La nuova normativa della negoziazione assistita in Francia: un confronto con quella italiana

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  1. Generalità

Quella che da noi da ultimo si chiama giustizia consensuale e prima ADR[1], in Francia[2] è stata indicata nel tempo con ben tre acronimi:

1) MARD Mode Alternatif de Règlement des Différends,

2) MARC: Mode Alternatif de Règlement des Conflits e

3) MARL: Mode Alternatif de Règlement des Litiges.

Con queste locuzioni ci si riferisce ad arbitrato, conciliazione,  negoziazione, diritto collaborativo, procedura partecipativa, azioni collettive, che possono spingersi fino a clausole contrattuali di anticipazione o risoluzione quando si tratta, in via preventiva, di evitare o risolvere le controversie che dovessero insorgere (mediazione progettuale/mediazione preventiva)[3].

Il legislatore ha approntare allo stato ben 54 provvedimenti in materia di risoluzione alternativa delle controversie e dunque denota una grande sensibilità verso la materia (da noi i provvedimenti sono allo stato 29).

In Francia a differenza dell’Italia non sussiste poi una preminenza della mediazione civile e commerciale (da loro detta mediazione contrattuale) sulle altre procedure stragiudiziali, ma al contrario la mediazione è posta sullo stesso piano della conciliazione e appunto della procedura partecipativa (v. al proposito l’art. 1528  C.p.c. in seguito qui descritto).

Si tenga presente che mediazione, conciliazione e procedura partecipativa in Francia non riguardano soltanto il settore civile e commerciale, ma anche quello sociale e rurale (v. art. 1529 C.p.c).

Purtroppo il 22 settembre 2022 il Consiglio di Stato ha annullato, su richiesta ovviamente dell’Avvocatura, l’articolo 750-1 del codice di procedura civile che prevedeva l’obbligo del ricorso preventivo a un metodo amichevole di risoluzione delle controversie prima di qualsiasi azione legale per le controversie relative a un importo inferiore a 5.000 euro o per una lite di quartiere. Questo provvedimento innovativo, entrato in vigore il 1° gennaio 2020, è durato dunque poco: lo cito perché il cittadino poteva scegliere come condizione di procedibilità sia la mediazione, sia la conciliazione, sia la procedura partecipativa[4].

Di conseguenza non esiste più uno strumento alternativo preventivo obbligatorio, mentre da noi come sappiamo sia la mediazione, sia la negoziazione assistita possono essere svolte volontariamente o come condizioni di procedibilità in via preventiva.

La procedura partecipativa, da noi negoziazione assistita da uno o più avvocati[5], è nata in Francia per ragioni economiche e politiche.

Nel 2008 il  Governo Sarkozy pensava di eliminare, per scarsità di fondi, i tribunali che si occupavano di controversie di lieve entità[6] (eliminazione che è avvenuta peraltro solo diversi anni dopo[7]); in previsione di ciò gli avvocati che lavoravano presso quelle giurisdizioni si sarebbero trovati senza lavoro: bisognava trovare loro un’altra occupazione.

Inoltre nel 2008 era uscita la direttiva 52 e gli avvocati francesi (come quelli italiani nel 2010) erano spaventati dalla mediazione (anche da quella giudiziaria già presente in Francia dal 1995) che avrebbe, secondo il loro giudizio, potuto sottrarre onorari alla categoria e dunque presentarono in Parlamento nel 2009 il progetto Guinchard in funzione anti-mediazione[8].

Infine le consulenze a processo instaurato (specie in materia familiare) avevano assunto costi esorbitanti e così si pensò di acquisirle appunto tramite la procedura partecipativa e dunque attraverso contrattazione tra le parti ed il perito.

Quest’ultimo aspetto forse potrebbe trovare espressamente alloggio anche nella convenzione italiana: in quella francese di sicuro il perito è molto più libero di muoversi che nel nostro ordinamento; la disciplina (articoli da 1547 a 1554 C.p.c.), a mio giudizio, dovrebbe essere pressa a modello per le CTM in mediazione civile e commerciale (e andrebbe pertanto abolita la norma per cui il  regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti). Da noi peraltro la perizia in mediazione è stata oggetto di varie pronunce giurisprudenziali e alla fine sia la legge delega 206/21[9] che il decreto delegato 149/22[10] hanno mantenuto un atteggiamento prudente, nel senso di richiedere comunque il consenso delle parti, al momento della nomina del perito, per la produzione in giudizio.

Dal 2021 in Francia la perizia del tecnico redatta in procedura partecipativa ha valore giudiziario (art. 1554 C.p.c.).

La Commissione Guinchard[11]  elaborò nel 2008 quello schema negoziale (v. art. 2062 C.c.) che poi nel 2014 approdò anche in Italia: si rifiutò però il principio nordamericano (e del diritto collaborativo) secondo cui l’avvocato che si occupa della fase negoziale non può occuparsi di quella giurisdizionale.

Secondo l’art. 54[12] del C.p.c. l’atto di citazione transalpino deve contenere a pena di nullità che quando la controversia deve essere preceduta da un tentativo di conciliazione, di mediazione o di procedura partecipativa, si indichino le misure adottate in vista di una risoluzione amichevole della controversia o la giustificazione della rinuncia a tale tentativo.

Dopo il 22 settembre 2022 ovviamente questa norma ha perso un po’ di significato.

Anche la riforma Cartabia peraltro prevederà al 30 giugno 2023 che nella domanda introduttiva (v. il nuovo art. 163 C.p.c. 3-bis) ci sia “l’indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell’assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento;”, La nostra locuzione è decisamente “meno morbida” di quella francese, perché non prevede che si possa dare giustificazione della rinuncia al tentativo.

La procedura partecipativa trovò collocazione nel Codice civile a partire dal 2010[13] e nel Codice di Procedura civile a partire dal 2012[14].

Da noi il necessario raccordo col Codice di procedura civile è mancato: si affaccia solo oggi e timidamente in alcuni articoli della riforma Cartabia che determinano conseguenze processuali (ma comunque è stata novellata la sola Legge 10 novembre 2014 n. 162): ad esempio il richiamo all’istruzione preventiva nel caso in cui “l’informatore non si presenta o si rifiuta di rendere dichiarazioni, e la negoziazione si è conclusa senza accordo, la parte che ritiene necessaria la sua deposizione può chiedere che ne sia ordinata l’audizione davanti al giudice”[15], ovvero le conseguenze in tema di spese processuali ex art 96 in caso la controparte si rifiuti di rendere per iscritto dichiarazioni su fatti, specificamente individuati e rilevanti in relazione all’oggetto della controversia[16].

Negli anni che seguirono il 2012 sono state effettuate in Francia diverse modifiche legislative, non ultima quelle del 2021 e del 2022.

Si è passati dalle 28 norme originarie alle 50 attuali (considerando solo i Codici civile e di rito).

E ciò perché, a differenza di quello che pensava il legislatore, gli avvocati transalpini non hanno accolto il nuovo istituto con entusiasmo.

Il Codice civile distingue sin dal 2010 tra procedura per la risoluzione amichevole e procedura per la preparazione della causa, ma l’art. 1543 C.p.c. vede come modello principale quello della risoluzione amichevole.

Da noi l’idea della negoziazione per la preparazione della causa prenderà forma solo con la riforma Cartabia ed andrà in vigore dal 30 giugno 2023. E non si fissano priorità sulla negoziazione contrattuale.

L’accesso francese alla procedura è decisamente più snello di quello italiano perché la richiesta non è ingessata da un invito come il nostro.

L’unica cosa che si specifica è che la convenzione viene stipulata per un tempo specifico.

La convenzione però anche da loro è un atto solenne che deve avere determinati requisiti ( v. art. 2063 C.c. e 1545 C.p.c.).

Presupposto essenziale di questa procedura (non espressamente di quella italica purtroppo) è che le parti si scambino i documenti e le informazioni necessarie per la risoluzione della controversia o per la preparazione della causa e stabiliscano i termini del loro scambio (il concetto è rinforzato, se possibile, dall’art. 1545 C.p.c.).

Da noi, de iure condendo, si acquisiranno solo dichiarazioni[17], ma non ci si è spinti a richiedere lo scambio di documenti.

Non può esserci giustizia complementare se le parti non scambiano i documenti pertinenti della controversia[18].

L’istituto del resto deriva dal diritto collaborativo canadese e dunque dà per scontata quella che si definisce discovery.

In Italia sino ad oggi appunto non si è codificato questo principio dello scambio di informazioni e documenti ed anche a questo è dovuto l’attuale fallimento dell’istituto almeno nella sua forma ordinaria.

Anche in Francia comunque, dicevamo, la procedura partecipativa non è stata accolta con entusiasmo nemmeno agli esordi, soprattutto quella ai fini della preparazione della causa (che era già difficile e farraginosa alle origini) e dunque si sono apposte molte recenti modifiche per vedere di incentivarla.

Dal 2021 poi l’accordo rinvenuto in procedura partecipativa e controfirmato dai legali di ciascuna delle parti e vidimato dal cancelliere del Foro competente, è titolo esecutivo.

Ciò però non vale per la separazione ed il divorzio consensuale: l’accordo viene valutato secondo il Titolo VI del Libro I relativo al divorzio, sempre del Codice civile.

In materia di lavoro se la procedura partecipativa fallisce non si è esentati come nelle altre materie dal tentativo di mediazione o di conciliazione, prima di adire il tribunale[19].

La Riforma Cartabia (art. 2-bis, 4-bis e 4-ter che novelleranno il  D.L. n. 132 del 2014 (conv. con Legge 10 novembre 2014 n. 162) si è probabilmente ispirata all’art. 1546-3 del Codice di rito transalpino.

Ma la differenza tra le due norme è netta perché in Francia non si può costringere un terzo a testimoniare su i fatti in procedura partecipativa, né sono previste sanzioni per le dichiarazioni confessorie. 

Il Codice di rito francese prevede poi espressamente, sempre nell’art. 1546-3 C.p.c. che le parti possono stabilire in convenzione di rivolgersi ad un conciliatore o ad un mediatore (la mediazione da noi è invece considerata una facoltà implicita).

Da noi non sussiste la possibilità di azionare la procedura in appello che invece può avvenire in Francia con determinati effetti processuali.

In Francia poi la procedura partecipativa può avvenire sia prima del processo, sia dopo che lo stesso è stato instaurato.

Da noi parrebbe che la negoziazione in corso di causa possa avvenire soltanto se il giudice rileva che la  negoziazione  assistita  è  già iniziata, ma non si è conclusa,  ovvero quando non è stata esperita (si tratta però di casi in cui la n.a. è condizione di procedibilità della domanda).

Il Codice di rito francese, come si vedrà, prevede una disciplina decisamente articolata.

Vediamo qui le norme che allo scrivente paiono più interessanti (rimando comunque il lettore alla lettura integrale).

Quando in corso di causa le parti e i loro avvocati dimostrano di aver concluso una convenzione di procedura partecipativa ai fini della preparazione della causa, il giudice può, su loro richiesta, fissare la data dell’udienza per la chiusura dell’istruttoria e la data dell’udienza per le memorie. Egli rinvia l’esame del caso alla prima udienza sopra citata. In assenza di tale richiesta, il giudice ordina la cancellazione del caso dal ruolo (art. 1546-1 C.p.c.).

Davanti alla Corte d’appello, l’informazione data al giudice della conclusione di una convenzione di procedura partecipativa tra tutte le parti del procedimento d’appello interrompe i termini per la conclusione e il deposito dell’appello incidentale di cui agli articoli 905-2 e da 908 a 910. L’interruzione di questi termini ha effetto fino a quando il giudice non viene informato della fine della procedura partecipativa (art 1546-2).

In Italia non è previsto che si possa tenere una negoziazione assistita in appello, mentre è e sarà  possibile (v. nuovo art. 5 -quater del decreto 28/10) per  la mediazione.

L’articolo 1546-3 costituisce il cuore della procedura e come dicevamo la norma ha destato nella sua ultima parte (numeri 6 e 7) l’attenzione del legislatore italiano.

Con atti controfirmati tra avvocati francesi si possono elencare i fatti o i documenti non elencati nella convenzione, sulla cui esistenza, contenuto o interpretazione le parti concordano; determinare i punti di diritto a cui intendono limitare il dibattito, quando riguardano diritti di cui possono disporre liberamente; concordare le modalità di comunicazione delle loro osservazioni scritte; chiamare un tecnico secondo i termini degli articoli da 1547 a 1554; nominare un conciliatore o un mediatore con il compito di contribuire alla risoluzione della controversia[20], registrare le udienze delle parti, sentite successivamente alla presenza dei loro difensori, compresa la loro presentazione della controversia, le loro pretese, le domande dei loro avvocati nonché le loro risposte e le osservazioni che intendono presentare; registrare le dichiarazioni di chiunque accetti di testimoniare sui fatti di cui è stato testimone o che ha personalmente osservato, raccolte insieme dagli avvocati, spontaneamente o su loro interrogazione. La registrazione contiene le informazioni di cui all’articolo 202[21], secondo comma. Il testimone deve apporre prima della sua firma la menzione prevista dal terzo comma dello stesso articolo; registrare i risultati o i pareri forniti da un tecnico raccolti dagli avvocati.

Gli unici obblighi che incombono sul testimone riguardano dunque il fatto che il documento indichi che è stato formato in vista della sua produzione in tribunale e che il suo autore è consapevole che un certificato falso da parte sua lo espone a sanzioni penali. L’attestazione è scritta, datata e firmata dalla mano del suo autore. Quest’ultimo deve allegare ad esso, in originale o in fotocopia, qualsiasi documento ufficiale comprovante la sua identità e recante la sua firma.

La disciplina che riguarda il perito di cui le parti intendono avvalersi (articoli da 1547 a 1554) non è cambiata dal 2012 ad eccezione dell’art. 1554 che appunto equipara la relazione alla perizia giudiziaria (rimando anche qui il lettore alle norme).

La procedura partecipativa si estingue (art. 1555) con:

1° La scadenza della convenzione di procedura partecipativa ;

2° La risoluzione anticipata del contratto per iscritto da parte delle parti assistite dai loro avvocati;

3° La conclusione di un accordo che ponga fine alla controversia o al contenzioso nella sua interezza o la stesura di un documento che ne attesti la persistenza totale o parziale;

4° L’inadempimento del contratto da parte di una delle parti;

5° Il rinvio al giudice, nell’ambito di una procedura partecipativa ai fini della preparazione del caso, ai fini della decisione su un incidente, a meno che il rinvio non provenga da tutte le parti.

Il 5° punto è molto interessante ed avrebbe potuto trovare luogo anche nella nostra disciplina: realizza un’ipotesi generale di translatio iudicii. L’ipotesi riguarderà invece da noi soltanto il caso in cui il terzo informatore sia reticente.

In caso di raggiungimento di un accordo parziale esso viene raccolto da una scrittura privata controfirmata dagli avvocati che fa fede fino a querela di falso.  Quando è raggiunto ai fini della preparazione della causa è rimesso al giudice (art. 1555-1).

Le parti possono rimettere l’accordo totale o parziale al giudice perché sia omologato (i requisiti vengono indicati dall’art. 1557); sia che sia parziale sia che non vi sia alcun accordo, il giudice si pronuncerà sulla parte della controversia che rimane, o sull’intera controversia. Ovviamente il giudice prenderà cognizione del caso anche qualora ci sia un inadempimento alla convenzione (art. 1556).

Se l’accordo da omologare riguarda un minore capace di discernimento, in particolare se riguarda le modalità di esercizio della potestà genitoriale, la domanda deve menzionare le condizioni in cui il minore è stato informato del suo diritto di essere ascoltato dal giudice o dalla persona designata dal giudice e di essere assistito da un avvocato (art. 1557).

Da noi in Italia si precisa soltanto che “Non può rendere dichiarazioni chi non ha compiuto il quattordicesimo anno di età”[22].

Se la causa non è di lavoro e la normativa prevede una preventiva mediazione o conciliazione  esse non di celebrano e la causa è chiamata direttamente in udienza per essere giudicata (art. 1558).

Le parti possono scegliere anche di non omologare l’accordo parziale e di proseguire con la causa; tra gli altri requisiti in questo caso devono allegare – i punti di accordo tra le parti, che possono chiedere al giudice di approvare nella stessa domanda; – le rispettive rivendicazioni delle parti relative ai punti su cui sono ancora in discussione, accompagnate dai motivi di fatto e di diritto su cui si basa ciascuna di queste rivendicazioni, con l’indicazione per ogni rivendicazione dei documenti invocati, la convenzione di procedura partecipativa,  (art. 1560).

 Le parti non possono modificare le loro richieste, tranne che per aggiornare l’importo di un credito relativo a una richiesta di adempimento successivo, per opporsi a un pagamento successivo o a una compensazione, o per far giudicare le questioni derivanti dall’intervento di un terzo o dal verificarsi o dalla rivelazione di un fatto successivo alla stipula del contratto.

Le parti possono modificare la base giuridica delle loro richieste o sollevare nuovi argomenti solo in risposta all’invito del giudice a fornire le spiegazioni di fatto o di diritto che ritiene necessarie per la risoluzione della controversia (art. 1561).

Se la controversia rimane irrisolta nella sua interezza, il tribunale può ascoltarla patto che le parti ne facciano richiesta entro 3 mesi dalla scadenza della convenzione di procedura partecipativa (v. 1562-1563).

L’accordo raggiunto dalle parti nell’ambito di una mediazione, di una conciliazione o di una procedura partecipativa può essere sottoposto, per renderlo esecutivo, all’omologazione del giudice competente a conoscere della controversia nella materia in questione.

L’accordo sul compenso del mediatore concluso ai sensi dell’articolo 131-13[23] può essere reso esecutivo alle stesse condizioni, su richiesta di una parte o del mediatore, dal giudice che ha ordinato la mediazione.

Il giudice a cui viene sottoposto l’accordo non può modificarne i termini (art. 1565).

 Quando l’accordo raggiunto dalle parti in una mediazione, in una conciliazione o in una procedura partecipativa assume la forma di un atto controfirmato dagli avvocati di ciascuna delle parti, a tale atto può essere attribuita, su richiesta di una delle parti, la formula esecutiva.

La domanda deve essere presentata per iscritto, in duplice copia, presso la cancelleria del tribunale del domicilio del richiedente che è competente a conoscere della controversia nella materia oggetto dell’accordo.

Il cancelliere appone la formula esecutiva solo dopo aver verificato la competenza e la natura dell’atto (art. 1568).

Anche alla transazione può essere apposta la formula esecutiva (art. 1571).

La riforma Cartabia ha stabilito una nutrita disciplina per il gratuito patrocinio[24]; le norma si applicheranno dal 30.6.23 e riguardano però l’accordo raggiunto (non riguarderà né la n.a. volontaria, né quella familiare) a differenza di quello che accade in Francia; attualmente invece in Italia la negoziazione assistita va prestata nei confronti di coloro che hanno i requisiti per il gratuito patrocinio, ma il legale non viene remunerato.

In Francia si è prevista una disciplina specifica per il gratuito patrocinio nei MARD con una modifica del Décret n°91-1266 du 19 décembre 1991 portant application de la loi n° 91-647 du 10 juillet 1991 relative à l’aide juridique.

La norma è stata abrogata però dal 1° gennaio 2021 dal Décret n° 2020-1717 du 28 décembre 2020 portant application de la loi n° 91-647 du 10 juillet 1991 relative à l’aide juridique et relatif à l’aide juridictionnelle et à l’aide à l’intervention de l’avocat dans les procédures non juridictionnelles[25].

L’art. 10 attuale prevede che la procedura partecipativa goda del gratuito patrocinio.

Il gratuito patrocinio può riguardare anche il divorzio consensuale (art. 32- 33).

Bisogna indicare se si inizia il giudizio che il beneficio è stato già goduto  per una trattativa transattiva o per una procedura partecipativa fallita o non sfociata in un accordo totale (art. 58).

Quando un avvocato viene scelto o nominato come patrocinatore legale per ottenere un divorzio consensuale in applicazione dell’articolo 229-1 del Codice Civile[26], o una transazione prima dell’inizio del procedimento o un accordo nell’ambito di una procedura partecipativa, l’avvocato deve adottare le seguenti misure:

1° Deve informare per iscritto la controparte e, se del caso, il suo avvocato;

2° Nella lettera dovrà indicare solo la corrispondenza contrassegnata con la dicitura “Ufficiale”, che potrà essere comunicata al presidente dell’ufficio di patrocinio e, se del caso, al presidente del tribunale, e solo a loro, al solo scopo di esaminare la sua richiesta di pagamento del contributo dovuto dallo Stato nell’ambito del regime di patrocinio (art. 83).

Il giudice può, su richiesta dell’avvocato o del difensore presso il Consiglio e la Corte di Cassazione, attribuire a quest’ultimo un onorario, il cui importo è fissato dal giudice in funzione della diligenza prestata nel corso del procedimento in caso di cessazione del procedimento per un motivo diverso da una sentenza, una transazione o un accordo raggiunto nell’ambito di una procedura partecipativa (art. 93).

L’onorario viene corrisposto all’avvocato quando, con la sua assistenza, il procedimento si conclude con una transazione, con un accordo raggiunto in una procedura partecipativa o con un divorzio consensuale ai sensi dell’articolo 229-1 del Codice civile.

Quando una transazione o un accordo raggiunto nell’ambito di una procedura partecipativa pone fine all’intera controversia, l’avvocato che richiede il pagamento del contributo dello Stato deve presentare una copia dell’atto concluso, certificata dal Presidente dell’Ordine, al Presidente dell’ufficio di patrocinio.

Quando i coniugi si accordano reciprocamente sul divorzio in applicazione dell’articolo 229-1 del Codice civile, l’avvocato che richiede il pagamento del contributo dello Stato deve presentare al presidente dell’ufficio di assistenza legale un certificato di deposito dell’atto rilasciato dal notaio e un estratto dell’accordo relativo esclusivamente alla ripartizione delle spese tra i coniugi.

Se i colloqui di conciliazione falliscono o se la procedura partecipativa non ha portato a un accordo totale, l’avvocato deve comunicare al presidente dell’ufficio di assistenza legale le lettere, i documenti e le carte redatte o scambiate durante i colloqui di conciliazione o la procedura partecipativa e suscettibili di stabilire l’importanza e la serietà dei passi compiuti.

In caso di mancato completamento della procedura di divorzio consensuale prevista dall’articolo 229-1 del Codice civile, l’avvocato comunica al presidente dell’ufficio di assistenza legale la corrispondenza recante la menzione “Ufficiale” scambiata durante la procedura e un certificato che riassume la diligenza compiuta, atta a stabilire la loro importanza e la loro serietà.

Il presidente dell’ufficio di assistenza legale può richiedere all’avvocato ulteriori spiegazioni e informazioni.

I documenti giustificativi forniti dall’avvocato possono essere utilizzati solo per l’elaborazione della domanda di pagamento e per le verifiche che essa richiede (art. 106).

Nelle situazioni di cui all’articolo 106, dopo aver effettuato le necessarie verifiche, il presidente dell’ufficio di assistenza legale rilascia un certificato di completamento della missione che specifica la natura del caso e indica l’importo del contributo dello Stato alla retribuzione dell’ausiliario legale, se del caso, ripartendo le percentuali di cui all’articolo 97.

Quando è stato raggiunto un accordo o quando è stato concluso un accordo che pone fine all’intera controversia al termine di una procedura partecipativa, eventualmente approvata, o quando i coniugi acconsentono reciprocamente al divorzio ai sensi dell’articolo 229-1 del Codice civile, il contributo dello Stato al compenso dell’avvocato che assiste il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato è determinato, a seconda della natura della controversia, in funzione del prodotto dell’unità di valore di cui all’articolo 86 e dei coefficienti di base previsti nelle tabelle di cui all’allegato I del presente decreto.

In caso di fallimento dei colloqui di conciliazione, di mancato completamento della procedura di divorzio consensuale prevista dall’articolo 229-1 del Codice civile o quando la procedura partecipativa non ha portato a un accordo totale, l’importo dell’onorario è fissato dal presidente dell’ufficio di assistenza legale, entro il limite dell’importo di cui al secondo comma, su giustificazione da parte dell’avvocato della difficoltà del caso, della particolare complessità dei colloqui o dell’esecuzione della procedura partecipativa, dell’entità del lavoro svolto o dell’accordo parziale raggiunto al termine dell’accordo di procedura partecipativa.

Il presidente dell’ufficio di assistenza legale invia una copia della sua decisione all’ufficio di assistenza legale del tribunale che potrebbe essere adito in seguito al fallimento dei colloqui o della procedura partecipativa o al mancato successo della procedura di divorzio consensuale prevista dall’articolo 229-1 del Codice civile, se diversa.

Il contributo dello Stato all’onorario del notaio è fissato dall’articolo 96 per gli atti soggetti a legge fissa.

L’importo dovuto all’avvocato o al notaio viene corrisposto previa dimostrazione della sua nomina a patrocinatore legale e presentazione del certificato di cui al primo comma.

Le difficoltà che l’applicazione del presente articolo comporta sono decise senza formalità dal presidente del tribunale che deve essere adito entro un anno dalla data di rilascio del certificato di completamento della missione o, in mancanza, dalla data in cui il giudice ha reso la sua decisione. In caso contrario, si ritiene che l’ausiliario di giustizia abbia rinunciato al diritto di appello (art. 107).

Quando si inizia una causa a seguito del fallimento della procedura partecipativa il compenso precedentemente erogato viene detratto da quello dovuto per il giudizio (art. 108)

Quando la procedura partecipativa è stata promossa ai fini della preparazione della causa, le consultazioni, le perizie e le mediazioni che le parti decidono di svolgere nell’ambito di un procedimento partecipativo ai fini della fase istruttoria, sono pagate dallo Stato (art. 116).

Trovo quest’ultimo principio di grande importanza anche per la nostra Italia: sarebbe uno splendido modo di promuovere la mediazione nell’ambito della negoziazione assistita.

La parte condannata al pagamento delle spese che non è abilitata al patrocinio a spese dello Stato è tenuta, a meno che il giudice non conceda un’esenzione totale o parziale, a rimborsare all’erario, in proporzione alle spese che è tenuta a sostenere, le somme anticipate dallo Stato per il patrocinio a spese dello Stato. La parte tenuta al pagamento delle spese nei casi previsti dalla legge è assimilata alla parte condannata alle spese.

Quando il procedimento viene avviato dopo il fallimento dei colloqui di conciliazione o quando la procedura partecipativa avviata prima dei colloqui di conciliazione non ha portato a un accordo, la parte condannata alle spese che non beneficia del patrocinio a spese dello Stato è tenuta, salvo esonero totale o parziale in proporzione alle spese di cui è responsabile, a rimborsare tutte le somme anticipate dallo Stato a titolo di patrocinio a spese dello Stato, sia per il procedimento che per i colloqui di conciliazione o la procedura partecipativa (art. 121)

E infine “L’accordo delle parti teso a porre fine a un procedimento tra di loro non può addebitare alla parte che beneficia del gratuito patrocinio più della metà delle spese di tale procedimento. Lo stesso vale per l’accordo dei coniugi in caso di divorzio consensuale giudiziale.

In caso di divorzio consensuale previsto dall’articolo 229-1 del codice civile, la convenzione di divorzio non può addebitare alla parte beneficiaria del gratuito patrocinio più della metà delle spese. Lo stesso vale per l’accordo di procedura partecipativa (art. 123).

2. Il Codice civile

 Le norme che in primo luogo trascrivo in traduzione sono quelle inserite nel Codice civile[27].

Libro III: Diversi modi di acquisizione della proprietà (articoli da 711 a 2278)

Titolo XX: Prescrizione estintiva (articoli da 2219 a 2254)

Capitolo III: Il corso della prescrizione estintiva. (Articoli da 2228 a 2246)

Sezione 2: Cause di differimento della decorrenza o di sospensione della prescrizione. (Articoli da 2233 a 2239)[28]

Articolo 2238[29]

Il termine di prescrizione è sospeso dal giorno in cui, dopo l’insorgere della controversia, le parti si accordano per ricorrere alla mediazione o alla conciliazione o, in mancanza di un accordo scritto, dal giorno del primo incontro di mediazione o conciliazione. Il termine di prescrizione è inoltre sospeso a partire dalla data di conclusione di un accordo di procedura partecipativa o dalla data del consenso del debitore registrato dall’ufficiale giudiziario a partecipare alla procedura prevista dall’articolo L. 125-1 del Codice delle procedure esecutive civili[30].

Il termine di prescrizione riprende a decorrere, per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi, dalla data in cui una o entrambe le parti, oppure il mediatore o il conciliatore dichiarano che la mediazione o la conciliazione è terminata. Nel caso di un accordo di procedura partecipativa, il termine di prescrizione ricomincia a decorrere dalla fine dell’accordo, per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi. In caso di fallimento della procedura prevista dallo stesso articolo, il termine di prescrizione riprende a decorrere dalla data del rifiuto del debitore, registrato dall’ufficiale giudiziario, per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi[31].

Titolo XVII: Sulla convenzione della procedura di partecipazione (articoli da 2062 a 2068)[32]

Articolo 2062[33]

La convenzione di procedura partecipativa è un accordo con cui le parti di una controversia si impegnano a lavorare congiuntamente e in buona fede per la risoluzione amichevole della controversia o per la preparazione della causa.

Questo accordo viene stipulato per un periodo di tempo specifico.

Articolo 2063[34]

L’accordo sulla procedura partecipativa deve, a pena di nullità, essere contenuto in una scrittura che specifichi:

1° Il suo termine ;

2° L’oggetto della controversia;

3° I documenti e le informazioni necessarie per la risoluzione della controversia o per la preparazione della causa e i termini del loro scambio.

4° Se del caso, i documenti controfirmati da avvocati che le parti concordano di redigere, alle condizioni stabilite con decreto del Consiglio di Stato.

Articolo 2064[35]

Ogni persona, assistita dal proprio avvocato, può concludere un accordo di procedura partecipativa sui diritti di cui dispone liberamente, fatte salve le disposizioni dell’articolo 2067.

Articolo 2065[36]

Finché è in corso, l’accordo di procedura partecipativa concluso prima del deferimento della questione a un giudice renderà inammissibile qualsiasi ricorso al Tribunale per una decisione sulla controversia. Tuttavia, l’inadempimento dell’accordo da parte di una delle parti darà diritto a un’altra parte di rivolgersi al tribunale per decidere sulla controversia.

In caso di urgenza, l’accordo non impedisce alle parti di richiedere misure provvisorie o cautelari.

Articolo 2066[37]

Fatto salvo l’articolo L. 111-3 del Codice di procedura civile d’esecuzione[38], le parti che, al termine dell’accordo di procedura partecipativa, raggiungono un accordo che risolve in tutto o in parte la loro controversia, possono sottoporre tale accordo al giudice per l’approvazione.

Quando, non raggiungendo un accordo al termine della convenzione prima del rinvio al giudice, le parti sottopongono la loro controversia al tribunale, sono esentate dalla conciliazione o dalla mediazione preventiva, se prevista.

Il secondo paragrafo non si applica alle controversie in materia di lavoro.

Articolo 2067[39]

Un accordo di procedura partecipativa può essere concluso dai coniugi per cercare una soluzione consensuale in materia di divorzio o separazione legale.

L’articolo 2066 non è applicabile in questa materia. La domanda di divorzio o di separazione legale presentata a seguito di un accordo di procedura partecipativa viene formata e giudicata secondo le norme previste dal Titolo VI del Libro I relative al divorzio[40].

Articolo 2068[41]

La procedura partecipativa è disciplinata anche dal Codice di procedura civile.

  • 3. Il Codice di procedura civile

Libro V: La risoluzione amichevole delle differenze[42]

Articolo 1528[43]

Le parti di una controversia possono, di propria iniziativa e alle condizioni previste dal presente Libro, tentare di risolverla in via amichevole con l’assistenza di un mediatore, di un conciliatore giudiziario o, nel contesto di una procedura partecipativa, per mezzo dei loro avvocati.

Il codice di procedura civile prende in esame la materia dagli articoli 1467 a 1564-7 con una nutrita disciplina.

Articolo 1529[44]

Le disposizioni del presente Libro si applicano alle controversie di competenza dei tribunali dell’ordine giudiziario che decidono in materia civile, commerciale, sociale o rurale, fatte salve le norme speciali per ciascuna materia e le disposizioni specifiche per ciascun tribunale.

Si applicano in materia di lavoro con la riserva di cui all’articolo 2066, terzo comma, del Codice civile.

Tali disposizioni si applicano anche agli accordi di procedura partecipativa ai fini della preparazione della controversia conclusi nell’ambito di procedimenti pendenti dinanzi ai suddetti organi giurisdizionali.

Titolo II : La procedura partecipativa[45].  

Articolo 1542[46]

La procedura di partecipazione prevista dagli articoli da 2062 a 2067 del Codice civile è disciplinata dalle disposizioni del presente titolo.

Articolo 1543[47]

Essa si svolge secondo una procedura convenzionale per la ricerca di un accordo, seguita, se del caso, da una procedura ai fini del giudizio.

Può avvenire anche nel contesto del procedimento, ai fini della preparazione della causa davanti a qualsiasi tribunale dell’ordine giudiziario, indipendentemente dalla procedura seguita.

Capo I: La procedura contrattuale (articoli da 1544 a 1555-1)

Sezione 1: L’accordo (articoli da 1544 a 1546-2)

Sottosezione 1: Disposizioni generali (articoli da 1544 a 1546)[48]

Articolo 1544[49]

Le parti, assistite dai loro avvocati, collaborano, alle condizioni stabilite di comune accordo, per raggiungere un accordo che ponga fine alla controversia tra loro o alla preparazione della stessa.

Articolo 1545[50]

Oltre alle informazioni previste dall’articolo 2063 del Codice civile[51], l’accordo di procedura partecipativa deve riportare i nomi e gli indirizzi completi delle parti e dei loro avvocati.

La comunicazione di richieste e argomentazioni in fatto e in diritto, di documenti e informazioni tra le parti avverrà tramite i loro avvocati secondo le procedure previste dall’accordo; questi ultimi li porteranno a conoscenza delle parti interessate con tutti i mezzi appropriati. Quando viene comunicato un documento, viene redatta una ricevuta.

L’accordo stabilisce anche la ripartizione delle spese tra le parti, fatte salve le disposizioni dell’articolo 123 del decreto n. 2020-1717 del 28 dicembre 2020 quando una delle parti beneficia del patrocinio a spese dello Stato[52]. Se non specificato nell’accordo, i costi della procedura partecipativa sono ripartiti in parti uguali tra le parti.

Articolo 1546[53]

L’accordo di procedura partecipativa sarà modificato con le stesse modalità previste per la sua istituzione.

Sottosezione 2: Disposizioni relative alle procedure di partecipazione ai fini della preparazione all’azione (articoli da 1546-1 a 1546-2)[54]

Articolo 1546-1[55]

Le parti possono concludere un accordo di procedura partecipativa ai fini della preparazione all’azione in qualsiasi momento del procedimento.

Le parti possono, in qualsiasi momento, rinunciare espressamente a invocare uno qualsiasi dei motivi di irricevibilità, qualsiasi eccezione procedurale e le disposizioni dell’articolo 47[56], ad eccezione di quelle che sorgono o si rivelano dopo la firma dell’accordo di procedura partecipativa.

Se le parti e i loro avvocati dimostrano di aver concluso una convenzione di procedura partecipativa ai fini della preparazione della causa, il giudice può, su loro richiesta, fissare la data dell’udienza per la chiusura dell’istruttoria e la data dell’udienza per le memorie. Egli rinvia l’esame del caso alla prima udienza sopra citata. In assenza di tale richiesta, il giudice ordina la cancellazione del caso dal ruolo.

Articolo 1546-2[57]

Davanti alla Corte d’appello, l’informazione data al giudice della conclusione di una convenzione di procedura partecipativa tra tutte le parti del procedimento d’appello interrompe i termini per la conclusione e il deposito dell’appello incidentale di cui agli articoli 905-2 e da 908 a 910. L’interruzione di questi termini ha effetto fino a quando il giudice non viene informato della fine della procedura partecipativa.

Sezione 1 bis: Documenti controfirmati da avvocati (articolo 1546-3)[58]

Articolo 1546-3[59]

L’atto processuale controfirmato da un avvocato è redatto collegialmente dagli avvocati delle parti in causa indipendentemente dal fatto che abbia dato luogo o meno a rinvio a giudizio, al di fuori o nell’ambito di un procedimento partecipativo.

Con atti controfirmati da avvocati indicati nell’accordo di procedura partecipativa, le parti possono in particolare:

1° Elencare i fatti o i documenti non elencati nell’accordo, sulla cui esistenza, contenuto o interpretazione le parti concordano;

2° Determinare i punti di diritto a cui intendono limitare il dibattito, quando riguardano diritti di cui possono disporre liberamente;

3° Concordare le modalità di comunicazione delle loro osservazioni scritte;

4° Chiamare un tecnico secondo i termini degli articoli da 1547 a 1554;

5° Nominare un conciliatore o un mediatore con il compito di contribuire alla risoluzione della controversia. L’atto stabilisce la missione della persona designata, se applicabile, l’importo della sua retribuzione e le condizioni di pagamento;

6° Registrare le udienze delle parti, sentite successivamente alla presenza dei loro difensori, compresa la loro presentazione della controversia, le loro pretese, le domande dei loro avvocati nonché le loro risposte e le osservazioni che intendono presentare;

7° Registrare le dichiarazioni di chiunque accetti di testimoniare sui fatti di cui è stato testimone o che ha personalmente osservato, raccolte insieme dagli avvocati, spontaneamente o su loro interrogazione. La registrazione contiene le informazioni di cui all’articolo 202, secondo comma. Il testimone deve apporre prima della sua firma la menzione prevista dal terzo comma dello stesso articolo;

8° Registrare i risultati o i pareri forniti da un tecnico raccolti dagli avvocati.

Sezione 2: Utilizzo di un tecnico (articoli da 1547 a 1554)

Articolo 1547[60]

Quando le parti intendono avvalersi di un tecnico, lo scelgono di comune accordo e ne determinano la missione.

Il tecnico sarà remunerato dalle parti secondo i termini concordati tra loro.

Articolo 1548[61]

Spetta al tecnico, prima di accettare l’incarico, rendere note le circostanze che possono influire sulla sua indipendenza, in modo che le parti possano trarre le conseguenze che ritengono opportune.

Articolo 1549[62]

Il tecnico inizierà la sua attività non appena le parti avranno concordato i termini del contratto.

Deve svolgere la sua missione con coscienza, diligenza e imparzialità, rispettando il principio del contraddittorio.

Può essere revocato solo con il consenso unanime delle parti.

Articolo 1550[63]

Su richiesta del tecnico o dopo aver ascoltato le sue osservazioni, le parti possono modificare la missione affidatagli o affidare a un altro tecnico una missione aggiuntiva.

Articolo 1551[64]

Le parti forniscono al tecnico i documenti necessari per lo svolgimento del suo compito.

Quando l’inerzia di una parte impedisce al tecnico di svolgere la sua missione, egli convoca tutte le parti e indica loro i passi che ritiene necessari. Se la parte non si adegua alla richiesta del tecnico, quest’ultimo continuerà la sua missione sulla base degli elementi a sua disposizione.

Articolo 1552[65]

Qualsiasi terzo interessato può, con l’accordo delle parti e del tecnico, intervenire nelle operazioni effettuate da quest’ultimo. Il tecnico lo informa che sono poi opponibili nei suoi confronti.

Articolo 1553[66]

Il tecnico allega alla sua relazione, se le parti e, se del caso, il terzo intervenuto lo richiedono, le loro osservazioni o reclami scritti.

Nella relazione deve indicare il seguito dato a tali osservazioni o richieste.

Articolo 1554[67]

Al termine delle operazioni, il tecnico presenta una relazione scritta alle parti e, se del caso, al terzo intervenuto.

La relazione ha il valore di una perizia giudiziaria.

Sezione 3: L’esito del procedimento (articoli da 1555 a 1555-1)[68]

Articolo 1555[69]

La procedura partecipativa si estingue con :

1° La scadenza della convenzione di procedura partecipativa ;

2° La risoluzione anticipata del contratto per iscritto da parte delle parti assistite dai loro avvocati;

3° La conclusione di un accordo che ponga fine alla controversia o al contenzioso nella sua interezza o la stesura di un documento che ne attesti la persistenza totale o parziale;

4° L’inadempimento del contratto da parte di una delle parti;

5° Il rinvio al giudice, nell’ambito di una procedura partecipativa ai fini della preparazione del caso, ai fini della decisione su un incidente, a meno che il rinvio non provenga da tutte le parti.

Articolo 1555-1[70]

Qualora sia stato possibile raggiungere un accordo almeno parziale, questo verrà registrato in una scrittura privata redatta alle condizioni previste dall’articolo 1374 del Codice civile[71]. La relazione illustra in dettaglio gli elementi che hanno permesso di raggiungere l’accordo.

Quando l’accordo di procedura partecipata è stato concluso ai fini della fase istruttoria, l’accordo di cui al primo comma è trasmesso al giudice entro la data dell’udienza in cui si chiude l’istruttoria.

Quando l’accordo di procedura partecipativa è concluso nell’ambito di un procedimento senza istruttoria, l’accordo di cui al primo comma è trasmesso al giudice entro il giorno dell’udienza.

Capitolo II: La procedura ai fini del giudizio (articoli 1556-1564-7)[72]

Articolo 1556[73]

Al termine del procedimento convenzionale e ad eccezione delle domande di divorzio o di separazione personale, che sono decise in conformità alle disposizioni della sezione II del capo V del titolo I del libro III, la questione può essere rinviata al tribunale o la causa può essere riassunta su richiesta di una delle parti, a seconda dei casi, al fine di omologare l’accordo delle parti che pone fine alla controversia o alla lite nella sua interezza, di omologare un accordo parziale delle parti e di pronunciarsi sulla parte della controversia che rimane, o di pronunciarsi sull’intera controversia.

L’istanza presentata al tribunale da una parte, ai sensi dell’articolo 2065, primo comma[74], del Codice civile, per ottenere una decisione sulla controversia prima della scadenza dell’accordo, a causa dell’inadempimento della controparte, sarà presentata, esaminata e giudicata secondo le norme di procedura applicabili al tribunale.

Sezione 1: La procedura di omologazione di un accordo o di una sentenza dopo un tentativo di composizione amichevole (articoli da 1557 a 1564)

Sottosezione 1: La procedura di omologazione di un accordo che pone fine all’intera controversia (articolo 1557)[75]

Articolo 1557[76]

La richiesta di omologazione dell’accordo delle parti redatto ai sensi dell’articolo 1555 è presentata al giudice su istanza della parte più diligente o di tutte le parti.

A pena di inammissibilità, la domanda deve essere accompagnata dall’accordo di procedura partecipativa.

Se l’accordo riguarda un minore capace di discernimento, in particolare se riguarda le modalità di esercizio della potestà genitoriale, la domanda deve menzionare le condizioni in cui il minore è stato informato del suo diritto di essere ascoltato dal giudice o dalla persona designata dal giudice e di essere assistito da un avvocato.

Sottosezione 2: La procedura per giudicare la controversia persistente (articoli da 1558 a 1564)

Paragrafo 1: Disposizioni comuni (articoli da 1558 a 1559)[77]

Articolo 1558

Fermo il disposto dell’articolo 2066, terzo comma, del codice civile[78], quando le norme processuali applicabili dinanzi al giudice adito per statuire in tutto o in parte sulla controversia in base ai commi 2 o 3 prevedono un preventivo tentativo di conciliazione o di mediazione, la causa è chiamata direttamente in udienza per essere giudicata.

Articolo 1559[79]

Davanti al tribunale e a meno che l’intera controversia non sia stata sottoposta alla procedura di giurisdizione generale, la causa sarà direttamente convocata per un’udienza del collegio a cui è stata assegnata. La causa può essere deferita al giudice per le indagini preliminari solo nei casi previsti dal secondo e terzo comma dell’articolo 1561.

Paragrafo 2: La procedura di omologazione di un accordo parziale e il giudizio della controversia residua (articoli 1560-1561)[80]

Articolo 1560[81]

Quando le parti hanno raggiunto un accordo solo parziale e a meno che non ne chiedano l’omologazione ai sensi dell’articolo 1557, possono adire il giudice affinché si pronunci sulla controversia residua secondo le norme che regolano la procedura applicabile davanti a lui o con un’istanza congiunta firmata dagli avvocati che le hanno assistite durante la procedura partecipativa alle condizioni previste dal presente paragrafo.

Tale domanda deve contenere, a pena di inammissibilità che il giudice può sollevare d’ufficio, oltre alle indicazioni previste dall’articolo 57[82]:

– i punti di accordo tra le parti, che possono chiedere al giudice di approvare nella stessa domanda;

– le rispettive rivendicazioni delle parti relative ai punti su cui sono ancora in discussione, accompagnate dai motivi di fatto e di diritto su cui si basa ciascuna di queste rivendicazioni, con l’indicazione per ogni rivendicazione dei documenti invocati.

A pena alla stessa sanzione, questa richiesta è accompagnata dalla convenzione di procedura partecipativa, dai documenti previsti dall’articolo 2063 del Codice Civile[83], se necessario, dalla relazione del tecnico, nonché dai documenti comunicati durante la procedura convenzionale.

Articolo 1561[84]

L’oggetto della controversia sarà determinato dalle rispettive pretese delle parti come formulate nella domanda di cui all’articolo 1560.

Le parti non possono modificare le loro richieste, tranne che per aggiornare l’importo di un credito relativo a una richiesta di adempimento successivo, per opporsi a un pagamento successivo o a una compensazione, o per far giudicare le questioni derivanti dall’intervento di un terzo o dal verificarsi o dalla rivelazione di un fatto successivo alla stipula del contratto.

Le parti possono modificare la base giuridica delle loro richieste o sollevare nuovi argomenti solo in risposta all’invito del giudice a fornire le spiegazioni di fatto o di diritto che ritiene necessarie per la risoluzione della controversia.

Paragrafo 3: La procedura per giudicare l’intera controversia (articoli da 1562 a 1564)[85]

Articolo 1562[86]

Se la controversia rimane irrisolta nella sua interezza, il tribunale può ascoltarla :

– o in conformità con le regole di procedura applicabili davanti a lui;

– o secondo la procedura di cui al paragrafo 2;

– o su una richiesta unilaterale sulla quale si pronuncerà secondo le norme applicabili davanti a lui, fatte salve le disposizioni del presente paragrafo.

Articolo 1563[87]

L’istanza deve essere depositata presso la cancelleria del tribunale dall’avvocato della parte più diligente. A pena di inammissibilità, deve essere presentata entro tre mesi dalla scadenza della convenzione di procedura partecipativa.

Oltre alle indicazioni prescritte, a pena di nullità, dall’articolo 58[88], il ricorso deve contenere un’esposizione dei motivi di fatto e di diritto e deve essere corredato dall’elenco dei documenti di cui all’articolo 1560, terzo comma.

L’avvocato che deposita il ricorso deve informare la controparte e l’avvocato che l’ha assistita durante la procedura contrattuale, a seconda dei casi, mediante notifica o lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Davanti al tribunale giudiziario, il deposito di questo documento in cancelleria contiene la costituzione dell’avvocato.

Articolo 1564[89]

Se l’istanza è stata depositata presso la cancelleria del tribunale, la notifica di cui all’articolo 1563, terzo comma, indica che l’opponente deve costituirsi tramite avvocato entro quindici giorni da tale notifica.

Negli altri casi, l’avvocato del richiedente sarà informato dalla cancelleria del tribunale, non appena consegnato il ricorso, della data della prima udienza utile in cui sarà convocata la causa. Tale data è portata a conoscenza della parte avversa nella notifica di cui all’articolo 1563, terzo comma.

Sezione 2: La procedura di giudizio dopo la preparazione convenzionale della controversia (articoli da 1564-1 a 1564-7)[90]

Articolo 1564-1[91]

La causa viene riassunta su richiesta di una delle parti affinché il giudice, a seconda dei casi, possa omologare l’accordo e decidere sulla parte della controversia che persiste o decidere sull’intera controversia dopo aver preparato, se necessario, la causa per il processo.

La domanda di riassunzione deve essere corredata dall’accordo di procedura partecipativa stipulato tra le parti, dai documenti previsti dall’articolo 2063 del codice civile, ove applicabili, dalla relazione del tecnico, nonché dai documenti comunicati nel corso della procedura concordata.

Articolo 1564-2[92]

Fatte salve le disposizioni dell’articolo 2067 del Codice civile[93], qualora la preparazione della causa abbia consentito di raggiungere un accordo totale sul merito della controversia, la domanda di omologazione dell’accordo delle parti redatto in conformità alle disposizioni dell’articolo 1555-1 sarà presentata al giudice dalla parte più diligente o da tutte le parti.

Quando l’accordo riguarda un minore capace di discernimento, in particolare quando riguarda le modalità di esercizio della potestà genitoriale, la domanda deve menzionare le condizioni in cui il minore è stato informato del suo diritto di essere ascoltato dal giudice o dalla persona designata dal giudice e di essere assistito da un avvocato.

Articolo 1564-3[94]

Quando la fase convenzionale ha consentito di portare la causa in giudizio e di raggiungere un accordo parziale sul merito della controversia, la domanda di riassunzione è accompagnata da un atto degli avvocati redatto alle condizioni previste dall’articolo 1374 del codice civile[95], formalizzante i punti concordati tra le parti, nonché le rispettive richieste delle parti in relazione ai punti ancora controversi, corredato dai motivi di fatto e di diritto su cui si basa ciascuna di tali richieste, con l’indicazione per ciascuna di esse dei documenti invocati.

Articolo 1564-4[96]

Quando la fase convenzionale ha consentito di mettere la causa in condizione di essere giudicata, ma la controversia persiste integralmente nel merito, la domanda di riassunzione deve essere accompagnata da un atto di avvocato redatto secondo le modalità previste dall’articolo 1374 del codice civile, che formalizzi le rispettive pretese delle parti, corredate dai motivi di diritto e di fatto, con l’indicazione per ciascuna pretesa dei documenti invocati.

Articolo 1564-5[97]

Qualora la fase convenzionale non abbia consentito di preparare il caso per il processo, in tutto o in parte, il caso sarà riassunto su richiesta della parte più diligente, al fine di essere preparato per il processo, in conformità alle norme procedurali applicabili dinanzi al Giudice delle indagini preliminari.

Articolo 1564-6[98]

Quando un caso viene deferito al tribunale sulla base delle disposizioni degli articoli 1564-3 e 1564-4, il caso viene fissato per il processo entro un breve periodo di tempo.

Articolo 1564-7[99]

Quando l’esame del caso è stato rinviato all’udienza per la chiusura dell’indagine ai sensi delle disposizioni del secondo paragrafo dell’articolo 1546-1, gli atti e i documenti di cui agli articoli 1564-1, 1564-3 e 1564-4 sono comunicati al Giudice dell’indagine preliminare entro la data di tale udienza.

Titolo III: Disposizioni comuni (articoli da 1565 a 1571)

Sezione 1: Omologazione giudiziaria (articoli da 1565 a 1567)[100]

Articolo 1565[101]

L’accordo raggiunto dalle parti nell’ambito di una mediazione, di una conciliazione o di una procedura partecipativa può essere sottoposto, per renderlo esecutivo, all’omologazione del giudice competente a conoscere della controversia nella materia in questione.

L’accordo sul compenso del mediatore concluso ai sensi dell’articolo 131-13[102] può essere reso esecutivo alle stesse condizioni, su richiesta di una parte o del mediatore, dal giudice che ha ordinato la mediazione.

Il giudice a cui viene sottoposto l’accordo non può modificarne i termini.

Articolo 1566[103]

Il giudice decide sulla richiesta che gli viene presentata senza discussione, a meno che non ritenga necessario sentire le parti.

Se la richiesta viene accolta, ogni parte interessata può rivolgersi al giudice che ha preso la decisione.

La decisione di non approvare l’accordo può essere impugnata. Il presente ricorso è depositato mediante dichiarazione presso la cancelleria della corte d’appello. Viene giudicato secondo la procedura informale.

Articolo 1567[104]

Le disposizioni degli articoli 1565 e 1566 si applicano a una transazione conclusa senza ricorrere alla mediazione, alla conciliazione o a una procedura partecipativa. Il tribunale sarà quindi adito dalla parte più diligente o da tutte le parti coinvolte nella transazione.

Sezione 2: Apposizione della formula esecutiva da parte della cancelleria (articoli da 1568 a 1571)[105]

Articolo 1568[106]

Quando l’accordo raggiunto dalle parti in una mediazione, in una conciliazione o in una procedura partecipativa assume la forma di un atto controfirmato dagli avvocati di ciascuna delle parti, a tale atto può essere attribuita, su richiesta di una delle parti, la formula esecutiva.

La domanda deve essere presentata per iscritto, in duplice copia, presso la cancelleria del tribunale del domicilio del richiedente che è competente a conoscere della controversia nella materia oggetto dell’accordo.

Il cancelliere appone la formula esecutiva solo dopo aver verificato la competenza e la natura dell’atto.

Articolo 1569[107]

L’atto controfirmato dagli avvocati e recante la formula esecutiva, o la decisione di rifiuto del cancelliere, viene consegnato o inviato al richiedente con lettera semplice.

Il duplicato della richiesta, la copia del documento e, se necessario, la decisione di rifiuto del cancelliere del tribunale sono conservati in cancelleria.

Ai sensi dell’articolo 6 del decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022, queste disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del suddetto decreto. Tuttavia, sono applicabili ai procedimenti in corso.

Art. 1570[108]

Qualsiasi persona interessata può presentare una richiesta di perdita d’efficacia della formula esecutiva presso il tribunale la cui cancelleria ha apposto tale formula.

La domanda viene presentata, istruita e giudicata secondo le regole della procedura accelerata di merito.

Articolo 1571[109]

Le disposizioni della presente sezione si applicano alla transazione.


[1] In realtà questo acronimo si adattava solo in parte alla realtà degli strumenti e comunque negli Stati Uniti ove è nato con l’ADRA (Alternative dispute resolution act 1998, dal 2011 sezione USC = USC 2011(United States Code) aveva una connotazione precisa: “ «…qualsiasi processo o procedura, diverso da un giudizio presieduto da un giudice, in cui una terza parte neutrale partecipa per assistere nella risoluzione delle questioni in controversia, attraverso procedimenti come la valutazione neutrale preventiva, la mediazione, il minitrial e l’arbitrato come previsto nelle sezioni da 654 a 658 (del Codice federale)».

[2] In Spagna parleremo presto di MASC (Mecanismos Alternativos de Solución de Controversias).

[3] https://mediation-puteaux.com/processus-resolution-conflits/

[4] Conseil d’État N° 436939 22 septembre 2022

https://www.conseil-etat.fr/fr/arianeweb/CE/decision/2022-09-22/436939

[5] Dal 30 giugno 2023 solo “negoziazione” perché per la riforma gli avvocati devono essere due, uno per parte.

[6] Juge de proximité e Tribunaux d’Instance

[7] Nel 2017 per il Juge de proximité. Nel 2019 Tribunaux de Grande Instance (TGI) e Tribunaux d’Instance (TI) sono diventati Tribunal judiciaire se presenti nello stesso comune.

[8] Nel 2009 il disegno di legge che recepisce quasi alla lettera le indicazioni della Commissione arriva al Senato tramite l’avv. Laurent Béteille.

Divenne la Legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010.

[9] i) prevedere, quando il mediatore procede ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, la possibilità per le parti di stabilire, al momento della nomina dell’esperto, che la sua relazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente valutata dal giudice;

[10] Art. 8  c. 7 Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. Al momento della nomina dell’esperto, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all’articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell’articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile.                     

[11] Cfr. L’ambition raisonnée d’une justice apaisée – Serge Guinchard

http://www.justice.gouv.fr/publications-10047/rapports-thematiques-10049/commission-sur-la-repartition-des-contentieux-15546.html

[12] Che non è stato travolto dal Conseil d’État N° 436939 22 septembre 2022

[13] LOI n° 2010-1609 du 22 décembre 2010

[14] Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012

[15] Nuovo art. 4 bis Legge 10 novembre 2014 n. 162

[16] Nuovo art. 4-ter Legge 10 novembre 2014 n. 162

[17] V. art. 4-bis e 4-ter Legge 10 novembre 2014 n. 162.

[18] Natalie Fricero,  docente ordinario dell’Università di Nizza, spiegava che per fruire della negoziazione assistita l’avvocato deve formarsi in tecniche di comunicazione e negoziazione e deve essere addestrato ad andare in mediazione.

[19] Su questo ultimo punto in Francia si è molto discusso dai tempi in cui il presidente Macron era ministro dell’economia.

[20] L’atto stabilisce la missione della persona designata, se applicabile, l’importo della sua retribuzione e le condizioni di pagamento;

[21] L’attestazione contiene il resoconto dei fatti ai quali il suo autore ha assistito o che ha personalmente osservato.

Menziona il nome, i nomi, la data e il luogo di nascita, la residenza e la professione del suo autore nonché, se del caso, il suo legame o affinità con le parti, di subordinazione rispetto alle stesse, di collaborazione o di comunanza di interessi con le parti loro.

Indica inoltre che è stabilito in vista della sua produzione in tribunale e che il suo autore è consapevole che un certificato falso da parte sua lo espone a sanzioni penali.

L’attestazione è scritta, datata e firmata dalla mano del suo autore. Quest’ultimo deve allegare ad esso, in originale o in fotocopia, qualsiasi documento ufficiale comprovante la sua identità e recante la sua firma.

[22] Peraltro contravvenendo ad una sentenza della Corte Costituzionale. Con sentenza n. 139 dell’11 giugno 1975 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 248 Codice di procedura civile:[I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento].

[23] Il compenso del mediatore è fissato, al termine del suo incarico, d’intesa con le parti. L’accordo può essere sottoposto all’approvazione del giudice a norma dell’articolo 1565.

In mancanza di accordo, il compenso è fissato dal giudice.

Quando intende fissare un importo inferiore a quello richiesto dal mediatore, il giudice invita il mediatore a presentare le sue osservazioni. Se necessario, il mediatore restituisce alle parti la differenza tra l’importo della prestazione e quello del suo compenso.

L’onere delle spese di mediazione è distribuito in conformità con le disposizioni dell’articolo 22-2 della legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 relativa all’organizzazione dei tribunali e del procedimento civile, penale e amministrativo.

Il giudice dispone, se necessario, il pagamento di ulteriori somme previa detrazione del fondo. Designa la parte o le parti che ne sono responsabili.

Una copia esecutiva della decisione è consegnata al mediatore, su sua richiesta.

[24] Sezione II

Disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato nella negoziazione assistita

Art. 11-bis

(Istituzione del patrocinio e ambito di applicabilità)

1. È assicurato, alle condizioni stabilite nella presente sezione, il patrocinio a spese dello Stato alla parte non abbiente per l’assistenza dell’avvocato nel procedimento di negoziazione assistita nei casi di cui all’articolo 3, comma 1, se è raggiunto l’accordo.

2. L’ammissione al patrocinio è esclusa nelle controversie per cessione di crediti e ragioni altrui, ad eccezione del caso in cui la cessione appare indubbiamente fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti.

Art. 11-ter

(Condizioni per l’ammissione).

1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore all’importo indicato dagli articoli 76 e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 11-quater

(Istanza per l’ammissione anticipata).

1. L’interessato che si trova nelle condizioni indicate nell’articolo 11-ter può chiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato al fine di stipulare una convenzione di negoziazione assistita e partecipare alla relativa procedura.

2. L’istanza per l’ammissione, a pena di inammissibilità, è redatta e sottoscritta in conformità agli articoli 78, comma 2, e 79, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, e contiene le enunciazioni in fatto e in diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere.

3. Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stato non appartenente all’Unione europea o l’apolide, a pena di inammissibilità, correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente che attesta la veridicità di quanto in essa indicato. In caso di impossibilità di presentare tale certificazione, l’istanza è corredata da una dichiarazione sostitutiva di certificazione, redatta ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Art. 11-quinquies

(Organo competente a ricevere l’istanza di ammissione anticipata e nomina dell’avvocato).

1. L’istanza per l’ammissione anticipata è presentata, personalmente o a mezzo raccomandata o a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, dall’interessato o dall’avvocato che ne ha autenticato la firma, al Consiglio dell’ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il tribunale che sarebbe competente a conoscere della controversia.

2. Entro venti giorni dalla presentazione dell’istanza per l’ammissione, il Consiglio dell’ordine degli avvocati, verificatane l’ammissibilità, ammette l’interessato al patrocinio, in via anticipata e provvisoria, e gliene dà immediata comunicazione.

3. Chi è ammesso al patrocinio può nominare un avvocato scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso il Consiglio individuato in conformità al comma 1.

Art. 11-sexies

(Ricorso avverso il rigetto dell’istanza per l’ammissione anticipata).

1. Contro il rigetto dell’istanza per l’ammissione anticipata, l’interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla comunicazione, avanti al presidente del tribunale del luogo in cui ha sede il Consiglio dell’ordine che ha adottato il provvedimento. Si applica l’articolo 99, commi 2, 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.

Art. 11-septies (Effetti dell’ammissione anticipata e sua conferma).

– 1. L’ammissione anticipata al patrocinio è valida per l’intera procedura di negoziazione assistita e la parte ammessa è tenuta, nel corso del procedimento, a comunicare al proprio avvocato le modifiche reddituali idonee a incidere sulle condizioni di ammissione di cui all’articolo 11-ter.

2. Quando è raggiunto l’accordo di negoziazione, l’ammissione è confermata, su istanza dell’avvocato, dal Consiglio dell’ordine che ha deliberato l’ammissione anticipata, mediante apposizione del visto di congruità sulla parcella.

3. L’istanza di conferma indica l’ammontare del compenso richiesto dall’avvocato ed è corredata dall’accordo. Il Consiglio dell’ordine, verificata la completezza della documentazione e la congruità del compenso in base al valore dell’accordo indicato ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, conferma l’ammissione e trasmette copia della parcella vistata all’ufficio competente del Ministero della giustizia perché proceda alle verifiche ritenute necessarie.

4. L’avvocato non può chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dal presente capo. Ogni patto contrario è nullo e si applica l’articolo 85, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.

Art. 11-octies

(Determinazione, liquidazione e pagamento dell’onorario e delle spese dell’avvocato).

1. Con decreto del Ministro della giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della legge 26 novembre 2021, n. 206, sono stabiliti gli importi spettanti all’avvocato della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato a titolo di onorario e spese. Con il medesimo decreto sono individuate le modalità di liquidazione e di pagamento, anche mediante riconoscimento di credito di imposta o di compensazione, delle somme determinate ai sensi del presente articolo, nonché le modalità e i contenuti della relativa richiesta e i controlli applicabili, anche di autenticità.

Art. 11-novies

(Revoca del provvedimento di ammissione e ricorso avverso il relativo decreto).

1. L’insussistenza dei presupposti per l’ammissione, da chiunque accertata, anche a seguito dei controlli di cui all’articolo 11-decies, è comunicata al Consiglio dell’ordine che ha deliberato l’ammissione.

2. Le sopravvenute modifiche delle condizioni reddituali che escludono l’ammissione al patrocinio sono immediatamente comunicate dalla parte ammessa o dal suo avvocato al Consiglio dell’ordine che ha deliberato l’ammissione in via anticipata.

3. Ricevute le comunicazioni previste dai commi 1 e 2, il Consiglio dell’ordine, effettuate le verifiche ritenute necessarie, revoca l’ammissione e ne dà comunicazione all’interessato e all’avvocato.

4. Contro il provvedimento di revoca l’interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla comunicazione, avanti al presidente del tribunale del luogo in cui ha sede il Consiglio dell’ordine che lo ha adottato. Si applica l’articolo 99, commi 2, 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 11-decies

(Sanzioni e controlli da parte della Guardia di finanza).

1. Chiunque, al fine di ottenere o mantenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, formula l’istanza per l’ammissione corredata dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante falsamente la sussistenza delle condizioni di reddito previste, è punito ai sensi dell’articolo 125, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

2. Si applica l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 11-undecies

(Disposizioni finanziarie).

1. All’onere derivante dall’attuazione delle disposizioni di cui alla sezione II del presente capo, valutato in euro 549.360 annui a decorrere dall’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione della delega per l’efficienza del processo civile di cui all’articolo 1, comma 39, legge 26 novembre 2021, n. 206.

[25] https://www.legifrance.gouv.fr/loda/id/LEGIARTI000042873180/2021-01-01/

[26] Quando i coniugi si accordano sulla rottura del matrimonio e sui suoi effetti, registrano, ciascuno assistito da un avvocato, il loro accordo in una convenzione in forma di atto a firma privata controfirmata dai loro avvocati e redatta alle condizioni previste dall’articolo 1374.

L’accordo sarà depositato nel verbale di un notaio, che verificherà la conformità con i requisiti formali di cui ai punti da 1 a 6 dell’articolo 229-3. Egli dovrà inoltre assicurarsi che il progetto di accordo non sia stato firmato prima della scadenza del periodo di riflessione previsto dall’articolo 229-4.

Questo deposito rende effettivo l’accordo conferendogli una data certa ed esecutiva.

[27] Nel 2010 con il guardasigilli Michel Mercier la disciplina viene appunto inserita nel Codice civile e nel 2011 arriva la novella del Codice di rito (il tutto entra in vigore il 23 gennaio 2012).

[28] Livre III : Des différentes manières dont on acquiert la propriété (Articles 711 à 2278)

Titre XX : De la prescription extinctive (Articles 2219 à 2254)

Chapitre III : Du cours de la prescription extinctive. (Articles 2228 à 2246)

Section 2 : Des causes de report du point de départ ou de suspension de la prescription. (Articles 2233 à 2239)

[29] Modificato dall’ordinanza n. 2016-131 del 10 febbraio 2016 – art. 5

[30] Articolo L125-1 Versione in vigore dal 01 gennaio 2020

Modificato dalla LEGGE n°2019-222 del 23 marzo 2019 – art. 14

Una procedura semplificata per il recupero dei crediti di modesta entità può essere attuata dall’ufficiale giudiziario su richiesta del creditore per il pagamento di un credito avente causa contrattuale o derivante da un obbligo di natura legale e inferiore a un importo definito con decreto in Consiglio di Stato.

Tale procedura si svolge entro un mese dall’invio da parte dell’ufficiale giudiziario di una raccomandata con avviso di ricevimento o di un messaggio inviato per via telematica che invita il debitore a partecipare a tale procedura. Il consenso del debitore, annotato dall’ufficiale giudiziario, sospende la prescrizione.

L’ufficiale giudiziario che ha ricevuto l’accordo del creditore e del debitore sull’importo e sui termini di pagamento rilascia, senza ulteriori formalità, titolo esecutivo.

Le spese di qualsiasi natura derivanti dalla procedura sono ad esclusivo carico del creditore.

Un decreto del Conseil d’Etat stabilisce i termini di applicazione di questo articolo, in particolare le norme per prevenire i conflitti di interesse quando l’ufficiale giudiziario emette un titolo esecutivo.

[31] Article 2238

Modifié par Ordonnance n°2016-131 du 10 février 2016 – art. 5

La prescription est suspendue à compter du jour où, après la survenance d’un litige, les parties conviennent de recourir à la médiation ou à la conciliation ou, à défaut d’accord écrit, à compter du jour de la première réunion de médiation ou de conciliation. La prescription est également suspendue à compter de la conclusion d’une convention de procédure participative ou à compter de l’accord du débiteur constaté par l’huissier de justice pour participer à la procédure prévue à l’article L. 125-1 du code des procédures civiles d’exécution.

Le délai de prescription recommence à courir, pour une durée qui ne peut être inférieure à six mois, à compter de la date à laquelle soit l’une des parties ou les deux, soit le médiateur ou le conciliateur déclarent que la médiation ou la conciliation est terminée. En cas de convention de procédure participative, le délai de prescription recommence à courir à compter du terme de la convention, pour une durée qui ne peut être inférieure à six mois. En cas d’échec de la procédure prévue au même article, le délai de prescription recommence à courir à compter de la date du refus du débiteur, constaté par l’huissier, pour une durée qui ne peut être inférieure à six mois.

[32] Titre XVII : De la convention de procédure participative (Articles 2062 à 2068)

[33] Modificato dalla legge n. 2016-1547 del 18 novembre 2016 – art. 9

Article 2062

Modifié par LOI n°2016-1547 du 18 novembre 2016 – art. 9

La convention de procédure participative est une convention par laquelle les parties à un différend s’engagent à œuvrer conjointement et de bonne foi à la résolution amiable de leur différend ou à la mise en état de leur litige.

Cette convention est conclue pour une durée déterminée.

[34] Modificato dalla legge n. 2016-1547 del 18 novembre 2016 – art. 9

Article 2063

Modifié par LOI n°2016-1547 du 18 novembre 2016 – art. 9

La convention de procédure participative est, à peine de nullité, contenue dans un écrit qui précise :

1° Son terme ;

2° L’objet du différend ;

3° Les pièces et informations nécessaires à la résolution du différend ou à la mise en état du litige et les modalités de leur échange .

4° Le cas échéant, les actes contresignés par avocats que les parties s’accordent à établir, dans des conditions prévues par décret en Conseil d’Etat.

[35] Modificato dalla Legge n°2015-990 del 6 agosto 2015 – art. 258

Article 2064

Modifié par LOI n°2015-990 du 6 août 2015 – art. 258

Toute personne, assistée de son avocat, peut conclure une convention de procédure participative sur les droits dont elle a la libre disposition, sous réserve des dispositions de l’article 2067.

[36] Modificato dalla legge n. 2016-1547 del 18 novembre 2016 – art. 9

Article 2065

Modifié par LOI n°2016-1547 du 18 novembre 2016 – art. 9

Tant qu’elle est en cours, la convention de procédure participative conclue avant la saisine d’un juge rend irrecevable tout recours au juge pour qu’il statue sur le litige. Toutefois, l’inexécution de la convention par l’une des parties autorise une autre partie à saisir le juge pour qu’il statue sur le litige.

En cas d’urgence, la convention ne fait pas obstacle à ce que des mesures provisoires ou conservatoires soient demandées par les parties.

[37] Modificato dalla legge n. 2021-1729 del 22 dicembre 2021 – art. 45.

Article 2066

Modifié par LOI n°2021-1729 du 22 décembre 2021 – art. 45

Sans préjudice du 7° de l’article L. 111-3 du code des procédures civiles d’exécution, les parties qui, au terme de la convention de procédure participative, parviennent à un accord réglant en tout ou partie leur différend peuvent soumettre cet accord à l’homologation du juge.

Lorsque, faute de parvenir à un accord au terme de la convention conclue avant la saisine d’un juge, les parties soumettent leur litige au juge, elles sont dispensées de la conciliation ou de la médiation préalable le cas échéant prévue.

Le deuxième alinéa n’est pas applicable aux litiges en matière prud’homale.

[38] Articolo L111-3 (Versione in vigore dal 24 dicembre 2021)

Modificato dalla Legge n°2021-1729 del 22 dicembre 2021 – art. 44.

Costituiscono titoli esecutivi solo i seguenti

1° Le decisioni dei tribunali dell’ordine giudiziario o amministrativo quando sono esecutive, nonché gli accordi a cui tali tribunali hanno conferito esecutività;

2° Atti e sentenze straniere, nonché lodi arbitrali dichiarati esecutivi con una decisione non soggetta a impugnazione che sospende l’esecuzione, fatte salve le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione europea;

3° Estratti dei verbali di conciliazione firmati dal giudice e dalle parti;

4° Atti notarili con formula esecutiva;

4° bis Accordi con cui i coniugi acconsentono reciprocamente al divorzio o alla separazione legale con atto a firma privata controfirmato da avvocati, depositato a verbale da un notaio secondo le modalità previste dall’articolo 229-1 del Codice civile;

5° Il documento rilasciato dall’ufficiale giudiziario in caso di mancato pagamento di un assegno o in caso di accordo tra il creditore e il debitore alle condizioni previste dall’articolo L. 125-1;

6° Atti emessi da persone giuridiche di diritto pubblico qualificate come tali dalla legge, o decisioni a cui la legge attribuisce gli effetti di una sentenza;

7° Le transazioni e gli atti che stabiliscono un accordo conseguenti a procedura di mediazione, conciliazione o procedura partecipativa, quando sono controfirmati dai legali di ciascuna delle parti e vidimati dal cancelliere del Foro competente.

[39] Modificato dalla Legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010 – art. 37

Legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010 art. 43: le disposizioni dell’articolo 2067 del codice civile entreranno in vigore alle condizioni stabilite dal decreto di modifica del codice di procedura civile necessario per la loro applicazione e al più tardi il 1° settembre 2011.

Article 2067

Modifié par LOI n°2010-1609 du 22 décembre 2010 – art. 37

Une convention de procédure participative peut être conclue par des époux en vue de rechercher une solution consensuelle en matière de divorce ou de séparation de corps.

L’article 2066 n’est pas applicable en la matière. La demande en divorce ou en séparation de corps présentée à la suite d’une convention de procédure participative est formée et jugée suivant les règles prévues au titre VI du livre Ier relatif au divorce.

LOI n° 2010-1609 du 22 décembre 2010 art 43 : les dispositions de l’article 2067 du code civil entrent en vigueur dans les conditions fixées par le décret modifiant le code de procédure civile nécessaire à leur application et au plus tard le 1er septembre 2011.

[40] Art. da 229 a 309 del Codice civile.

[41] Modificato dalla Legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010 – art. 37

LOI n° 2010-1609 del 22 dicembre 2010 art. 43: le disposizioni dell’articolo 2068 del Codice civile entreranno in vigore alle condizioni stabilite dal decreto di modifica del Codice di procedura civile necessario per la loro applicazione e non oltre il 1° settembre 2011

Article 2068

Modifié par LOI n°2010-1609 du 22 décembre 2010 – art. 37

La procédure participative est régie par le code de procédure civile.

LOI n° 2010-1609 du 22 décembre 2010 art 43: les dispositions de l’article 2068 du code civil entrent en vigueur dans les conditions fixées par le décret modifiant le code de procédure civile nécessaire à leur application et au plus tard le 1er septembre 2011.

[42] Livre V : La résolution amiable des différends

[43] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1528

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Les parties à un différend peuvent, à leur initiative et dans les conditions prévues par le présent livre, tenter de le résoudre de façon amiable avec l’assistance d’un médiateur, d’un conciliateur de justice ou, dans le cadre d’une procédure participative, de leurs avocats.

[44] Modificato dal Decreto n°2017-892 del 6 maggio 2017 – art. 24

[45] Titre II : La procédure participative (Articles 1542 à 1564-7)

[46] Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

La procédure participative prévue aux articles 2062 à 2067 du code civil est régie par les dispositions du présent titre.

[47] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Elle se déroule selon une procédure conventionnelle de recherche d’un accord, suivie, le cas échéant, par une procédure aux fins de jugement.

Elle peut aussi se dérouler dans le cadre de l’instance, aux fins de mise en état devant toute juridiction de l’ordre judiciaire, quelle que soit la procédure suivie.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[48] Chapitre Ier : La procédure conventionnelle (Articles 1544 à 1555-1)

Section 1 : La convention (Articles 1544 à 1546-2)

Sous-section 1 : Dispositions générales (Articles 1544 à 1546)

[49] Modificato dal Decreto n°2017-892 del 6 maggio 2017 – art. 26

Article 1544

Modifié par Décret n°2017-892 du 6 mai 2017 – art. 26

Les parties, assistées de leurs avocats, œuvrent conjointement, dans les conditions fixées par convention, à un accord mettant un terme au différend qui les oppose ou à la mise en état de leur litige.

[50] Modificato dal Decreto n°2020-1717 del 28 dicembre 2020 – art. 181

Ai sensi dell’articolo 190 del decreto n. 2020-1717 del 28 dicembre 2020, queste disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2021.

Article 1545

Modifié par Décret n°2020-1717 du 28 décembre 2020 – art. 181

Conformément à l’article 190 du décret n° 2020-1717 du 28 décembre 2020, les présentes dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2021.

Outre les mentions prévues à l’article 2063 du code civil, la convention de procédure participative mentionne les noms, prénoms et adresses des parties et de leurs avocats.

La communication des prétentions et des moyens en fait et en droit, des pièces et informations entre les parties se fait par l’intermédiaire de leurs avocats selon les modalités prévues par la convention ; ceux-ci les portent à la connaissance des intéressés par tous moyens appropriés. Un bordereau est établi lorsqu’une pièce est communiquée.

La convention fixe également la répartition des frais entre les parties sous réserve des dispositions de l’article 123 du décret n° 2020-1717 du 28 décembre 2020 lorsque l’une des parties bénéficie de l’aide juridictionnelle. A défaut de précision dans la convention, les frais de la procédure participative sont partagés entre les parties à parts égales.

[51] L’accordo sulla procedura partecipativa deve, a pena di nullità, essere contenuto in una scrittura che specifichi:

1° Il suo termine;

2° L’oggetto della controversia;

3° I documenti e le informazioni necessarie per la risoluzione della controversia o per la preparazione della causa e i termini del loro scambio.

4° Se del caso, i documenti controfirmati da avvocati che le parti concordano di redigere, alle condizioni stabilite con decreto del Consiglio di Stato.

[52] L’accordo delle parti teso a porre fine a un procedimento tra di loro non può addebitare alla parte che beneficia del gratuito patrocinio più della metà delle spese di tale procedimento. Lo stesso vale per l’accordo dei coniugi in caso di divorzio consensuale giudiziale.

In caso di divorzio consensuale previsto dall’articolo 229-1 del codice civile , la convenzione di divorzio non può addebitare alla parte beneficiaria del gratuito patrocinio più della metà delle spese. Lo stesso vale per l’accordo di procedura partecipativa.

[53] Article 1546

La convention de procédure participative est modifiée dans les mêmes formes que celles prévues pour son établissement.

[54] Sous-section 2 : Dispositions relatives à la procédure participative aux fins de mise en état (Articles 1546-1 à 1546-2)

[55] Modificato dal Decreto n°2021-1322 dell’11 ottobre 2021 – art. 4

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo I, del decreto n. 2021-1322 dell’11 ottobre 2021, queste disposizioni entrano in vigore il 1° novembre 2021 e si applicano ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1546-1

Modifié par Décret n°2021-1322 du 11 octobre 2021 – art. 4

Les parties peuvent conclure une convention de procédure participative aux fins de mise en état à tout moment de l’instance.

Les parties ont, à tout moment, la possibilité de renoncer expressément à se prévaloir de toute fin de non-recevoir, de toute exception de procédure et des dispositions de l’article 47, à l’exception de celles qui surviennent ou sont révélées postérieurement à la signature de la convention de procédure participative.

Lorsque les parties et leurs avocats justifient avoir conclu une convention de procédure participative aux fins de mise en état, le juge peut, à leur demande, fixer la date de l’audience de clôture de l’instruction et la date de l’audience de plaidoiries. Il renvoie l’examen de l’affaire à la première audience précitée. A défaut de demande en ce sens, le juge ordonne le retrait du rôle.

Conformément au I de l’article 8 du décret n° 2021-1322 du 11 octobre 2021, ces dispositions entrent en vigueur le 1er novembre 2021 et sont applicables aux instances en cours à cette date.

[56] Quando un magistrato o un ausiliario di giustizia è parte in una controversia che rientra nella giurisdizione di una giurisdizione nella cui giurisdizione esercita le sue funzioni, l’attore può adire una giurisdizione situata in una giurisdizione limitrofa.

Il convenuto o tutte le parti coinvolte nel ricorso possono chiedere il rinvio ad un giudice prescelto alle stesse condizioni. A pena di inammissibilità, la domanda è proposta non appena il suo autore è a conoscenza del motivo del rigetto. In caso di licenziamento si procede come previsto dall’articolo 82 .

[57] Decreto n°2017-892 del 6 maggio 2017 – art. 26

Modificato dal Decreto n°2017-892 del 6 maggio 2017 – art. 27

In conformità con le disposizioni del IV dell’articolo 70 del decreto n. 2017-892 del 6 maggio 2017, queste disposizioni si applicano a partire dal 1° settembre 2017.

Article 1546-2

Création Décret n°2017-892 du 6 mai 2017 – art. 26

Modifié par Décret n°2017-892 du 6 mai 2017 – art. 27

Devant la cour d’appel, l’information donnée au juge de la conclusion d’une convention de procédure participative entre toutes les parties à l’instance d’appel interrompt les délais impartis pour conclure et former appel incident mentionnés aux articles 905-2 et 908 à 910. L’interruption de ces délais produit ses effets jusqu’à l’information donnée au juge de l’extinction de la procédure participative.

Conformément aux dispositions du IV de l’article 70 du décret n° 2017-892 du 6 mai 2017, ces dispositions sont applicables à compter du 1er septembre 2017.

[58] Section 1 bis: Les actes contresignés par avocats (Article 1546-3)

[59] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, comma I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1546-3

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

L’acte de procédure contresigné par avocat est établi conjointement par les avocats des parties à un litige ayant ou non donné lieu à la saisine d’une juridiction, en dehors ou dans le cadre d’une procédure participative.

Par actes contresignés par avocats précisés dans la convention de procédure participative, les parties peuvent notamment :

1° Enumérer les faits ou les pièces qui ne l’auraient pas été dans la convention, sur l’existence, le contenu ou l’interprétation desquels les parties s’accordent ;

2° Déterminer les points de droit auxquels elles entendent limiter le débat, dès lors qu’ils portent sur des droits dont elles ont la libre disposition ;

3° Convenir des modalités de communication de leurs écritures ;

4° Recourir à un technicien selon les modalités des articles 1547 à 1554 ;

5° Désigner un conciliateur de justice ou un médiateur ayant pour mission de concourir à la résolution du litige. L’acte fixe la mission de la personne désignée, le cas échéant, le montant de sa rémunération et ses modalités de paiement ;

6° Consigner les auditions des parties, entendues successivement en présence de leurs conseils, comportant leur présentation du litige, leurs prétentions, les questions de leurs avocats ainsi que leurs réponses et les observations qu’elles souhaitent présenter ;

7° Consigner les déclarations de toute personne acceptant de fournir son témoignage sur les faits auxquels il a assisté ou qu’il a personnellement constatés, recueillies ensemble par les avocats, spontanément ou sur leur interrogation. L’acte contient les mentions prévues au deuxième alinéa de l’article 202. Le témoin fait précéder sa signature de la mention prévue au troisième alinéa du même article ;

8° Consigner les constatations ou avis donnés par un technicien recueillies ensemble par les avocats.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[60] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1547

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Lorsque les parties envisagent de recourir à un technicien, elles le choisissent d’un commun accord et déterminent sa mission.

Le technicien est rémunéré par les parties, selon les modalités convenues entre eux.

[61] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1548

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Il appartient au technicien, avant d’accepter sa mission, de révéler toute circonstance susceptible d’affecter son indépendance afin que les parties en tirent les conséquences qu’elles estiment utiles.

[62] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1549

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Le technicien commence ses opérations dès que les parties et lui-même se sont accordés sur les termes de leur contrat.

Il accomplit sa mission avec conscience, diligence et impartialité, dans le respect du principe du contradictoire.

Il ne peut être révoqué que du consentement unanime des parties.

[63] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1550

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

A la demande du technicien ou après avoir recueilli ses observations, les parties peuvent modifier la mission qui lui a été confiée ou confier une mission complémentaire à un autre technicien.

[64] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1551

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Les parties communiquent au technicien les documents nécessaires à l’accomplissement de sa mission.

Lorsque l’inertie d’une partie empêche le technicien de mener à bien sa mission, il convoque l’ensemble des parties en leur indiquant les diligences qu’il estime nécessaires. Si la partie ne défère pas à sa demande, le technicien poursuit sa mission à partir des éléments dont il dispose.

[65] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1552

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Tout tiers intéressé peut, avec l’accord des parties et du technicien, intervenir aux opérations menées par celui-ci. Le technicien l’informe qu’elles lui sont alors opposables.

[66] Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2

Article 1553

Création Décret n°2012-66 du 20 janvier 2012 – art. 2

Le technicien joint à son rapport, si les parties et, le cas échéant, le tiers intervenant le demandent, leurs observations ou réclamations écrites.

Il fait mention dans celui-ci des suites données à ces observations ou réclamations.

[67] Modificato dal Decreto n°2021-1322 dell’11 ottobre 2021 – art. 4

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo I, del decreto n. 2021-1322 dell’11 ottobre 2021, queste disposizioni entrano in vigore il 1° novembre 2021 e si applicano ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1554

Modifié par Décret n°2021-1322 du 11 octobre 2021 – art. 4

A l’issue des opérations, le technicien remet un rapport écrit aux parties, et, le cas échéant, au tiers intervenant.

Le rapport a valeur de rapport d’expertise judiciaire.

Conformément au I de l’article 8 du décret n° 2021-1322 du 11 octobre 2021, ces dispositions entrent en vigueur le 1er novembre 2021 et sont applicables aux instances en cours à cette date.

[68] Section 3 : L’issue de la procédure (Articles 1555 à 1555-1)

[69] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Article 1555

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

La procédure participative s’éteint par :

1° L’arrivée du terme de la convention de procédure participative ;

2° La résiliation anticipée et par écrit de cette convention par les parties assistées de leurs avocats ;

3° La conclusion d’un accord mettant fin en totalité au différend ou au litige ou l’établissement d’un acte constatant la persistance de tout ou partie de celui-ci ;

4° L’inexécution par l’une des parties, de la convention ;

5° La saisine du juge, dans le cadre d’une procédure participative aux fins de mise en état, aux fins de statuer sur un incident, sauf si la saisine émane de l’ensemble des parties.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[70] Decreto n°2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Esse si applicano ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1555-1

Création Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsqu’un accord au moins partiel a pu être conclu, il est constaté dans un acte sous signature privée établi dans les conditions prévues à l’article 1374 du code civil. Il énonce de manière détaillée les éléments ayant permis la conclusion de cet accord.

Lorsque la convention de procédure participative a été conclue aux fins de mise en état, l’accord mentionné au premier alinéa est adressé à la juridiction au plus tard à la date de l’audience à laquelle l’instruction sera clôturée.

Lorsque la convention de procédure participative est conclue dans le cadre d’une procédure sans mise en état, l’accord mentionné au premier alinéa est adressé à la juridiction au plus tard le jour de l’audience.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[71] Articolo 1374

Modificato dall’ordinanza n. 2016-131 del 10 febbraio 2016 – art. 4.

Una scrittura privata controfirmata dall’avvocato di ciascuna delle parti o dall’avvocato di tutte le parti fa prova della grafia e della firma delle parti, sia nei loro confronti che nei confronti dei loro eredi o successori.

Ad esso si applica la procedura di querela di falso prevista dal Codice di procedura civile.

Questo documento è esente da qualsiasi menzione manoscritta richiesta dalla legge.

[72] Chapitre II: La procédure aux fins de jugement (Articles 1556 à 1564-7)

[73] Modificato dal Decreto n°2017-892 del 6 maggio 2017 – art. 26

Article 1556

Modifié par Décret n°2017-892 du 6 mai 2017 – art. 26

A l’issue de la procédure conventionnelle et exception faite des demandes en divorce ou en séparation de corps sur lesquelles il est statué conformément aux dispositions de la section II du chapitre V du titre Ier du livre III, le juge peut être saisi de l’affaire ou celle-ci être rétablie à la demande d’une des parties, selon le cas, pour homologuer l’accord des parties mettant fin en totalité au différend ou au litige, pour homologuer un accord partiel des parties et statuer sur la partie du litige persistant ou pour statuer sur l’entier litige.

La demande faite au juge par une partie, en application du premier alinéa de l’article 2065 du code civil, pour qu’il statue sur le litige avant le terme de la convention, du fait de son inexécution par l’autre partie, est formée, instruite et jugée conformément aux règles de procédure applicables devant ce juge.

[74] Finché è in corso, l’accordo di procedura partecipativa concluso prima del deferimento della questione a un giudice renderà inammissibile qualsiasi ricorso al giudice per una decisione sulla controversia. Tuttavia, l’inadempimento dell’accordo da parte di una delle parti darà diritto a un’altra parte di rivolgersi al tribunale per decidere sulla controversia.

[75] Section 1 : La procédure d’homologation d’un accord ou de jugement après tentative de résolution amiable (Articles 1557 à 1564)

Sous-section 1 : La procédure d’homologation d’un accord mettant fin à l’entier différend (Article 1557)

[76] Article 1557

La demande tendant à l’homologation de l’accord des parties établi conformément à l’article 1555 est présentée au juge par requête de la partie la plus diligente ou de l’ensemble des parties.

A peine d’irrecevabilité, la requête est accompagnée de la convention de procédure participative.

Lorsque l’accord concerne un mineur capable de discernement, notamment lorsqu’il porte sur les modalités de l’exercice de l’autorité parentale, la requête mentionne les conditions dans lesquelles le mineur a été informé de son droit à être entendu par le juge ou la personne désignée par lui et à être assisté par un avocat.

[77] Sous-section 2 : La procédure de jugement du différend persistant (Articles 1558 à 1564)

Paragraphe 1 : Dispositions communes (Articles 1558 à 1559)

[78] Il secondo paragrafo non si applica alle controversie in materia di lavoro.

[79] Modificato dal decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019 – art. 8.

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019, queste disposizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2020.

Modifié par Décret n°2019-966 du 18 septembre 2019 – art. 8

Devant le tribunal judiciaire et à moins que l’entier différend n’ait été soumis à la procédure de droit commun, l’affaire est directement appelée à une audience de jugement de la formation à laquelle elle a été distribuée. L’affaire ne peut être renvoyée devant le juge de la mise en état que dans les cas prévus au deuxième et au troisième alinéa de l’article 1561.

Conformément à l’article 9 du décret n° 2019-966 du 18 septembre 2019, les présentes dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020.

[80] Paragraphe 2 : La procédure d’homologation d’un accord partiel et de jugement du différend résiduel (Articles 1560 à 1561)

[81] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

[82] Articolo 57

Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 1.

Quando è presentata dall’attore, la domanda è sottoposta al tribunale senza che l’avversario ne sia stato preventivamente informato. Quando è presentata o indirizzata congiuntamente dalle parti, sottopone al giudice le rispettive richieste, i punti su cui sono in disaccordo e i rispettivi motivi.

Essa deve contenere, oltre alle indicazioni di cui all’articolo 54, anche a pena di nullità:

-quando è avanzata da una sola parte, l’indicazione del cognome, del nome e del domicilio della persona nei confronti della quale viene avanzata la richiesta di risarcimento o, nel caso di una persona giuridica, la sua denominazione e la sua sede legale;

-in tutti i casi, l’indicazione dei documenti su cui si basa la domanda.

Deve essere datato e firmato.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020.

Articolo 54

Modificato dal Decreto n°2020-1452 del 27 novembre 2020 – art. 1

La domanda iniziale deve essere presentata con un atto di citazione o con un’istanza consegnata o indirizzata alla cancelleria del tribunale. La domanda può essere presentata congiuntamente dalle parti.

A pena di nullità, la domanda iniziale deve menzionare :

1° L’indicazione dell’organo giurisdizionale dinanzi al quale è stata presentata la domanda;

2° L’oggetto della richiesta;

3° a) Per le persone fisiche, cognome, nome, professione, domicilio, nazionalità, data e luogo di nascita di ciascuno dei richiedenti;

b) per le persone giuridiche, la forma, la denominazione, la sede legale e l’organo che le rappresenta legalmente;

4° Se del caso, le indicazioni relative alla designazione del bene immobile necessarie per la pubblicazione nel registro immobiliare;

5° Quando deve essere preceduto da un tentativo di conciliazione, di mediazione o di procedura partecipativa, le misure adottate in vista di una risoluzione amichevole della controversia o la giustificazione della rinuncia a tale tentativo.

Article 1560

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque les parties ne sont parvenues qu’à un accord partiel et à moins qu’elles ne demandent que son homologation conformément à l’article 1557, elles peuvent saisir le juge à l’effet qu’il statue sur le différend résiduel soit conformément aux règles régissant la procédure applicable devant lui, soit par une requête conjointe signée par les avocats les ayant assistées au cours de la procédure participative dans les conditions prévues par le présent paragraphe.

Cette requête contient, à peine d’irrecevabilité que le juge peut soulever d’office, outre les mentions prévues par l’article 57 :

― les points faisant l’objet d’un accord entre les parties, dont elles peuvent demander au juge l’homologation dans la même requête ;

― les prétentions respectives des parties relativement aux points sur lesquels elles restent en litige, accompagnées des moyens de fait et de droit sur lesquels chacune de ces prétentions est fondée, avec l’indication pour chaque prétention des pièces invoquées.

Sous la même sanction, cette requête est accompagnée de la convention de procédure participative, des pièces prévues à l’article 2063 du code civil, le cas échéant, du rapport du technicien, ainsi que des pièces communiquées au cours de la procédure conventionnelle.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[83] 3° I documenti e le informazioni necessarie per la risoluzione della controversia o per la preparazione della causa e i termini del loro scambio.

4° Se del caso, i documenti controfirmati da avvocati che le parti concordano di redigere, alle condizioni stabilite con decreto del Consiglio di Stato.

[84] Article 1561

L’objet du litige est déterminé par les prétentions respectives des parties telles que formulées dans la requête prévue à l’article 1560.

Les parties ne peuvent modifier leurs prétentions, si ce n’est pour actualiser le montant d’une demande relative à une créance à exécution successive, opposer un paiement ou une compensation ultérieur ou faire juger les questions nées de l’intervention d’un tiers ou de la survenance ou de la révélation d’un fait postérieur à l’établissement de l’accord.

Les parties ne peuvent modifier le fondement juridique de leur demande ou soulever de nouveaux moyens qu’en vue de répondre à l’invitation du juge de fournir les explications de fait ou de droit qu’il estime nécessaires à la solution du litige.

[85] Paragraphe 3 : La procédure de jugement de l’entier différend (Articles 1562 à 1564)

[86] Article 1562

Lorsque le différend persiste en totalité, le juge peut en connaître :

― soit conformément aux règles régissant la procédure applicable devant lui ;

― soit selon les modalités prévues au paragraphe 2 ;

― soit sur requête unilatérale sur laquelle il statue suivant les règles applicables devant lui sous réserve des dispositions du présent paragraphe.

[87] Modificato dal decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019 – art. 8.

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019, queste disposizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2020.

[88] Articolo 58

Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 1.

Quando questa possibilità è prevista dall’articolo 12, le parti possono, se non l’hanno già fatto dopo l’insorgere della controversia, affidare al giudice, nella domanda congiunta, il compito di pronunciarsi come amichevole compositore o vincolarlo con le qualifiche e i punti di diritto ai quali intendono limitare la discussione.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, le presenti disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020.

Article 1563

Modifié par Décret n°2019-966 du 18 septembre 2019 – art. 8

La requête est déposée au greffe par l’avocat de la partie la plus diligente. A peine d’irrecevabilité, elle est présentée dans un délai de trois mois suivant le terme de la convention de procédure participative.

Outre les mentions prescrites, à peine de nullité, par l’article 58, la requête contient un exposé des moyens de fait et de droit et est accompagnée de la liste des pièces mentionnées au troisième alinéa de l’article 1560.

L’avocat qui procède au dépôt en informe la partie adverse elle-même ainsi que l’avocat l’ayant assisté au cours de la procédure conventionnelle, selon le cas, par notification ou par lettre recommandée avec demande d’avis de réception.

Devant le tribunal judiciaire, le dépôt de cet acte au greffe contient constitution de l’avocat.

Conformément à l’article 9 du décret n° 2019-966 du 18 septembre 2019, les présentes dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020.

[89] Modificato dal decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019 – art. 8.

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto n. 2019-966 del 18 settembre 2019, queste disposizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2020.

Article 1564

Modifié par Décret n°2019-966 du 18 septembre 2019 – art. 8

Lorsque la requête a été déposée au greffe du tribunal judiciaire, la notification mentionnée au troisième alinéa de l’article 1563 indique que la partie adverse doit constituer avocat dans un délai de quinze jours suivant cette notification.

Dans les autres cas, l’avocat du requérant est informé par le greffe, dès remise de la requête, de la date de la première audience utile à laquelle l’affaire sera appelée. Cette date est portée à la connaissance de la partie adverse dans la notification prévue au troisième alinéa de l’article 1563.

Conformément à l’article 9 du décret n° 2019-966 du 18 septembre 2019, les présentes dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020.

[90] Section 2 : La procédure de jugement après mise en état conventionnelle du litige (Articles 1564-1 à 1564-7)

[91] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55 del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, queste disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-1

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

L’affaire est rétablie à la demande de l’une des parties afin que le juge, selon le cas homologue l’accord et statue sur la partie du litige persistant ou statue sur l’entier litige après avoir, le cas échéant, mis l’affaire en état d’être jugée.

La demande de rétablissement est accompagnée de la convention de procédure participative conclue entre les parties, des pièces prévues à l’article 2063 du code civil, le cas échéant, du rapport du technicien, ainsi que des pièces communiquées au cours de la procédure conventionnelle.

[92] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-2

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Sous réserve des dispositions de l’article 2067 du code civil, lorsque la mise en état a permis de parvenir à un accord total sur le fond du litige, la demande tendant à l’homologation de l’accord des parties établi conformément aux dispositions de l’article 1555-1, est présentée au juge par la partie la plus diligente ou l’ensemble des parties.

Lorsque l’accord concerne un mineur capable de discernement, notamment lorsqu’il porte sur les modalités de l’exercice de l’autorité parentale, la demande mentionne les conditions dans lesquelles le mineur a été informé de son droit à être entendu par le juge ou la personne désignée par lui et à être assisté par un avocat.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[93] Un accordo di procedura partecipativa può essere concluso dai coniugi per cercare una soluzione consensuale in materia di divorzio o separazione legale.

L’articolo 2066 non è applicabile in questa materia. La domanda di divorzio o di separazione legale presentata a seguito di un accordo di procedura partecipativa viene formata e giudicata secondo le norme previste dal Titolo VI del Libro I relative al divorzio.

[94] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-3

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque la phase conventionnelle a permis de mettre l’affaire en état d’être jugée et de conclure un accord partiel sur le fond du litige, la demande de rétablissement est accompagnée d’un acte d’avocats établi dans les conditions prévues à l’ article 1374 du code civil , formalisant les points faisant l’objet d’un accord entre les parties, ainsi que les prétentions respectives des parties relativement aux points sur lesquels elles restent en litige, accompagnées des moyens en fait et en droit sur lesquels chacune de ces prétentions est fondée, avec l’indication pour chaque prétention des pièces invoquées.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[95] L’atto a firma privata controfirmato dagli avvocati di ciascuna delle parti o dall’avvocato di tutte le parti fa prova della scrittura e della firma delle parti, sia nei loro confronti che nei confronti dei loro eredi o aventi causa.

Ad essa si applica la procedura di querela di falso prevista dal codice di procedura civile .

Il presente atto è esente da qualsiasi annotazione manoscritta prevista dalla legge.

[96] Modificato dal decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-4

Modifié par Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque la phase conventionnelle a permis de mettre l’affaire en état d’être jugée mais que le litige persiste en totalité sur le fond, la demande de rétablissement est accompagnée d’un acte d’avocats établi dans les conditions prévues à l’ article 1374 du code civil , formalisant les prétentions respectives des parties, accompagnées des moyens en fait et en droit, avec l’indication pour chaque prétention des pièces invoquées. Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[97] Decreto n°2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-5

Création Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque la phase conventionnelle n’a pas permis de mettre l’affaire en état d’être jugée, en tout ou partie, l’affaire est rétablie à la demande de la partie la plus diligente, pour être mise en état, conformément aux règles de procédure applicables devant le juge de la mise en état.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[98] Decreto n°2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, queste disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-6

Création Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque le juge est saisi sur le fondement des dispositions des articles 1564-3 et 1564-4, l’affaire est fixée à bref délai.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[99] Decreto di creazione n°2019-1333 dell’11 dicembre 2019 – art. 13

Ai sensi dell’articolo 55, comma I, del decreto n. 2019-1333 dell’11 dicembre 2019, tali disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020. Sono applicabili ai procedimenti in corso a tale data.

Article 1564-7

Création Décret n°2019-1333 du 11 décembre 2019 – art. 13

Lorsque l’examen de l’affaire a été renvoyé à l’audience de clôture de l’instruction en application des dispositions du deuxième alinéa de l’article 1546-1, les actes et pièces mentionnés aux articles 1564-1,1564-3 et 1564-4 sont communiqués au juge de la mise en état au plus tard à la date de cette audience.

Conformément au I de l’article 55 du décret n° 2019-1333 du 11 décembre 2019, ces dispositions entrent en vigueur le 1er janvier 2020. Elles sont applicables aux instances en cours à cette date.

[100] Titre III : Dispositions communes (Articles 1565 à 1571)

Section 1 : De l’homologation judiciaire (Articles 1565 à 1567)

[101] Modificato dal Decreto n°2022-245 del 25 febbraio 2022 – art. 1

Ai sensi dell’articolo 6 del decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022, queste disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del suddetto decreto. Tuttavia, sono applicabili ai procedimenti in corso.

Article 1565

Modifié par Décret n°2022-245 du 25 février 2022 – art. 1

L’accord auquel sont parvenues les parties à une médiation, une conciliation ou une procédure participative peut être soumis, aux fins de le rendre exécutoire, à l’homologation du juge compétent pour connaître du contentieux dans la matière considérée.

L’accord sur la rémunération du médiateur conclu conformément à l’article 131-13 peut être rendu exécutoire dans les mêmes conditions, à la demande d’une partie ou du médiateur, par le juge qui a ordonné la médiation.

Le juge à qui est soumis l’accord ne peut en modifier les termes.

Conformément à l’article 6 du décret n° 2022-245 du 25 février 2022, ces dispositions entrent en vigueur le lendemain de la publication dudit décret. Toutefois, elles sont applicables aux instances en cours.

[102] Il compenso del mediatore è fissato, al termine del suo incarico, d’intesa con le parti. L’accordo può essere sottoposto all’approvazione del giudice a norma dell’articolo 1565.

In mancanza di accordo, il compenso è fissato dal giudice.

Quando intende fissare un importo inferiore a quello richiesto dal mediatore, il giudice invita il mediatore a presentare le sue osservazioni. Se necessario, il mediatore restituisce alle parti la differenza tra l’importo della prestazione e quello del suo compenso.

L’onere delle spese di mediazione è distribuito in conformità con le disposizioni dell’articolo 22-2 della legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 relativa all’organizzazione dei tribunali e del procedimento civile, penale e amministrativo.

Il giudice dispone, se necessario, il pagamento di ulteriori somme previa detrazione del fondo. Designa la parte o le parti che ne sono responsabili.

Una copia esecutiva della decisione è consegnata al mediatore, su sua richiesta.

[103] Article 1566

Le juge statue sur la requête qui lui est présentée sans débat, à moins qu’il n’estime nécessaire d’entendre les parties.

S’il est fait droit à la requête, tout intéressé peut en référer au juge qui a rendu la décision.

La décision qui refuse d’homologuer l’accord peut faire l’objet d’un appel. Cet appel est formé par déclaration au greffe de la cour d’appel. Il est jugé selon la procédure gracieuse.

[104] Article 1567

Les dispositions des articles 1565 et 1566 sont applicables à la transaction conclue sans qu’il ait été recouru à une médiation, une conciliation ou une procédure participative. Le juge est alors saisi par la partie la plus diligente ou l’ensemble des parties à la transaction.

[105] Section 2 : De l’apposition de la formule exécutoire par le greffe (Articles 1568 à 1571)

[106] Modificato dal Decreto n°2022-245 del 25 febbraio 2022 – art. 1

Ai sensi dell’articolo 6 del decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022, queste disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del suddetto decreto. Tuttavia, sono applicabili ai procedimenti in corso.

Article 1568

Modifié par Décret n°2022-245 du 25 février 2022 – art. 1

Lorsque l’accord auquel sont parvenues les parties à une médiation, une conciliation ou une procédure participative prend la forme d’un acte contresigné par les avocats de chacune des parties, cet acte peut être revêtu, à la demande d’une partie, de la formule exécutoire.

La demande est formée par écrit, en double exemplaire, auprès du greffe de la juridiction du domicile du demandeur matériellement compétente pour connaître du contentieux de la matière dont relève l’accord.

Le greffier n’appose la formule exécutoire qu’après avoir vérifié sa compétence et la nature de l’acte.

Conformément à l’article 6 du décret n° 2022-245 du 25 février 2022, ces dispositions entrent en vigueur le lendemain de la publication dudit décret. Toutefois, elles sont applicables aux instances en cours.

[107] Istituito con Decreto n°2022-245 del 25 febbraio 2022 – art. 1

Article 1569

Créé par Décret n°2022-245 du 25 février 2022 – art. 1

L’acte contresigné par avocats et revêtu de la formule exécutoire, ou la décision de refus du greffier, est remis ou adressé au demandeur par lettre simple.

Le double de la demande ainsi que la copie de l’acte et, le cas échéant, la décision de refus du greffier sont conservés au greffe.

Conformément à l’article 6 du décret n° 2022-245 du 25 février 2022, ces dispositions entrent en vigueur le lendemain de la publication dudit décret. Toutefois, elles sont applicables aux instances en cours.

[108] Modificato dal Decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022 – art. 1

Ai sensi dell’articolo 6 del decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022, queste disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del suddetto decreto. Tuttavia, sono applicabili ai procedimenti in corso.

Article 1570

Modifié par Décret n°2022-245 du 25 février 2022 – art. 1

Toute personne intéressée peut former une demande aux fins de suppression de la formule exécutoire devant la juridiction dont le greffe a apposé cette formule.

La demande est formée, instruite et jugée selon les règles de la procédure accélérée au fond.

Conformément à l’article 6 du décret n° 2022-245 du 25 février 2022, ces dispositions entrent en vigueur le lendemain de la publication dudit décret. Toutefois, elles sont applicables aux instances en cours.

[109] Modificato dal Decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022 – art. 1

Ai sensi dell’articolo 6 del decreto n. 2022-245 del 25 febbraio 2022, le presenti disposizioni entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del suddetto decreto. Tuttavia, sono applicabili ai procedimenti in corso.

Article 1571

Modifié par Décret n°2022-245 du 25 février 2022 – art. 1

Les dispositions de la présente section sont applicables à la transaction.

Conformément à l’article 6 du décret n° 2022-245 du 25 février 2022, ces dispositions entrent en vigueur le lendemain de la publication dudit décret. Toutefois, elles sont applicables aux instances en cours.

Il ricorso al T.A.R. Lazio  contro U.N.A.M. e la giustizia in Italia dal 1875 al 1950  

In evidenza

La settimana scorsa  UCPI, AIF, UNCAT e UNCC hanno presentato ricorso al T.A.R.  del Lazio chiedendo che U.N.A.M. – Unione Avvocati per la mediazione venga cancellata dalle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative. UNAM è l’unica associazione  specialistica forense  che promuove la mediazione e la negoziazione , quali metodologie consensuali di risoluzione delle controversie, verso quella giustizia consensuale e complementare, oggi al centro della riforma Cartabia appena pubblicata in Gazzetta.

Con il presente articolo si vuole dimostrare che la giustizia consensuale e complementare è stata sempre al centro dei pensieri e dell’azione dell’avvocatura e che in realtà la giustizia tribunalizia non è che il frutto di una scelta politica dovuta a ragioni di bilancio.

Di talché attaccare U.N.A.M. equivale ad attaccare le radici della nostra professione. E ritenere come i ricorrenti ritengono che la giustizia consensuale non faccia parte del diritto civile va contro un dato storico pesante ed incontrovertibile.

I dati che seguono sono stati tratti da tutti i documenti ufficiali ISTAT emanati dal Regno d’Italia e poi dalla Repubblica[1].

Per 71 anni, dal 1875 al 1950 (esclusi gli anni dal 1942 al 1946 perché la guerra impedì il conto statistico) è possibile ricostruire il mondo dei procedimenti contenziosi e non contenziosi.

Molti procedimenti contenziosi peraltro vennero abbandonati, transatti e conciliati; ma comunque dalla tabella che segue possiamo farci un’idea in sintesi di come il suddito e poi il cittadino utilizzassero il processo civile.

La Giustizia dal 1875 al 1950Totali
Totale dei procedimenti sopravvenuti in tutte le giurisdizioni105.566.4291.486.851
Numero dei procedimenti ad esclusione di quelli del conciliatore29.802.215419.750
Numero dei procedimenti del Conciliatore[2]75.764.2141.067.102
Numero dei procedimenti di Pretura[3]19.613.773276.250
Numero dei procedimenti di Tribunale[4]8.605.242121.201
Numero dei procedimenti di Corte d’Appello[5]1.356.96019.154
Numero totale dei procedimenti di Cassazione[6]226.2403.186
I valori della terza colonna sono le medie annuali

I numeri ovviamente si prestano a plurime valutazioni.

I procedimenti contenziosi in carico al Conciliatore costituivano il  71,77% del totale dei procedimenti di tutte le giurisdizioni. Erano inoltre più del doppio (2,54) dei procedimenti di tutte le altre giurisdizioni messe insieme. Costituivano più del triplo (3,86) delle domande in Pretura; i Conciliatori svolgevano (sulla carta per quel che si dirà appresso) quasi nove volte (8,80) il lavoro dei Tribunali.

Anche la Pretura che aveva in carico il 18,58 del contenzioso totale,  vedeva il doppio (2,72) dei fascicoli rispetto al Tribunale che gestiva soltanto 8,15 % dei procedimenti totali.

I procedimenti di Corte d’Appello costituivano l’1,29% dei procedimenti contenziosi totali, mentre quelli di Cassazione costituivano lo 0,21 % del totale del contenzioso.

In questo periodo che è stato afflitto da due guerre mondiali, possiamo affermare che i sudditi e poi i cittadini consideravano “processo civile” quello del Conciliatore e quello di Pretura.

Il Tribunale, la Corte d’Appello e la Cassazione costituivano giurisdizioni sconosciute ai più.

Il movimento contenzioso dei procedimenti davanti al Conciliatore non era peraltro molto lontano da quello dell’attuale Giudice di Pace.

In compenso il Ministro della Giustizia aveva il problema di retribuire i giudici togati che gestivano 419.750 procedimenti in media all’anno e naturalmente gli impiegati dell’apparato amministrativo giudiziario, ma non aveva il cruccio di stipendiare i Conciliatori che erano onorari.

I Conciliatori sono sempre stati un numero elevato[7], ma il presupposto era che potessero occuparsi del benessere pubblico mantenendosi a loro spese.

Nonostante ciò ogni scelta di politica legislativa veniva affrontata dal Ministro della Giustizia quando si discuteva il bilancio del Ministero.

La giustizia del Conciliatore, infatti, non era una grande fonte di entrate per l’erario statale; se una causa ai primi del ‘900 costava al suddito 3 lire, una conciliazione comportava l’esborso di 1 lira[8]. Ma non solo, la maggior parte degli affari contenziosi venivano conciliati verbalmente quando non  abbandonati e transatti fuori udienza proprio per evitare le spese del processo.

Già nel 1885 si discuteva sulla misura poi realizzata nel 1999 di approntare un giudice unico e di abolire le Preture, proprio perché il Tribunale era davvero poco frequentato[9].

Negli anni ’30, quando già si approntava il progetto del Codice di rito che poi vedrà la luce nel ’42, il Ministro di allora rifiutò decisamente di ampliare la competenza del Conciliatore, nonostante fosse palese che il processo per tanti anni era stato quello delle giurisdizioni minori.

Per comprendere questa ultima asserzione posso fare l’esempio di come andassero le cose nel 1875.

A differenza del Belgio in cui il Giudice di Pace si occupava di conciliare le questioni delle giurisdizioni superiori[10], in Italia chi non conciliava veniva giudicato dallo stesso Conciliatore.

Il che porrebbe secondo i criteri moderni della maggior parte dei paesi europei un problema: chi giudica insomma non dovrebbe conciliare/mediare e viceversa.

Gli uomini del 1875 ponevano invece una grande fiducia nel conciliatore; qualora non si accettasse la proposta di conciliazione era possibile ricusare il giudice; questa era la valvola di garanzia del sistema.

In quell’anno tuttavia il conciliatore venne ricusato soltanto in 642 casi[11] su 755.469 controversie e dunque all’epoca non si pensava che il giudice potesse penalizzare una parte per il rifiuto di conciliare.

Su 755.469 controversie dunque in carico al Conciliatore vennero conciliate 262.143 ossia il 34,70%[12]. Sino al 1884 le rilevazioni statistiche peraltro non tenevano conto per i Conciliatori degli abbandoni delle cause e delle transazioni che da questo anno si vide coprirono quasi il 50% delle domande.

26.597 procedimenti davanti al Pretore vennero conciliati, ossia il 6.88%[13].

23.203 cause di tribunale furono cancellate (4.374 per conciliazione) e dunque il 21,54%[14].

3.272 controversie vennero cancellate in appello ovvero il  18,77%[15].

345 furono le transazioni in sede di Cassazione[16] ossia il 13,74%[17].

E dunque il mondo giudiziario non trovava la sua maggiore esplicazione nelle aule di giustizia, per quanto il Conciliatore fosse lodato dai sudditi e dagli apparati giudiziari per il suo encomiabile lavoro.

L’avvocato era il dominus incontrastato della risoluzione delle liti: certo nel 1901 gli avvocati erano 33.746[18] (rigorosamente uomini) e non sono paragonabili ai 243.000 attuali.

Discorso analogo potremmo fare per l’avvocato francese: nel 1875 in 771.958 casi si addivenne a conciliazione e ben 158.056 cause vennero abbandonate[19].

Fino al 1882 (anno in cui venne ampliata la competenza dei conciliatori) la situazione fu quella riportata dalla tabella.

Procedimenti totali del conciliatore (contenziosi e non contenziosi)21.793.172
Procedimenti in conciliazione preventiva3.264.166
Procedimenti conciliati preventivamente1.883.191
Procedimenti non conciliati1.421.175
Procedimenti contenziosi13.988.017
Conciliazione in sede contenziosa4.043.250
Abbandoni e transazioni (mancano 8 anni)4.540.989
Conciliazioni totali5.926.441

Le conciliazioni sul totale dei procedimenti furono del  26,93%.

In sede non contenziosa furono del 57,68%.

 In sede contenziosa furono il 23,11%.

Unitamente agli abbandoni e alle transazioni conosciute le conciliazioni costituirono il  36,50% di tutti i procedimenti del conciliatore.

In relazione alle controversie sopravvenute di tutte le giurisdizioni le soluzioni non contenziose operate presso il conciliatore furono del 25,93%.

Il Digesto del 1896, conscio di questi dati, presenta addirittura una voce “conciliazione” che è di oltre 354 colonne[20] con una ricostruzione dell’istituto che parte dagli episodi di conciliazione presenti nella Bibbia e da cui abbiamo attinto a piene mani nelle pagine che precedono.

il Nuovo Digesto Italiano del 1938 decise invece di far compilare una voce sulla “conciliazione” che risultò di sole quattro pagine ed in cui venne affermato che l’istituto era rimasto lettera morta[21].

Sostenere dunque che la giustizia consensuale non fa parte del diritto civile è un’affermazione grave come quella che diedero nel 1938 della conciliazione, ignorando palesemente tutti i dati che precedono in sintesi e che in dettaglio seguono.

Avv. Carlo Alberto Calcagno

 Procedimenti contenziosi sopravvenuti Procedimenti del conciliatore
AnnoTotale  Totale escluso conciliatoreConciliatoreSedi  Tutti i procedimentiProcedimenti non contenziosiConciliatiNon conciliati[22]ContenziosiConciliati Sede contenziosaAbbandonati o transattiAccordi totali
1950522.589364.120158.469 208.00820.20214.5265.676158.46919.63848.61163.137
1949483.029361.728121.301 139.60118.37812.5985.780121.30116.62035.76929.218
1948435.676327.469108.207   0.000 108.20714.26532.67600.000
1947329.376256.00273.374 92.079 7.720 73.37410.81920.66811.591
1941558.763246.360312.4037.612404.036 7.491 312.40338.520146.77946.011
1940770.587287.365483.2227.631483.322 10.224 483.22250.770221.91560.994
1939913.389318.786594.6037.640704.53320.51912.2108.309595.39560.481266.70572.691
1938972.407350.877621.5307.657745.38521.05513.0338.022634.04070.217278.40083.250
19371.042.908382.621660.2877.663798.66026.47815.33311.045675.27472.339310.19387.672
19361.162.857411.709751.148 897.80229.96617.21012.756759.59678.863344.08296.073
19351.345.097458.360886.737 1.048.05232.89121.40811.483900.222100.458407.921121.866
19341.482.290521.149961.141 1.152.38934.33623.07111.265959.340115.372441.157138.843
19331.622.875559.6951.063.1807.687  23.590 1.063.180137.308453.601160.898
19321.686.869561.8831.124.9867.692  28.547 1.126.984143.509480.349172.056
19311.645.755560.2331.085.5227.702  23.013 1.085.522129.629487.447152.642
19301.577.828585.027992.8017.716  20.763 992.801120.993454.933141.756
19291.521.264568.092953.1727.814  20.251 953.172102.325458.883122.576
19281.520.328568.693951.6357.948  17.673 951.635111.325459.242128.998
19271.433.421542.549890.8728.522  17.218 890.872109.697384.479126.915
19261.319.643507.469812.1748.522  16.579 812.174102.073408.580118.652
19251.149.149458.806690.3438.510  22.229 690.34375.819337.28998.048
19241.159.261453.198706.0638.506  18.926 706.06367.488372.09485.784
19231.027.868507.611520.2578.477  13.691 520.25759.267279.02372.958
1922994.322522.037472.2858.553  11.763 472.28559.627256.29671.300
1921896.965489.743407.2228.549  11.760 407.22248.003228.80659.763
1920804.313400.365403.9488.542 15.1009.3845.716403.94851.061233.26160.445
1919695.542289.777405.7658.532 12.2827.3634.919470.03750.450298.50657.918
1918620.347224.300396.0478.218 9.2305.9163.308396.04750.854305.65056.500
1917851.327252.624598.7038.243 11.9447.1664.778598.70366.209422.32173.365
19161.226.527313.190913.3378.493 16.13810.0956.052913.337102.064590.460112.159
19151.612.573361.5491.251.024  22.73014.4858.2451.251.024134.166766.843148.651
19141.581.897379.4431.202.4548.540  15.640 602.210135.916600.244151.556
19131.624.810393.8251.230.9858.531  14.155 453.649143.558777.336157.713
19121.723.887402.2131.321.6748.527  11.620 484.999149.350836.675160.970
19111.725.953379.4291.346.5248.5241.378.200[23]31.67619.44012.236647.049159.415699.475178.855
19101.648.327357.6141.290.7138.5181.323.83933.12620.78012.346608.747152.395681.966173.175
19091.660.014331.9641.328.0508.5051.363.803[24]35.75322.24913.504633.837162.256694.213184.505
19081.589.116325.8631.263.2538.4261.296.379[25]32.62620.07012.556601.850156.640661.903176.710
19071.613.701333.8951.279.8068.4991.313.828[26]34.02021.57812.442605.617159.873674.191181.451
19061.804.155333.1201.471.035 1.622.78939.03825.97413.064693.897186.452889.854212.426
19051.850.841330.7461.520.095 1.679.02443.39627.69215.704735.783187.742899.845215.434
19041.900.188331.6901.568.4988.4891.612.256[27]43.75829.51514.243767.653191.614800.845221.129
19032.150.613343.0581.807.5558.4871.859.789[28]52.23435.61016.624914.003220.100893.552255.710
19022.251.510351.5251.899.9858.4761.956.970[29]56.98537.37819.607989.833228.642910.152266.020
19012.371.786354.5872.017.1998.4302.083.718[30]66.51942.44924.0701.074.953244.390942.246286.839
19002.269.813345.5881.924.2258.4721.991.51267.28744.79922.4881.022.045238.400902.180283.199
18992.282.450357.9891.924.4618.4721.998.42673.96549.10227.8631.027.351252.329897.110301.431
18982.413.643368.3182.045.3258.4712.126.27480.94952.34328.6061.100.536263.435944.789315.778
18972.405.574368.9272.036.6478.4712.124.08887.44156.32331.1181.085.114266.673951.533322.996
18962.408.414368.4022.040.0128.4692.139.76799.75562.53137.2241.073.211265.768966.801328.299
18952.397.338374.3232.023.0158.4642.137.567114.55271.21843.3341.053.164283.631969.851354.849
18942.512.401376.3662.136.0358.4622.278.407142.37286.18165.1911.130.659343.0851.005.376429.266
18932.357.523370.0701.987.4538.8562.154.158166.70597.49469.2111.077.752326.422909.701423.916
18921.970.038469.9991.500.039 1.635.106135.06781.75453.513855.288258.527644.751340.281
18911.966.944489.0611.477.883 1.609.851130.88781.87149.016852.624265.958626.340347.829
18901.922.874486.7811.436.0938.4461.575.400139.30779.73559.572842.825263.348593.268343.083
18891.952.423500.2991.452.1248.2561.588.655136.53182.00854.523863.493264.787588.631346.795
18881.920.701500.4251.420.276 1.001.286150.53587.52163.014850.751256.826569 525344.347
18871.802.486468.4421.334.044 1.502.434168.39094.03574.355811.972239.747522.072333.782
18861.746.817454.1651.292.652 1.454.932162.280103.95058.330820.985237.498471.667341.448
18851.654.158440.7451.213.413 1.383.412169.99996.93573.064788.264211.148425.149308.083
18841.475.056421.1421.053.914 1.231.692177.778100.24777.531752.801211.182301.113311.429
18831.177.799432.009745.790 1.320.766206.978119.34587.633745.790232.833367.998352.178
18821.196.796479.088717.708 916.435198.727112.21686.511717.708212.017000.000324.233
18811.201.560495.157706.403 917.944211.541117.53194.010706.403210.208000.000327.739
18801.392.084549.678842.4068.3821.066.867224.461122.034102.427842.406223.835000.000345.869
18791.361.946566.476795.470 1.018.393223.083118.222104.861795.310202.198000.000320.420
18781.367.250569.032798.218 1.025.066226.896120.129106.767798.170214.321000.000334.450
18771.280.729551.525729.204 960.362224.957122.215102.742735.405204.707000.000326.922
18761.160.522521.767638.755 835.486199.260104.19795.063636.226171.213000.000275.410
18751.087.299514.234573.065 749.085177.489139.24678.243571.596162.897000.000302.143
Totali105.566.58129.802.36775.764.214 38.743.3714.566.3233.202.5681.259.07452.858.37811.131.56533.283.76614.341.398

[1] Fonti

ISTAT, L’Italia in 150 anni, 6. Giustizia, litigiosità, criminalità, Roma, 2010

Istituto Centrale di Statistica, Sommario di statistiche storiche italiane 1861-1965, Roma, 1968

Istituto Centrale di Statistica, Sommario di statistiche storiche italiane 1861-1955, Roma, 1958

Direzione Generale della Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1889, Tipografia Nazionale di G. Bertero, Roma, 1891.

Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Annali di Statistica, Atti della Commissione per il riordinamento della Statistica giudiziaria civile e penale, Serie terza, volume quindicesimo, Tipografia dei Fratelli Bencini, Roma, 1885, p. 18-20.

Direzione Generale della Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1880 (Relazione Zanardelli), Tipografia di Enrico Sininberghi, Roma, 1883

[2]  Con l’avvertenza che sino al 1884 non si teneva conto dei procedimenti conciliati e di quelli abbandonati e/o transatti. Qui non sono indicati però i procedimenti non contenziosi del conciliatore.

[3] Di propria competenza ed in appello.

[4] Di propria competenza ed in appello.

[5] Di propria competenza ed in appello.

[6] Sino al 1923 c’erano diverse sedi di Cassazione.

[7] Facendo una media delle sedi, ne risultano in media 8.278; in ogni sede erano almeno in due.

[8] Nel 1882 una causa costava 1,45 lire e dunque la conciliazione era assai conveniente; quando addirittura non si ricorreva a conciliazioni verbali che non costavano nulla.

Nel 1890 le spese furono di 1,34 lire. nel 1889 la spese era di lire 1,44, nel 1888 di lire 1,35, nel 1887 di lire 1,39, nel 1886 di lire 1,36, nel 1885 di lire 1,41, nel 1884 di lire 1,38, nel 1883 di lire 1,42, nel 1881 di lire 1,61 e nel 1880 di lire 1,45. Nel 1895 vi fu un’impennata dovuta all’ampiamento della competenza del conciliatore avvenuta nel 1892 e si arrivò ad 2,04 lire. Nel 1907 la spesa media era di 3,26 lire. Nel 1908 la spesa era di 3,98 lire e nel 1909 di 3.31. Nel 1911 la spesa era di Lire 3.

[9] Ma ci si oppose fieramente a questo disegno.

“L’abolizione del Pretore i cui uffizi in mezzo alle nostre popolazioni possono riguardarsi quasi piccoli centri di civiltà, romperebbe una tradizione e sopprimerebbe quella giustizia locale e poco costosa, così necessaria per risolvere prontamente tante minute contese con gran vantaggio della quiete pubblica e privata.

Di forma che per taluno sarebbe gravissimo errore non solo abolire i Pretori, ma persino restringerne notabilmente il numero, conferendone le attribuzioni a competenze più estese e più elevate.

E contro a tale proposta si ritiene che miglior partito sarebbe concedere al Pretore in primo grado la competenza sino a L. 2000.

La sostituzione del giudice unico al collegio per rendere ragione in prima istanza sopra interessi di qualsiasi gravita, è anche essa giudicata una innovazione non accettabile. Imperocchè il giudice unico fu dai migliori reputato sempre mal rispondente alla natura dei liberi reggimenti e proprio soltanto dei governi dispotici; non ha base nella nostra storia giuridica, gli esempi presso altre nazioni ne sono scarsi e non imitabili, ed infine esso, sopprime il confronto delle varie opinioni nel quale il vero si manifesta ed appura. Onde è che ritiensi perfettamente vero quel che altra volta fu già notato che il giudice unico in Italia, volendo pure passarcene del maggior ritardo nella spedizione degli affari e nella carriera dei funzionari, non avrebbe né autorità, né indipendenza sufficiente, i suoi pronunziati ispirerebbero poco o

nulla fiducia e spesso mancherebbero della maturità richiesta alla risoluzione delle grandi questioni.”

RELAZIONE TONDI sui discorsi inaugurali del Pubblico Ministero per gli affari civili. In  Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direzione Generale della Statistica, Annali di Statistica, Atti della Commissione per il riordinamento della Statistica giudiziaria civile e penale, Sessione novembre-dicembre 1885, Tipografia dei fratelli Bencini, 1886, p. 150 e ss.

[10] Con legge 2 maggio 1855 in Francia il giudice di pace fu dotato anche di una competenza a conciliare le proprie cause.

[11] 556 nel 1876.

[12] Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti, Statistica degli Affari civili e Commerciali e degli affari Penali per l’anno 1875, Stamperia Reale, Roma, 1877.

[13] 24.454 furono conciliate nel 1876.

[14] 24.764 furono cancellate nel 1876 (5.751 per conciliazione).

[15] 3.000 furono cancellate nel 1876.

[16] Peraltro all’epoca le Supreme Corti (Torino, Firenze, Napoli, Roma e Palermo) avevano un pendente di 15.267 controversie (4.013 anteriori al 1866 e 11.254 formatisi successivamente. Zanardelli ci racconta nella relazione del 1880 che fu necessario chiamare in aiuto i consiglieri di Corte d’Appello per cercare di smaltire l’arretrato 

[17] Nel 1876 431 controversie si conclusero con recesso o transazione.

[18] Nel 1911 erano 37.545.

[19] Direzione Generale di Statistica, Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1882, Tipografia Eredi Botta, Roma, 1885.

[20] 177 pagine circa che stanno alla base anche del presente contributo. V. L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano, vol VIII p. I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1896, pag. 39 e ss.

[21] L’autore riconosce in pratica solo l’utilità dell’art 2125 C.c. c. 2 – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358, in materia di interruzione della prescrizione, ma non certo perché la norma  venisse usata a fini conciliativi. V. M. RICCA-BARBERIS, Conciliazione, op. cit., p. 646.

[22] “vale a dire pei casi in cui l’avvisato non si è presentato, ovvero quando le parti intervenute, non essendosi messe d’accordo, non sottoscrissero il Verbale di conciliazione”(1876).

[23] Compreso il pendente furono 1.494.908

[24] Compreso il pendente furono 1.437.967

[25]  Compreso il pendente furono 1.364.646

[26] Compreso il pendente furono 1.416.533

[27] Compreso il pendente furono 1.730.468

[28] Compreso il pendente furono 1.976.833

[29] Compreso il pendente furono 2.067.465

[30] Compreso il pendente furono 2.190.778

La legge sulla mediazione civile e commerciale in Giappone

Atto di conciliazione civile

legge n 222 del 9 giugno 1951

Capitolo I Disposizioni generali

Sezione 1: Norme generali (articoli da 1 a 23)

Sezione 2 Conciliatore civile (articoli da 23-2 a 23-4)

Capo II Disposizioni speciali

Sezione 1 Conciliazione immobiliare (articoli da 24 a 24-3)

Sezione 2: Conciliazione agricola (articoli da 25 a 30)

Sezione 3: Conciliazione commerciale (Articolo 31)

Sezione 4: Conciliazione sull’inquinamento minerario (articoli 32 e 33)

Sezione 5 Conciliazione sugli incidenti stradali (Articoli 33-2)

Sezione 6 Conciliazione sull’inquinamento (Articoli 33-3)

Capo III Disposizioni penali (articoli da 34 a 38)

Disposizioni supplementari

Capitolo I Disposizioni generali

Sezione 1 Regole generali

(Obiettivo della presente legge)

Articolo 1 Scopo della presente legge è la risoluzione delle controversie civili basata sul compromesso tra le parti e secondo la ragione e le circostanze delle controversie.

(Caso di conciliazione)

Articolo 2  Quando sorge una controversia civile, una parte può presentare un’istanza di conciliazione al tribunale.

(Giurisdizione)

Articolo 3  Salvo disposizione contraria, la causa di conciliazione è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sull’ubicazione del domicilio, della residenza, dell’ufficio o di qualsiasi altro ufficio del convenuto, o del tribunale distrettuale o del tribunale sommario convenuto a dalle parti.

(Trasferimento, ecc.)

Articolo 4 (1)  Se il tribunale riceve un’istanza per un caso che non è di sua competenza, deve trasferire tale caso al tribunale distrettuale, al tribunale per la famiglia o al tribunale sommario competenti; a condizione, tuttavia, che il giudice, quando lo ritenga particolarmente necessario al trattamento della causa, possa trasferire in tutto o in parte la causa ad un altro giudice competente o trattare la causa da solo, nonostante le disposizioni sulla competenza territoriale.

(2)  Anche se il tribunale riceve un’istanza per un caso di sua competenza, quando lo ritiene opportuno per l’elaborazione del caso, può trasferire tutto o parte del caso ad un altro tribunale competente, nonostante le disposizioni sulla competenza territoriale.

(Organo di Conciliazione)

Articolo 5 (1)  Il tribunale esegue la conciliazione avvalendosi di un comitato di conciliazione; fermo restando che, quando il giudice lo ritenga opportuno, la conciliazione può essere effettuata dal solo giudice.

(2)  Il tribunale, su richiesta di una parte, esegue la conciliazione mediante un comitato di conciliazione, nonostante la disposizione della clausola precedente.

(Composizione del Comitato di Conciliazione)

Articolo 6  La commissione di conciliazione è composta da un capo conciliatore e da due o più commissari di conciliazione civile.

(Designazione del Capo Conciliatore, ecc.)

Articolo 7 (1)  Il capo conciliatore è un giudice designato da un tribunale distrettuale.

(2)  I commissari di conciliazione civile che sono membri di un comitato di conciliazione sono designati dal tribunale per ogni caso.

(Commissari di Conciliazione Civile)

Articolo 8 (1)  I commissari di conciliazione civile partecipano alla conciliazione svolta dal comitato di conciliazione e, su ordine del tribunale, per quanto riguarda gli altri casi di conciliazione, esprimono le loro opinioni sulla base delle loro conoscenze ed esperienze personali, ascoltano i pareri delle persone interessate al caso al fine di risolvere la controversia come commissionato e svolgere altri affari necessari come specificato dalla Corte Suprema al fine di elaborare le cause di conciliazione.

(2)  I commissari di conciliazione civile prestano servizio a tempo parziale e le questioni necessarie relative alla loro nomina e revoca sono specificate dalla Corte Suprema.

(Indennità, ecc.)

Art. 9 Ai commissari di conciliazione civile spetta l’indennità prevista separatamente dalla legge, nonché le spese di viaggio, diaria e di alloggio secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte.

Articolo 10  Soppresso

(Partecipazione degli Interessati)

Articolo 11 (1)  Una persona interessata all’esito della conciliazione può partecipare al procedimento di conciliazione, con l’autorizzazione del comitato di conciliazione.

(2)  Il comitato di conciliazione, quando lo ritenga opportuno, può far partecipare al procedimento di conciliazione qualsiasi persona interessata all’esito della conciliazione.

(Misure precedenti alla conciliazione)

Articolo 12 (1) Quando il comitato di conciliazione lo ritenga particolarmente necessario per la conciliazione, come misura preconciliativa, il comitato di conciliazione può, su istanza di una parte, ordinare di vietare al convenuto o a qualsiasi altra persona interessata dal caso di cambiare lo stato esistente o la disposizione di qualsiasi bene, o ordinare loro di cessare e desistere da qualsiasi atto che renda impossibile o estremamente difficile il raggiungimento dell’oggetto della conciliazione.

(2)  La misura di cui al comma precedente non è esecutiva.

(Quando non condurre la conciliazione)

Articolo 13  Quando il comitato di conciliazione ritenga che una causa non sia per sua natura idonea alla conciliazione o accerti che una parte ha presentato istanza di conciliazione per un motivo ingiusto e senza giusta causa, il comitato di conciliazione può decidere di non procedere alla conciliazione e chiudere il caso.

(Conciliazione fallita)

Articolo 14  Se non vi è probabilità che le parti raggiungano un accordo o se il comitato di conciliazione ritenga che l’accordo raggiunto sia inadeguato e il giudice non emetta l’ordinanza di cui all’articolo 17, il comitato di conciliazione può decidere che la conciliazione non ha successo e chiudere il caso.

(Ricorso Mutatis Mutandis alla Conciliazione del Giudice Solo)

Articolo 15  Le disposizioni dall’articolo 11 al precedente articolo compreso si applicano mutatis mutandis ai casi in cui la conciliazione è effettuata dal solo giudice.

(Buona conciliazione ed effetto della stessa)

Articolo 16  Quando viene raggiunto un accordo tra le parti in sede di conciliazione e viene trascritto in un verbale, la conciliazione si considera positiva e tale scrittura ha lo stesso effetto di una transazione giudiziale.

(Ordine in luogo della conciliazione)

Articolo 17  Se è improbabile che la conciliazione condotta da un comitato di conciliazione abbia esito positivo e il tribunale lo ritenga opportuno, può, di propria autorità e in misura non contraria agli obiettivi delle istanze delle parti, emettere un provvedimento al fine di dirimere la controversia, sentito il parere dei commissari di conciliazione civile che compongono detto comitato di conciliazione, tenendo conto dell’equo trattamento degli interessi di entrambe le parti e tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. Con tale ordinanza, il giudice può ordinare il pagamento di denaro, la consegna di un oggetto o qualsiasi altra prestazione di utilità economica.

(Obiezione)

Articolo 18 (1)  Una parte o qualsiasi persona interessata può sollevare un’opposizione all’ordinanza di cui all’articolo precedente. Il termine per sollevare tale eccezione è di due settimane dal giorno in cui la parte riceve la notifica dell’ordinanza.

(2)  Se un’obiezione a un ordine viene sollevata entro il termine di cui al paragrafo precedente, tale ordine cessa di essere efficace.

(3)  Se non viene sollevata alcuna obiezione entro il termine di cui al paragrafo (1), l’ordinanza contenuta in detto paragrafo avrà lo stesso effetto di una transazione giudiziaria.

(Proposizione di ricorsi in caso di mancata conciliazione, ecc.)

Articolo 19  Se un caso è chiuso ai sensi della disposizione dell’articolo 14 (compresi i casi in cui si applica mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 15) o se un ordine cessa di essere efficace ai sensi della disposizione del paragrafo 2 dell’articolo precedente, e l’attore propone quindi un’azione in merito alla domanda per la quale è stata chiesta la conciliazione entro due settimane dal giorno in cui ne riceve la comunicazione, tale azione si considera presentata al momento del deposito dell’istanza per la conciliazione.

(Conciliazione del Tribunale competente)

Articolo 20 (1)  Quando il giudice competente lo ritiene opportuno, può, di propria autorità, sottoporre la causa alla conciliazione e trattare la causa stessa o far trattare la causa da un tribunale competente; a condizione, tuttavia, che ciò non si applichi ai casi in cui le parti non sono d’accordo e in tal senso dopo il completamento del procedimento per organizzare le questioni e le prove del caso.

(2)  Se la causa è rinviata alla conciliazione ai sensi della disposizione del paragrafo precedente e la conciliazione ha esito positivo o un ordine di cui all’articolo 17 diventa definitivo e vincolante, l’azione si considera ritirata.

(3)  Se il tribunale responsabile di una causa esegue esso stesso il processo di conciliazione ai sensi della disposizione del paragrafo 1, nonostante la disposizione dell’articolo 7, paragrafo 1, il capo conciliatore è designato dal tribunale competente della causa tra i giudici ad essa assegnati.

(Appello immediato)

Articolo 21 Contro l’ordinanza emessa nel procedimento di conciliazione può essere proposto ricorso immediato, come previsto dal Regolamento della Corte Suprema. Il termine per la presentazione di tale ricorso è di due settimane.

(Applicazione mutatis mutandis della legge sulle procedure per cause non controverse)

Articolo 22 Salvo disposizione contraria, alla conciliazione si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni della Parte I della Legge sulle procedure non contenziose (Legge n. 14 del 1898), salvo contraria natura della stessa; a condizione, tuttavia, che sia esclusa la disposizione dell’articolo 15 di detta legge.

(Materie non previste dalla presente legge)

Articolo 23 Oltre a quanto previsto dalla presente legge, le questioni necessarie in materia di conciliazione sono precisate dalla Corte suprema.

Sezione 2 Conciliatore civile

(Nomina, ecc. del Conciliatore Civile)

Articolo 23-2 (1)  Un conciliatore civile è nominato dalla Corte Suprema tra gli avvocati che hanno prestato servizio in tale qualità per non meno di cinque anni.

(2) Un conciliatore civile svolge i compiti necessari per il trattamento dei casi di conciliazione, come previsto dalla presente legge.

(3) Un conciliatore civile dura in carica due anni e può essere riconfermato.

(4)  Un conciliatore civile presta servizio a tempo parziale.

(5)  Il conciliatore civile non può essere destituito durante il suo mandato, salvo in nessuno dei casi elencati nei seguenti punti:

(i)  qualora il conciliatore civile rientri in uno dei casi dell’articolo 7 della legge sugli avvocati (legge n. 205 del 1949);

(ii) nel caso in cui il conciliatore civile sia ritenuto incapace di svolgere le proprie funzioni psichicamente o fisicamente; o

(iii) nel caso in cui si accerti che il conciliatore civile ha violato i propri obblighi nell’esercizio delle sue funzioni o ha commesso qualsiasi altra colpa tale da renderlo inidoneo a svolgere la funzione di conciliatore civile.

(6)  Oltre a quanto previsto dalla presente legge, la materia concernenti la nomina e la revoca dei conciliatori civili sono specificate dal Regolamento della Corte Suprema.

((Competenza del Conciliatore Civile, ecc.)

Articolo 23-3 (1)  Un conciliatore civile gestisce i casi di conciliazione, come designato dal tribunale.

(2)  Un conciliatore civile può, nel corso del trattamento dei casi di conciliazione di cui si occupa, esercitare i poteri in relazione alla conciliazione civile o alla conciliazione speciale (compresi i poteri spettanti al capo conciliatore) previsti come quelli che devono essere esercitati da un giudice ai sensi delle disposizioni della presente legge (comprese le disposizioni della legge sulle procedure per le cause non contenziose applicate mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 22) e delle disposizioni della legge sulle procedure speciali di conciliazione per accelerare l’accordo di debiti specificati, (legge n. 158 del 1999), e può altresì esercitare i seguenti poteri:

(i)  i poteri in materia di conciliazione civile previsti come quelli che devono essere esercitati da un tribunale ai sensi dell’articolo 4, della previsione dell’articolo 5, paragrafo 1, dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafo ( 1), l’articolo 17, l’articolo 28 applicati mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 30 (compresi i casi in cui si applicano mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 33), l’articolo 34 e l’articolo 35;

(ii)  i poteri previsti come quelli che devono essere esercitati dal giudice ai sensi delle disposizioni della legge sulle procedure per le cause non controverse applicate mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 22 (esclusa la disposizione dell’articolo 5 della stessa legge), che riguardano la conciliazione civile ; e

(iii)  i poteri in materia di conciliazione speciale prescritti come quelli che devono essere esercitati dal giudice nelle disposizioni della legge sulle procedure speciali di conciliazione per accelerare la composizione dei debiti specificati, ecc.

(3)  Un conciliatore civile svolge le sue funzioni in modo indipendente.

(4)  Un conciliatore civile può, nell’esercizio dei suoi poteri, impartire a un cancelliere un’ordinanza necessaria concernente i suoi doveri. In tal caso, al cancelliere che riceve un’ordinanza da un conciliatore civile si applica, mutatis mutandis , la disposizione dell’articolo 60, comma 5, della legge sulla Corte (legge n. 59 del 1947).

(Indennità, ecc. per Conciliatori Civili)

Articolo 23-4  Al conciliatore civile è corrisposta l’indennità prevista separatamente dalla legge, nonché le spese di viaggio, l’indennità giornaliera e le spese di alloggio come precisato dalla Corte Suprema.

Capo II Disposizioni speciali

Sezione 1 Conciliazione immobiliare

(Casi di Conciliazione Immobiliare e Foro Competente)

Articolo 24  La conciliazione relativa a una controversia su un contratto di locazione o altro rapporto relativo all’uso di un lotto edificabile o di un edificio è di competenza del tribunale sommario competente per l’ubicazione del lotto o dell’edificio oggetto della controversia, o il tribunale distrettuale che ha giurisdizione su detto luogo come determinato di comune accordo tra le parti.

(Conciliazione precontenziosa nei casi in cui si reclama un aumento o una diminuzione del canone di locazione)

Articolo 24-2 (1)  Una persona che intende presentare un’azione per richiedere un aumento o una diminuzione dell’importo del canone di locazione di un terreno come previsto dall’articolo 11 della legge sulle locazioni di terreni e costruzioni (legge n. 90 del 1991) ovvero per richiedere l’aumento o la diminuzione dell’importo del canone di locazione di un immobile di cui all’articolo 32 della citata legge, deve preventivamente presentare istanza di conciliazione.

(2)  Se una persona intenta un’azione in una causa di cui al paragrafo precedente senza aver prima presentato un’istanza di conciliazione, il tribunale competente deve rinviare la causa alla conciliazione; fermo restando, tuttavia, che ciò non si applica quando il giudice competente non ritenga opportuno sottoporre la causa alla conciliazione.

(Termini di Conciliazione Determinati dal Comitato di Conciliazione nei Casi di Richiesta di Aumento o Diminuzione del Canone d’affitto)

Articolo 24-3 (1)  In una causa di conciliazione che coinvolge una domanda di cui al paragrafo 1 dell’articolo precedente, se non vi è alcuna probabilità che venga raggiunto un accordo tra le parti o se il comitato di conciliazione ritiene che l’accordo raggiunto sia inappropriato, e vi è un accordo scritto tra le parti secondo cui obbedirebbero ai termini di una conciliazione determinata da un comitato di conciliazione (limitatamente a tale accordo raggiunto dopo la presentazione dell’istanza di conciliazione per quanto riguarda la causa di conciliazione), il comitato di conciliazione può, su istanza, determinare i termini di conciliazione idonei alla risoluzione della controversia.

(2)  Quando i termini di una conciliazione di cui al paragrafo precedente sono trascritti in un verbale, la conciliazione si considera positiva e tale registrazione avrà lo stesso effetto di una transazione giudiziaria.

Sezione 2: Conciliazione agricola

(Casi Conciliazione Agraria)

Articolo 25  La conciliazione relativa a una controversia su un contratto di locazione o altro rapporto relativo all’uso di terreni agricoli, o terreni, fabbricati o altri beni agricoli connessi alla gestione dell’azienda (di seguito denominati “terreni agricoli, ecc.”) è disciplinata disposizioni della presente Sezione, oltre a quanto previsto dal Capo precedente.

(Giurisdizione)

Articolo 26  Una causa di conciliazione di cui all’articolo precedente è di competenza del tribunale distrettuale che ha giurisdizione sull’ubicazione del terreno agricolo, ecc. che è in controversia, o del tribunale sommario che ha giurisdizione su tale luogo come determinato da accordo delle parti.

(Dichiarazione di pareri dei funzionari ministeriali dei terreni agricoli, ecc.)

Articolo 27  Il funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli può esprimere i propri pareri al comitato di conciliazione in una data fissata per la comparizione o in un’occasione diversa da tale data.

(Udienza dei pareri dei funzionari ministeriali dei terreni agricoli, ecc.)

Articolo 28  Quando un comitato di conciliazione intende procedere alla conciliazione, ascolta i pareri di un funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli.

(Ricorso Mutatis Mutandis alla Conciliazione del Giudice Solo)

Articolo 29  Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano mutatis mutandis ai casi in cui la conciliazione è svolta dal solo giudice.

(Applicazione Mutatis Mutandis al trasferimento, ecc.)

Articolo 30  La disposizione dell’articolo 28 si applica mutatis mutandis ai casi in cui il giudice intenda trasferire il caso ad un altro giudice o trattare il caso da solo ai sensi della disposizione dell’articolo 4, paragrafo 1 o paragrafo 2 ) di detto articolo, ovvero se il giudice intende emettere un’ordinanza di cui all’articolo 17.

Sezione 3 Conciliazione commerciale

(Termini di conciliazione determinati dal Comitato di conciliazione nei casi di conciliazione commerciale)

Articolo 31  Le disposizioni dell’articolo 24-3 si applicano mutatis mutandis ai casi di conciliazione commerciale

Sezione 4 Conciliazione sull’inquinamento minerario

(Cause di conciliazione sull’inquinamento minerario e giurisdizione pertinente)

Articolo 32  La conciliazione relativa a una controversia relativa al risarcimento dell’inquinamento minerario previsto dalla legge sulle miniere (legge n. 289 del 1950) è di competenza del tribunale distrettuale competente del  luogo in cui si è verificato il danno.

(Applicazione Mutatis Mutandis delle Disposizioni sulla Conciliazione Agraria)

Articolo 33  Le disposizioni dell’articolo 24-3 e degli articoli da 27 a 30 si applicano mutatis mutandis ai casi di conciliazione di cui all’articolo precedente. In tal caso, la frase “funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli” di cui agli articoli 27 e 28 si considera sostituita con “direttore generale dell’Ufficio dell’economia, del commercio e dell’industria”.

Sezione 5 Conciliazione per incidenti stradali

(Casi di conciliazione per incidenti stradali e giurisdizione competente)

Articolo 33-2  Una causa di conciliazione che comporti una controversia sul risarcimento dei danni per la morte o le lesioni fisiche di una persona causate dalla circolazione di un’automobile è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sul luogo del domicilio o della residenza della persona che chiede il risarcimento, oltre al giudice di cui all’articolo 3.

Sezione 6 Conciliazione sull’inquinamento

(Conciliazione sull’inquinamento e giurisdizione competente)

Articolo 33-3  Una causa di conciliazione relativa a una controversia per danni derivanti da inquinamento o violazione dell’interesse di una persona a godere della luce solare, della ventilazione o di altri interessi della vita è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sul luogo in cui si è verificato il danno o è probabile che si verifichi, oltre al giudice di cui all’articolo 3.

Capitolo III Disposizioni penali

(Sanzione per mancata comparizione)

Articolo 34  Se una persona coinvolta nel caso, chiamata a comparire dal tribunale o dal comitato di conciliazione, non si presenta senza giustificato motivo, il tribunale lo punisce con una sanzione non penale non superiore a 50.000 yen.

(Sanzione per il mancato rispetto delle misure)

Articolo 35  Se una parte o un partecipante non ottempera alla misura disposta ai sensi dell’articolo 12 (compresi i casi applicati mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 15) senza giustificato motivo, il giudice lo punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria di non più di 100.000 yen.

(Ordine di multa non penale)

Articolo 36 (1) L’ordine di una sanzione non penale ai sensi dei due articoli precedenti è eseguito sulla base di un ordine emesso da un giudice. Tale ordine ha lo stesso effetto di un titolo di obbligazione esecutiva.

(2) L’ordine di una sanzione non penale è eseguito secondo le disposizioni della legge sull’esecuzione forzata (legge n. 4 del 1979) e altre leggi e regolamenti concernenti le procedure per l’esecuzione forzata; a condizione, tuttavia, che non sia necessario notificare l’ordine prima di eseguirlo.

.

(3)  In aggiunta a quanto previsto nei due commi precedenti, le disposizioni della Parte V della Legge sulle procedure non contenziose si applicano mutatis mutandis all’ordinanza di una sanzione non penale; fermo restando, tuttavia, che sono escluse le disposizioni degli articoli 162 e 164 della citata legge concernenti il ​​pubblico ministero.

(Reato di divulgazione di informazioni riservate su atti deliberativi)

Articolo 37  Se un commissario di conciliazione civile o chi ha ricoperto la carica, divulga particolari in ordine allo svolgimento delle deliberazioni del comitato, ovvero ai pareri del capo conciliatore e del commissario di conciliazione civile o al numero dei pareri costituenti la maggioranza e la minoranza, è punita con l’ammenda fino a 300.000 yen.

(Reato di divulgazione di informazioni personali riservate)

Articolo 38  Qualora il commissario di conciliazione civile o chi ha ricoperto la carica, divulga senza giustificato motivo informazioni personali riservate di cui sia venuto a conoscenza in relazione ai dati da esso trattati nell’esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione nella forma del lavoro fino a un anno o con la multa fino a 500.000 yen.

La mediazione lituana nel processo amministrativo

In evidenza

Nel 2019 la Lituania ha messo in opera otto riforme in tema di giustizia con riferimento alle spese di giustizia, al Codice di rito, ai metodi ADR, all’amministrazione delle Corti, al Consiglio Superiore della magistratura, alla specializzazione del tribunale, al gratuito patrocinio, allo status delle professioni legali e dei giudici[1].

Tanto per avere un termine di paragone l’Italia ne ha varata una sola in materia del codice di rito.

In materia civile e commerciale nel 2018 sono entrate nei tribunali lituani 109.236 controversie, mentre i pendenti iniziali si assestavano su 22.410 procedimenti. Rispetto al 2017 le controversie si sono peraltro ridotte di 21.847 unità.

A fine anno dal momento che i giudici lituani avevano una produttività del 103,6% sono residuate da decidere 18.779 liti.

Quanto al tempo del giudizio basti pensare che per i tre gradi civili e commerciali ci volevano complessivamente 351 giorni (in Italia ci vogliono 2.656 giorni).

Nel 2018 la Lituania aveva poi un complessivo amministrativo (pendenti + sopravvenuti) di 19.609 controversie.

Ma quelli che spaventavano il paese erano probabilmente i tempi: 515 giorni solo per due gradi. 

Dal momento che la popolazione era di sole 2.801.269 bisognava correre ai ripari.

Credo che l’Italia dovrebbe prendere esempio dalla legge lituana ed inserire la possibilità di bonario componimento, conciliazione e mediazione nell’ambito del processo amministrativo.

Se non altro perché per un giudizio amministrativo completo nel 2018 ci volevano in Italia in media 1.681 giorni ed avevamo un pendente solo in primo grado di 242.509 controversie.

I Lituani hanno oggi un’ottima legge che certamente consente la deflazione del contenzioso.

Dal 2018 quindi in Lituania la mediazione è approdata nel processo amministrativo con gli art. 2, 27, 28, 51, 67, 791 e dunque l’emenda della Legge sui casi amministrativi della Repubblica di Lituania del 14 gennaio 1999 No. VIII-1029 (2, 27,51, 67, 791 straipsnis LIETUVOS RESPUBLIKOS ADMINISTRACINIŲ BYLŲ TEISENOS ĮSTATYMAS 1999 m. sausio 14 d. Nr. VIII-1029)[2].

Oggi anche per questo intervento la Lituania è al secondo posto della classifica UE per promozione dell’ADR volontario con ben 46 punti al pari della Germania.

L’art. 2 c. 4 della legge suddetta stabilisce che “La mediazione giudiziaria è una procedura di risoluzione delle controversie amministrative in cui uno o più mediatori aiutano le parti di una controversia a risolvere la controversia in modo amichevole in un caso giudiziario[3].”

Ai sensi dell’art. 27 c. 1 salvo diversa disposizione di legge, le controversie amministrative sono esaminate “in via extragiudiziale dalla Commissione lituana per le controversie amministrative e dalle sue suddivisioni territoriali,[4]“o per alcune questioni amministrative possono essere formate altre commissioni (art. 27 c. 4)[5].

E dunque non si va direttamente davanti al giudice. Ma la decisione di tali commissioni può essere impugnata entro 30 giorni al Tribunale amministrativo (art. 28)[6].

Ai sensi dell’art. 51 poi “In qualsiasi fase del procedimento, le parti della controversia possono risolvere il caso mediante composizione amichevole se la natura della controversia lo consente. L’accordo di pace non deve contraddire le disposizioni imperative di leggi e altri atti giuridici, l’interesse pubblico o violare i diritti o gli interessi legittimi dei terzi interessati. Un accordo di pace non può essere concluso nei casi riguardanti la legalità di atti amministrativi normativi, nei casi riguardanti denunce riguardanti violazioni delle leggi elettorali e della legge sul referendum, nei casi riguardanti le richieste del consiglio comunale di decidere se il sindaco abbia o meno esercitato i propri poteri statutari. L’oggetto dell’accordo transattivo deve essere della stessa natura delle richieste specificate nel ricorso. L’accordo transattivo può risolvere in tutto o in parte la controversia (reclami individuali). Il tribunale adotta le misure per conciliare la controversia solo con il consenso delle parti ad avviare trattative per la conclusione di un accordo transattivo.”[7]

Quindi si può raggiungere un accordo tra le parti oppure chiedere ai giudici amministrativi di conciliare; in entrambi i casi l’accordo è approvato dal Tribunale amministrativo (art. 51 c. 2)[8].

Ma si è detto che sussiste anche la mediazione giudiziaria: l’accordo della mediazione viene approvato dal Tribunale amministrativo, ma quando la mediazione giudiziaria è svolta dallo stesso giudice del procedimento amministrativo, egli stesso ha la facoltà di approvarlo con un proprio ordine (art. 51 c. 3)[9].

Ovviamente il tribunale non approva un accordo transattivo contrario ai casi sopra visti (legge elettorale, referendum ecc.). Se il tribunale rifiuta di approvare l’accordo transattivo, emette un ordine motivato. Un ordine del tribunale che rifiuta di approvare un accordo transattivo può essere però impugnato in un appello separato (art. 51 c. 4)[10].

Un accordo può essere presentato al Tribunale amministrativo anche dopo la sentenza, ma prima che scada il termine per l’appello; in questo caso il termine per appellare viene sospeso in attesa dell’approvazione o meno dell’accordo (art. 51 c. 5)[11].

Nella fase di preparazione del caso si verifica un fenomeno molto rilevante: il Presidente del Tribunale amministrativo ove stabilisca che un accordo transattivo può essere concluso nel caso, invita le parti della controversia a considerarne la conclusione e indica che se le parti della controversia accettano di stipulare un accordo transattivo, i termini essenziali dell’accordo devono essere concordati prima dell’udienza; oppure sempre stabilito che sussista la possibilità di risolvere la controversia nel caso mediante mediazione giudiziaria, il Presidente può offrire alle parti della controversia di utilizzare tale opportunità (art. 67 n. 6 e 7)[12].

Ai sensi dell’art. 791 in ultimo[13] su richiesta o con il consenso delle parti della controversia, può essere condotta la mediazione giudiziaria secondo la procedura stabilita dalla legge in discorso e dal Consiglio dei giudici[14]. La mediazione giudiziaria può aver luogo solo in una controversia amministrativa che consente alle parti di concludere una composizione amichevole ai sensi di legge.

I servizi di mediazione giudiziaria sono forniti gratuitamente alle parti della controversia.

Il rinvio di una controversia alla mediazione giudiziaria può essere avviato dal tribunale adito della controversia amministrativa o da qualsiasi parte della controversia. Una controversia viene deferita a un mediatore con ordinanza di un tribunale amministrativo, quando il tribunale chiarisce l’essenza della mediazione giudiziaria alle parti, è stato ottenuto il consenso delle parti in causa o è stata presentata una richiesta di trasferire la controversia alla mediazione giudiziaria.

La mediazione giudiziaria può essere condotta da mediatori che sono giudici iscritti nell’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania.

Un giudice che ascolta un caso amministrativo può, con il consenso delle parti, decidere di condurre egli stesso la mediazione e, quando il caso è ascoltato da una giuria, la giuria può nominare uno dei suoi membri per mediare se è un mediatore o selezionare e nominare un altro mediatore.

Perché medi il giudice ci vuole il consenso scritto di entrambi le parti. Su richiesta o con il consenso delle parti della controversia possono essere nominati più mediatori.

L’ordinanza di deferimento aggiorna il procedimento e fissa l’ora esatta della successiva udienza. Prima di ciò, deve essere completata la mediazione giudiziaria.

Su presentazione del mediatore, il termine per il quale è stata rinviata l’udienza della causa può essere prorogato con decisione del giudice (o del collegio) incaricato della causa amministrativa. In questo caso, viene fissata una nuova ora esatta per l’udienza successiva.

Un mediatore nominato per condurre la mediazione giudiziaria deve creare un account da mediatore nel sottosistema di servizi elettronici pubblici del sistema di informazione giudiziario lituano entro cinque giorni lavorativi dalla nomina.

Il mediatore è nominato per svolgere la mediazione giudiziaria secondo la procedura stabilita dal Regolamento di mediazione giudiziaria approvato dal Consiglio dei giudici.

Se la mediazione giudiziaria è svolta da un giudice che ascolta un caso amministrativo (membro del collegio dei giudici), l’accettazione per svolgere la mediazione giudiziaria è formalizzata da una ordinanza.

Prima di fornire il consenso alla mediazione giudiziaria, il mediatore ha diritto di ricevere informazioni sul merito della controversia, le parti in causa, la natura del caso.

Il mediatore deve ritirarsi dalla risoluzione della controversia mediante mediazione giudiziaria, se sussistono i motivi di cui ai punti 1–4 del paragrafo 2 dell’articolo 44 della legge in commento: un giudice non può prendere parte al procedimento:

1) se ha precedentemente partecipato all’udienza di quella causa in qualità di testimone, specialista, perito, traduttore, rappresentante, pubblico ministero, segretario delle udienze;

2) se è parente delle parti del procedimento, di altri partecipanti al procedimento o dei giudici del collegio;

3) se lui o i suoi parenti hanno un interesse diretto o indiretto all’esito del caso o se ci sono altre circostanze che mettono in dubbio la sua imparzialità;

4) se ha già condotto una mediazione giudiziaria in questo caso e le parti della controversia non hanno concluso un accordo transattivo durante la procedura[15].

Durante il periodo di mediazione giudiziaria, il mediatore designato avrà accesso al fascicolo amministrativo o, su richiesta del mediatore, il fascicolo amministrativo gli sarà consegnato per la firma.

Il mediatore deve rinviare il caso amministrativo al giudice (collegio di giudici) prima dell’udienza del caso specificata nella ordinanza del tribunale.

Solo le parti in causa, i loro rappresentanti e il mediatore possono partecipare alla mediazione giudiziaria.

Su richiesta o con il consenso delle parti della controversia, altre persone possono partecipare alla mediazione giudiziaria.

I tribunali devono fornire strutture per la mediazione giudiziaria.

Previo accordo tra le parti in causa e il mediatore, la mediazione giudiziaria può essere svolta in altre sedi.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione elettronica possono essere utilizzate durante la mediazione giudiziaria.

Ogni parte della controversia può ritirarsi dalla mediazione giudiziaria senza indicare i motivi del recesso.

Ciò non impedisce alle parti della controversia di richiedere ripetutamente che la controversia sia deferita al tribunale attraverso la mediazione.

Siamo dunque in presenza di una mediazione volontaria e gratuita.

Concludo questa nota facendo un cenno a quel che prevede la normativa lituana in merito alla mediazione demandata civile e commerciale in generale e alla formazione del mediatore[16] perché si tratta di disciplina che considero molto interessante.

La Lituania incentiva finanziariamente la mediazione in corso di causa.

Se le parti concludono un accordo ottengono il rimborso del 75% dell’importo della tassa giudiziaria pagata al tribunale di primo grado[17].

In Lituania il Codice di procedura civile[18] prevede che il trasferimento di un caso alla mediazione possa essere avviato in materia civile da un giudice (dal collegio) o su richiesta di qualsiasi parte.

Una controversia viene deferita per la mediazione per ordine del giudice che ascolta la causa civile (o dal collegio), quando il tribunale ha chiarito il merito della controversia alle parti, vi è il consenso delle parti o c’è una loro richiesta di rinvio.

Il giudice della causa (o il collegio), dopo aver stabilito che esiste un’alta probabilità di una soluzione pacifica della controversia, può sottoporre la controversia alla mediazione obbligatoria.

La mediazione disposta dal giudice può riguardare anche i casi di mediazione obbligatoria extragiudiziale[19].

Nei procedimenti civili, il giudice può, con l’accordo delle parti, decidere (con un ordine) di condurre la mediazione se è un mediatore o di selezionare e nominare un altro mediatore che sia un giudice, tenendo conto delle opinioni delle due parti in merito alla nomina di un mediatore, notificando al Servizio di assistenza giudiziaria statale garantito la necessità di selezionare un mediatore dall’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania. La nomina di un mediatore è subordinata al suo consenso scritto.

Se il giudice dispone la mediazione sospende il procedimento e indica la data della udienza successiva. La mediazione giudiziaria deve essere completata entro tale termine. Su richiesta del mediatore, il termine per il rinvio del procedimento può essere prorogato con ordinanza del giudice che ha ascoltato la causa civile (o del collegio).

Il tribunale deve inviare al Servizio di assistenza giudiziaria statale garantito i dati della controversia e l’indicazione del mediatore che entro cinque giorni creerà un account per la mediazione e potrà prendere visione degli atti onde verificare che non ci siano incompatibilità.

Se media un giudice la procedura è gratuita per le parti.

Se il mediatore è stato selezionato dal Servizio di assistenza legale statale garantito, paga lo Stato per le prime quattro ore.

Se le parti vogliono continuare la mediazione oltre le quattro ore i costi sono a loro carico[20].

Il sistema è molto simile a quello californiano.

I tribunali designano i locali per lo svolgimento della mediazione giudiziaria. Previo accordo delle parti della controversia e del mediatore, la mediazione giudiziaria può essere condotta in altri locali.

Quanto alla formazione del mediatore è disciplinata in prima battuta dalla legge sulla mediazione: l’ultima versione è del 2020[21]. In seconda battuta da un regolamento ministeriale del 31 dicembre 2018[22].

Solo i mediatori inclusi nell’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania possono fornire servizi di mediazione, tranne il caso di mediatore straniero accreditato nel suo paese di provenienza (il servizio in questo caso però può essere solo temporaneo).

L’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania è compilato e gestito dal Servizio di assistenza legale garantito dallo Stato.

L’elenco dei giudici a cui è stato concesso lo status di mediatori è gestito dall’amministrazione dei tribunali nazionali secondo la procedura stabilita dal Consiglio giudiziario che notifica i nominativi al Servizio di assistenza legale.

I mediatori che sono giudici possono condurre solo mediazioni giudiziarie.

I requisiti per diventare mediatore sono differenziati.

I non giudici devono avere un titolo universitario, aver completato almeno 40 ore accademiche[23] di formazione sulla mediazione almeno cinque anni prima della data di domanda di ammissione all’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania; devono superare l’esame di abilitazione per mediatori ed avere buona reputazione.

L’esame è condotto dalla Commissione per l’esame delle qualifiche dei mediatori.

Si compone di due parti: scritta e orale. La parte scritta dell’esame è composta da 20 domande con 3 risposte a ciascuna domanda (solo 1 è quella corretta), dura un’ora e bisogna ottenere almeno una votazione di 7 punti.

Nel valutare la parte pratica dell’esame, vengono presi in considerazione la coerenza nello svolgimento del compito, la chiarezza e l’accuratezza del ragionamento, la capacità di applicare le conoscenze teoriche nel campo della mediazione nella situazione pratica.

I giudici che hanno un’esperienza inferiore ai tre anni devono fare un corso di formazione e sostenere l’esame di abilitazione; quelli che hanno più tre anni di esperienza devono frequentare solo un corso di introduzione alla mediazione di 16 ore accademiche e devono avere un dottorato in scienze sociali oppure aver seguito almeno 100 ore accademiche non oltre tre anni dalla richiesta. Gli avvocati devono fare il corso di formazione, ma non l’esame di abilitazione.

Sia per i giudici che per i non giudici vale la formazione continua: 20 ore in 5 anni. La preparazione e la pubblicazione di un articolo in materia di mediazione equivalgono a cinque ore accademiche di formazione in materia di mediazione. Un anno di insegnamento nel campo della mediazione equivale a dieci ore accademiche di formazione in mediazione.

Il principio della mediazione giudiziaria è che i mediatori devono essere adeguatamente preparati, competenti, devono agire in modo efficace e rispettare gli standard di condotta a loro applicabili.

Un mediatore che ha svolto mediazioni giudiziarie in materia civile non può prendere parte ai procedimenti in qualità di giudice, vice giudice o altra parte del procedimento.


[1] Cfr. The 2020 Justice scoreboard

[2] https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/TAIS.72290/asr

[3] Teisminė mediacija – administracinio ginčo sprendimo procedūra, kurios metu vienas ar keli mediatoriai padeda ginčo šalims taikiai spręsti šį ginčą teisme nagrinėjamoje byloje.

[4] 1. Jeigu įstatymai nenustato kitaip, administracinius ginčus ne teismo tvarka nagrinėja Lietuvos administracinių ginčų komisija ir jos teritoriniai padaliniai.

[5] 4. Atskiroms administracinių ginčų kategorijoms įstatymai gali nustatyti ir kitas išankstinio ginčų nagrinėjimo ne teismo tvarka institucijas.

[6] 1. Administracinių ginčų komisijos ar kitos išankstinio ginčų nagrinėjimo ne teismo tvarka institucijos sprendimą, priimtą ne teismo tvarka išnagrinėjus administracinį ginčą, galima skųsti administraciniam teismui per vieną mėnesį nuo sprendimo priėmimo dienos, jeigu įstatymai nenustato kitaip.

[7] 51 straipsnis. Teisė sudaryti taikos sutartį

1. Bet kurioje proceso stadijoje ginčo šalys gali baigti bylą taikos sutartimi, jeigu ją sudaryti galima atsižvelgiant į ginčo pobūdį. Taikos sutartis turi neprieštarauti imperatyvioms įstatymų ir kitų teisės aktų nuostatoms, viešajam interesui, nepažeisti trečiųjų suinteresuotų asmenų teisių ar teisėtų interesų. Taikos sutartis negali būti sudaroma bylose dėl norminių administracinių aktų teisėtumo, bylose pagal skundus dėl rinkimų įstatymų ir Referendumo įstatymo pažeidimų, bylose dėl savivaldybės tarybos prašymų pateikti išvadą, ar savivaldybės tarybos narys, savivaldybės tarybos narys – meras, kuriems pradėta įgaliojimų netekimo procedūra, sulaužė priesaiką ir (ar) nevykdė įstatymuose nustatytų įgaliojimų. Taikos sutarties dalykas turi būti to paties pobūdžio, kaip ir skunde (prašyme) nurodyti reikalavimai. Taikos sutartimi gali būti išspręstas visas ginčas ar jo dalis (atskiri reikalavimai). Teismas imasi priemonių ginčo šalims sutaikyti tik tuo atveju, kai yra ginčo šalių sutikimas pradėti derybas dėl taikos sutarties sudarymo.

[8] 2. Taikos sutartis pridedama prie bylos. Teismas, prieš tvirtindamas taikos sutartį, išaiškina ginčo šalims šių procesinių veiksmų pasekmes. Nutartimi dėl taikos sutarties patvirtinimo teismas patvirtina taikos sutartį ir nutraukia bylą. Šioje nutartyje turi būti nurodytos tvirtinamos taikos sutarties sąlygos.

[9] 3. Teisminės mediacijos metu ginčo šalims pasiekus taikų susitarimą ir sudarius taikos sutartį, šią sutartį šio straipsnio 2 dalyje nustatyta tvarka tvirtina administracinę bylą nagrinėjantis teismas. Kai teisminę mediaciją vykdo pats administracinę bylą nagrinėjantis teisėjas, jis turi teisę šio straipsnio 2 dalyje nustatyta tvarka patvirtinti ginčo šalių sudarytą taikos sutartį.

[10] 4. Teismas netvirtina taikos sutarties, kuri prieštarauja šio straipsnio 1 dalyje nurodytoms sąlygoms. Jeigu teismas atsisako tvirtinti taikos sutartį, dėl to jis priima motyvuotą nutartį. Teismo nutartis dėl atsisakymo tvirtinti taikos sutartį gali būti skundžiama atskiruoju skundu.

[11] 5. Jeigu ginčo šalys taikos sutartį sudaro ir pateikia ją teismui tvirtinti po sprendimo, priimto išnagrinėjus administracinę bylą apygardos administraciniame teisme, priėmimo, bet nepasibaigus jo apskundimo apeliacine tvarka terminui, apygardos administracinis teismas, nutartimi patvirtinęs taikos sutartį, panaikina priimtą sprendimą ir bylą nutraukia. Kol sprendžiamas taikos sutarties tvirtinimo klausimas, apeliacinio skundo padavimo termino eiga sustabdoma. Šioje dalyje nurodytu atveju taikos sutarties tvirtinimo ar atsisakymo ją tvirtinti klausimas gali būti sprendžiamas rašytinio proceso tvarka.

[12] (omissis)

6) nustatęs, kad byloje galima sudaryti taikos sutartį, pasiūlo ginčo šalims apsvarstyti taikos sutarties sudarymo galimybę ir nurodo, kad, ginčo šalims sutikus sudaryti taikos sutartį, dėl esminių sutarties sąlygų turi būti susitarta iki teismo posėdžio dienos;

7) nustatęs, kad byloje yra galimybė ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu, pasiūlo ginčo šalims šia galimybe pasinaudoti;

(omissis)

[13] 791 straipsnis. Ginčo perdavimas spręsti teisminės mediacijos būdu

1. Ginčo šalių prašymu arba sutikimu, laikantis šio įstatymo ir Teisėjų tarybos nustatytos tvarkos, gali būti vykdoma teisminė mediacija. Teisminė mediacija gali būti vykdoma tik dėl tokio administracinio ginčo, dėl kurio pagal įstatymus leidžiama ginčo šalims sudaryti taikos sutartį.

2. Ginčo šalims teisminės mediacijos paslaugos teikiamos nemokamai.

3. Ginčo perdavimą spręsti teisminės mediacijos būdu gali inicijuoti administracinę bylą nagrinėjantis teismas arba bet kuri ginčo šalis. Ginčas perduodamas spręsti teisminės mediacijos būdu administracinę bylą nagrinėjančio teismo nutartimi, kai teismas išaiškina šalims teisminės mediacijos esmę, yra gautas ginčo šalių sutikimas arba prašymas perduoti ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu.

4. Teisminę mediaciją gali vykdyti mediatoriai, kurie yra teisėjai, įrašyti į Lietuvos Respublikos mediatorių sąrašą. Teisėjas, nagrinėdamas administracinę bylą, šalių sutikimu gali nuspręsti pats vykdyti mediaciją, o kai bylą nagrinėja teisėjų kolegija, teisėjų kolegija gali paskirti vieną iš kolegijos narių vykdyti mediaciją, jei jis yra mediatorius, arba parinkti ir skirti kitą mediatorių, kuris yra teisėjas, pagal galimybes atsižvelgęs (atsižvelgusi) į abiejų šalių suderintą nuomonę dėl mediatoriaus, kuris yra teisėjas, kandidatūros. Mediatorius skiriamas tik gavus jo rašytinį sutikimą. Ginčo šalių prašymu ar sutikimu gali būti skiriami keli mediatoriai.

5. Šio straipsnio 3 dalyje nurodyta nutartimi bylos nagrinėjimas atidedamas ir nustatomas tikslus kito teismo posėdžio laikas. Iki jo teisminė mediacija turi būti baigta vykdyti. Mediatoriaus teikimu terminas, kuriam buvo atidėtas bylos nagrinėjimas, gali būti pratęstas administracinę bylą nagrinėjančio teisėjo (teisėjų kolegijos) nutartimi. Šiuo atveju nustatomas naujas tikslus kito teismo posėdžio laikas.

6. Mediatorius, paskirtas vykdyti teisminę mediaciją, per penkias darbo dienas nuo paskyrimo privalo susikurti mediatoriaus paskyrą Lietuvos teismų informacinės sistemos Viešųjų elektroninių paslaugų posistemėje.

7. Mediatorius skiriamas vykdyti teisminę mediaciją Teisminės mediacijos taisyklių, patvirtintų Teisėjų tarybos, nustatyta tvarka. Jeigu teisminę mediaciją vykdys administracinę bylą nagrinėjantis teisėjas (teisėjų kolegijos narys), jo sutikimas vykdyti teisminę mediaciją įforminamas nutartimi. Prieš duodamas sutikimą vykdyti teisminę mediaciją, mediatorius turi teisę gauti informaciją apie ginčo esmę, bylos šalis, bylos kategoriją.

8. Mediatorius turi nusišalinti nuo ginčo sprendimo teisminės mediacijos būdu, jeigu egzistuoja šio įstatymo 44 straipsnio 2 dalies 1–4 punktuose nurodyti pagrindai.

9. Paskirtam mediatoriui teisminės mediacijos laikotarpiu sudaromos sąlygos susipažinti su administracine byla arba mediatoriaus prašymu administracinė byla jam perduodama pasirašytinai. Mediatorius iki teismo nutartyje nustatyto administracinės bylos posėdžio laiko privalo grąžinti administracinę bylą teisėjui (teisėjų kolegijai).

10. Teisminės mediacijos metu gali dalyvauti tik ginčo šalys, jų atstovai ir mediatorius. Ginčo šalių prašymu arba sutikimu teisminės mediacijos metu gali dalyvauti ir kiti asmenys.

11. Teismai turi skirti patalpas teisminei mediacijai vykdyti. Ginčo šalių ir mediatoriaus susitarimu teisminė mediacija gali būti vykdoma ir kitose patalpose. Teisminės mediacijos metu gali būti naudojamos informacinės ir elektroninių ryšių technologijos.

12. Bet kuri ginčo šalis gali pasitraukti iš teisminės mediacijos, nenurodydama pasitraukimo priežasčių. Tai neužkerta kelio ginčo šalims pakartotinai prašyti perduoti ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu.

[14] Ci si allinea dunque alla prassi statunitense.

[15] 1) jeigu jis anksčiau nagrinėjant tą bylą dalyvavo kaip liudytojas, specialistas, ekspertas, vertėjas, atstovas, prokuroras, teismo posėdžių sekretorius;

2) jeigu jis yra proceso šalių, kitų proceso dalyvių ar kolegijos teisėjų giminaitis;

3) jeigu jis pats arba jo giminaičiai yra tiesiogiai ar netiesiogiai suinteresuoti bylos baigtimi arba jeigu yra kitokių aplinkybių, kurios kelia abejonių jo nešališkumu;

4) jeigu jis šioje byloje vykdė teisminę mediaciją ir ginčo šalims teisminės mediacijos metu nepavyko sudaryti taikos sutarties.

[16] Cfr. Carlo Alberto Calcagno. Arbitrato e negoziato in Europa, Le opportunità dell’avvocato. Key editore, 2020

[17] Art. 87-88  CIVILINIO PROCESO KODEKSO

[18] Art. 231-1 e 231-2 CIVILINIO PROCESO KODEKSO

[19] http://tm.lrv.lt/lt/veiklos-sritys-1/civiliniu-gincu-taikinamasis-tarpininkavimas-mediacija/privalomoji-mediacija

[20] Art. 23 LIETUVOS RESPUBLIKOS MEDIACIJOS ĮSTATYMAS 2008 m. liepos 15 d. Nr. X-1702

https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/TAR.27B041C4CCDE/PiJbZXMLoG

[21] Civilinių ginčų taikinamojo tarpininkavimo ĮSTATYMAS Numeris: X-1702 – 2008/07/15

Publikavimas: Valstybės žinios, 2008-07-31, Nr.

https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/TAIS.325294/asr

Legge sulla mediazione conciliativa nelle controversie civili della Repubblica di Lituania del 15 luglio 2008 n. X-1702

Gazzetta ufficiale. 2008, No. 87-3462.

In vigore dal 31 luglio 2008 ad eccezione dell’articolo 10 che è in vigore dal 1° gennaio 2010 (attua la direttiva 52/08)

Ha subito tre modifiche. È stata ripubblicata il 12 luglio del 2017: CIVILINIŲ GINČŲ TAIKINAMOJO TARPININKAVIMO ĮSTATYMO NR. X-1702 PAKEITIMO ĮSTATYMAS 2017 m. birželio 29 d. Nr. XIII-534

https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/95539982609f11e7a53b83ca0142260e

[22] ĮSAKYMAS DĖL LIETUVOS RESPUBLIKOS MEDIACIJOS ĮSTATYMO ĮGYVENDINIMO 2018 m. gruodžio 31 d. Nr. 1R-289

https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/dbf272d00cc911e9a5eaf2cd290f1944

[23] Il 40% deve essere di carattere pratico

Evoluzione storico-normativa del conflitto

In seminario

“La mediazione e le forme complementari di risoluzione delle controversie civili”

26 maggio 2021 ore 17

Avv. Carlo Alberto Calcagno

Mediatore civile e commerciale e familiare

Noi uomini del XXI secolo abbiamo un concetto di giustizia legato al processo e ad un tribunale stabile ove decidono dei giudici professionali che emettono delle sentenze motivate secondo diritto a seguito di un’istanza per lo più presentata da avvocati.

Questo schema a cui siamo abituati non è profondamente radicato nella storia come ci verrebbe da pensare; ci appartiene solo dal XIX secolo.

Lo stesso concetto attuale di tribunale peraltro in altri paesi è diverso dal nostro: negli Stati Uniti ad esempio con il termine “Tribunal” si intende qualsiasi luogo ove si prendono decisioni che incidono sui diritti, ma non vi è l’idea di un luogo fisso e predeterminato; si potrebbe ad esempio anche fare riferimento ad un’agenzia governativa. 

I millenni che ci hanno preceduto hanno spesso conosciuto composizioni itineranti. Così ad esempio in Cina o in Francia dove abbiamo ancora oggi una conciliazione itinerante, in Roma dove il praetor decideva in basilica, ma esercitava anche la giurisdizione de plano nei luoghi di privata dimora. Carlo Magno aveva i suoi Missi dominici, Federico II il Gran giustiziere e i maestri giustizieri che giravano per tutti i domini di loro competenza. Ancora il conciliatore del Regno di Sicilia in pieno Ottocento andava per le strade a cercare privati dissidi da comporre.

Le cose sono cambiate col Regno d’Italia, anche se gli uomini del periodo unitario non sapevano sostanzialmente che cosa fosse un tribunale, una corte d’appello o una cassazione (inizialmente ce ne erano ben cinque). La giustizia si esercitava per lo più presso il conciliatore e in qualche misura presso le preture.

Le preture non esistono più dagli anni ‘90 ed il conciliatore è stato sostituito dal giudice di pace, ma si sono accentrate tutte le liti presso il tribunale con gli esiti che abbiamo tutti sotto gli occhi.

Anche il concetto di giudice è mutato grandemente nel tempo. La storia ricorda solo pochi esempi di giudici che fossero giureconsulti: lo Scabino franco che era anche notaio e il Gran Giustiziere siculo.

Non lo erano i giudici più antichi e una laurea in giurisprudenza venne richiesta soltanto nei domini sabaudi a metà del XVIII secolo.

I giudici antichi si valevano di assessori che erano laureati in legge, ma la loro consultazione non era obbligatoria. Solo con Federico II a ben vedere si collazionarono delle raccolte di pronunce a cui potevano attingere anche i non giuristi e dunque si diffuse l’idea di un’applicazione della giustizia legata al precedente (che oggi troviamo nei paesi anglo-sassoni).

I giudici erano sostanzialmente dei boni homines che godevano della fiducia del principe.

Spesso non sapevano né leggere né scrivere ed infatti, ad esempio nel regno di Federico II le sentenze venivano stese dal notaio peraltro in presenza dei giudici e di testimoni che sapessero leggere e scrivere.

Non sapevano leggere o scrivere i giudici della Grecia antica che si limitavano a prendere una decisione con il voto, alzando o abbassando una mano.

Gli stessi avvocati sino al 1870 non avevano spesso neanche un titolo di scuola elementare perché nel nostro paese non c’era l’obbligo di istruzione (nemmeno per i farmacisti).

Del resto l’obbligo di scrivere la sentenza arriva soltanto con Federico II nel XIII secolo e solo con la Rivoluzione francese si arriva a pretendere una motivazione.

Lo stesso ruolo degli avvocati è mutato nel tempo: nell’Attica antica non esistevano i legali ma c’erano solo dei logografi giudiziari che a pagamento cercavano di convincere il giudice spesso inventando di sana pianta il testo della legge (per cui non sappiamo ad esempio con sicurezza quali fossero le leggi davvero vigenti nella Grecia antica); all’epoca la legge si considerava un mezzo di prova.

Gli avvocati dell’antica Roma non avevano la rappresentanza del cliente, ma si limitavano a parlare bene del loro assistito. La rappresentanza del resto era vista con sfavore dai giudici anche nel XIX secolo e si pretendeva pure l’atto notarile per conferirla. Così come oggi si pretende la procura sostanziale per la mancata partecipazione alla mediazione.

Anche gli uomini che litigavano ovviamente non sapevano né leggere né scrivere ed infatti i primi verbali di polizia (detti notoria) che arrivano sotto l’imperatore Valente, erano compilati soltanto dai poliziotti e ancora si discuteva in Cassazione nel XIX secolo sulla loro validità in giudizio.

Gli stessi atti di matrimonio ancora negli anni ’20 del secolo scorso riportavano spesso solo una croce. L’alfabetizzazione è stato un processo lungo. Pensiamo che solo nel 1962 il partito socialista  pose come condizione per appoggiare il governo di centro-sinistra l’estensione della scuola dell’obbligo ai tre anni successivi al quinquennio elementare e dunque venne fondata la scuola media unica. Di scuola elementare obbligatoria si inizia a parlare nel nostro paese attorno al 1860, ma gli esiti del dibattito non furono proficui; solo nel 1877 si stabilì che le scuole elementari durassero cinque anni e che il primo triennio fosse obbligatorio.

In una situazione come quella descritta come veniva effettuata la composizione del conflitto?

Gli uomini antichi avevano capito di base che l’uso della forza era economicamente meno conveniente dell’accordo.

Certo inizialmente lasciavano per lo più spazio alla vendetta anche se talvolta stipulavano delle intese dietro corresponsione di beni o denaro.

Oggi esiste la procura della Repubblica e quindi l’azione penale è pubblica, ma nella Grecia di Omero e nella Roma precedente a Cicerone le contese dipendevano solo dall’iniziativa privata.

Si ricorreva all’autorità (che poi era un consiglio di anziani) solo per stabilire se uno aveva il diritto di vendicarsi quando c’era un altro che sosteneva il contrario perché adduceva un accordo oppure in caso di accordo se chi doveva pagarne il prezzo, si assumeva, non avervi provveduto.

Le prime forme di giustizia sono dunque arbitrali e fondate sul consenso, ma anche la conciliazione aveva una sua parte importante.

Nel mondo greco-romano poi il processo si sviluppa sulla base delle forme di composizione che si erano escogitate nell’ambito della gens, della fratria o della famiglia, ossia in base all’arbitrato e alla conciliazione (e non il contrario) ma l’accordo o comunque una decisione extragiudiziaria era molto frequente perché ad esempio in Grecia non esistevano i diritti reali, solo gli uomini liberi ed i meteci potevano adire i tribunali e poi le sentenze erano comunque uniche e definitive.

A Roma vigevano gli usi ricordati dall’Evangelista Luca:  “Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare? Quando vai con il tuo avversario dal giudice, cerca di trovare un accordo con lui mentre siete ancora tutti e due per strada, perché il tuo avversario può trascinarti davanti al giudice, il giudice può consegnarti alle guardie e le guardie possono gettarti in prigione. Ti assicuro che non uscirai fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo spicciolo”.

Nella prima delle XII tavole si ricordava che l’ufficio del praetor era quello di sanzionare l’accordo che le parti trovavano lungo la via, ossia di munirlo di efficacia come una sentenza.

E quindi se la conciliazione non era obbligatoria, perlomeno così veniva sentita attorno al 70 d.C. (data del Vangelo), nonostante peraltro la proibizione degli accordi voluta da Caligola che resterà in piedi sino ad Arcadio ed Onorio.

Il mondo greco-romano aveva comunque una struttura giudiziaria, con i limiti sopra ricordati; ma detta organizzazione viene meno con le invasioni barbariche.

I barbari conoscevano solo la faida, la composizione pecuniaria delle offese era molto rara. Viene approfondita con Rotari in un famoso editto, ma sostanzialmente scattava come ultima risorsa quando non si erano vinte le prove di Dio (che chiamavano ordalia) e dunque la causa era perduta. 

Fra le più comuni prove di Dio va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo. Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piedi nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta.

Erano dette prove paribili (ossia evidenti) che ad un certo punto vengono affiancate dal duello giudiziario in cui due campioni si affrontavano con le armi nell’arena giudiziaria: chi vinceva con le armi ovviamente aveva ragione.

Sino a Federico II questo modo di procedere fu considerato il processo così come noi consideriamo processo quello attuale: fu il re svevo a condannare per primo le prove paribili ed il duello perché secondo lui non rivelavano la volontà di Dio e non attestavano affatto chi avesse ragione e chi avesse torto.

Ma dopo la morte dell’imperatore questo modo di considerare la giustizia continuò: nel Meridione arrivò in certe zone (nel beneventano) sino all’età barocca e a Milano abbiamo sistemi simili sino all’età viscontea.

Solo con Federico II abbiamo poi una piena distinzione tra reati e illeciti civili.

Ma i reati venivano spesso perseguiti “per inquisizione”, ossia il giudice andava a cercarsi i criminali (abbiamo detto che era itinerante) senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere del tutto discrezionale (detto arbitrium).

Come si inquadravano gli strumenti alternativi in questo sistema?

Prima delle invasioni barbariche vi era una sistema misto nel quale il giudice delegava l’arbitro a decidere o il conciliatore a conciliare, oppure si trovava un accordo per via o ancora inter parietes a mezzo di un disceptator domestiscus (che poteva essere o meno un giureconsulto).

Dopo le invasioni barbariche c’era solo la composizione pecuniaria; solo a partire da Federico II riprende il sistema misto; citiamo qui una norma che inquadra il modo di agire del Baiulo, un compositore che arriverà a giudicare al Sud sino al XIX secolo: “Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.”

 E dunque nelle cause più comuni, quelle tra villani (ossia tra i servitori del feudo e i servi della gleba) si dava incarico ad alcuni uomini che si intendevano della questione perché conciliassero la vertenza o fornissero al giudice qual parere che serviva per fare sentenza.

Questo modo di procedere si ritrova ancora nelle delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II).

Nell’Ottocento esistevano gli arbitri conciliatori che in materia societaria dovevano essere obbligatoriamente interpellati dal Tribunale per le questioni societarie e seguivano lo stesso schema del Baiulo: tentavano la conciliazione e formulavano un parere in caso di insuccesso.

Ancora oggi nell’esame contabile di cui all’art. 198 c.p.c. si ripete lo stesso schema: il consulente tecnico tenta la conciliazione su incarico del giudice e se  la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.

Nei secoli passati gli stessi giudici potevano esercitare ordinariamente tre poteri: quello di  conciliare, quello di arbitrare e quello di giudicare.

La conciliazione al pari dell’arbitrato è sempre stata fortemente valutativa: anche per questo oggi non riusciamo ad abituarci ad un mediatore facilitativo, che non reca soluzioni ma è solo un esperto di comunicazione.

Per quanto riguarda la mediazione attuale abbiamo due precedenti: il primo è del XV secolo e riguarda la nascita della figura del mediatore sui monti del Kosovo; il presupposto fu che si ammise che alcune offese non richiedessero necessariamente la vendetta ma fosse possibile anche il perdono; inoltre in quella società si partiva dal presupposto che tutti gli uomini fossero uguali e che dunque non  potesse esistere a priori in capo a qualcuno un diritto di punire che non fosse autorizzato a ciò dai litiganti.

Altro precedente risale al 1790 quando rinasce la conciliazione dopo la Rivoluzione francese: il giudice di pace di quei tempi era un mero mediatore perché pur avendo una sua giurisdizione, poteva mediare solo le controversie delle autorità superiori.

Di mediazione si riparla poi nel ‘900 negli Stati Uniti. Mentre in Italia la conciliazione trova uno stop col regime fascista, negli Stati Uniti la conciliazione era condizione di procedibilità per i rapporti di lavoro (con una normativa simile a quella del nostro decreto 28).

Dopo la crisi del 1929 una delle prime cose che si pensò fu la riforma del processo: le citazioni erano arrivate ad un livello di tecnicismo che rendeva difficile la vocatio in ius.

Si passa quindi ad un form compilabile da chiunque per l’introduzione della causa e le complicazioni vengono semplicemente traslate sulla fase pre-istruttoria (discovery) in cui le parti si scambiano i documenti

 Attorno agli anni 60’-70’ negli Stati uniti i costi di preistruttoria, si dice,  furono considerati insostenibili.

I giudici cercano di prendere il controllo della fase che precede quella istruttoria  per renderla meno costosa e più coerente.

Si cercarono inoltre vie più rapide e meno costose del processo che lentamente si «strutturarono».

Gli avvocati in un primo tempo fecero resistenza come da noi, ma poi decisero di specializzarsi in ADR.

In realtà oggi che abbiamo in USA la e-discovery le cose non sono cambiate perché i problemi americani riguardano proprio i costi degli avvocati, ma da loro il processo è una eccezione pur essendo comunque di ottimo livello.

Negli anni ’70 del secolo scorso bolliva però anche un’altra pentola; le aziende americane non erano competitive come al solito per colpa, si disse, del management la cui idea e funzione si volle modificare.

In particolare volevano che l’azienda fosse in grado di stringersi intorno alla fase della «Specificazione» in cui il management stabilisce «Idea, costo, prezzo, tempo» di un dato bene.

Si andarono così a studiare le opere omeriche, l’Eneide e la Bingfa (l’Arte della Guerra di Sun Tzu) e dai miti degli eroi se ne ricavò il nuovo modello.

 «Colui che trova il modo di far parlare tutte le parti interessate, che sa capire le loro differenti prospettive, e riesce infine a trovare un ideale comune che tutti siano disposti a sottoscrivere. Costui fa affiorare il conflitto, riconosce i sentimenti e i punti di vista di tutti e poi reindirizza l’energia verso un ideale comune» (Daniel Goleman)

A ciò si aggiunse dal punto di vista operativo un modello che aveva molto a che fare con il primo insegnamento del Buddha. 

Per un’economia rinnovata necessitava però anche una giustizia di pacificazione dei conflitti sociali che erano violenti in quel periodo.

Si va a riscoprire una giustizia di prossimità (community mediation) che era già presente nelle costituzioni dei singoli stati americani nel XVIII secolo.

Nel frattempo con l’aiuto dell’ONU si indagano le migliori prassi per la «conciliazione civile e commerciale». 

Conciliazione e mediazione sono negli Stati uniti fenomeni distinti: la prima può comportare una proposta del conciliatore, la seconda no.

 Negli anni 80’ interviene l’UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law) e pone le basi per la conciliazione commerciale moderna e per la nostra mediazione (da noi gli istituti non si distinguono).

Da questo momento in poi la mediazione arriva anche in Europa anche se si deve aspettare sino alla direttiva 52/08 perché si abbia in animo di deflazionare anche il contenzioso.

Federico II faro della civiltà giuridica

  1. Introduzione

I giuristi sanno di sicuro che con l’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 si è attribuito pieno effetto di legge agli atti e documenti informatici della pubblica amministrazione, così ponendo le basi per la successiva digitalizzazione delle procedure giudiziarie.

Da questo momento in poi il PCT è entrato gradualmente nella nostra vita e ha determinato una rivoluzione del processo così come lo conoscevamo sino a quel momento.

Sino  ad allora, infatti, il processo ha camminato seguendo alcune regole già presenti nel 1231 ed attribuibili a Federico II[1].

Ci sono molte considerazioni politiche e culturali[2] che lo riguardano e che si potrebbero fare ma in questa nota vogliamo occuparci soltanto del diritto: quello pubblico, il civile e il penale.

Vedremo anche come era organizzato il processo alla corte sveva.

L’opera dell’imperatore si può considerare un momento di rottura importante con riferimento a diverse componenti della tradizione giuridica, sia di quella romanistica che comunque egli riprese e scelse come perno della legislazione, sia di quella normanna che lo precedette.

Molte regole ed istituzioni che noi oggi diamo per scontate non avrebbero visto la luce se non vi fosse stato questo principe. Lo stesso illuminismo forse non avrebbe avuto quelle conseguenze che ha in effetti avuto per la società e per i governi.

Anche se, dobbiamo dirlo subito, dopo la morte di Federico molte delle sue riforme non si mantennero.

Appena diventato maggiorenne pensò di sostituire le consuetudini con le leggi scritte, la forza individuale con quella pubblica, volle affrontare le prepotenze dei signori feudali con il governo unico e centrale.

Era convinto di avere un obbligo impostogli da Dio di amministrare la giustizia e di vegliare sulle leggi; scriveva: “Bisogna che il sovrano sia padre e figlio, signore e ministro della giustizia. Padre e signore nel generarla e nell’educarla poiché sarà nata, e difenderla gelosamente: figlio nel rispettarla e venerarla; ministro nel distribuirla a ciascuno secondo i suoi diritti”[3].

L’idea era quella di dotare i suoi sudditi di  un codice in modo che la legge si fondasse sulla eguaglianza di tutti i cittadini, e determinasse chiaramente i diritti e i doveri di ciascuno.

Era poi anche necessario disporre di giudici che dipendessero da lui e che amministrassero la giustizia[4].

In Sicilia a quel tempo imperavano tre legislazioni (la longobarda, la bizantina e l’Araba) che creavano solo confusione nella popolazione.

Federico voleva armonizzarle:  ci avevano in verità già provato i Normanni (con i Defetarii) ma con scarsi risultati[5].

Era necessaria un’opera legislativa che fosse accettata dai sudditi romani, dai greci, dai tedeschi, dagli arabi, dai francesi e dagli ebrei e dunque il principe non pensava fosse utile cancellare con un tratto di penna il passato di questi popoli.

Noi”, dice  Federico, “noi che sospendiamo sulla bilancia della giustizia i diritti di ciascuno, non vogliamo nei giudizi distinzione, ma “uguaglianza. Sia franco, sia romano, sia longobardo l’attore o il convenuto, vogliamo gli sia resa giustizia”.

Così accolse le antiche leggi cercando di adeguarle ai tempi.

Il principio era rivoluzionario perché andava decisamente in senso contrario al feudalesimo che si basava invece sul riconoscimento e l’accettazione delle differenze.

Nel 1230 l’imperatore progettò quindi un codice che doveva comprendere il diritto politico, il civile, il criminale, il canonico, il procedimento giudiziario, i diversi uffici dei giudici e degli altri magistrati, la polizia, le finanze, le monete, i pesi e le misure[6].

Le leggi vennero solennemente riconosciute ed approvate in una corte generale[7], convocata in Melfi nel giugno del 1231, e quivi pure pubblicate nell’agosto dello stesso anno[8].

Ma due mesi prima furono sottoposte al giudizio del popolo: i compilatori erano insomma  solo dei meri consiglieri  e proponenti seppure godessero di grande dottrina e reputazione.

Le Costituzioni entrarono in vigore in tutta la monarchia siciliana nel settembre del 1231 che era il principio dell’anno greco nelle province meridionali.

Il clero ed i baroni vedevano decisamente ridotti i loro privilegi:  per tutta risposta sobillarono le città (Messina, Catania e Siracusa) contro la Monarchia che schiacciò con determinazione i capi della rivolta.

Il codice (le Costituzioni del regno) era scritto in latino perché all’epoca questo era la lingua della religione e della scienza. Ma nelle province meridionali circolò anche una edizione greca (Liber o Lex Augustalis) [9] peraltro non conforme all’originale, perché in quelle terre si parlava il greco.

Le basi erano normanne e vi si ritrovano i precetti di diversi re precedenti: Ruggiero II, Guglielmo I e Guglielmo II[10].

Quelle proprie di Federico riguardano un periodo anteriore al 1220[11] e poi una serie di provvedimenti denominati Novae Constitutiones[12].

Ma il merito di Federico II fu anche quello al contempo di far rivivere il diritto romano, riprendere le tradizioni germaniche e non trascurare la lezione del Cristianesimo e dunque il diritto canonico.

L’intero codice si divide in tre libri; il primo comprende cento e sette titoli, il secondo cinquantadue, il terzo novantaquattro: i titoli si riferiscono principalmente alle materie del governo pubblico, del diritto penale, e del procedimento giudiziario[13].

2. Principi di diritto pubblico

Il nonno di Federico, Ruggero II, si attribuisce per primo il nome di re[14] ed il diritto esclusivo di fare le leggi. Assume che tutti i signori siano suoi vassalli e che lui solo incarni lo stato.

Coloro che avessero goduto a qualche titolo delle regalie[15] che manifestavano il potere sovrano[16], non potevano farne commercio in quanto cose sottoposte al fisco e dovevano servire, a pagamento, il principe in pace ed in guerra.

Stabilì che tutte le giurisdizioni derivassero dal principe e dalle autorità giudiziarie da lui create e tolse ai Baroni il diritto di amministrare la giustizia nelle loro corti feudali: principio che, approvato più tardi dagli altri sovrani, fu il primo atto con cui fu combattuta l’aristocrazia feudale.

Ma tutto ciò durò solo lo spazio della vita del sovrano e Federico dovette ristabilire l’ordine.

Ampliò così le regalie[17] per il mantenimento della Corte: si trattava di imposte che il sovrano destinava a sé ed erano di tre tipi. Il fodro (fodrum, fodrium), ossia una determinata quantità di vettovaglie per il mantenimento del principe e della sua corte, che veniva spesso sostituita da una somma di danaro somministrata dalle terre vassalle. La paratica, o riparazione delle strade e dei ponti dei fiumi che doveva attraversare il sovrano. Il mansionaticum che doveva servire alle spese di alloggio dei cortigiani e dell’esercito reale durante il viaggio.

Federico II istituì il servizio di leva obbligatorio[18] in conseguenza del giuramento di fedeltà al sovrano; il servizio era modulato sulla dimensione del feudo e prevedeva la prestazione personale del feudatario (che diversamente perdeva il feudo) e dei suoi uomini oppure di una somma di denaro in sostituzione (bursale o adoba); i feudatari avevano anche l’obbligo di fornire le imbarcazioni per la guerra in mare aperto.  

Il servizio militare durava ordinariamente tre mesi:  trascorso tale termine il sovrano doveva pagare il soldo alle truppe feudali che voleva mantenere sotto la bandiera.

Se un barone non conduceva il suo contingente doveva pagare tre once e quindici tari al mese[19] per ogni uomo d’arme non presente. Se non poteva venire egli stesso, doveva, col consenso del sovrano, mettere comunque al suo posto un altro cavaliere, diversamente il fisco gli sequestrava metà della rendita.

Il principe si arrogò il diritto esclusivo di battere moneta, il supremo dominio sugli uomini e sulle terre, la più importante giurisdizione in quasi tutte le cause, il diritto di muover guerra e concludere la pace, e di comandare gli eserciti. 

A ciò si aggiunse il diritto di statuire leggi generali per tutto il regno, di legittimare i figli naturali, di creare nobili, magistrati e notai, di aprire Università degli Studi, e di creare un parlamento e  una corte suprema di giustizia nel regno: e ciò oltre a pretendere  le minori regalie, dette diritti utili ovvero la riscossione delle entrate pubbliche e i proventi delle multe e delle confische.

Il disegno di Federico era quello di diventare capo politico di tutta la cristianità; credeva di essere destinato a mantenere la pace fra le nazioni.

L’Europa intera era, infatti, all’epoca come un campo di battaglia, ove ogni uomo aveva sempre le armi in pugno, ed era preparato a perpetua difesa ed offesa.

Federico istituì una Corte capuana, un tribunale supremo, a cui i Baroni e le Università dei borghesi dovessero presentarsi entro breve termine. Nessuno poteva essere riconosciuto legittimo possessore, ove non adducesse le prove di regolari concessioni fatte dai principi normanni. Non riconosceva però le concessioni del re Tancredi perché lo considerava un usurpatore.

Peraltro quando un barone diveniva possessore d’un feudo, sia a titolo ereditario, sia per munificenza del sovrano, era tenuto a pagare al fisco, prima di ottenere la investitura, un diritto di variazione, chiamato diritto di rilievo (jus relievi), che era stabilito in metà della rendita della terra, cioè in dieci once per feudo.

Se l’erede non faceva la dichiarazione dei redditi alla fine dell’anno, pagava una multa esorbitante: fino a novanta once, cioè nove volte la mera tassa.

Le città del demanio poi pagavano ogni quindici anni un “diritto di mutazione”, come se passassero sotto un nuovo signore.

Ognuna di esse forniva all’esercito ed alla flotta un numero determinato di balestrieri, di fanti e di marinai, comandati dal sindaco in persona, o da uno de’ suoi delegati.

Ogni città marittima, che avesse un porto, era tenuta a costruire a proprie spese, ed a conservare in buono stato, una o parecchie galee.

Federico II decise di mantenere nelle sue mani l’esercizio della giustizia criminale in tutto il regno, e proibì apertamente ai prelati, ai conti e ai baroni di amministrarla in futuro[20]: la giustizia criminale si doveva esercitare soltanto per mezzo di giudici da lui creati.

Vietò l’alienazione dei feudi e il diritto di ricavare imposte dai fondi; concesse in mancanza di eredi maschi che potessero ereditare le donne.

Ogni feudatario però doveva avere il consenso reale nell’atto di dar marito alle figlie, alle sorelle e alle nipoti.

Nessun signore feudale poteva avere l’onore di ricevere giuramento di fedeltà dai propri vassalli, prima di averlo egli stesso prestato al principe.

Nessuna persona poteva obbligarsi verso i baroni per compiere opere o servigi che recassero pregiudizio alla libertà individuale; né un feudatario poteva considerare obbligati al proprio demanio uomini che già appartenessero al demanio regio, o chiedere a quelli del suo feudo opere e servigi, cui non fossero obbligati.

I vassalli potevano ricorrere al giudizio del re, per esporre i danni sofferti, contro quei signori che avessero contravvenuto a questi ordini, e il giudice stesso aveva facoltà di stabilire il risarcimento dei danni a favore dell’oppresso, non che una multa del doppio, a vantaggio del fisco, contro i baroni oppressori.

Inizialmente Federico era chiamato “re dei preti” perché aveva adottato provvedimenti a favore del clero, tra cui quello dell’obbligo di pagare le decime alla Chiesa, ma la situazione cambiò quando divenne imperatore (1215): cercò di comportarsi con il clero così come si era comportato coi baroni.

Vietò anche al clero di esercitare l’ufficio di giudice e di baiulo, sotto pena della confisca di tutti i beni[21], statuì altresì che nei delitti gravi anche i dignitari della Chiesa fossero giudicati dalla sua Corte.

Vieto ogni vendita o donazione d’immobili a chiese, ospedali e luoghi religiosi, e ordinò che essi vendessero o locassero ai congiunti del testatore, o ad altro borghese del demanio, questi beni ricevuti per testamento, e che, ove ciò non si adempiesse dopo un anno dalla elargizione, i beni passassero al fisco[22]: era questa una dichiarazione di guerra al clero siciliano.

Mentre con i Longobardi le norme canoniche proibivano d’imporre al Clero oneri e contribuzioni personali e reali, dirette od indirette, dal XIII secolo si iniziò ad obbligarli a pagare le imposte per le proprietà acquistate dai laici.

Federico II calcò ulteriormente la mano costringendo tutti gli ordini religiosi (tranne l’ordine teutonico che era suo alleato)  ad abbandonare a vantaggio del fisco tutti i beni acquistati da Tancredi in poi (ovvero dal 1189)[23].

Con i comuni mantenne una politica diversa dai suoi predecessori che li beneficiarono spesso per tenere a freno la potenza dei baroni. Ridusse l’autonomia stabilendo che a nessun cittadino, e a nessuna comunità fosse lecito dettare leggi, poiché questa era, naturalmente, prerogativa della sovranità. Dunque non gli statuti delle particolari città, ma le costituzioni imperiali dovevano aver forza ed autorità di legge (nemmeno potevano i Comuni eleggere ad arbitrio i propri rettori e magistrati, come era sempre stato prima dello svevo).

Quale fu il contrappeso di tale politica perché il principe non fosse visto come nemico delle classi dirigenti e dal popolo? 

Contemporaneamente alla monarchia (e quindi prima di Federico) erano nati Parlamenti, o comizi pubblici che dir si vogliano, che nella sostanza rimasero meramente feudali, composti cioè di soli baroni e di prelati, senza che una voce si levasse mai per esporre i bisogni e le ragioni del popolo.

Federico II decise di convocare un Parlamento in Lentini, stabili che due volte l’anno dovessero farsi in tutte le provincie del regno pubbliche adunanze, presiedute da un messo speciale dell’imperatore, nelle quali, oltre ai chierici ed ai baroni, fosse concesso di intervenire a quattro uomini buoni per ogni città[24], e a due per ogni terra o villaggio, affinché potessero esporre le proprie lagnanze e quelle dei loro elettori. L’aver ammesso i rappresentanti del popolo in siffatte assemblee comprova ch’egli desiderava dare ai Comuni sede stabile in Parlamento (cosa che accadde a partire dal 1240).

È questo certamente il primo esempio di una vera rappresentanza nazionale anche se in realtà i borghesi erano chiamati solo a convalidare con la presenza le deliberazioni già approvate nel Consiglio del principe e a diffondere i suoi ordini nelle loro terre (ma era già un passo avanti).

Ai tempi di Federico II i cittadini del regno erano divisi in cinque grandi classi: Conti, Baroni, Militi, Borghesi, e Rustici. Le prime tre categorie erano soggette solo al giudizio dei loro pari.

La classe più eminente era quella dei Conti. Quando  il Conte giurava innanzi al magistrato, il suo giuramento era creduto per un valore sino a cento once d’oro (sino a 18 mila euro attuali), mentre quello di un barone solo sino a cinquanta, quello del milite sino a venticinque. Per fornire la prova sui fatti riguardanti un Conte, quando venisse accusato, occorreva la testimonianza di sedici Borghesi, mentre per un semplice borghese erano sufficienti quattro soli uomini.

Seguivano i Baroni: per fornire la prova su un Barone occorrevano le testimonianze di 8 Militi e 16 Borghesi.  La dignità e la importanza di un barone veniva reputata, nella maggior parte dei casi, come metà di quella di un conte.

Per essere considerato milite bisognava provare che lo era stato il proprio padre e il proprio nonno: la carica era ereditaria. Per capire la posizione di questo ceto si pensi che una stessa ingiuria lanciata contro il milite veniva punita con la perdita della mano, se il colpevole era un borghese, mentre se l’offensore era a sua volta un milite la pena si riduceva ad un anno d’esilio ed alla perdita del cavallo.

I militi avevano diritto di girare armati in ogni luogo: potevano essere feudatari o figli che non ereditando il fondo paterno si dedicavano alla milizia: questi ultimi erano in grande onore presso il sovrano perché avevano abbracciato la carriera militare.

I Borghesi erano i semplici cittadini liberi da qualsivoglia dipendenza feudale. Potevano possedere solo beni non feudali (allodiali o burgensatici); Burgensis era il cittadino che non abitava in campagna ma in città.

I  Rustici o Villani  erano coloro dedicati al servizio dei feudi, ma la loro condizione dipendeva dal titolo per cui erano obbligati a servire: c’era chi era legato al fondo col corpo (servi per captitudinem) o perché abitavano o coltivavano un feudo servile (dovevano effettuare delle prestazioni dette angariae e per questo non potevano liberarsi dal loro giogo).

Questi ultimi erano detti propriamente rustici o villani, mentre i primi servi della gleba. I villani non potevano testimoniare in giudizio e le loro mogli erano dette ancillae ovvero schiave.

Il servo poteva esser venduto, pignorato, e battuto a volontà dal suo signore: non aveva facoltà di sposarsi secondo le sue volontà, né di vendicarsi ove avesse acquistato la libertà.

Un giudeo o un musulmano non potevano comperare però un servum christianum, o tenerlo in schiavitù sotto qualsivoglia pretesto.

Federico II decise di mantenere la schiavitù, così come accadeva al tempo dei romani, ma apportò diversi miglioramenti della condizione servile.

Proibì ai Baroni di opprimere ingiustamente i propri vassalli; ammise che i servi potessero possedere beni, e alienarli ad estranei, anche senza il permesso del loro padrone: cosa che prima era assolutamente vietata.

Si riconobbe ai servi una personalità loro propria in molti rapporti, e nei giudizi fu ammesso il giuramento e la testimonianza degli schiavi nelle cause dei loro pari.

Quindi una Costituzione stabili che non si potessero vendere i servi se non per liberarli, e che i liberi non si potessero ridurre mai più a condizione servile.

Arabi ed Ebrei goderono di una particolare protezione: pagavano un tributo particolare, erano sicuri nelle cose  e nelle loro persone: ebbero vera e libera proprietà; stessa considerazione ebbe il sovrano per i grandi ecclesiastici o secolari.

Federico II favori la immigrazione di quegli stranieri[25], i quali, per le loro capacità o per altri titoli, potevano arricchire lo stato.

Gli stranieri erano poi soggetti alle pene medesime dei cittadini, ma  le frodi commesse a loro danno erano punite con doppia pena; potevano possedere beni immobili e così erano ammessi a pubblici uffici[26]  ed a tutti i diritti e i privilegi dei cittadini.

Nel 1240 gli stranieri avevano il diritto di maritarsi con donne siciliane purché fossero fedeli e di buoni costumi, dimorassero almeno da dieci anni, nel regno, ed avessero contribuito, per la congrua parte, al pagamento delle tasse.

Federico II vietò l’albinaggio ossia la facoltà di introitare alle casse regie le sostanze degli stranieri:  ordinò che fosse accordata agli stessi piena facoltà di testare, stabilendo pure che, ove non  avessero disposto prima di morire, l’eredità loro si fosse devoluta a chi v’era chiamato per legge. E se questi non si trovava sul luogo in cui lo straniero era morto, le cose di lui si deponevano in una chiesa, e lo si aspettava per un anno. Inoltre se nessuno si presentasse a richiedere legittimamente tale eredità essa veniva erogata in beneficenza.

3. Diritto civile

Il diritto civile ai tempi di Federico II era assai vario perché diverse erano le popolazioni che abitavano il Regno.

Le azioni private erano dunque regolate sostanzialmente dalle particolari consuetudini delle persone e dei luoghi.

Federico II volle che la base della sua legislazione fosse quella romanistica che considerava diritto comune: entrava cioè in vigore ogniqualvolta il suo Statuto taceva.

Diamo un cenno in primo luogo delle regole concernenti le persone ed in particolare la famiglia.

Già sotto Ruggero II si stabilì che per il matrimonio era necessaria la pubblicità e la benedizione sacerdotale; in caso contrario le nozze erano illecite, si perdeva la dote e non si poteva testare a favore dei figli.

Per le nozze delle donne nobili era anche necessario l’assenso del re e spesso questo non arrivava (se non dietro pagamento di grandi somme) e dunque i beni ereditari venivano riversati al fisco, per difetto di successibili.

Ciò anche sotto Federico II che vietò pure ai cittadini di sposarsi con donne forestiere, sotto pena di perdere tutti i beni posseduti nello stato.

Disciplinò anche il ratto ai fini di matrimonio dichiarando inefficace qualunque consenso, e nullo il matrimonio del rapitore con la rapita che invece all’epoca era molto comune.

Circa il nuovo matrimonio sappiamo che per il legislatore normanno non era possibile risposarsi sino a che il proprio coniuge fosse vivo, a meno che la donna non fosse adultera e quindi soggetto di ripudio; forse nel regno svevo era possibile la separazione, ma nulla fu disposto da Federico sulla materia e sul divorzio.

Il primo effetto del matrimonio era la fedeltà: il marito poteva uccidere la moglie quando l’avesse colta in adulterio, ma doveva farlo all’istante.

Non era concesso alla moglie di vendere cose appartenenti e non alla dote, assumere obbligazioni di qualsivoglia carattere, od esercitare la mercatura senza il consenso del proprio compagno. Il quale conservava altresì l’amministrazione di tutte le sostanze della moglie, e ne percepiva i frutti; la rappresentava in giudizio, in modo che, senza il permesso del marito, lei non poteva adire il tribunale contro i terzi.

Questi precetti li ritroviamo ancora nel nostro codice civile unitario.

Erano vietate le donazioni tra coniugi: addirittura si consideravano dati a prestito perfino l’anello nuziale, le altre gioie, e gli ornamenti che la moglie avesse ricevuto dal marito o dai parenti di lui. Si arrivò a vietare anche le donazioni agli estranei, per paura che con esse si volesse mascherare una donazione fra coniugi.

Per regolare gli interessi dei coniugi era possibile la sola comunione dei beni, istituto questo barbarico: quando nascevano dei figli si formavano tre parti uguali delle sostanze comuni, di cui una spettava al padre, una alla madre, e la terza alla prole.

In caso di morte di un coniuge, la sua parte passava ai figli, però nel caso morisse la madre la parte della defunta rimaneva in usufrutto al padre, con l’obbligo di provvedere ai figli, e di educarli finché egli vivesse, o passasse a seconde nozze.

La maggiore età venne da Federico II stabilita nel diciottesimo anno, anche se per Romani era stabilita a 25 e per i Longobardi 12.

Si poteva però ottenere la dispensa dalla minore età: quando si fosse fatto conoscere il buon senno, l’integrità della vita, e la buona condotta del minore. In tal. caso, dietro esame della Gran Corte, il sovrano era solito abbreviare la minore età di uno ed anche di due anni, secondo le circostanze speciali (ma il minore non poteva comunque vendere o ipotecare beni).

Federico II istituì la tutela gratuita dei minori, a cui nessun cittadino poteva sottrarsi. Se i minori possedevano un feudo la tutela si chiamava Baliato o Baliaggio e Bali vennero chiamati i tutori feudali. Il termine balius non va confuso con quello del Baiulo che era invece come vedremo un giudice. Il balio poteva ritrarre dal feudo solo ciò che era necessario al proprio mantenimento.

I tutori erano obbligati a rendere esatto conto della loro amministrazione, quando i pupilli fossero giunti all’età maggiore, innanzi al giustiziere della provincia, o ad altro giudice, a ciò destinato dal principe, e si stabiliva che ove essi, amministrando, avessero commessa frode manifesta, non solamente sarebbero stati costretti a risarcire ai minori ogni danno cagionato per propria colpa, ma altresì a pagare altrettanto al fisco, oltre a quelle pene che il giudice avesse creduto opportuno d’infliggere.

Registriamo nel regno di Sicilia anche la tutela femminile che presso il Longobardi si chiamava Mundualdo.

Quanto alla successione Federico II fu un innovatore dato che sino a lui valeva la legge del maggiorascato maschile; stabilì che alla morte del padre succedessero tanto i figli quanto le figlie, maggiori o minori[27].

E se oltre ai maschi e alle femmine si fossero trovate delle sorelle del padre ancor nubili, di qualunque nazione o condizione fossero o franca o longobardica, o dei militi o dei borghesi, dovevano i maschi essere preferiti alle femmine, ma i fratelli o i nipoti dovevano maritare le sorelle o le zie.

Se sopravvivevano le sole femmine esse succedevano ad esclusione dei consanguinei;  se minori erano sottoposte al baliato del principe, il quale avrebbe poi curato di dar loro un marito, giunte che fossero ai quindici anni.

La donna inoltre doveva ricevere una dote consona che poteva anche stabilire il giudice: sino ad allora accadeva che le doti fossero simboliche e che i padri donassero alle figlie addirittura delle semplici ghirlande di fiori.

I figli rappresentavano, come in quasi tutte le leggi, il loro padre nella successione dell’avo, quando quegli fosse premorto.

Gli stessi criteri valevano sia per l’eredità paterna che per la materna.

I figli legittimi venivano esclusi dalla successione quando, per succedere ab intestato, avessero distrutto od occultato il testamento paterno.

Quanto ai figli naturali l’unica disposizione che si rinviene nel Codice riguardava i chierici: Federico ordinò che la Corte concedesse i  beni ai loro figliuoli, col peso di un’annua prestazione. In difetto di successori, i beni erano devoluti al fisco.

 I beni liberi dei chierici e quelli dei laici in terre demaniali, quando questi non avessero avuto eredi, dovevano passare al fisco per due terzi, e per un terzo erano destinati ai poveri a purgazione dell’anima del defunto.

 Quanto ai contratti non ci sono molte norme nel Codice perché il diritto romano già regolava molte vicende; tuttavia Federico introduce la prelazione[28] che i Romani non conoscevano: uno dei parenti più prossimi del venditore poteva escludere il primo compratore, qualora, entro il termine di un anno, egli offrisse lo stesso prezzo che l’altro aveva offerto.

Col volger del tempo tale diritto, dato ai parenti, venne esteso ai comproprietari, e, in mancanza di questi, anche ai confinanti.

Venne però imposto a chi voleva farne uso, di prestar sacro giuramento che non per conto di un terzo, sì acquistava il bene ma lo si faceva per proprio vantaggio; gli venne inoltre proibito di alienare nuovamente, per un certo numero di anni, il fondo acquistato.

Federico proibì di apprendere i buoi e i carri dei lavoratori nel tempo in cui un sequestro fosse operato per mancanza di pagamento d’un debito pubblico o privato: è una delle prime legislazioni che fanno salvi gli attrezzi del mestiere.

Quanto alla prescrizione i principi normanni stabilirono che  fosse di un anno, un mese, ed un giorno per tutte le cose possedute in buona fede. Federico II abolì questa norma e stabilì per il possessore di buona fede una prescrizione di 10 anni.

Le prescrizioni contro il fisco, ch’erano prima troppo brevi, vennero prorogate ad un secolo.

Quanto all’usura la concesse agli Ebrei perché aveva bisogno dei loro prestiti, ma non alla restante parte della popolazione.

Molto interessante fu anche la disciplina che riguardava i medici.

Federico II stabilì che nessuno potesse esercitare l’arte medica senza aver ottenuto una licenza. In caso contrario sarebbe scattato il carcere e la perdita dei propri beni.

I giovani che volessero intraprendere la medicina dovevano frequentare un corso regolare di studi: per tre anni studiavano filosofia e per cinque il testo d’Ippocrate e di Galeno, tanto in teorica quanto in pratica.

Poi dovevano essere pubblicamente esaminati nel collegio medico di Salerno il quale concedeva lettere testimoniali per ottenere la licenza del re; a questo punto si doveva fare praticantato presso i maestri della medicina.

Una volta ottenuta la licenza del sovrano, il medico, qualunque cura facesse senza dolo, non era perseguibile penalmente.

Federico stabili ancora il numero delle visite necessarie agli ammalati, la retribuzione dei medici, e l’obbligo loro di curare gratuitamente gli indigenti.

Chi si fosse applicato alla chirurgia, doveva inoltre addestrarsi per un anno unicamente nelle operazioni.  Federico  istituì anche una cattedra di anatomia.

4. Governo, istituzioni giudiziarie, notariato e avvocatura

Per realizzare i suoi scopi l’Imperatore aveva bisogno di riordinare le istituzioni giudiziarie.

La politica era legata a doppio filo a quel tempo alle regole dei processi, specie quello criminale (come del resto accade anche oggi).

Egli era convinto che a nulla giovasse possedere buone leggi, se chi fosse deputato ad eseguirle, per ignoranza o per malizia, tradisse il mandato, e che la legge scritta restasse una buona intenzione e non altro, se non s’incarnasse nella ferma volontà del principe di farla eseguire, e nella costante e sapiente collaborazione dei suoi magistrati.

Già con Ruggero II vigeva il principio secondo cui per accedere ai pubblici uffici non era importante né la patria, né l’essere nato nobile o plebeo, ma solo possedere le facoltà dell’intelletto; perciò sotto questo principe si videro uomini di qualsiasi origine, fossero siriani o siculi, saraceni o francesi, elevati alle più alte cariche.

Questo principio portava con sé la conclusione che lo Stato venisse considerato come un’astrazione e dunque qui riposa la concezione dello stato moderno.

Federico II continuò a seguire questo modo di procedere.

Volle inoltre che fossero definiti e distinti anche gli obblighi dei magistrati e infine stabilì che la Gran Corte o Magna Curia (istituita nel 1193) divenisse il centro del potere giudiziario.

Il supremo consiglio del Principe era costituito da 7 grandi ufficiali (di fatto inamovibili) che erano parificabili ai ministri del nostro governo, che descriviamo in ordine di importanza:

1° il Gran Giustiziere, primo ministro di giustizia,

2° il Gran Contestabile, supremo capitano degli eserciti,

3° il Grande Ammiraglio[29], supremo capitano dell’armata navale e responsabile dell’amministrazione militare nautica,

4° il Gran Protonotario, ossia il Logoteta, o, come Federico lo appellava Libellensis, primo segretario del re, il quale aveva l’obbligo di promulgare le leggi, gli editti, le concessioni, e gli altri atti del sovrano,

5° il Gran Camerario, che aveva cura della pubblica economia, e del patrimonio del re, 6° il Gran Cancelliere, detto pure Iustitiarius Curiae, custode del segreto, e del sigillo reale,

7° il Gran Siniscalco, governatore della casa reale, con l’incombenza di provvederla di tutto il necessario e di occuparsi della caccia reale[30].

Le cariche degli ufficiali dovevano conferirsi con il voto del supremo consiglio del principe (già presente con Ruggero II) in base alla rettitudine d’animo e alla conoscenza delle leggi.

Gli incaricati prima di assumere il titolo, dovevano prestare sacro giuramento sui Vangeli di amministrare rettamente la giustizia verso tutti senza frode o prevaricazione.

Nella gerarchia giudiziaria del regno di Sicilia (già con Ruggero II) troviamo le seguenti cariche.

A capo stava il Gran giustiziere, presidente della curia, il quale risiedeva a corte, ed aveva a disposizione quattro giudici, col titolo di assessori, che lo servivano nel suo ministero.

Al secondo posto vi erano i Giustizieri provinciali o magistri justitiarii;  al terzo  i Camerari; e all’ultimo i Baiuli, Bali o Baglivi, ai quali ultimi Federico destinò diverse norme.

Fino a Federico II fare il giudice era un mestiere pericoloso e quindi i magistrati si facevano pagare lautamente dalle parti; ma il principe, come diremo, cambiò questa regola e volle una giustizia gratuita, salvo che per quella del Baiulo.

Il più importante giudice era il gran giustiziere che sedeva a fianco del sovrano, vestiva in rosso e faceva portare innanzi a sé, come segno del suo ufficio, una bandiera rossa (bannum sanguinis).

Egli obbligava le corti dei magistrati inferiori a spedire le cause in un termine ch’egli stabiliva: esaminava e puniva le mancanze di tutti coloro che esercitavano la giustizia.

Accordava il gratuito patrocinio alle vedove, ai pupilli, ed alle persone miserabili, e le faceva alimentare a spese del fisco; sentenziava nelle cause dei feudi non quaternati[31] dopo il giudizio del giustiziere e del camerario, ma egli solo giudicava cause di feudi quaternati. Riferiva poi al re, e si consultava con lui, quando la causa riguardava i contadi[32], le terre murate[33], le città importanti, le baronie, e i feudi importanti.

Doveva ogni anno visitare tutto il regno e vigilare sugli ufficiali regi.

Non essendovi accusatori, procedeva “per inquisizione”[34] ossia andava a cercarsi i criminali senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere assai discrezionale (arbitrium).

Tutti erano sottoposti alla sua giurisdizione, e dalle sue sentenze si poteva solo presentare appello alla magna curia, cui presedeva, al di sopra di tutti, lo stesso sovrano.

La magna curia era tribunale di appello (le cui decisioni non erano impugnabili), e perciò giudicava in appello i grandi processi criminali; ma a lei apparteneva anche la cognizione, in prima istanza, delle cause per i delitti contro il re, delle controversie feudali più importanti, di quelle delle persone dedite al servizio personale del re stesso, e ancora di quelle dei poveri, ai quali era concesso di portare le loro doglianze, o i loro reclami alla corte del gran giustiziere, quando avessero temuto, nei giudizi locali, l’autorità di qualche potente avversario.

In altre parole Federico assimilava ai cortigiani, suoi preferiti, i poveri.

Al di sotto c’erano i Giustizieri provinciali (detti anche in seguito Praesides provinciae perché governavano una o due provincie).

I Giustizieri provinciali che duravano in carica un anno erano assistititi in sentenza da un giureconsulto detto giudice[35] e da un notaio.

Ai maestri giustizieri era affidata la istruzione e il giudizio di alcune cause criminali;  i delitti che meritassero pena capitale, i grandi furti, i danneggiamenti e i saccheggi delle case, gl’incendi, gli sradicamenti di alberi fruttiferi o di vigne, le violenze sulle donne, i duelli, le guerre private, le sedizioni, ed i delitti contro la persona del re: insomma tutti i crimini puniti con la pena capitale, con le mutilazioni del corpo, e con le multe di oltre venti augustali[36] (oggi sarebbero più di 400.000 €).

I Giustizieri provinciali svolgevano il loro compito gratuitamente.

Al pari del gran giustiziere, che visitava tutto il regno, i giustizieri provinciali, accompagnati da un giudice e da un cancelliere, avevano obbligo di percorrere ogni anno tutti i luoghi da loro dipendenti.  Punivano seduta stante chi fosse colto sul fatto, ordinavano l’arresto degli assassini contumaci e fuggitivi, e potevano, per tutti questi casi,  condannare e giustiziare senza processo (ad horas vel ad modum belli).

I Giustizieri provinciali avevano anche compiti di riscossione delle tasse: Federico II faceva sei “collette” all’anno ad arbitrio suo[37]; il governo determinava la porzione assegnata ad ogni provincia e i Giustizieri  facevano la suddivisione tra i borghesi e i castelli di loro dipendenza; poi gli stessi contribuenti eleggevano giurati, che stabilissero la quota di ciascuno, avendo riguardo alle sostanze di ognuno. C’erano poi alcuni “collettori” per raccogliere più sollecitamente le collette che erano chiamati maestri questori.

Vi era ancora il giudice camerario (erano in sei in tutto il reame)[38] la cui potestà era di gran lunga inferiore a quella del giustiziere, costituiva il tribunale di seconda istanza per le cause civili; le quali per altro, se tra i privati e il fisco[39], andavano a lui direttamente in prima battuta.

Egli doveva sindacare i conti dei bali (dei tutori), e far punire i colpevoli, giudicare le contese dei privati con gli esattori delle imposte, sorvegliare gli appaltatori delle pubbliche rendite.

Anche la sua carica era gratuita.

Aveva presso di sé tre assessori ed un notaio, i quali, al pari di lui, duravano in carica un anno solo.

Gli Svevi istituirono ancora un Baiulo per ogni città o terra demaniale, che riprese le attribuzioni dei Difensori di città ed altre incombenze: si occupava come giudice ordinario delle cause civili (non quelle feudali) e di quelle criminali che non importassero pene afflittive del corpo[40]; regolava nelle assise i pesi e le misure[41] ed i prezzi dei commestibili, sorvegliava l’esazione dei tributi ed esercitava la polizia del proprio distretto.

Non era un giureconsulto, bastava che fosse un uomo probo[42] e  avesse la fiducia della Magna Curia,  ma veniva assistito da un notaio e da un giudice detto assessore[43] (nominati entrambi dal sovrano) che piegava il diritto all’equità e ai bisogni del tempo[44].

Il Baiulo aveva due mesi di tempo per giudicare le controversie civili; decorso il termine infruttuosamente le parti potevano adire i Giustizieri provinciali.

Ma quali erano le sue competenze in dettaglio? Riportiamo qui la regola delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II)[45]; in alcuni luoghi il Baiulo operò sino al XIX secolo.

“1. I Castellani e Baiuli, che non sono giudici ordinari dovranno udire e decidere nel territorio delle loro castellanie le cause delle mercedi dovute agli operai, quelle delle nutrici, serve, miserabili, orfani, e simili, e tutte le altre modiche, e brevi, che possono spedirsi senza atti, o indagine giudiziaria.

2. Tali cause si termineranno senza scritti, o frustranti dilazioni; ma per mezzo di giuramento offerto, o riferito tra le parti, o come meglio sommariamente potrà farsi.

3. Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.

4. Nelle cause che richiedono ispezione giudiziaria, o nelle sopraddette, se eccederanno la somma di lire quaranta, ed il reo richiederà di essere rimesso al Giudice Ordinario, si asterranno di decidere, e rimetteranno le Parti al medesimo per un certo giorno non feriato, in modo tale che ricevano il compimento di giustizia, sotto pena della nullità, e restituzione dei danni e delle spese.”

Potremmo definire il Baiulo come uno dei primi giudici del lavoro, seppure le Costituzioni non lo definiscano giudice ordinario: le sue competenze le ritroveremo in capo al conciliatore delle Due Sicilie e a quello dell’Italia unita.

Il compenso del Baiulo era la trentesima parte della multa stabilita per la punizione dei delitti da lui giudicati e per i litigi composti. Il sopravanzo di queste ammende era riservato al tesoro del re, o alla cassa dell’alta corte di giustizia.

Al di sotto dei Baiuli vi erano i giurati; fino dal 1222, in ogni città e villaggio, sei giurati avevano il  carico di alcune funzioni di polizia: sorvegliare le monete correnti, i giochi, le osterie, le donne di mala vita, e simili.

Nel 1232 si aggiunsero due giurati, che dovevano vigilare sugli artigiani, i piccoli mercanti, e risolvere le controversie relative alle loro transazioni.

Nel regno di Napoli Federico II senti primo il bisogno di una polizia municipale, e di buoni regolamenti sulla salute pubblica.

Comandò con un suo statuto di non macerare lino e canapa se non ad un miglio  dall’abitato e di gettare al mare gli animali morti e altri materiali che recassero nocumento all’aria; e stabili che la multa d’un augustale dovesse colpire il contravventore. Avendo di mira sempre la salubrità del l’aria, pena quaranta augustali, vietò di fabbricare sepolcri entro la città; e volle che i corpi umani si seppellissero quattro palmi sottoterra.

Le costituzioni di Federico II si occupano dei pesi e delle misure, di cui era stabilita l’unità nel regno dalla Magna Curia, la quale imponeva a tutti i sudditi un procedere lealmente nei loro negozi.

Andavano soggetti per la prima volta, ad una multa più o meno grave a vantaggio del fisco; per la seconda, al taglio della mano e finalmente alla pena capitale, se ancora recidivi: 1) i venditori che frodassero nel peso, alterassero o mascherassero i commestibili; 2) gli orefici che adoperassero nei loro lavori meno di otto once d’oro di coppella, e meno di undici d’argento per ogni libbra 3) i macellai che vendessero una specie di carne per un’altra, o che non indicassero al compratore se fosse d’animale morto od ucciso; 4) i pescivendoli che conservassero i pesci del giorno prima; i venditori di cibi cotti che tacessero se erano del giorno prima; 5) i ceraioli che alterassero le candele; 5) gli osti che mescolassero il vino con l’acqua.

Federico II vietò ai sudditi di portare armi offensive e difensive. Ciò era solo concesso agli ufficiali del re, quando fossero nell’esercizio della loro carica; ma potevano ottener il diritto, come eccezione, i cavalieri ed i borghesi in viaggio[46].

I forestieri, entrando nel regno, dovevano deporre anch’essi le armi; e, contravvenendovi, cadevano nella pena stessa dei cittadini.

Federico dichiarò infami ed incapaci di qualsiasi ufficio pubblico e di testimonianza in giudizio tutti coloro che si abbandonassero al giuoco, sia delle carte che dei dadi. Alla qual pena venivano del pari assoggettati quelli che tenessero a disposizione degli altri carte da giuoco e dadi. Non importava lo stato sociale: il gioco era proibito anche ai cavalieri e ai nobili perché essi erano i primi a dover dare l’esempio.

Più tardi ordinò ai giustizieri di condannare ai lavori pubblici per un certo tempo quei cittadini che spendessero la vita a giocare.

Gli antichi non facevano sconti alle meretrici: già Carlo Magno aveva stabilito che l’uomo in casa del quale si fosse trovata una meretrice, dovesse portarla pubblicamente sulle proprie spalle in piazza per vederla flagellare; e se non lo faceva  veniva frustato lui stesso.

Nel reame di Napoli si ammisero le meretrici, ma si volle che esse fossero descritte in una speciale matricola, avessero un giudice a parte, e pagassero una gabella, come già avveniva ad Atene e a Roma.

Nelle città più importanti del Sud (Napoli, Amalfi, Sorrento) c’erano poi ai tempi di Federico II che li abolì, dei magistrati civili detti Compari o Ammensatori che erano conciliatori ed arbitri.

Vi erano poi i giudici civili che erano dei semplici laureati in giurisprudenza: le parti affidavano loro volontariamente le conciliazioni delle loro controversie; e pronunciavano sentenza solo in caso di mancato accordo; diremmo noi moderni che tale sistema può considerarsi un antenato del med–arb così diffuso nei paesi Anglosassoni. Le loro pronunce erano appellabili ai Governatori di Città[47].

Ricordo ancora che in Napoli, Salerno, Palermo e Messina vi era un foro privilegiato per la gente addetta al mare, e dei consoli, abili a comporre le controversie relative agli usi marittimi e commerciali, e a giudicare tutte le controversie civili e penali.

Federico II introdusse il cosiddetto sindacato per i magistrati. 

Stabilì che nell’uscire di carica fossero obbligati a rimanere cinquanta giorni nella provincia da loro amministrata, a mostrarsi in pubblico, a rispondere e soddisfare tutte le doglianze di chiunque si lamentasse del loro governo, e a sottostare infine all’esame che della loro gestione avessero fatto alcuni saggi (detti sindacatori) a ciò destinati[48].

Nelle adunanze pubbliche, che si tenevano a norma di quanto era stato decretato nel parlamento di Lentini,  tutti coloro i quali intervenivano avevano facoltà di proporre accuse e lamentele contro il gran giustiziere, i giustizieri provinciali, i camerari, i baiuli, e contro qualsivoglia altro che esercitasse uffici in nome del principe.

Il presidente dell’assemblea doveva trascrivere tutte le domande, e trasmetterle, con la sua firma, al sovrano.

Queste adunanze duravano otto giorni, ma potevano anche, ove fosse necessario per la natura od il numero degli affari, prorogarsi a quindici.

Per evitare problemi si prescrisse inoltre che i magistrati, durante il loro ufficio, e i loro subalterni e i domestici, non potessero ricevere denaro dai provinciali od altro; né acquistare immobili, costituire enfiteusi, contrarre nozze o sponsali, contrattare o negoziare.

Dobbiamo ora dare un cenno alla figura dei notai.

Nel regno svevo aumentarono il loro prestigio, erano degni di grande rispetto come gli alti magistrati.

Dovevano essere nati da legittime nozze e godere della  totale  libertà: il minimo peso servile o la minima subordinazione ad un feudatario si considerava ostacolo insormontabile.

I notai dovevano avere almeno ventiquattro anni; essere morigerati, avere  cognizione profonda degli usi e delle leggi dei vari popoli del reame.

Il loro numero era molto limitato: solo Napoli, Salerno e Capua, come città principali, potevano avere otto notari per ciascuna, ma nelle altre città non potevano essere più di cinque.

I notari dipendevano direttamente dal Sovrano che li nominava: l’onore non era ereditario ed era revocabile a piacimento del principe. Non potevano essere chierici.

Venivano inizialmente stipendiati solo dal fisco, ma col tempo si aggiunsero in loro favore altre provvigioni per la formazione degli atti, per le sentenze, per le stipulazioni dei contratti, e simili.

Federico II fu molto pignolo riguardo agli atti notarili: vietò che fossero  scritti su carta di cotone (detta bambagina) perché si lacerava e richiese che la stipula, sotto pena di nullità, dovesse effettuarsi alla presenza di un magistrato, e con la sottoscrizione delle parti e di testimoni degni di fede e di stima.

I testimoni erano richiesti in numero di due, ove l’atto riguardasse un valore sino a una libbra d’oro e tre se si fosse trattato di somma maggiore.

Assai significativa era poi la disciplina che riguardava gli avvocati: per esercitare dovevano sostenere un esame davanti ad una commissione nominata dal sovrano e conseguivano un diploma[49].

Poi dovevano giurare di non addurre argomenti e fatti che fossero contro la loro coscienza e di rinunziare altresì alla causa quando lo richiedessero speciali ragioni di onore.

Per chi trasgrediva il giuramento c’era una pena pecuniaria, la perdita del titolo e l’infamia perpetua.

Il loro onorario era costituito dalla sessantesima parte del valore della controversia e se essa era di valore indeterminabile la “parcella” veniva individuata dalla Magna Curia.

5. Il processo

Federico II in primo luogo distinse nettamente le cause civili da quelle penali[50], istituì il gratuito patrocinio che i Romani non conoscevano.

L’avvocato (detto “campione”) che difendesse gli orfani, le vedove e i minori era pagato dal tesoro.

Le vedove, i pupilli e gli indigenti non pagavano nessuna spesa e potevano essere anche mantenuti a spese dello Stato durante il corso della lite.

Le cause di queste categorie dovevano essere spedite prioritariamente; gli altri casi seguivano il mero criterio temporale.

Non si poteva introdurre nella causa un incidente se non vi era prima sentenza sulla questione principale.

Il tempo della causa era di due mesi, ma si deve tenere presente che all’epoca nei liberi comuni  i termini erano anche più ridotti.

Le ferie processuali erano brevissime: Natale, Pasqua ed alcune domeniche dell’anno legate agli a postoli e a Maria Vergine[51].

Ma come funzionava il processo?

Nei giudizi civili fu distinto l’esecutivo dal non esecutivo, ed il possessorio dal petitorio.

I giudizi nel possessorio erano esecutivi e quelli di rivendicazione erano ordinari; ma l’attore poteva ricuperare un possesso, anche quando il bene fosse stato alienato più volte.

Per le cause civili doveva essere sufficiente una sola citazione nella casa del convenuto; e, secondo la distanza del luogo, gli si assegnava il termine a comparire, il quale, per altro poteva essere prorogato per giusta causa.

Quando il convenuto non avesse obbedito alla citazione del baiulo, né risposto per mezzo di procuratore, doveva pagare un augustale al mese, e se avesse disobbedito alle citazioni dei magistrati superiori, avrebbe perso una terza parte dei suoi beni mobili che andavano al fisco.

La contumacia del debitore dava facoltà al creditore di porsi, a titolo di pegno, nel possesso dei beni di lui, di venderli, e di mantenere la somma dovuta ove il debitore non fosse comparso entro un anno.

Un momento fondamentale era la litis contestatio ossia il momento in cui il convenuto avesse risposto alle contestazioni dell’attore.

Şotto il governo dei Normanni, secondo il costume di tutti i popoli settentrionali, le accuse erano prodotte a voce.

Con Federico II non si poteva invece cominciare un giudizio, senza il libello scritto (una querela scritta), ad eccezione delle cause civili fatte per somma minore di due augustali (40.000 € attuali).

Il libello, nelle accuse criminali, doveva essere sottoscritto dal denunziante e dall’accusatore: i quali erano obbligati a prestar giuramento di non calunniare e a dare la garanzia di non desistere dal giudizio.

Se l’accusatore o il denunziante desistevano dalla causa prima che fosse cominciata la lite perdevano la sesta parte dei loro beni mobili; perdevano la terza parte a lite cominciata e non potevano chiudere la lite o differirla senza l’assenso del fisco.

Scoperto un calunniatore, era punito con la pena con cui si sarebbe punito il crimine che denunziava.

Il giorno della litis contestatio le parti dovevano produrre le proprie ragioni per iscritto. Dalla produzione il giudice fissava il termine per il giudizio.

Da questo momento le eccezioni erano possibili nel termine di tre giorni; ma si doveva giurare che non servivano per differire il giudizio e dovevano provarsi entro otto giorni. 

Il giudice doveva tentare più volte la composizione della lite.

In verità Federico II escludeva dalla composizione solo le controversie che apparissero terribili secondo il diritto comune, sia prima che durante il giudizio: “Dopo (o prima) che le parti si sono presentate davanti al Giudice, è permesso concludere accordi legali e transazioni fuorché nei casi  di offese straordinarie che per il diritto comune sono considerati (ed in effetti sono) terribili[52].

Vi era quindi un diritto generale di comporre la lite in capo alle parti ed il giudice appunto poteva provvedere alla composizione.

Tuttavia il limite era sempre quello della litis contestatio: il diritto delle parti di comporre la controversia si fermava al momento prima dell’esposizione della ragioni.

Dopo questo momento la composizione doveva essere autorizzata dal giudice: ”A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale.(b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare[53].

Se la composizione non riusciva Il giudice imponeva ai litiganti il giuramento di non calunniare e diceva loro che nel caso di spergiuro li avrebbe condannati alla pena minacciata a tal delitto, poi li interrogava, e infine decideva.

I giudizi criminali furono distinti in due classi: ordinari e straordinari.

Gli straordinari avevano luogo contro gli infestatori di strade (i briganti), gli assassini, gli omicidi, i ladri manifesti, ed altri malfattori.

Si agiva “per inquisizione”, e a spese del fisco: essi venivano giudicati sommariamente e subito dopo si faceva sentenza e si provvedeva alla punizione.

Con lo stesso procedimento si condannavano alla realizzazione di opere pubbliche gli uomini noti come dissoluti, i facinorosi e i cattivi esempi.

Per gli altri delitti era invece  prescritto il giudizio ordinario.

Questo non doveva durare in istruzione più di tre mesi; il processo vero e proprio era al massimo di dieci giorni entro cui ci doveva essere assoluzione o condanna.

Se nel termine stabilitogli l’accusato regolarmente citato, non si fosse presentato davanti ai giudici ovvero se non fosse comparso nessuno per lui a legittimarne l’assenza, scattava la condanna al bando, con la perdita della terza parte dei mobili a vantaggio del fisco, ma l’accusato per due mesi non poteva essere ucciso.

Dopo questo tempo diventava invece fuorbandito, e, trascorso un anno, fuorgiudicato (foro judicatus), cioè veniva condannato alla pena capitale, e spogliato di tutti i suoi beni.

Federico non solo permetteva che venisse ucciso, ma eccitava tutti i cittadini a farlo, promettendo addirittura un premio[54].

Se al contrario l’imputato si fosse presentato nell’anno, e avesse fornito garanzie proprie o per mezzo di altri, poteva difendersi anche fuori del carcere.

In tutte le cause civili l’esame dei testimoni poteva essere fatto dai giudici del luogo ove quelli dimorassero; ma per le cause feudali che erano di competenza della Magna Curia le parti erano obbligate a presentarsi; e cosi anche per le cause criminali.

Se però i testimoni da esaminarsi fossero  stati vecchi od infermi e non trasportabili la Gran Corte poteva delegare il loro esame ai giudici del luogo: i quali allora dovevano, innanzi tutto, esaminare se in realtà i testi fossero, o meno, in tali condizioni.

Ove il giudice, cui era commesso l’esame dei testimoni, fosse venuto meno al suo mandato, doveva  ristorare i danni alle parti e pagare il terzo dei suoi beni mobili al fisco.

Fu stabilito che nessun angario o villano, o rustico, o, in generale, di nascita vile, potesse deporre contro i conti, i baroni ed i militi; e che contro queste nobili persone si dovessero ammettere solo i cittadini di buona fama, e appartenenti alle prime classi della società.

I testimoni dovevano avere una certa condizione ed essere in un certo numero: ad esempio l’accusa ad un conte doveva provarsi con due testimoni conti, o quattro baroni, od otto cavalieri, o sedici borghesi.

Solo l’accusa di alto tradimento poteva essere sostenuta da qualunque cittadino.

Quando un testimone non avesse obbedito alla chiamata del giudice doveva pagare in pena il terzo dei suoi beni mobili; a chi testimoniava il falso veniva tagliata la mano[55] così come a tutti gli spergiuri.

La testimonianza era ricevuta da un giudice ed un notaro, i quali avevano obbligo di far presenziare, per maggior garanzia, alcune persone di conosciuta probità, che sapessero leggere e scrivere, e dette perciò testimoni letterati.

Chi era legalmente intimato, o chi si presentava a deporre su un fatto, doveva in primo luogo giurare sui Vangeli di dire il vero; poi veniva interrogato se conoscesse il fatto di cui si trattava, e come lo conoscesse.

L’atto con il quale erano registrate le interrogazioni e le risposte, veniva sottoscritto dal giudice, dal notaro, e dalle altre persone presenti.

Un cenno alle prove diverse dalla testimonianza.

Sino a Federico II non esisteva il libero convincimento del giudice, erano assolutamente ordinarie le prove dette paribili ossia di evidenza dei fatti.  

Fra le più comuni va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo.

Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piè nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta[56].

Era poi diffuso il duello giudiziario in Germania, Italia (soprattutto nel Meridione), Francia ed in Inghilterra: chi sapeva usare meglio le armi aveva ragione.

È di Federico il merito e l’onore di aver vietato il combattimento giudiziario e tutte le altre prove paribili.

Nella sua costituzione forse più importante stabilì che le prove dette paribili fossero contro la natura e che non dimostravano alcuna verità. Le bandì dal regno e sancì che nei giudizi si ammettessero quelle sole prove stabilite dal diritto romano e dalle costituzioni del regno. Condannò inoltre in linea di principio come assurdo il duello.

Lo conservò per i cavalieri e per i nobili, quando fossero mancate le prove giudiziarie; lo permise ad ogni classe di uomini quando si trattasse di controvertere sui delitti contro il re, inoltre per gli avvelenamenti, per gli assassinii clandestini, allorché la verità non si fosse potuta stabilire dall’accusatore, e restassero dubbi sulla colpevolezza. Ma il legislatore dichiarò che queste erano disposizioni eccezionali.

Tuttavia i fatti successivi dimostrano che questi erano solo bei principi: il duello rimarrà in auge sino al XX secolo in tutta Europa.

Fu mantenuto invece da Federico il sistema probatorio legato alla tortura anche nei confronti degli uomini liberi[57], anche se fu circondato da cautele: poteva esercitarsi solo quando si trattasse di delitti contro il re, ci fossero forti indizi e il reo fosse uno sgherano baronale (ossia un “bravo” di manzoniana memoria).

Inoltre il giudice non doveva tener conto delle confessioni fatte nel momento del dolore, ma era necessaria una deposizione a mente quieta e tranquilla.

Nelle cause civili diverse da quelle feudali era lecita poi la sospensione e la dilazione. Erano concessi gli appelli per i giudizi non esecutivi; e nel criminale, per i delitti ordinari, purché i rei si presentassero entro cinquanta giorni.

L’appellante doveva comparire personalmente e non poteva andarsene prima che il giudizio fosse terminato sotto pena dell’annullamento dell’appello.

Si appellava dai baiuli ai camerari, dai camerari e giustizieri al gran giustiziere, e da quest’ultimo alla Magna Curia, e contro le sentenze di essa non c’era più appello.

Ciascuno doveva difendere la sua causa avanti al magistrato o da sé, o per mezzo di avvocato.

Era proibito, escluso il caso in cui si trattasse di scoprire qualche importante verità, d’interrompersi l’un l’altro, e pagava una multa chi, tre volte ammonito, non avesse smesso di interrompere. Ma la multa era diversa a seconda della condizione della persona:  un villano doveva pagare un augustale, un borghese due, un milite quattro, un barone otto, ed un conte sedici.

Federico fu anche il primo a stabilire che tutte le sentenze fossero scritte[58].

Il notaio doveva scriverle in presenza del magistrato, dei giudici e di più testimoni. Doveva porre in principio la data, il nome del sovrano, e l’anno del regno; in ultimo la sottoscrizione del magistrato, dei giudici e dei testimoni.

Il notaio o altra persona a ciò destinata dal magistrato, aveva facoltà di dare al vincitore della lite, che l’avesse chiesto, un sunto del processo[59].

Per una norma del 1232 il gran giustiziere doveva poi raccogliere tutte le decisioni dei magistrati, affinché queste servissero di norma per i casi avvenire. Le decisioni, raccolte e distribuite con ordine, costituirono i libri del diritto locale[60], a cui ricorrevano, con somma utilità, tutti coloro ch’erano chiamati a rendere  giustizia.

6. Il diritto penale

Ai tempi di Federico II il sistema penale prevedeva un’assurda applicazione di diversi supplizi ai reati maggiori, ma non vi era una gradazione e tutto dipendeva dall’arbitrio del giudice.

Inoltre c’era la possibilità di liberarsi dalla pena pagando una certa somma perché la giustizia era concepita come riparativa nei confronti del danno al privato e non alla società.

In epoca longobarda accanto al guidrigildo (ossia all’aestimatio capitis) c’era il fredum che era una tassa pagata alla corona: ma non si pensava che fosse una sorta di riparazione per la comunità turbata ma solo il salario del magistrato.

In merito rileviamo sin d’ora che Federico non voleva tanto punire i crimini, ma prevenirli[61]. Anche in questa convinzione risiede la sua importanza e la sua modernità.

Le prime disposizioni penali degne di nota nel codice di Federico II, sono quelle contro gli eretici. L’imperatore, sebbene tacciato sovente di eresia e scomunicato, combatté vigorosamente gli eretici cercando di essere campione della religione.

Gli scomunicati che non si fossero ravveduti entro un anno erano colpiti dall’infamia, diventavano inabili alle magistrature, all’avvocatura, e al notariato, incapaci di ereditare e di far testamento. Non potevano chiamare altri in giudizio o testimoniare. L’infamia e le incapacità si trasmettevano anche  ai discendenti fino alla seconda generazione.

Federico II peraltro considerava eretici non solo gli erranti in fatto di fede, ma anche tutti coloro che ardivano ribellarsi a qualsiasi autorità.

Difese però i sudditi ebrei e i musulmani perché era convinto che le persecuzioni dei cristiani nei loro confronti fossero troppo violente: c’era un’ammenda di 50 augustali per chi uccidesse un’appartenente a queste fedi religiose.

Però la legge cattolica doveva essere difesa: i bestemmiatori perdevano la lingua  senza distinguere se la bestemmia fosse rivolta contro Dio o contro la Vergine.

C’era la pena di morte per coloro che distruggessero o saccheggiassero le chiese o rubassero gli arredi nella notte.

Veniva tagliata la lingua a coloro che avessero deposto il falso in giudizio, la mano a quelli che avessero violato un sepolcro o spogliato un morto; vi era poi la pena di morte per coloro che avessero alterato le lettere e le ordinanze reali, per i distruttori di testamenti pubblici, i falsari di monete ed i corruttori di testimoni.

Il piromane doloso era condannato a morte, mentre quello colposo poteva cavarsela con una multa se avesse dimostrato che l’incendio non era doloso.

Federico II era spietato coi crimini che riguardavano la sua autorità e la sua vita; chi le metteva in pericolo veniva rivestito con delle cappe di piombo a cui si dava poi fuoco; addirittura uno scriba che aveva sbagliato nello scrivere il suo nome venne condannato a morte.

Purtroppo il principe teneva in poco conto la vita umana: fece morire in carcere il suo primogenito accusato di aver attentato alla sua vita e anche Pietro delle Vigne fece una brutta fine perché accusato ingiustamente di aver tradito la fiducia del suo signore.

Chi attentava alla sua vita perdeva la propria e tutti i beni famigliari. Ma a questa pena veniva condannato anche solo chi avesse criticato le sue deliberazioni.

Addirittura si vietava all’accusato la facoltà di conoscere i denunzianti ed i testimoni, di avere copia delle deposizioni, di difendersi a viso aperto ed in pubblico, davanti ai giudici.

 Nonostante tutto ciò proclamò in generale che la severità della pena non dovesse superare la gravità del reato.

Qualunque colpa commessa da una donna, o a danno di lei, doveva essere punita con pari rigore  rispetto a quella commessa dagli uomini.

A tutela del buon costume stabilì che le mezzane di amori illeciti fossero colpite da infamia perpetua, dovessero essere frustate, o avessero il naso mozzato, o un marchio in fronte.

Si doveva troncare il naso anche a quelle madri che facessero disonesto mercato delle figlie: però andavano esenti da questa pena quelle che, costrette dalla povertà, consegnassero le figlie al piacere di uno solo, da cui sperassero sostentamento.

In altra costituzione ordina la confisca di tutti i beni e la morte per gli adulteri e impone che la donna infedele non si restituisca al marito:  egli poteva ucciderla solo al momento del fatto, ma comunque il rientro in casa poteva essere pericoloso.

Il marito che avesse colto sul fatto la moglie adultera poteva però essere misericordioso e mozzarle solo il naso; se anche questa pena non fosse stata inflitta allora la donna avrebbe dovuto essere pubblicamente frustata perché costituisse esempio per le altre.

Qualora il marito dovesse vendicarsi però doveva uccidere sia la moglie che l’amante; se avesse risparmiato l’amante o lo avesse agevolato nella fuga avrebbe potuto essere perseguitato dai parenti dell’uccisa, e condannato a morte; gli Svevi non tolleravano le vendette incomplete.

Federico infliggeva una multa di quattro augustali a coloro che non fossero accorsi alle grida di una donna violentata e che, potendo, non le avessero recato pronto soccorso.

Puniva con la morte la violenza ed il rapimento, ma quando ci fosse stato qualche dubbio, e l’accusa non apparisse sufficientemente provata, allora riservava a sé, od alla sua Corte, l’inquisire e il giudicare.

Anche la libertà morale della donna, di qualsiasi condizione essa fosse, era  protetta sotto Federico, tanto che anche la violenza ad una prostituta veniva punita con la morte.

Ma ove invece la donna avesse recato false lagnanze di violenza, allora doveva essere impiccata, come sarebbe stato, se colpevole, l’individuo da lei denunciato.

In generale si può dire che il delatore o l’accusatore scientemente calunnioso, veniva sottoposto alla pena stessa a cui sarebbe stato soggetto l’imputato, ove fosse stato trovato colpevole.

Importante è sottolineare che Federico II obbligò i cittadini al giuramento di non farsi ragione con le armi, ma di porgere le proprie denunzie ai tribunali; e minacciò tutto il suo sdegno per chi osasse contravvenire a simili ordini; allo stesso scopo vietò l’uso delle rappresaglie.

Chi avesse percosso altri spargendo sangue era condannato al taglio della mano e a morte chi percotendo avesse ucciso. Vi era però l’impunità per chi fosse stato costretto ad uccidere altri per salvare sé stesso.

La semplice percossa era invece punita con la multa.

L’omicidio effettuato invece dal fanciullo (impubere) e dal pazzo non andava punito, se questi avessero ucciso senza malignità d’animo o in preda ad una crisi psicotica.

Il padre però poteva sottrarre i figli minori puberi alle pene corporali se avesse pagato una multa.

L’avvelenamento era punito col taglio della mano. La vendita dei veleni era peraltro proibita.  Federico vietò peraltro a tutti i cittadini il tener veleni non necessari a qualche medicamento, e ordinò parimente di gettare in mare le erbe velenose, perché queste potevano essere nocive agli animali ed agli uomini.

Il furto semplice era punito con pena pecuniaria; ma questa doveva essere molto più mite per il furto di quantità minore dei venti augustali.

Federico II è il primo a distinguere tra furto magno e furto parvo.

La refurtiva doveva sempre essere restituita, e non potendo, doveva darsene il giusto equivalente; nel caso di furto di cosa immobile si doveva aggiungere in pena il doppio del valore, e per la cosa mobile il quadruplo.

La multa per il furto commesso in tempo di notte veniva aumentata fino al quadruplo, mentre si limitava al doppio nel furto diurno.

A chi non pagava la multa veniva tagliato il piede o la mano.

La pena per il furto era la morte se il reo lo avesse commesso per la terza volta.

Venivano punite più gravemente le sottrazioni operate durante un incendio od una pubblica calamità.

Chi trovava dei beni e non li avesse consegnati ai giustizieri provinciali era considerato un ladro.   

Bibliografia:

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice

Costitutionum Regni Siciliarum Libri II Ad Frederici II. Imperatoris ET Regis Constitutionem, Neapoli MDCCLXXIII, Semptibus Antoii Cervonii

A. DEL VECCHIO, La legislazione di Federico II imperatore, Fratelli Bocca, 1874

R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862.

J. L. A. HUILLARD-BREHOLLES, Historia Diplomatica Friderici Secundi, vol. IV.

L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896.

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[1] Federico Ruggero di Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250), è stato re di Sicilia (come Federico I, dal 1198 al 1250), duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), Re dei Romani (dal 1212) e poi Imperatore del Sacro Romano Impero (come Federico II, eletto nel 1211, incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a Roma dal papa nel 1220) e re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229). Fonte Wikipedia.

[2] Federico splende non solo come legislatore, ma anche come  restauratore del sapere; e considerato uno dei più antichi cultori e protettori della poesia e delle lettere italiane. Desiderava che ai suoi sudditi fosse offerta almeno l’istruzione elementare (ars grammatica), perché la cultura li avrebbe resi più valenti nel dirigere la cosa pubblica, e nel difendere la famiglia e la patria.

L’imperatore stesso conosceva il latino, il volgare, il tedesco, il francese, il greco e l’arabo.

[3] «Oportet igitur Cesarem fore justitie patrem et filium, dominum et ministrum; patrem et dominum in edendo justitiam, et editam conservando; sic et in venerando justitia sit filius, et in ipsius copiam ministrando minister». Constit. I, 31: De observatione justitie.

[4] Le preesistenti magistrature che non si sottomettevano al sovrano furono abolite perché la giustizia non poteva che essere amministrata in suo nome. 

[5] Questi libri andarono perduti nella furia popolare del 1161 e veniva solo descritto il sistema dei servigi dovuti alla Corte dai  feudi o dalle terre che erano soggette a certe prestazioni.

[6] Pertanto egli chiamò intorno a sè i più chiari giureconsulti di quei giorni, fra i quali basti ricordare quei tre sommi, che furono Taddeo da Sessa, Roffredo Epifanio da Benevento, e Pietro della Vigna (l’ son colui, che tenni ambo le chiavi/ Del cuor di Federigo, e che le volsi/ Serrando e disserrando si soavi,/Che dal segreto suo quasi ogni uom tolsi. Dante, Inferno, XIII.)

[7] In queste corti si pubblicavano le costituzioni che riguardavano il governo dello stato, e che fissavano il diritto pubblico, regolando tutte le questioni di giurisdizione e di proprietà. Qui ancora si statuivano le alleanze, le riforme interne, le spedizioni militari. Queste assemblee, chiamate dagli autori Curiae generales, e più frequentemente negli atti Curiae solemnes, erano da lungo tempo in uso nella Sicilia come nella Germania. E sappiamo che Ruggiero ne aveva tenuta una in Ariano nel 1140, e Tancredi in Termoli nel 1191. Composte di signori, ecclesiastici e laici, non si devono confondere coi parlamenti (Colloquia) in cui vennnero più tardi convocati i deputati della borghesia.

[8] Actum in solemni concistori Melphiensi, anno dominice incarnationis MCCXXXI, mense augusti.

[9] Come in precedenza si fece per le leggi longobarde.

[10] Federico non incluse nella sua raccolta nessuna delle leggi promulgate da Tancredi e da Guglielmo III, perché li reputava principi illegittimi.

[11] Approvate in un Parlamento di Capua.

[12] Composte nel 1232 e 1233.

[13] L’autografo del codice federiciano si è sventuratamente perduto nelle molte distruzioni di monumenti, avvenute sotto gli Angioini, o ne’ disordini del Vespro.

[14] Dal 1130 al 1154. Costanza sua figlia era la madre di Federico II.

[15] Per regalie di diritto regio si intendevano le gabelle, i dazii , i plateatici, i pesi ed i portatici; le pene relative ai pesi ed alle misure, la pesca nei mari e nei fiumi, i salti delle acque, i mulini, le miniere, le saline e simili altri diritti.

[16] Le investiture andavano comunque tutte confermate dal re.

[17] Regalie: «bannum, placitum, districtum, talonium, pedagium, ripaticum, mercata, aque, aquarum decursus, piscationes, renationes, paludes, argentifodine, terrifodie, et quicquid metalli vet thesauri in terra sua inveniri potest, alpes quoque et montes et valles ot omnia ea que ad nos et imperium spectant ». Húillard Bréholle, Historia, vol. II, pag. 183.

[18] Cosa che fecero per primi gli Svevi.

[19] La moneta corrente nel Regno era il soldo diviso in quattro tari d’oro che prendevano il nome dai luoghi ove si coniavano (Amalfitani, Salernitani, Siculi). Il conio era tuttavia spesso truffaldino e quindi si fissarono come monete immaginarie di conto la libbra, e specialmente l’oncia. Quest’ultima era considerata una effettiva moneta di oro, e la sua trentesima parte, che si diceva tari, veniva ad un tempo adoperata per designare la moneta ed il peso. Quindi dal tempo dei Normanni  cessò in parte l’uso di contrattare in soldi; l’unità monetaria fu l’oncia divisa in trenta tari; e i conti si fecero ad once ed a tarì, come appare dalle leggi e dai contratti di quei tempi. Federico mantenne lo stesso uso dei Normanni, ma aggiunse anche monete in rame e i cosiddetti Augustali.

[20] « Hoc nostre majestatis edicto in perpetuum valituro firmiter inhibemus prelatis ecclesiarum , comitibus , baronibus et militibus et locorum universitatibus, ne justitiarii officium in terris suis gerere audeant vel gerendum alicui demandare , sed magistro justitiario et justitiariis ab excellentia nostra statutis intendant ». Constit. I, 49

[21] Ea que ad speciale decus et merum imperium celsitudinis nosire spectare noscuntur, per presumptiones illicitas volumus o, nemine usurpari… Contra presentem prohibitionem nostri culminis satagentes, tam statuentes justitiarios quam statutos, terre sue publicatione mulctamus. Constit. I, 49

[22] « Nulli subjectorum nostrorum clerico vel laico liceat domibus Templi rel Hospitalis, seu cuilibet alicui loco religioso de quo nostre curie certum servitium minime debeatur, possessiones hereditarias vel patrimoniales vendere vel donare inter vivos aliquo donationis modo. Ceterum si in ultima voluntate aliquem de predictis locis heredem instituerit, tunc domus que institutionem vel legatum acceperit, teneatur infra annum alicui de proximis defuncti vel de burgensibus nostris relicta stabilia vendere; at si ultra annum facere predicta distulerit, possessiones ipsas post anni lapsum fisci nostri juribus volumus applicari » Constit. (Nova), III, 29: De rebus stabilibus non alicnandis ecclesiis. Già fino dal tempo della prima scomunica Federico aveva scritto: Quia semper fuit nostre intentio voluntatis, clericos cujusque ordinis ad hoc inducere, et maxime maximos, ut tales perseverarent in fine, quales fuerunt in ecclesia primitiva; apostolicam vitam ducentes , humilitatem dominicam intuentes.

[23] Questa norma fu abolita solo dopo la morte di Federico. 

[24] Venivano eletti dal Comune ed erano detti sindaci.

[25] Soprattutto mercanti genovesi e veneziani che venivano  a portare industria e commercio nel Regno. Quantunque di città nemiche dovevano considerarsi neutrali.

[26] Già con Ruggero II si consolidò il principio rivoluzionario per cui chiunque avesse capacità intellettive poteva ambire alle cariche pubbliche.

[27] « Hac igitur lege nostra sancimus patre mortuo tam filios quam filias, puberes majores minoresve, ad parentum successione, absque sexus discretione, vocari ». Constit. III, 26,

[28] Il diritto fu però negato alle chiese ed ai monasteri.

[29] Terzo in ordine e in dignità, quantunque in alcuni tempi primo in potere, era vestito di porpora, sedeva nelle pubbliche cerimonie a destra del Re, dopo il Gran Contestabile. A lui era affidato il comando del mare, così in pace come in guerra. Si occupava della costruzione e della riparazione delle navi e dei vascelli dello stato e del principe; era a lui affidata la custodia dei porti e delle coste del regno, in tutta l’estensione del litorale, e possedeva una amplissima giurisdizione civile e criminale sopra tutti gli ufficiali e tutti i cittadini dediti alle cose marittime.

Erano per tanto subordinati a lui tutti gli altri ammiragli inferiori stabiliti nelle provincie, i capitani dei porti, i protontini, i calefati, i comiti e i carpentieri.

[30] Federico II, oltre a parecchi parchi reali, e ad altri terreni riservati per la caccia, possedeva vaste foreste , pascoli, vigne, terre in coltura, mandrie, numerosi armenti affidati a servi, o dati in affitto. Intendenti, chiamati Secreti, avevano l’alta sorveglianza di questi beni, e corrispondevano direttamente con l’imperatore, cui rendevano conto della loro amministrazione.

[31] Feudi che non erano baronali e che potevano non avere beni o renditi non demaniali.

[32] La campagna che si estende intorno alla città.

[33] Presidi militari a difesa delle campagne

[34] Il processo romano-canonico era dotato di tre tipi di procedure:

1) quella per accusa (o accusatoria”);

2) quella per denuncia;

3) quella per inquisizione (o “inquisitoriale”)

[35] Per tutto il Medioevo l’appellativo di giudice riguardò il dottore in legge.

[36] Per ricordare le sue nozze con Isabella di Brienne (1225), Federico II fece battere nelle zecche di Messina e di Brindisi gli augustali o agostali, e i miezzi augustali, cosi chiamati dall’aquila imperiale. Gli augustali di oro avevano venti carati e mezzo; ciascuna libbra di peso conteneva dieci  once e sette tari e mezzo d’oro.

[37] La colletta prima di lui doveva essere fatta solo in particolari occasioni ben codificate: quando ci fosse pericolo per la sicurezza dello stato; quando si dovesse pagare il riscatto del sovrano prigioniero; quando il figlio o il fratello di lui fosse armato cavaliere, od egli stesso ricevesse la corona reale nella cerimonia della consacrazione; quando maritasse la figlia o la sorella.

[38] Titulus LXIV De quaestionibus inter fiscum & privatum moven.

[39] Le tasse erano di due tipi: dirette e indirette; le prime sulla proprietà e le seconde sugli oggetti di consumo e di manifattura. Le più pesanti riguardavano i beni di consumo e di manifattura; si distinguevano in diritti vecchi e nuovi e ve ne erano circa una trentina.

[40] Titulus LXV (Cognoscit Baiulus de omnibus civilibus causis, praeterquam de feudalibus ; cognoscit etiam de furtis et criminibus levibus, quae non imponunt membri abscissionem. Hoc dicit)

[41] Titulus LXVII De officio Bajolorum.

[42] Non poteva però essere né chierico né di bassa condizione.

[43] Gli assessori si sceglievano in tutte le provincie del regno fra i cittadini più chiari per senno, integrità di costumi, e grado sociale.

[44] L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896, p. 45.

[45] C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 56-57.

[46] «Homines extra regnum postquam regnum intraverint, arma prohibita nullatenus deferre permittimus. Que si scienter detulerint, pene, quam contra delatores armorum, qui in regno morantur, edidi es, subjacebunt. Et ut ignorantiam simulare non possint, statim per officiales nostros, cum regnum intranerint, ipsis volumus hec esponi». Constit. I, 11: De intrantibus regnum.

[47] Introdotti con la prammatica De officio Bajuli. V. amplius R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862, p. 138.

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 12-13

[48] L’origine prima di questo istituto si trova già nel codice giustinianeo, il quale ordinava che cosi facessero tutti gli ufficiali cui fosse affidata l’amministrazione superiore delle provincie.

[49] Per dare un cenno degli atti di quella età, si pensi che nei tempi normanni e svevi si scriveva in greco, e taluni anche in arabo, quando  si trattasse musulmani;  alcuni atti erano anche in tre lingue, perché vi si univa il latino.

[50] Constit. I, 31: De observatione justitie

[51] Titulus LXXVII.

[52] Constit II, 57, De transactionibus

Postquam (alias priusquam) citata partes coram Justitiario compareant, liceat ipsis legitimas conventiones, & transactiones inire, praeterquam in enormibus injuriis, ex quibus illas tantum reputari censemus enormes, quae per jura communia designantur (quae habentur) atroces

[53] Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere. “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus

tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possimus”.

[54] Una legislazione analoga si trova con Rotari con riferimento all’uccisione di un membro del clero.  Colui che riceveva

mandato dal re di uccidere un vescovo cattolico poteva farlo impunemente, e pure risparmiare i soldi del guidrigildo che ammontava a venti soldi.

[55] A Milano si tagliava invece la lingua.

[56] Questa si custodiva in una chiesa, la quale aveva tal privilegio, e che riscuoteva una tassa per siffatta cerimonia.

[57] a Roma invece poteva usarsi solo per gli schiavi

[58] Constit. I, 75: De sententiis in scriptis.

[59] Constit. I, 75, «Iustitiarius curie scribet omnes sententias, coram nobis in majoribus causis inventas… ut in posterum in casibus similibus ambiguitas rescindatur».

[60] In molti luoghi queste decisioni si chiamarono costume (coutumes), consuetudini, o bandi, trasportandosi cosi al libro il nome del contenuto.

[61] Intentionis nostre salubre propositum non tam circa punienda maleficia commissa versatur, quam ut in committendis eisdem via et materia precludatur. Constit. I, 10: De illicita portatione armorum.

La rivoluzione dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie in Spagna

In evidenza

In Spagna i mezzi alternativi di cui parleremo nella presente nota si chiamano MASC[1] e ricomprendono anche l’arbitrato. In Italia li denominiamo ADR sulla falsa riga anglofona, In Francia si fa invece riferimento ai MARC[2].

Così come nel nostro paese in Spagna esiste una legge sulla mediazione civile e commerciale[3] che però secondo il legislatore spagnolo del 2020 non ha espresso tutte le sue potenzialità.

Il Consiglio dei ministri spagnolo ha licenziato da ultimo un disegno di legge di più ampio respiro[4], fermo restando che la legge sulla mediazione generale[5] continuerà a dare i suoi frutti autonomamente.

Una riforma come quella descritta più avanti può trovare spazio in una nazione solo a condizione che non vi sia una mediazione amministrata come accade al contrario nel nostro paese; è già stata varata in Francia da diverso tempo anche se quella francese non è poi così incisiva come quella spagnola.

In altre parole è necessario che il mediatore non sia obbligato ad iscriversi ad un organismo per svolgere la professione. Anche se, dobbiamo anticiparlo, il legislatore spagnolo incentiva oggi l’iscrizione assumendo che un mediatore iscritto di sicuro ha la capacità tecnica per svolgere la missione del conciliatore (la conciliazione è uno dei mezzi considerati adeguati).

Da noi non è probabile che una riforma di questa portata arrivi mai perché ci sono troppe resistenze corporativistiche su diritti che ormai da dieci anni gli Organismi di mediazione considerano acquisiti.

Il disegno di legge spagnolo si applicherà, se si tramuterà in legge, anche alle controversie transfrontaliere. Non si applicherà invece alla materia del lavoro, penale, fallimentare ed amministrativa.

Il titolo I si intitola  “Mezzi adeguati per la risoluzione delle controversie” e già questa definizione segna un importante cambio di passo. Si è appresa pienamente la lezione statunitense secondo cui i mezzi non sono alternativi al processo ma adeguati alla situazione fattuale.

Per mezzi adeguati di risoluzione delle controversie si intendono in Spagna qualsiasi tipo di attività con cui le parti di un conflitto si accostano in buona fede per trovare una soluzione extragiudiziale, da sole o con l’intervento di un terzo neutrale.

La buona fede, ricordiamolo, è richiesta anche dalla nostra negoziazione assistita[6]ed è pure un caposaldo della negoziazione francese sin dal 1563.

Lo rimarco, perché diversi nostri commentatori tralasciano spesso di rilevare che l’attività negoziale debba essere conforme al principio di buona fede; laddove non sia stato posto in essere questo requisito dunque non si può dire che si sia messa in campo una negoziazione assistita.

Questi mezzi adeguati sono considerati dal disegno di legge spagnolo come una condizione di procedibilità ai fini dell’azione civile. L’oggetto deve essere lo stesso nella domanda dello strumento adeguato e nella domanda giudiziale, ma possono variare le pretese.

Questa è una norma molto opportuna perché da noi in Italia ci vuole identità di oggetto e di pretese. In Spagna si sono probabilmente resi conto che questo potrebbe essere un limite, si corre il rischio, in altre parole, di  processualizzare eccessivamente l’attività di mediazione che per definizione è invece senza schemi predefiniti.

Si considererà assolta la condizione di procedibilità quando si sarà ricorsi in alternativa ai seguenti strumenti:

  1. Mediazione: è quella della Ley 5/12 (la nostra mediazione che però da loro è oggi volontaria) che diverrà condizione di procedibilità.
  2. Conciliazione: viene effettuata da qualsiasi soggetto che conosca il diritto e abbia competenze tecniche, sia neutrale ed imparziale (avvocato, ufficiale di stato civile, assistente sociale, mediatore iscritto in un organismo, società di professionisti ecc.). Il conciliatore richiede alle parti proposte di soluzione, formula  eventuali soluzioni, in caso di accordo totale o parziale richiede agli avvocati delle parti di redigere i documenti legalmente corrispondenti, firma l’accordo in qualità di conciliatore insieme alle parti e ai loro legali, in caso di disaccordo, rilascia una certificazione comprovante che si è tenuta la conciliazione; se la parte chiamata ha rifiutato di partecipare alla procedura di conciliazione, lo indica nel certificato che può richiedersi dall’altra parte.
  3. Offerta vincolante riservata: ogni parte può fare una offerta riservata all’altra parte che ha un mese di tempo per accettarla; fatta l’offerta si rimane vincolati al suo contenuto e trascorsi i trenta giorni si può agire in giudizio; se chi ha fatto l’offerta viene condannata alle spese e la decisione è conforme alla offerta fatta e non accettata, si può però chiedere l’esonero dalle spese processuali o una diminuzione.
  4. Opinione neutrale di un esperto indipendente: Il parere può riguardare questioni legali o qualsiasi altro aspetto tecnico connesso con la formazione professionale dell’esperto; il parere che può intervenire nel processo rimane riservato e se accolto viene approvato dal tribunale ovvero elevato in atto pubblico dal notaio; se non viene accolto da una parte l’esperto indipendente lo farà rilevare documentalmente. Quest’ultima è una importante differenza rispetto allo stesso istituto presente nella legislazione americana e anglofona ove la cosiddetta valutazione neutrale non è foriera di conseguenze pregiudizievoli nel caso in cui il parere venga ignorato.
  5. altra tipologia di attività negoziale (anche negoziazione diretta) non legalmente tipizzata che consenta la ricezione da parte del soggetto chiamato di una proposta di negoziazione e che individui la data, il contenuto e l’identità del proponente.

La condizione di procedibilità si considererà assolta quando l’attività negoziale possa essere svolta direttamente dai legali delle parti assistite, nel caso in cui il loro intervento sia obbligatorio.

Per effettuare queste attività però i diritti delle parti devono essere disponibili. In caso divorzio, separazione ed annullamento (art. 102-103 Código civil) gli effetti potranno essere regolati dall’attività negoziale sopra citata (ma non deve esserci stata violenza nei confronti della donna). Non c’è invece da assolvere alcuna condizione di procedibilità nel caso di tutela ed adozione.

La decisione di utilizzare questi mezzi adeguati può pervenire da una parte, da entrambe o dal giudice su richiesta delle parti.

Le parti nello svolgimento dei mezzi adeguati devono essere assistite obbligatoriamente da un avvocato quando lo strumento costituisce condizione di procedibilità o vi è un collegamento con l’attività giudiziale:

  1. quando viene fatta una offerta riservata vincolante,
  2. quando si partecipa ad una mediazione o conciliazione ed il mediatore o il conciliatore non è un giurista.

L’assistenza dell’avvocato non sarà obbligatoria se l’importo della vertenza sarà inferiore a 2.000 € o qualora la legge lo eccettui espressamente.

Quando la richiesta di utilizzare un mezzo adeguato arriverà alla controparte si sospenderà il termine della prescrizione e della decadenza che riprenderà a decorrere dalla firma dell’accordo o dal mancato accordo.

Se viene avviato un procedimento giudiziario avente lo stesso scopo della precedente attività di negoziazione tentata senza accordo, i tribunali dovranno prendere in considerazione l’atteggiamento delle parti rispetto alla composizione amichevole e all’eventuale abuso del servizio di giustizia pubblica nella pronuncia sulle spese e anche per l’irrogazione di ammende o sanzioni previste.

I mezzi adeguati potranno essere anche avviati in videoconferenza (rispettando alcuni standard) e sotto i 600 euro questa sembra la soluzione più adeguata.

L’attività connessa ad un mezzo adeguato è riservata, salvo che non debba essere data la prova della partecipazione. Della partecipazione come condizione di procedibilità può darsi prova con qualsiasi documento (per la mediazione e la conciliazione ovviamente vi sarà un verbale che attesti anche la eventuale mancata partecipazione).

Una regola curiosa riguarda il fatto che se una parte propone i servigi di un terzo imparziale e l’altra  non li accetta, i costi del terzo sino all’accettazione sono sostenuti dal proponente.

Per avere valore di titolo esecutivo, l’accordo deve essere elevato ad atto pubblico da notaio o approvato giudizialmente dal tribunale. Unica azione concessa contro l’accordo è quella di nullità che potrà essere promossa solo per le cause che invalidano i contratti.

Vedremo dunque se nei prossimi giorni il disegno di legge in commento inizierà o meno l’iter parlamentare delle Cortes generales.


[1] Métodos Alternos de Solución de Conflictos

[2] Modes Alternatif de réglement des conflits

[3] Ley 5/2012, de 6 de julio.

[4] ANTEPROYECTO DE LEY DE MEDIDAS DE EFICIENCIA PROCESAL DEL SERVICIO PÚBLICO DE JUSTICIA

https://www.icab.es/export/sites/icab/.galleries/documents-contingut-generic/APL-eficiencia-procesal-Consejo-Ministros-15-12-2020.pdf?fbclid=IwAR3b80yySbO-alpA0SyJIIf8vbn6e7h-qXQyzSIxTRintb0rt0LrSFw6OVk

[5] O quella delle Comunità autonome per la loro competenza.

[6] 1. La  convenzione  di  negoziazione  assistita  da  uno  o  più avvocati è un accordo mediante il quale  le  parti  convengono  di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di  avvocati  iscritti  all’albo anche ai sensi dell’articolo 6 del  decreto  legislativo  2  febbraio 2001, n. 96. (art. 2 c. 1 d.l. 132/14).

Intervista con Carlo Mosca

Un regalo dell’amico e collega Carlo Mosca che mi inorgoglisce molto.

Essere intervistato dal padre italiano della mediazione trasformativa è stato per me un grande onore, nonché un piacere raro.

Qui potete trovare le interviste ai più noti mediatori ed esperti italiani e non del settore.

In un momento delicato per la mediazione ci voleva proprio qualcuno che mettesse in piedi una iniziativa per fare sentire forte e chiara la voce di coloro che la professano con tenacia.

La mia personale intervista si può trovare su you tube

Webinar gratuito sulla mediazione in Europa

Vi aspetto…

https://global.gotomeeting.com/join/606009957

StatiData di recepimento Direttiva 2008/52/CEData prima legge sulla mediazionePer attuazione DirettivaPer normazione
Slovenia21/06/200821/06/2008112
Lituania31/07/200831/07/2008213
Romania03/12/200922/05/2006310
Estonia01/01/201001/01/2010414
Italia20/03/201020/03/2010516
Slovacchia30/06/201001/09/200465
Portogallo18/07/201018/07/2010717
Grecia16/12/201016/12/2010818
Lettonia01/01/201114/12/2006911
Ungheria01/01/201117/12/2002102
Croazia28/01/201101/10/2003114
Bulgaria01/04/201117/12/2004126
Scozia06/04/201106/04/20111320
Irlanda del Nord18/04/201125/03/20111419
Austria28/04/201106/06/2003153
Regno Unito04/05/201104-05/20111621
Irlanda18/05/201118/05/20111722
Finlandia21/05/201109/12/2005189
Polonia26/05/201126/05/20111923
Svezia01/08/201101/08/20112024
Malta18-29/09/201021/12/2004217
Francia17/06/2008 17/11/201118-24/08/1790221
Lussemburgo05/03/201205/03/20122325
Spagna05/03/201205/03/20122426
Germania21/07/201221/07/20122527
Repubblica Ceca01/09/201201/09/20122628
Cipro16/11/201216/11/20122729
Paesi Bassi29/11/201229/11/20122830
Belgio22/03/20058
Danimarca01/01/201015

Le mediazioni in Europa

Le mediazioni in Europa

Sono un po’ sconfortato.
Ci sono alcuni stati della UE che hanno dichiarato al pubblico e alla Commissione meno mediazioni di quelle che ho tenuto io.
Questa considerazione mi fa pensare che a livello politico i 28 non potranno mai trovare un accordo.
I cittadini non hanno voglia di mediare e dunque perché dovrebbero desiderarlo i loro rappresentanti?
Nello specifico premesso che il numero delle mediazioni civili e commerciali gestite nei Paesi UE è di difficile se non impossibile ricostruzione, gli unici stati che pubblicano dati aggiornati attendibili sono Italia, Slovacchia, Finlandia, Lettonia, Bulgaria, Polonia e Portogallo.
Per numero delle mediazioni primeggiano Italia, Slovacchia (anche se il dato è del 2016) e Finlandia.
In fondo alla classifica troviamo Grecia, Bulgaria, Romania e Lettonia, ma i dati sono aggiornati solo in relazione alla Lettonia.
Eppure la mediazione transfrontaliera dal 2008 è stata introdotta anche per deflazionare il contenzioso. I paesi per cui la misura ha funzionato effettivamente sono stati soltanto il Lussemburgo, la Slovacchia, la Finlandia e i Paesi Bassi; anche se fatta eccezione per Italia e Slovacchia, le cause pendenti negli altri paesi sono state praticamente irrisorie.
I paesi dove la deflazione è stata minore se non nulla sono la Romania, la Grecia, la Spagna, il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Croazia e la Lettonia: in questi paesi peraltro il carico dei procedimenti pendenti ha una certa imponenza.
Il Regno Unito è invalutabile perché non si conoscono i procedimenti pendenti, ma solo i procedimenti dell’anno in corso.
Nella maggior parte dei casi i dati non sono omogenei quanto ai tempi (il numero di cause riguarda per lo più il 2017 mentre il rilevamento delle mediazioni riguarda altre annate), ma comunque sembra chiara perlomeno la tendenza.
Dobbiamo cambiare passo e velocemente.
Del resto anche la mediazione del consumo non va meglio.
Gli attuali 126.950 procedimenti sono un terzo di quelli che riguardano la mediazione civile e commerciale.
Forse è il caso di mettere mano al portafoglio e fare degli investimenti: la politica della mediazione a costo zero non ha dato alcun esito.

La mediazione civile e commerciale ed il condominio

Relazione tenuta dall’avv. Carlo Alberto Calcagno al corso di aggiornamento per amministratori condominiali A.L.A.C. in Genova il 30 maggio 2019 nella sala Quadrivium

 

1) Origini della mediazione

 

La mediazione non è che un colloquio con particolari caratteristiche che interviene tra un mediatore, le parti di una controversia e – perlomeno nel nostro ordinamento – con i loro avvocati.

I suoi princìpi che ancora oggi si studiano e si praticano, nascono nel XV secolo sulle montagne del Kosovo, e per la precisione nel 1444 durante la resistenza ottomana[1].

Ne abbiamo notizia grazie a Christian Wolff, un filosofo tedesco vissuto nel XVIII secolo, che li traduce in latino dal Kanun[2], un codice di comportamento che sino agli anni ’30 del XX secolo era tramandato in quelle terre oralmente e costituiva la legge di riferimento per gli Albanesi e Kosovari (ancora oggi per certi versi).

Negli Stati Uniti poi ritroviamo il contenuto di questi princìpi a partire dalla metà degli anni ’70.

Essi vengono codificati[3] a partire dagli anni 80’ dall’UNCITRAL, l’organo delle Nazioni Unite che si occupa di commercio internazionale: si parla però in questo caso di conciliazione civile e commerciale internazionale ossia delle buone prassi che sono state evidenziate nei singoli paesi e sussunte in materia conciliativa.

Nel 1998 la mediazione arriva anche nel codice federale degli Stati Uniti[4].

Nello stesso periodo l’istituto diventa oggetto di vari documenti (raccomandazioni[5] e Libro Verde) anche nella Comunità Europea.

Nel 2008 l’Unione Europea vara una direttiva (la 52/08[6]) in merito alla mediazione transfrontaliera che è stata trasfusa nell’arco di 4 anni (Germania e Spagna sono stati i fanalini di coda) nella legislazione interna di tutti i 18 stati partecipanti.

In Italia l’attuazione della direttiva 52/08 avviene a partire dal 2010, con il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (ed i successivi regolamenti attuativi) che riguarda in particolare la mediazione civile e commerciale.

Quanto al condominio la norma principale che viene in campo è invece l’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice civile, quale risulta dall’ultima riforma del condominio del 2013.

Nel nostro paese si scelse come in altri (vedi ad es. la Spagna[7] e la Germania[8]) di applicare la direttiva anche alle controversie interne.

Prima del 2010 in Italia (e nella maggior parte dei paesi occidentali) lo strumento negoziale che veniva utilizzato sin dal tempo dei Romani, era la conciliazione.

Dal XIX secolo fino agli anni ’90 del XX secolo la conciliazione veniva svolta da un giudice (prima togato e poi onorario) che si chiamava appunto conciliatore e che conciliava prima di decidere le controversie; da diversi anni a questa parte (per precisione dal 1991) il potere di conciliazione appartiene anche al giudice di pace che ha preso il posto del conciliatore.

Nel 1993 viene varata una legge di riforma delle Camere di Commercio e nasce la figura del conciliatore che non è un giudice, ma un professionista della pace che si forma attraverso un apposito corso; la conciliazione è amministrata da appositi organismi creati in seno alle Camere di commercio.

Dopo il ’93 abbiamo varie leggi che incentivano l’applicazione della conciliazione; le norme vengono quasi tutte abrogate dal decreto legislativo 28/10 che regola le fattispecie (non viene abrogato ad es. il tentativo di conciliazione agraria; da ultimo è interessante la conciliazione prevista dal codice del turismo).

Nel 2003 la conciliazione entra nel cosiddetto processo societario e viene anch’essa cancellata nel 2010: si forma un altro professionista, appunto il conciliatore societario.

In quest’ultimo anno alcune regole della conciliazione camerale vengono appunto trasfuse nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28[9], dico alcune perché, ad esempio, la conciliazione non si teneva se il chiamato non partecipava; al contrario dal 2010 la mediazione si celebra lo stesso.

Prima del 2010 quando si parlava di mediazione ci si riferiva in Italia alla mediazione familiare, penale, sociale ecc., ma non a quella civile e commerciale.

 

2) I contenuti in breve del decreto legislativo sulla mediazione e  delle norme civilistiche che riguardano la mediazione ed il condominio.

 

Nel mondo statunitense l’istituto della conciliazione è distinto da quello della mediazione, perché nell’ambito della conciliazione il conciliatore può avanzare proposte per la definizione della lite, anche se esse non sono mai vincolanti per le parti, né comportano l’irrogazione di particolari sanzioni per il caso di mancato accoglimento.

La mediazione invece si caratterizza[10] generalmente per il fatto che il mediatore statunitense non fa alcuna proposta, ma sono le parti che devono trovare un’intesa con il suo aiuto: il mediatore si limita a facilitare con le sue domande il reperimento di eventuali accordi.

Anche nella nostra tradizione degli ultimi duemila anni la conciliazione presupponeva un suggerimento del giudice  per la definizione della controversia (aveva in altre parole carattere valutativo): suggerimento che poteva essere accolto o meno dalle parti. Ma per lo più veniva accolto perché in Italia lo stesso soggetto conciliava ed emetteva sentenza[11].

Con il decreto legislativo 28/10 si costruisce invece un meccanismo negoziale spurio che ricomprende sia la facilitazione delle intese delle parti, sia la proposta del mediatore, sia le sanzioni per la mancata partecipazione e per la mancata accettazione della proposta.

Proposta che in altre parole quando viene richiesta da entrambe le parti o viene avanzata dal mediatore sua sponte, può comportare delle sanzioni processuali (art. 13) in caso di mancato accoglimento[12].

Anche l’art. 71 quater disp. att. c.c. si occupa della proposta del mediatore e stabilisce che la stessa “deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice[13]. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata”.

Nell’attuale testo normativo del decreto 28/10 con il vocabolo “mediazione” si intende il procedimento condotto dal mediatore, con il termine “conciliazione” si fa invece riferimento al raggiungimento dell’accordo.

Il procedimento di mediazione preventiva riguarda solo le controversie inerenti i diritti disponibili. La mediazione ex officio, ovvero quella disposta dal giudice, può riguardare anche diritti indisponibili.

Per quanto riguarda il condominio l’art. 71 quater disp. att. c.c. prevede che “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”.

Si fa riferimento in particolare al capo relativo a “Del condominio negli edifici” (art. 1117-1139 c.c.) e alle predette disposizioni di attuazione del codice (che riguardano materie come lo scioglimento del condominio, la riscossione dei contributi, la nomina di curatore speciale, la convocazione di assemblea, l’intervento in assemblea, i millesimi di proprietà, le infrazioni al regolamento di condominio ecc.); si tenga  conto però che l’art. 64 delle disposizioni di attuazione concernente la revoca dell’amministratore è esente da mediazione, come vedremo, per costante giurisprudenza di merito e di legittimità.

Il procedimento di mediazione può essere volontario od obbligatorio.

Va inoltre tenuto presente che dal 2015 esiste nel nostro paese anche un altro istituto, la negoziazione assistita da un avvocato che a sua volta può essere volontaria od obbligatoria.

L’obbligo nei due istituti è da intendersi nel senso che per tutta una serie di fattispecie, la mediazione e la negoziazione assistita sono condizioni di procedibilità del successivo giudizio e dunque vanno esperite se si vuole andare in causa.

L’improcedibilità in mediazione deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

La mediazione è obbligatoria ed è quindi condizione di procedibilità nei seguenti casi: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Per i contratti assicurativi, bancari e finanziari sono previsti anche dei procedimenti alternativi alla mediazione.

Esiste poi ed è sempre più frequente, a processo in corso, la mediazione ordinata dal giudice (dal 2013, detta ex officio) che può esperire il suo potere sia nelle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità, sia per altre materie; e questo sia nel procedimento di primo grado che in appello.

Al giudice è consentito, come già accennato, invitare le parti ad avviare il procedimento di mediazione civile anche quando il procedimento ha ad oggetto diritti indisponibili (Tribunale di Milano ordinanza 15 luglio 2015).

Vi sono poi dei casi in cui la mediazione va esperita ad un certo punto del processo:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, dopo il mutamento del rito di cui all’articolo 667[14] del codice di procedura civile.

c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma[15], del codice di procedura civile.

Vi sono ancora casi in cui la mediazione non è mai necessaria:

a) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis[16] del codice di procedura civile;

b) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata[17];

c) nei procedimenti in camera di consiglio;

d) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

Ai fini nostri è rilevante l’ipotesi del procedimento in camera di consiglio, poiché la giurisprudenza da ultimo ritiene, come ho già accennato, che vi rientri l’azione giudiziale di revoca dell’amministratore[18].

Ancora la mediazione può essere pattuita contrattualmente: in tal caso in mancanza dell’esperimento l’improcedibilità può essere rilevata sia dal giudice che dall’arbitro, su eccezione di parte proposta nella prima difesa.

La mancata partecipazione alla mediazione senza un giustificato motivo comporta l’irrogazione di una sanzione pari al contributo unificato che si paga per la causa: gli avvocati che consigliano al loro cliente di non partecipare alla mediazione non gli recano certamente un buon servizio.

Inoltre in tale ultimo caso il giudice può dedurre argomenti di prova dal comportamento elusivo nell’incombente.

Dal 2013 (l. 98/13) il procedimento di mediazione vede come parte necessaria l’avvocato, quanto meno con riferimento alla mediazione obbligatoria (il Ministero ritiene che per quella facoltativa si possa presenziare anche senza avvocato; il CNF ritiene al contrario che l’avvocato debba essere sempre presente).

Il che significa che nella delibera con cui l’assemblea decide di partecipare alla mediazione da assumere con le maggioranze di cui all’art. 1136 c. 2 c.c., va espressamente previsto il conferimento di mandato all’amministratore alla partecipazione al primo incontro (lo prevede il 71 quater c.c. disp. att.), i relativi poteri e l’individuazione del legale a cui verrà conferita la procura per l’assistenza. Parlo di assistenza perché generalmente si ritiene che l’amministratore non possa inviare in mediazione soltanto l’avvocato; e dunque entrambi i soggetti debbono essere presenti. Di solito il mediatore che accerti l’assenza dell’amministratore dispone rinvio della mediazione affinché lo stesso presenzi.

Il mediatore dispone rinvio della mediazione, su istanza del condominio, anche qualora l’amministratore non sia fornito di delibera di conferimento dei poteri. Ciò accade normalmente quando non c’è stato il tempo materiale per indire l’assemblea; si tenga conto che non essendoci certezza circa la sospensione o l’interruzione del termine di impugnazione della delibera, l’avvocato tende a promuovere la mediazione in modo tempestivo e spesso, prima del giorno deputato alla mediazione, manca all’amministratore il tempo di indizione.

La legge di riforma del Condominio prevede opportunamente all’art. 71 quater disp. att. c.c. che “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione”.

La domanda di mediazione deve rispettare il criterio di competenza territoriale.

Pertanto la domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, così recita l’art. 4 c. 1 del decreto 28/10.

L’art. 71 quater citato appare però in materia ancora più stringente; dispone che  “La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”.

Mentre in generale è possibile una deroga alla competenza  territoriale, se le parti sono d’accordo, quando parte della mediazione è un condominio la richiamata inammissibilità della deroga sembra precludere qualsivoglia patto.

La domanda di mediazione va firmata dall’amministratore del condominio (non dall’avvocato).

All’atto del deposito della domanda di mediazione (che può essere eseguito anche dall’avvocato) il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa entro trenta giorni il primo incontro tra le parti.

La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Ci sono organismi che provvedono direttamente all’inoltro della domanda al chiamato (di solito quelli privati) ed organismi che si rimettono all’attività dell’avvocato del chiamante (ad es. Organismo del Coa Genova).

Dal 2013 si tiene un primo incontro di mediazione nel quale il mediatore spiega alle parti assistite dal loro avvocato la funzione della mediazione e le sue modalità di svolgimento.

Trattasi di incontro gratuito: ciascuna delle parti all’atto del deposito della domanda corrisponde soltanto le spese di mediazione (48,80 € per un valore inferiore ai 250.000 € e 97,60 € oltre questo valore).

Dopo aver reso edotte le parti come per legge, il mediatore chiede se vogliano iniziare la mediazione.

Le parti possono decidere di iniziarla e dunque corrisponderanno l’indennità di mediazione che varia a norma della tariffa ministeriale, a seconda del valore della controversia[19], nello stesso incontro ovvero entro la data del successivo.

Nell’ambito delle questioni condominiale, a meno che l’Assemblea non abbia autorizzato sin da subito l’amministratore ad iniziare la mediazione (ipotesi abbastanza rara; sarebbe comunque buona e cautelativa prassi indicare le spese di mediazione e le indennità già in una eventuale delibera autorizzatoria), il mediatore dispone rinvio al fine di consentire all’amministratore di ottenere la relativa delibera.

Le parti possono anche decidere di non iniziare la mediazione.

In tal caso il mediatore chiuderà la procedura e le parti saranno libere di ricorrere al giudice depositando il cosiddetto verbale negativo di mediazione.

Si registra però che l’invito a  esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura, investe per un certo filone giurisprudenziale di merito (iniziato dal Tribunale di Firenze), solo ipotesi marginali (ad es. la mancanza di litisconsorzio); di talché in sostanza, esclusi pochi casi, le parti dovrebbero comunque iniziare la mediazione.

Si tenga inoltre presente che qualora si verta in materia di mediazione ex officio la giurisprudenza di merito è costante nel ritenere che sia già stato il giudice a valutare la mediabilità del conflitto e dunque alle parti non resterebbe che iniziare la mediazione.

Contraria è invece la giurisprudenza di legittimità, che non distingue tra mediazione preventiva e mediazione ex officio, e sancisce che le parti sono legittimate in ogni caso a porre fine alla mediazione in conclusione di primo incontro[20].

Nella prassi quando è coinvolto un condominio l’amministratore solitamente rimette la questione all’Assemblea, qualora maturino le condizioni per chiedere autorizzazione ad iniziare la mediazione, mentre dichiara a nome del condominio e senza consultare l’assemblea di non voler proseguire, qualora non ci siano i presupposti in relazione alla già espressa volontà dei condomini.

Un caso purtroppo non infrequente, è quello in cui l’amministratore, privo di delibera che autorizza alla partecipazione al primo incontro (o munito di delibera poco chiara sui suoi poteri), ascolta il discorso introduttivo del mediatore e poi chiede comunque di chiudere l’incombente con un verbale negativo, ritenendo che non vi siano i presupposti per iniziare la procedura; in questo caso l’amministratore opera decisamente a suo rischio e pericolo, dato che non può spendere legittimamente il nome del condominio (e secondo la giurisprudenza opera contra legem).

La mediazione secondo la legge può durare tre mesi: non è però raro che in materia condominiale prenda nei fatti un tempo superiore, perché la legge consente, come abbiamo detto, all’amministratore di chiedere rinvio qualora non si sia potuto munire di delibera autorizzatoria alla partecipazione al primo incontro.

A seconda dei mediatori il primo incontro può essere meramente descrittivo della procedura (in tal caso si ricalca la lettera della legge) ovvero può articolarsi in più momenti: sessioni congiunte e sessioni separate cui partecipano singolarmente le parti assistite dai loro avvocati.

In ogni caso vige il principio di riservatezza e nel caso di sessioni separate anche quello di confidenzialità, a meno che gli interlocutori non manifestino per alcuni elementi una deroga al segreto.

La stessa articolazione di solito investe la mediazione propriamente detta che si può chiudere negativamente o positivamente con un accordo.

Personalmente io richiedo sempre all’amministratore di chiedere all’assemblea di autorizzare l’intesa rinvenuta.

L’accordo, in caso positivo, o la delibera da cui risulta la composizione della lite, viene di solito allegata al verbale di conciliazione che peraltro è titolo esecutivo nella misura in cui sia firmato dagli avvocati che assumono anche la responsabilità di non contrarietà alle norme imperative e all’ordine pubblico.

 

3) Cenni sulla giurisprudenza in materia di mediazione

 

Vediamo qui ora alcune questioni di carattere generale, che possono avere rilievo anche in caso di condominio.

Per il tribunale di Palermo (sentenza 15.01.2018) chi non partecipa alla mediazione senza giustificato motivo deve essere sanzionato con il pagamento del contributo unificato. Il giudice in tal caso non ha un potere discrezionale.

Per la Corte d’Appello di Ancona (sentenza 23 maggio 2017) la mancata partecipazione in primo grado può essere rilevata anche in appello con conseguente nullità della sentenza di primo grado e dichiarazione di improcedibilità della domanda.

Il mancato esperimento della mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010, comporta l’improcedibilità della domanda proposta in appello, con la conseguenza che la sentenza di primo grado passa in giudicato (Tribunale di Firenze 13 ottobre 2016).

Se la parte istante si presenza in mediazione senza avvocato la domanda è dichiarata improcedibile; se lo fa il chiamato scatta la sanzione del contributo unificato (Tribunale Vasto 9 aprile 2018).

Il procedimento di mediazione esperito senza l’assistenza di un avvocato non può considerarsi validamente svolto sicché la domanda giudiziale dovrà essere dichiarata improcedibile. (Tribunale Torino 30 marzo 2016).

Si può chiedere al mediatore di testimoniare qualora dal verbale non si evinca se una parte è comparsa personalmente o a mezzo del procuratore speciale (Decreto Tribunale di Udine 7 aprile 2018).

Il termine per il deposito della domanda di mediazione fissato dal giudice è ordinatorio (Tribunale di Bologna, 11.12.2017, n. 21109; Tribunale di Milano, 27 settembre 2016, contra Tribunale di Modena, 10 giugno 2016).

La mancata adesione ad un accordo da parte di un ente pubblico può costituire fonte di danno erariale (C.A. di Napoli Ord. del 31.10.2017).

I «tempi prevedibilmente lunghi occorrenti per la pronuncia della sentenza definitiva a causa del rilevante carico di lavoro», possono giocare un ruolo decisivo nella scelta del giudice di mandare le parti in mediazione (Corte d’appello di Napoli 21/09/17).

Il giudice non ha il potere di prorogare una mediazione (anche se ci sia stato accordo delle parti in tal senso); può solo differire l’udienza (Decreto Trib. Chieti 19/7/17).

Il mediatore può formulare una propria proposta anche in assenza di un accordo delle parti. Sono annullabili quei regolamenti degli organismi che appongano limitazioni alla proposta del mediatore (TAR Abruzzo – Pescara, sez. I, sentenza n. 98/17; depositata il 13 marzo 2017).

Quando il giudice dispone ex officio la mediazione, la condizione di procedibilità non può considerarsi soddisfatta se gli avvocati delle parti disputanti si presentano in mediazione e dichiarano di rifiutarsi di procedere oltre.

È  necessario che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, ex art. 8 d.lgs. n. 28/2010; contra Tribunale di Verona 28 settembre 2016) e che la mediazione sia effettivamente avviata (Tribunale di Roma Sez. XIII° ord. 2 26/10/15, Trib. Monza 9 giugno 2015, Tribunale Pavia 18 maggio 2015,Trib. Milano 7 maggio 2015, Trib. Monza 21 aprile 2015, Tribunale Pavia 13 aprile 2015,Tribunale Pavia 1° aprile 2015, Tribunale Vasto 9 marzo 2015, Trib. Vasto, Sent. 9.03.2015,Tribunale di Roma, Sez.XIII°,19 febbraio 2015,  Giudice di pace di Monza 28 gennaio 2015, Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15, Tribunale Pavia 7 gennaio 2015, Tribunale Pavia 1° gennaio 2015, Trib. Firenze, Ord. 26.11.14, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14, Trib. Roma, Ord. 30.06.14, Tribunale di Firenze 19 marzo 2014).

Nei confronti della parte convenuta assente ingiustificata può applicarsi oltreché la sanzione del contributo unificato la sanzione prevista dall’art. 96 comma 3 cpc (Tribunale di Roma, sentenza 17.12.2015).

Il mediatore deve verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare (Tribunale Pavia 9 marzo 2015, Tribunale di Pavia 26 gennaio 2015, Tribunale Pavia 2 febbraio 2015).

L’effettivo esperimento del procedimento di mediazione «non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti», per cui le stesse non sono libere, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro dinanzi al mediatore, di «manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo» (Tribunale Firenze 15 ottobre 2015)[21].

 

4) Cenni sulla giurisprudenza in materia di condominio e mediazione[22]

 

Una prima questione riguarda il termine di 30 giorni di impugnazione delle delibere.

Il Tribunale di Savona (sentenza 2 marzo 2017)  ritiene che “Se si vuol impugnare una delibera di condominio è necessario promuovere la mediazione entro trenta giorni dalla comunicazione della delibera”.

Il Tribunale Palermo (sezione II civile, sentenza 18 settembre 2015, n. 4951) ritiene che il termine di trenta giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari si sospende e riprende dalla data di redazione e deposito del verbale negativo”.

Stessa opinione ha da ultimo il Tribunale di Savona (sentenza del 7 febbraio 2019) il quale aggiunge che la sospensione opera “non dal giorno della sua presentazione, bensì dal momento della comunicazione alle altre parti”.

Non la pensa così il Tribunale di Sondrio (sentenza del 25 gennaio 2019) per il quale il termine si interrompe e dunque riprende a decorrere per intero dal deposito del verbale di mediazione. Conforme è Corte d’Appello di Palermo, sentenza del 25 maggio 2017 e Tribunale di Milano, sentenza 02.12.2016.

Altra questione concerne la promozione del 702 bis c.p.c. azionato dall’amministratore per fare rimuovere un manufatto costruito nella parte comune: secondo il tribunale di Torino è necessaria la celebrazione della mediazione “non essendo il rito a determinare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, bensì la natura della controversia” (ordinanza Tribunale Torino, Sezione III Civile, 20-23 marzo 2015).

Il tribunale di Roma (sentenza 10 dicembre 2018) si interroga sulla necessità della delibera per la partecipazione alla mediazione e conclude affermando che ciò è previsto dalla legge. Ciò perché chi interviene in mediazione deve avere la possibilità di disporre dell’oggetto della lite. E l’amministratore in mediazione non ha una legittimazione autonoma (la possiede solo per quanto riguarda la riscossione dei contributi).

Interessante è la sentenza del Tribunale di Taranto del 22 agosto 2017 sulla materia oggetto di mediazione obbligatoria: “La mediazione è condizione di procedibilità in materia di condominio esclusivamente in presenza di controversie derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. 61-72 delle disp. att. Dunque, qualora la controversia sorga tra il condomino ed un soggetto terzo (l’appaltatore nel caso di specie), lo svolgimento della mediazione non è una condizione di procedibilità.

Ciò anche in quella circostanza in cui nel contratto di appalto sia espressamente previsto che ogni controversia derivante dalla sua esecuzione deve essere risolta attraverso un preventivo e obbligatorio tentativo di mediazione.

Affinché la mediazione possa considerarsi una condizione di procedibilità è fondamentale che il contratto in essere tra le parti preveda espressamente la sanzione della improcedibilità come conseguenza del mancato esperimento della mediazione”.

Sentenza particolare è quella del Tribunale di Genova (14 dicembre 2016) sulla violazione dell’accordo di mediazione operata da una delibera condominiale: “Quando le parti raggiungono un accordo di mediazione sulle procedure da adottare per l’affidamento e l’esecuzione dei futuri lavori edilizi del condominio, la successiva delibera assembleare contraria alle pattuizioni raggiunte in sede di mediazione non può neppure in astratto costituire motivo di invalidità della stessa, ma al più concretare un inadempimento contrattuale degli accordi intercorsi tra le parti”.

Una pronuncia del tribunale di Pistoia (25 febbraio 2015) riguarda il caso di mancata partecipazione personale  del condomino; il condomino avviava nei confronti del condominio la mediazione disposta d’ufficio dal giudice, senza partecipare personalmente all’incontro fissato dal mediatore.

Il Giudice, rilevando l’assenza ingiustificata dell’attrice-istante, dichiarava la improcedibilità della mediazione e quindi del giudizio, condannandola anche al pagamento della sanzione pecuniaria pari al contributo unificato della causa.

Il Tribunale di Milano, sentenza 21.7.2016 si intrattiene sull’importanza della collaborazione in mediazione: “nella mediazione obbligatoria come in quella facoltativa le parti devono collaborare attivamente alla risoluzione della lite poiché in caso di espletamento con successo, creditore e debitore possono evitare i costi ed i tempi del giudizio.

La mancata collaborazione di una delle parti (nel caso in esame, il condominio) che decide di partecipare alla mediazione al solo fine di evitare le sanzioni di legge senza alcuna intenzione di conciliare, è sanzionata dal giudice con la condanna al pagamento delle spese di lite della controparte, comprese quelle di mediazione.”

Il Tribunale di Milano, sentenza 27.11.2015 si è chiesto se nella mediazione delegata sia necessaria la delibera del condominio per partecipare ad una mediazione ed ha stabilito che “Nelle liti condominiali, se il giudice dispone la mediazione, l’avvocato del condominio deve partecipare anche senza la preventiva autorizzazione assembleare, in quanto l’adesione all’invito e l’avvio della procedura mediativa costituiscono un’estrinsecazione del potere di assistenza e rappresentanza processuale di cui all’art. 84, comma I, c.p.c.”

[1] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2014/03/14/il-kosovo-e-i-sistemi-di-risoluzione-delle-dispute/

[2] Termine di origine sumerica che significa “norma”.

[3] Conciliation rules. Resolution 35/52 adopted by The General Assembly on 4 december 1980.

[4] Cfr. Administrative Dispute Resolution Act (ADRA, 1998) e § 651 (a) United States Code e ss.

[5] Raccomandazione della Commissione del 30 marzo 1998 98/257/CE; Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE del 4 aprile 2001.

[6] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32008L0052&from=EL

[7] Ley 5/2012, de 6 de julio, de mediación en asuntos civiles y mercantiles. http://www.boe.es/boe/dias/2012/07/07/pdfs/BOE-A-2012-9112.pdf

[8] Mediationsgesetz vom 21. Juli 2012 (BGBl. I S. 1577).

http://www.gesetze-im-internet.de/mediationsg/BJNR157710012.html.

[9] Emanato in attuazione dell’art. 60 l. 18 giugno 2009, ossia della legge di delega delle camere.

[10] Esiste peraltro anche la mediazione valutativa. Ed altro istituto che ricomprende un parere non vincolante ed una mediazione volontaria che viene chiamato early neutral evaluation.

[11] Diversamente accadeva in Francia ove non vi era coincidenza tra giudicante e conciliatore.

[12] Questo modello legislativo non trova eguali in Europa, per quanto mi è dato di conoscere.

[13] Maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

[14] Art. 667: Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’articolo 426.

[15] Art. 703 terzo comma: L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669 terdecies.

[16] Art. 696 bis: L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.

Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.

[17] Il Tribunale di Vicenza (sentenza 18 ottobre 2010) specifica che non è necessaria la mediazione per tutte le procedure esecutive.

[18] Cassazione Civile n. 1237 del 18/01/2018, Tribunale Palermo, 29 giugno 2018, Tribunale di Milano, 28 marzo 2018; Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n° 25336; contra Tribunale di Macerata, decreto del 10/01/2018.

[19] Determinato ai sensi del codice di procedura civile.

[20] Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 27 marzo 2019, n. 8473.

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[21] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2015/11/27/giurisprudenza-su-presenza-parti-rappresentanza-e-verbalizzazione-in-mediazione/

[22] Cfr. amplius https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione.aspx?&page=11

La mediazione familiare: Austria

Tra gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie[1] la mediazione riveste un notevole ruolo in Austria; è stata disciplinata da una legge federale dal 2003[2] che prende in considerazione sia la mediazione extragiudiziale sia quella giudiziale[3].

Quest’ultima norma ha avuto, tra l’altro, un’importanza fondamentale per la mediazione in Europa, perché molti paesi l’hanno presa come canovaccio per la regolazione dell’istituto.

Dal momento che il legislatore austriaco non distingue tra mediazione civile e familiare, il punto centrale della nostra disamina riguarda quella che è la formazione in generale. Se ne occupa la legge citata in diversi paragrafi, di cui citiamo quelli che paiono più rilevanti.

Il § 10 prevede un primo requisito per essere mediatori registrati: la conoscenza della legge e delle discipline psico-sociali.

In particolare il legislatore indica che possono aiutare le conoscenze e le competenze che hanno i membri di alcune professioni, in particolare ci si riferisce agli psicoterapeuti, psicologi clinici e psicologi della salute, avvocati, notai, giudici, procuratori, professori universitari di discipline giuridiche, commercialisti, ingegneri civili e assistenti sociali.

Il § 20 prevede che sia osservata una formazione continua di 50 ore in cinque anni, da cui peraltro dipende anche il rinnovo per altri dieci anni dell’iscrizione nel registro ministeriale.

 Il § 23 c. 1 stabilisce inoltre che sia il Ministro federale della giustizia a mantenere un elenco di istituti e di corsi di formazione nel campo della mediazione in materia civile. Il Ministro è coadiuvato da un Comitato Consultivo.

Circa i requisiti che devono possedere gli enti di formazione ed i primi contenuti della formazione (fucina del regolamento ministeriale di cui parleremo più appresso) si può citare una direttiva del Comitato consultivo di mediazione del 2004[4].

Gli enti di formazione (possono essere persone fisiche o giuridiche) che sono permanenti, devono essere formati da almeno tre persone che si rivolgono a gruppi di discenti tra le 10 e le 25 persone (aumentabili a 30).

I luoghi della formazione devono seguire standard adeguati.

Ogni corso si deve chiudere con una valutazione. Gli insegnanti devono essere nominati nelle forme di pubblicità dei corsi che peraltro sono pubblicati su apposita sezione del registro dei mediatori.

Ogni pubblicizzazione dei corsi deve indicare le modalità di reclamo.

Nel corso di cui andavano spiegate anticipatamente le basi epistomoligiche si dovevano coprire i seguenti argomenti: 1. Ascolto empatico 2. Equidistanza 3. Neutralità 4. Empowerment 5. Compensazione degli squilibri di potere 6. Impegno costruttivo nel conflitto e orientato al futuro 7. Procedura strutturata (modello) 8. Caratteristiche delle parti 9. Processo di mediazione senza pressione delle parti, senza manomissioni dell’equilibrio e imparzialità 10. Volontà 11. Atteggiamento del mediatore 12. Riservatezza 13. Impegno per accordi fattibili e vantaggiosi tra le parti.

L’offerta formativa non doveva focalizzarsi su una soltanto delle seguenti materie che potevano comunque essere illustrate nei loro cenni: 1. Psicoterapia 2. Coaching 3. Supervisione 4. Counseling, Life Coaching, Consulenza aziendale 5. Life Coaching 6. Arbitrato 7. Arbitrato 8. Comunicazione, Comunicazione Scienza 9. Religione 10. Esoterismo 11. Filosofia 12. Pedagogia 13. Medicina 14. Psicologia.

Il § 29 della legge ci spiega che il ministro federale della giustizia, previa consultazione del Comitato consultivo per la mediazione, può fornire disposizioni ulteriori in ordine alla formazione dei mediatori.  Nel fare ciò, il contenuto della formazione può essere determinato in modo diverso a seconda della facoltà di appartenenza del candidato mediatore.

Un regolamento ministeriale è stato pubblicato il 22 gennaio del 2004[5].

Per legge la parte teorica della formazione deve essere suddivisa in contenuti di formazione individuali, da 200 a 300 unità di addestramento; la parte orientata all’applicazione con unità di addestramento da 100 a 200.

Il regolamento fa invece riferimento a 365 ore totali minime.

Secondo la legge la parte teorica dovrebbe includere:

  1.  un’introduzione alla storia e lo sviluppo della mediazione, comprese le sue basi ed i suoi scopi;
  2. l’insegnamento della procedura, dei metodi e delle fasi della mediazione con particolare attenzione agli approcci negoziali e orientati alla soluzione;
  3. i fondamenti della comunicazione, le tecniche di indagine e di negoziazione, la discussione e la moderazione con particolare attenzione alle situazioni di conflitto;
  4. l’analisi del conflitto;
  5.  le aree di applicazione della mediazione;
  6.  le teorie della personalità e le forme psicosociali di intervento;
  7.  le questioni etiche della mediazione, in particolare la posizione del mediatore;
  8.  le questioni di diritto civile particolarmente rilevanti per la mediazione e quelle economiche.

Il regolamento specifica il numero di unità di addestramento per ogni singolo punto (ad es. che la comunicazione richiede 32 unità di addestramento, mentre il diritto 40).

Quanto alla parte pratica che il regolamento stabilisce in 165 unità, la legge prevede:

  1. seminari pratici sull’esercizio delle tecniche di mediazione mediante gioco di ruolo, simulazione e riflessione;
  2. lavoro di gruppo tra pari;
  3. supervisione pratica nel campo della mediazione.

Anche qui il regolamento prevede il numero delle unità di addestramento (ad es. 58 unità tra giochi di ruolo, simulazione e riflessione e 29 di supervisione).

La legge poi chiede di tener in debito conto l’estrazione professionale del mediatore e dunque il regolamento stabilisce che gli avvocati, notai, giudici, pubblici ministeri, avvocati della Finanzprokuratur e professori universitari abbiano uno sconto teorico-pratico consistente; possono frequentare solo 136 unità di teoria e partecipare a 84 unità di pratica (viene in sostanza tralasciato l’insegnamento del diritto e della economia legata alla mediazione; vengono diminuite le ore di supervisione).

Stesso trattamento di favore ricevono gli ingegneri ed i commercialisti, gli psicoterapeuti, psicologi clinici e psicologi della salute perlomeno in termini di unità di addestramento; cambiano evidentemente i contenuti proposti. Interessante è poi il requisito posto dal regolamento in capo agli assistenti sociali che vogliano fare i mediatori: tre anni di professione.

In Austria dunque non c’è distinzione tra le tipologie di mediazione civile in quanto a formazione di base se non con riferimento all’essere professionisti enumerati dalla legge e dal regolamento ministeriale in riferimento agli “sconti” formativi.

Non sussistono in Austria restrizioni all’offerta di servizi di “mediazione” (la mediazione non è amministrata come in Italia), né della possibilità di qualificarsi come “mediatori”.

Quindi chiunque può iscriversi per cinque anni[6] nel registro ministeriale a patto che abbia:

  • 28 anni, una laurea ed una qualifica professionale;
  • una fedina penale immacolata;
  • un’assicurazione con un massimale di almeno 400.000 €; indichi dove svolgerà l’attività e corrisponda infine all’Erario 324 euro.

La prova dell’esperienza e della formazione specifica in mediazione, in due parole della qualifica, restano però sul richiedente: il fatto di essere iscritto nel registro non conferisce un bollino blu.

Detto ciò sulla formazione e le caratteristiche del mediatore austriaco aggiungo che la mediazione familiare ha in Austria un’ampia possibilità di sperimentazione: separazioni, divorzi, lutti e conflitti generazionali[7].

L’ax ministro federale della giustizia austriaca, Beatrix Karl, ha diffuso un libro sulla giustizia austriaca (“Alles was Recht ist“) nel quale ha precisato quanto segue con riferimento alla mediazione: “Il divorzio è un grave passo che comporta conseguenze umane e giuridiche in particolare per i bambini. Pertanto è necessario che i giudici lavorino prima in conciliazione ed evidenzino le possibilità di mediazione[8].

E dunque la mediazione familiare viene tenuta in gran conto dal governo austriaco.

Tanto che in materia di custodia dei minori il giudice può ordinare un primo incontro informativo di mediazione o un arbitrato dopo che la casa della famiglia è stata visitata da un consulente educativo[9].

L’aver previsto un ordine del giudice in questa materia è un grande passo avanti dato che con una pronuncia del 17 luglio 1997[10] la Corte Superiore Austriaca aveva dichiarato l’incostituzionalità della mediazione obbligatoria proprio in una disputa attinente alla custodia dei figli.

Il servizio di assistenza familiare è fornito da ogni tribunale e si occupa appunto su ordine del giudice della custodia dei bambini e del contatto degli stessi con gli adulti[11]: in sostanza la controversia viene affidata in prima battuta a psicologi, assistenti sociali ed educatori che coltivano tramite la mediazione un accordo tra i genitori; in caso di fallimento è il giudice che prenderà una decisione definitiva.

Ma il servizio può occuparsi anche di fare indagini specifiche, o di dare pareri tecnici e ciò sempre su incarico del giudice.

Ogni anno in Austria partecipano alla mediazione familiare, secondo dati oramai risalenti, circa 370 coppie, ma la partecipazione è in continuo aumento ed i mediatori familiari sono figure molto richieste.

La mediazione familiare è finanziata per gli incapienti. Pur non sussistendo in Austria il gratuito patrocinio, nelle cause di diritto di famiglia il ministro federale per la salute, la famiglia e la gioventù[12] può fornire un contributo alle spese in funzione del reddito della famiglia (v. Familienlastenausgleichsgesetz 1967 § 39c)[13].

La mediazione familiare è affidata a due mediatori, uno si occupa dei profili psico-sociali (assistente sociale, psicologo ecc.)[14] e l’altro di quelli legali (avvocato, giudice ecc.)[15].

Oltre al loro background professionale i mediatori seguono un corso specifico così come individuato in precedenza.

Il costo di una sessione di mediazione è di 220 €, ma i genitori pagano soltanto una quota in relazione al loro reddito familiare ed al numero di figli (c’è una tabella apposita). Il resto lo mette lo Stato.

In particolare lo Stato sovvenziona cinque associazioni (konfliktmediation, Comedio ecc.)  di mediatori familiari; chi pretenda l’applicazione della tabella e quindi lo sconto sulla prestazione dei mediatori deve scegliere un mediatore appartenente alle associazioni sovvenzionate.

Esiste per ogni regione un mini-registro ove sono presentate le coppie di co-mediatori appunto facenti capo ad ogni associazione: in Burgenland ci sono 13 coppie di mediatori, in Carinzia 21, in Bassa Austria 49, in Alta Austria 34, in Salisburgo 27, in Stiria 51, In Tirolo 16, in Voralberg 6, in Vienna 188, per un totale di 405 coppie e quindi 810 mediatori con cui godere di un regime privilegiato.

Possiamo dire infine che i mediatori familiari in Austria costituiscono circa un terzo dei mediatori totali: il registro ministeriale che li raggruppa dal 2004 reca il numero di 2.504 soggetti su una popolazione di 8 milioni e mezzo di abitanti.

[1] Alternative verfahren der streitbeilegung

[2] Zivilrechts-Mediations-Gesetz (ZivMediatG). Il contenuto integrale si può trovare sul sito http://www.jusline.at/Zivilrechts-Mediations-Gesetz_(ZivMediatG).html. La legge è in vigore dal 1° gennaio 2004 e per il Registro dei mediatori dal 1° maggio 2004.

[3] § 1 c. 2 l. 6 giugno 2003.

[4] Richtlinie des Beirats für Mediation über die Kriterien zur Eintragung in die Liste der Ausbildungseinrichtungen und Lehrgänge nach § 23 Zivilrechts-Mediations-Gesetz – ZivMediatG.

[5] Verordnung des Bundesministers für Justiz über die Ausbildung zum eingetragenen Mediator (Zivilrechts-Mediations-Ausbildungsverordnung – ZivMediat-AV).

[6] E poi per i decenni successivi.

[7] Cfr.  I. OFNER, Mediation in der familie, in Mediation Aktuell, n. 2/14. Cfr. http://www.oebm.at/ausgaben.html

[8] Eine Scheidung ist ein schwerwiegender Schritt, der angesichts der menschlichen und rechtlichen Konsequenzen vor allem auch für die Kinder gründlich überlegt sein muss. Deshalb ist auch der Richter bei einer streitigen Scheidung dazu verpflichtet, zunächst auf eine Versöhnung hinzuwirken und auf die Möglichkeiten der Mediation hinzuweisen.

http://www.justiz.gv.at/web2013/html/default/2c9484853d10e3d0013d1733d9622745.de.html

[9] § 107 AußStrG Besondere Verfahrensbestimmungen

(omissis)

  1. die Teilnahme an einem Erstgespräch über Mediation oder über ein Schlichtungsverfahren;

(omissis)

A seguito del KindNamRÄG 2013 il giudice oggi a sua disposizione anche altri strumenti: la visita obbligatoria della famiglia, il counseling genitoriale o educativo, ovvero una consulenza od un programma per affrontare l’aggressività o la violenza.

[10] Quest’ultima pronuncia ha avuto largo eco anche nella UE soprattutto nei sostenitori della mediazione volontaria.

[11] http://www.justiz.gv.at/web2013/html/default/2c9484853f60f165013f6671e26d24f7.de.html

[12] Bundesministerium für Familien und Jugend

Lo stesso Ministero sponsorizza anche consultori familiari che forniscano consulenza legale professionale e sostegno psicologico.

[13] § 39c. (1) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie kann gemeinnützige Einrichtungen, die das Angebot

  1. qualitativer Elternbildung,

2.von Mediation oder Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen gewährleisten, auf Ansuchen fördern.

(2) Elternbildung, Mediation sowie Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen sind unter Beachtung allgemein anerkannter wissenschaftlicher Erkenntnisse durch geeignetes Fachpersonal durchzuführen. Erforderlichenfalls kann der Bund zur entsprechenden Aus- und Weiterbildung des Fachpersonals beitragen. Zur Sicherung der kontinuierlichen Inanspruchnahme von Elternbildungsangeboten kann der Bund notwendige Maßnahmen zur Bewusstseinsbildung durchführen.

(3) Bei allen Projekten zur Förderung der Elternbildung sowie der Kinderbegleitung ist eine Mitfinanzierung durch die Länder anzustreben.

(4) Auf die Gewährung von Förderungen besteht kein Rechtsanspruch. Förderungen und Aufwendungen nach Abs. 1 bis Abs. 3 sind aus Mitteln des Ausgleichsfonds für Familienbeihilfen zu tragen.

(5) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie hat Richtlinien zur Förderung der Elternbildung, von Mediation sowie der Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen zu erlassen, in denen das Nähere bestimmt wird. Die Richtlinien sind im Amtsblatt zur Wiener Zeitung zu veröffentlichen.

Cfr.  Richtlinien zur förderung von mediation in http://www.servicestellemediation.at/richtlinien_.pdf

[14]  Con esperienza di almeno 5 anni

[15] https://www.bmfj.gv.at/familie/trennung-scheidung/mediation.html

La mediazione familiare: Germania

Nata nel 1989, su ispirazione della mediazione statunitense[1], la mediazione familiare sta acquistando sempre maggiore importanza nel paese teutonico.

Si evidenzia che la mediazione familiare tedesca recepisce i canoni della “Carta Europea sulla formazione dei mediatori familiari nel campo della separazione e del divorzio”[2].  adottata a Parigi nel 1991.

Conseguentemente dal 1992 chi voglia diventare mediatore familiare in Germania deve aver svolto un corso biennale da almeno 200 ore e ha necessità di portare in supervisione (trenta ore) almeno quattro casi.

Le linee guida[3] sono sostanzialmente dettate oggi in Germania dalla Associazione federale per la mediazione familiare (BAFM)[4].

Oggetto della mediazione familiare è la risoluzione dei conflitti nelle relazioni coniugali, non matrimoniali e post-matrimoniali[5], ma pure dei conflitti generazionali: si nota sin d’ora che si parla di “conflitti” e non solo di liti.

Un’area particolarmente importante è la mediazione in caso di separazione e di divorzio; i contenuti oggetto di tale mediazione riguardano in sintesi l’esercizio della responsabilità dei genitori, l’affidamento dei figli, le dispute sulla proprietà, la ripartizione delle responsabilità in caso di affidamento congiunto, le obbligazioni alimentari, il finanziamento dei rispettivi nuclei familiari, la divisione dei beni  e del patrimonio, l’assegnazione della casa coniugale e più in generale la chiarificazione della situazione abitativa e infine la suddivisione delle suppellettili domestiche.

Scopo della mediazione è da un lato, aiutare a evitare o a ridurre i rischi per lo sviluppo dei minori coinvolti e, dall’altro, fornire consigli e supporto ai genitori affidatari. Per realizzare tutto ciò primariamente i mediatori familiari costruiscono un consenso informato sulle opzioni di legge; in seconda battura con la mediazione si cercano soluzioni concrete che dipendono essenzialmente dal riconoscimento dei partner in conflitto.

All’inizio della mediazione ogni mediatore è tenuto a spiegare alle parti anche i pro e i contro degli istituti alternativi alla mediazione familiare; ciò perché in Germania le parti hanno diritto così come in Francia, di scegliere quello strumento alternativo che più si confà alla loro situazione.

Le soluzioni rinvenute sono sempre sottoposte per iscritto agli avvocati ed assumono valore vincolante solo dopo che i legali che assistono le parti le abbiano formalizzate in un accordo[6].

Nel caso in cui i partner manifestino problemi mentali i mediatori sono autorizzati a consigliare l’aiuto terapeutico e nell’ipotesi la mediazione viene interrotta.

Nella prassi, le procedure di mediazione si sono dimostrate efficaci soprattutto per la risoluzione di problemi in ordine all’affidamento e al diritto di visita.

Unitamente alla mediazione vi sono da considerare anche altri strumenti che la legge appronta in ausilio dei rapporti parentali, proprio per ché dicevamo che il legislatore germanico plaude alla flessibilità.

La legge sulla procedura in materia familiare e di giurisdizione volontaria (17 Dicembre2008[7]; FamFG)[8] ha subito delle modifiche nel 2012[9] al fine di regolare in modo sempre più efficace e compiuto il settore.

Si prevede in primo luogo che nei casi appropriati, la domanda dovrebbe contenere una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[10].

Tale formulazione è simile a quella che è stata recentemente introdotta nel codice di procedura civile (§ 253 c. 3 ZPO), ma aggiunge l’inciso “nei casi appropriati”, perché ci sono giustamente situazioni in cui la mediazione non costituisce strumento adeguato a risolvere il conflitto.

Sarebbe ora che anche il legislatore italiano la prendesse in considerazione perlomeno con riferimento al primo grado di giudizio.

Ai sensi del § 36 FamFG – siamo nel procedimento di primo grado in materia familiare – le parti possono raggiungere un accordo su diritti disponibili, ed anche il giudice è tenuto a perseguire la via del tentativo di componimento bonario, salvo il rispetto della legge sulla protezione dalla violenza.

Valgono per tale tentativo le regole di cui al § 278 del Codice di Procedura civile (ZPO) ed in particolare si prevede che le parti siano presenti personalmente perché in difetto il procedimento viene sospeso.

La novella del 2012 prevede che la corte possa anche (§ 36 c. 5) indirizzare le parti ad una udienza di conciliazione e ad ulteriori tentativi di conciliazione presso un giudice designato per questo fine che non ha potere decisionale nella questione (Güterichter).

Il giudice conciliatore (Güterichter) può adoperare tutti i metodi di risoluzione dei conflitti inclusa la mediazione[11].

Il Güterichter non è un mediatore, ma un giudice e dunque non è vincolato dalla legge sulla mediazione, può adottare, come abbiamo già detto, gli strumenti che ritiene opportuni, compresa la mediazione.

Anche questa è dunque una scelta analoga a quella operata per i rapporti regolati dal Codice di rito (art. 278 c. 5 ZPO).

Dobbiamo dire che anche nel nostro paese alcuna parte della magistratura sta guardando da ultimo con simpatia a questa figura: tuttavia mi pare sia bene sottolineare che non si tratta di un giudice che abbia poteri decisionali nella controversia che gli è sottoposta.

Il legislatore germanico, infatti, ha vietato che il Güterichter possa arbitrare poiché trattasi di funzione giurisdizionale; tale preoccupazione non la troviamo invece ad esempio nel diritto americano ove il referee può aiutare le parti di una controversia con amplissime facoltà, salvo che quando ricorrano all’arbitrato lo stesso abbia un limite di valore, non sia vincolante e non possa toccare i princìpi costituzionale.

Pure qui in ambito familiare, come nel giudizio civile (§ 159 c. 2 ZPO), si evidenzia che è necessario il consenso delle parti per verbalizzare il tentativo di conciliazione[12].

Sempre in sintonia con il disposto del § 278a ZPO il giudice della famiglia può inoltre proporre alle parti la mediazione o un altro metodo extragiudiziale di risoluzione delle controversie.

Il § 36a FamFG prevede appunto che la corte possa proporre ad una o a tutte le parti una mediazione o un altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie. Le preoccupazioni legittime della persona che sia stata destinataria di atti di violenza devono essere rispettate in relazione alla tutela apprestata in merito dalla legge.

 Se le parti decidono di partecipare ad una mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie, il giudice deve sospendere il processo.

Rimangono salvi in capo alla Corte i poteri di autorizzare o di sospendere la mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie”[13].

Data la delicatezza della materia giustamente rimangono intatti in capo alla Corte i poteri di “gestione” del mezzo alternativo e comunque assume rilievo preminente il disposto della legge sulla protezione della violenza.

Il § 81 FamFG che si occupa della irrogazione delle spese processuali nel procedimento di famiglia introduce nella nuova formulazione – in vigore dal 1° gennaio 2013 – un principio di forte moralizzazione delle parti.

Si prevede che il giudice, in difetto di legittima giustificazione, possa addossare le spese in tutto o in parte al litigante o ai litiganti che non abbiano partecipato ad una procedura alternativa obbligatoria  (mediazione od altra procedura v.  § 156 FamFG) ovvero qualora abbiano violato l’obbligo di consultazione degli organi consultivi o dei servizi sociali teso ad impostare un accordo[14].

Ai sensi del § 135 FamFG[15] è possibile già dal 1° settembre 2009 ed in relazione al procedimento di divorzio e alle questioni conseguenziali che il Tribunale della famiglia obblighi le parti a partecipare ad una mediazione informativa o ad altro procedimento informativo di ADR davanti ad una persona o ad un ente di gradimento delle parti (il briefing è oggi gratuito).

Il giudice può inviare alla procedura informativa entrambe le parti od una sola di esse.

Il provvedimento del giudice non è impugnabile[16], anche se la misura non è coercibile. La legge sulla promozione della mediazione che ha riformulato quest’ultima norma nel 2012, specifica opportunamente che tale sessione informativa può riguardare non solo le controversie, ma anche i conflitti[17].

Il che pone la Germania all’avanguardia tra le legislazioni sul tema.

Se la parte o le parti che sono state inviate non danno esecuzione all’ordine di partecipazione ci possono essere conseguenze sulla ripartizione delle spese processuali, a meno che non vi sia una causa di giustificazione[18]: il criterio peraltro vale anche per le cause di separazione[19].

Come si volge questa sessione informativa?  Il mediatore in un incontro che dura trenta minuti presenta la mediazione, i suoi vantaggi e svantaggi, i costi, le conseguenze giuridiche della procedura; non affronta però il conflitto in essere tra le parti.

Alla fine i partecipanti ricevono un documento scritto che attesta la loro partecipazione[20].

Normalmente in Germania le controversie tra coniugi hanno una corsia preferenziale quanto alla tempistica, qualora sia coinvolta la prole: la prima udienza (§ 155 FamFG) deve avvenire entro 30 giorni ed ultimamente si è previsto pure un procedimento in odio al tribunale quando il termine non è rispettato.

La mediazione od altro mezzo di risoluzione extragiudiziale possono costituire però causa di sospensione di tale tempistica: il novellato § 155 FamFG dispone dunque che comunque il processo debba riprendere entro tre mesi se è stato sospeso per celebrare un rito alternativo[21], a meno che le parti non abbiano raggiunto un accordo.

Il caso riguarda dal 2013 per analogia anche i figli nati da una coppia di genitori non sposati (§ 155 bis FamFG).

Sempre nell’ambito delle procedure da condursi quando sia coinvolta la prole si colloca il § 156 FamFG che riguarda sia la separazione che il divorzio.

Prima dell’ultima novella il § 156 c 1 terza alinea FamFG stabiliva che il tribunale nei casi che coinvolgono la custodia, la residenza, i diritti di visita e di consegna dei bambini, doveva indicare, nei casi appropriati, la possibilità di mediazione o altra risoluzione alternativa delle controversie.

Oggi il giudice ha a disposizione una vasta gamma di provvedimenti:

  • può coltivare in ogni momento l’accordo con le parti, se ciò non è in contrasto con il benessere del bambino[22];
  • può indicare le modalità di una eventuale consulenza degli organi a ciò deputati e dei servizi di supporto (l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie) al fine di sviluppare un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[23];
  • può ordinare che i genitori singolarmente o congiuntamente partecipino a una sessione informativa gratuita in materia di mediazione o di altro strumento di risoluzione alternativa dei conflitti in tribunale, assegnata ad una persona o ad un provider di gradimento delle parti[24];
  • può ordinare la partecipazione ad una procedura condotta dagli organi consulenti o dai servizi di supporto per la definizione di un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[25].

Entrambi gli ordini (per la procedura informativa e per la consultazione) peraltro non sono autonomamente impugnabili.

Se vi è un ordine di partecipazione da parte della corte ad una sessione informativa di mediazione ovvero ad una procedura per l’impostazione del piano concordato, il giudice condanna alle spese il genitore che non si presenta senza una giustificazione[26].

Se le parti raggiungono un accordo sulla gestione del bambino e sulla consegna sarà il giudice ad approvarlo nel caso in cui non sia contrario agli interessi dell’infante[27].

Se un accordo non viene raggiunto in materia di residenza, diritti di visita e consegna del bambino, il giudice deve discutere l’adozione dei provvedimenti provvisori con le parti e con l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[28]. I genitori prenderanno parte ad una consultazione, ad un mezzo alternativo oppure saranno destinatari di una valutazione scritta sulla cui base il giudice prenderà o regolerà i provvedimenti provvisori. I minori devono essere comunque sentiti prima dell’emissione dei provvedimenti provvisori[29].

Ricordiamo ancora il contenuto del § 165 FamFG che titola “mediazione” (Vermittlungsverfahren) e che è di antecendente formulazione rispetto al dettato della riforma del 2012: si occupa del caso in cui sussista una inosservanza del provvedimento del giudice o dell’accordo che i genitori hanno rinvenuto e che è stato approvato dal giudice stesso.

Se un genitore lamenta che l’altro contrasta od impedisce l’esecuzione di una decisione giudiziale o di un accordo preso con il supporto dell’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie ed omologato dal giudice può essere disposto dal giudice una mediazione su richiesta di parte. La corte può rifiutare di disporre una mediazione, se una conciliazione od altro strumento alternativo si è rivelato inutile[30]: la conciliazione non è gratuita: il valore da cui partire è di 3000 € e anche se il giudice può ridurre la cifra discrezionalmente[31].

La corte fissa immediatamente un appuntamento di mediazione. La Corte può ordinare la comparizione personale dei coniugi e con la convocazione li ammonisce sulle conseguenze giuridiche che può avere un processo di mediazione non riuscito (ossia provocare una decisione del giudice stesso). Nei casi appropriati può essere convocato all’incontro anche l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[32].

Durante la procedura la corte discute con i genitori in ordine alle conseguenze che ci possono essere per il benessere del bambino se non viene trovato un accordo. E in particolare rappresenta che ci possono essere conseguenze legali e pratiche come nel caso in cui un genitore impedisca il diritto di visita, ossia un ordine del giudice che determini la privazione totale o parziale della cura parentale. I genitori possono optare per una consulenza degli organi preposti o dei servizi[33].

La corte deve accertarsi che i genitori siano d’accordo ad incontrarsi. Se viene approvato un accordo tiene luogo del precedente regime. Se l’accordo può essere raggiunto il relativo contenuto deve essere verbalizzato[34].

Se non si raggiunge un amichevole componimento né in mediazione né tramite la consulenza degli organi preposti o dei servizi oppure se un genitore non si presenta alla mediazione, la corte constata con provvedimento inappellabile che la mediazione non ha avuto successo e dà i provvedimenti meglio visti. Se la procedura è stata avviata ex officio o su richiesta di un genitore entro un mese, i costi seguono quelli del procedimento[35].

In tempo antecedente a queste disposizioni tuttavia veniva già svolta dagli organi di assistenza minorile attività di aiuto preventivo destinato a promuovere l’autotutela dei genitori al fine di prevenire situazioni di crisi.

I servizi di consulenza e supporto offerti dagli organi di assistenza minorile in Germania sono gratuiti per i genitori e i figli che vi fanno ricorso.

In particolare, nei casi di crisi familiari, l’assistenza era ed è diretta ad aiutare a superare i conflitti e le crisi, e in caso di separazione o divorzio, a creare le condizioni che consentano di esercitare congiuntamente la responsabilità dei genitori.

[1]  E dei mediatori americani: Gary Friedman, Jack Himmelstein, John Haynes, Florence Kaslow, Stanley Cohen.

[2] Cfr. http://www.associazionegea.it/wp/wp-content/uploads/2012/08/Carta-Europea-sulla-formazione-dei-mediatori-familiari-1992.pdf

[3] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/2-richtlinien-der-bafm-fur-mediation-in-familienkonflikten-3/

[4] http://www.bafm-mediation.de/verband/organisation/geschaeftsstelle/

[5] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/1-einleitung-und-ubersicht/

[6] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/2-richtlinien-der-bafm-fur-mediation-in-familienkonflikten-3/

[7] Entrata in vigore in parte il 29.05.2009 e nella restante parte l’1.09.2009.

[8] Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit.

[9] Ci riferiamo all’art. 4 della legge del 15 marzo 2012 (BGBl. 2012 II, p 178).

[10] 2.     Nach § 23 Absatz 1 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Der Antrag soll in geeigneten Fällen die Angabe enthalten, ob der Antragstellung der Versuch einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorausgegangen ist sowie eine Äußerung dazu, ob einem solchen Verfahren Gründe entgegenstehen.“

  1. Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“

  1. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:

“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”

[11] 4. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:

“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”

[12] 3.     Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“

[13] 5.     Nach § 36 wird folgender § 36a eingefügt:

„§ 36a Mediation, außergerichtliche Konfliktbeilegung

(1) Das Gericht kann einzelnen oder allen Beteiligten eine Mediation oder ein anderes Verfahren der

außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorschlagen. In Gewaltschutzsachen sind die schutzwürdigen Belange der von Gewalt betroffenen Person zu wahren.

(2) Entscheiden sich die Beteiligten zur Durchführung einer gerichtsnahen oder gerichtsinternen Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung, setzt das Gericht das Verfahren aus.

(3) Gerichtliche Anordnungs- und Genehmigungsvorbehalte bleiben von der Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung unberührt.“

[14] 6.     § 81 Absatz 2 Nummer 5 wird wie folgt gefasst:

„5. der Beteiligte einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung nach § 156 Absatz 1 Satz 3 oder einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einer Beratung nach § 156 Absatz 1 Satz 4 nicht nachgekommen ist, sofern der Beteiligte dies nicht genügend entschuldigt hat.“

[15] La legge sulla procedura in materia familiare e in materia di volontaria giurisdizione (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit vom 17. Dezember 2008 (BGBl. I S. 2586, 2587), das zuletzt durch Artikel 3 des Gesetzes vom 22. Dezember 2010 (BGBl. I S. 2255) geändert worden ist“) si può trovare in http://www.gesetze-im-internet.de/famfg/BJNR258700008.html.

[16] “§ 135 Außergerichtliche Streitbeilegung über Folgesachen

Das Gericht kann anordnen, dass die Ehegatten einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung anhängiger Folgesachen bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen. Die Anordnung ist nicht selbständig anfechtbar und nicht mit Zwangsmitteln durchsetzbar.

In precedenza vi era anche un secondo comma che è stato eliminato dalla nuova legge sulla mediazione:

 (2) Das Gericht soll in geeigneten Fällen den Ehegatten eine außergerichtliche Streitbeilegung anhängiger Folgesachen vorschlagen”.

Indipendentemente da tale sessione informativa il Tribunale poteva suggerire alle parti un metodo di risoluzione extragiudiziale delle questioni consequenziali al divorzio.

[17] 7.     § 135 wird wie folgt geändert:

  1. a) In der Überschrift wird das Wort „Streitbeilegung“ durch das Wort „Konfliktbeilegung“ ersetzt.
  2. b) Absatz 1 wird wie folgt geändert:
  3. aa) Die Absatzbezeichnung „(1)“ wird gestrichen.
  4. bb) In Satz 1 wird das Wort „Streitbeilegung“ durch das Wort „Konfliktbeilegung“ ersetzt.
  5. c) Absatz 2 wird aufgehoben.

[18] § 150 c. 4 FamFG.

[19] § 150 c. 5 FamFG.

[20] V. per maggiori dettagli il sito dell’Associazione Federale per la Mediazione Familiare (www.bafm-mediation.de).

[21] 9. Dem § 155 wird folgender Absatz 4 angefügt:

„(4) Hat das Gericht ein Verfahren nach Absatz 1 zur Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung ausgesetzt, nimmt es das Verfahren in der Regel nach drei Monaten wieder auf, wenn die Beteiligten keine einvernehmliche Regelung erzielen.“

[22] Se ad es. il bambino vive in un ambiente violento coltivare un accordo potrebbe non essere saggio.

  • 156

Hinwirken auf Einvernehmen

(1) 1Das Gericht soll in Kindschaftssachen, die die elterliche Sorge bei Trennung und Scheidung, den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, in jeder Lage des Verfahrens auf ein Einvernehmen der Beteiligten hinwirken, wenn dies dem Kindeswohl nicht widerspricht.

[23] 2 Es weist auf Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe insbesondere zur Entwicklung eines einvernehmlichen Konzepts für die Wahrnehmung der elterlichen Sorge und der elterlichen Verantwortung hin.

[24] 3 Das Gericht kann anordnen, dass die Eltern einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen.

[25] 4Es kann ferner anordnen, dass die Eltern an einer Beratung nach Satz 2 teilnehmen.

[26] Cfr. § 81 c. 5 che abbiamo già analizzato.

[27] § 156

Hinwirken auf Einvernehmen

2) 1Erzielen die Beteiligten Einvernehmen über den Umgang oder die Herausgabe des Kindes, ist die einvernehmliche Regelung als Vergleich aufzunehmen, wenn das Gericht diese billigt (gerichtlich gebilligter Vergleich). 2Das Gericht billigt die Umgangsregelung, wenn sie dem Kindeswohl nicht widerspricht.

[28] Amt für Kinder, Jugend und Familie.

[29] § 156

Hinwirken auf Einvernehmen

(3) 1Kann in Kindschaftssachen, die den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, eine einvernehmliche Regelung im Termin nach § 155 Abs. 2 nicht erreicht werden, hat das Gericht mit den Beteiligten und dem Jugendamt den Erlass einer einstweiligen Anordnung zu erörtern. 2Wird die Teilnahme an einer Beratung, an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder einer sonstigen Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung oder eine schriftliche Begutachtung angeordnet, soll das Gericht in Kindschaftssachen, die das Umgangsrecht betreffen, den Umgang durch einstweilige Anordnung regeln oder ausschließen. 3Das Gericht soll das Kind vor dem Erlass einer einstweiligen Anordnung persönlich anhören.

[30] (1) 1 Macht ein Elternteil geltend, dass der andere Elternteil die Durchführung einer gerichtlichen Entscheidung oder eines gerichtlich gebilligten Vergleichs über den Umgang mit dem gemeinschaftlichen Kind vereitelt oder erschwert, vermittelt das Gericht auf Antrag eines Elternteils zwischen den Eltern. 2 Das Gericht kann die Vermittlung ablehnen, wenn bereits ein Vermittlungsverfahren oder eine anschließende außergerichtliche Beratung erfolglos geblieben ist.

[31] https://openjur.de/u/609027.html

[32] (2) Das Gericht lädt die Eltern unverzüglich zu einem Vermittlungstermin. Zu diesem Termin ordnet das Gericht das persönliche Erscheinen der Eltern an. In der Ladung weist das Gericht darauf hin, welche Rechtsfolgen ein erfolgloses Vermittlungsverfahren nach Absatz 5 haben kann. In geeigneten Fällen lädt das Gericht auch das Jugendamt zu dem Termin.

[33] (3) In dem Termin erörtert das Gericht mit den Eltern, welche Folgen das Unterbleiben des Umgangs für das Wohl des Kindes haben kann. Es weist auf die Rechtsfolgen hin, die sich ergeben können, wenn der Umgang vereitelt oder erschwert wird, insbesondere darauf, dass Ordnungsmittel verhängt werden können oder die elterliche Sorge eingeschränkt oder entzogen werden kann. Es weist die Eltern auf die bestehenden Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe hin.

[34] (4) Das Gericht soll darauf hinwirken, dass die Eltern Einvernehmen über die Ausübung des Umgangs erzielen. Kommt ein gerichtlich gebilligter Vergleich zustande, tritt dieser an die Stelle der bisherigen Regelung. Wird ein Einvernehmen nicht erzielt, sind die Streitpunkte im Vermerk festzuhalten.

[35] (5) Wird weder eine einvernehmliche Regelung des Umgangs noch Einvernehmen über eine nachfolgende Inanspruchnahme außergerichtlicher Beratung erreicht oder erscheint mindestens ein Elternteil in dem Vermittlungstermin nicht, stellt das Gericht durch nicht anfechtbaren Beschluss fest, dass das Vermittlungsverfahren erfolglos geblieben ist. In diesem Fall prüft das Gericht, ob Ordnungsmittel ergriffen, Änderungen der Umgangsregelung vorgenommen oder Maßnahmen in Bezug auf die Sorge ergriffen werden sollen. Wird ein entsprechendes Verfahren von Amts wegen oder auf einen binnen eines Monats gestellten Antrag eines Elternteils eingeleitet, werden die Kosten des Vermittlungsverfahrens als Teil der Kosten des anschließenden Verfahrens behandelt.

Attuazione  della Direttiva 2013/11 EU (Direttiva ADR)

A oltre due anni dallo spirare del termine di adozione (9 luglio 2015) si è completato il recepimento della DIRETTIVA 2013/11/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull’ADR per i consumatori).

Tabella recepimento della direttiva ADR

Vediamo ulteriore dettaglio dei provvedimenti legislativi assunti stato per stato.

Austria (Legge federale)

Il progetto inizialmente pubbicato (Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen werden soll und das Konsumentenschutzgeset)

Si può trovare in http://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXV/SNME/SNME_03821/imfname_418892.pdf

La legge federale è entrata in vigore il 14 agosto 2015 (Bundesgesetz, mit dem ein Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen wird und das Konsumentenschutzgesetz, das Gebührengesetz 1957 und das Verbraucherbehörden-Kooperationsgesetz geändert werden StF: BGBl).

Si può rinvenire in:

https://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer=20009242&FassungVom=2015-08-24

Belgio (Legge)

Ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

Bulgaria (Legge)

Il progetto è stato adottato in prima lettura (З АКОН за изменение и допълнение на Закона за защита на потребителите)

http://www.parliament.bg/bg/bills/ID/15351/

La legge è in vigore dal 1° agosto del 2015. Si può trovare in http://dv.parliament.bg/DVWeb/showMaterialDV.jsp?idMat=96014

Cipro (Legge)

Progetto di legge:

Την με αριθ πρωτ Δ5Β 1110677 ΕΞ 2013/11-7-2013 απόφαση κατακύρωσης του Υπουργείου

https://diavgeia.gov.gr/luminapi/api/decisions/6ΩΖΤΗ-ΒΧΥ/document

La decisione di adozione del progetto di legge è del 27 maggio 2015.

Cfr. http://www.mof.gov.cy/mof/gpo/gpo.nsf/All/A1D9C55F1F5AA40EC2257E850020C233/$file/4451  17 7 2015 PARARTIMA 4o MEROS I.pdf

La legge cipriota è del 23 ottobre 2015.

ιαιτησία Νόμος του 2015, Ν. 148(Ι)/2015 («ο Νόμος») (Legge sull’arbitrato del 2015 N. 148 (I) / 2015 (“Legge”)

http://www.cylaw.org/nomoi/arith/2015_1_148.pdf

Cipro ha scelto l’arbitrato (si sostituisce la legge del 2011) che riguarda le controversie, transfrontaliere o non, per vendita di beni o prestazione di servizi sino a 5000 €.

Croazia (Legge)

Il progetto di legge si può rinvenire all’indirizzo:

https://esavjetovanja.gov.hr/ECon/MainScreen?entityId=1739.

Si tratta della Zakon o alternativnom rješavanju potrošačkih sporova resa nota il 31 luglio 2015 dal Governo e sottoposta sino al 19 agosto a pubblica consultazione attraverso econsulting.

Cfr. http://potrosac.mingo.hr/hr/potrosac/clanak.php?id=12701

A seguito della consultazione è stato pubblicato un disegno governativo in data 23 settembre 2015

Cfr. https://vlada.gov.hr/UserDocsImages//Sjednice/2015/256%20sjednica%20Vlade//256%20-%201.pdf

La legge croata (ZAKON O ALTERNATIVNOM RJEŠAVANJU POTROŠAČKIH SPOROVA) è stata varata il 15 dicembre 2016 e pubblicata il 23 dicembre 2016.

La Croazia ha secelto la mediazione

Si può trovare al seguente indirizzo:

http://narodne-novine.nn.hr/clanci/sluzbeni/2016_12_121_2622.html

Danimarca (Legge)

La legge è del 29 aprile 2015 e la Danimarca ha scelto la mediazione.

Lov om alternativ tvistløsning i forbindelse med forbrugerklager (forbrugerklageloven)

https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=169709

Estonia (Legge)

È stato varato il 26 maggio 2015. Consumer Protection Act 37 SE. http://www.riigikogu.ee/tegevus/eelnoud/eelnou/523b11ef-443a-421c-ad77-12afca358c06/Tarbijakaitseseadus/

L’Estonia ha attuato la direttiva ADR in data 9 dicembre 2015.

Il Consumer Protection Act (Tarbijakaitseseadus) entra in vigore il 1° marzo 2016.

Eelnõu

Finlandia (Legge)

Si è modificata la legge sul consumo in data 2/07/15.

https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1978/19780038

Francia (Ordinanza)

Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

Sul sito del senato si prevede il recepimento con ordinanza entro il 30 agosto 2015. Cfr. http://www.senat.fr/application-des-lois/pjl13-808.html

La Francia il 20 di agosto 2015 ha attuato la direttiva ADR.

Si tratta della Ordonnance n° 2015-1033 du 20 août 2015 relative au règlement extrajudiciaire des litiges de consommatiion NOR: EINC1512728R

https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000031070940&dateTexte=20171106

E’ stata pubblicata in gazzetta il 21 agosto 2015. Ma abbisogna di ulteriore regolamentazione da parte del Consiglio di Stato

Si è creato il mediatore dei consumatori che dovrà essere disciplinato per ogni settore. I consumatori possono presentare domanda gratuitamente.

La mediazione per il consumatore non può essere obbligatoria.

La mancata informativa da parte del professionista comporta una multa da 3000 a 15000 euro.

Germania (Legge)

Recht und Verbraucherschutz/Gesetzentwurf – 29.06.2015

Fai clic per accedere a 1805295.pdf

Su questo testo ha fatto osservazioni il Bundesrat:  l’organo attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale (in tedesco Bund) e si occupano di questioni relative all’Unione europea. Cfr. http://www.bundesrat.de/SharedDocs/drucksachen/2015/0201-0300/258-15(B).pdf;jsessionid=57937C7BFA9BDF19797E1509C7A232D5.2_cid382?__blob=publicationFile&v=1

In data 11 dicembre 2015 il Bundestag (parlamento tedesco) ha approvato la legge di attuazione della direttiva ADR.
Si tratta dell’ Entwurf eines Gesetzes zur Umsetzung der Richtlinie über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten und zur Durchführung der Verordnung über Online-Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten (Un progetto di legge di recepimento della direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie in materia di consumo e per l’attuazione del Regolamento concernente la risoluzione delle controversie online negli affari dei consumatori)
La Germania ha scelto l’arbitrato. Non si tratta però di un arbitrato vincolante. la via giudiziaria è comunque possibile.
Tuttavia se le parti lo richiedono il collegio arbitrale può nominare un mediatore che deve essere competente sia in materia di consumo sia in ambito giuridico.

Il mediatore deve essere certificato ovvero avere la qualifica di giudice.

l problema è che in oggi non esistono mediatori certificati in Germania perché il regolamento di attuazione della legge sulla mediazione non è stato ancora varato (sono passati invano 4 anni!) e dunque sino a che non interverrà apposita regolamentazione potranno occuparsi di ADR del consumo soltanto i collegi arbitrali che sono formati da avvocati pienamente qualificati. In alternativa è previsto che possano mediare soltanto i giudici, ma non pare questa ultima una soluzione che possa essere utlizzata.
E dunque si pensa che presto verrà varato il nuovo regolamento sulla certificazione, in modo che le questioni di consumo possano essere aperte a tutte le professioni.

Comunicato stampa con ultima versione del progetto allegata:

Fai clic per accedere a 0003-16.pdf

Il Presidente tedesco ha promulgato la legge di attuazione della direttiva ADR in data 19 febbraio 2016. La norma è in G.U. dal 25 febbraio 2016.
Ed i paesi attuatori divengono 24. Anche se la norma entrerà in vigore a spizzichi e bocconi tra l’aprile 2016 ed il 2019.

http://www.bundesgerichtshof.de/SharedDocs/Downloads/DE/Bibliothek/Gesetzesmaterialien/18_wp/Streitbeilegung/bgbl.pdf;jsessionid=77F2EF3AF11B88C6E0853728512AC749.2_cid329?__blob=publicationFile

Grecia (Decisione ministeriale)

Αριθμ. 70330 οικ. – ΦΕΚ B 1421 – 09.07.2015

Ρυθμίσεις σχετικά με προσαρμογή της ελληνικής νομοθεσίας, σε συμμόρφωση με την Οδηγία 2013/11/ΕΕ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την εναλλακτική επίλυση καταναλωτικών διαφορών και για την τροποποίηση του κανονισμού (ΕΚ) αριθ. 2006/2004 και της οδηγίας 2009/22/ΕΚ (οδηγία ΕΕΚΔ) και την λήψη συμπληρωματικών εθνικών μέτρων εφαρμογής του Κανονισμού 524/2013 του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την ηλεκτρονική επίλυση καταναλωτικών διαφορών

Il provvedimento si trova in https://www.e-nomothesia.gr/sunegoros-tou-katanalote/koine-upourgike-apophase-70330-oik-2015.html

Irlanda (Statutory Instrument)

Il progetto è stato adottato in maggio. Si tratta del CONSUMER RIGHTS BILL 2015.

Cfr. http://www.djei.ie/publications/commerce/2015/crbschememay2015.pdf

L’implementazione della Direttiva ADR è avvenuta il 31 luglio 2015 con S.I. No. 343 of 2015 EUROPEAN UNION (ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION FOR CONSUMER DISPUTES REGULATIONS 2015).

Fai clic per accedere a European-Union-Alternative-Dispute-Resolution-for-Consumer-Disputes-Regulations-2015.pdf

Per il 28 ottobre 2015 il Governo irlandese ha indetto un seminario per spiegare ai cittadini l’impatto di questa normativa: Cfr. http://www.eccireland.ie/seminar-on-alternative-dispute-resolution-and-online-dispute-resolution/

Italia (Decreto legislativo)

Decreto legislativo 6 agosto 2015, n. 130; è stato pubblicato il 19 agosto 2015. Entra in vigore il 3 settembre 2015.

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-08-19&atto.codiceRedazionale=15G00147&elenco30giorni=true

Lettonia (Legge)

Patērētāju ārpustiesas strīdu risinātāju likums (LV 02.07.2015.) Entra in vigore il 9 luglio 2015.

https://likumi.lv/doc.php?id=275063

Lituania (Legge)

Ha deliberato un piano di protezione dei consumatori 2015-2018.

Cfr. https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/43a7fc20d2df11e4bcd1a882e9a189f1

La legge è stata varata il 26 novembre 2015 ed entrerà in vigore per la quasi totalità del dettato il 1° gennaio del 2016.

Si tratta di: VARTOTOJŲ TEISIŲ APSAUGOS ĮSTATYMO NR. I-657 2, 5, 10, 11, 12, 40 STRAIPSNIŲ, ŠEŠTOJO SKIRSNIO IR ĮSTATYMO PRIEDO PAKEITIMO ĮSTATYMAS

Si può trovare in http://www3.lrs.lt/pls/inter3/dokpaieska.showdoc_l?p_id=1099601

Il paese ha scelto l’arbitrato e la mediazione. La legge ha una struttura simile alla nostra con tante autorità che si occupano del settore.

Lussemburgo (Legge)

PROJET DE LOI portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines autres dispositions du Code de la consommation

Fai clic per accedere a FTSShowAttachment

Il 10 di luglio 2015 sul progetto si è pronunciato il Consiglio di Stato.

Fai clic per accedere a 50944.pdf

In data 17 dicembre 2015 il governo del Lussemburgo ha adottato nel consiglio dei ministri il projet de loi portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines dispositions du Code de la consommation.

http://www.gouvernement.lu/4286577/17-conseil-gouvernement

Il 19 gennaio 2016 c’è stato l’ok circa la costituzionalità del provvedimento.

la scheda parlamentare si trova in http://www.chd.lu/wps/portal/public/RoleEtendu?action=doDocpaDetails&id=6769&backto=/wps/portal/public#

La legge è stata adottata il 17 febbraio 2016, ma la pubblicazione è avvenuta solo il 14 aprile 2016.

E’ stato istituito il mediatore del consumo che  facilita la ricerca di una soluzione amichevole di una controversia di consumo od offrire una soluzione, sentite le parti ed i terzi e raccolte tutte le informazioni necessarie.

http://eli.legilux.public.lu/eli/etat/leg/loi/2016/02/17/n1

Malta (Risoluzione generale)

ATT Nru XXX tal-2015 ATT li jemenda l-Att dwar l-Affarijiet tal-Konsumatur, Kap. 378, u għal affarijiet oħra konsegwenzjali jew anċillari għal dan. (AN ACT to amend the Consumer Affairs Act, Cap. 378, and for any other matter consequential or ancillary thereto).

Il provvedimento è del 30 ottobre 2015. Si può trovare in http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=27145&l=1

E’ entrato in vigore il 20 novembre 2015. Cfr.  https://www.gov.mt/en/Government/Government%20Gazette/Documents/2015/11/Government%20Gazette%20-%2024th%20November.pdf

Paesi Bassi (Legge)

Wet van 16 april 2015 tot implementatie van de Richtlijn 2013/11/EU van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende alternatieve beslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG en uitvoering van de Verordening (EU) nr. 524/2013 van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende onlinebeslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG (Implementatiewet buitengerechtelijke geschillenbeslechting consumenten)

Fai clic per accedere a vjthbalx5cya.pdf

Polonia (Legge)

Esiste un progetto di legge del 20 marzo del 2015 nella sua ultima versione (ma il percorso era iniziato già nel novembre del 2014). Il 6 giugno del 2015 è stato adottato dal Consiglio dei Ministri.

http://legislacja.rcl.gov.pl/docs//1/241375/241416/241417/dokument155368.pdf; http://legislacja.rcl.gov.pl/docs//1/241375/241416/241420/dokument166550.pdf

il governo polacco l’8 dicembre 2015 ha dato per imminente l’attuazione della direttiva ADR (quarto trimestre 2015)

Spunta l’idea di una difesa tecnica anche per gli utenti del consumo.

http://bip.kprm.gov.pl/kpr/bip-rady-ministrow/prace-legislacyjne-rm-i/prace-legislacyjne-rady/wykaz-prac-legislacyjny/r2102,Projekt-ustawy-o-pozasadowym-rozwiazywaniu-sporow-konsumenckich-oraz-o-zmianie-i.html

La Polonia ha licenziato la legge in data 26 settembre 2016 (USTAWA z dnia 23 września 2016 r. o pozasądowym rozwiązywaniu sporów konsumenckich1). L’entrata in vigore è stata fissata per il 10 gennaio 2017

Si può trovare sul sito:

http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20160001823

Portogallo (Legge)

Proposta de Lei 335/XII Transpõe a Diretiva n.º 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo in http://debates.parlamento.pt/catalogo/r3/dar/s2a/12/04/137/2015-05-26/8?pgs=8-21&org=PLC&plcdf=true

http://www.parlamento.pt/ActividadeParlamentar/Paginas/DetalheIniciativa.aspx?BID=39534

Il 30 luglio 2015 è stato esaminato dalla COMISSÃO DE ASSUNTOS CONSTITUCIONAIS, DIREITOS, LIBERDADES E GARANTIAS.

Cfr. http://app.parlamento.pt/WebUtils/docs/doc.pdf?Path=6148523063446f764c324679626d56304c334e706447567a4c31684a5355784652793944543030764d554e425130524d52793942636e463161585a765132397461584e7a5957387654334a6b5a57357a4947526c4946527959574a68624768764c304e425130524d52313878587a4d7a4f4335775a47593d&Fich=CACDLG_1_338.pdf&Inline=true

Lei n.º 144/2015 de 8 de setembro
Transpõe a Diretiva 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo, e revoga os Decretos -Leis n.os 146/99, de 4 de maio, e 60/2011, de 6 de maio.

Regno Unito (Leggi)

Abbiamo allo stato tre provvedimenti che si occupano del recepimento:

  • The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015

in http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksi_20150542_en.pdf

  • The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Amendment) Regulations 2015

in http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/1392/pdfs/uksi_20151392_en.pdf

  • Consumer Rights Act 2015

in http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2015/15/pdfs/ukpga_20150015_en.pdf

Cfr. Per una disamina di un solicitor inglese:

http://www.mayflowersolicitors.com/transposition-of-the-european-directive-on-alternative-dispute-resolution-likely-impact/

Per chi voglia conoscere lo stato dell’arte nel 2017: Briefing paper 2017

Repubblica Ceca  (Legge)

Il Governo ha presentato un progetto di legge il 31 marzo 2015. È all’esame della Camera dei deputati dal 27 maggio 2015.

Il presidente Milos Zeman ha firmato la legge attuatrice il 15 Dicembre 2015

Il testo è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il 28 Dicembre 2015.

Si tratta della zákon ze dne 9. prosince 2015, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zákony.

Si trova in:

http://www.sagit.cz/info/sb15378

Romania (Ordinanza)

Il 26 agosto 2015 il Governo rumeno ha attuato la direttiva ADR.

http://gov.ro/ro/print?modul=sedinte&link=noi-reglementari-privind-protectia-consumatorilor

L’Ordonanţa nr. 38/2015 privind soluţionarea alternativă a litigiilor dintre consumatori şi comercianţi entrerà in vigore il 07.09.2015

ORDONANȚA nr. 38 din 26 august 2015 privind soluționarea alternativă a litigiilor dintre consumatori și comercianți

Tuttavia l’autorità di riferimento della UE, il Ministero dell’Energia, del Piccole e Medie Imprese e dello sviluppo economico ha subito una riorganizzazione che sino al 2017 ha reso impossibile l’attuazione della Direttiva ADR. Per evitare la procedura di infrazione la Romania l’11/10/17 ha adottato un provvedimento d’urgenza con cui ha nominato come autorità il ministero dell’Economia

Si tratta della ORDONANŢĂ DE URGENŢĂ nr. 75 din 11 octombrie 2017 pentru modificarea Ordonanţei Guvernului nr. 38/2015 privind soluţionarea alternativă a litigiilor dintre consumatori şi comercianţi

http://www.monitoruljuridic.ro/act/ordonan-de-urgen-nr-75-din-11-octombrie-2017-pentru-modificarea-ordonan-ei-guvernului-nr-38-2015-nbsp-privind-solu-ionarea-alternativ-a-litigiilor-dintre-consumatori-i-comercian-i-emitent-193924.html

Slovacchia (Legge)

Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015. http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

Slovenia (Legge)

Zakon o izvensodnem reševanju potrošniških sporov.

La legge è entrata in vigore il 14/11/2015

http://www.pisrs.si/Pis.web/pregledPredpisa?id=ZAKO6843

Spagna (Legge)

Anteproyecto de Ley de Resolución Alternativa de Conflictos de Consumo.

http://transparencia.gob.es/servicios-buscador/contenido/normaelaboracion.htm?id=NormaEV30L0-20151501&lang=en&fcAct=2017-03-01T10:27:47.691Z

Bisogna dire che la FACUA, un’associazione dei consumatori spagnoli, si è scagliata contro questo progetto di legge perché, tra gli altri motivi, limita i diritti e le garanzie dei consumatori e ostacola l’accesso alla giustizia e all’arbitrato.

Cfr. http://www.expansion.com/agencia/efe/2015/07/15/20944850.html

 il nuovo progetto di legge è stato approvato dal Senato (http://www.senado.es/legis12/publicaciones/pdf/senado/bocg/BOCG_D_12_153_1263.PDF) e dal CONGRESO DE LOS DIPUTADOS (http://www.congreso.es/public_oficiales/L12/CONG/BOCG/A/BOCG-12-A-5-6.PDF) Il 26 ottobre 2017

Il progetto che è stato pubblicato si trova in:

Fai clic per accedere a BOCG-12-A-5-6.PDF

La legge è andata in Gazzetta Ufficiale il 4 novembre 2017.

Ley 7/2017, de 2 de noviembre, por la que se incorpora al ordenamiento jurídico español la Directiva 2013/11/UE, del Parlamento Europeo y del Consejo, de 21 de mayo de 2013, relativa a la resolución alternativa de litigios en materia de consumo

https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2017-12659

Svezia (Legge)

(2015:671) om alternativ tvistlösning i konsumentförhållanden

https://www.riksdagen.se/sv/dokument-lagar/dokument/svensk-forfattningssamling/lag-2015671-om-alternativ-tvistlosning-i_sfs-2015-671

Ungheria (Legge)

Il progetto di legge governativo è del maggio 2015 e comporta la modifica della legge del consumo del 1997.  T/4820. számú örvényjavaslat a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról.

In http://www.parlament.hu/irom40/04820/04820.pdf.

È divenuta legge con l’adozione in parlamento il 6 luglio 2015 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 102/2015  del 13 luglio 2015 a pag. 17618.

Si intitola:

2015. évi CXXXVII. Törvény a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról

E’ entrata in vigore il 13 settembre 2015

Si può trovare in https://mkogy.jogtar.hu/?page=show&docid=A1500137.TV

L’Irlanda vara la nuova legge sulla mediazione

Il 2 ottobre 2017 l’Irlanda ha adottato la nuova legge sulla mediazione (Mediation Act 2017[1]).

Il Ministro della Giustizia e della Eguaglianza può provvedere con la normativa di dettaglio[2] e la data di entrata in vigore parziale o totale della legge dipende comunque dal Guardasigilli [3].

L’obiettivo fondamentale della legge è quello di promuovere la mediazione come un’alternativa valida, efficace ed efficace ai procedimenti giudiziari, riducendo così i costi legali, accelerando la risoluzione delle controversie e riducendo lo stress e l’acrimonia che spesso accompagna le procedure giudiziarie[4].

Già la presentazione mi pare assai rilevante perché rientra nel concetto di giustizia partecipativa che va per la maggiore in questi tempi.

La più rilevanti prescrizioni della legge sono comunque precisate in sintesi dalla Information Note on Mediation Act 2017 a cui rimando il lettore (il contenuto è in nota)[5].

In dettaglio puntualizzo qui gli aspetti che “a caldo” mi paiono più rilevanti.

1) la partecipazione alla mediazione è volontaria in tutti i casi (section 6 subsection 2)[6];

2) il mediatore non può fare proposte a meno che le parti non glielo chiedano congiuntamente; ma anche nel caso di richiesta congiunta spetta alle parti accettare o meno la proposta (section 8 subsection 3 e 4)[7];

3) le spese e le indennità della mediazione non dipendono dall’esito della mediazione (section 6 subsection 10)[8];

4) l’accordo per mediare deve contenere l’elencazione dei diritti per cui le parti possono sempre chiedere assistenza legale (section 7 par. e)[9];

5) le parti possono essere accompagnate/assistite da chiunque (anche da un avvocato) o comunque hanno il diritto di ottenere una consulenza legale indipendente; (section 6 par. b e c)[10];

6) il mediatore può ritirarsi dalla mediazione (e ricominciarla dopo essersi ritirato) comunicando per iscritto alle parti le ragioni generali del ritiro e restituendo parte proporzionale al lavoro svolto di quanto ricevuto (section 6)[11];

7) se l’avvocato non reca in giudizio evidenza scritta di aver informato, come richiede la legge, le parti  sulla mediazione (e anche sul fatto che una mediazione può non essere adatta ad una data controversia) il procedimento viene aggiornato dal Tribunale dando il tempo opportuno all’avvocato per provvedere conformemente (salvo eccezioni di legge) (section 14-15)[12];

8) l’accordo può essere esecutivo o meno a seconda della volontà delle parti (section 11)[13];

9) Il tribunale può invitare alla mediazione su richiesta delle parti o sua sponte in base alla natura della controversia (e può tenere alle parti una sessione informativa); se le parti aderiscono all’invito il tribunale emetterà l’ordine più appropriato per facilitare la mediazione o la sua continuazione (section 16)[14]

10) nel caso di mediazione su invito del giudice il mediatore invia alla Corte un report in cui significa le ragioni per cui la mediazione non si è tenuta o nel caso si sia tenuta se c’è stato o meno accordo (anche parziale); tuttavia le parti ricevono tale report 7 giorni prima che il Tribunale (section 17)[15]

11) Le spese di avvio e la indennità devono essere ragionevoli e proporzionate alla importanza e la complessità delle problematiche in gioco e alla quantità di lavoro svolto dal mediatore (section 20)[16];

12) Nel caso di mediazione su invito del Tribunale è lo stesso che determina spese e costi valutando anche qualsiasi irragionevole 1) rifiuto o mancanza a considerare l’uso la mediazione 2) rifiuto o mancanza relativa alla partecipazione in mediazione (section 21);[17]

13) Il Ministro della Giustizia valuterà se adottare o meno uno schema pubblico di primo incontro per la mediazione familiare (section 23[18]).

[1] http://www.inis.gov.ie/en/JELR/Mediation_Act_2017.pdf/Files/Mediation_Act_2017.pdf

[2] Regulations

  1. (1) The Minister may by regulations provide for any matter referred to in this Act as prescribed or to be prescribed.

[3] Short title and commencement

  1. (1) This Act may be cited as the Mediation Act 2017.

(2) This Act shall come into operation on such day or days as the Minister may by order or orders appoint either generally or with reference to any particular purpose or provision and different days may be so appointed for different purposes or different provisions.

[4] The Mediation Act 2017 was enacted on 2 October, 2017.  The Act contains provisions for a comprehensive statutory framework to promote the resolution of disputes through mediation as an alternative to court proceedings. The underlying objective of the Act is to promote mediation as a viable, effective and efficient alternative to court proceedings, thereby reducing legal costs, speeding up the resolution of disputes and reducing the stress and acrimony which often accompanies court proceedings.  http://www.inis.gov.ie/en/JELR/Pages/Mediation_Act_2017

[5] Main provisions of the Act

The Act:

  • introduces an obligation on solicitors and barristers to advise parties to disputes to consider using mediation as a means of resolving them:
  • provides that a court may, on its own initiative or on the initiative of the parties invite the parties to consider mediation as a means of resolving the dispute;
  • contains general principles for the conduct of mediation by qualified mediators;
  • provides that communications between parties during mediation shall be confidential;
  • provides for the possible future establishment of a Mediation Council to oversee development of the sector;
  • provides for the introduction of codes of practice for the conduct of mediation by qualified mediators

[6] (2) Participation in mediation shall be voluntary at all times.

[7] (3) Subject to subsection (4), the outcome of the mediation shall be determined by the mutual agreement of the parties and the mediator shall not make proposals to the parties to resolve the dispute.

(4) The mediator may, at the request of all the parties, make proposals to resolve the dispute, but it shall be for the parties to determine whether to accept such proposals.

[8] (10) The fees and costs of the mediation shall not be contingent on its outcome.

[9] (e) the right of each of the parties to seek legal advice;

[10] (b) be accompanied to the mediation, and assisted by, a person (including a legal

advisor) who is not a party, or

(c) obtain independent legal advice at any time during the mediation

[11] (6) Subject to subsections (7) and (8) and subject to the confidentiality of the mediation, the mediator may withdraw from the mediation at any time during the mediation by notice in writing given to the parties stating the mediator’s general reasons for the withdrawal.

(7) A withdrawal under subsection (6) by the mediator from the mediation shall not of itself prevent the mediator from again becoming the mediator in that mediation.

(8) Where the mediator withdraws from the mediation under subsection (6), the mediator shall return the fees and costs paid in respect of that portion of time during which the mediator was paid to act as the mediator and for which he or she will no longer act as the mediator.

[12] Practising solicitor and mediation

  1. (1) A practising solicitor shall, prior to issuing proceedings on behalf of a client—

(a) advise the client to consider mediation as a means of attempting to resolve the dispute the subject of the proposed proceedings,

(b) provide the client with information in respect of mediation services, including the names and addresses of persons who provide mediation services,

(c) provide the client with information about—

(i) the advantages of resolving the dispute otherwise than by way of the proposed proceedings, and

(ii) the benefits of mediation,

(d) advise the client that mediation is voluntary and may not be an appropriate means of resolving the dispute where the safety of the client and/or their children is at risk, and

(e) inform the client of the matters referred to in subsections (2) and (3) and sections 10 and 11.

(2) If a practising solicitor is acting on behalf of a client who intends to institute proceedings, the originating document by which proceedings are instituted shall be accompanied by a statutory declaration made by the solicitor evidencing (if such be

the case) that the solicitor has performed the obligations imposed on him or her under subsection (1) in relation to the client and the proceedings to which the declaration relates.

(3) If the originating document referred to in subsection (2) is not accompanied by a statutory declaration made in accordance with that subsection, the court concerned shall adjourn the proceedings for such period as it considers reasonable in the circumstances to enable the practising solicitor concerned to comply with subsection

(1) and provide the court with such declaration or, if the solicitor has already complied with subsection (1), provide the court with such declaration.

(4) This section shall not apply to any proceedings, including any application, under—

(a) section 6A, 11 or 11B of the Guardianship of Infants Act 1964,

(b) section 2 of the Judicial Separation and Family Law Reform Act 1989, or

(c) section 5 of the Family Law (Divorce) Act 1996.

Practising barrister and mediation

  1. (1) Subsection (2) applies where, under another enactment or instrument made under another enactment, it is lawful for a practising barrister to issue proceedings on behalf of a client who is not represented by a practising solicitor.

(2) Subject to subsections (3) and (4), obligations analogous to those imposed under section 14 on a practising solicitor in relation to a client of the solicitor may be prescribed, subject to such modifications as may be specified in the regulations concerned, to be performed by a practising barrister in relation to a client of the barrister.

(3) In prescribing, under subsection (2), obligations referred to in that subsection to be performed by a practising barrister in relation to a client of the barrister, the Minister shall have regard to any report under section 34(1) of the Legal Services Regulation Act 2015 to the extent that the report relates to the unification of the solicitors’

profession and the barristers’ profession.

(4) The Minister shall not prescribe, under subsection (2), obligations referred to in that subsection to be performed by a practising barrister in relation to a client of the barrister except after consultation with the Law Society of Ireland and the General Council of the Bar of Ireland.

[13] 11. (1) The parties shall determine—

(a) if and when a mediation settlement has been reached between them, and (b) whether the mediation settlement is to be enforceable between them.

[14] 16. (1) A court may, on the application of a party involved in proceedings, or of its own motion where it considers it appropriate having regard to all the circumstances of the case:

(a) invite the parties to the proceedings to consider mediation as a means of attempting to resolve the dispute the subject of the proceedings;

(b) provide the parties to the proceedings with information about the benefits of mediation to settle the dispute the subject of the proceedings.

(2) Where, following an invitation by the court under subsection (1), the parties decide to engage in mediation, the court may—

(a) adjourn the proceedings,

(b) make an order extending the time for compliance by a party with rules of court or with any order of the court in the proceedings, or

(c) make such other order or give such direction as the court considers necessary to facilitate the effective use of mediation.

[15] Mediator report to court

  1. (1) Where, following an invitation by the court under section 16(1), the parties to the proceedings concerned engage in mediation and subsequently apply to the court to reenter the proceedings, the mediator shall prepare and submit to the court a written report which shall set out—

(a) where the mediation did not take place, a statement of the reasons as to why it did not take place, or

(b) where the mediation took place—

(i) a statement as to whether or not a mediation settlement has been reached between the parties in respect of the dispute the subject of the proceedings,

and

(ii) if a mediation settlement has been reached on all, or some only of the, matters concerning that dispute, a statement of the terms of the mediation settlement.

(2) Except where otherwise agreed or directed by the court, a copy of a report prepared under subsection (1) shall be given to the parties at least 7 days prior to its submission to the court.

[16] Fees and costs

  1. (1) Unless ordered by a court or otherwise agreed between the parties, the parties shall—

(a) pay to the mediator the fees and costs agreed in the agreement to mediate, or

(b) share equally the fees and costs of the mediation.

(2) The fees and costs of a mediation shall be reasonable and proportionate to the importance and complexity of the issues at stake and to the amount of work carried out by the mediator.

[17] Factors to be considered by court in awarding costs

  1. In awarding costs in respect of proceedings referred to in section 16, a court may, where it considers it just, have regard to—

(a) any unreasonable refusal or failure by a party to the proceedings to consider using mediation, and

(b) any unreasonable refusal or failure by a party to the proceedings to attend mediation, following an invitation to do so under section 16(1)

[18] Mediation information sessions in family law and succession proceedings

  1. (1) The Minister may, for the purposes of ensuring that information sessions concerning mediation are available (in this Act referred to as a “mediation information session”), at a reasonable cost and in suitable locations, to parties to relevant proceedings and having had regard to the matters specified in subsection (2)—

(a) prepare and publish a scheme for the delivery of such sessions, or

(b) approve a scheme for the delivery of such sessions prepared by a person other

than the Minister.

(2) A scheme referred to in subsection (1) may include provisions in relation to any of the

following:

(a) the nature and operation of mediation in respect of a relevant dispute;

(b) the role of the mediator in a mediation in respect of a relevant dispute;

(c) the types of mediation settlements available in a mediation in respect of a relevant dispute;

(d) the benefits of mediation over court-based resolutions in respect of a relevant dispute;

(e) the costs of mediation;

(f) a statement that legal advice may be sought by the parties at any time during the mediation.

La mediazione civile e commerciale in numeri

 

Nell’Unione Europea[1] al 18 ottobre 2017, se ci basiamo sui soli dati pubblicati[2], risultano 67.573 mediatori che servono una popolazione di 500.107.270 abitanti.

In altre parole registriamo la presenza di un mediatore ogni 7.401 abitanti.

Mediatori per abitante in UE-1

Negli Stati Uniti sono stati censiti nel 2016 6.300 neutri (mediatori, arbitri e conciliatori) per una popolazione di 326.474.013 e dunque un neutro ogni 51.821 abitanti[3].

Nel paese di Trump il Dipartimento federale della Giustizia crede nella mediazione e nel 2016, ci tengono a sottolineare, sono stati risparmiati 70.610.263 milioni di dollari e 7 anni di giudizio[4].

Quali sono le possibilità di impiego nel campo degli ADR e comunque è possibile fare il mediatore di professione?

Negli Stati uniti la possibilità di impiego risulta del 5,6%: da noi non credo sia mai stata realizzata una stima. Peraltro i mediatori in Italia sono, per quel che mi risulta, per lo più liberi professionisti (un’altissima percentuale è formata da avvocati).

Negli USA il salario medio orario è di 34,97 dollari (29,63 €). Generalmente i mediatori vengono pagati per le prestazioni di lavoro a prescindere dall’esito (anche perché spesso gli avvocati a seguito della mediazione si mettono d’accordo in separata sede prima del trial). Ci sono stati ove per i cittadini vi è la possibilità di mediazione gratuita presso i panel dei Tribunali (ad es. California), ma questo non si riflette sull’onorario del mediatore, per quanto calmierato.

Il salario medio annuale in USA è di 72.730 dollari (61.665 €); In Italia e nell’Unione Europea non esiste, a mia conoscenza, una statistica in merito. In Italia se le parti non entrano in mediazione il mediatore finisce nella maggior parte dei casi per lavorare come volontario (in barba a tutte le normative nazionali ed europee) ed è anche per questo probabilmente che non ho rinvenuto dati numerici in merito ai profitti.

Dal 2014 la categoria degli operatori di ADR negli USA è diminuita di 2100 unità e dunque vi è in corso una crisi del settore[5]. Nella Unione Europea al 30 aprile 2015 i mediatori erano 37.550 e dunque c’è stato un incremento in questi anni di oltre 30.000 unità che appare superiore all’attuale domanda di risoluzione alternativa.

Il sistema mediazione in Italia[6] al 18 ottobre 2017 prevede il dato che segue.

Gli organismi di mediazione che risultano dal registro ministeriale sono 1033. 436 organismi sono stati però cancellati nel tempo.  E dunque, almeno sulla carta, risultano attivi 597 enti di mediazione. Un organismo ogni 100.164 abitanti.

Più del 90% dei mediatori appartiene ad un solo organismo di mediazione.

L’Italia con 23.796 mediatori su 59.797.977 abitanti ha più di 4 volte i neutri statunitensi ed è capofila in negativo per numero di abitanti in Europa dopo la Romania[7], con un mediatore ogni 2.502 abitanti.

L’Italia possiede più mediatori di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles Irlanda, Irlanda del Nord, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria, messi insieme.

Detto per inciso i paesi UE che possiedono più mediatori, ad eccezione della Polonia, sono quelli che hanno anche meno giudici.

Quanti siano i mediatori attivi professionalmente nel nostro paese non è un dato disponibile. Comunque le mediazioni nel 2016 sono state 183.977[8] e dunque ogni mediatore avrebbe avuto, in linea teorica, a disposizione in Italia circa 7 mediazioni. Troppo poco per pensare di poterci costruire una professione.

Eppure dopo sette anni dal varo della legge sulla mediazione[9] i mediatori esercenti hanno acquisito esperienza e dovrebbero essere considerati al pari dei giudici.  Da un campione di 1.000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 (1985) e i 57 anni (1959) e dunque che possiedono sicuramente anche un retroterra professionale da spendere[10].

Gli enti di formazione che emergono dall’albo[11] sono 287 di cui 53 cancellati e dunque i formalmente attivi appaiono 234.

L’Italia possiede dieci volte gli enti di formazione della Romania[12] che deve poco meno della metà dei nostri mediatori.

Il nostro paese, come molti altri, ha stabilito che sia i mediatori sia i formatori debbano fare un aggiornamento obbligatorio ogni due anni. Pur essendo stanziati sul territorio 234 enti di formazione lo Stato continua a ritenere che sia opportuno affidare i corsi di formazione per formatori non a enti professionisti del settore, ma a soggetti che non hanno tra i loro fini istituzionali quello della formazione dei mediatori. Mi riferisco ad esempio agli Ordini e alle Università.

Il risultato è che non vengono banditi corsi per far fronte alla domanda che attualmente riguarda ben 1132 formatori.  E i formatori restano senza possibilità di formarsi e di impiego, a prescindere dal fatto che ci sia una domanda di aggiornamento da parte dei mediatori. Ciò potrebbe determinare peraltro indirettamente un monopolio della formazione che non è detto sia sempre sinonimo di qualità.

Ciò si riverbera anche sull’operatività degli enti di formazione visto che quasi il 75% dei formatori hanno fatto l scelta di lavorare per un solo organismo.

L’Unione Europea di recente ha adottato una risoluzione[13] nella quale “invita inoltre la Commissione a valutare la necessità per gli Stati membri di creare e mantenere registri nazionali dei procedimenti mediati, che potrebbero costituire una fonte di informazione per la Commissione, ma anche essere utilizzati dai mediatori nazionali per trarre vantaggio dalle migliori pratiche europee;”.

Al momento attuale sono 18 i paesi che possiedono un registro statale.

Registro dei mediatori-1

Ben 12 paesi hanno deciso di non adottare un registro statale[14].

Tuttavia le nazioni (Inghilterra, Germania, Danimarca, Francia) ove la mediazione ha maggiore possibilità di svilupparsi  per ragioni economiche politiche e giuridiche non possiedono un registro statale.

E possiamo in conclusione aggiungere che il registro statale per quelle nazioni che lo hanno adottato non risulta aver inciso sul miglioramento dello status dei mediatori né sulla quantità e qualità delle mediazioni.

Il nocciolo della questione peraltro è stato individuato dalla stessa risoluzione laddove si “invita gli Stati membri a profondere maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, anche attraverso opportune campagne di informazione che forniscano ai cittadini e alle persone giuridiche informazioni adeguate e complete sulla validità della procedura e sui suoi vantaggi in termini di economicità dei tempi e delle spese, nonché per assicurare una migliore cooperazione tra i professionisti della giustizia a tal fine; sottolinea al riguardo la necessità di uno scambio di migliori pratiche nelle varie giurisdizioni nazionali, sostenuto da misure adeguate a livello di Unione, al fine di aumentare la consapevolezza dell’utilità della mediazione;”.

I paesi con più alto numero di mediatori (Italia, Romania, Paesi Bassi, Austria e Polonia) sono tra quelli che in passato hanno promosso di meno gli ADR.

Se non superiamo questo stato di cose, adempiendo alla risoluzione UE, per la mediazione non si prospetta un futuro roseo.

[1] Considerando anche la Gran Bretagna.

[2] Il numero è approssimativo perché ci sono parecchi stati, come vedremo, che non hanno un registro pubblico e dunque non ci sono dati certi. Inoltre in merito ai mediatori civili e commerciali Il numero non può essere preciso perché ci sono stati in cui vi sono suddivisioni tra i mediatori (ad es. Italia ove ci sono i mediatori familiari, i civili, i penali ecc.) ed altri ove esiste il solo titolo di mediatore.

[3] Stima maggio 2016 del dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti (Cfr. https://www.bls.gov/ooh/legal/arbitrators-mediators-and-conciliators.htm)

[4] https://www.justice.gov/olp/page/file/942446/download

Alla raccolta dei dati partecipano qui anche i mediatori che devono indicare in un form sia i denari sia i giorni risparmiati.

[5] Cfr. Cecilia H. Morgan, Why Mediations Fail, in https://www.jamsadr.com/files/uploads/documents/articles/morgan_texas-lawyer_why-mediations-fail_2017-03-24.pdf

[6] https://mediazione.giustizia.it/

[7] L’Italia ha più di 2 volte i mediatori della Romania. Cfr. http://www.cmediere.ro/mediatori/?page=217

[8] http://www.altalex.com/documents/news/2017/04/18/mediazione-civile-statistiche-2011-2016

[9] Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

[10] Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 52 (1964), 47 (1969), 42 (1974), 41 (1975) e 40 (1976) anni .

[11] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx

[12] In Romania sono 23. http://www.cmediere.ro/page/502/lista-furnizorilor-de-formare-autorizati

Non ci è dato di sapere quanti siano i formatori perché ci sono Enti che non li pubblicizzano, ma non dovrebbero essere più di 50.

[13] Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (la “direttiva sulla mediazione”) (2016/2066(INI))

Cfr. http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P8-TA-2017-0321&language=IT&ring=A8-2017-0238

[14]

1             Inghilterra e Galles

2             Danimarca

3             Francia

4             Irlanda del Nord

5             Repubblica Ceca

6             Lettonia

7             Lituania

8             Germania

9             Estonia

10           Irlanda

11           Polonia

12           Lituania

Avvocato mediatore e sanzioni disciplinari. Sentenza Tar Lazio 9465/17

Pubblicato il 29/08/2017

N. 09465/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03105/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3105 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Edoardo Giardino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Adelaide Ristori n. 42;

contro

Ministero della Giustizia, Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Massimo Izzo, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Pittori, Elisa Scotti e Michela Urbani, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Lungotevere dei Mellini 24;
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e Consiglio Nazionale Forense, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– dell’atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, adottato il 17.1.2017 (m_dg.dag. 0008588.U) avente ad oggetto “Esercizio del potere di controllo e vigilanza sugli organismi di mediazione. Richiesta di chiarimenti”;

– dell’atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, adottato in data 1.2.2017 – con il quale si dispone la modifica e integrazione del PDG 5.8.2016 di integrazione della -OMISSIS-” – nella parte in cui cancella, quindi, esclude l’avv. -OMISSIS- dall’elenco dei mediatori ivi elencato;

per l’annullamento e/o la disapplicazione

– del D.M. n. 180/2010, così come aggiornato con le successive modifiche del D.M. n. 145/2011 e del D.M. n. 139/2014 – quindi altresì per l’annullamento e/o la disapplicazione dei predetti D.M. n. 145/2011 e n. 139/2014 – incluso l’art. 4, comma 3, lett. c), incluso il punto d. e, ove occorrer possa, inclusi i seguenti articoli: art. 8, comma 1; art. 4, commi 1-2-3; art. 4, comma 3, lettere a)-b)-c); art. 5; art. 6, incluso il comma 2, lett c); art. 8; art. 10; se intesi e/o ritenuti contrari alle pretese fatte valere dalla ricorrente;

nonché, ove occorrer possa, del PDG 4.11.2010 e del PDG 5.8.2016, così come rievocati dal suddetto e quivi impugnato atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, dell’1.2.2017 e della cui esistenza la ricorrente è venuta a conoscenza in data 1.2.2017;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministero dello Sviluppo Economico, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Massimo Izzo;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare n. 2289/2017;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2017 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso a questo Tribunale, la ricorrente, premesso di esser stata sottoposta a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma, conclusosi con l’irrogazione della sanzione della censura, disposta con sentenza n. -OMISSIS- dal Consiglio Nazionale Forense, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti indicati in epigrafe.

In particolare, dopo avere ripercorso la normativa in tema di requisiti necessari per assolvere il ruolo di mediatore, nonché la disciplina di cui al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180, recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione, chiedeva l’annullamento degli atti che avevano disposto la sua cancellazione dall’elenco dei mediatori dell’organismo “-OMISSIS-”, nonché, se necessario, l’annullamento e/o la disapplicazione delle pertinenti disposizioni del citato decreto ministeriale.

2. Il gravame è affidato ai seguenti motivi:

I – Violazione dell’art. 16 del d.lgs. n. 28/2010. Violazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 58/1998. Violazione degli artt. 4-6-10 del Decreto del Ministero della Giustizia n. 180/2010. Violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione dell’art. 22 del Codice Deontologico forense. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e difetto motivazionale, travisamento di atti e fatti, erroneità e difetto dei presupposti. Sviamento e manifesta ingiustizia, disparità di trattamento. Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità amministrativa.

La ricorrente, ritenendo che il Ministero non abbia correttamente interpretato il contenuto degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 180/2010, evidenzia l’illegittimità dell’espulsione dall’elenco dei mediatori di “-OMISSIS-”, disposta nei suoi confronti. E ciò in quanto ritiene che il decreto, nel contemplare all’art. 4 i criteri per l’iscrizione degli organismi di mediazione (e non già dei mediatori) nel relativo registro istituito presso il Ministero della Giustizia, inclusa l’elencazione dei requisiti di onorabilità, non sancirebbe l’espulsione del mediatore a seguito della sopravvenuta perdita dei predetti requisiti. La misura, a dire della ricorrente, sarebbe altresì in collisione con i principi di proporzionalità e ragionevolezza in quanto eccessivamente dannosa rispetto alla lieve entità del presupposto sanzionatorio.

II – Violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, proporzionalità e ragionevolezza. Violazione dell’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Violazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21.5.2008. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, errata valutazione dei fatti e travisamento dei fatti, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità motivazionale e decisionale.

La misura dell’espulsione si porrebbe in contrasto con il principio di equità amministrativa, sancito dall’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 1 della Legge n. 241 del 1990. Segnatamente, il provvedimento di espulsione sarebbe, oltre che sproporzionato, iniquo in quanto eccessivamente punitivo rispetto al suo presupposto fattuale.

3. Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e le altre amministrazioni evocate in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.

Il controinteressato avv. Massimo Izzo s’è costituito in giudizio ed ha formulato talune eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del gravame.

In particolare, afferma che l’impugnata nota del Ministero della Giustizia prot. 8588 del 17 gennaio 2017 avrebbe natura endoprocedimentale e la successiva nota del Ministero del 1° febbraio 2017 assumerebbe una rilevanza meramente ricognitiva, costituendo una presa d’atto dell’esclusione disposta dalla società di mediazione. Ritiene, inoltre, comunque non sussistente la giurisdizione di questo giudice in ordine alla vicenda contenziosa, essendo oggetto di contestazione le determinazioni assunte dall’organismo di mediazione, sottoposte alla cognizione del giudice ordinario e comunque non impugnate. Eccepisce, altresì, il difetto di integrità del contraddittorio per la mancata notificazione del ricorso alla società di mediazione “-OMISSIS-”, che ha adottato l’esclusione contestata.

4. A seguito della camera di consiglio del 10 maggio 2017, è stata data tutela all’esigenza cautelare rappresentata dalla ricorrente attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a..

5. Alla pubblica udienza del 19 luglio 2017, il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, osserva il Collegio che non è fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte controinteressata.

L’eccezione parte dal presupposto che la posizione della ricorrente sarebbe stata incisa dalla cancellazione dall’elenco dei mediatori operata dall’organismo di mediazione “-OMISSIS-” e non dalle note ministeriali impugnate. Tale affermazione non può essere condivisa, in quanto la cancellazione della ricorrente dall’elenco tenuto dall’organismo di mediazione è stata disposta su impulso del Ministero della giustizia e in ragione dell’esercizio del potere di vigilanza a questi spettante sulla base della normativa primaria e secondaria (quest’ultima ulteriormente sottoposta a critica perché ritenuta esorbitare i limiti ricavabili dalla legge).

Ne consegue la sussistenza giurisdizione di questo giudice, trattandosi di questioni afferenti al corretto esercizio del potere amministrativo riconosciuto al Ministero quale soggetto competente a vigilare sulla corretta tenuta del registro degli organismi di mediazione.

2. Parimenti infondate sono le ulteriori eccezioni in rito presentate dal controinteressato in relazione alla inammissibilità del gravame per carenza di lesività degli atti oggetto di impugnazione.

2.1 Quanto alla nota prot. 8588 del 17 gennaio 2017, ritenuta non impugnabile autonomamente in quanto di natura endoprocedimentale, si osserva che essa, al di là del tenore letterale utilizzato nell’indicare il suo oggetto, ha determinato l’insorgenza di un vero e proprio obbligo in capo alla società di mediazione cui era rivolta di disporre la cancellazione immediata del ricorrente dall’elenco dei propri mediatori (cfr. pag. 1 del provvedimento), non lasciandole alcun margine di analisi o di esercizio di discrezionalità valutativa.

2.2 Del pari, anche la nota ministeriale del 1° febbraio 2017 è un atto impugnabile in quanto non rappresenta una mera presa d’atto dell’intervenuta cancellazione ma costituisce, come anzidetto, l’espressione dell’esercizio del potere ministeriale di verifica della titolarità dei requisiti in capo all’organismo di mediazione e ai mediatori.

2.3 Da ultimo, va respinta anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio alla società -OMISSIS-.

Premesso che la qualità di controinteressato postula una situazione di vantaggio derivante direttamente ed immediatamente dal provvedimento impugnato, non è possibile riscontrare un simile interesse in capo alla menzionata società, per l’assenza di circostanze e/o dati oggettivi atti a comprovare la titolarità in capo alla società in questione di un interesse giuridico qualificato al mantenimento in vita dei provvedimenti impugnati.

3. Nel merito, il ricorso è infondato, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Al fine di una migliore analisi della vicenda sottoposta a giudizio, è utile effettuare una breve disamina sul complesso di norme che regolano la materia della iscrizione e tenuta dell’elenco degli organismi di mediazione e dei mediatori.

L’art. 60 della legge 18.6.2009 n. 69 ha introdotto, al comma 1, la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. I principi a cui doveva ispirarsi l’attività governativa, riportati al successivo comma 2, erano così individuati : “a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia;; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia,, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo ministero… d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia”.

Il Governo provvedeva mediante il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che contiene tra l’altro una serie di norme volte a garantire l’imparzialità e terzietà del mediatore nell’esercizio delle proprie funzioni (cfr., in particolare, l’art. 3 sulla modalità di nomina del mediatore, gli artt. 9 e 10 sull’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni da questi acquisite durante il procedimento di mediazione nonché l’art. 14, che impone taluni obblighi dichiarativi ed informativi).

L’art. 16 del citato d.lgs. disciplina l’istituzione del registro degli organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione e prevede, tra l’altro, che l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti nel registro siano disciplinate con appositi decreti del Ministro della giustizia.

In attuazione della richiamata previsione, è stato emanato il decreto del ministero della Giustizia n. 180 del 2010; di particolare rilievo, ai fini che ne occupano, è la disciplina recata ivi recata agli art. 4, 6 e 10.

L’art. 4, comma 3, del decreto impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di requisiti in capo al mediatore, tra i quali quelli di onorabilità previsti alla lettera c) del citato comma.

In particolare, per il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere riportato: a) condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b) interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici; c) misure di prevenzione o di sicurezza; d) sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

L’art. 6 dello stesso decreto, rubricato “requisiti per l’esercizio delle funzioni di mediatore”, impone all’organismo di mediazione che richiede l’iscrizione nel registro di allegare l’elenco dei mediatori che si dichiarano disponibili allo svolgimento del servizio, corredando tale elenco, tra l’altro, con una “attestazione di possesso dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera c)”.

Infine, l’art. 10 prevede che se, “dopo l’iscrizione, sopravvengono o risultano nuovi fatti che l’avrebbero impedita, ovvero in casi di violazione degli obblighi di comunicazione di cui agli art. 8 e 20 e di reiterata violazione degli obblighi del mediatore, il responsabile dispone la sospensione e, nei casi più gravi, la cancellazione dal registro”. Al comma 4 aggiunge che “spetta al responsabile, per le finalità di cui ai commi 1 e 2, l’esercizio del potere di controllo, anche mediante l’acquisizione di atti e notizie, che viene esercitato nei modi e nei tempi stabiliti da circolari o atti amministrativi equipollenti, di cui viene curato il relativo recapito, anche soltanto in via telematica, ai singoli organismi interessati”.

In sostanza, qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla permanenza dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal registro a carico dell’organismo di mediazione.

3.1 Occorre, quindi, chiedersi se tra quei fatti che possono comportare la cancellazione dell’organismo di mediazione dal registro debba ricomprendersi l’ipotesi della perdita, in capo a uno dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto dall’organismo stesso, dei requisiti di onorabilità.

Al quesito deve darsi risposta affermativa.

Dall’analisi testuale e teleologica delle norme sopra richiamate è possibile evincere il principio per il quale la titolarità del requisito della c.d. onorabilità in capo al mediatore inserito nell’elenco dell’organismo che richiede l’iscrizione nel registro deve sussistere durante tutta la titolarità dell’incarico e non solo al momento della richiesta di iscrizione.

In primo luogo, sotto l’aspetto testuale, soccorre la lettura dell’art. 6 del citato decreto, che disciplina i requisiti per “l’esercizio” delle funzioni di mediatore. Tale disposizione, infatti, contiene un espresso richiamo ai requisiti di onorabilità in capo al mediatore di cui all’art. 4, comma 3, lett. c), già previsti ai fini dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione.

Oltre al dato letterale, è dalla stessa ratio complessiva delle norme richiamate che si ricava la necessità di prevedere adeguate garanzie a presidio della professionalità, integrità e serietà in capo ai singoli mediatori, sicché sarebbe illogica una lettura delle norme volta a limitare l’obbligo del possesso dei citati requisiti di onorabilità alla sola fase genetica di conferimento dell’incarico di mediazione e non anche durante il suo esercizio.

3.2 In definitiva, il primo motivo di impugnazione, nella parte in cui si deduce, in ragione dell’assenza di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della cancellazione della ricorrente dall’elenco dei mediatori a seguito dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è infondata e va respinta: si tratta, infatti, di una diretta conseguenza della perdita del requisito di onorabilità, che impedisce al mediatore di continuare a svolgere il suo incarico.

4. Con un secondo gruppo di doglianze, in parte contenute nel primo motivo di impugnazione, oltre che nel secondo dei motivi di ricorso, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza e l’iniquità della cancellazione disposta a suo carico, rispetto al presupposto fattuale (l’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del Consiglio nazionale forense) che ne ha portato all’adozione.

Sostiene la ricorrente, in particolare, che – alla luce del richiamo ai principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, contenuto nella direttiva 2008/52/CE che disciplina l’istituto della mediazione – le scelte amministrative impugnate si porrebbero in contrasto con l’art. 41 della suddetta Carta, secondo il quale ogni persona ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo.

Inoltre, difetterebbe la necessaria proporzione che deve intercorrere tra l’addebito e la sanzione irrogata.

Anche tali doglianze non possono essere condivise.

4.1 Occorre ricordare, dal punto di vista normativo, che i requisiti per l’esercizio delle funzioni di mediatore non sono stati esplicitati direttamente dal legislatore delegato ma individuati dalla successiva disposizione ministeriale di cui al decreto n. 180/2010. Ciò, tuttavia, non costituisce una ragione di invalidità degli atti gravati, in quanto non sussisteva l’obbligo di prevederne il contenuto nel decreto legislativo n. 28/2010, che ha individuato, in attuazione della legge delega n. 69/2009, una serie di obblighi di astensione e informativi in capo al mediatore, a garanza della sua neutralità, indipendenza e imparzialità.

La disposizione ministeriale, quindi, muovendosi nel solco tracciato dalle citate norme di legge, ha esplicitato quelle condizioni necessarie per l’espletamento delle funzioni di mediatore nel rispetto dei surriferiti canoni, sicché il sindacato di questo giudice va circoscritto all’analisi della eventuale irragionevolezza dei requisiti individuati ovvero alla loro sproporzione rispetto alle attività che il mediatore è chiamato a svolgere.

4.2 Il Collegio non ritiene che sussista la lamentata violazione del principio di equità sopra richiamato, a fronte della previsione di una incompatibilità tra l’esercizio della funzione di mediatore e l’irrogazione di una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento.

Trattasi, infatti, di una previsione del tutto coerente rispetto agli interessi pubblici tutelati attraverso la disciplina della mediazione e confacente all’esigenza di garantire la massima serietà e professionalità di coloro che possono svolgere incarichi di mediazione, che possono ritenersi ragionevolmente lese a fronte di sanzioni disciplinari riportate nel corso della libera professione.

La disposizione in esame, inoltre, è rispettosa anche del principio di proporzionalità, in quanto effettua una opportuna gradazione tra le diverse ipotesi sanzionatorie e consente il mantenimento del requisito di onorabilità nel caso di irrogazione della sanzione dell’avvertimento, vale a dire quando il fatto oggetto di contestazione disciplinare è privo del connotato della gravità (cfr. l’art. 22 del Codice deontologico forense).

4.3 In definitiva, la previsione che l’incarico di mediazione possa essere affidato solo a colui che, nell’esercizio della propria attività professionale, non sia incorso in condotte violative dei canoni deontologici connotate da gravità non appare inficiata neppure dai dedotti vizi di iniquità e carenza di proporzionalità.

5. Alla luce di quanto complessivamente suesposto, il ricorso è infondato e va respinto.

6. La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Ivo Correale, Consigliere

Lucia Maria Brancatelli, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lucia Maria Brancatelli Carmine Volpe

IL SEGRETARIO

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=RBSN5LQ4WKCRZ5FD474MZ3F2UM&q=

Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (la “direttiva sulla mediazione”) (2016/2066(INI))

Il Parlamento europeo,

–  vista la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale(1) (la “direttiva sulla mediazione”),

–  vista la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (COM(2016)0542),

–  vista la raccolta di analisi approfondite della direzione generale delle Politiche interne dal titolo “The implementation of the Mediation Directive – 29 November 2016” (L’attuazione della direttiva sulla mediazione – 29 novembre 2016)(2) ,

–  visto lo studio della Commissione dal titolo “Study for an evaluation and implementation of Directive 2008/52/EC – the ‘Mediation Directive'”(Studio per una valutazione e attuazione della direttiva 2008/52/CE – la “direttiva sulla mediazione”) del 2014(3) ,

–  visto lo studio della direzione generale delle Politiche interne dal titolo “Rebooting the Mediation Directive: Assessing the limited impact of its implementation and proposing measures to increase the number of mediations in the EU” (Riesame della direttiva sulla mediazione: valutazione dell’impatto limitato della sua attuazione e proposta di misure per incrementare il numero di mediazioni nell’UE)(4) ,

–  vista la valutazione dell’attuazione europea della direttiva sulla mediazione elaborata dall’unità Valutazione d’impatto ex post dei Servizi di ricerca del Parlamento europeo (EPRS)(5) ,

–  visto lo studio della direzione generale delle Politiche interne dal titolo “Quantifying the cost of not using mediation – a data analysis” (Quantificare i costi derivanti dal mancato ricorso alla mediazione – un’analisi dei dati)(6) ,

–  visti l’articolo 67 e l’articolo 81, paragrafo 2, lettera g), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE),

–  visti l’articolo 52 del suo regolamento, nonché l’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), e l’allegato 3 della decisione della Conferenza dei presidenti del 12 dicembre 2002 sulla procedura relativa alla concessione dell’autorizzazione ad elaborare relazioni di iniziativa,

–  vista la relazione della commissione giuridica (A8-0238/2017),

A.  considerando che la direttiva 2008/52/CE è stata un’importante pietra miliare per quanto riguarda l’introduzione e l’uso delle procedure di mediazione nell’Unione europea; che, sebbene la sua attuazione differisca notevolmente tra gli Stati membri, in funzione della previa esistenza o meno di sistemi di mediazione nazionali, e che alcuni Stati membri hanno optato per un’applicazione relativamente letterale delle sue disposizioni, altri per una revisione approfondita di modalità alternative di risoluzione delle controversie (come, ad esempio, nel caso dell’Italia, dove il ricorso alla procedura di mediazione è sei volte superiore rispetto al resto d’Europa), mentre altri ancora hanno ritenuto che le disposizioni nazionali in vigore fossero già in linea con la direttiva sulla mediazione;

B.  considerando che la maggior parte degli Stati membri ha esteso l’ambito di applicazione delle rispettive misure di recepimento nazionali anche ai casi nazionali e solo tre Stati membri hanno scelto di trasporre la direttiva unicamente per quanto riguarda i casi transfrontalieri(7) , producendo un impatto decisamente positivo sugli ordinamenti degli Stati membri e sulle categorie di controversie interessate;

C.  considerando che le difficoltà emerse nella fase di trasposizione della direttiva riflettono in larga parte le divergenze di cultura giuridica tra gli ordinamenti nazionali; che occorre pertanto dare priorità al cambiamento di mentalità giuridica attraverso lo sviluppo di una cultura della mediazione basata sulla risoluzione amichevole delle controversie – una questione che è stata ripetutamente sollevata dalle reti europee di professionisti del diritto fin dalla genesi della direttiva dell’Unione e poi nella sua trasposizione nazionale da parte degli Stati membri;

D.  considerando che l’applicazione della direttiva sulla mediazione ha apportato un valore aggiunto dell’UE sensibilizzando i legislatori nazionali in merito ai vantaggi della mediazione e determinando un certo grado di armonizzazione per quanto riguarda il diritto procedurale e le varie pratiche negli Stati membri;

E.  considerando che la mediazione, in quanto procedura extragiudiziale alternativa, volontaria e confidenziale, può essere uno strumento utile per alleviare il carico dei sistemi giudiziari in taluni casi e fatte salve le necessarie misure di salvaguardia, dal momento che consente alle persone fisiche e giuridiche di comporre le controversie rapidamente e a basso costo – tenuto conto che l’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari viola la Carta dei diritti fondamentali – garantendo nel contempo un migliore accesso alla giustizia e contribuendo alla crescita economica;

F.  considerando che è evidente che gli obiettivi enunciati all’articolo 1 della direttiva sulla mediazione, vale a dire promuovere il ricorso alla mediazione e in particolare garantire “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”, non sono stati raggiunti, visto che la mediazione è utilizzata mediamente in meno dell’1 % dei casi nei tribunali della maggior parte degli Stati membri(8) ;

G.  considerando che la direttiva sulla mediazione non ha creato un sistema dell’Unione per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in senso stretto, ad eccezione dell’introduzione di disposizioni specifiche riguardanti i termini di prescrizione e decadenza nei procedimenti di mediazione e per quanto riguarda gli obblighi di riservatezza per i mediatori e il loro personale amministrativo;

Conclusioni principali

1.  si compiace che, in molti Stati membri, i sistemi di mediazione siano stati recentemente sottoposti a modifiche e revisioni, mentre in altri siano previste modifiche della legislazione applicabile(9) ;

2.  deplora che solo tre Stati membri abbiano scelto di trasporre la direttiva solo per quanto riguarda i casi transfrontalieri e osserva che esistono alcune difficoltà in relazione al funzionamento pratico dei sistemi di mediazione nazionali, principalmente dovute alla tradizione del contraddittorio e all’assenza di una cultura della mediazione negli Stati membri, al basso livello di conoscenza della mediazione nella maggioranza degli Stati membri, nonché a un’insufficiente conoscenza di come trattare i casi transfrontalieri e del funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità per i mediatori(10) ;

3.  sottolinea che tutti gli Stati membri prevedono la possibilità che gli organi giurisdizionali invitino le parti a ricorrere alla mediazione o, almeno, a partecipare a sessioni informative sulla mediazione; osserva che, in determinati Stati membri, la partecipazione a dette sessioni informative è obbligatoria, su ordine del giudice(11) o per legge per determinate controversie, come nel caso del diritto di famiglia(12) ; rileva altresì che determinati Stati membri fanno obbligo agli avvocati di informare i propri clienti circa la possibilità di ricorrere alla mediazione o richiedono che nelle domande presentate all’organo giurisdizionale sia indicato se il tentativo di mediazione è stato esperito o se sussistono motivi che lo ostacolano; osserva che l’articolo 8 della direttiva sulla mediazione assicura che alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di essere ascoltate in tribunale a causa del tempo trascorso in mediazione; sottolinea che, a tale riguardo, gli Stati membri non hanno segnalato nessun problema;

4.  constata altresì che molti Stati membri forniscono alle parti incentivi finanziari affinché ricorrano alla mediazione, sotto forma di riduzione dei costi o di assistenza legale, o prevedendo sanzioni per il rifiuto ingiustificato di valutare il ricorso alla mediazione; osserva che i risultati conseguiti in questi paesi dimostrano che la mediazione può garantire una risoluzione extragiudiziale delle controversie rapida e con un buon rapporto costi-efficacia, grazie a procedure adeguate alle necessità delle parti;

5.  ritiene che l’adozione di codici di condotta costituisca un importante strumento per assicurare la qualità della mediazione; osserva a tale riguardo che il Codice europeo di condotta per mediatori è direttamente utilizzato dalle parti in causa o è fonte di ispirazione per i codici nazionali o di settore; osserva inoltre che la maggior parte degli Stati membri dispone di procedure di accreditamento obbligatorie per i mediatori e di registri di mediatori;

6.  deplora la difficoltà di ottenere dati statistici globali sulla mediazione, inclusi il numero di casi mediati, la durata media e le percentuali di successo delle procedure di mediazione; osserva che, in assenza di una banca dati affidabile, è molto difficile promuovere ulteriormente la mediazione e accrescere la fiducia dei cittadini nella sua efficacia; sottolinea, d’altro canto, il ruolo sempre più importante della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale nel migliorare la raccolta dei dati nazionali sull’applicazione della direttiva sulla mediazione;

7.  si compiace della particolare importanza della mediazione nell’ambito del diritto di famiglia (soprattutto in procedimenti riguardanti la custodia dei figli, i diritti di accesso e i casi di sottrazione di minore), in quanto può creare un’atmosfera costruttiva di discussione e garantire rapporti equi tra i genitori; osserva inoltre che le composizioni amichevoli tendono a essere durature e nell’interesse superiore del minore, dal momento che possono riguardare, oltre alla residenza principale del minore, le disposizioni di visita o gli accordi relativi al mantenimento del minore; sottolinea al riguardo l’importante ruolo svolto dalla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, che elabora raccomandazioni intese a incrementare l’uso della mediazione familiare in un contesto transfrontaliero, in particolare nei casi di sottrazione di minore;

8.  sottolinea l’importanza di sviluppare e mantenere una sezione separata del portale europeo della giustizia elettronica dedicata alla mediazione transfrontaliera nell’ambito del diritto di famiglia, che fornisca informazioni sui sistemi di mediazione nazionali;

9.  accoglie con favore, pertanto, l’impegno della Commissione di cofinanziare diversi progetti volti a promuovere la mediazione e la formazione per i giudici e altri operatori della giustizia negli Stati membri;

10.  sottolinea che, ferma restando la natura volontaria della mediazione, è necessario adottare ulteriori misure per garantire l’esecutività degli accordi mediati in maniera rapida e accessibile, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del diritto dell’Unione e nazionale; rammenta a tale riguardo che l’esecutività a livello nazionale di un accordo raggiunto dalle parti in uno Stato membro è, di norma, subordinata all’omologazione di un’autorità pubblica, il che dà origine a costi supplementari e richiede molto tempo per le parti dell’accordo, e può pertanto influire negativamente sulla circolazione di accordi di mediazione esteri, soprattutto nel caso di controversie minori;

Raccomandazioni

11.  invita gli Stati membri a profondere maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, anche attraverso opportune campagne di informazione che forniscano ai cittadini e alle persone giuridiche informazioni adeguate e complete sulla validità della procedura e sui suoi vantaggi in termini di economicità dei tempi e delle spese, nonché per assicurare una migliore cooperazione tra i professionisti della giustizia a tal fine; sottolinea al riguardo la necessità di uno scambio di migliori pratiche nelle varie giurisdizioni nazionali, sostenuto da misure adeguate a livello di Unione, al fine di aumentare la consapevolezza dell’utilità della mediazione;

12.  invita la Commissione a valutare la necessità di elaborare norme di qualità a livello di Unione relative alla fornitura di servizi di mediazione, segnatamente sotto forma di norme minime a garanzia della coerenza, pur tenendo conto del diritto fondamentale di accesso alla giustizia e delle differenze locali nelle culture della mediazione, così da promuovere ulteriormente il ricorso a tale istituto;

13.  invita inoltre la Commissione a valutare la necessità per gli Stati membri di creare e mantenere registri nazionali dei procedimenti mediati, che potrebbero costituire una fonte di informazione per la Commissione, ma anche essere utilizzati dai mediatori nazionali per trarre vantaggio dalle migliori pratiche europee; sottolinea che qualsiasi registro deve essere creato nel pieno rispetto del regolamento generale sulla protezione dei dati (regolamento (UE) 2016/679)(13) ;

14.  chiede alla Commissione di effettuare uno studio dettagliato sugli ostacoli alla libera circolazione degli accordi di mediazione esteri nell’Unione e sulle varie opzioni esistenti per promuovere l’utilizzo della mediazione quale modalità valida, accessibile ed efficace di risoluzione delle controversie interne e transfrontaliere nell’Unione, tenendo conto dello Stato di diritto e degli attuali sviluppi internazionali in questo ambito;

15.  invita la Commissione, nel contesto della riflessione sulla revisione normativa, a trovare soluzioni al fine di estendere, se possibile, l’ambito di applicazione della mediazione anche ad altre questioni civili o amministrative; sottolinea tuttavia che è necessario prestare particolare attenzione ai risvolti che la mediazione può avere su alcune tematiche sociali, ad esempio il diritto di famiglia; raccomanda al riguardo alla Commissione e agli Stati membri di applicare e mettere in atto misure di salvaguardia adeguate nei processi di mediazione al fine di limitare i rischi per le parti più deboli e proteggerle da eventuali abusi di processo o di posizione imputabili alle parti più forti, nonché di fornire dati statistici pertinenti ed esaustivi; sottolinea inoltre l’importanza di assicurare il rispetto di criteri di equità in materia di costi, con particolare riguardo alle tutele per le categorie svantaggiate; osserva tuttavia che la mediazione potrebbe perdere attrattività e valore aggiunto se dovessero essere introdotti standard troppo stringenti per le parti;

o
o   o

16.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

 

(1) GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3.
(2) PE 571.395.
(3) http://bookshop.europa.eu/en/study-for-an-evaluation-and-implementation-of-directive-2008-52-ec-the-mediation-directive–pbDS0114825/
(4) PE 493.042.
(5) PE 593.789.
(6) PE 453.180.
(7) Si veda COM(2016)0542, pag. 5.
(8) PE 571.395, pag. 25.
(9) Croazia, Estonia, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Ungheria.
(10) Si veda COM(2016)0542, pag. 4.
(11) Ad esempio nella Repubblica ceca.
(12) Ad esempio in Lituania, Lussemburgo, Inghilterra e Galles.
(13) GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1.

In http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P8-TA-2017-0321&language=IT&ring=A8-2017-0238

La crociata anti-mediazione

Svetonio ci racconta che Caligola mise la conciliazione fuori legge per rimpinguare le casse personali[1].

Anche Federico II stabilì che non si potesse conciliare in corso di causa se non con il permesso del Tribunale: e ciò perché all’epoca il giudice era pagato dalle parti[2]. Si può quindi immaginare che non molti giudici permettessero la conciliazione.

Su questa sola base nell’Ottocento napoletano si fissò il principio che “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj”.

Il principio era assai vivo anche nei domini savoiardi tanto che si scelse nel 1865, come è a tutti noto, la conciliazione volontaria; senza contare che il Principe era allergico alla partecipazione obbligatoria alla conciliazione con gli Ebrei[3]: dal che si potrebbe anche evincere che certi dettami europeistici sulla volontarietà dello strumento alternativo, hanno ancora, probabilmente a insaputa dei 28 stati componenti della UE, una forte radice anti-giudea.

E dunque il “sacro” diritto di accesso al processo nacque dalla banale necessità di pagare i piaceri sfrenati di Caligola, lo stipendio del giudice e dalla voglia dei sovrani di non discutere più dei loro immotivati espropri immobiliari perpetrati nel ghetto.

Con l’occhio dello storico io non posso che prendere atto dei fatti che sono avvenuti, ma come mediatore ed avvocato non posso che provare una grande nausea.

La stessa sensazione, o forse una ancora più intensa, mi prende di fronte al disegno di legge in discussione al Senato con cui viene inventato un nuovo tentativo obbligatorio di conciliazione che bypassa la mediazione.

Si tratta di quello previsto dell’art. 8 del ddl 2224 S (responsabilità professionale del personale sanitario); allo stato è in esame alla 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità)[4].

Art. 8.

(Tentativo obbligatorio di conciliazione)

  1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
  2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. In tali casi non trova applicazione l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
  3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
  4. La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, e per tutta la durata del procedimento. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.

Balza agli occhi che gli onorevoli senatori vogliono:

  1. ridurre drasticamente il ricorso alla giustizia ordinaria e limitare il conseguente diritto del cittadino;
  2. eliminare la mediazione;
  3. sanzionare coloro che non partecipano al procedimento dell’art. 696 bis c.p.c.;
  4. risanare le casse dei tribunali con i proventi del 702 c.p.c.

Mi pare, a dire la verità, che questo modo di vedere le cose non sia in linea con la realtà del fenomeno e che si potessero utilizzare altri strumenti.

Come mediatore posso testimoniare che nelle controversie sanitarie sono per lo più gli Ospedali e le ASL ed i sanitari che non partecipano alle mediazioni. E spesso alla base di tale comportamento ci sono problemi meramente assicurativi che le strutture subiscono.

Non bastava prevedere che fosse determinata una pena pecuniaria a favore di coloro che subiscono malpractice medica e che partecipano alla mediazione?

No certamente, perché così la mediazione sarebbe stata aiutata ed incentivata in questa materia.

Questo non era tollerabile dai nemici della mediazione.

E allora si è prevista questa misura per la mancata partecipazione al 696 bis c.p.c.

Ad oggi per una responsabilità di coloro che sono preposti alla pubblica cura e degli enti assicurativi, le mediazioni di fatto si celebrano col solo attivante e quindi il cittadino ricava certamente un danno psicologico dal mancato confronto con le strutture, ma dal lato economico dobbiamo tener conto che corrisponde solo 48,80 € per un verbale negativo; ed è poi è libero di agire in giudizio.

Con questa nuova disposizione, che peraltro si presta a notevoli profili di incostituzionalità, si prevede che il cittadino debba spendere migliaia di euro per partecipare ad una consulenza tecnica. E addirittura si pone l’ipotesi che il procedimento non sia abbastanza rapido e si mette già in conto il costo di un altro giudizio.

Ritengo quindi questo ddl davvero indigeribile, specie alla luce del fatto che ci sono esperienze che il legislatore italiano ha ben presente e che hanno altrove cercato di risolvere il problema con il minimo dispendio per il cittadino.

Mi riferisco a quella della negoziazione assistita che in Francia è nata (là si chiama procédure participative) anche per venire incontro ad un costo esorbitante delle perizie disposte dal giudice; nel paese transalpino è quindi possibile nominare un terzo perito in qualsivoglia materia appunto in sede di negoziazione assistita e dunque limitare fortemente il peso economico per le tasche del cittadino[5].

Un legislatore attento ai bisogni del cittadino poteva dunque aggiungere semplicemente la previsione in convenzione di negoziazione della nomina di un perito (che il decreto sulla degiurisdizionalizzazione aveva lasciato fuori) e lasciare alle parti il compito di disciplinarne i relativi poteri.

Ma il nostro legislatore, come dicevamo ha in animo di distruggere la mediazione e sembra non vedere la evidente deflazione economica incombente.

Sembra preferire l’uso della negoziazione assistita come una clava per distruggere quel che di buono gli organismi italiani hanno fatto negli ultimi anni.

Mi riferisco in particolare e da ultimo anche all’art. 11 e all’art. 12 della Proposta di legge[6] – depositata alla Camera il 2 marzo 2015 – COLLETTI ed altri: “Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile” (2921)[7].

Questa proposta spazza via la condizione di procedibilità e la mediazione delegata.

Mediazione e negoziazione assistita diverrebbero facoltative ed alternative sulle materie attuali della mediazione: dal che si può evincere che la scelta delle materie non è legata alla potenzialità e alle caratteristiche dei singoli istituti, ma ad una semplice decisione politica.

Se questo provvedimento venisse approvato dunque rimarrebbe in piedi soltanto la mediazione per contratto a cui in Italia purtroppo ricorrono davvero in pochi.

Di per sé la negoziazione assistita può diventare anche facoltativa ed alternativa. In Francia è così per tutti i mezzi alternativi al giudizio.

Ma ci deve essere chi negozia. Da noi allo stato attuale sono pochissimi i colleghi che negoziano, se non in materia di famiglia e nemmeno poi tanto in quella sede perché per la crisi economica i cittadini preferiscono rivolgersi al Comune.

I mediatori fanno invece andare avanti la macchina giudiziaria spesso gratuitamente e per quel che gli è consentito da un primo incontro mal congegnato. Sono passati 5 anni ed hanno fatto esperienza: perché distruggere tutto per puntare su una negoziazione assistita che gli avvocati hanno comunque rifiutato e non certo per una questione di materia, ma perché richiede nuove competenze.

Per formare degli avvocati negoziatori in sostanza ci vuole del tempo, così come ci è voluto del tempo per formare i mediatori.

Vogliamo nel frattempo paralizzare un processo che già arranca?

Ma a parte le predette facili considerazioni, per parificare strumenti alternativi facoltativi è necessario inserire la disciplina in sede processuale.

Così è accaduto in Francia, mentre in Italia nessuno si è sognato di farlo.

In altre parole bisogna dare un senso al lavoro dei negoziatori nel caso in cui si riveli infruttuoso.

Non basta dire o pensare che se il negoziato va male si possa ricorrere al giudice perché questa è una ovvietà che mina alla radice le ragioni per cui si negozia.

Una volta che la negoziazione assistita divenisse facoltativa, se io fossi il cliente chiederei al mio avvocato: “Ma se negoziamo e non ci accordiamo che succede?”

L’avvocato non potrebbe che rispondermi: “Nulla, andiamo in giudizio.”

E io cliente replicherei senza dubbio: “Sa che le dico, Voglio evitare il fallimento delle trattative. Rivolgiamoci subito al giudice e così perlomeno risparmiamo denaro e tempo”.

E l’avvocato che cosa mi risponderebbe?

“Ha ragione caro cliente, io ero tenuto ad informarla e l’ho fatto, ma in effetti, viste le sue esigenze, radichiamo la causa e poi si vedrà”.

Vogliamo invece dare un’arma all’avvocato perché il suo cliente si convinca che negoziare non è uno spreco di tempo e di denaro?

Lasciamo in piedi la condizione di procedibilità che al momento attuale è accettabile per diffondere la cultura e le competenze negoziali.

Se l’accordo va in porto, benissimo, è già titolo esecutivo; basterà allora occuparsi soltanto degli incidenti di esecuzione come ad esempio hanno fatto in Spagna per l’accordo di mediazione ed il lodo arbitrale.

Ma se l’accordo non va in porto e c’è un accordo parziale o un non accordo?

Portiamo allora la sola convenzione sul tavolo del giudice con i documenti ritenuti appropriati. Questa è la scelta francese per dare un senso al negoziato, così come è consacrata nel codice di rito.

E se proprio vogliamo ampliamo la negoziazione e diamo agli avvocati anche la possibilità di gestire l’istruzione della causa, così come stanno facendo in Francia sempre in queste ore.

Così al giudice non resterà che fare la sentenza e tutto, specie agli occhi del cliente, acquisterà senso.

Trovo ancora molto strano che il ministro Orlando abbia istituito una commissione di saggi sulla riforma degli ADR[8] nella quale non sono previste professionalità non giuridiche.

E chiamare almeno uno psicologo, no?

Per non parlare delle altre figure ordinistiche ovviamente (commercialisti, architetti, medici, ingeneri, geometri, periti ecc.).

Ma parlo di psicologia perché mi preme capire se il modello di mediazione in oggi utilizzato va d’accordo col modo di ragionare della mente umana.

Che ci voleva? O forse lo sappiamo bene tutti che chiedere di mediare dopo cinque minuti di discorso iniziale del mediatore ci avvicina più alla follia che alla normalità. A meno che il mediatore non svolga la professione dell’ipnotista!

Ma ai nemici della mediazione va bene che la mediazione fallisca.

E poi mi chiedo perché gli ADR debbano essere continuamente regolati da avvocati, notai, magistrati, giudici e professori di diritto.

Passi per l’arbitrato, ma la negoziazione/mediazione che c’entra coi giudici, i notai ed i professori di diritto?

Con questo non dico che le persone scelte dal Guardasigilli non siano competenti ovviamente.

In diritto sono eccellenti.

Ma il diritto investe soltanto la convenzione che mi consta sia già in mano ai legali come l’accordo di mediazione od il lodo.

Non ha proprio nulla a che fare con il lavoro del mediatore e/o del negoziatore: un conto sono le procedure ed un altro le abilità trasversali che il mediatore utilizza che possono solo essere ostacolate dalle pastoie burocratiche.

Eppure nella commissione c’è un solo mediatore. Che futuro potrà dunque avere il potenziamento della mediazione? Quanto peserà la sua voce?

Leggo invece di molti colleghi che hanno profuso proclami trionfalistici sulla nomina della commissione dei saggi e non capisco perché, almeno da mediatore.

Da avvocato forse potrei anche comprenderli, anche se la rappresentanza in commissione dell’avvocatura è comunque risicata, ma da mediatore non vedo proprio che motivi di gioia o di speranza ci possano essere.

O forse si pensa che una volta ridisciplinata la negoziazione assistita o la mediazione o l’arbitrato (cosa che è ancora tutto da vedersi e comunque quale è il rapporto tra la Commissione e gli altri atti in discussione in Parlamento?[9]) tutto ciò possa risolvere il problema del processo?

In ultimo cito il disegno di legge che è stato licenziato dal Senato in relazione al giudizio di pace.

Si tratta del disegno di legge n. 1738 recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, approvato dal Senato il 10 marzo 2016[10]. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Deputati per l’esame e l’approvazione definitiva.

Apparentemente non vi è niente di strano in questa delega.

Anzi aumenta la competenza per le cause relative a beni mobili a 30.000 €, cosa che può essere da una parte anche in linea coi tempi. A ciò si aggiunge che passa al giudice di pace in esclusiva la materia del condominio che come sappiamo prevede attualmente la mediazione come condizione di procedibilità e che si sono previste altre materie in oggi di “competenza” in prima battuta del mediatore che affronterà il giudice di pace:

“b) i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione, connotati da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;

c) le cause in materia di diritti reali e di comunione connotate da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;”.

Anche questa misura appare sulla carta razionale. Se non che c’è una norma, l’art. 322 c.p.c., che non è toccato dalla delega e in base al quale il Giudice di pace può non solo conciliare, ma anche emettere un titolo esecutivo.

L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro I.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata  riconosciuta in giudizio”.

Ad oggi dunque la conciliazione del Giudice di pace guadagna grande terreno sulla mediazione e sula negoziazione assistita, specie se consideriamo dall’altra parte quel provvedimento prima citato che vorrebbe rendere facoltative ed alternative mediazione e negoziazione assistita.

Vogliamo dire che con la mediazione abbiamo scherzato e che gli attuali 524 organismi possono pure chiudere i battenti?

Non potevamo pensare prima al fatto che in Italia da 2000 anni si sperimenta una conciliazione di tipo sostanzialmente valutativo e che il cittadino italiano vuol essere consigliato più che aiutato a trovare da solo una soluzione?

Ma che paese è il nostro?

[1] Lib. IV, 40 De Vita Caesarum, C. Caesar Caligula (“Pro litibus atque judiciis ubicumque conceptis, quadragesima summae, de qua litigaretur: nec fine poena, si quis composuisse vel donasse negotium convinceretur”) (“Voleva che tutti quelli che litigavano gli pagassero la quarantesima parte della somma in litigio; e quelli che erano accusati d’essersi accordati, e di aver composto la lite, erano da lui condannati”).

[2] “A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale. (b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare”. (Costituzioni federiciane, Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere: “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possumus.”)

[3] Al proposito le Regie Patenti  22 marzo 1836 decretavano quanto segue:

“Art. 1. Avochiamo a Noi la cognizione di tutte le controversie, che dipendentemente dagli ordini da Noi dati per richiamare gli Ebrei e fissare la loro dimora nel ghetto rispettivo possano insorgere relativamente alla stipulazione o risoluzione dei contratti di affittamento, e alle pigioni, o indennità riguardanti le casi da occuparsi o evacuarsi, tanto nel recinto del ghetto, che fuori, e quelle abbiamo commesso e commettiamo ad una particolare Delegazione, che verrà stabilita nel Capoluogo di ciascuna provincia, in cui esistono ghetti di Ebrei: <<2. Sarà questa Delegazione composta dal Prefetto e dall’Intendente, e del primo Assessore del Tribunale dei Prefettura della Provincia…. << 3.  Conferiamo alla suddetta Delegazione tutte le autorità necessarie e opportune e quelle eziandio del Prefetto Pretorio per provedere nel modo più pronto e sommario, previo sempre l’esperimento della trattativa amichevole tra le parti, sovra tutte le predette controversie, loro annessi, connessi e dipendenti”.

[4] http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46445.pdf

[5] Cposì dispone il Codice di procedura civile francese

Section 2 : Le recours à un technicien

Article 1547

Lorsque les parties envisagent de recourir à un technicien, elles le choisissent d’un commun accord et déterminent sa mission.

Le technicien est rémunéré par les parties, selon les modalités convenues entre eux.

Article 1548

Il appartient au technicien, avant d’accepter sa mission, de révéler toute circonstance susceptible d’affecter son indépendance afin que les parties en tirent les conséquences qu’elles estiment utiles.

Article 1549

Le technicien commence ses opérations dès que les parties et lui-même se sont accordés sur les termes de leur contrat.

Il accomplit sa mission avec conscience, diligence et impartialité, dans le respect du principe du contradictoire.

Il ne peut être révoqué que du consentement unanime des parties.

Article 1550

A la demande du technicien ou après avoir recueilli ses observations, les parties peuvent modifier la mission qui lui a été confiée ou confier une mission complémentaire à un autre technicien.

Article 1551

Les parties communiquent au technicien les documents nécessaires à l’accomplissement de sa mission.

Lorsque l’inertie d’une partie empêche le technicien de mener à bien sa mission, il convoque l’ensemble des parties en leur indiquant les diligences qu’il estime nécessaires. Si la partie ne défère pas à sa demande, le technicien poursuit sa mission à partir des éléments dont il dispose.

Article 1552

Tout tiers intéressé peut, avec l’accord des parties et du technicien, intervenir aux opérations menées par celui-ci. Le technicien l’informe qu’elles lui sont alors opposables.

Article 1553

Le technicien joint à son rapport, si les parties et, le cas échéant, le tiers intervenant le demandent, leurs observations ou réclamations écrites.

Il fait mention dans celui-ci des suites données à ces observations ou réclamations.

Article 1554

A l’issue des opérations, le technicien remet un rapport écrit aux parties, et, le cas échéant, au tiers intervenant.

Ce rapport peut être produit en justice.

[6] http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0031470.pdf

ART. 11.

(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28).

All’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

« 2-bis. L’accesso alla procedura di mediazione di cui al comma 1 del presente articolo è alternativo rispetto alla procedura della negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 ».

Il comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

« 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi alternativamente del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo decreto, ovvero della possibilità di accedere alla procedura di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto di mandato concluso tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione ovvero di accedere alla procedura di negoziazione assistita ».

All’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

« 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari o finanziari può, assistito dall’avvocato, preliminarmente esperire alternativamente:

a) il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;

b) il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179;

c) il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate;

d) il procedimento di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 »;

b) i commi 2, 2-bis e 4 sono abrogati;

c) al comma 5, le parole: « dai commi 3 e 4 » sono sostituite dalle seguenti: « dal comma 3 ».

I commi 4, lettera d), e 5-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono abrogati.

ART. 12.

(Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162).

Al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 7 dell’articolo 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero, in alternativa, alle altre forme di composizione stragiudiziale delle liti previste dalla legge »;

b) l’articolo 3 è abrogato.

[7] http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=2921

[8] Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito, presso l’Ufficio legislativo del dicastero, una Commissione di studio per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.

L’obiettivo è quello di armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi.

La Commissione, pertanto, ha il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato.

Il gruppo di lavoro è così costituito:

Guido Alpa, Presidente, ordinario di diritto privato Università di Roma “La Sapienza”

Franco Amadeo, notaio in Imperia-Sanremo

Giovanni Amoroso, presidente di sezione della Corte di Cassazione

Ferruccio Auletta, ordinario di procedura civile, Università di Napoli “Federico II”

Antonio Briguglio, ordinario di procedura civile, Università di Roma Tor Vergata

Luciana Breggia, presidente sezione Tribunale di Firenze

Alessandro Cardosi, avvocato del Foro La Spezia

Fabio Cintioli, ordinario di diritto amministrativo Università studi internazionali di Roma UNINT

Antonella Ciriello, magistrato sezione lavoro tribunale Napoli

Giovanni Giangreco Marotta, avvocato del Foro di Roma

Alberto Giusti, magistrato Corte di Cassazione

Michele Marchesiello, magistrato già presidente sezione Tribunale di Genova

Giuseppina Raguso, notaio in Bari

Chiara Tenella Sillani, ordinario di diritto privato Università di Milano

Comunicato del Ministero della Giustizia dell’8 marzo 2016

https://www.giustizia.it/giustizia//it/mg_13_1_1.wp?contentId=COM1220218

[9]  Mi riferisco in particolare alla Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile presentata l’11 marzo 2015 al Senato ed approvata il il 10 marzo 2016 (cfr.http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46611.pdf)

A parte il classico senso di scatola vuota che danno tutte le deleghe foriere soltanto poi di problemi futuri (v. decreto 28/10 e Corte Costituzionale), non riesco a capire per quale motivo sia stata da una parte approvata una delega e dall’altra nominata una commissione di saggi in materia di ADR.

Anche perché nella delega leggo già la volontà di una mini riforma dell’arbitrato ((e) quanto ai procedimenti speciali: 1) potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, anche attraverso l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato nonché attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale;)).

E allora mi chiedo chi farà che cosa e in base a che.

Ma soprattutto se i politici vanno avanti a briglia sciolta la Commissione a che cosa serve?

[10] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLMESS/967064/index.html

La condizione degli Ebrei in genere e nelle Leggi e Costituzioni di Sua Maestà Vittorio Amedeo II

Nel giorno della memoria mi pare opportuno pubblicare qui questo breve saggio (clicca qui: la condizione degli ebrei nelle leggi e costituzioni di sua maestà vittorio amedeo ii )

L’intento è quello di far comprendere al lettore qualcosa di più sulla storia degli Ebrei.

Spesso si ritiene che siano stati perseguitati soltanto nel XX secolo e comunque non si spiega con dovizia di dettagli che la Shoah è solo la punta di un iceberg che alle sue fondamenta trova delle interdizioni pesantissime e millenarie.

Spero che possano avvicinarsi a questo testo soprattutto gli insegnanti e gli alunni: a suo tempo io lo scrissi per loro cognizione e memoria.

Non sono ebreo e dunque mi sono avvicinato alla materia da semplice studioso di storia: coloro che appartengono al popolo ebraico mi scuseranno per eventuali imprecisioni e semplificazioni; il mio intento è solo quello di focalizzare l’attenzione su alcuni fatti poco esplorati e conosciuti, ma estremamente rilevanti.

Per coloro che si occupano di ADR la storia ebraica è importante sia che ci riferiamo agli strumenti di ordine imposto sia che prendiamo in considerazione quelli di negoziato.

Quanto all’arbitrato possiamo in sintesi anticipare che è stato lo strumento principe attraverso cui è pervenuta sino a noi la loro eredità giuridica.

In riferimento alla conciliazione vedremo che essa si lega al trattamento giuridico degli immobili nei ghetti presenti nei domini dei Savoia. Se abbiamo avuto una conciliazione facoltativa sino al 2010 c’è un motivo che si incrocia con la storia ebraica.

AVVERTENZA

La condizione degli Ebrei nei millenni ha messo duramente in crisi il concetto stesso di diritto naturale, quelle guarentigie minime che gli antichi ritenevano presenti presso tutte le genti, e ciò perché ci furono forse ben pochi popoli che nella storia ne subirono così fortemente il disconoscimento.

I paria delle Indie, gli schiavi dell’Oriente e di Roma, gli Iloti di Sparta (che erano privi dei diritti civili e politici e potevano essere uccisi impunemente) sono i tipi soli che possiamo qui mentovare onde farci un’idea del modo in cui vivevano gli Ebrei fra le nazioni cristiane; formando casta a parte da chi potevano aspettare protezione e giustizia? dalle loro universalità? Dalle nazioni che li ricettavano nel loro territorio e li ritenevano in condizione affatto precaria? Con ragione disse il Forti che il mancar di fede degli Ebrei non parve ai principi cosa riprovevole, il mancare ai medesimi di umanità non parve ai popoli contrario alla legge di Dio[1].

Lo stesso Mosè del resto aveva anticipato agli Israeliti un particolare destino: “Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete che un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà[2].

Il Corano nella VII sura (Al-A‘râf) rievoca con queste parole un triste percorso:

“167. E il tuo Signore annunciò che avrebbe inviato contro di loro qualcuno che li avrebbe duramente castigati fino al Giorno della Resurrezione! In verità il tuo Signore è sollecito nel castigo, ma è anche perdonatore, misericordioso”

“168. Li dividemmo sulla terra in comunità diverse. Tra loro ci sono genti del bene e altre [che non lo sono]. Li mettemmo alla prova con prosperità ed avversità, affinché ritornassero [sulla retta via]”[3].

Nel breve saggio che seguirà ove cercheremo di descrivere sommariamente le loro traversie, useremo diversi vocaboli per indicare gli appartenenti al popolo di Abramo.

Avvertiamo però che a rigore i vocaboli non sono del tutto fungibili.

Secondo una prima interpretazione, infatti, il termine Eber o Heber[4] venne dato dai Cananei ad Abramo perché giungeva dalla Caldea che si trova al di là del fiume Eufrate.

Secondo gli Orientali invece la parola Ebreo deriverebbe da Heber figlio di Sale e trisavolo di Abramo.

Il lemma Israeliti indica i discendenti di Israel ovvero Giacobbe, nato da Isacco figlio di Abramo.

La parola Israel  significa in ebraico “che prevale o che domina con Dio”[5]; un angelo soprannominò così Giacobbe dopo che ebbe compiuto una lotta durante una visione a Macanàim ribattezzata da lui  Penuél[6].

Gli Ebrei amano in particolare chiamarsi israeliti perché è un termine che si ritrova nelle Sacre scritture.

Il termine Israele talvolta indica tutto il popolo, talaltra la sola discendenza di Giacobbe e ancora il regno di Israele e delle dieci tribù distinte dal regno di Giuda (che ricomprendeva appunto la tribù di Giuda e di Beniamino).

Con il vocabolo Giudei si fa riferimento poi a coloro che fecero ritorno a Gerusalemme dalla cattività babilonese: dal momento che non esisteva più il regno di Israele, gli Ebrei assunsero il nome dell’unico regno ancora in piedi che era appunto quello di Giuda.

Peraltro la Tribù di Giuda era anche la più potente e quasi l’unica rimasta nel paese.

Prima di quest’epoca si dava nome di Giudei solo agli abitanti del regno di Giuda; e prima della formazione del regno di Giuda[7], i discendenti di Giacobbe furono conosciuti solo come Israeliti od Ebrei[8].

Dopo quest’epoca i termini utilizzati per indicare il popolo di Erez Israel[9] sono appunto sostanzialmente Giudei, Ebrei; nella legislazione romana il termine utilizzato è ad esempio quello di Giudei, in quella sabauda si fa riferimento invece agli Ebrei, nelle leggi razziali fasciste del 1938 ai “cittadini italiani di razza ebraica”o “agli appartenenti alla razza ebraica”.

Ogni termine ha dunque un suo preciso significato anche storico e quindi la scelta che si opererà è dettata esclusivamente dal fatto che si vuole rendere più agevole e fluida la lettura[10].

Al fine di descrivere la legislazione savoiarda sugli Ebrei si ritiene inoltre utile premettere un excursus sulla storia degli Israeliti a partire dal loro arrivo a Roma.

E ciò perché le usanze che si ritrovano nelle norme sabaude potrebbero risultare non solo punitive, ma anche bizzarre per un lettore che non sia avvezzo alla conoscenza di quello che era il regime imposto a partire dai primi stanziamenti giudaici per arrivare al diritto comune, ancora vigente nel secolo XVIII.

In altre parole ciò ci aiuterà a comprendere con mestizia che nelle norme di Sua Maestà Vittorio Amedeo II vi è una strettissima continuità con il passato della condizione giudea.

E peraltro nella legislazione dei Savoia si pongono  purtroppo le basi anche per quelle che noi denominiamo le leggi razziali[11].

CONTINUA A LEGGERE la condizione degli ebrei nelle leggi e costituzioni di sua maestà vittorio amedeo ii2

[1] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, Tipografia Favale, Torino, 1848, p. 46.

[2] Deuteronomio, 4, 27. La Bibbia di Gerusalemme, 2009.

[3] Il Corano, versione grandi tascabili Newton classici a traduzione di Hamza Roberto Piccardo, 2006, p. 154. Il passo viene citato all’inizio di una delle storie più famose del popolo ebreo dell’antichità (1189), quella di Samuele figlio di Giuda, che era passato alla religione islamica.

[4] Che sta in quanto preposizione per trans, al di là, ma anche come sostantivo per indicare il viaggiatore.

[5] Deriva, infatti, dal termine shara che tradotto in italiano significa “dominare”.

[6] Gen. 32, 29. “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con gli uomini e con Dio ed hai vinto”. La Bibbia di Gerusalemme, 2009.

[7] Avvenuta con Roboamo, figlio di Salomone, che divise la Terra Promessa o Santa in due regni.

[8] Cfr. G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, voce Ebrei, Tipografia Emiliana, Venezia, 1843, pp. 1-6.

[9] Così gli Ebrei chiamano la Palestina (che venne a suo tempo appellata così al tempo di Adriano).

[10] Si aggiunge che si sono sostituite le dizioni avanti Cristodopo Cristo proprie della tradizione cristiana con le indicazioni BCE e e.V.

[11]  Le Leggi Razziali emanate in Italia tra il 5 Settembre 1938 e il 29 Giugno 1939, ricalcano essenzialmente quelle promulgate in Germania. Il primo documento ufficiale da cui sono poi scaturite è il Manifesto sulla purezza della razza pubblicato il 14 Luglio 1938. Segue il Comunicato della Segreteria del PNF sulla Razza Italiana; è del 5 Settembre 1938 il Regio Decreto per la difesa della razza nella scuola, del 7 Settembre 1938 il Regio Decreto sugli Ebrei stranieri, del 6 Ottobre 1938 la Dichiarazione sulla razza votata dal Gran Consiglio del Fascismo, del 15 Novembre 1938 il Regio Decreto sull’integrazione in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana, del 17 Novembre 1938 il Regio Decreto per la difesa della razza Italiana, del 29 Giugno 1939 il Regio Decreto sulla disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza Ebraica, Cfr. Per approfondire il testo di questi documenti v.http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/leggi_razziali_italia/leggi_razziali_italia.htm

La conciliazione in Perù

Nel paese si parla di conciliazione, ma in realtà si tratta oggi di mediazione secondo i nostri canoni, dato che il conciliatore può fare “eventualmente” una proposta ed utilizza le stesse tecniche negoziali del mediatore nostrano.
 
A livello storico il primo documento che la riguarda attiene alla Constitución de Cádiz del 1812[1]: si trattava di una conciliazione obbligatoria operata dall’Alcalde.
 
Da ultimo se ne occupa la Ley de Conciliación N° 26872 del 12 novembre 1997[2] che è stata modificata da ultimo il 5 giugno 2012 dalla Ley Nº 29.876[3].
 
Vi sono poi da considerare tre regolamenti la cui lettura è importante per capire pienamente il sistema:
 
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 004-2005-JUS )[4];
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 014-2008-JUS)[5];
  • Modifican el Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 006-2010-JUS)[6].
 
La conciliazione extragiudiziale è in Perù obbligatoria da oltre 200 anni.
 
E’ volontaria con riferimento all’accordo, ma non alla partecipazione.
Inizialmente era condizione di procedibilità per tutte le materie inerenti i diritti disponibili.
 
Il regolamento del 2005 recita che le parti possono disporre dei loro diritti in conciliazione fino a quando ciò non influisce su norme imperative o quando gli accordi sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
 
I diritti disponibili possono essere o meno suscettibili di valutazione economica.
 
Tra il 1999 ed il 2001 si sono specificati alcuni casi di volontarietà: chiamato con domicilio all’estero, quando fossero coinvolte le garanzie costituzionali o ancora per i processi cautelari[7]. Nel 2001 di sono aggiunti i casi in cui siano coinvolti beni degli incapaci, di violenza familiare e i giudizi nei quali lo Stato è parte.
 
Dal giugno 2012 si sono enucleati altri casi in cui essa è solo volontaria:
 
1) nel processo di esecuzione;
 
2) nella opposizione di terzo;
 
3) nella usucapione: questa indicazione è interessante e forse dovrebbe essere presa a modello anche dal nostro legislatore;
 
4) nel processo che investe i diritti di prelazione dei comproprietari;
 
5) impugnazione di convocazioni di assemblea generale da parte di soci od associati;
 
6) impugnazione delle delibere assembleari delle società;
 
7) nel processo contenzioso amministrativo:
 
8) nel processo inerente pensioni alimentari e rapporti di famiglia ove i diritti siano disponibili: anche quella che noi definiamo mediazione familiare è dunque volontaria (i conciliatori specializzati in materia di famiglia sono 315[8]);
 
9) per il risarcimento dei danni in caso di reati o contravvenzioni ambientali.
 
Evidentemente la pratica ha portato a circoscrivere l’obbligatorietà. Al momento è esclusa dall’obbligo la materia del lavoro che potrà andare in conciliazione solo sui diritti disponibili.
 
I delitti e le contravvenzioni penali non sono conciliabili a meno che non si tratti del semplice risarcimento per cui però non si deve aver azionato il procedimento giudiziale.
 
Per il resto è necessario sedersi attorno al tavolo[9].
 
La conciliazione viene nel paese condotta dai Giudici pace o dai Centri di conciliazione.
 
In realtà in Perù si distingue tra giudici di pace non giuristi (Juzgados de Paz) e giudici di pace avvocato (Juzgados de Paz Letrados).
 
I primi non giudicano secondo diritto, ma secondo giustizia ed equità e sono dislocati nelle zone difficili da raggiungere; hanno una competenza residua rispetto ai Juzgados de Paz Letrados e i loro provvedimenti sono impugnati davanti a questi ultimi.
 
Si parla in Perù di conciliazione strutturata e dunque non si può fare il conciliatore (se non si è giudice di pace) se non si è accreditati presso un Centro di conciliazione.
 
Il Centro di conciliazione (pubblico o privato)[10] può essere costituito da una persona fisica o da una giuridica, deve essere senza scopo di lucro e deve avere come finalità la conciliazione.
 
Il Centro di conciliazione deve essere accreditato al Ministero della giustizia[11].
 
E’ previsto anche un registro dei conciliatori, ma non è allo stato raggiungibile via internet.
 
La conciliazione è gratuita ed onerosa, quando è onerosa viene pagata dal chiamante a meno che a verbale non si stabilisca una ripartizione diversa dei costi. Davanti ai giudici di pace è condotta a seguito del pagamento di tassa amministrativa.
 
La conciliazione deve tenersi entro trenta giorni dalla domanda, ma il termine è prorogabile su richiesta delle parti.
 
L’accettazione del conciliatore avviene nelle 24 ore dal deposito ed è a suo carico la convocazione delle parti per la sessione.
 
La prescrizione e la decadenza sono sospese dalla domanda.
 
La partecipazione alla sessione è personale, salvo che la legge non preveda l’obbligo di rappresentanza legale (i casi sono quelli della persona giuridica e del domiciliato all’estero: la procura è in queste ipotesi notarile).
 
Interessante è che la conciliazione si chiude se entrambi le parti non partecipano a due sessioni consecutive; se una sola parte non partecipa ad una sessione sussiste un obbligo di seconda convocazione.
 
Particolare è la sottoscrizione del verbale che viene effettuata non solo con la firma, ma pure con l’impronta digitale e quando le parti non sanno firmare soltanto con l’impronta digitale.
 
L’accordo ha efficacia esecutiva e viene parificato alla sentenza.
 
La formazione dei conciliatori è a carico della Scuola Nazionale di Conciliazione presso il Ministero della Giustizia e dei Centri per l’Istruzione e la formazione di facilitatori debitamente autorizzati dal Ministero della Giustizia (alla fine del 2015 erano 37[12]).
 
I conciliatori devono ricevere una formazione sulle tecniche di negoziazione e sui mezzi alternativi (generale e specializzata) e sono soggetti ad un periodo di affiancamento[13].
 
Quelli che non sono giuristi devono partecipare ad un modulo supplementare di diritto che è generale e non riguarda la sola conciliazione.
 
I formatori possiedono particolari caratteristiche perché devono partecipare a corsi di formazione (anche continua), avere una esperienza almeno di un anno nella formazione degli adulti, essere conciliatori ed aver condotto almeno 12 conciliazioni con esito positivo.
 
Il Ministero vigila sui centri di conciliazione: il sistema è dunque simile a quello italiano e i Centri di conciliazione hanno obblighi analoghi a quelli dei nostri organismi, anche con riferimento alla statistica.
 
Ogni Centro di conciliazione deve avere nel suo organico un avvocato che supervisioni la legalità degli accordi. Anche il conciliatore se è avvocato può svolgere un duplice ruolo, ma il Ministero ne deve essere informato.
 
 
[1] F. Martín PINEDO Aubián, EVOLUCIÓN HISTÓRICA Y NORMATIVA DE LA CONCILIACIÓN EN EL PERÚ in
 
 
 
 
 
 
 
[7] Qui la conciliazione può avvenire solo se il deposito della domanda viene eseguito nel termine di 5 giorni dalla richiesta della misura.
 
 
[9] Una splendida monografia sul lavoro del conciliatore peruviano si può trovare in http://www.monografias.com/trabajos27/conciliacion-peru/conciliacion-peru.shtml
 
 
 
 

Condizione di procedibilità nel settore dell’energia?

L’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEESGI) il 5 novembre 2015 ha adottato una deliberazione per imbastire una  nuova disciplina delle procedure extragiudiziali. E ha lanciato all’uopo una consultazione che si concluderà nel gennaio 2016.
L’intendimento è quello di attuare la legge 481/95 alla luce del decreto di recepimento della direttiva ADR (che attribuisce all’Autorità il compito di regolamentare il tentativo obbligatorio)
In pratica si vuole rendere da subito obbligatorio il tentativo di conciliazione per i settori elettrico e gas (clienti domestici e piccole imprese; no liti tributarie e fiscali derivate) e posticipare invece la gestione extragiudiziale obbligatoria del sistema idrico. E ciò perché solo per le prime due ci sarebbe già una esperienza omogenea di conciliazione sul territorio.
Per il sistema idrico gli utenti potranno dunque adire le procedure extragiudiziali che preferiscono in via volontaria (e quindi anche la mediazione).
Si prevederà sulla scorta del decreto 28/10 che la condizione di procedibilità (per energia e gas) sia considerata assolta con il mancato accordo al primo incontro (e dunque anche se il chiamato non compare).
La condizione di procedibilità varrà però solo per l’utente e non per l’operatore che sarà libero di agire contro il consumatore senza il preventivo tentativo di accordo bonario.
Inoltre il primo incontro sarà fissato entro 30 giorni dalla domanda (e comunicato alle parti dal servizio di conciliazione dell’Autorità) per garantire il diritto di difesa ex art. 24 Cost.
Mentre il termine massimo per la conclusione sarà di 90 giorni.
L’accordo sarà esecutivo e non richiederà l’apposizione della formula.
Siccome verrà fatto un accordo con Unioncamere, anche il titolo rilasciato dalle CCIAA avrà le stesse caratteristiche.
La differenza tra il tentativo obbligatorio in materia di gas e luce e le altre condizioni di procedibilità risiede nel fatto che per il primo è necessario aver contattato in primo luogo l’operatore senza esito (cosa che accade peraltro anche per le procedure CONSOB e per quelle della Banca d’Italia)
La risposta dell’operatore dovrà essere attesa per almeno 50 giorni e non dovrà decorrere più di un anno tra il reclamo all’operatore e la domanda di conciliazione (termine decadenziale).
Davanti alle CCIAA non ci sarà bisogno né del preventivo reclamo, né del rispetto dei termini predetti perché si opera in ambito del decreto 28/10 che non richiede tali adempimenti a differenza del decreto 135/15 (di attuazione della Direttiva ADR).
Gli operatori saranno obbligati a partecipare al procedimento (in realtà al solo primo incontro) come condizione di procedibilità. E’ un caso quindi questo di partecipazione obbligatoria del professionista ad una procedura ADR così come ammesso dalla Direttiva ADR e dal decreto 135/15 (del resto ciò vale anche per il procedimento davanti all’Arbitro Bancario Finanziario).
Si propone infine di gestire le controversie del settore oltre alle CCIAA (tramite protocollo Unioncamere) anche con le conciliazioni paritetiche e gli organismi di cui al decreto 28/10.
Tutte queste regole sono in fase di proposta e dunque potrebbero essere ribaltate a seguito del pervenimento delle risposte alla consultazione, ma lo sapremo presto.
Alla fine del documento è pubblicato lo schema la cui conoscenza è di indubbia utilità.

Fai clic per accedere a 562-15.pdf

La mediazione italiana in numeri all’8 agosto 2015

L’Italia possiede, come è noto, un registro statale che è pubblico in relazione a organismi di mediazione[1], enti di formazione[2], mediatori[3] e formatori[4].

All’8 agosto 2015 sono censiti 18528 mediatori, 602 organismi di mediazione (di cui 130 cancellati), 226 enti di formazione (di cui 41 cancellati) e 931  formatori.

E dunque gli organismi di mediazione attivi sono 472 e gli enti di formazione 185. Questi numeri non si ritrovano in alcun paese europeo.

Dal registro italiano si possono ricavare utili informazioni, ad esempio in relazione alla preferenza dei mediatori per organismo: il regolamento ministeriale consente l’iscrizione sino a 5 organismi, ma a quanto pare non sono stati molti ad iscriversi a due o più organismi; il 90,18% dei mediatori ha optato per un solo organismo.

Il dato potrebbe aprire  a diverse considerazioni. Ad esempio si potrebbe notare che tra i mediatori e gli organismi c’è un vincolo fiduciario molto solido e dunque le norme e le circolari sulla incompatibilità che tendono ad evitare che un soggetto possa agire come rappresentante od assistente presso l’organismo di cui è mediatore, non sembrano tener conto della realtà del fatto.

In altre parole se 17610 mediatori non hanno inteso proporsi ad altri organismi significa che per varie ragioni hanno piena fiducia soltanto nel proprio: non si comprende pertanto per quale bizzarro motivo nella qualità di rappresentanti od assistenti dovrebbero scegliere un altro organismo e mettere i propri clienti in mano ad un ente che non conoscono o di cui non hanno fiducia, tenendo presente che c’è pure un vincolo di competenza territoriale che restringe le opzioni possibili.

Il CNF ha precisato in un comunicato stampa un paio di giorni fa che “Il Guardasigilli ha confermato inoltre che, così come già richiesto dal CNF, sarà oggetto di immediata rivalutazione qualsiasi interpretazione destinata a comprimere in maniera ingiustificata la operatività degli organismi di mediazione degli Ordini, e l’attività in essi svolta dagli avvocati“.

Vedremo se alle parole seguiranno i fatti. Intanto la tabella che segue si diffonde sul particolare della diffusione dei mediatori negli organismi.

Organismi Mediatori Percentuale
0 organismi 100 0,53%
1 organismo 16.710 90,18%
2 organismi 1487 8,02%
3 organismi 187 1,00%
4 organismi 35 0,18%
5 organismi 8 0,04%
6 organismi 1 0,05%
Totale 18528

Mi pare poi curioso che siano iscritti nel registro ben 100 mediatori che non appartengono ad alcuno organismo: l’unica ipotesi che mi sento di fare è che una volta iscritti i loro organismi siano venuti meno; se non fosse così vorrebbe dire che iscrizione al registro e pratica della mediazione sono fattori distinti. Quest’ultima ipotesi comporterebbe la fine della mediazione amministrata che peraltro da molti è auspicata

Un altro dato interessante riguarda la distribuzione dei formatori per ente di formazione.

Il dato più rilevante credo riguardi il fatto che il 73,89% dei formatori hanno scelto un solo ente di formazione. Qui però la percentuale va vista a rovescio nel senso che la formazione italiana in mediazione appare circoscritta ad una trentina di nomi (peraltro molto conosciuti nell’ambiente) che dunque hanno anche una responsabilità in merito. Qui sotto si può trovare il dettaglio numerico.

1 ente di formazione 688 73,89%
2 enti di formazione 121 12,99%
3 enti di formazione 53 5,69%
4 enti di formazione 31 3,32%
5 enti di formazione 18 1,93%
6 enti di formazione 8 0,85%
7 enti di formazione 4 0,42%
8 enti di formazione 2 0,21%
10 enti di formazione 1 0,10%
11 enti di formazione 2 0,21%
14 enti di formazione 2 0,21%
17 enti di formazione 1 0,10%
Totale 931

Concludo con una considerazione sull’età dei mediatori.

Da un campione di 1000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 e i 61 anni. Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 39, 40 e 50 anni.

Le considerazioni che in passato sono state fatte, specialmente da una parte dell’avvocatura, in merito all’inesperienza dei mediatori sono quindi del tutto prive di fondamento.

[1] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX

[2] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx

[3] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX

[4] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboFormatori.aspx

La direttiva 2013/11/UE. Ambito e stato dell’arte

Relazione dell’Avv. Carlo Alberto Calcagno

nel convegno “Giustizia oggi” tenutosi

nell’Aula Convegni del Coa Savona

oggi, 24/07/15 dalle ore 14:00 alle 18:00

  1. La protezione dei consumatori

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[1] impongono all’Unione di contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori.

Per dare un ordine di grandezza di quanto sia importante anche nei fatti la protezione dei consumatori possiamo dire che nel 2014 il 50,2% dei cittadini europei ha fatto acquisti online da aziende del paese di cittadinanza, ma soltanto il 14,6% ha operato acquisti online da aziende di altri paesi dell’Unione[2].

Il ridotto numero degli acquisti transfrontalieri è determinato secondo la UE soprattutto da due problematiche: la distanza dalla sede di vendita (31,7%) e la carenza di garanzie apprestate per la vendita stessa (10,1%)[3].

Nel 2011 è stato calcolato dall’Unione che le perdite causate da una inidonea protezione dei consumatori di beni e servizi in Europa ammontavano allo 0,4 del Gross Domestic Product della UE[4]: stiamo parlando di 49 miliardi di euro[5].

Il che corrisponde, tanto per avere un ordine di grandezza, a poco meno del PIL 2014 del Lussemburgo.

Proprio per questo la Commissione europea considera gli strumenti alternativi di risoluzione delle dispute di cui stiamo parlando una delle 12 leve per far crescere il mercato unico e la fiducia in esso, ma l’intento è pure quello di risparmiare 2,5 miliardi di euro[6].

  1. La tutela della protezione dei consumatori sino alla Direttiva ADR

Il considerando 5 della Direttiva ADR in commento si esprime come segue: “I consumatori e i professionisti non sono ancora a conoscenza dei meccanismi extraprocessuali di ricorso esistenti e soltanto un’esigua percentuale di cittadini sa come presentare un reclamo a un organismo ADR. Laddove le procedure ADR sono disponibili, i loro livelli qualitativi variano notevolmente da uno Stato membro all’altro e le controversie transfrontaliere non sono spesso trattate in modo efficace dagli organismi ADR.”.

La situazione fotografata nel 2013 dalla Direttiva ADR ha trovato conferma anche nel febbraio 2015 quando la UE ha lanciato una intervista con cui è stato chiesto ai consumatori che rimedi hanno coltivato negli ultimi 12 mesi per risolvere il loro maggior problema negli acquisti:

  • il 16% ha dichiarato che non ha adottato alcun rimedio;
  • il 23% ha affermato che era improbabile si potesse ottenere qualcosa;
  • il 19% ha precisato che la risoluzione era troppo lunga;
  • il 12% che non sapeva come o dove

Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio[7].

La situazione descritta oggi era peraltro nota alla Comunità Europea già dagli anni ’90.

Il Consiglio d’Europa è intervenuto a sostegno dell’ADR con ben nove raccomandazioni[8] tra il 1981 ed il 2002[9], che però non sembrano aver sortito effetti significativi, salva una recente pronuncia della Corte dei Diritti dell’Uomo[10].

Nel 1998 e nel 2001 sono state emesse dalla Commissione Europea due Raccomandazioni[11], non attuate correttamente da molti stati[12], sulla cui base[13] nel 2005 si è varato un sistema di informazione sulla risoluzione alternativa (rete dei centri europei dei consumatori – Rete EEC-net)[14] che dal 2007 al 2014 ha gestito circa 35.000-37.000 reclami all’anno[15], ossia una goccia nel mare delle controversie in materia.

Tale Rete di CEC[16] si occupa per lo più delle questioni transfrontaliere[17], ma almeno sino a questo momento anche di fornire consigli di viaggio od una guida agli acquisti sicuri[18] e collabora anche con la rete che si occupa dei servizi finanziari (FIN-net)[19], con la rete SOLVIT (mercato interno)[20] e la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale istituita dal Consiglio d’Europa[21].

Peraltro la Comunità si è mossa anche in campo giudiziale: con il regolamento (CE) n. 861/07 ha istituito un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, di cui ultimamente si vorrebbe alzare il valore.

Ci sono state poi anche diverse Direttive che hanno cercato vanamente di fare sistema[22].

Ma tutto ciò non è stato sufficiente perché gli organismi che si sono occupati di ADR in materia di consumo e che sono stati notificati alla Commissione Europea dagli Stati sono in numero assai esiguo in rapporto a quelle che potrebbero risultare le esigenze del consumatore: ad oggi si tratta di 508 Istituti notificati su 750 noti alla Commissione.

Croazia e Slovacchia inoltre non ne hanno notificato alla UE nemmeno 1.

L’Italia ha notificato alla Commissione 4 soli organismi su 129 presenti sul territorio[23] e siamo al 15° posto in Europa, contro i 203 organismi della Germania che è al primo posto[24].

Solo da questi dati si può intuire che la nostra economia di scambio, come del resto quella croata e slovacca, non può non esserne influenzata.

Solo il 41% dei sopradetti 750 organismi ADR è nota poi al pubblico e alle autorità e dunque l’accesso alle informazioni sui modi di utilizzazione, il numero di casi e il tasso di efficacia riguarda solo 292 organismi[25].

I tempi del contenzioso giudiziario in materia di consumo sono poi abbastanza elevati nello spazio euro: il CEPEJ 2014 attesta che 12 paesi non li hanno addirittura comunicati[26], che 4 li hanno forniti in modo incompleto[27]; tra quelli “diligenti” (12) e che sono stati quindi trasparenti, si va dai 290 giorni della Slovenia ai 1580 dei Paesi Bassi;  in Italia il contenzioso  richiede circa 1150 giorni.

  1. La protezione dei consumatori più recente

Alla luce della situazione descritta in precedenza l’Unione europea nel 2013 ha tentato di rilanciare e valorizzare l’ADR/ODR sia con un Regolamento[28], sia con una Direttiva[29].

La Direttiva è finalizzata all’armonizzazione in ambito europeo delle regole relative agli organismi e alle procedure ADR.

L’opinione sottesa è che l’armonizzazione e la diffusione delle ADR nel territorio europeo, oltre a favorire la concorrenza nel mercato interno, possono fornire un contributo al superamento di situazioni di congestione delle cause pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, rafforzando così il diritto dei cittadini dell’Unione ad un processo equo in tempi ragionevoli[30].

Stiamo parlando della Direttiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che doveva essere recepita dai singoli stati entro il 9 luglio 2015.

Tuttavia l’ADR nel consumo viene considerato di primaria importanza soltanto in pochi paesi: al momento si ha notizia che solo 11 stati hanno attuato la Direttiva: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lettonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Svezia ed Ungheria.

Altri 15 paesi stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna.

Ci sono poi 2 stati sui cui passi legislativi non si sono rinvenute informazioni: Croazia[31], Malta.

Per maggiore dettaglio: Austria (disegno di legge)[32], Belgio (legge)[33], Bulgaria (progetto di legge)[34], Cipro (progetto di legge non noto)[35], Croazia -, Danimarca (legge)[36], Estonia (progetto di legge)[37], Finlandia(legge)[38], Francia (progetto di regolamento: testo non noto)[39], Germania (disegno di legge del governo federale)[40], Grecia (Decisione ministeriale)[41], Irlanda (Disegno di legge)[42], Italia (schema di decreto legislativo)[43], Lettonia (legge)[44], Lituania (disegno di legge governativo)[45], Lussemburgo (progetto di legge)[46], Malta -, Paesi Bassi (legge)[47], Polonia (progetto di legge)[48], Portogallo (proposta di legge approvata dall’Assembleia da Repùblica)[49], Regno Unito (legge)[50], Repubblica ceca (progetto di legge – non disponibile)[51], Romania[52], Slovacchia (legge)[53], Slovenia (legge)[54], Spagna (progetto di legge)[55], Svezia (legge)[56], Ungheria (legge)[57].

Peraltro la predetta Direttiva è strumento legislativo interconnesso e complementare[58] al Regolamento UE 524/2013 che andrà a regime il 9 gennaio del 2016[59].

Circa il Regolamento UE 524/2013 dobbiamo oggi sottolineare che il 9 luglio 2015 ci doveva essere un passaggio cruciale per gli Stati membri che dovevano comunicare alla Commissione “se la loro legislazione autorizza o meno la risoluzione delle controversie di cui al paragrafo 1, avviate da un professionista nei confronti di un consumatore, attraverso l’intervento di un organismo ADR. Le autorità competenti, quando notificano l’elenco di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2013/11/UE comunicano alla Commissione quali organismi ADR trattano tali controversie[60].

Non abbiamo notizia del fatto che il nostro Stato abbia adempiuto alla richiesta comunicazione.

Sempre al 9 luglio 2015 gli Stati dovevano aver designato un punto di contatto ODR e comunicare “il suo nome e le modalità di contatto alla Commissione. Gli Stati membri possono conferire la responsabilità per i punti di contatto ODR ai loro centri della rete di Centri europei dei consumatori, alle associazioni dei consumatori o a qualsiasi altro organismo. Ogni punto di contatto ODR dispone di almeno due assistenti ODR[61].

E dunque anche il punto/i punti di contatto italiani della rete tessuta dalla UE dovevano essere pronti.

Da noi è appunto il CEC (Centro Europeo Consumatori)[62] che è punto di contatto perché l’esperienza di un organo della rete che è in campo almeno dal 2005 può effettivamente aiutare il nuovo progetto europeo[63].

Mentre punto di contatto unico con la Commissione Europea è il Ministero dello sviluppo economico[64] presso cui è istituito un tavolo di coordinamento ed indirizzo composto da tutte le autorità[65]: questo tavolo è importante perché svolge compiti di definizione degli indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR.

Detto ciò occupiamoci della Direttiva 2013/11/UE più in dettaglio.

Mentre il Regolamento 524/13 riguarda le controversie che nascono dai contratti di vendita o dalle forniture di servizi online o tramite mercati online, transfrontaliere e non, la Direttiva riguarda i contratti predetti, ma stipulati on line e off line. Il Regolamento poi si occupa anche delle procedure intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori negli stati che comunichino di trattarli, la direttiva ADR invece riguarda solo quelle dei consumatori nei confronti dei professionisti.

La Direttiva è stata promossa sin dal 2011 sia dal Consiglio Europeo, sia dal Consiglio dell’Unione Europea.

Il provvedimento risponde a quanto indicato nella risoluzione del 13 settembre 2011 dal Parlamento Europeo per cui vanno implementati sistemi di ricorso semplici, economici, utili e accessibili[66].

Le procedure ADR dovrebbero essere disponibili per tutti i tipi di controversie previste dalla Direttiva, sia nazionali sia transfrontaliere.

Ciò non comporta che gli Stati siano obbligati ad apprestarne per ogni settore, ci possono essere anche degli organismi polifunzionali o “residuali”; tuttavia faccio notare che ad esempio la forza economica della Germania sta anche nel fatto che per ogni settore produttivo esistono organi di ADR. Ci sono paesi in Europa come la Svezia che disciplinano in ADR addirittura le contestazioni relative alla sepoltura dei defunti[67].

La procedura ADR non dovrebbe però avere l’effetto di sostituire il processo, né di impedirlo (considerando 45[68]); è dunque anche quando la soluzione possa essere vincolante deve rendersi possibile il ricorso all’autorità giudiziaria.

La Direttiva 2013/11 ha come oggetto, dicevamo, i contratti di vendita di beni (anche digitali) e di fornitura di servizi sia online che offline.

In ciò si differenzia dal citato Regolamento n. 524/2013 che prevede come ambito i contratti online.

Ai sensi della Direttiva si intende per «consumatore» la persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.

Con il termine «professionista» si fa riferimento a qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto privato o pubblico, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto.

La Direttiva dovrebbe applicarsi a qualsiasi organismo che sia istituito su base permanente e offra la risoluzione di una controversia tra un consumatore e un professionista attraverso una procedura ADR e sia inserito in elenco conformemente alla Direttiva (cfr. art. 20 per i requisiti).

Gli organismi possono essere quelli già esistenti (se correttamente funzionanti) e se ne possono anche creare di nuovi: in entrambe i casi essi devono rispettare i criteri di qualità dettati dalla Direttiva stessa.

Il consumatore di uno stato peraltro può rivolgersi anche all’organismo ADR di un altro Stato (art. 14). Gli organismi ADR possono anche essere transnazionali o paneuropei.

La Direttiva concerne in particolare procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nazionali e transfrontaliere, appunto concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell’Unione e consumatori residenti nell’Unione, in cui l‘intervento di un organismo ADR propone o impone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole (art. 2).

La Direttiva può dunque applicarsi agli organismi di risoluzione delle controversie autorizzati dagli Stati membri a imporre soluzioni vincolanti per le parti (è facoltà di ogni Stato prevedere o meno l’ipotesi; cfr. art. 2 c. 4; il nostro stato non ha scelto l’ipotesi in discorso).

Le parti vanno però informate del fatto che l’Organismo può imporre tali soluzioni e necessita il loro esplicito assenso, a meno che lo Stato non preveda che quel tipo di soluzione sia vincolante per il professionista ed in tal caso non è necessaria una sua espressa accettazione.

La soluzione imposta non può però essere in conflitto con norme inderogabili dello Stato del consumatore: v. comunque tutte le specificazioni in merito che detta l’art. 11 disciplinante il principio di legalità.

In presenza di un organismo che può proporre una soluzione le parti devono poi avere la possibilità di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento se non sono soddisfatte delle prestazioni o del funzionamento della procedura e devono essere informate di questo diritto (art. 9 c. 2 lett. a).

Le procedure ADR possono anche consistere in una combinazione di  due o più procedure di tipo diverso. E dunque l’ampiezza dei meccanismi è notevole.

La Direttiva: a) non attiene ai reclami dei professionisti contro i consumatori  e a quelle tra i professionisti; b) non riguarda i servizi non economici di interesse generale e l’assistenza sanitaria; c) non disciplina le negoziazioni dirette tra le parti (considerando 23).

E’ fuori dal suo ambito anche la gestione dei reclami dei consumatori operata dallo stesso professionista.

Non concerne poi i tentativi di composizione operati dal giudice nel corso di un processo.

La Direttiva non si applica infine agli organismi pubblici di istruzione superiore o di forma­zione.

L’inoltro della domanda da parte del consumatore è su base volontaria, ma può essere anche obbligatoria se non si preclude l’accesso alla giustizia (cfr. art. 1).

Nella delega licenziata dal nostro Parlamento non si fa cenno all’aspetto della obbligatorietà ed il testo dello schema legislativo conferma che la procedura dovrebbe avere da noi carattere volontario.

I consumatori presentano reclamo nei confronti di professionisti dinanzi a organismi che offrono procedure indipendenti, imparziali, trasparenti, efficaci, rapide ed eque di risoluzione alternativa delle controversie.

Gli Stati membri garantiscono che le persone fisiche incaricate dell’ADR possiedano le competenze necessarie, tra cui rientra una conoscenza generale del diritto, anche se non necessita essere professionisti del diritto; cfr. considerando 36) e i requisiti di indipendenza e imparzialità.

Ma devono garantire anche che siano retribuite secondo modalità non legate all’esito della procedura (art. 6 c. 1 lett. d).

Viene da chiedersi come possa essere possibile che da noi in Italia il mediatore non riceva alcuna retribuzione dall’Organismo se le parti decidono di fermarsi al primo incontro e soprattutto che lo Stato non vigili su tale mancata retribuzione.

E purtroppo l’Europa non prende una posizione sul punto.

In caso di conflitto con altri atti dell’Unione inerenti agli ADR prevale questa Direttiva; la Direttiva 52/08 è comunque salva.

Gli organismi ADR possono (art. 5 c. 4) rifiutare di trattare la controversia[69], quando è futile e o temeraria, se il consumatore non ha preso contatto prima col professionista[70], se la controversia è già stata sottoposta ad altro organismo o al giudice, se il valore della controversia è inferiore o superiore a una soglia monetaria prestabilita[71]; se il reclamo è presentato da più di un anno dal contatto col professionista; se infine il trattamento dell’affare rischierebbe di nuocere significativamente all’efficace funzionamento dell’organismo ADR.

I termini di definizione sono di 90 giorni di calendario dalla ricezione del reclamo[72].

Su ogni sito web degli organismi di ADR vanno comunicati diversi requisiti per la trasparenza (costi, lingue, regole durata, efficacia dell’accordo, effetto giuridico, possibilità di ritiro, statistiche ecc.)[73].

A loro volta i professionisti che si impegnano a ricorrere agli organismi ADR per risolvere le controversie con i consumatori do­vrebbero indicare a questi ultimi l’indirizzo e il sito web del o degli organismi ADR competenti.

Dette informazioni dovrebbero essere comunicate in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, se esiste, e, se del caso, nelle condizioni generali dei contratti di vendita o di servizi tra il profes­sionista e il consumatore.

In queste procedure non può essere imposta l’assistenza obbligatoria dell’avvocato.

Viviane Reding[74] in una recente interrogazione ha fatto notare che sul punto la legge italiana non deve necessariamente rispettare la Direttiva ADR e dunque che procedure con obbligo di assistenza e senza obbligo possano coesistere[75].

Le procedure dovrebbero essere preferibilmente gratuite per il consumatore. I costi non dovrebbero superare un importo simbolico (considerando 41 e art. 8 lett. c).

Un accordo tra professionista e consumatore per adire un dato organismo di ADR prima che insorga una data controversia, non dovrebbe essere vincolante per il consumatore se lo priva del diritto di adire un organo giurisdizionale.

Vi sono dei poi principi che vanno rispettati dagli organismi che sono notificati alla Commissione.

Entrambi gli strumenti normativi (Direttiva 2013/11 e Regolamento 524/13) richiedono una risoluzione extragiudiziale indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa delle controversie.

Non ci diffondiamo qui sui principi: cfr. articoli dal 6 all’11 della Direttiva ADR.

La prescrizione e la decadenza non devono impedire il ricorso ad organi giurisdizionali nel caso si partecipi a procedure ADR che non hanno esito vincolante (art. 12).

Gli organismi per essere inseriti nella lista degli organismi ADR devono rispettare alcuni requisiti di qualità[76]alcuni li abbiamo già menzionati, per gli altri rimandiamo al testo normativo ed aggiungiamo qui solo che il sito web dell’organismo deve consentire un facile accesso alla procedura e alle relative informazioni anche su supporto durevole; l’organismo deve inoltre accettare sia procedure nazionali che transfrontaliere e garantire la riservatezza dei dati personali (art. 5).

Detto questo sulla disciplina aggiungo che la Commissione ha nominato un gruppo di esperti scelti negli paesi dell’Unione, che attraverso un forum aiuta gli Stati ad attuare la Direttiva  ADR[77].

Il 1° aprile 2015 l’IMCO (Internal Market and Consumer Protection) ossia il Comitato  del Parlamento Europeo che si occupa del mercato interno e della protezione del consumatore ha poi potuto visionare la piattaforma che consentirà l’attuazione dei provvedimenti in materia di ADR ed ha riscontrato che la traduzione nelle lingue minori e attualmente scarsa.

Inoltre è emerso che gli Stati membri sono piuttosto lenti nella designazione degli organismi ADR che devono essere inclusi nella piattaforma ODR[78].

Da ultimo la Commissione Europea ha varato un importante provvedimento.

Si tratta del  Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 DELLA COMMISSIONE del 1° luglio 2015 relativo alle modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma di risoluzione delle controversie online, alle caratteristiche del modulo di reclamo elettronico e alle modalità della cooperazione tra i punti di contatto di cui al regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori

Il provvedimento è entrato in vigore il 22 luglio 2015[79].

Esso disciplina come si evince anche dal titolo:

  1. a) le caratteristiche del modulo di reclamo elettronico;
  2. b) le modalità dell’esercizio delle funzioni della piattaforma ODR;
  3. c) le modalità della cooperazione tra i punti di contatto ODR[80].

Il modulo di reclamo elettronico da inoltrare alla piattaforma, si legge nel regolamento, è accessibile ai consumatori e ai professionisti “in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione”. Il ricorrente deve poter salvare sulla piattaforma una bozza del modulo di reclamo elettronico, che deve risultare accessibile e modificabile prima della trasmissione. Passati 6 mesi dalla creazione della bozza, se il modulo non risulta debitamente compilato e trasmesso è automaticamente cancellato dalla piattaforma[81].

Al ricevimento del modulo elettronico di reclamo, la piattaforma trasmette un messaggio elettronico standard all’indirizzo elettronico della parte convenuta, che la informa del reclamo presentato nei suoi confronti[82].

Se nel modulo non è indicato alcun organismo ADR competente, la piattaforma, in base alla posizione geografica e all’oggetto del reclamo, propone alla parte convenuta un elenco indicativo di organismi ADR per facilitare l’individuazione di quello competente. In ogni caso, le parti possono accedere in qualsiasi momento all’elenco di tutti gli organismi ADR registrati nella piattaforma[83].

L’organismo ADR inserito nell’elenco può decidere se accettare o no la gestione della disputa, dandone tempestiva comunicazione alla piattaforma.

L’organismo ADR che accetta, una volta che gli è arrivato il fascicolo completo ed il reclamo, comunica alla piattaforma la data di ricezione e l’oggetto; dalla data di ricezione scattano 90 giorni per la trattazione.

Alla chiusura della controversia, l’organismo ADR trasmette la data di conclusione della procedura e il suo esito (anche se le parti si sono ritirate)[84].

Sono evidenziati poi i casi in cui una controversia si considera conclusa ed i dati vengono soppressi entro 6 mesi: ciò accade quando

  1. a) la parte convenuta dichiara di non voler avvalersi di un organismo ADR;
  2. b) le parti non riescono a trovare un accordo su un organismo ADR che tratti il loro caso entro 30 giorni di calendario dalla trasmissione del modulo di reclamo elettronico;
  3. c) l’organismo ADR concordato dalle parti rifiuta di trattare la controversia[85].

Anche le autorità designate dai singoli Stati che comunicano alla Commissione l’elenco degli organismi ADR devono usare un modulo standard fornito dalla Commissione stessa che contiene alcune informazioni previste dalla Direttiva[86].

La piattaforma ODR offrirà alle parti della controversia anche la possibilità di esprimere e condividere i propri commenti (feedback) entro 6 mesi dalla conclusione della controversia[87].

Il regolamento stabilisce infine le modalità di cooperazione tra i punti di contatto ODR, che, attraverso dei consulenti, forniscono assistenza per la risoluzione delle controversie riguardanti reclami presentati mediante la piattaforma[88]. Si specifica, in ultimo, che i consulenti che hanno accesso alle informazioni relative a una controversia ne devono concedere l’accesso ai consulenti in altri punti di contatto nella misura in cui ciò sia necessario per l’adempimento delle loro funzioni[89].

Registriamo ancora in tema una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ritenuto il tentativo di composizione bonario croato, previsto a pena di irricevibilità del ricorso, come conforme all’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’uomo[90].

Il che apre alla considerazione che il diritto di accesso alla giustizia per svolgere un ADR può essere compresso se ciò sia previsto dalla legge.

  1. Recepimento in Italia della Direttiva ADR

 

A settembre 2014 (con l’approvazione del Senato) il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la delega al Governo per il recepimento della Direttiva.

L’iter parlamentare ha condotto all’art. 8 della Legge 7 ottobre 2014, n. 154[91].

Nella norma si stabilisce ovviamente che l’operazione non costi alcunché allo Stato[92]: al proposito la relazione tecnica precisa che gli organismi opereranno secondo una tariffa, ma la Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) nella sua valutazione economica, consiglia per il rispetto della delega di indicare chiaramente nel decreto che non ci sarà alcun intervento pubblico.

Continuiamo dunque con le riforme a costo zero e vedremo se e quale risultato ci porteranno.

Al momento in verità lo Stato finanzia le conciliazioni paritetiche con contributi per le associazioni dei consumatori[93].

Naturalmente è giusto che chi lavora non lo faccia in perdita, ma mi sia consentita una piccola considerazione di parte: secondo dati che sono pubblici gli organismi di mediazione civile e commerciale hanno gestito in 4 anni 552.436, mentre tutto l’ADR del consumo in cinque anni è arrivato a 104.120 controversie[94]; lo Stato non solo non concede agli organismi di mediazione alcun finanziamento, ma pretenderebbe secondo questa linea che gli organismi gestissero anche le controversie del consumo a loro spese, il che mi pare insostenibile; si tenga conto che nella concezione europea il consumatore che è considerato il primo attore da tutelare, dovrebbe essere servito gratuitamente o comunque con un compenso simbolico.

Un altro organo che viene remunerato è il CEC ossia il Centro nazionale della rete europea per i consumatori che svolge nel nostro ordinamento una duplice funzione: è punto di assistenza per chi dovesse rivolgersi ad organismo ADR straniero che è competente a trattare una controversia transfrontaliera, sia essa offline od online, ed è punto di contatto ODR, ossia per accedere alla piattaforma europea ai sensi del Regolamento 524/13 e risolvere on line la controversia[95].

Ebbene Il CEC per le controversie transfrontaliere, verrà, secondo la relazione tecnica, sostenuta coi proventi delle contravvenzioni amministrative dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (art. 148 della legge 388/2000[96]). E pertanto anche con il provento delle sanzioni che verranno irrogate ai professionisti che non rispettano gli obblighi di informativa nei confronti dei consumatori. L’art. 141-sexies (Informazioni e assistenza ai consumatori) dello schema di decreto prevede quanto segue:

1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.

  1. Le informazioni di cui al comma 1 devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contratto di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
  2. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole[97].
  3. E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni relative all’informazione dei consumatori sulle procedure di ricorso extragiudiziale contenute in altri provvedimenti normativi.

La legge delega stabilisce poi:

1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche[98] relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi[99].

2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva)[100].

L’Italia in data 8 maggio 2015[101] ha conseguentemente adottato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti sono noti[102]: come assumono le Commissioni del Senato il testo non brilla per chiarezza[103].

La legge delegata che nello schema vuol dare attuazione anche al regolamento (UE) n. 524/2013, avrebbe dovuto essere emanata entro 40 giorni[104] dalla trasmissione alle Camere per i prescritti pareri, ossia il 18 giugno 2015 (entro 40 giorni dall’8 di maggio), ma sino ad ora non si ha alcuna notizia certa in merito. Secondo indiscrezioni giornalistiche il testo definitivo dovrebbe essere approvato nel Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2015.

Secondo la relazione tecnica allo schema di decreto il testo della Direttiva “rende indispensabile una radicale revisione del testo dell’attuale articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), che di fatto non è stato mai attuato”.

L’art. 141 attuale prevede quanto segue.

Composizione extragiudiziale delle controversie 

  1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica.
  2. Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

Il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresì, gli ulteriori adempimenti connessi all’attuazione della risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

  1. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
  2. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo.
  3. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.

Per modificare la sopradetta disciplina, il legislatore delegato aggiunge alla Parte V del Codice del consumo dopo il titolo II che termina con l’azione di classe (art 140 bis), il TITOLO II-bis inerente la  risoluzione extragiudiziale delle controversie che contiene gli articoli dal nuovo 141 al 141 decies.

Viene poi affidata alle organizzazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale  la tutela degli interessi collettivi scaturenti dall’oggetto della Direttiva ADR e dal Regolamento ADR[105].

Si stabilisce che in merito alla violazione dell’obbligo di informativa per il professionista previsto dallo schema di decreto (art. 141 sexies)[106] le sanzioni siano accertate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse.

I diritti dei consumatori previsti dal Capo I Sezioni I-IV (articoli 45-66 quinques) potranno essere tutelati, sempre salvo il diritto di ricorrere al giudice, con le nuove procedure ADR (ad esempio in materia di diritto di recesso, condizioni di vendita dei contratti a distanza, informativa precontrattuale nei locali di vendita)[107].

Tra le clausole di contratto che si presumono vessatorie vengono inserite quelle che hanno ad oggetto l’imposizione al consumatore di rivolgersi ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR o quelle che abbiano per effetto di rendere eccessivamente difficile l’accesso  ad una procedura ADR[108].

Secondo il parere del 23 giugno 2015 della Commissione II e X della Camera invece “la clausola ADR predisposta unilateralmente dal professionista non altera l’equilibrio negoziale a danno del consumatore (ex articolo 33, comma 1, del Codice del consumo) e non può essere pertanto considerata vessatoria[109]. La Commissioni chiedono pertanto che  “a) sia valutata l’opportunità di precisare che alle clausole ADR del contratto non si applica l’articolo 1341, comma 2, del codice civile”.

Il che peraltro ricalcherebbe la disciplina attuale del 141.

In estrema sintesi l’Italia riterrebbe di operare il recepimento tramite il riconoscimento normativo della negoziazione paritetica (per cui, dobbiamo dirlo, operano delle pesanti incompatibilità v. art. 141 ter schema disegno di legge) su protocolli d’intesa e tramite una novella del Codice del consumo[110].

Si tratta in particolare di apprestare procedure volontarie di composizione extragiudiziale, anche in modalità telematica, delle controversie, nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, che abbiano luogo davanti ad un organismo ADR iscritto nell’elenco prescritto dall’articolo 141decies[111].

Tra le scelte che la Direttiva consente il nostro Stato ha previsto nella novella, nel rispetto dei principi della Direttiva:

  • la possibilità che i compositori siano retribuiti dal professionista, associazione di imprese o organizzazione professionale (in tal caso le risorse di bilancio devono essere separate e destinate allo scopo[112]) ;
  • non vi siano organismi di ADR che possono imporre soluzioni: l’organismo ADR propone una soluzione[113] o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole[114];sono salve però le autorità che adottano decisioni (Aeesgi, Consob, Banca d’Italia)
  • che gli organismi di ADR italiani possano, se il loro regolamento lo stabilisce, rifiutare determinate controversie: in particolare potranno stabilire che il consumatore che voglia adire l’organismo ADR debba necessariamente contattare prima il professionista che ha effettuato la prestazione: in sostanza il contatto costituirebbe condizione di procedibilità della procedura alternativa[115]; nel caso di rifiuto devono motivarlo entro 21 giorni dal ricevimento del fascicolo[116].
  • che siano considerate procedure ADR appunto le conciliazioni paritetiche[117].

Rimane in piedi, come desidera la normativa europea, la Direttiva 52/08 e dunque il decreto 28/10; la direttiva ADR non interferisce con la conciliazione obbligatoria dei Corecom; nella misura in cui rispettino il dettato del decreto legislativo, sarebbero procedure ADR le procedure svolte dall’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), dalla Banca d’Italia e dalla Commissione nazionale per la società e la borsa nei rispettivi settori di competenza[118].

Sono escluse a tutt’oggi dal processo legislativo le Camere di Commercio che sono invece attrici nell’attuale art. 141 del Codice del consumo e nella mediazione civile e commerciale; hanno pertanto fatto sentire la loro voce in sede di parere delle Commissioni senatoriali e della Camera[119]: bisogna vedere che ascolto abbiano presso il Governo.

La norma non si applica alle controversie gestite direttamente dal professionista, a quelle intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori o tra professionisti[120], ai servizi economici di interesse generale[121], alla negoziazione diretta tra consumatore e professionista, ai servizi di assistenza sanitaria[122].

Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale[123].

La domanda del consumatore di ADR viene definita forse impropriamente dal decreto come “reclamo[124]: almeno così hanno precisato le Commissioni parlamentari nel loro parere.

L’organismo ADR può essere gestito da una persona fisica, da un persona giuridica privata o pubblica[125].

Il Ministero dello sviluppo economico, si pone come autorità di chiusura “con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni[126].

Possono essere organismi ADR quelli attualmente iscritti nella sezione speciale di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per la trattazione degli affari in materia di consumo[127] e gli altri inseriti su domanda in apposito elenco tenuto dalle autorità[128]: ogni autorità ha un suo procedimento di iscrizione e vigila sull’elenco nonché sui singoli organismi ed ha i poteri connessi a tale attività[129].

Le autorità ADR incoraggiano gli organismi italiani ad associarsi a reti europee che trattino le controversie nello stesso settore e a cooperare tra loro[130]; anche la cooperazione con le stesse autorità è incoraggiate per mettere a punto buone prassi nei settori di controversi più frequenti[131].

Le persone incaricate di una procedura di ADR devono ricevere, eventualmente dai propri organismi secondo programmi vigilati dalle autorità competenti, una formazione che contempli conoscenze e  competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto; restano inoltre necessari fermi gli obblighi formativi previsti per i mediatori civili e commerciali[132].

Circa la procedura è necessario che le parti siano informate del fatto che possono ritirarsi in qualsiasi momento (ciò potrebbe però non valere per il professionista[133])[134] che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale, ma che possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura[135].

Dall’esito dell’ADR che viene condotto da ogni organismo ADR deve essere precisato dall’organismo l’effetto giuridico[136] e la eventualità esecutività delle decisioni.

Le procedure devono essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori[137]. L’indagine europea del febbraio 2015 rivela che il 21% delle imprese (specie le micro imprese tra 1 e i 9 dipendenti) che si occupano di commercio transfrontaliero online sostiene che i costi dei reclami per i consumatori costituiscono un grave problema alla circolazione delle merci, problemi che va risolto se si voglia creare un unico mercato digitale[138].

La procedure devono concludersi entro 90 giorni (prorogabili dello stesso termine a discrezione dell’organismo) dalla data di ricevimento del fascicolo completo del reclamo da parte dell’organismo ADR[139].

Assai interessante è il principio per cui gli organismi precisano se risolvono le controversie “in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole”[140]. Finalmente si rispetta la storia degli ADR!

Dalla data di ricevimento da parte dell’organismo ADR, il relativo reclamo produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, il reclamo impedisce altresì la decadenza per una sola volta[141]. Ricominciano a decorrere dalla comunicazione della data alle parti della mancata definizione della controversia.

  1. Conclusioni

Alla luce della storia “incerta” della risoluzione alternativa nell’ambito UE credo di poter affermare che la conoscenza e la diffusione dell’ADR sia nel consumo, sia altrove dipenda in buona parte dalla volontà politica degli Stati e non più di tanto dalle entità sovranazionali.

La Direttiva 52/08 specificava già in merito alla controversie transfrontaliere che “La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario” (considerando 19).

Noi potremmo estendere questa considerazione a tutti gli strumenti alternativi in ogni campo.

Ma la volontà politica non basta ovviamente, perché un ruolo cruciale assume l’economia: migliori sono i sistemi economici migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.

In Europa questi buoni sistemi economici che hanno una buona giustizia ed un buon ADR  sono solo 5: Regno Unito, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda e Lussemburgo[142].

L’Italia e gli altri 22 paesi purtroppo sono lontani dai loro standard.

Anche se Junker da ultimo promette l’uscita dalla recessione e ben un milione e trecento mila posti di lavoro[143].

Ma è inutile recriminare, vorrei solo e in ultimo sottolineare quello che si potrebbe fare anche se mi rendo conto che questo Stato continua a pretendere di fare riforme a costo zero.

I mediatori europei secondo uno studio che conduco da alcuni anni sono attualmente più di 44.000.

Nello spirito della Direttiva che contempla diversi strumenti ADR, credo si dovrebbero aggiungere gli attuali arbitri, almeno nei paesi che contemplano l’arbitrato per la risoluzione del consumo.

Si può dunque stimare che gli operatori ADR arrivino a circa 50.000 anime; la speranza è che i mediatori italiani smettano di crescere (al momento hanno superato i 17.000).

Ora secondo la Direttiva, lo abbiamo detto, gli operatori di ADR devono essere retribuiti a prescindere dal risultato raggiunto: lo stesso schema di decreto stabilisce ovviamente che le parsone incaricate delle procedure devono essere “retribuite indipendentemente dall’esito della procedura[144].

E se non per la Direttiva ADR, per il Consiglio d’Europa l’obbligo di un sostegno finanziario diretto ai servizi di mediazione dovrebbe gravare anche sugli Stati[145].

Ammettiamo che gli operatori di ADR possano guadagnare almeno 1500 € al mese per non essere sotto la soglia di povertà.

Il conto è presto fatto: per sostenere i mediatori europei ci vorrebbero circa 900 milioni di euro all’anno.

Dal momento che la popolazione dei 28 è di 446 milioni e mezzo, con due euro a testa all’anno, dico 2 euro a testa, si potrebbe avere un sistema alternativo efficiente sia per il consumo sia per le controversie estranee al consumo.

Vogliamo aggiungere un euro per gli organismi ed enti vari nei paesi che hanno una mediazione strutturata? Arriviamo a tre euro.

Chi non li darebbe se sapesse che ciò gli può consentire di recarsi in tribunale come ultima risorsa?

Teniamo conto che per sostenere i tribunali i cittadini dei 28 paesi UE spendono pro capite[146] facendo una media 47 € all’anno: quella che impiega meno risorse è la Bulgaria con 18 euro e quello che ne impiega di più è il Lussemburgo con 142 €: l’Italia eroga 44 € pro capite ossia 2.674.709.180 € contro  182.366.535 € che spenderebbero per un sistema ADR efficiente [147].

Morale… i cittadini europei spendono in tribunali 15 volte quello che spenderebbero per avere un sistema ADR funzionante.

Non dico naturalmente che andrebbero aboliti i tribunali, ma che se è vero che secondo i dati ministeriali la mediazione it