato avviso orale al pubblico
ministero presso il tribunale per i minorenni, nella cui
circoscrizione il minore ha la sua residenza abituale; entro le
ventiquattro ore successive al collocamento del minore in sicurezza,
con l'allontanamento da uno o da entrambi i genitori o dai soggetti
esercenti la responsabilita' genitoriale, trasmette al pubblico
ministero il provvedimento corredato di ogni documentazione utile e
di sintetica relazione che descrive i motivi dell'intervento a tutela
del minore.
Il pubblico ministero, entro le successive settantadue ore, se non
dispone la revoca del collocamento, chiede al tribunale per i
minorenni la convalida del provvedimento; a tal fine puo' assumere
sommarie informazioni e disporre eventuali accertamenti. Con il
medesimo ricorso il pubblico ministero puo' formulare richieste ai
sensi degli articoli 330 e seguenti.
Entro le successive quarantotto ore il tribunale per i minorenni,
con decreto del presidente o del giudice da lui delegato, provvede
sulla richiesta di convalida del provvedimento, nomina il curatore
speciale del minore e il giudice relatore e fissa l'udienza di
comparizione delle parti innanzi a questo entro il termine di
quindici giorni. Il decreto e' immediatamente comunicato al pubblico
ministero e all'autorita' che ha adottato il provvedimento a cura
della cancelleria. Il ricorso e il decreto sono notificati entro
quarantotto ore agli esercenti la responsabilita' genitoriale e al
curatore speciale a cura del pubblico ministero che a tal fine puo'
avvalersi della polizia giudiziaria.
All'udienza il giudice relatore interroga liberamente le parti e
puo' assumere informazioni; procede inoltre all'ascolto del minore
direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto.
Entro i quindici giorni successivi il tribunale per i minorenni, in
composizione collegiale, pronuncia decreto con cui conferma, modifica
o revoca il decreto di convalida, puo' adottare provvedimenti
nell'interesse del minore e qualora siano state proposte istanze ai
sensi degli articoli 330 e seguenti da' le disposizioni per
l'ulteriore corso del procedimento. Il decreto e' immediatamente
comunicato alle parti a cura della cancelleria.
Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del
decreto il pubblico ministero, gli esercenti la responsabilita'
genitoriale e il curatore speciale possono proporre reclamo alla
corte d'appello ai sensi dell'articolo 739 del codice di procedura
civile. La corte d'appello provvede entro sessanta giorni dal
deposito del reclamo.
Il provvedimento emesso dalla pubblica autorita' perde efficacia se
la trasmissione degli atti da parte della pubblica autorita', la
richiesta di convalida da parte del pubblico ministero e i decreti
del tribunale per i minorenni non intervengono entro i termini
previsti. In questo caso il tribunale per i minorenni adotta i
provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore.
Qualora il minore sia collocato in comunita' di tipo familiare,
quale ipotesi residuale da applicare in ragione dell'accertata
esclusione di possibili soluzioni alternative, si applicano le norme
in tema di affidamento familiare».
28. All'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice
civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo
1942, n. 318, il primo comma e' sostituito dai seguenti:
«Sono di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti
previsti dagli articoli 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317-bis,
ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice
civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti
previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile,
anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando e' gia'
pendente o e' instaurato successivamente, tra le stesse parti,
giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti
civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli articoli 250,
quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 del codice civile,
dell'articolo 710 del codice di procedura civile e dell'articolo 9
della legge 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per
i minorenni, d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e
comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, adotta
tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse
del minore e trasmette gli atti al tribunale ordinario, innanzi al
quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti
adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia
fino a quando sono confermati, modificati o revocati con
provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero
della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni,
nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al
tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al
pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale
ordinario.
Il tribunale per i minorenni e' competente per il ricorso
previsto dall'articolo 709-ter del codice di procedura civile quando
e' gia' pendente o e' instaurato successivamente, tra le stesse
parti, un procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333, 334 e
335 del codice civile. Nei casi in cui e' gia' pendente o viene
instaurato autonomo procedimento previsto dall'articolo 709-ter del
codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario,
quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e
comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli
opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del
minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al
quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti
adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a
quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento
emesso dal tribunale per i minorenni».
29. All'articolo 26-bis, primo comma, del codice di procedura
civile, le parole: «il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la
residenza, il domicilio, la dimora o la sede» sono sostituite dalle
seguenti: «il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio
dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la
residenza, il domicilio, la dimora o la sede».
30. All'articolo 78 del codice di procedura civile sono aggiunti,
in fine, i seguenti commi:
«Il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del
minore, anche d'ufficio e a pena di nullita' degli atti del
procedimento:
1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbia chiesto
la decadenza dalla responsabilita' genitoriale di entrambi i
genitori, o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza
dell'altro;
2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 403
del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli articoli
2 e seguenti della legge 4 maggio 1983, n. 184;
3) nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga alla
luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne
l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i
genitori;
4) quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto
quattordici anni.
In ogni caso il giudice puo' nominare un curatore speciale quando
i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a
rappresentare gli interessi del minore; il provvedimento di nomina
del curatore deve essere succintamente motivato».
31. All'articolo 80 del codice di procedura civile sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la
necessita' di nominare un curatore speciale sorge nel corso di un
procedimento, anche di natura cautelare, alla nomina provvede,
d'ufficio, il giudice che procede»;
b) dopo il secondo comma e' aggiunto il seguente:
«Al curatore speciale del minore il giudice puo' attribuire nel
provvedimento di nomina, ovvero con provvedimento non impugnabile
adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza
sostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto.
Il minore che abbia compiuto quattordici anni, i genitori che
esercitano la responsabilita' genitoriale, il tutore o il pubblico
ministero possono chiedere con istanza motivata al presidente del
tribunale o al giudice che procede, che decide con decreto non
impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze o perche'
mancano o sono venuti meno i presupposti per la sua nomina».
32. All'articolo 543 del codice di procedura civile, dopo il quarto
comma sono aggiunti i seguenti:
«Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata
nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l'avviso
di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo
della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo
dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato
deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del
pignoramento.
Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di piu' terzi,
l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai
quali non e' notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la
notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli
obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza
indicata nell'atto di pignoramento».
33. All'articolo 709-ter, secondo comma, del codice di procedura
civile, il numero 3) e' sostituito dal seguente:
«3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei
genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma
giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza
dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice
costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per
ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis».
34. Alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura
civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18
dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, terzo comma, sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: «; 7) della neuropsichiatria infantile, della
psicologia dell'eta' evolutiva e della psicologia giuridica o
forense»;
b) all'articolo 15, dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«Con riferimento alla categoria di cui all'articolo 13, terzo
comma, numero 7), la speciale competenza tecnica sussiste qualora
ricorrano, alternativamente o congiuntamente, i seguenti requisiti:
1) comprovata esperienza professionale in materia di violenza
domestica e nei confronti di minori;
2) possesso di adeguati titoli di specializzazione o
approfondimento post-universitari in psichiatria, psicoterapia,
psicologia dell'eta' evolutiva o psicologia giuridica o forense,
purche' iscritti da almeno cinque anni nei rispettivi albi
professionali;
3) aver svolto per almeno cinque anni attivita' clinica con minori
presso strutture pubbliche o private».
35. All'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132,
convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, dopo le parole: «o di divorzio» sono aggiunte le
seguenti: «, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del
matrimonio, e loro modifica, e di alimenti»;
b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:
«1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un
avvocato per parte puo' essere conclusa tra i genitori al fine di
raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle
modalita' di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori
del matrimonio, nonche' per la disciplina delle modalita' di
mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti
nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni gia'
determinate. Puo' altresi' essere conclusa tra le parti per
raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione
dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio
maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la
determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del codice
civile, e per la modifica di tali determinazioni»;
c) al comma 3, primo periodo, le parole: « nei casi di cui al
comma 1 » sono sostituite dalle seguenti: « nei casi di cui ai commi
1 e 1-bis » e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, di
affidamento e di mantenimento dei figli minori nati fuori del
matrimonio, nonche' i procedimenti per la disciplina delle modalita'
di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente
autosufficienti e per la modifica delle condizioni gia' determinate,
per la determinazione degli alimenti e per la loro modifica».
36. All'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n.
13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando l'attore risiede
all'estero le controversie di accertamento dello stato di
cittadinanza italiana sono assegnate avendo riguardo al comune di
nascita del padre, della madre o dell'avo cittadini italiani».
37. Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si
applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo
giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente
legge.
38. Dall'attuazione della presente legge, salvo quanto previsto
dalle disposizioni di cui ai commi 4, lettera a), 9, lettera e),
numero 3), e 19, e dei decreti legislativi da essa previsti, non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi
adempimenti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
39. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4, lettera
a), e' autorizzata la spesa di 4,4 milioni di euro per l'anno 2022 e
di 60,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Al relativo
onere si provvede, quanto a 4,4 milioni di euro per l'anno 2022 e a
15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, mediante
corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di
politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge
29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge
27 dicembre 2004, n. 307, quanto a 15 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo
di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n.
190, e, quanto a 30,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno
2023, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo
al Ministero della giustizia.
40. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui
al comma 9, lettera e), numero 3), valutati in euro 586.894 per
l'anno 2022 e in euro 1. 173.788 a decorrere dall'anno 2023, si
provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo
al Ministero della giustizia.
41. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 19 e'
autorizzata la spesa di euro 23.383.320 annui a decorrere dall'anno
2023. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 860, della
legge 30 dicembre 2020, n. 178. Conseguentemente, all'articolo 1
della legge 30 dicembre 2020, n. 178, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 858, primo periodo, le parole: «3.000 unita'» sono
sostituite dalle seguenti: «2.410 unita'», le parole: «1.500 unita'»
sono sostituite dalle seguenti: «1.205 unita'», le parole: «1.200
unita'» sono sostituite dalle seguenti: «961 unita'» e le parole:
«300 unita'» sono sostituite dalle seguenti: «244 unita'»;
b) al comma 860, la cifra: «119.010.951» e' sostituita dalla
seguente: «95.627.631».
42. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
43. I decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nel
presente articolo sono corredati di relazione tecnica che dia conto
della neutralita' finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o
maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di
copertura.
44. In conformita' all'articolo 17, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, qualora uno o piu' decreti legislativi
determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al
proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo
successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei
provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse
finanziarie.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 26 novembre 2021
MATTARELLA
Draghi, Presidente del Consiglio
dei ministri
Cartabia, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Cartabia
“La mediazione e le forme complementari di risoluzione delle controversie civili”
26 maggio 2021 ore 17
Avv. Carlo Alberto Calcagno
Mediatore civile e commerciale e familiare
Noi uomini del XXI secolo abbiamo un concetto di giustizia legato al processo e ad un tribunale stabile ove decidono dei giudici professionali che emettono delle sentenze motivate secondo diritto a seguito di un’istanza per lo più presentata da avvocati.
Questo schema a cui siamo abituati non è profondamente radicato nella storia come ci verrebbe da pensare; ci appartiene solo dal XIX secolo.
Lo stesso concetto attuale di tribunale peraltro in altri paesi è diverso dal nostro: negli Stati Uniti ad esempio con il termine “Tribunal” si intende qualsiasi luogo ove si prendono decisioni che incidono sui diritti, ma non vi è l’idea di un luogo fisso e predeterminato; si potrebbe ad esempio anche fare riferimento ad un’agenzia governativa.
I millenni che ci hanno preceduto hanno spesso conosciuto composizioni itineranti. Così ad esempio in Cina o in Francia dove abbiamo ancora oggi una conciliazione itinerante, in Roma dove il praetor decideva in basilica, ma esercitava anche la giurisdizione de plano nei luoghi di privata dimora. Carlo Magno aveva i suoi Missi dominici, Federico II il Gran giustiziere e i maestri giustizieri che giravano per tutti i domini di loro competenza. Ancora il conciliatore del Regno di Sicilia in pieno Ottocento andava per le strade a cercare privati dissidi da comporre.
Le cose sono cambiate col Regno d’Italia, anche se gli uomini del periodo unitario non sapevano sostanzialmente che cosa fosse un tribunale, una corte d’appello o una cassazione (inizialmente ce ne erano ben cinque). La giustizia si esercitava per lo più presso il conciliatore e in qualche misura presso le preture.
Le preture non esistono più dagli anni ‘90 ed il conciliatore è stato sostituito dal giudice di pace, ma si sono accentrate tutte le liti presso il tribunale con gli esiti che abbiamo tutti sotto gli occhi.
Anche il concetto di giudice è mutato grandemente nel tempo. La storia ricorda solo pochi esempi di giudici che fossero giureconsulti: lo Scabino franco che era anche notaio e il Gran Giustiziere siculo.
Non lo erano i giudici più antichi e una laurea in giurisprudenza venne richiesta soltanto nei domini sabaudi a metà del XVIII secolo.
I giudici antichi si valevano di assessori che erano laureati in legge, ma la loro consultazione non era obbligatoria. Solo con Federico II a ben vedere si collazionarono delle raccolte di pronunce a cui potevano attingere anche i non giuristi e dunque si diffuse l’idea di un’applicazione della giustizia legata al precedente (che oggi troviamo nei paesi anglo-sassoni).
I giudici erano sostanzialmente dei boni homines che godevano della fiducia del principe.
Spesso non sapevano né leggere né scrivere ed infatti, ad esempio nel regno di Federico II le sentenze venivano stese dal notaio peraltro in presenza dei giudici e di testimoni che sapessero leggere e scrivere.
Non sapevano leggere o scrivere i giudici della Grecia antica che si limitavano a prendere una decisione con il voto, alzando o abbassando una mano.
Gli stessi avvocati sino al 1870 non avevano spesso neanche un titolo di scuola elementare perché nel nostro paese non c’era l’obbligo di istruzione (nemmeno per i farmacisti).
Del resto l’obbligo di scrivere la sentenza arriva soltanto con Federico II nel XIII secolo e solo con la Rivoluzione francese si arriva a pretendere una motivazione.
Lo stesso ruolo degli avvocati è mutato nel tempo: nell’Attica antica non esistevano i legali ma c’erano solo dei logografi giudiziari che a pagamento cercavano di convincere il giudice spesso inventando di sana pianta il testo della legge (per cui non sappiamo ad esempio con sicurezza quali fossero le leggi davvero vigenti nella Grecia antica); all’epoca la legge si considerava un mezzo di prova.
Gli avvocati dell’antica Roma non avevano la rappresentanza del cliente, ma si limitavano a parlare bene del loro assistito. La rappresentanza del resto era vista con sfavore dai giudici anche nel XIX secolo e si pretendeva pure l’atto notarile per conferirla. Così come oggi si pretende la procura sostanziale per la mancata partecipazione alla mediazione.
Anche gli uomini che litigavano ovviamente non sapevano né leggere né scrivere ed infatti i primi verbali di polizia (detti notoria) che arrivano sotto l’imperatore Valente, erano compilati soltanto dai poliziotti e ancora si discuteva in Cassazione nel XIX secolo sulla loro validità in giudizio.
Gli stessi atti di matrimonio ancora negli anni ’20 del secolo scorso riportavano spesso solo una croce. L’alfabetizzazione è stato un processo lungo. Pensiamo che solo nel 1962 il partito socialista pose come condizione per appoggiare il governo di centro-sinistra l’estensione della scuola dell’obbligo ai tre anni successivi al quinquennio elementare e dunque venne fondata la scuola media unica. Di scuola elementare obbligatoria si inizia a parlare nel nostro paese attorno al 1860, ma gli esiti del dibattito non furono proficui; solo nel 1877 si stabilì che le scuole elementari durassero cinque anni e che il primo triennio fosse obbligatorio.
In una situazione come quella descritta come veniva effettuata la composizione del conflitto?
Gli uomini antichi avevano capito di base che l’uso della forza era economicamente meno conveniente dell’accordo.
Certo inizialmente lasciavano per lo più spazio alla vendetta anche se talvolta stipulavano delle intese dietro corresponsione di beni o denaro.
Oggi esiste la procura della Repubblica e quindi l’azione penale è pubblica, ma nella Grecia di Omero e nella Roma precedente a Cicerone le contese dipendevano solo dall’iniziativa privata.
Si ricorreva all’autorità (che poi era un consiglio di anziani) solo per stabilire se uno aveva il diritto di vendicarsi quando c’era un altro che sosteneva il contrario perché adduceva un accordo oppure in caso di accordo se chi doveva pagarne il prezzo, si assumeva, non avervi provveduto.
Le prime forme di giustizia sono dunque arbitrali e fondate sul consenso, ma anche la conciliazione aveva una sua parte importante.
Nel mondo greco-romano poi il processo si sviluppa sulla base delle forme di composizione che si erano escogitate nell’ambito della gens, della fratria o della famiglia, ossia in base all’arbitrato e alla conciliazione (e non il contrario) ma l’accordo o comunque una decisione extragiudiziaria era molto frequente perché ad esempio in Grecia non esistevano i diritti reali, solo gli uomini liberi ed i meteci potevano adire i tribunali e poi le sentenze erano comunque uniche e definitive.
A Roma vigevano gli usi ricordati dall’Evangelista Luca: “Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare? Quando vai con il tuo avversario dal giudice, cerca di trovare un accordo con lui mentre siete ancora tutti e due per strada, perché il tuo avversario può trascinarti davanti al giudice, il giudice può consegnarti alle guardie e le guardie possono gettarti in prigione. Ti assicuro che non uscirai fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo spicciolo”.
Nella prima delle XII tavole si ricordava che l’ufficio del praetor era quello di sanzionare l’accordo che le parti trovavano lungo la via, ossia di munirlo di efficacia come una sentenza.
E quindi se la conciliazione non era obbligatoria, perlomeno così veniva sentita attorno al 70 d.C. (data del Vangelo), nonostante peraltro la proibizione degli accordi voluta da Caligola che resterà in piedi sino ad Arcadio ed Onorio.
Il mondo greco-romano aveva comunque una struttura giudiziaria, con i limiti sopra ricordati; ma detta organizzazione viene meno con le invasioni barbariche.
I barbari conoscevano solo la faida, la composizione pecuniaria delle offese era molto rara. Viene approfondita con Rotari in un famoso editto, ma sostanzialmente scattava come ultima risorsa quando non si erano vinte le prove di Dio (che chiamavano ordalia) e dunque la causa era perduta.
Fra le più comuni prove di Dio va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.
Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo. Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta) non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.
Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piedi nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta.
Erano dette prove paribili (ossia evidenti) che ad un certo punto vengono affiancate dal duello giudiziario in cui due campioni si affrontavano con le armi nell’arena giudiziaria: chi vinceva con le armi ovviamente aveva ragione.
Sino a Federico II questo modo di procedere fu considerato il processo così come noi consideriamo processo quello attuale: fu il re svevo a condannare per primo le prove paribili ed il duello perché secondo lui non rivelavano la volontà di Dio e non attestavano affatto chi avesse ragione e chi avesse torto.
Ma dopo la morte dell’imperatore questo modo di considerare la giustizia continuò: nel Meridione arrivò in certe zone (nel beneventano) sino all’età barocca e a Milano abbiamo sistemi simili sino all’età viscontea.
Solo con Federico II abbiamo poi una piena distinzione tra reati e illeciti civili.
Ma i reati venivano spesso perseguiti “per inquisizione”, ossia il giudice andava a cercarsi i criminali (abbiamo detto che era itinerante) senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere del tutto discrezionale (detto arbitrium).
Come si inquadravano gli strumenti alternativi in questo sistema?
Prima delle invasioni barbariche vi era una sistema misto nel quale il giudice delegava l’arbitro a decidere o il conciliatore a conciliare, oppure si trovava un accordo per via o ancora inter parietes a mezzo di un disceptator domestiscus (che poteva essere o meno un giureconsulto).
Dopo le invasioni barbariche c’era solo la composizione pecuniaria; solo a partire da Federico II riprende il sistema misto; citiamo qui una norma che inquadra il modo di agire del Baiulo, un compositore che arriverà a giudicare al Sud sino al XIX secolo: “Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.”
E dunque nelle cause più comuni, quelle tra villani (ossia tra i servitori del feudo e i servi della gleba) si dava incarico ad alcuni uomini che si intendevano della questione perché conciliassero la vertenza o fornissero al giudice qual parere che serviva per fare sentenza.
Questo modo di procedere si ritrova ancora nelle delle Regie Costituzioni sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II).
Nell’Ottocento esistevano gli arbitri conciliatori che in materia societaria dovevano essere obbligatoriamente interpellati dal Tribunale per le questioni societarie e seguivano lo stesso schema del Baiulo: tentavano la conciliazione e formulavano un parere in caso di insuccesso.
Ancora oggi nell’esame contabile di cui all’art. 198 c.p.c. si ripete lo stesso schema: il consulente tecnico tenta la conciliazione su incarico del giudice e se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.
Nei secoli passati gli stessi giudici potevano esercitare ordinariamente tre poteri: quello di conciliare, quello di arbitrare e quello di giudicare.
La conciliazione al pari dell’arbitrato è sempre stata fortemente valutativa: anche per questo oggi non riusciamo ad abituarci ad un mediatore facilitativo, che non reca soluzioni ma è solo un esperto di comunicazione.
Per quanto riguarda la mediazione attuale abbiamo due precedenti: il primo è del XV secolo e riguarda la nascita della figura del mediatore sui monti del Kosovo; il presupposto fu che si ammise che alcune offese non richiedessero necessariamente la vendetta ma fosse possibile anche il perdono; inoltre in quella società si partiva dal presupposto che tutti gli uomini fossero uguali e che dunque non potesse esistere a priori in capo a qualcuno un diritto di punire che non fosse autorizzato a ciò dai litiganti.
Altro precedente risale al 1790 quando rinasce la conciliazione dopo la Rivoluzione francese: il giudice di pace di quei tempi era un mero mediatore perché pur avendo una sua giurisdizione, poteva mediare solo le controversie delle autorità superiori.
Di mediazione si riparla poi nel ‘900 negli Stati Uniti. Mentre in Italia la conciliazione trova uno stop col regime fascista, negli Stati Uniti la conciliazione era condizione di procedibilità per i rapporti di lavoro (con una normativa simile a quella del nostro decreto 28).
Dopo la crisi del 1929 una delle prime cose che si pensò fu la riforma del processo: le citazioni erano arrivate ad un livello di tecnicismo che rendeva difficile la vocatio in ius.
Si passa quindi ad un form compilabile da chiunque per l’introduzione della causa e le complicazioni vengono semplicemente traslate sulla fase pre-istruttoria (discovery) in cui le parti si scambiano i documenti
Attorno agli anni 60’-70’ negli Stati uniti i costi di preistruttoria, si dice, furono considerati insostenibili.
I giudici cercano di prendere il controllo della fase che precede quella istruttoria per renderla meno costosa e più coerente.
Si cercarono inoltre vie più rapide e meno costose del processo che lentamente si «strutturarono».
Gli avvocati in un primo tempo fecero resistenza come da noi, ma poi decisero di specializzarsi in ADR.
In realtà oggi che abbiamo in USA la e-discovery le cose non sono cambiate perché i problemi americani riguardano proprio i costi degli avvocati, ma da loro il processo è una eccezione pur essendo comunque di ottimo livello.
Negli anni ’70 del secolo scorso bolliva però anche un’altra pentola; le aziende americane non erano competitive come al solito per colpa, si disse, del management la cui idea e funzione si volle modificare.
In particolare volevano che l’azienda fosse in grado di stringersi intorno alla fase della «Specificazione» in cui il management stabilisce «Idea, costo, prezzo, tempo» di un dato bene.
Si andarono così a studiare le opere omeriche, l’Eneide e la Bingfa (l’Arte della Guerra di Sun Tzu) e dai miti degli eroi se ne ricavò il nuovo modello.
«Colui che trova il modo di far parlare tutte le parti interessate, che sa capire le loro differenti prospettive, e riesce infine a trovare un ideale comune che tutti siano disposti a sottoscrivere. Costui fa affiorare il conflitto, riconosce i sentimenti e i punti di vista di tutti e poi reindirizza l’energia verso un ideale comune» (Daniel Goleman)
A ciò si aggiunse dal punto di vista operativo un modello che aveva molto a che fare con il primo insegnamento del Buddha.
Per un’economia rinnovata necessitava però anche una giustizia di pacificazione dei conflitti sociali che erano violenti in quel periodo.
Si va a riscoprire una giustizia di prossimità (community mediation) che era già presente nelle costituzioni dei singoli stati americani nel XVIII secolo.
Nel frattempo con l’aiuto dell’ONU si indagano le migliori prassi per la «conciliazione civile e commerciale».
Conciliazione e mediazione sono negli Stati uniti fenomeni distinti: la prima può comportare una proposta del conciliatore, la seconda no.
Negli anni 80’ interviene l’UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law) e pone le basi per la conciliazione commerciale moderna e per la nostra mediazione (da noi gli istituti non si distinguono).
Da questo momento in poi la mediazione arriva anche in Europa anche se si deve aspettare sino alla direttiva 52/08 perché si abbia in animo di deflazionare anche il contenzioso.
A oltre due anni dallo spirare del termine di adozione (9 luglio 2015) si è completato il recepimento della DIRETTIVA 2013/11/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull’ADR per i consumatori).
Vediamo ulteriore dettaglio dei provvedimenti legislativi assunti stato per stato.
Austria (Legge federale)
Il progetto inizialmente pubbicato (Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen werden soll und das Konsumentenschutzgeset)
La legge federale è entrata in vigore il 14 agosto 2015 (Bundesgesetz, mit dem ein Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen wird und das Konsumentenschutzgesetz, das Gebührengesetz 1957 und das Verbraucherbehörden-Kooperationsgesetz geändert werden StF: BGBl).
Ha recepito la Direttiva 2013/11/UE con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.
Cipro ha scelto l’arbitrato (si sostituisce la legge del 2011) che riguarda le controversie, transfrontaliere o non, per vendita di beni o prestazione di servizi sino a 5000 €.
Croazia (Legge)
Il progetto di legge si può rinvenire all’indirizzo:
Si tratta della Zakon o alternativnom rješavanju potrošačkih sporova resa nota il 31 luglio 2015 dal Governo e sottoposta sino al 19 agosto a pubblica consultazione attraverso econsulting.
Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.
Su questo testo ha fatto osservazioni il Bundesrat: l’organo attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale (in tedesco Bund) e si occupano di questioni relative all’Unione europea. Cfr. http://www.bundesrat.de/SharedDocs/drucksachen/2015/0201-0300/258-15(B).pdf;jsessionid=57937C7BFA9BDF19797E1509C7A232D5.2_cid382?__blob=publicationFile&v=1
In data 11 dicembre 2015 il Bundestag (parlamento tedesco) ha approvato la legge di attuazione della direttiva ADR.
Si tratta dell’ Entwurf eines Gesetzes zur Umsetzung der Richtlinie über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten und zur Durchführung der Verordnung über Online-Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten (Un progetto di legge di recepimento della direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie in materia di consumo e per l’attuazione del Regolamento concernente la risoluzione delle controversie online negli affari dei consumatori)
La Germania ha scelto l’arbitrato. Non si tratta però di un arbitrato vincolante. la via giudiziaria è comunque possibile.
Tuttavia se le parti lo richiedono il collegio arbitrale può nominare un mediatore che deve essere competente sia in materia di consumo sia in ambito giuridico.
Il mediatore deve essere certificato ovvero avere la qualifica di giudice.
l problema è che in oggi non esistono mediatori certificati in Germania perché il regolamento di attuazione della legge sulla mediazione non è stato ancora varato (sono passati invano 4 anni!) e dunque sino a che non interverrà apposita regolamentazione potranno occuparsi di ADR del consumo soltanto i collegi arbitrali che sono formati da avvocati pienamente qualificati. In alternativa è previsto che possano mediare soltanto i giudici, ma non pare questa ultima una soluzione che possa essere utlizzata.
E dunque si pensa che presto verrà varato il nuovo regolamento sulla certificazione, in modo che le questioni di consumo possano essere aperte a tutte le professioni.
Comunicato stampa con ultima versione del progetto allegata:
Il Presidente tedesco ha promulgato la legge di attuazione della direttiva ADR in data 19 febbraio 2016. La norma è in G.U. dal 25 febbraio 2016.
Ed i paesi attuatori divengono 24. Anche se la norma entrerà in vigore a spizzichi e bocconi tra l’aprile 2016 ed il 2019.
Ρυθμίσεις σχετικά με προσαρμογή της ελληνικής νομοθεσίας, σε συμμόρφωση με την Οδηγία 2013/11/ΕΕ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την εναλλακτική επίλυση καταναλωτικών διαφορών και για την τροποποίηση του κανονισμού (ΕΚ) αριθ. 2006/2004 και της οδηγίας 2009/22/ΕΚ (οδηγία ΕΕΚΔ) και την λήψη συμπληρωματικών εθνικών μέτρων εφαρμογής του Κανονισμού 524/2013 του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την ηλεκτρονική επίλυση καταναλωτικών διαφορών
Il provvedimento si trova in https://www.e-nomothesia.gr/sunegoros-tou-katanalote/koine-upourgike-apophase-70330-oik-2015.html
Irlanda (Statutory Instrument)
Il progetto è stato adottato in maggio. Si tratta del CONSUMER RIGHTS BILL 2015.
L’implementazione della Direttiva ADR è avvenuta il 31 luglio 2015 con S.I. No. 343 of 2015 EUROPEAN UNION (ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION FOR CONSUMER DISPUTES REGULATIONS 2015).
La legge è stata varata il 26 novembre 2015 ed entrerà in vigore per la quasi totalità del dettato il 1° gennaio del 2016.
Si tratta di: VARTOTOJŲ TEISIŲ APSAUGOS ĮSTATYMO NR. I-657 2, 5, 10, 11, 12, 40 STRAIPSNIŲ, ŠEŠTOJO SKIRSNIO IR ĮSTATYMO PRIEDO PAKEITIMO ĮSTATYMAS
Si può trovare in http://www3.lrs.lt/pls/inter3/dokpaieska.showdoc_l?p_id=1099601
Il paese ha scelto l’arbitrato e la mediazione. La legge ha una struttura simile alla nostra con tante autorità che si occupano del settore.
Lussemburgo (Legge)
PROJET DE LOI portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines autres dispositions du Code de la consommation
In data 17 dicembre 2015 il governo del Lussemburgo ha adottato nel consiglio dei ministri il projet de loi portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines dispositions du Code de la consommation.
Il 19 gennaio 2016 c’è stato l’ok circa la costituzionalità del provvedimento.
la scheda parlamentare si trova in http://www.chd.lu/wps/portal/public/RoleEtendu?action=doDocpaDetails&id=6769&backto=/wps/portal/public#
La legge è stata adottata il 17 febbraio 2016, ma la pubblicazione è avvenuta solo il 14 aprile 2016.
E’ stato istituito il mediatore del consumo che facilita la ricerca di una soluzione amichevole di una controversia di consumo od offrire una soluzione, sentite le parti ed i terzi e raccolte tutte le informazioni necessarie.
ATT Nru XXX tal-2015 ATT li jemenda l-Att dwar l-Affarijiet tal-Konsumatur, Kap. 378, u għal affarijiet oħra konsegwenzjali jew anċillari għal dan. (AN ACT to amend the Consumer Affairs Act, Cap. 378, and for any other matter consequential or ancillary thereto).
Il provvedimento è del 30 ottobre 2015. Si può trovare in http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=27145&l=1
E’ entrato in vigore il 20 novembre 2015. Cfr. https://www.gov.mt/en/Government/Government%20Gazette/Documents/2015/11/Government%20Gazette%20-%2024th%20November.pdf
Paesi Bassi (Legge)
Wet van 16 april 2015 tot implementatie van de Richtlijn 2013/11/EU van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende alternatieve beslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG en uitvoering van de Verordening (EU) nr. 524/2013 van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende onlinebeslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG (Implementatiewet buitengerechtelijke geschillenbeslechting consumenten)
Esiste un progetto di legge del 20 marzo del 2015 nella sua ultima versione (ma il percorso era iniziato già nel novembre del 2014). Il 6 giugno del 2015 è stato adottato dal Consiglio dei Ministri.
La Polonia ha licenziato la legge in data 26 settembre 2016 (USTAWA z dnia 23 września 2016 r. o pozasądowym rozwiązywaniu sporów konsumenckich1). L’entrata in vigore è stata fissata per il 10 gennaio 2017
Lei n.º 144/2015 de 8 de setembro
Transpõe a Diretiva 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo, e revoga os Decretos -Leis n.os 146/99, de 4 de maio, e 60/2011, de 6 de maio.
Il Governo ha presentato un progetto di legge il 31 marzo 2015. È all’esame della Camera dei deputati dal 27 maggio 2015.
Il presidente Milos Zeman ha firmato la legge attuatrice il 15 Dicembre 2015
Il testo è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il 28 Dicembre 2015.
Si tratta della zákon ze dne 9. prosince 2015, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zákony.
Tuttavia l’autorità di riferimento della UE, il Ministero dell’Energia, del Piccole e Medie Imprese e dello sviluppo economico ha subito una riorganizzazione che sino al 2017 ha reso impossibile l’attuazione della Direttiva ADR. Per evitare la procedura di infrazione la Romania l’11/10/17 ha adottato un provvedimento d’urgenza con cui ha nominato come autorità il ministero dell’Economia
Si tratta della ORDONANŢĂ DE URGENŢĂ nr. 75 din 11 octombrie 2017 pentru modificarea Ordonanţei Guvernului nr. 38/2015 privind soluţionarea alternativă a litigiilor dintre consumatori şi comercianţi
Bisogna dire che la FACUA, un’associazione dei consumatori spagnoli, si è scagliata contro questo progetto di legge perché, tra gli altri motivi, limita i diritti e le garanzie dei consumatori e ostacola l’accesso alla giustizia e all’arbitrato.
La legge è andata in Gazzetta Ufficiale il 4 novembre 2017.
Ley 7/2017, de 2 de noviembre, por la que se incorpora al ordenamiento jurídico español la Directiva 2013/11/UE, del Parlamento Europeo y del Consejo, de 21 de mayo de 2013, relativa a la resolución alternativa de litigios en materia de consumo
Il progetto di legge governativo è del maggio 2015 e comporta la modifica della legge del consumo del 1997. T/4820. számú örvényjavaslat a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról.
È divenuta legge con l’adozione in parlamento il 6 luglio 2015 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 102/2015 del 13 luglio 2015 a pag. 17618.
Si intitola:
2015. évi CXXXVII. Törvény a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról
E’ entrata in vigore il 13 settembre 2015
Si può trovare in https://mkogy.jogtar.hu/?page=show&docid=A1500137.TV
1.1. Obiettivo La direttiva 2008/52/CE relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale1 , compreso il diritto di famiglia, ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e di promuoverne la composizione amichevole incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. Si applica nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, e il suo termine di recepimento negli ordinamenti nazionali è scaduto il 21 maggio 2011. La presente valutazione della sua applicazione è condotta conformemente all’articolo 11 della direttiva. L’obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia, come parte della politica dell’Unione europea di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, comprende l’accesso ai metodi giudiziali ed extragiudiziali di risoluzione delle controversie. La mediazione può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente dalle parti. Tali benefici diventano anche più evidenti nelle situazioni che presentano elementi di portata transfrontaliera. Benché la mediazione sia in genere vantaggiosa nell’ambito delle questioni civili e commerciali, occorre sottolinearne l’importanza nel settore del diritto di famiglia. La mediazione può creare un’atmosfera costruttiva di discussione e garantire rapporti equi tra i genitori. Inoltre, le soluzioni amichevoli tendono ad essere durature e possono riguardare, oltre alla residenza principale del minore, le disposizioni o gli accordi di visita relativi al mantenimento del minore.
Sono felice che proprio nel giorno in cui i britannici sceglievano di uscire dall’Unione Europea sia stato pubblicato dal Sole24Ore un mio contributo[1] in cui ho assunto la centralità del Regno Unito in relazione alla mediazione civile e commerciale.
Confermo ora la mia opinione punto su punto: la Gran Bretagna è il miglior luogo ove praticare la mediazione e lo sarà anche in futuro.
E con questo non voglio dire che abbiano fatto bene a lasciare l’Europa dei Ventotto: sono scelte sovrane.
Certo è che si tratta di un popolo con un forte senso e forse anche culto della superiorità visto che ancora nel 1957 il Times scriveva: “Fog in the channel Europe cut off”[2].
Ma del resto c’è chi da noi oggi sostiene che l’Italia sia la nazione più solida d’Europa e qualcun altro che un po’ prima, sempre da noi, aveva scritto: ”Voglio soprattutto che voi abbiate l’orgoglio di essere rurali”[3] e che arrivò a proclamare pure l’autarchia nel 1935, e quindi mi riesce difficile scagliare la prima pietra.
Ricordo comunque che ancora prima, nel 1863, in Senato si pensava che la terra di Albione avrebbe avuto forti contraccolpi economici, ma Camillo Benso Conte di Cavour avvertì che nulla sarebbe accaduto[4] e nulla accadde.
La verità è che gli Inglesi da millenni afferrano dagli altri popoli soltanto quel che ritengono utile e per il resto fanno da soli.
Ma quello che esportano non è poi così bislacco.
Loro è ad esempio il concetto di public opinion legato a doppio filo con la nascita del giornale: il fatto che qualcuno voglia togliere il diritto di voto a coloro che si sono espressi per l’uscita, in virtù di una presunta ignoranza, fa precipitare il mondo a prima dell’Illuminismo che a Londra peraltro è iniziato un secolo prima che in Francia.
Sono quegli stessi, deputati e senatori, che a suo tempo, non conoscevano “la data della scoperta dell’America, dell’unità d’Italia, delle guerre di indipendenza, la data dell’entrata in vigore della nostra Costituzione, l’esistenza di alcune nazioni dell’Africa, ad esempio il Darfur”[5].
E’ anche vero che Jonathan Swift, alfiere della pubblica opinione, lottò per molti anni per avere un’Irlanda indipendente, ma siamo sicuri che oggi se la prenderebbe ancora con la City?
Dicevo che sono convinto del primato britannico in tema di strumenti alternativi al giudizio.
Lo dico da storico e da giurista. Semplicemente perché gli Inglesi non hanno snaturato le proprie radici.
Ma attenzione che non lo hanno fatto nemmeno la Francia e la Germania che già ai tempi non sospetti del giuramento di Strasburgo (842) – quando noi avevamo dimenticato persino la scrittura – si esprimevano entrambe nella propria lingua[6]; chi voglia mettersi d’accordo con tedeschi e transalpini per una nuova e santa alleanza, non creda che troverà stesi petali di rosa al suo passaggio.
La tradizione del bonario componimento in Gran Bretagna vede la nascita nell’XI secolo. E dunque non hanno di certo aspettato la direttiva 52/08.
Ma una volta uscita la direttiva 52/08 non hanno fatto come l’Italia che ne ha esteso i dettami anche alla legislazione interna. Qui a Genova si dice che i genovesi hanno costruito i palazzi per coprire i crateri delle bombe e dunque le norme urbanistiche sono un optional; parimenti in Italia non avevamo una identità nostra nel facilitativo, e abbiamo buttato alle ortiche duemila anni di conciliazione valutativa per seguire le nuove idee senza tener conto dell’impatto culturale che le stesse avrebbero avuto.
Tolstoj nel 1857 voleva liberare i suoi contadini dal servaggio ma essi rifiutarono tale liberazione: non sapevano che farne della libertà; noi italiani non siamo molto diversi, non sappiamo che farcene della libertà di negoziare, preferiamo aver ragione piuttosto che fare da soli i nostri interessi.
Gli inglesi si sono tenuti la loro mediazione che aveva già messo a punto – dieci anni prima – con la riforma voluta da Lord Wolf ed hanno concesso alle controversie transfrontaliere il minimo indispensabile.
Da loro la mediazione non è obbligatoria, ma chi non ci va senza un motivo ragionevole paga un prezzo altissimo in tema di spese processuali; i giudici la sostengono e l’hanno sostenuta anche il giorno cui una corte d’Appello l’ha dichiarata illegittima come condizione di procedibilità[7], visto che lo stesso giudice relatore si è preso la briga di intimarne la pratica agli avvocati del Regno ed una circolare è partita subito alla volta dei barrister e dei solicitor[8].
Ecco perché brexit o non brexit Londra è l’unica città al mondo dove un mediatore può vivere professionalmente di mediazione.
[4] “Se il commercio europeo» fosse in circostanze ordinarie, vi sarebbe un grande afflusso d’oro dall’Inghilterra sul continente; i cambi sarebbero sfavorevolissimi all’Inghilterra; ma accade appunto il contrario: l’oro non esce dall’Inghilterra ed i cambi sono ad essa del tutto favorevoli. Cìò che prova essere stata la deficienza di quattro milioni di sterline tra l’esportazione e l’importazione teste avvertita compensata dalla massa dei capitali che andarono a cercare sicuro ricovero in Inghilterra.
Questo fatto si osserva, non voglio dire più che altrove, ma quanto in altre città, a Genova ed a Livorno, dove la carta sovra Londra non è mai stata tanto ricercata quanto lo sia ora, e ciò non già a cagione delle somme dovute all’Inghilterra per merci acquistate, ma unicamente dacchè gran parte dei capitalisti cercano di far passare i loro capitali in Inghilterra. Se voi adottate una nuova misura ch’essi ravvisino contr’essi diretta, voi aumenterete questa tendenza così pericolosa, ed accrescerete con ciò gl’incagli del commercio e dell’industria; e chi ne soffrirà di più? Forse i gran commercianti? i grandi industriali? No, o signori; in tempi di crisi i gran commercianti, i grandi industriali trovano ancor credito, ma ne soffriranno maggiormente i piccoli commercianti”.
[7] Halsey v Milton Keynes NHS Trust- Steel v Joy and Halliday (May 2004).
[8] Il Giudice inglese in primo luogo assume che tutti gli avvocati che conducono una lite dovrebbero oggi pensare ordinariamente a considerare con i loro clienti se le loro dispute sono adatte per la mediazione.
Su questa base il 22 aprile del 2005 il Comitato della Law Society’s civil litigation ha emesso un “practice advice” sugli ADR destinato a tutti gli avvocati di Inghilterra.
A scioglimento della riserva assunta nel procedimento iscritto al n.R.G.A.C.; LETTI gli atti e la documentazione di causa;
LETTE le richieste formulate dalle parti all’udienza del 03.03.2016;
OSSERVA
Con ordinanza del 13.07.2015, questo giudice – dopo aver evidenziato e indicato alle parti gli indici di concreta mediabilità della controversia – disponeva, ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28, l’esperimento della procedura di mediazione per la ricerca di una soluzione amichevole della lite. In ottemperanza alle statuizioni giudiziali, le parti davano inizio al procedimento, comparendo – entrambe personalmente e con l’assistenza dei rispettivi difensori – al primo incontro, tenutosi in data 30.11.2015, innanzi all’organismo di mediazione prescelto. La procedura, però, non sortiva esito positivo, dal momento che al primo incontro il mediatore prendeva atto della dichiarazione resa dalla parte invitata di non voler proseguire nella mediazione e dichiarava, di conseguenza, chiuso il procedimento.
All’udienza del 03.03.2016, celebratasi in assenza del convenuto, la parte attrice, dopo aver rappresentato l’impossibilità di dare seguito alla procedura di mediazione a causa del rifiuto opposto dalla odierna parte convenuta, chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.
Prima di avviare la causa alla fase decisoria, appare opportuno a questo giudicante operare un chiarimento interpretativo sull’individuazione dell’esatto ambito applicativo dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10, precisando che le conseguenze, anche di natura sanzionatoria, previste dalla citata norma non scattano soltanto nel caso di assenza ingiustificata della parte al primo incontro di mediazione, ma operano anche nel distinto ed ulteriore caso in cui la parte presente al primo incontro, esprimendosi negativamente sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, non espliciti le ragioni di tale diniego ovvero adduca motivazioni ingiustificate, in tal modo rifiutandosi di partecipare, immotivatamente, a quella fase del procedimento di mediazione che si svolge all’esito del primo incontro. Ciò, in ragione della dirimente considerazione per cui, quando il citato art. 8 parla di “mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione”, esso deve intendersi riferito non soltanto al primo incontro (che non è altro che un segmento della intera procedura), ma anche ad ogni ulteriore fase del procedimento, ivi inclusa – in primis – quella che dà inizio alle sessioni di mediazione effettiva.
La chiave di lettura della norma che si propugna costituisce il logico e coerente corollario della condivisibile tesi (cfr., sul punto, Trib. Roma, 25.01.2016) secondo cui alle parti non può essere riconosciuto un potere di veto assoluto ed incondizionato sulla possibilità di dare seguito alla procedura di mediazione (addirittura anche nel caso in cui il giudice ne ha disposto l’espletamento – come nella fattispecie in esame – ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 28/10), dal momento che una siffatta eventualità si presterebbe al rischio di legittimare condotte delle parti tese ad aggirare l’applicazione effettiva della normativa in materia di mediazione, frustrando la finalità stessa dell’istituto, che non è quella di introdurre una sorta di adempimento burocratico svuotato di ogni contenuto funzionale e sostanziale, ma che – invece – consiste nell’offrire ai contendenti “un’utile occasione per cercare una soluzione extra giudiziale della loro vertenza, in tempi più rapidi ed in termini più soddisfacenti rispetto alla risposta che può fornire il Giudice con la sentenza, tenuto anche conto del fatto che quest’ultima può formare oggetto di impugnazione e che, in caso di mancata attuazione spontanea delle statuizioni giudiziali da parte del soccombente, richiede un’ulteriore attività esecutiva, con conseguente allungamento dei tempi e dispendio di denaro” (cfr., in tal senso, Trib. Busto Arsizio, 03.02.2016) .
Muovendo, dunque, dal principio per cui sono da considerarsi illegittime tutte quelle condotte contrarie alla ratio legis della mediazione e poste in essere dalle parti al solo scopo di eludere il dettato normativo, e facendo specifico riferimento alle determinazioni assunte dalle parti al termine del primo incontro, deve concludersi che, quando il rifiuto ingiustificato di dare seguito al procedimento di mediazione viene opposto dalla parte attrice/istante in mediazione, la condizione di procedibilità di cui all’art. 5, D. Lgs. n. 28/10 non può considerarsi soddisfatta. Del pari, quando detto rifiuto viene formulato, oltreché dalla parte attrice/istante, anche o soltanto dalla parte convenuta/invitata in mediazione, sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 4 bis, D. Lgs. citato ed, in particolare, per l’irrogazione – anche nel corso del giudizio – della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10 (condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo dovuto per il giudizio) e ricorre, altresì, un fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c., nel prosieguo del giudizio.
Occorre, peraltro, precisare che – ai fini dell’adozione dei provvedimenti innanzi richiamati – il rifiuto deve considerarsi non giustificato sia nel caso di mancanza di qualsiasi dichiarazione della parte sulla ragione del diniego a proseguire il procedimento di mediazione, sia nell’ipotesi in cui la parte deduca motivazioni inconsistenti o non pertinenti rispetto al merito della controversia. In tal senso, non potrà – ad esempio – mai costituire giustificato motivo per rifiutarsi di partecipare alla mediazione la convinzione di avere ragione o la mancata condivisione della posizione avversaria, per la evidente contraddittorietà, sul piano logico prima ancora che giuridico, che tale argomentazione sottende, atteso che il presupposto su cui si fonda l’istituto della mediazione è, per l’appunto, che esista una lite in cui ognuno dei contendenti è convinto che egli abbia ragione e che l’altro abbia torto e che il mediatore tenterà di comporre riattivando il dialogo tra le parti e inducendole ad una reciproca comprensione delle rispettive opinioni.
Passando alla disamina del caso di specie, dalla lettura del verbale del primo incontro di mediazione del 30.11.2015, si evince che la parte invitata, sia pure personalmente presente e ritualmente assistita dal proprio avvocato, “ha negato il proprio consenso alla prosecuzione del procedimento, ai sensi dell’art. 8, primo comma, del D. Lgs. n. 28/10”. Nessuna indicazione, neppure sommaria, è riportata nel verbale in merito alle eventuali ragioni che hanno indotto la parte invitata a non voler iniziare la procedura di mediazione. Né il mediatore ha precisato (com’era, invece, suo preciso dovere fare) se la parte si è opposta alla verbalizzazione dei motivi del rifiuto ovvero se, anche all’esito della eventuale sollecitazione da parte del mediatore medesimo, la stessa non ha inteso esplicitare le ragioni del proprio dissenso. L’omissione di tale rilevante aspetto preclude a questo giudicante ogni valutazione in ordine alla sussistenza di possibili profilidi giustificatezza del rifiuto opposto daalla prospettiva di proseguire nel procedimento di mediazione, di talchè, non potendo apprezzare le ragioni che hanno indotto quest’ultima ad interrompere il tentativo di mediazione al primo incontro, il rifiuto deve considerarsi non giustificato.
Ne consegue che, oltre a poter desumere da detto comportamento preclusivo argomenti di prova ex art. 116, secondo comma, c.p.c. nel prosieguo del giudizio, deve pronunciarsi a carico di
la condanna al versamento, in favore dell’Erario, della somma di € 206,00, pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio, come conseguenza sanzionatoria della ingiustificata volontà di non prendere parte alla fase del procedimento di mediazione successiva al primo incontro.
In ordine alla tempistica della irrogazione della sanzione pecuniaria in questione, ritiene questo giudice, conformemente ad un diffuso orientamento della giurisprudenza di merito (cfr., in proposito, Trib. Termini Imerese, 09/05/2012; Trib. Mantova, 22/12/2015) che la sanzione ben può essere irrogata anche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio, non emergendo dalla lettura dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10 dati normativi contrari alla propugnata
Per Questi Motivi
disattesa ogni diversa richiesta, così provvede:
CONDANNA la parte convenutaal versamento, in favore dell’Erario, della somma di
€ 206,00, pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio, come conseguenza sanzionatoria della ingiustificata volontà di non prendere parte alla fase del procedimento di mediazione successiva al primo incontro;
FISSA, per la precisazione delle conclusioni, che ciascuna parte dovrà redigere su separato atto da depositare telematicamente, la successiva udienza del 23/01/2017, ore 09.30;
MANDA alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza alle parti.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14664 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Coordinamento della Conciliazione Forense, in persona del legale rappresentante p.t., e Angelo Santi, in proprio e nella qualità di mediatore dell’Organismo di mediazione forense di Perugia, Camera di Conciliazione Forense dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, in persona del legale rappresentante p.t., Maria Agnino e Roberto Nicodemi, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giampaolo Di Marco, Massimo Letizia, Vittorio Melone e Filippo Tosti, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Letizia in Roma, Via Monte Santo, 68;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
1) quanto al ricorso, previa sospensione:
dell’art. 6 – nella sua interezza – del Decreto del Ministro della Giustizia del 4.08.2014 n. 139, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.09.2014, che ha inserito l’art. 14-bis nel Decreto del Ministro della Giustizia del 18.10.2010 n. 180;
– ovvero, in via subordinata, dell’art. 6 del decreto del Ministro della Giustizia del 4.8.2014 n. 139 nella parte in cui dispone che “1. Il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali” (art. 14-bis, comma 1, Decreto del Ministro della Giustizia del 18.10.2010 n. 180);
– ovvero, in via ulteriormente subordinata, dell’art. 6 del Decreto del Ministro della Giustizia del 04.08.2014 n. 139 nella parte in cui dispone che “1…il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali” (art. 14-bis, comma 1, Decreto del Ministro della Giustizia del 18.10.2010 n. 180);
– di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale ancorchè non conosciuto dai ricorrenti, ove lesivo, con riserva di motivi aggiunti;
2) quanto ai motivi aggiunti:
– della Circolare 14 luglio 2015 – Avente ad oggetto “incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato” emanata dal Dipartimento per gli affari di giustizia – Ufficio III – Reparto mediazione a firma del Direttore Generale della giustizia civile dott. Marco Mancinetti;
– di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 9 marzo 2016 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, i soggetti in epigrafe, avvocati mediatori ovvero associazioni forensi operanti nel campo della mediazione, chiedevano l’annullamento, previe misure cautelari, nell’ordine indicato in epigrafe, dell’art. 6 del d.m. Giustizia (di concerto con Sviluppo Economico) n. 139 del 4 agosto 2014, laddove introduceva l’art. 14 bis al previgente d.m. n. 180/2010.
In particolare i ricorrenti, riportando in sintesi i punti salienti della normativa sulla mediazione, di cui all’art. 60 l. n. 69/2009 e al d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28, lamentavano, in sintesi, quanto segue.
“I. Violazione dell’art. 3 c.1 e 2 e dell’art. 16 c.2 e 5, D.lgs. 28/2010. Eccesso di potere per carenza di potere. Incompetenza.”
I ricorrenti evidenziavano che la normativa primaria di cui all’art. 16, commi 2 e 5, d.lgs. n. 28/2010 delimitava in maniera chiara e specifica gli “spazi di manovra” lasciati alla decretazione ministeriale, di natura regolamentare e, quindi, di rango secondario e subordinato. In tali spazi non vi era alcuna traccia del tema dell’incompatibilità e/o del conflitto di interessi del soggetto che assiste la parte nel procedimento di mediazione ovvero dell’imparzialità del mediatore stesso. Ciò era confermato, d’altronde, dall’intestazione stessa del Regolamento in questione che faceva riferimento specifico alla delega di cui all’art. 16 cit. esclusivamente in ordine alla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione nonché all’approvazione delle indennità spettanti agli organismi medesimi.
Prima della modifica regolamentare come impugnata in questa sede, infatti, il decreto ministeriale si limitava, in materia di imparzialità e di indipendenza del mediatore, a stabilire che il procedimento di mediazione non poteva avere inizio prima della sottoscrizione della dichiarazione di imparzialità da parte del mediatore e a individuare gli organi competenti a vigilare sulla imparzialità stessa (rispettivamente: artt. 7, comma 5, lett. a) e art. 4, comma 2, lett. e).
Invece, con la impugnata disposizione, il Governo aveva dato luogo a “straripamento di potere”, dato che lo stesso “decreto delegato” n. 28/2010 aveva provveduto ad attenersi alle indicazioni della “legge delega” in ordine alle garanzie di imparzialità del procedimento di mediazione e aveva dato luogo, sul punto, ad una riserva di regolamento in favore dei singoli Organismi di mediazione, con un meccanismo perfettamente in linea con il sistema di risoluzione alternativo delle controversie, principalmente basato sulla centralità delle parti e sulla volontarietà delle scelte che le stesse possono effettuare all’interno del procedimento in questione.
“II. Violazione di legge per errata e/o falsa applicazione dell’art. 16 c. 4-bis D.lgs. 28/2010 e dell’art. 1 c.1 e 2 L. 31.12.2012, n. 247”.
I ricorrenti ricordavano anche che era stata istituita con specifica disposizione di legge la figura dell’”avvocato mediatore”. Ne derivava che la disciplina riguardante tale specifica figura non poteva essere modificata o integrata attraverso un decreto ministeriale e ciò sia perché era necessaria allo scopo una fonte di pari rango primario sia perché la disciplina della professione forense è riservata alla l. n. 247/2012, di cui era riportato il comma 2 dell’articolo 1.
III. Violazione degli artt. 3 e 41 Cost., lesione dei principi di parità di trattamento, di libertà dell’iniziativa economica e di concorrenza. Violazione dell’art. 4 della Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008. Eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento”.
Nella parte in cui affermava che il mediatore non poteva essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui era iscritto o relativamente al quale era socio o rivestiva una carica a qualsiasi titolo, estendendo il divieto ai professionisti soci, associati ovvero che esercitassero la professione negli stessi locali, il regolamento impugnato violava apertamente i principi costituzionali dell’autonomia dell’iniziativa economica e della parità di trattamento, arrecando alla categoria degli avvocati un pregiudizio di gran lunga maggiore rispetto agli altri professionisti esercitanti anche la mediazione.
Infatti, in seguito alle novità introdotte in tema di mediazione dal d.l. n. 69/2013, conv. in l. n. 98/2013, in specifiche materie l’attivazione del procedimento di mediazione costituiva condizione di procedibilità dell’eventuale successiva azione giudiziale e le parti dovevano essere obbligatoriamente assistite da un avvocato. I ricorrenti però ricordavano che anche negli altri casi ove la mediazione rivestiva carattere facoltativo l’assistenza dell’avvocato era resa pressoché indispensabile, in ragione della previsione normativa di cui all’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 che attribuisce efficacia di titolo esecutivo esclusivamente all’accordo sottoscritto dalle parti assistite da un avvocato e conferisce a quest’ultimo il potere di attestare e certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Era evidente dunque che in alcuni casi le parti siano costrette a rivolgersi a un avvocato, piuttosto che ad altri professionisti, per la tutela dei propri diritti, anche ai sensi dell’art. 2, comma 6, l.n. 247/12.
Inoltre, il pregiudizio si estendeva anche agli Organismi di mediazione i quali, a causa dell’irragionevole regime di incompatibilità come introdotto, vedono e vedranno ridurre in misura esponenziale il numero dei mediatori iscritti, escludendosi principalmente gli avvocati in virtù di tale introduzione e ciò soprattutto riguardo gli Organismi di mediazione di natura forense.
“IV. Violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta e illogicità”.
L’introduzione di cui al decreto ministeriale impugnato, secondo i ricorrenti, violava anche il diritto di difesa come costituzionalmente garantito in quanto impediva al soggetto che voleva tutelare un proprio diritto di rivolgersi al proprio professionista di fiducia per il solo fatto che questo faccia parte dell’organismo di mediazione deputato a mediare tra le parti o addirittura che sia semplicemente socio o associato o “coinquilino” di un professionista iscritto allo specifico organismo di mediazione.
Se l’assistenza stragiudiziale, ai sensi dell’art. 2, comma 6, l. n. 247/12 cit., era di competenza esclusiva degli avvocati ove connessa all’attività giurisdizionale, non si comprendeva, al riguardo, perché nell’ipotesi di assistenza nella mediazione la scelta del professionista non poteva più essere liberamente lasciata alla parte ma doveva risentire delle incompatibilità introdotte, vanificando in tal modo anche le particolari competenze nel settore della risoluzione stragiudiziale delle controversie che ciascun avvocato-mediatore poteva vantare nel corso del tempo e obbligando, addirittura, a cambiare in corso di causa il proprio avvocato qualora questi risulti iscritto nell’Organismo di mediazione adìto. In tal modo sarebbe stato facile per una delle parti avanzare volontaria istanza di mediazione presso un determinato Organismo cui risultava iscritto un avvocato di controparte non gradito, al solo fine di costringere la parte a dover cambiare il legale di fiducia, anche in corso di giudizio.
“V. Violazione di legge per errata applicazione degli artt. 3, 14 e16 D.lgs. 28/2010 e degli artt. 4 e 7 D.M. 180/2010. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità manifesta, travisamento dei presupposti di fatto, violazione del principio di proporzionalità.”
Il sacrificio dei richiamati diritti costituzionali appariva per i ricorrenti ancor più irragionevole se si considerava che già esisteva un rigoroso regime di incompatibilità dell’avvocato-mediatore disciplinato dall’art. 62 dell’attuale codice deontologico forense (già art. 55), di cui era riportato il contenuto.
Oltre a ciò, come già ricordato in precedenza, lo stesso art. 3, commi 1 e 2, d.lgs. n. 28/10 cit. prevedeva che al procedimento di mediazione si applicava il regolamento dell’organismo scelto dalle parti e che tale regolamento doveva garantire in ogni caso la riservatezza del procedimento nonché modalità di nomina del mediatore che assicurassero l’imparzialità e l’idoneità al corretto sollecito espletamento dell’incarico. Tale disposizione evidenziava la volontà del legislatore di limitare al minimo l’intervento statale nella scelta della procedura da applicare all’attività di mediazione ponendo come unico limite la potestà regolamentare degli Organismi di mediazione, orientata comunque ad assicurare imparzialità e idoneità del mediatore rispetto al singolo affare, fermo restando che esistevano nell’ordinamento altre disposizioni, di cui anche al medesimo D.M. n. 180/2010, che assicuravano l’imparzialità e la neutralità del mediatore rispetto alle parti.
“VI. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità, disparità di trattamento, travisamento dei presupposti di fatto”.
I ricorrenti osservavano che, pur essendo la mediazione un procedimento volontario, semplice e informale, finalizzato a superare un conflitto tra due o più parti con l’aiuto di un soggetto terzo, con le impugnate disposizioni si era introdotto un regime di incompatibilità ancor più rigido rispetto a quello previsto nell’arbitrato, istituto ben diverso da quello della mediazione e certamente meno informale e non preposto al raggiungimento di un accordo amichevole.
Infatti il codice di procedura civile prevede che l’arbitro possa essere ricusato solo se la relativa istanza è proposta al medesimo soggetto ed entro un termine perentorio mentre, nel caso di specie, le introdotte incompatibilità operano indipendentemente dalla volontà delle parti.
La disposizione contestata, inoltre, era ancor più irragionevole in quanto il professionista iscritto ad un Organismo di mediazione non partecipa in alcun modo degli utili economici dello stesso né ricava alcun tipo di vantaggio e/o interesse legato all’appartenenza allo specifico Organismo.
Il sistema delineato dal decreto ministeriale impugnato, in sostanza, costringeva alcuni professionisti che esercitavano l’attività di avvocato-mediatore a dimettersi dagli organismi di mediazione del contesto territoriale in cui operavano e ciò era ancor più grave particolarmente laddove, in un determinato circondario di Tribunale, vi erano pochi o unici Organismi di tal genere.
In prossimità della camera di consiglio si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, illustrando in una specifica memoria i motivi che secondo la sua ricostruzione dovevano portare alla reiezione della domanda cautelare e del ricorso. Anche i ricorrenti, dal canto loro, depositavano una breve memoria per la camera di consiglio a sostanziale confutazione delle tesi della difesa erariale.
Rinviata al merito la trattazione della domanda cautelare, in prossimità alla pubblica udienza del 7 ottobre 2015 era disposto un rinvio al fine di consentire la trattazione congiunta con altri ricorsi dal medesimo contenuto e anche al fine di proposizione di motivi aggiunti.
I ricorrenti provvedevano in tal senso con atto ritualmente notificato e depositato con cui chiedevano anche l’annullamento della Circolare del Ministero della Giustizia del 14 luglio 2015 nel frattempo emanata, avente ad oggetto “Incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato”.
Ricordando i presupposti del contenzioso presente davanti a questo Tribunale, i ricorrenti lamentavano ulteriormente quanto segue.
Incompetenza assoluta. Violazione di legge per mancata e/o errata applicazione dell’art. 4 del DPR 06.03.2001 n. 55, comma 2 lettera a). Violazione di legge per violazione della L. 400/88. Eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, arbitrarietà dell’azione amministrativa e ingiustizia manifesta”.
Il Direttore generale della Giustizia civile – Dipartimento per gli affari di giustizia – Ufficio III – Reparto mediazione firmatario della Circolare in questione non aveva i poteri per dare disposizioni nell’ambito in questione, in quanto con questa erano state introdotte delle effettive disposizioni “normative”, classificando la questione delle incompatibilità come diritto indisponibile, che esulavano dalle funzioni riconducibili al ruolo rivestito dal suddetto Direttore generale, il cui ambito di operatività nell’emanare circolari è legato a questioni meramente interpretative ovvero applicative relative ad atti legislativi o regolamentari.
I ricorrenti, poi, riproponevano le medesime censure di cui al ricorso introduttivo evidenziando in tal modo l’illegittimità “derivata” dell’impugnata Circolare.
In prossimità della nuova udienza pubblica del 9 marzo 2016 le parti costituite depositavano ulteriori memorie (l’Avvocatura erariale qualificandola “di replica”) a sostegno delle rispettive tesi e la causa in tale data era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, al fine di decidere sul contenzioso in esame, ritiene opportuno sintetizzare i fondamenti normativi che ne sono alla base.
In particolare, si evidenzia che l’art. 60 della “legge- delega” 18.6.2009, n. 69 prevedeva, al comma 1, che “Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”. I principi che l’Esecutivo era richiamato ad osservare erano indicati nel comma 2, di cui si riportano i profili rilevanti in questa sede: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero… d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia;… f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione
presso i consigli degli ordini professionali; h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;… r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni;…”.
Già in questa prima lettura, il Collegio rileva che il legislatore “delegante” ha voluto chiarire alcuni “punti cardine” da seguire, principalmente orientati a riconoscere che la mediazione era limitata ai diritti disponibili, che gli “organismi di conciliazione”, e non i singoli mediatori, erano i soggetti destinatari del compito di dare luogo alla “mediazione” come congegnata, riconoscendo per quelli istituiti presso i Tribunali alcune facilitazioni, che gli organismi stessi erano “vigilati” dal Ministero della Giustizia, che assumeva rilievo il rispetto del “codice deontologico” al fine di garantire la neutralità, indipendenza e imparzialità del singolo conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni.
Come noto, il Governo provvedeva mediante il decreto legislativo 4.3.2010, n. 28. Anche qui, si riportano le disposizioni salienti per il presente contenzioso, che il Collegio ritiene di individuare.
In primo luogo, si richiama l’art. 3, commi 1 e 2, secondo il quale “1. Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti. 2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico”.
Il Collegio non può esimersi dall’osservare che il regolamento dell’organismo scelto dalle parti assume un ruolo centrale nell’assetto della procedura e ciò appare del tutto in linea con la volontà del legislatore “delegante” di dare rilievo alla struttura di mediazione in sé considerata più che ai singoli componenti. Il legislatore, infatti, prevede che sia il regolamento stesso, quindi, ad assumere (anche) la funzione di individuare modalità di nomina del (singolo) mediatore che ne assicurino la sostanziale indipendenza e terzietà, come è giusto che sia incidendo tale attività comunque su situazioni soggettive delle parti in posizioni di parità e in virtù anche dell’obbligo di comunicazione sull’esistenza (ed eventuale obbligatorietà ex art. 5 d.lgs. cit.) di tale procedura che incombe sull’avvocato al momento del conferimento di un incarico professionale, di cui all’art. 4, comma 3, d.lgs. cit.
La “centralità” riconosciuta all’organismo è rafforzata dalla previsione dell’art. 8 d.lgs. cit. (come modificato dal d.l. n. 69/2013, conv. in l. n. 98/2013), secondo la quale è il responsabile dell’organismo a designare un mediatore e fissare un primo incontro tra le parti e non sono le parti a “scegliersi” il singolo mediatore (a differenza di quel che accade, ad esempio, per l’arbitrato).
Il legislatore “delegato”, poi, direttamente si occupa di precisare, agli artt. 9 e 10 d.lgs. cit., che: ” Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.” (art. 9); “Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili.” (art. 10).
Il medesimo legislatore, poi, prevede direttamente, all’art. 14 d.lgs. cit., che “Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti. 2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione…”.
Come visto, quindi, il legislatore ha considerato le modalità idonee a garantire l’imparzialità e terzietà del mediatore, facendo rinvio alla relativa regolamentazione ad opera del singolo organismo di mediazione – a sua volta vigilato dal Ministero della Giustizia – e alla dichiarazione di impegno alla sua osservanza che ogni mediatore dove sottoscrivere per ciascun affare.
Non vi è spazio in materia per una decretazione ministeriale, se non per quanto previsto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. cit., secondo il quale: “La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223…”. Il successivo comma 3 prevede poi che: “L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento.”.
Anche sotto questo profilo il Collegio non può che ribadire come sia rinvigorita dalla norma la centralità riconosciuta al regolamento di procedura dell’organismo di mediazione e al relativo “codice etico”, a loro volta valutabili dall’organo vigilante sin dal momento della richiesta di iscrizione nell’apposito registro. Spazio per la decretazione ministeriale è riconosciuto a tale proposito solo per i profili sopra riportati, di cui all’art. 16, comma 2, prima parte, e tra questi non si nota alcun riferimento al tema della incompatibilità di alcun genere, nei confronti dei singoli mediatori.
Lo stesso art. 16, inoltre, afferma, ai commi 4 e 4 bis, che “La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico. Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense…”
Particolare attenzione è poi riconosciuta dal legislatore “delegato” agli organismi presso i Tribunali e agli organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio, ai sensi degli artt. 18 e 19 d.lgs. cit., di cui è riconosciuta la possibilità di iscrizione diretta al registro, a semplice domanda.
In sostanza, ne emerge un quadro per il Collegio dotato di evidente chiarezza, da cui si evince che in materia di garanzie di imparzialità è demandato a provvedere con il proprio codice etico lo stesso organismo di mediazione, soggetto su cui è centrata l’attenzione al fine di regolamentare l’intera procedura, sul quale comunque esercita, in ogni momento, la sua vigilanza il Ministero della Giustizia. Spazi ulteriori per una regolamentazione di rango secondario diretto, ai sensi dell’art. 17, comma 3, l. n. 400/88, non se ne riscontrano, limitandosi il richiamo a tale forma di decretazione a modalità di formazione e tenuta del registro, ai sensi del richiamato art. 16 d.lgs. n. 28/2010.
Infatti, nella stesura originaria del d.m. Giustizia n. 180/2010 che in tal senso provvede, non vi era alcun cenno alle incompatibilità del singolo mediatore, recando lo stesso l’intestazione “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’ articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”.
Lo stesso art. 2 del d.m. in questione – rubricato “Oggetto” – precisa infatti che esso disciplina: “a) l’istituzione del registro presso il Ministero; b) i criteri e le modalità di iscrizione nel registro, nonché la vigilanza, il monitoraggio, la sospensione e la cancellazione dei singoli organismi dal registro; c) l’istituzione dell’elenco presso il Ministero; d) i criteri e le modalità di iscrizione nell’elenco, nonché la vigilanza, il monitoraggio, la sospensione e la cancellazione degli enti di formazione dall’elenco; e) l’ammontare minimo e massimo e il criterio di calcolo delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti pubblici di diritto interno, nonché i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti dagli enti privati.”
Confermando che è l’organismo di mediazione ad assumere rilievo a tali fini e che il regolamento è previsto solo ai riportati fini, gli articoli seguenti non esulano da tali confini, provvedendo a introdurre nell’ordinamento la richiesta normativa secondaria relativa a quanto sopra riportato all’art. 2.
Ai fini dell’iscrizione nel registro, e solo a questi, è previsto, all’art. 4, comma 2, lett. e), d.m. cit., che il responsabile della tenuta del registro e degli elenchi (come definito nell’art. 1) avrebbe verificato, tra altro, “…le garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio di mediazione, nonché la conformità del regolamento alla legge e al presente decreto, anche per quanto attiene al rapporto giuridico con i mediatori”. Nuovamente, quindi, si ribadisce che il requisito di indipendenza debba essere garantito dall’organismo stesso attraverso il suo regolamento.
Ciò è ancor più chiaramente evidenziato nell’art. 7, comma 3, secondo cui: “Il regolamento stabilisce le cause di incompatibilità allo svolgimento dell’incarico da parte del mediatore e disciplina le conseguenze sui procedimenti in corso della sospensione o della cancellazione dell’organismo dal registro ai sensi dell’articolo 10”.
Il successivo comma 5 precisa inoltre che: “Il regolamento deve, in ogni caso, prevedere: a) che il procedimento di mediazione può avere inizio solo dopo la sottoscrizione da parte del mediatore designato della dichiarazione di imparzialità di cui all’ articolo 14 , comma 2, lettera a), del decreto legislativo…”.
L’imparzialità e terzietà del mediatore, quindi, sono ritenute necessarie ma legate alla dichiarazione del singolo secondo l’imposizione del regolamento dell’organismo, a pena di procedibilità, e in relazione a quanto già previsto dalla normativa primaria in tal senso.
In tale contesto stride, quindi, la disposizione contestata nella presente sede, di cui all’art. 14 bis, come introdotto dall’art. 6, comma 1, d.m. 4.8.2014, n. 139, che si occupa direttamente dell’incompatibilità e dei conflitti di interesse del singolo mediatore, affermando che: “Il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali. Non può assumere la funzione di mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti è assistita o è stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali; in ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 815, primo comma, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile. Chi ha svolto l’incarico di mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali.”.
Sotto tale profilo appare condivisibile la censura dei ricorrenti di cui al primo motivo di ricorso, in quanto la normativa primaria non ha riservato alla decretazione regolamentare ministeriale alcun margine per intervenire sui temi dell’incompatibilità e del conflitto di interessi del singolo mediatore, al fine poi di estenderli anche a soci, associati e professionisti esercenti attività professionale nei medesimi locali.
Per giungere a tale conclusione non appare al Collegio necessario soffermarsi oltremodo.
Sotto il profilo, formale, basti richiamare l’art. 17, comma 3, l. n. 400/1988, secondo il quale “Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge…”
Sul punto è stato già chiarito che, almeno per quel che riguarda i “regolamenti” di cui al richiamato art. 17, comma 3, l. cit., è sempre necessaria un’espressa previsione di legge che legittimi l’attuazione, e quindi l’estensione, della potestà regolamentare in questione (per tutte: Cons. Stato, Sez. III, 25.5.11, n. 3144). Nel caso di specie tale espressa previsione di legge è assente.
Sotto il profilo sostanziale, non può farsi a meno di ricordare che lo stesso Consiglio di Stato, in sede di pronuncia del necessario parere sul testo del d.m. impugnato, aveva chiaramente espresso la riserva in ordine alla collocazione dei commi 1 e 3 dell’art. 14 bis del testo al suo esame, “…trattandosi di questione che può presentare interconnessioni con l’ordinamento forense, come tale necessitante – semmai – di apposita previsione in altra iniziativa normativa”.
Tali ultime osservazioni – ad avviso del Collegio – rimarcano anche la fondatezza di quanto lamentato dai ricorrenti con il secondo motivo di ricorso.
Si evidenzia, infatti, che l’art. 84, comma 1, lett. o), d.l. n. 69/13, conv. in l. n. 98/13, ha inserito nel testo dell’art. 16 del d.lgs. n. 20/2010 il comma 4 bis, secondo il quale “Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori”.
Il richiamo alla qualifica assunta “di diritto”, secondo la norma primaria come innovata, ad avviso del Collegio evidenzia la peculiarità della figura dell’avvocato-mediatore, che dà luogo ad una inscindibilità di posizione laddove un avvocato scelga di dedicarsi (anche) alla mediazione.
Ne consegue che il decreto ministeriale in esame non ha tenuto conto della peculiare disciplina che regola la professione forense, di cui alla l. 31.12.2012, n. 247 e allo specifico codice deontologico vigente, pubblicato sulla G.U. del 16.10.2014, il cui art. 62 prevede esplicitamente la regolamentazione della funzione di mediatore per colui che è avvocato.
In merito, infatti, si evidenzia che l’art. 3, commi 3 e 4, l. n. 247/12 cit. prevede che “L’avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 35, comma 1, lettera d), e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di comportamento che l’avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall’osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l’espressa indicazione della sanzione applicabile. 4. Il codice deontologico di cui al comma 3 e i suoi aggiornamenti sono pubblicati e resi accessibili a chiunque…”.
Il Collegio ritiene che se il legislatore, con norma primaria (art. 16, comma 4 bis, d.lgs. n. 28/2010), ha ritenuto di individuare la sola figura dell’avvocato quale mediatore “di diritto”, ne consegue che, vista l’inscindibilità tra le due qualifiche, doveva considerarsi la vigenza e immediata applicabilità dell’altra normativa primaria che già si occupava di regolare le funzioni di mediatore, sia pure attraverso il richiamo “mobile” al contenuto del codice deontologico.
Con l’introduzione dell’esteso e generalizzato regime di incompatibilità di cui all’art. 14 bis d.m. n. 139/14, peraltro – come visto – senza specifica “copertura legislativa”, si è invece dato luogo ad una commistione di incompatibilità e conflitti di interessi cui devono sottostare gli “avvocati-mediatori” che non aveva ragione di essere e che meritava, eventualmente, pari sede legislativa primaria, come d’altronde subito osservato dal Consiglio di Stato.
In sostanza, il Collegio osserva che poteva in ipotesi darsi luogo a una sola alternativa: o la disciplina regolamentare generale riguardante (tutti) i mediatori – ferma restando l’osservazione sulla carenza di delega legislativa – faceva salve le disposizioni già adottate per coloro che erano ritenuti da fonte primaria mediatori “di diritto” (vale a dire gli avvocati) ovvero doveva darsi luogo ad una iniziativa legislativa di pari rango primario, qualora le vigenti disposizioni di cui all’art. 62 del Codice deontologico non fossero state ritenute valide e condivisibili alla luce di esperienze maturate nel frattempo. Tali ipotesi alternative sono state entrambe disattese e, per tale ragione, il ricorso si palesa fondato anche sotto tale ulteriore profilo.
Da ultimo, per mero tuziorismo, il Collegio osserva che la decretazione ministeriale non pare che abbia colto appieno l’estrema, variegata composizione degli studi legali professionali sparsi sul territorio e il rapporto numerico con gli organismi di mediazione in ciascun distretto di Tribunale.
Non pare essersi tenuto conto, vale a dire, che in alcune parti del territorio nazionale, in special modo nelle città metropolitane, l’organizzazione professionale pare andare verso una composizione orientata su studi professionali “complessi”, spesso interdisciplinari, e con un numero sostanzioso di organismi di mediazione sul territorio, così che non pare irreversibile sulla scelta di effettuare anche la mediazione il mutamento di un organismo di appartenenza per il singolo legale. Vi sono però in altre zone del territorio organizzazioni più “semplici” e capillari”, ove l’avvocato, da solo e in locali da lui unicamente detenuti, esercita sia in campo penale che civile che tributario e/o amministrativo, con uno e massimo due organismi di mediazione di riferimento, così che le disposizioni di cui all’art. 14 bis in esame lo costringerebbero a rinunciare inevitabilmente alla mediazione.
Così pure non trascurabili sono le osservazioni secondo le quali ben potrebbe una parte scegliere un organismo di mediazione specifico, ove è iscritto un legale di fiducia di controparte, al solo fine di impedire l’assistenza nell’affare. Ciò evidentemente stride con la libertà di scelta del mediatore che è alla base della normativa dell’intero d.lgs. n. 28/2010.
Ebbene se non può dimenticarsi che le caratteristiche del regolamento di cui all’art. 17 l. n 400/88 cit., secondo la giurisprudenza, esprimono una potestà normativa “secondaria” attribuita all’Amministrazione al fine di disciplinare, in astratto, tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano appunto i caratteri della “generalità e dell’astrattezza”, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell’applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono (per tutte: Cons. Stato, Sez. VI, 18.2.15, n. 823), nel caso di specie tale caratteristiche sembrano smarrite, in quanto la generalità dell’applicazione dell’art. 14 bis va a collidere con la determinabilità dei soggetti più considerati, che sembrano – stante l’impostazione della norma regolamentare in questione – i soli “avvocati-mediatori”. Anche sotto tale profilo, quindi, si palesa la violazione dell’art. 17 cit.
A conclusione contraria non portano, poi, le tesi espresse nelle difese erariali.
Sostengono quest’ultime che lo scopo dell’art. 14 bis cit. è quello di assicurare che l’attività di mediazione sia svolta da un soggetto che offra garanzie di indipendenza e terzietà.
Sul punto, però, non può che richiamarsi nuovamente il contenuto dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 cit. che demanda al regolamento dell’organismo scelto dalle parti – e non a regolamento ministeriale ex art. 17, comma 3, l. cit. – la garanzia di nomina di un mediatore che assicuri imparzialità e idoneità allo svolgimento dell’incarico. In merito basti osservare che il Ministero della Giustizia, quale organo vigilante, dispone di tutti gli strumenti per verificare il contenuto dei singoli regolamenti degli organismi e chiederne l’eventuale modifica, soprattutto laddove si rinvengano anomalie riguardo lo svolgimento dell’attività da parte di “avvocati-mediatori”.
Sostiene la difesa erariale, altresì, che l’impianto dell’art. 16 d. lgs. n. 28/2010 consentirebbe l’emanazione di “appositi decreti ministeriali” concernenti la nomina e i requisiti che il mediatore deve possedere, tra i quali quelli dell’imparzialità e terzietà.
In realtà, il Collegio osserva che il comma 2 dell’art. 16 in questione non prevede l’emanazione di appositi decreti ministeriali ma si limita – come già sopra riportato – a prevedere che “La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico.”. Non vi è dunque alcun accenno alla nomina e ai requisiti del mediatore. Anzi, come pure sopra evidenziato, i successivi commi dell’art. 16 ribadiscono la vigilanza del Ministero della Giustizia e la qualità di mediatori “di diritto” degli avvocati, con tutte le conseguenze, dirette e indirette, sopra rappresentate, cui si rimanda. Ciò assume connotazione logica secondo quanto riconosciuto dalle stesse difese erariali, laddove richiamano l’art. 3 d.lgs. n. 28/2010 che, appunto, rimette agli organismi di disciplinare con regolamento le modalità di nomina del mediatore che ne garantiscano l’imparzialità e l’idoneità. Non avrebbe alcun senso condivisibile, quindi, una previsione normativa che dapprima demanda ai regolamenti degli organismi di occuparsi delle modalità di nomina dei mediatori al fine di garantirne (anche) l’imparzialità e poi demanda a decreto ministeriale la stessa materia.
Né si comprende poi in cosa consista la differenza tra “imparzialità” e “incompatibilità e conflitto di interessi”, che l’Avvocatura evidenzia, laddove la prima non può che comprendere le altre due, costituendone presupposto.
Sostiene l’Amministrazione che ad ulteriore dimostrazione della competenza del d.m. a disciplinare la materia dell’incompatibilità dovrebbe leggersi la disposizione del richiamato art. 16, comma 2, secondo la quale: “Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223…”.
Ebbene, la lettura di tali decreti convince del contrario, in quanto l’art. 7 del d.m. n. 222/04, occupandosi del regolamento di procedura, prevede(va) appunto che: “Il regolamento stabilisce le cause di incompatibilità allo svolgimento dell’incarico…” mentre il d.m. n. 223/04 si limitava ad occuparsi delle indennità.
Secondo la difesa erariale il testo dell’art. 38 del d.lgs. n. 5 del 2003, che costituiva la base normativa del d.m. n. 222 cit., aveva lo stesso contenuto dell’art. 16 d.lgs. n. 28/2010 e nessuno aveva mai dubitato della legittimità delle ipotesi di incompatibilità previste da tale d.m.
Il Collegio non può che osservare come il richiamato art. 38, ben più sintetico dell’art. 16 d.lgs. 28/2010, non conteneva alcuna delega alla potestà regolamentare ministeriale in ordine all’individuazione di requisiti di imparzialità del singolo mediatore – e quindi di incompatibilità e conflitto di interessi – ma si limitava, al comma 2, a prevedere che: “Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 1, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate altresì la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti…”.
E’ facile convenire che “nessuno ha mai dubitato della legittimità delle ipotesi di incompatibilità previste da tale DM”, ma perché in tale decreto non vi erano regolate ipotesi di incompatibilità, come invece contenute nell’art. 14 bis impugnato in questa sede, facendosi rimando sul punto ai regolamenti dei singoli organismi.
Infine, che la norma contestata sia rivolta a tutti i mediatori e non solo agli avvocati non legittima la deroga ai limiti di cui all’art. 17, comma 3, l. n. 400/88 ma evidenzia, proprio per la sua generalità e astrattezza, l’illogicità di conseguenze specifiche nei confronti della specifica categoria in questione, qualificata da norma primaria mediatore “di diritto”, laddove sussistono già le regolamentazioni dei singoli organismi di mediazione e quella di cui all’art. 62 del codice deontologico, che comunque l’avvocato è tenuto ad osservare.
Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso deve trovare accoglimento per le deduzioni di cui ai primi due motivi di ricorso, con assorbimento delle altre censure, comportando l’accoglimento del gravame e comunque l’espunzione dell’intero art. 14 bis dal testo del d.m. n. 180/2010.
La fondatezza del ricorso introduttivo comporta, poi, anche l’annullamento dell’impugnata circolare ministeriale di cui ai motivi aggiunti, per illegittimità derivata.
Le spese di lite possono eccezionalmente compensarsi per la novità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Svetonio ci racconta che Caligola mise la conciliazione fuori legge per rimpinguare le casse personali[1].
Anche Federico II stabilì che non si potesse conciliare in corso di causa se non con il permesso del Tribunale: e ciò perché all’epoca il giudice era pagato dalle parti[2]. Si può quindi immaginare che non molti giudici permettessero la conciliazione.
Su questa sola base nell’Ottocento napoletano si fissò il principio che “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj”.
Il principio era assai vivo anche nei domini savoiardi tanto che si scelse nel 1865, come è a tutti noto, la conciliazione volontaria; senza contare che il Principe era allergico alla partecipazione obbligatoria alla conciliazione con gli Ebrei[3]: dal che si potrebbe anche evincere che certi dettami europeistici sulla volontarietà dello strumento alternativo, hanno ancora, probabilmente a insaputa dei 28 stati componenti della UE, una forte radice anti-giudea.
E dunque il “sacro” diritto di accesso al processo nacque dalla banale necessità di pagare i piaceri sfrenati di Caligola, lo stipendio del giudice e dalla voglia dei sovrani di non discutere più dei loro immotivati espropri immobiliari perpetrati nel ghetto.
Con l’occhio dello storico io non posso che prendere atto dei fatti che sono avvenuti, ma come mediatore ed avvocato non posso che provare una grande nausea.
La stessa sensazione, o forse una ancora più intensa, mi prende di fronte al disegno di legge in discussione al Senato con cui viene inventato un nuovo tentativo obbligatorio di conciliazione che bypassa la mediazione.
Si tratta di quello previsto dell’art. 8 del ddl 2224 S (responsabilità professionale del personale sanitario); allo stato è in esame alla 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità)[4].
“Art. 8.
(Tentativo obbligatorio di conciliazione)
Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. In tali casi non trova applicazione l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, e per tutta la durata del procedimento. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.
Balza agli occhi che gli onorevoli senatori vogliono:
ridurre drasticamente il ricorso alla giustizia ordinaria e limitare il conseguente diritto del cittadino;
eliminare la mediazione;
sanzionare coloro che non partecipano al procedimento dell’art. 696 bis c.p.c.;
risanare le casse dei tribunali con i proventi del 702 c.p.c.
Mi pare, a dire la verità, che questo modo di vedere le cose non sia in linea con la realtà del fenomeno e che si potessero utilizzare altri strumenti.
Come mediatore posso testimoniare che nelle controversie sanitarie sono per lo più gli Ospedali e le ASL ed i sanitari che non partecipano alle mediazioni. E spesso alla base di tale comportamento ci sono problemi meramente assicurativi che le strutture subiscono.
Non bastava prevedere che fosse determinata una pena pecuniaria a favore di coloro che subiscono malpractice medica e che partecipano alla mediazione?
No certamente, perché così la mediazione sarebbe stata aiutata ed incentivata in questa materia.
Questo non era tollerabile dai nemici della mediazione.
E allora si è prevista questa misura per la mancata partecipazione al 696 bis c.p.c.
Ad oggi per una responsabilità di coloro che sono preposti alla pubblica cura e degli enti assicurativi, le mediazioni di fatto si celebrano col solo attivante e quindi il cittadino ricava certamente un danno psicologico dal mancato confronto con le strutture, ma dal lato economico dobbiamo tener conto che corrisponde solo 48,80 € per un verbale negativo; ed è poi è libero di agire in giudizio.
Con questa nuova disposizione, che peraltro si presta a notevoli profili di incostituzionalità, si prevede che il cittadino debba spendere migliaia di euro per partecipare ad una consulenza tecnica. E addirittura si pone l’ipotesi che il procedimento non sia abbastanza rapido e si mette già in conto il costo di un altro giudizio.
Ritengo quindi questo ddl davvero indigeribile, specie alla luce del fatto che ci sono esperienze che il legislatore italiano ha ben presente e che hanno altrove cercato di risolvere il problema con il minimo dispendio per il cittadino.
Mi riferisco a quella della negoziazione assistita che in Francia è nata (là si chiama procédure participative) anche per venire incontro ad un costo esorbitante delle perizie disposte dal giudice; nel paese transalpino è quindi possibile nominare un terzo perito in qualsivoglia materia appunto in sede di negoziazione assistita e dunque limitare fortemente il peso economico per le tasche del cittadino[5].
Un legislatore attento ai bisogni del cittadino poteva dunque aggiungere semplicemente la previsione in convenzione di negoziazione della nomina di un perito (che il decreto sulla degiurisdizionalizzazione aveva lasciato fuori) e lasciare alle parti il compito di disciplinarne i relativi poteri.
Ma il nostro legislatore, come dicevamo ha in animo di distruggere la mediazione e sembra non vedere la evidente deflazione economica incombente.
Sembra preferire l’uso della negoziazione assistita come una clava per distruggere quel che di buono gli organismi italiani hanno fatto negli ultimi anni.
Mi riferisco in particolare e da ultimo anche all’art. 11 e all’art. 12 della Proposta di legge[6] – depositata alla Camera il 2 marzo 2015 – COLLETTI ed altri: “Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile” (2921)[7].
Questa proposta spazza via la condizione di procedibilità e la mediazione delegata.
Mediazione e negoziazione assistita diverrebbero facoltative ed alternative sulle materie attuali della mediazione: dal che si può evincere che la scelta delle materie non è legata alla potenzialità e alle caratteristiche dei singoli istituti, ma ad una semplice decisione politica.
Se questo provvedimento venisse approvato dunque rimarrebbe in piedi soltanto la mediazione per contratto a cui in Italia purtroppo ricorrono davvero in pochi.
Di per sé la negoziazione assistita può diventare anche facoltativa ed alternativa. In Francia è così per tutti i mezzi alternativi al giudizio.
Ma ci deve essere chi negozia. Da noi allo stato attuale sono pochissimi i colleghi che negoziano, se non in materia di famiglia e nemmeno poi tanto in quella sede perché per la crisi economica i cittadini preferiscono rivolgersi al Comune.
I mediatori fanno invece andare avanti la macchina giudiziaria spesso gratuitamente e per quel che gli è consentito da un primo incontro mal congegnato. Sono passati 5 anni ed hanno fatto esperienza: perché distruggere tutto per puntare su una negoziazione assistita che gli avvocati hanno comunque rifiutato e non certo per una questione di materia, ma perché richiede nuove competenze.
Per formare degli avvocati negoziatori in sostanza ci vuole del tempo, così come ci è voluto del tempo per formare i mediatori.
Vogliamo nel frattempo paralizzare un processo che già arranca?
Ma a parte le predette facili considerazioni, per parificare strumenti alternativi facoltativi è necessario inserire la disciplina in sede processuale.
Così è accaduto in Francia, mentre in Italia nessuno si è sognato di farlo.
In altre parole bisogna dare un senso al lavoro dei negoziatori nel caso in cui si riveli infruttuoso.
Non basta dire o pensare che se il negoziato va male si possa ricorrere al giudice perché questa è una ovvietà che mina alla radice le ragioni per cui si negozia.
Una volta che la negoziazione assistita divenisse facoltativa, se io fossi il cliente chiederei al mio avvocato: “Ma se negoziamo e non ci accordiamo che succede?”
L’avvocato non potrebbe che rispondermi: “Nulla, andiamo in giudizio.”
E io cliente replicherei senza dubbio: “Sa che le dico, Voglio evitare il fallimento delle trattative. Rivolgiamoci subito al giudice e così perlomeno risparmiamo denaro e tempo”.
E l’avvocato che cosa mi risponderebbe?
“Ha ragione caro cliente, io ero tenuto ad informarla e l’ho fatto, ma in effetti, viste le sue esigenze, radichiamo la causa e poi si vedrà”.
Vogliamo invece dare un’arma all’avvocato perché il suo cliente si convinca che negoziare non è uno spreco di tempo e di denaro?
Lasciamo in piedi la condizione di procedibilità che al momento attuale è accettabile per diffondere la cultura e le competenze negoziali.
Se l’accordo va in porto, benissimo, è già titolo esecutivo; basterà allora occuparsi soltanto degli incidenti di esecuzione come ad esempio hanno fatto in Spagna per l’accordo di mediazione ed il lodo arbitrale.
Ma se l’accordo non va in porto e c’è un accordo parziale o un non accordo?
Portiamo allora la sola convenzione sul tavolo del giudice con i documenti ritenuti appropriati. Questa è la scelta francese per dare un senso al negoziato, così come è consacrata nel codice di rito.
E se proprio vogliamo ampliamo la negoziazione e diamo agli avvocati anche la possibilità di gestire l’istruzione della causa, così come stanno facendo in Francia sempre in queste ore.
Così al giudice non resterà che fare la sentenza e tutto, specie agli occhi del cliente, acquisterà senso.
Trovo ancora molto strano che il ministro Orlando abbia istituito una commissione di saggi sulla riforma degli ADR[8] nella quale non sono previste professionalità non giuridiche.
E chiamare almeno uno psicologo, no?
Per non parlare delle altre figure ordinistiche ovviamente (commercialisti, architetti, medici, ingeneri, geometri, periti ecc.).
Ma parlo di psicologia perché mi preme capire se il modello di mediazione in oggi utilizzato va d’accordo col modo di ragionare della mente umana.
Che ci voleva? O forse lo sappiamo bene tutti che chiedere di mediare dopo cinque minuti di discorso iniziale del mediatore ci avvicina più alla follia che alla normalità. A meno che il mediatore non svolga la professione dell’ipnotista!
Ma ai nemici della mediazione va bene che la mediazione fallisca.
E poi mi chiedo perché gli ADR debbano essere continuamente regolati da avvocati, notai, magistrati, giudici e professori di diritto.
Passi per l’arbitrato, ma la negoziazione/mediazione che c’entra coi giudici, i notai ed i professori di diritto?
Con questo non dico che le persone scelte dal Guardasigilli non siano competenti ovviamente.
In diritto sono eccellenti.
Ma il diritto investe soltanto la convenzione che mi consta sia già in mano ai legali come l’accordo di mediazione od il lodo.
Non ha proprio nulla a che fare con il lavoro del mediatore e/o del negoziatore: un conto sono le procedure ed un altro le abilità trasversali che il mediatore utilizza che possono solo essere ostacolate dalle pastoie burocratiche.
Eppure nella commissione c’è un solo mediatore. Che futuro potrà dunque avere il potenziamento della mediazione? Quanto peserà la sua voce?
Leggo invece di molti colleghi che hanno profuso proclami trionfalistici sulla nomina della commissione dei saggi e non capisco perché, almeno da mediatore.
Da avvocato forse potrei anche comprenderli, anche se la rappresentanza in commissione dell’avvocatura è comunque risicata, ma da mediatore non vedo proprio che motivi di gioia o di speranza ci possano essere.
O forse si pensa che una volta ridisciplinata la negoziazione assistita o la mediazione o l’arbitrato (cosa che è ancora tutto da vedersi e comunque quale è il rapporto tra la Commissione e gli altri atti in discussione in Parlamento?[9]) tutto ciò possa risolvere il problema del processo?
In ultimo cito il disegno di legge che è stato licenziato dal Senato in relazione al giudizio di pace.
Si tratta del disegno di legge n. 1738 recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, approvato dal Senato il 10 marzo 2016[10]. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Deputati per l’esame e l’approvazione definitiva.
Apparentemente non vi è niente di strano in questa delega.
Anzi aumenta la competenza per le cause relative a beni mobili a 30.000 €, cosa che può essere da una parte anche in linea coi tempi. A ciò si aggiunge che passa al giudice di pace in esclusiva la materia del condominio che come sappiamo prevede attualmente la mediazione come condizione di procedibilità e che si sono previste altre materie in oggi di “competenza” in prima battuta del mediatore che affronterà il giudice di pace:
“b) i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione, connotati da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;
c) le cause in materia di diritti reali e di comunione connotate da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;”.
Anche questa misura appare sulla carta razionale. Se non che c’è una norma, l’art. 322 c.p.c., che non è toccato dalla delega e in base al quale il Giudice di pace può non solo conciliare, ma anche emettere un titolo esecutivo.
“L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro I. Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace. Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio”.
Ad oggi dunque la conciliazione del Giudice di pace guadagna grande terreno sulla mediazione e sula negoziazione assistita, specie se consideriamo dall’altra parte quel provvedimento prima citato che vorrebbe rendere facoltative ed alternative mediazione e negoziazione assistita.
Vogliamo dire che con la mediazione abbiamo scherzato e che gli attuali 524 organismi possono pure chiudere i battenti?
Non potevamo pensare prima al fatto che in Italia da 2000 anni si sperimenta una conciliazione di tipo sostanzialmente valutativo e che il cittadino italiano vuol essere consigliato più che aiutato a trovare da solo una soluzione?
Ma che paese è il nostro?
[1] Lib. IV, 40 De Vita Caesarum, C. Caesar Caligula (“Pro litibus atque judiciis ubicumque conceptis, quadragesima summae, de qua litigaretur: nec fine poena, si quis composuisse vel donasse negotium convinceretur”) (“Voleva che tutti quelli che litigavano gli pagassero la quarantesima parte della somma in litigio; e quelli che erano accusati d’essersi accordati, e di aver composto la lite, erano da lui condannati”).
[2] “A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale. (b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare”. (Costituzioni federiciane, Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere: “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possumus.”)
[3] Al proposito le Regie Patenti 22 marzo 1836 decretavano quanto segue:
“Art. 1. Avochiamo a Noi la cognizione di tutte le controversie, che dipendentemente dagli ordini da Noi dati per richiamare gli Ebrei e fissare la loro dimora nel ghetto rispettivo possano insorgere relativamente alla stipulazione o risoluzione dei contratti di affittamento, e alle pigioni, o indennità riguardanti le casi da occuparsi o evacuarsi, tanto nel recinto del ghetto, che fuori, e quelle abbiamo commesso e commettiamo ad una particolare Delegazione, che verrà stabilita nel Capoluogo di ciascuna provincia, in cui esistono ghetti di Ebrei: <<2. Sarà questa Delegazione composta dal Prefetto e dall’Intendente, e del primo Assessore del Tribunale dei Prefettura della Provincia…. << 3. Conferiamo alla suddetta Delegazione tutte le autorità necessarie e opportune e quelle eziandio del Prefetto Pretorio per provedere nel modo più pronto e sommario, previo sempre l’esperimento della trattativa amichevole tra le parti, sovra tutte le predette controversie, loro annessi, connessi e dipendenti”.
[5] Cposì dispone il Codice di procedura civile francese
Section 2 : Le recours à un technicien
Article 1547
Lorsque les parties envisagent de recourir à un technicien, elles le choisissent d’un commun accord et déterminent sa mission.
Le technicien est rémunéré par les parties, selon les modalités convenues entre eux.
Article 1548
Il appartient au technicien, avant d’accepter sa mission, de révéler toute circonstance susceptible d’affecter son indépendance afin que les parties en tirent les conséquences qu’elles estiment utiles.
Article 1549
Le technicien commence ses opérations dès que les parties et lui-même se sont accordés sur les termes de leur contrat.
Il accomplit sa mission avec conscience, diligence et impartialité, dans le respect du principe du contradictoire.
Il ne peut être révoqué que du consentement unanime des parties.
Article 1550
A la demande du technicien ou après avoir recueilli ses observations, les parties peuvent modifier la mission qui lui a été confiée ou confier une mission complémentaire à un autre technicien.
Article 1551
Les parties communiquent au technicien les documents nécessaires à l’accomplissement de sa mission.
Lorsque l’inertie d’une partie empêche le technicien de mener à bien sa mission, il convoque l’ensemble des parties en leur indiquant les diligences qu’il estime nécessaires. Si la partie ne défère pas à sa demande, le technicien poursuit sa mission à partir des éléments dont il dispose.
Article 1552
Tout tiers intéressé peut, avec l’accord des parties et du technicien, intervenir aux opérations menées par celui-ci. Le technicien l’informe qu’elles lui sont alors opposables.
Article 1553
Le technicien joint à son rapport, si les parties et, le cas échéant, le tiers intervenant le demandent, leurs observations ou réclamations écrites.
Il fait mention dans celui-ci des suites données à ces observations ou réclamations.
Article 1554
A l’issue des opérations, le technicien remet un rapport écrit aux parties, et, le cas échéant, au tiers intervenant.
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28).
All’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
« 2-bis. L’accesso alla procedura di mediazione di cui al comma 1 del presente articolo è alternativo rispetto alla procedura della negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 ».
Il comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
« 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi alternativamente del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo decreto, ovvero della possibilità di accedere alla procedura di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto di mandato concluso tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione ovvero di accedere alla procedura di negoziazione assistita ».
All’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
« 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari o finanziari può, assistito dall’avvocato, preliminarmente esperire alternativamente:
a) il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;
b) il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179;
c) il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate;
d) il procedimento di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 »;
b) i commi 2, 2-bis e 4 sono abrogati;
c) al comma 5, le parole: « dai commi 3 e 4 » sono sostituite dalle seguenti: « dal comma 3 ».
I commi 4, lettera d), e 5-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono abrogati.
ART. 12.
(Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162).
Al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 7 dell’articolo 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero, in alternativa, alle altre forme di composizione stragiudiziale delle liti previste dalla legge »;
[8] Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito, presso l’Ufficio legislativo del dicastero, una Commissione di studio per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.
L’obiettivo è quello di armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi.
La Commissione, pertanto, ha il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato.
Il gruppo di lavoro è così costituito:
Guido Alpa, Presidente, ordinario di diritto privato Università di Roma “La Sapienza”
Franco Amadeo, notaio in Imperia-Sanremo
Giovanni Amoroso, presidente di sezione della Corte di Cassazione
Ferruccio Auletta, ordinario di procedura civile, Università di Napoli “Federico II”
Antonio Briguglio, ordinario di procedura civile, Università di Roma Tor Vergata
Luciana Breggia, presidente sezione Tribunale di Firenze
Alessandro Cardosi, avvocato del Foro La Spezia
Fabio Cintioli, ordinario di diritto amministrativo Università studi internazionali di Roma UNINT
Antonella Ciriello, magistrato sezione lavoro tribunale Napoli
Giovanni Giangreco Marotta, avvocato del Foro di Roma
Alberto Giusti, magistrato Corte di Cassazione
Michele Marchesiello, magistrato già presidente sezione Tribunale di Genova
Giuseppina Raguso, notaio in Bari
Chiara Tenella Sillani, ordinario di diritto privato Università di Milano
Comunicato del Ministero della Giustizia dell’8 marzo 2016
A parte il classico senso di scatola vuota che danno tutte le deleghe foriere soltanto poi di problemi futuri (v. decreto 28/10 e Corte Costituzionale), non riesco a capire per quale motivo sia stata da una parte approvata una delega e dall’altra nominata una commissione di saggi in materia di ADR.
Anche perché nella delega leggo già la volontà di una mini riforma dell’arbitrato ((e) quanto ai procedimenti speciali: 1) potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, anche attraverso l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato nonché attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale;)).
E allora mi chiedo chi farà che cosa e in base a che.
Ma soprattutto se i politici vanno avanti a briglia sciolta la Commissione a che cosa serve?
Il Regolamento 194 delle Rules of Civil Procedure del Canada[1] prevede dal 2010 che la mediazione debba essere obbligatoria per alcune specifiche azioni[2] ed in relazione ad alcune località: la città di Ottawa e di Toronto e la contea di Essex[3].
L’obbligo di tentare la mediazione vale anche e salvo ordine contrario del giudice, per tutte quelle azioni che vengano trasferite nelle relative contee[4] a partire dal 1° gennaio 2014[5].
Dal 1° maggio 2014 poi il Mediatore per i servizi bancari e gli investimenti (OBSI) è utilizzato obbligatoriamente in tutte le giurisdizioni in Canada (ad eccezione del Québec)[6].
Su questo terreno fertile si è sviluppata nel Quebéc un’altra importante novità, in vigore dal 1° gennaio del 2016: è stato modificato il Codice di procedura civile e si sono posti al centro dell’attenzione i mezzi alternativi al giudizio.
Questa operazione in realtà non è originalissima per un popolo: anche se lo abbiamo dimenticato almeno nei fatti, è stata alla base del nostro Codice di Rito del 1865 che appunto prevedeva anche sistematicamente prima la conciliazione, poi l’arbitrato ed infine il giudizio visto come extrema ratio[7].
Proprio in omaggio a questo ordine logico si esprime nel 2016 appunto il giudice più importante del Québec[8] al riguardo delle nuove norme: “L’idea è quella di semplificare le procedure, di renderle meno costose, di favorire la mediazione tra gli altri mezzi. È come il sistema sanitario. Non sempre è necessario andare al pronto soccorso quando si può chiamare il medico o andare negli ambulatori comunali. In alcuni casi, la mediazione a monte, è sufficiente. E se non funziona il cittadino può allora rivolgersi al tribunale e giudici esamineranno il fascicolo, nelle prime fasi del processo nel corso di un’udienza organizzativa”[9].
In preparazione delle modifiche del Codice di rito, nel marzo del 2015 è stato anche novellato il codice deontologico degli avvocati canadesi che devono oggi informare i loro clienti circa i vantaggi dell’uso dei metodi amichevoli di composizione[10]. In dettaglio il canone deontologico recita: “Durante il corso del mandato, l’avvocato è tenuto ad informare e consigliare il cliente su tutti i mezzi disponibili per la risoluzione della sua lite, compresi i metodi preventivi di risoluzione delle dispute” [11].
Anche da noi esiste una norma simile in vigore addirittura dal 15 dicembre 2014:” L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge”.
La norma canadese appare però più incisiva: da noi si fa, infatti, riferimento soltanto “all’atto del conferimento dell’incarico”, ma è sacrosanto che l’esigenza di uno strumento alternativo può nascere durante tutto il corso dell’assistenza legale[12].
Questo accadimento è insito ad esempio nella mentalità britannica, tanto che si consiglia[13] all’avvocato a cui sia proposto di impegnarsi in una procedura di ADR, ma che ritenga ragionevolmente di non parteciparvi, almeno in quel dato momento, di tenere alcuni comportamenti per evitare sanzioni processuali: a) non ignorare l’offerta di impegnarsi in ADR; b) rispondere tempestivamente per iscritto, indicando con motivazioni chiare ed esaustive perché l’ADR non sia appropriato alla fase, se possibile sulla base degli orientamenti Halsey[14]; c) comunicare alla controparte ogni sorta di informazioni o di evidenze probatorie che si creda possano essere di ostacolo per il successo di un ADR, insieme alle considerazioni per cui questi impedimenti potrebbero essere superati; d) non chiudere all’ADR di qualsivoglia tipo, e per sempre, perché potrebbe rivelarsi la pena di perseguire o altro ADR rispetto a quello proposto o quello proposto in un momento differente.
Del resto una mentalità aperta durante tutto il tempo della consulenza è sancita, su ispirazione delle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, anche dal Codice deontologico degli avvocati europei di osservanza obbligatoria nei rapporti transfrontalieri: “L’avvocato deve sempre cercare di trovare per la causa del cliente una soluzione proporzionata al costo e deve consigliarlo al momento opportuno sulla convenienza di cercare un accordo o di ricorrere a strumenti alternativi di composizione delle controversie”[15].
Ma torniamo ora al Codice di procedura civile del Québec[16] o meglio a quella parte di codice che riguarda i metodi alternativi[17] che nei profili più interessanti qui si porge in traduzione:
Art 1.
“Per prevenire una potenziale controversia o risolverne una esistente, le parti interessate, di comune accordo, possono optare per un procedura privata di prevenzione e risoluzione del conflitto[18]”.
Appare molto interessante il fatto che ci si riferisca anche ad una potenziale controversia; il principio era già in verità nelle corde del conciliatore del Regno delle Due Sicilie del 1819 che si procurava perché fossero spenti gli odi e le inimicizie degli abitanti del comune[19]: bastava dunque un semplice litigio o malinteso, non ci voleva una vera e propria controversia perché il conciliatore potesse intervenire.
Questa facoltà di intervento del conciliatore non venne poi ripresa nel codice del 1865 (ma si affermò invece nel codice di Pubblica Sicurezza) perché si ritenne che era meglio ci fosse una richiesta delle parti; la norma canadese da questo punto di vista è equilibrata perché appunto prevede che debba sussistere il consenso delle parti.
“Le principali procedure private di prevenzione e risoluzione delle controversie sono la negoziazione tra le parti, e la mediazione e l’arbitrato, in cui le parti chiamano una terza persona ad assisterli. Le parti possono anche ricorrere a qualsiasi altro tipo di processo che li soddisfi e che ritengano utile, anche se non prende in prestito regole dalla negoziazione, dalla mediazione o dall’arbitrato[20].
Le parti devono prendere in considerazione le procedure private di prevenzione e di risoluzione dei prima di delegare la controversia ai tribunali[21].
La legge dunque stabilisce che le parti possono scegliere il metodo che riconoscono più utile ed appropriato alla risoluzione del loro conflitto.
Ma aggiunge che se vogliono adire i tribunali hanno l’obbligo di prendere in considerazione una procedura alternativa.
Una impostazione simile la ritroviamo in Francia ove non sussistono (almeno per ora[22]) condizioni di procedibilità come da noi, ma tutti i MARD [23] stanno sullo stesso piano.
In Francia il codice di procedura civile specifica però che, in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, le parti debbono indicare in atti quali strumenti abbiano utilizzato preventivamente ed il giudice se non lo hanno fatto o lo ritiene insufficiente può proporre una mediazione o una conciliazione[24].
Anche in Germania il codice di rito prevede che negli atti introduttivi si debba effettuare una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[25].
In tutti e tre paesi tuttavia il legislatore non ha avuto la forza di imporre espressamente una sanzione nel caso in cui le parti non scelgano una procedura di risoluzione del conflitto alternativa: anche se la norma canadese appare più aperta a interpretazioni che involgano conseguenze negative in caso di violazione.
Una nazione invece che prevede il tentativo di composizione bonario espressamente a pena di inammissibilità del giudizio, almeno per le controversie che vedano in campo lo Stato, è la Croazia: recentemente a Corte di Giustizia ha peraltro ritenuto che la norma croata non violi l’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo[26].
Art 2.
“Le parti che entrano in una procedura privata di prevenzione e risoluzione delle controversie lo fanno volontariamente. Esse sono tenute a partecipare alla procedura in buona fede, ad essere trasparente le une con le altre, anche per quanto riguarda le informazioni in loro possesso, e di cooperare attivamente nella ricerca di una soluzione e, se del caso, di preparare e concordare un protocollo pre-giudiziario[27]; esse sono inoltre tenute a condividere i costi del processo[28]”.
In Italia non siamo abituati alla trasparenza ossia alla comunicazione dei fatti rilevanti per la risoluzione della controversia, attività che nel Nord America piuttosto che nel Regno Unito è cosa pacifica vista anche l’impostazione etica protestante. Questo è il motivo per cui da noi la negoziazione assistita è allo stato poco usata: le parti non sono abituate a scambiarsi documenti ed informazioni.
Un’altra prassi molto seguita nei paesi anglo-sassoni è quella di preparare un percorso per velocizzare il processo in caso di mancato accordo (pre-protocol court).
In Francia si è cercato di sintonizzarsi su questa modalità di risoluzione del conflitto (che ha trovato ad esempio anche mirabile disciplina nel processo californiano[29]) con l‘apprestamento di una convenzione di negoziazione che diventa, in caso di fallimento totale o parziale delle trattative, il documento sulla cui base il giudice prenderà le sue decisioni (e che nel futuro consentirà agli avvocati di assumere congiuntamente i mezzi di prova processuali[30]).
In Italia non vi è stato nessun coordinamento tra la legge[31] e il codice di rito per cui la convenzione di negoziazione non sortisce uno degli effetti primari che è appunto quello di velocizzare l’eventuale successivo contenzioso: da noi è puramente una clausola conciliativa peraltro non bene congegnata visto che allo stato non consente di superare l’impasse di comportamenti poco cristallini.
“Esse devono, così come deve ciascuna terza persona che le assista, garantire che ogni passo effettuato sia proporzionato, in termine di costi o tempi coinvolti, alla natura e alla complessità della disputa”[32].
Nel Nord America non si parla tanto di mezzi alternativi al giudizio, ma di mezzi adeguati alla risoluzione delle controversie. Il principio qui richiamato è peraltro in linea con il canone già visto del Codice deontologico degli avvocati europei. Anche noi prevediamo però in parte un canone simile nel nuovo codice deontologico[33].
“In aggiunta, a loro è richiesto, in ogni passo od accordo che intervenga, di rispettare le libertà ed i diritti umani e ad osservare le regole di ordine pubblico[34]”.
In Quebéc non si parla dunque di diritti disponibili come da noi, ma del rispetto delle libertà e dei diritti umani. In comune abbiamo invece il rispetto delle norme di ordine pubblico.
Aggiungo che le Corti possono incoraggiare le parti a partecipare ad una mediazione in ogni stadio del processo[35]: non c’è dunque alcun limite di tempo o di stato della controversia.
E ciò anche nel processo inerente gli small claims[36], ossia per le controversie che abbiano un valore inferiore ai 15.000 dollari canadesi (10.060.47 €).
Le Corti possono infine ordinare in una controversia in materia di famiglia la partecipazione dei genitori a una sessione informativa di mediazione o ad una mediazione[37].
[7] Da noi i buoni propositi del legislatore non hanno dato frutti perché il sistema giudiziario, i notai risorgimentali e soprattutto la pubblica amministrazione hanno messo in ogni modo possibile i bastoni tra le ruote, ma è significativo che qualcun altro ci riprovi nel 2016, anche se soltanto per motivi economici.
[9] L’idée, c’est de simplifier les procédures, de les rendre moins coûteuses, de favoriser la médiation, entre autres. C’est comme avec le système de santé. Il n’est pas toujours nécessaire d’aller aux urgences quand on peut appeler son médecin ou aller au CLSC (Local Community Services Centres). Dans certains cas, la médiation en amont, c’est suffisant. Et si ça ne fonctionne pas, le citoyen va aller à la cour et les juges vont regarder le dossier, tôt dans le processus, lors d’une (audience) de gestion.» http://www.journaldemontreal.com/2016/02/20/entrevue-avec-la-juge-en-chef-de-la-cour-du-quebecvers-un-changement-de-culture-judiciaire
[11] 42. Throughout the course of a mandate, the lawyer must inform and advise the client about all available means for settling his dispute, including dispute prevention and resolution methods.
[12] E peraltro l’arbitrato endoprocessuale oggi per legge in Italia si pone in un momento necessariamente successivo alla firma dell’originario mandato
[17] TITLE I PRINCIPLES OF PROCEDURE APPLICABLE TO PRIVATE DISPUTE PREVENTION AND RESOLUTION PROCESSES
[18] 1. To prevent a potential dispute or resolve an existing one, the parties concerned, by mutual agreement, may opt for a private dispute prevention and resolution process.
[19] L’impostazione peraltro è cinese e risale almeno a 1200 anni prima di Cristo quando c’erano dei funzionari appositi che giravano nel Regno con una lanterna alla ricerca delle controversie da sopire.
[20] The main private dispute prevention and resolution processes are negotiation between the parties, and mediation and arbitration, in which the parties call on a third person to assist them. The parties may also resort to any other process that suits them and that they consider appropriate, whether or not it borrows from negotiation, mediation or arbitration.
[21] Parties must consider private prevention and resolution processes before referring their dispute to the courts.
[23] Conciliazione, mediazione, negoziazione assistita, diritto collaborativo ecc.
[24] (Art. 56 per la citazione) “in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, l’atto di citazione dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio (résolution amiable du litige)”.
(Art. 58 per il ricorso) “In assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, il ricorso dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio”.
L’art. 127 poi stabilisce che “All’inizio del procedimento e conformemente al tenore degli articoli 56 e 58, se le procedure intervenute per pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio non sembrano esaustive al giudice, questi può proporre alle parti la conciliazione o la mediazione.
die Angabe, ob der Klageerhebung der Versuch einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorausgegangen ist, sowie eine Äußerung dazu, ob einem solchen Verfahren Gründe entgegenstehen;
The purpose of a pre-action protocol is to provide the parties with an opportunity to settle the dispute between them without it being necessary to initiate legal proceedings or, if that can’t be avoided, to prepare good case management.
The purpose of a pre-action protocol is to encourage the parties to exchange information on their dispute in a sufficiently detailed manner so that they can clearly understand the respective position of each one and reach an informed decision in order to resolve the dispute or consider alternate methods, thereby avoiding the initiation of legal proceedings. In other jurisdictions, pre-action protocols have been established in certain specific fields, such as in construction and engineering disputes, professional liability following health care services, claims of bodily harm, defamation, hidden defects, etc. These protocols set forth the principles that ought to guide parties as well as a process to facilitate and speed up the exchange of relevant information.
The pre-action protocol aims at promoting a culture with less conflict and geared more toward cooperation between
the parties in order to reach a fast settlement of the dispute at a cost that is in proportion to the issues at hand.
[28] 2. Parties who enter into a private dispute prevention and resolution process do so voluntarily. They are required to participate in the process in good faith, to be transparent with each other, including as regards the information in their possession, and to co-operate actively in searching for a solution and, if applicable, in preparing and implementing a pre-court protocol; they are also required to share the costs of the process.
[29] Cfr. Sistemi di composizione dei conflitti in California in mediaresenzaconfini.org
[31] L. n. 162/14 di conversione del D.L. 132/14 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la
definizione dell’arretrato in materia di processo civile)
[32] They must, as must any third person assisting them, ensure that any steps they take are proportionate, in terms of the cost and time involved, to the nature and complexity of the dispute.
[33] Art. 66 c. 1. L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita”
[34] In addition, they are required, in any steps they take and agreements they make, to uphold human rights and freedoms and observe other public order rules.
[35] 158. For case management purposes, at any stage of a proceeding, the court may decide, on its own initiative or on request, to
(1) take measures to simplify or expedite the proceeding and shorten the trial by ruling, among other things, on the advisability of ordering the consolidation or separation of proceedings or the splitting of the proceeding, of better defining the issues in dispute, of amending the pleadings, of limiting the length of the trial, of admitting facts or documents, of authorizing affidavits in lieu of testimony or of determining the procedure and time limit for the disclosure of exhibits and other evidence between the parties, or by convening the parties to a case management conference or a settlement conference, or encouraging them to use mediation;
[36] 556. The court clerk informs the parties at the earliest opportunity that they may at no additional cost submit their dispute to mediation. If the parties consent to mediation, they may request the court clerk to refer them to the mediation service. In that case, the mediation session is presided over by a lawyer or a notary, certified as a mediator by their professional order.
[37] 341. The court may also make such an order if the successful party breached its undertakings with regard to the conduct of the proceeding, such as by failing to meet time limits, if it unduly delayed in presenting an incidental application or filing a notice of discontinuance, if it needlessly required a witness to attend at court or if it refused, without valid cause, to accept tenders, to admit the origin or integrity of evidence or, in a family matter, to participate in a parenting and mediation information session.
420. The court may, at any time, stay the proceeding or adjourn the trial to enable the parties to enter into or continue mediation with a certified mediator of their choice, or to ask the Family Mediation Service to work with the parties.
Before making such a decision, the court considers such factors as whether the parties have already met with a certified mediator, whether there is an equal balance of power between the parties, whether there have been incidents of family or spousal violence and whether mediation is in the interests of the parties and their children.
Il paese è assai sensibile alle pratiche ADR, tanto che da ultimo nel suo territorio è stato varato da un’autorità indipendente il registro mondiale dei neutri certificati (mediatori, arbitri, negoziatori, coach, mediatori familiari, ecc.)[1].
E ciò anche se non c’è ancora una legge sulla mediazione interna, che i mediatori professionisti olandesi chiudano con successo il 60% delle mediazioni[2] e che ci sia un testo giacente alla Camera Bassa dal 2013[3].
Nel Regno dei Paesi Bassi[4] alla mediazione ed all’arbitrato[5] si aggiungono peraltro i pareri non vincolanti ed i pareri vincolanti.
Ci sono Ombudsman che intervengono nelle controversie in primo luogo per trovare una soluzione comune. Se non si arriva ad una soluzione emettono allora un parere non vincolante.
Ciò accade quando si reclama contro un provvedimento della pubblica amministrazione[6] od in materia commerciale[7].
Nonostante la non vincolatività però il fornitore accetta nella maggior parte dei casi la decisione dell’ombudsman. I procedimenti davanti all’ombudsman sono gratuiti.
Ci sono poi pareri che sono vincolanti in materia di legge sulle locazioni[8] e con riferimento alle controversie dei consumatori in una quarantina di settori[9]: le condizioni generali di contratto in questi ultimi casi prevedono che i consumatori possano sottoporre la controversia con il fornitore alla commissione invece che al giudice ordinario.
Questa disposizione è vincolante per entrambe le parti, anche se il consumatore ha un mese di tempo entro il quale può decidere di adire il tribunale[10].
Le commissioni per la risoluzione delle controversie emettono una decisione che non solo è vincolante per entrambe le parti, ma non è impugnabile.
L’unica possibilità di revisione è affidata al giudice ordinario entro due mesi dall’emissione.
Il giudice può però operare un riesame solo marginale[11]: può dichiarare nulla la decisione vincolante solo se questa, sulla base di motivi equi e ragionevoli, risulta inaccettabile nella sostanza o nel modo in cui è stata emessa, tenendo conto delle circostanze del caso.
Pertanto, una decisione di una commissione per la risoluzione delle controversie può essere annullata dal giudice solo se la commissione ha mancato di applicare i principi fondamentali del diritto processuale, come ad esempio il diritto al contraddittorio.
Le commissioni per la risoluzione delle controversie chiedono un contributo fisso: oggi può partire dai 27 € ai 113 a seconda del valore del prodotto o del servizio in questione.
Tale contributo comprende i costi di eventuali relazioni di periti che si rendono necessarie.
Se la commissione stabilisce che ha ragione il consumatore, il fornitore in questione dovrà rimborsagli il contributo versato[12].
Ad aprile 2015 il paese ha recepito la direttiva ADR in materia di consumo ed oggi dunque si fa riferimento anche al provvedimento relativo[13]: in sostanza si rimanda alle procedure delle istituzioni esistenti e quando non si rinvenga una istituzione esistente ci si può riferire allo Stichting Geschillencommissies voor Consumentenzaken (art. 3 c. 1) ossia alla Fondazione olandese per il reclamo dei consumatori[14].
Con riferimento al regolamento n. 524/13 e quindi all’ODR i Paesi Bassi hanno notificato alla Commissione Europea tre organismi che sono sostanzialmente quelli che abbiamo già menzionato[15].
In ordine alla mediazione civile e commerciale la legge di attuazione della direttiva 2008/52/CE su taluni aspetti della mediazione/mediazione in materia civile e commerciale è in vigore dal 29 novembre del 2012[16] : il paese dunque insieme a Germania, Spagna e Francia è stato uno degli ultimi a formalizzare un testo scritto in materia.
La legge tuttavia riguarda solo le mediazioni transfrontaliere e dunque per le mediazioni interne valgono ancora le regole che si descrivono e che si traggono in parte dal sito peraltro datato della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale[17].
Dal 1° aprile 2005 esiste un sistema in virtù del quale gli organi giudiziari e i servizi di assistenza giuridica (principalmente per i gruppi a reddito più basso) possono indirizzare le parti verso un mediatore. Il ricorso alla mediazione è comunque sempre volontario.
Questa possibilità è prevista solo in specifici casi civili e amministrativi (incluse le controversie in materia di diritto di famiglia).
In generale, vi sono due grandi categorie di controversie che non possono essere esaminate da una commissione:
controversie relative al mancato pagamento di una fattura sulla base di un reclamo sul piano della sostanza;
denunce relative a decessi, lesioni o malattie.
Le commissioni per la risoluzione delle controversie non possono naturalmente esprimersi su casi già sottoposti al giudice ordinario[18].
L’inizio della mediazione non interrompe di regola il termine di prescrizione: ma come vedremo il regolamento MfN prevede tale interruzione.
Non si prevede la riservatezza della procedura che deve quindi essere oggetto di stipulazione contrattuale preventiva insieme al divieto di utilizzo[19] in caso di successivo giudizio[20].
Un tale accordo costituisce rinuncia del diritto di trarre elementi di prova da tutto ciò che si verifica durante la mediazione ai sensi dell’art. 153 del Codice di procedura civile olandese[21]: se non viene rispettato scattano dunque le sanzioni del codice di rito.
Il regolamento di procedura degli organismi può però prevedere che l’accordo di riservatezza si estenda alle parti ai loro avvocati o rappresentanti, al mediatore e al personale di segreteria (se presente).
In caso di esito positivo l’accordo in cui la risoluzione è incorporata è considerato come una transazione ai sensi del titolo 15 del libro 7 del codice civile olandese[22].
Il regolamento di procedura dell’organismo può prevedere che se le parti e il mediatore lo convengano l’accordo transattivo può essere incorporato da un lodo arbitrale ai sensi dell’articolo 1069 del codice di procedura civile olandese[23]: ciò appare conveniente perché in difetto per far valere un accordo transattivo non ottemperato si deve ricorrere al giudice o all’arbitro.
Un accordo raggiunto tramite mediazione, infatti, non ha il carattere di una decisione definitiva: le parti in alternativa alla incorporazione nel lodo arbitrale possono soltanto far confermare il loro accordo tramite atto notarile; in questo modo la messa in esecuzione dell’accordo può essere operata come in presenza di una sentenza.
Se poi un giudice rinvia, per un determinato caso, alla mediazione, ed è raggiunto un accordo, tale accordo può essere confermato con decisione del tribunale.
Dato che la risoluzione extragiudiziale delle controversie è un’alternativa al procedimento giudiziario ordinario, le decisioni che ne conseguono non possono essere impugnate dinanzi al giudice.
Tuttavia se la parti non riescano a comporre una controversia ricorrendo alla mediazione o se il contratto stipulato a seguito della procedura non viene rispettato, possono sempre sottoporre il caso al giudice.
I costi della mediazione sono sostenuti dalle parti.
Le persone con minori o insufficienti capacità finanziarie possono però fruire del patrocinio a spese dello Stato[24].
Gli avvocati ricevono al massimo 105 € per ogni mediazione. Nel 2014 ci sono stati oltre 13.000 pagamenti. Sempre in quest’anno 784 mediatori hanno richiesto le prestazioni di legal aid[25]: e dunque esistono dei mediatori sovvenzionati (anche quelli familiari), basta essere iscritti al Legal Aid Board[26].
Interessante è che le parti nel 2010 hanno ricevuto un (limitato) contributo finanziario di 250 euro come incentivo[27] a seguire i suggerimenti del giudice relativi al ricorso alla mediazione: questo contributo viene dato per ogni effettivo caso di ricorso alla mediazione, nella fase iniziale del procedimento.
Si tratta di un importo fisso per ogni mediazione che viene pagato direttamente al mediatore indipendentemente dai mezzi finanziari delle parti.
Nel regno dei paesi Bassi la regolamentazione della professione del mediatore è effettuata dal 1° gennaio 2014 dal Mediatorsfederatie Nederland (MfN)[28] detto in precedenza Nederlands Mediation Instituut[29] che è un ente governativo.
Detto ente tiene anche un registro dei mediatori[30] che contiene i recapiti di tutti i mediatori qualificati presenti nei Paesi Bassi.
Oggi questo registro è riconosciuto dal Consiglio di assistenza giudiziaria e dunque può considerarsi il registro della Federazione dei Paesi Bassi: i paesi forniti di registro statale in Europa salgono pertanto a 18.
Il registro reca informazioni imparziali e consente ai visitatori di scegliere anche la professione del mediatore (ne sono presenti circa una trentina), la sua specializzazione, il campo geografico di operatività, il suo sesso e l’età, la lingua che è più confacente alle parti (ne sono presenti una decina compreso l’italiano), il fatto che il mediatore abbia o meno una certificazione di qualità ed il contatto avviene direttamente tramite mail, telefono o fax.
I mediatori possono iscriversi presso l’MfN e successivamente aderire anche al codice di condotta dei mediatori redatto dal Centro.
L’iscrizione è facoltativa (così come l’adesione al codice di condotta)[31] ma, se un mediatore desidera operare all’interno del sistema olandese del patrocinio a spese dello Stato o fornire un servizio a clienti indirizzati dal tribunale, è tenuto a iscriversi presso l’MfN ed essere in possesso di un certificato di accreditamento/valutazione.
In particolare per poter figurare nel registro dell’MfN, un mediatore deve soddisfare i seguenti requisiti fondamentali: aver terminato con esito positivo un corso di formazione per mediatori accreditato dall’MfN[32]; aver superato un esame per la valutazione scritta delle relative conoscenze[33]. Si può scegliere inoltre tra una valutazione diretta dell’operato oppure attraverso un video registrato: tuttavia chi ha più di 9 mediazioni nei tre anni anteriori, può dal 1° gennaio 2016, essere ammesso al registro senza necessità di una valutazione[34].
I mediatori MfN sono inoltre sottoposti a formazione continua[35]: si devono accumulare 48 crediti in tre anni e si valutano anche le mediazioni svolte[36].
I mediatori del MfN rispettano le regole di mediazione che sono state varate nel 2008[37] e che impongono la stipula di un contratto di mediazione prima di iniziare la procedura stessa.
Le parti possono contattare direttamente il mediatore che hanno scelto oppure fare richiesta di nomina all’MfN.
Oltre al contratto di mediazione le parti devono anche firmare un accordo di riservatezza: tale accordo però non copre la rivelazione di informazioni su delitti o sui procedimenti disciplinari in cui può incorrere il mediatore.
La domanda di mediazione interrompe la prescrizione e fa salvo il diritto a provvedimenti cautelari il cui azionamento però va comunicato entro 24 ore al mediatore.
Le parti ed il mediatore MfN possono anche non seguire le regole previste dal regolamento di mediazione del MfN, ma la deviazione deve risultare da accordo scritto firmato