La conciliazione in Perù

Nel paese si parla di conciliazione, ma in realtà si tratta oggi di mediazione secondo i nostri canoni, dato che il conciliatore può fare “eventualmente” una proposta ed utilizza le stesse tecniche negoziali del mediatore nostrano.
 
A livello storico il primo documento che la riguarda attiene alla Constitución de Cádiz del 1812[1]: si trattava di una conciliazione obbligatoria operata dall’Alcalde.
 
Da ultimo se ne occupa la Ley de Conciliación N° 26872 del 12 novembre 1997[2] che è stata modificata da ultimo il 5 giugno 2012 dalla Ley Nº 29.876[3].
 
Vi sono poi da considerare tre regolamenti la cui lettura è importante per capire pienamente il sistema:
 
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 004-2005-JUS )[4];
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 014-2008-JUS)[5];
  • Modifican el Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 006-2010-JUS)[6].
 
La conciliazione extragiudiziale è in Perù obbligatoria da oltre 200 anni.
 
E’ volontaria con riferimento all’accordo, ma non alla partecipazione.
Inizialmente era condizione di procedibilità per tutte le materie inerenti i diritti disponibili.
 
Il regolamento del 2005 recita che le parti possono disporre dei loro diritti in conciliazione fino a quando ciò non influisce su norme imperative o quando gli accordi sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
 
I diritti disponibili possono essere o meno suscettibili di valutazione economica.
 
Tra il 1999 ed il 2001 si sono specificati alcuni casi di volontarietà: chiamato con domicilio all’estero, quando fossero coinvolte le garanzie costituzionali o ancora per i processi cautelari[7]. Nel 2001 di sono aggiunti i casi in cui siano coinvolti beni degli incapaci, di violenza familiare e i giudizi nei quali lo Stato è parte.
 
Dal giugno 2012 si sono enucleati altri casi in cui essa è solo volontaria:
 
1) nel processo di esecuzione;
 
2) nella opposizione di terzo;
 
3) nella usucapione: questa indicazione è interessante e forse dovrebbe essere presa a modello anche dal nostro legislatore;
 
4) nel processo che investe i diritti di prelazione dei comproprietari;
 
5) impugnazione di convocazioni di assemblea generale da parte di soci od associati;
 
6) impugnazione delle delibere assembleari delle società;
 
7) nel processo contenzioso amministrativo:
 
8) nel processo inerente pensioni alimentari e rapporti di famiglia ove i diritti siano disponibili: anche quella che noi definiamo mediazione familiare è dunque volontaria (i conciliatori specializzati in materia di famiglia sono 315[8]);
 
9) per il risarcimento dei danni in caso di reati o contravvenzioni ambientali.
 
Evidentemente la pratica ha portato a circoscrivere l’obbligatorietà. Al momento è esclusa dall’obbligo la materia del lavoro che potrà andare in conciliazione solo sui diritti disponibili.
 
I delitti e le contravvenzioni penali non sono conciliabili a meno che non si tratti del semplice risarcimento per cui però non si deve aver azionato il procedimento giudiziale.
 
Per il resto è necessario sedersi attorno al tavolo[9].
 
La conciliazione viene nel paese condotta dai Giudici pace o dai Centri di conciliazione.
 
In realtà in Perù si distingue tra giudici di pace non giuristi (Juzgados de Paz) e giudici di pace avvocato (Juzgados de Paz Letrados).
 
I primi non giudicano secondo diritto, ma secondo giustizia ed equità e sono dislocati nelle zone difficili da raggiungere; hanno una competenza residua rispetto ai Juzgados de Paz Letrados e i loro provvedimenti sono impugnati davanti a questi ultimi.
 
Si parla in Perù di conciliazione strutturata e dunque non si può fare il conciliatore (se non si è giudice di pace) se non si è accreditati presso un Centro di conciliazione.
 
Il Centro di conciliazione (pubblico o privato)[10] può essere costituito da una persona fisica o da una giuridica, deve essere senza scopo di lucro e deve avere come finalità la conciliazione.
 
Il Centro di conciliazione deve essere accreditato al Ministero della giustizia[11].
 
E’ previsto anche un registro dei conciliatori, ma non è allo stato raggiungibile via internet.
 
La conciliazione è gratuita ed onerosa, quando è onerosa viene pagata dal chiamante a meno che a verbale non si stabilisca una ripartizione diversa dei costi. Davanti ai giudici di pace è condotta a seguito del pagamento di tassa amministrativa.
 
La conciliazione deve tenersi entro trenta giorni dalla domanda, ma il termine è prorogabile su richiesta delle parti.
 
L’accettazione del conciliatore avviene nelle 24 ore dal deposito ed è a suo carico la convocazione delle parti per la sessione.
 
La prescrizione e la decadenza sono sospese dalla domanda.
 
La partecipazione alla sessione è personale, salvo che la legge non preveda l’obbligo di rappresentanza legale (i casi sono quelli della persona giuridica e del domiciliato all’estero: la procura è in queste ipotesi notarile).
 
Interessante è che la conciliazione si chiude se entrambi le parti non partecipano a due sessioni consecutive; se una sola parte non partecipa ad una sessione sussiste un obbligo di seconda convocazione.
 
Particolare è la sottoscrizione del verbale che viene effettuata non solo con la firma, ma pure con l’impronta digitale e quando le parti non sanno firmare soltanto con l’impronta digitale.
 
L’accordo ha efficacia esecutiva e viene parificato alla sentenza.
 
La formazione dei conciliatori è a carico della Scuola Nazionale di Conciliazione presso il Ministero della Giustizia e dei Centri per l’Istruzione e la formazione di facilitatori debitamente autorizzati dal Ministero della Giustizia (alla fine del 2015 erano 37[12]).
 
I conciliatori devono ricevere una formazione sulle tecniche di negoziazione e sui mezzi alternativi (generale e specializzata) e sono soggetti ad un periodo di affiancamento[13].
 
Quelli che non sono giuristi devono partecipare ad un modulo supplementare di diritto che è generale e non riguarda la sola conciliazione.
 
I formatori possiedono particolari caratteristiche perché devono partecipare a corsi di formazione (anche continua), avere una esperienza almeno di un anno nella formazione degli adulti, essere conciliatori ed aver condotto almeno 12 conciliazioni con esito positivo.
 
Il Ministero vigila sui centri di conciliazione: il sistema è dunque simile a quello italiano e i Centri di conciliazione hanno obblighi analoghi a quelli dei nostri organismi, anche con riferimento alla statistica.
 
Ogni Centro di conciliazione deve avere nel suo organico un avvocato che supervisioni la legalità degli accordi. Anche il conciliatore se è avvocato può svolgere un duplice ruolo, ma il Ministero ne deve essere informato.
 
 
[1] F. Martín PINEDO Aubián, EVOLUCIÓN HISTÓRICA Y NORMATIVA DE LA CONCILIACIÓN EN EL PERÚ in
 
 
 
 
 
 
 
[7] Qui la conciliazione può avvenire solo se il deposito della domanda viene eseguito nel termine di 5 giorni dalla richiesta della misura.
 
 
[9] Una splendida monografia sul lavoro del conciliatore peruviano si può trovare in http://www.monografias.com/trabajos27/conciliacion-peru/conciliacion-peru.shtml
 
 
 
 

La conciliazione e i rapporti tra consanguinei

In chiave storica possiamo rilevare che già nell’antichità greca e romana gli accomodamenti tra consanguinei avvenivano più che altro attraverso conciliazioni e arbitrati[1] che spesso erano effettuati appunto con l’ausilio di vicini e familiari.

Vista la delicatezza delle questioni lo stesso Digesto giustinianeo mantenne il principio per cui le cause tra i parenti dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del praetor[2].

In conformità a questa norma cautelativa col passare dei secoli si crearono per i più stretti congiunti dei tribunali di famiglia le cui attribuzioni sono assai ben esplicitate ad esempio dall’art. 12 del decreto dell’Assemblea costituente francese 16-24 agosto 1790[3].

Nel 1798 anche la Repubblica Ligure ebbe un tribunale di famiglia, convocato e presieduto dal giudice di pace di seconda classe[4], per gestire le situazioni d’incapacità o la cura provvisoria dei beni degli assenti, formato dai più prossimi parenti, ed in mancanza di essi da “tre probi vicini”, o amici prescelti dal giudice di pace[5].

Di un rapporto tra conciliazione, seppure non nel senso da noi concepito, e la materia delle successioni troviamo accenno sempre nella codificazione giustinianea con riferimento all’istituto della diseredazione dell’erede necessario: colui che diseredava un discendente od un ascendente poteva, in altre parole, riconciliarsi, ma ciò aveva esclusivamente una valenza etica, serviva cioè solo a manifestare il perdono in relazione all’ingratitudine ricevuta; dunque la diseredazione rimaneva in piedi sino a nuovo testamento[6].

Presso i Longobardi che in genere non conoscevano, come abbiamo visto, se non l’accomodamento pecuniario e di solito gli preferivano di gran lunga la faida[7] e quindi la decisione delle armi[8], gli affari più intimi delle famiglie, quando approdavano al processo e non erano giudicati dal tribunale di famiglia[9], erano però sottratti al duello giudiziario e si regolavano di solito per giuramento dei sacramentali[10].

In Francia nel 1796[11] si stabilì che tutte le contestazioni tra coeredi e altre parti aventi interesse, fino alla divisione, dovessero portarsi in via di conciliazione, innanzi al giudice di pace del luogo ove la successione si fosse aperta[12].

Nel 1806 il Codice napoleonico di procedura civile riprese il predetto principio e stabilì che la successione e la divisione fossero oggetto di conciliazione preventiva obbligatoria come prevedeva l’art. 5 c. 1 del nostro decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

L’art. 50 stabiliva in particolare che “Il convenuto sarà citato in conciliazione… III. In materia di successione, sulle domande tra eredi sino alla divisione inclusivamente; sulle domande che venissero intentate dai creditori del defunto prima della divisione; sulle domande relative all’esecuzione delle disposizioni a causa di morte, sino a giudizio definitivo, davanti al giudice di pace del luogo in cui la successione è aperta”.

 Il Codice dispensò però dal tentativo quelle procedure che, per qualsiasi materia, vedessero coinvolte più di due convenuti, anche se questi nutrissero il medesimo interesse (art. 49); conseguentemente i conflitti multi parte che intervenissero nei confronti di più di due soggetti litiganti non erano condizione di procedibilità del giudizio nel diritto francese.

E ciò, si diceva, stante la difficoltà di una siffatta conciliazione e per le spese e le noie di viaggio che all’epoca si dovevano sostenere per partecipare ad una conciliazione[13].

A proposito degli eredi poi si riteneva in aggiunta che non ci fosse obbligo di conciliazione, perché ciascun erede non poteva che essere considerato personalmente obbligato per la “sua parte e posizione virile” non avendo gli altri coeredi qualifica di litisconsorti[14].

La regola non si applicava però se la citazione era svolta da più attori e quindi, se i convenuti erano due e gli attori più di due, restava comunque l’obbligo di conciliazione preventiva.

Dunque chi non voleva partecipare ad una conciliazione coinvolgeva spesso più persone estranee come convenute[15], oppure se, al contrario, era preso dall’afflato conciliativo, citava un solo erede, anche se essi erano molti e la giurisprudenza riteneva in tal ultimo caso obbligatorio il tentativo.

La dispensa dal tentativo non comportava ovviamente che non si potesse tenere una conciliazione volontaria o che il suo svolgimento determinasse una nullità[16].

Analoga situazione riscontriamo nei domini napoleonici. Così ad esempio il decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805), emesso in Genova relativamente alla riforma del sistema giudiziario[17], all’art. 126 stabiliva come competente alla conciliazione il giudice di pace della successione per le “dimande fra eredi, ed altre parti interessate sino alla divisione inclusivamente, e sopra quella a termine d’esecuzione di disposizioni per causa di morte sino al giudizio”; la norma aggiungeva però la dispensa dalla conciliazione il caso di soggetti che fossero tre o più[18].

Bisogna però rimarcare che la citazione in conciliazione davanti al “Burò[19] di Pace e Conciliazione” che era formato per tutte le materie che oltrepassavano la competenza del giudice di pace[20], vedeva, per espressa disposizione (art. 36), la chiamata del difensore del convenuto: quindi veniva effettuata nei confronti delle parti i cui difensori erano già stati individuati; a differenza pertanto della coeva legislazione austriaca del 1803[21] che escludeva in Veneto[22] gli avvocati ed i faccendieri dalla conciliazione[23] e che quindi si imperniava su una conciliazione “effettiva” con e tra le parti, la codificazione napoleonica valorizzava più che altro l’apporto dei procuratori.

Prova ne è che all’udienza il convenuto e l’attore (o meglio i loro legali) potevano modificare la domanda e le eccezioni prima di procedere a tentativo di conciliazione; in definitiva si era in presenza di un tentativo di conciliazione “tra tecnici” che peraltro non era reso neanche tanto appetibile dal momento che il verbale aveva il valore di una semplice scrittura privata (art. 137).

In linea con questa tendenza l’anno successivo il codice di procedura civile della madre patria stabilì il principio secondo cui il difetto di citazione in conciliazione doveva essere eccepito dalle parti e non rilevato d’ufficio dal giudice: in un certo senso dunque la Liguria fu considerata un’esperienza pilota per approntare successivamente un ammorbidimento della condizione di procedibilità.

Nel Sud della penisola il Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819 non poneva invece limiti soggettivi alla conciliazione in materia di successione: l’art. 25 stabiliva semplicemente che “Gli eredi presuntivi, ed altri che trovansi nel possesso provvisionale dei beni degli assenti possono sperimentare la conciliazione per le liti che non riguardino beni o dritti immobiliari”.

Quindi a patto che non si trattasse di immobili assegnati a titolo provvisorio, la conciliazione che era volontaria, si esperiva in materia ereditaria qualunque fossero le parti ed anzi giova qui ribadire che il conciliatore in Sicilia poteva intervenire motu proprio per spegnere odi ed inimicizie[24]; si può quindi presumere che i tentativi di amichevole composizione fossero abbastanza frequenti.

Sotto il vigore del codice di procedura italiano del 1865 lo erano di certo.

Troviamo qui un consiglio di famiglia sull’esempio francese ed etneo[25] per le questioni attinenti ai minori e agli incapaci: dunque qualsiasi conciliazione ovvero il promovimento di divisione e transazione, stragiudiziale e non che li riguardasse, doveva passare necessariamente attraverso l’autorizzazione di questo organo.

A parte ciò, quando non ci avesse già pensato il testatore, la divisione che il Codice del 1865 privilegiava era quella amichevole[26].

Capitava però che, specie nelle campagne o nei paesi, coloro che volessero dividere i beni non fossero in grado di operare e si recassero in conciliazione preventiva davanti al conciliatore.

La conciliazione preventiva, allora come oggi[27], non aveva, infatti, limiti di valore o di materia[28], salvo si trattasse di materia nella quale fossero vietate le transazioni.

Se non c’era una controversia in atto, ma l’intervento era solo richiesto per l’incapacità delle parti di gestire la questione o purtroppo frequentemente per la volontà di aggirare le disposizioni fiscali[29], il conciliatore più avveduto inviava le parti dal mediatore commerciale, qualora si trattasse di questioni routinarie di poco conto, oppure dal notaio se si trattava di redigere atti complessi.

 Se invece sussisteva una vera e propria divergenza di interessi, si teneva la conciliazione e se la proposta di accomodamento non veniva accettata, il conciliatore, come già detto, faceva rimostranze sui guai, sulle spese e l’incerto esito di qualsivoglia lite, e se gli rimaneva la speranza di conciliazione, poteva proporre di rimettere la definizione dell’affare in arbitrato ad una terna ovvero a un notaio o a un ragioniere oppure ad un avvocato[30]: in tal caso redigeva egli stesso il compromesso.

Qualora non fosse stata perseguita la via amichevole o fosse fallita, l’ordinamento apprestava la sola via del giudizio in cui si poteva chiedere l’attribuzione dei beni mobili ed immobili in natura e se ciò non fosse stato possibile non c’erano che i pubblici incanti[31] che potevano seguire davanti ad un notaio scelto dalle parti, se tutte fossero maggiorenni[32].

I patti e le condizioni della vendita venivano stabilite d’accordo tra le parti od in difetto dall’autorità giudiziaria[33] che per valore poteva essere il pretore[34] o il tribunale[35].

A questo punto la conciliazione che all’epoca si denominava “ufficiale” veniva svolta dal notaio. Non quindi dal tribunale perché nei giudizi ad esso pertinenti non era prevista, non davanti al pretore perché davanti a quest’ultimo era radicata l’opinione che non si formasse un titolo esecutivo.

Compiuta la stima e la vendita l’autorità giudiziaria rimetteva le parti davanti ad un giudice delegato o ad un notaio che procedeva alla resa dei conti, alla formazione dello stato attivo e passivo dell’eredità, alla determinazione delle rispettive porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi che si dovessero tra condividenti[36].

In questa fase, qualora fosse stato necessario, veniva utilizzato anche l’istituto dell’esame dei conti di cui all’art. 402 C.p.c.[37], per cui il tribunale nominava degli arbitri conciliatori che procedevano alla conciliazione e se questa falliva essi recavano al tribunale o al giudice delegato un parere meramente consultivo[38].

Anche il pretore ai sensi dell’art. 432 C.p.c. poteva in questa materia rimettere le parti davanti ad un arbitro conciliatore per la discussione dei conti.

Sia per la legislazione etnea sia per quella italiana, peraltro, non vi era limite alla conciliazione legato al numero delle parti come nella legislazione francese.

Ha dunque una lunga tradizione l’art. 5 c. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che sino al dicembre scorso e a partire dal  20 di marzo 2011, stabiliva la mediazione come condizione di procedibilità in materia di divisione e successione ereditaria.

Anche oggi non si sono poste limitazioni legate al numero delle parti e quindi che ciascun erede debba considerarsi o meno singolarmente non ha più alcuna importanza; sono inoltre cambiati i tempi ed i problemi che avevano gli uomini dell’Ottocento in merito alle noie del viaggio e le spese sono attualmente meno pressanti.

Ed infine noi conosciamo tecniche di mediazione facilitativa che possono aiutare ad affrontare efficacemente anche i conflitti multi parte più complessi.

Si deve però sottolineare che la conciliazione che si è approntata con il nuovo decreto non ha le caratteristiche della conciliazione ottocentesca.

L’antico conciliatore svolgeva una procedura di conciliazione durante la quale consigliava le parti.

Non si limitava dunque a facilitare la comunicazione, né aveva problemi di sorta ad anticipare con le buone maniere quello che aveva in animo di decidere nel caso in cui le parti fossero tornate da lui in sede contenziosa.

Il limite era che in sede preventiva il giudice di pace non poteva emettere una sentenza perché avrebbe commesso un eccesso di potere[39].

Ma la situazione poteva cambiare in sede giudiziale tosto che, ad esempio, per la giurisprudenza austriaca una transazione giudiziale non cessava d’essere valida per la circostanza che il giudice potesse avervi indotto una parte colla minaccia che, non transigendo, esso avrebbe deciso a favore della parte avversaria.

Questo aspetto che noi moderni assertori della mediazione facilitativa consideriamo negativo rimaneva però in ombra nel caso di divisioni perché, come abbiamo accennato, la competenza era ripartita tra il pretore (v. art. 883 C.p.c. – r.d. 25 giugno 1865) ed il tribunale e quindi una sentenza del conciliatore non sarebbe stata nemmeno astrattamente concepibile.

Ma qualche pallida possibilità di condizionare il successivo giudizio con il consiglio poteva forse sussistere in relazione alle successioni, perché il conciliatore del 1892 aveva una competenza per valore sino a 100 lire e quindi le parti avrebbero potuto ritrovarsi di fronte a lui in successivo giudizio, anche se restava teoricamente[40] possibile la ricusazione.

Il campo peraltro era assai ristretto, direi prettamente nel campo del possibile e non del probabile, perché il conciliatore conosceva entro il valore predetto di tutte le azioni personali e civili e commerciali relativi a beni mobili[41].

Valutate dunque le modeste controindicazioni il parere del conciliatore poteva rivelarsi davvero prezioso per le parti.

In un tempo in cui la maggioranza delle persone apponeva il crocesegno il conciliatore spiegava ai contadini e agli artigiani, che le transazioni operate con dolo e violenza potevano essere oggetto di rescissione[42], che un verbale sancente la lesione di un coerede per oltre un quarto[43] aveva “le gambe corte”, potendo essere rescisso, che prima della divisione qualsiasi atto, e quindi anche un verbale di conciliazione, che avesse fatto cessare tra i coeredi la comunione ereditaria (vendita, permuta, transazione, testamento invalido, ecc.)  era del pari soggetto di rescissione, e che invece si doveva riflettere molto bene sulla transazione successiva alla divisione, perché in tal caso poteva non esserci una tutela[44].

Conseguentemente in materie così particolari come quelle della divisione e della successione le parti godevano comunque di una guida per l’accomodamento e potevano muoversi con sicurezza senza perdere per questo il controllo della loro questione.

Con tutte queste cautele era inoltre abbastanza improbabile che il consiglio di famiglia non autorizzasse la conciliazione di un tutore nelle materie in discorso, e pur tacendo che tale organo era convocato dallo stesso giudice che aveva conciliato le parti, sebbene su delega del pretore[45].


[1] Cfr. anche M. FERRO, Dizionario del diritto comune e Veneto, volume I, seconda edizione, Andrea Santini e Figlio, Venezia, 1845, p. 23.

[2] Digesto II Legge 4, 1 “De in ius vocando: praetor ait: Parentem, patronum patronam, liberos, parentes patroni patronae, in ius sine permissu meo ne quis vocet” (“Riguardo al citare in giudizio il pretore disse: nessuno citerà in giudizio senza mio permesso il padre, il patrono, la patrona, i figli, i parenti del patrono e della patrona”.

[3]Elevandosi qualche contestazione tra marito e moglie, padre e figli, avo e nipoti, fratelli e sorelle, nipoti e zii, o altri congiunti negli stessi gradi, come anche tra i pupilli ed i loro tutori per affari relativi alla tutela, le parti dovranno eleggersi parenti, o in difetto amici e vicini, per arbitri, davanti ai quali i contendenti esporranno le loro differenze, e che, dopo averli sentiti ed aver preso le informazioni necessarie renderanno una decisione motivata”.

Contro le decisioni di questo tribunale che peraltro durò in Francia pochi anni, ma si mantenne in Italia per lungo tempo, era possibile di norma l’appello ai tribunali ordinari e quindi non si trattava di un arbitrato inappellabile.

[4] Essi avevano attribuzioni inferiori rispetto a quelli di prima classe in ragione del fatto che erano ubicati dove risiedeva il tribunale.

[5]  Art. 31 lett. I legge 1° giugno 1798  n. 111 in Raccolta delle leggi, ed atti del corpo legislativo della Repubblica ligure dal 17 gennaio 1798, anno primo della ligure libertà, VOLUME I, Franchelli Padre e Figlio, 1798, p. 211 e ss.

[6] A. HAIMBERGER, Il diritto romano  privato e puro, Gabriele Rondinella Editore, Napoli, 1863, p. 227.

[7] Ossia il diritto di vendetta da esplicitarsi singolarmente o come gruppo o come comunità di villaggio, senza che vi fosse una proporzione tra azione e reazione.

[8] S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Tipografia Borroni e Scotti, 1850, p. 51.

[9] Cfr. C. TROYA, Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774, Volume terzo, Stamperia Reale, Napoli, 1853, p. 262.

[10] Erano dodici uomini liberi. L’uso del giuramento risale al processo attico.

[11] Art  3 della legge ventoso 26 anno quarto (16 marzo 1796).

[12] J. POTHIER, Trattati diversi sulle successioni, vol. III, Tipografia Sonzogno di Jo Battista, Milano, 1812, p. 382.

[13] G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1,  cit.,  p. 360.

[14] G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1,  cit.,  p. 361. V. oggi l’art. 757 C. c.

[15] Ed in questo caso era però bastonato in sede di liquidazione delle spese da parte del tribunale.

[16] Tribunale di Montpellier 5 agosto 1807. V. anche G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1,  cit.,  p. 43.

[17] Che nell’intenzione dell’Imperatore avrebbe dovuto mutare in due ore: v. gli articoli  159-161 a tenore dei quali il primo giorno vendemmiatore (ossia il 22 settembre 1805) alle ore dieci dovevano chiudersi gli antichi tribunali e alle ore 12 si doveva  aprire quelli nuovi. V. Bulletin des Lois et Arrêtés publiés dans la 28. division militaire de l’Empire Franςais, tome premier, A l’Imprimerie Impériale, Genés, 1805, p. 121-161.

Ricordo che la Liguria fu annessa alla Francia con decreto imperiale del 6 giugno 1805 quando Napoleone si trovava a Milano. Il 25 maggio del 1805 il Senato di Genova richiese l’annessione per non essere coinvolta nella guerra tra Francia ed Inghilterra (che non voleva riconoscere la repubblica di Genova) ed essere protetta nei commerci marittimi (dalle “Potenze barbaresche”: Algeria, Libia e Tunisia)  e di terra che erano “inceppati” dalle dogane francesi.

[18] Come imponeva per qualsivoglia procedura il richiamato dalla norma art. 37.

[19] È il vocabolo che usa il traduttore italiano della legge.

[20] Art. 35 decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805).

[21] E di quella che venne praticata nella Repubblica Ligure dal 1797 al 1805.

[22] E poi in Lombardia dal 1815.

[23] E anche dalla partecipazione ai procedimenti possessori.

[24] Attribuzione questa antichissima che prima di essere esercitata dai Difensori di città e dai Tribuni della plebe riguardava il  Praetor che quando giudicava recandosi a casa dei concittadini si diceva lo facesse de plano (ossia senza osservare le forme e semplicemente apponendo il decreto sul libello del postulante) e non pro tribunale come quando giudicava nel foro in modo solenne. V. P. ELLERO, Archivio giuridico, volume primo, Tipi Fava e Garagnani, Bologna, 1868, pp. 189-190

[25] Art. 859 e ss. Codice di procedura civile pel lo Regno delle Due Sicilie.

[26] Art. 986 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[27] V. l’attuale art. 322 C.p.c.

[28] L’unico problema riguardava la forza del verbale di conciliazione che al di fuori dell’ambito della competenza per valore del conciliatore (che inizialmente era di 30 lire e poi fu portata a 100 nel 1892),  non poteva mettersi in esecuzione.

[29] Abbiamo detto che un quadro definito sul  rapporto tra verbale di conciliazione ed imposta arriverà solo nel 1938.

[30] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, p. 208. Così come può fare d’altronde il mediatore ai sensi dell’art. 8 c. 4 del decreto 4 marzo 2010 n. 28.

[31] Art. 987 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[32] Art. 988 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[33] Art. 989 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[34] Sino a 1500 lire.

[35] V. art. 882 e ss. C.p.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2366.

[36] Art. 990 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358

[37] In oggi si tratterebbe dell’istituto previsto dagli articoli 198-200 C.p.c. L’istituto arriva in Italia grazie all’art. 421 del Codice di procedura civile napoleonico, viene adottato dal Codice pel Regno delle Due Sicilie (635), da quello italiano del 1859 (art. 516) e dunque approda nell’Italia unita.

[38] L. BORSARI, Il Codice di procedura civile italiano annotato, op. cit., p. 512. Tal parere è in un certo senso antesignano della proposta che ritroviamo nella conciliazione societaria e nell’attuale mediazione.

[39] Così a partire dal Codice napoleonico.

[40] Perché una ricusazione infondata costava una multa salatissima.

[41] La questione invece aveva una certa rilevanza ad esempio per il giudice di pace della Repubblica Ligure (1797-1805), perché perlomeno quello di prima classe aveva una competenza in materia di giurisdizione volontaria senza limite di valore. Ma all’epoca si potevano anche mischiare giuramento decisorio e conciliazione; dunque non si andava molto per il sottile e comunque le questioni dei giudici di prima classe erano sempre appellabili (v. articoli 31 e ss. legge 1° giugno 1798 , n. 111)

[42] Art. 1038 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[43] Art. 1038 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[44] Art. 1039 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[45] Art. 14 legge 16 giugno 1892, n. 261.

La conciliazione obbligatoria in Portogallo nel XIX secolo

Fin dalla prima metà dell’Ottocento gli Spagnoli e Portoghesi avevano previsto in Costituzione l’obbligatorietà della conciliazione e davano peraltro grande rilievo e dignità all’arbitrato: mi riferisco qui alla Costituzione politica della monarchia spagnola (19 marzo 1812) e alla Carta Costituzionale del Portogallo (29 agosto 1826).

Nel periodo in cui il legislatore italiano del 1865 sceglieva dunque la via della conciliazione volontaria, i Portoghesi proseguivano per una conciliazione a tutto tondo, visto che mancando il tentativo si produceva una nullità insanabile.

Quando si parla di fondamenti del sistema di composizione dei conflitti in Europa bisognerebbe tener conto di tutto ciò.

Sulla falsa riga dei modelli spagnolo e portoghese sono andate diverse legislazioni del Sudamerica.

La costituzione politica della Repubblica del Perù (12 novembre 1823) statuisce ad esempio che “Non può essere cominciato nessun procedimento, senza che un tentativo di conciliazione sia stato esperito davanti al Giudice di Pace[1].

Sempre del 1823 è la Costituzione del Cile (promulgata il 29 dicembre)[2]. La norma contempla diversi aspetti interessanti; la giustizia di pace viene divisa tra giudici di pace per gli affari di maggiore importanza e tra Prefetti e Sindaci quanto agli affari minori[3]. Tutti gli affari di competenza del tribunale devono passare davanti al Giudice di pace[4]. Non sono esclusi dalla conciliazione gli affari criminali e possono essere chiamati in conciliazione anche gli ecclesiastici quanto agli affari civili[5].

Di grande rilievo è la norma che disciplina l’azione del conciliatore: “Sarà dovere dei conciliatori prendere in considerazione le domande delle parti, e le prove avanzate a corredo della questione in disputa, e di incoraggiare o proporre un mezzo di conciliazione, informando le parti circa i loro rispettivi diritti[6].

Assai vicina alla nostra sensibilità è la disciplina in caso di mancato accordo: “Se entrambi le parti rifiutano la conciliazione, un certificato sarà rilasciato loro per consentire di adire i tribunali. Se entrambi sono disposti al compromesso, i termini offerti saranno registrati, e se il risultato della sentenza giudiziale sarebbe simile nella sostanza alla proposta di conciliazione, la parte dissenziente sarà condannata al pagamento delle spese[7].

Ancora troviamo la conciliazione obbligatoria nella Costituzione dell’Impero del Brasile (25 marzo 1824): “Art. 161 Non si potrà cominciare un processo senza far constatare che si sono usati mezzi di conciliazione[8]. E l’art. 160 legittimava l’arbitrato, l’art. 162 istituiva i giudici di pace per la conciliazione obbligatoria[9].

Nello stesso senso va la Costituzione degli Stati Uniti del Messico[10] che recitava quanto segue:

Art. 155 Nessun processo può essere celebrato, né in sede civile né in sede pénale, per danni, senza che si sia stati capaci di dare la prova che sono stati usati i mezzi di conciliazione attraverso un tentativo legale[11].

Art. 156 Nessuno può essere privato del diritto di regolare le proprie differenze mediante l’uso di arbitri nominati da ogni parte, qualsiasi sia lo stato della controversia[12].

Assai interessante è poi la Costituzione del Chilì[13] (1833) che valorizza sia la conciliazione obbligatoria, sia l’arbitrato.

99 Nessuno può rivolgersi ai giudici ordinari senza rivolgersi prima al giudice di pace

100 Nella capitale ciascun giudice della Corte Suprema sarà giudice di Pace. Nelle province queste funzioni saranno esercitate dagli alcadi Municipali o dai reggidori: uno o due commercianti sotto il titolo di consoli adempieranno alle stesse funzioni nelle loro città, in ciò che riguarda il commercio

101 Il giudizio arbitrale ha luogo quando si tratta di punti che richieggono cognizioni speciali”.

Questa piccola nota è tesa tuttavia a ricordare brevemente ai Portoghesi quali sono le loro radici in materia di strumenti alternativi, per quanto, a dire la verità, nell’Ottocento la conciliazione fosse esercitata da Giudici di pace e facesse dunque parte del sistema giustizia.

Viene in particolare in commento il Decreto de 21 de majo 1841 que contém a novissima riforma judiciaria[14].

Faccio notare che il 1841 è una data prossima ai moti del 1848 che cancellarono dal panorama legislativo costituzionale gli strumenti alternativi: ebbene il legislatore portoghese – oggi fiero sostenitore della volontarietà della mediazione – la pensava allora in modo diametralmente opposto.

E dunque questa è un’ulteriore prova che gli istituti giuridici non vanno mai né demonizzati né assolutizzati nella loro portata, e chi ritiene di farlo non brilla certo per onestà intellettuale.

Interessante appare la definizione delle attribuzioni del giudice di pace portoghese: egli ha come compito quello di conciliare le parti e le loro domande.

E dunque quel legislatore aveva già compreso che senza conciliazione delle persone non si può addivenire ad una composizione delle loro controversie[15].

Il giudice di pace deve essere prudente ed equo, ha come compito di far vedere alle parti i loro punti deboli, non deve essere violento o cavilloso, pena una responsabilità per i danni e per abuso di potere.

La neutra valutazione e dunque già ben presente al giudice di pace portoghese dell’Ottocento[16]: in realtà la conciliazione è dall’antichità marcatamente valutativa, tanto che come si sa, era spesso difficile distinguerla dall’arbitrato, se non per le forme dell’esito.

Il rapporto delle parti con il giudice di pace portoghese doveva essere improntato al rispetto[17]: tale formula ritornerà anche con riferimento al mediatore nella legge spagnola del 2012.

Altrettanto moderno è il sistema per monitorare le conciliazioni che era all’epoca trimestrale e che fa pensare ai programmi di ADR più avanzati[18].

La conciliazione obbligatoria riguardava tutte le cause e poteva avvenire su invito del giudice e su impulso delle parti[19].

Vi erano delle eccezioni che si ritrovano anche nelle legislazioni del nostro secolo[20].

La mancanza del tentativo comportava nullità insanabile e la chiamata in conciliazione poteva avvenire in ogni stato e grado del processo[21].

La conciliazione si incardinava con una domanda che doveva contenere l’oggetto della procedura e doveva essere datata e sottoscritta. Nel caso in cui i litiganti dovessero essere marito e moglie andava presentata congiuntamente[22].

A seguito della domanda era il giudice di pace a convocare le parti per un giorno ed una data ora[23]: a differenza di altre legislazioni del tempo non venivano fissati termini per la convocazione, ma ciò non rendeva di certo elastica la partecipazione.

Le parti potevano comparire personalmente o a mezzo procuratore e la procura doveva contenere il potere di transigere.

Se non si presentava l’attore od il suo procuratore o la procura era difettosa ne veniva dichiarata la contumacia, se non si presentava il convenuto od il suo procuratore  o la procura era difettosa seguiva condanna alle spese[24].

Era molto difficile che non si celebrasse la procedura: chi mandasse certificato medico doveva indicare anche che non gli era possibile nominare un procuratore; solo in tal ultimo caso la conciliazione poteva essere spostata di nove giorni. Un semplice certificato medico avrebbe determinato una dichiarazione di contumacia[25].

Se il convenuto non compariva e fosse stato condannato nella successiva fase contenziosa, sarebbe stato multato sino a 500.000 reali[26] che oggi sono solo 190 €, ma all’epoca doveva essere una bella somma.

La conciliazione veniva condotta dal giudice di pace con prudenza e trasparenza: se portava ad un accordo veniva inserita nell’apposito libro e se ne rilasciava un estratto alle parti[27].

Il giudice di pace che avesse usato mezzi violenti o cavillosi veniva condannato per danni e per abuso di potere[28].

Intervenuta conciliazione totale non poteva più seguire il giudizio. In caso di mancata attuazione il giudice competente poteva munirla di clausola esecutiva[29].

In caso di conciliazione parziale l’oggetto conciliato doveva risultare da apposita dichiarazione e così valeva anche per il caso in cui la conciliazione fosse fallita. Un memoriale della conciliazione doveva essere consegnato alle parti in ogni caso[30].

Questa disciplina come tante altre simili del tempo, precise e sofisticate, dovrebbe farci interrogare sul fatto che nel XIX secolo i metodi ADR avevano eguale dignità del processo ed anzi potremmo affermare che il legislatore portoghese guardasse al processo come un ultimissima ratio.

Come possiamo noi a distanza di due secoli pensare invece di trovare nel processo una panacea per ogni male è un vero mistero.

Nella prima metà dell’Ottocento la popolazione europea passò da a 188 a 247 milioni di abitanti. Quella della Terra da 900 milioni a un miliardo e 200 milioni.

In questa situazione i popoli di tutta Europa si affidavano ad un sistema alternativo obbligatorio, in quanto ritenevano che la giustizia ordinaria non fosse sufficiente.

Nel 1848 questa convinzione cadde incredibilmente nonostante vi fosse stato un notevole incremento demografico.

Nel 2010 l’Europa aveva una popolazione di 738.200.000 e nel 2011 quella del mondo ha superato i sette miliardi di abitanti.

Dal momento che il conflitto è fisiologico e che ciascuno di noi può essere portatore di un conflitto che si traduce in una lite, è necessario incrementare i mezzi alternativi che favoriscano la concordia.

Non commettiamo ancora errori, potrebbe essere esiziale per la nostra civiltà.

La giustizia è la vera base di tutte le virtù sociali[31].


[1] Foreign Offices, British and foreign state papers, 1822-1823, Harrison and Sons, London, 1828 p. 715.

[2] Foreign Offices, British and foreign state papers, 1822-1823, op. cit., p. 1099.

[3] Art. CLXXV.

[4] Art. CLXVII.

[5] Art. CLXVIII.

[6] Art. CLXIX.

[7] Art. CLXX.

[8] RACCOLTA DI TUTTE LE COSTITUZIONI ANTICHE E MODERNE, volume II, Tipografia di G. Cassone, Torino, 1849, p. 486.

[11] Art. 155 No suit can be instituted, neither in civil or criminal cases, for injuries, without being able to prove, having legally attempted, the means of conciliation.

[12] Art. 156 None can be deprived of the right of terminating his differences by means of arbitrators appointed by each party, whatever may be the situation of the controversy.

[13] Ossia dell’attuale Cile.

[14] Il testo a cui ci riferiamo si trova in Decreto de 21 de majo 1841 que contém a novissima riforma judiciaria, Impresa da Universitade, Coimbra, 1866. Il che fa supporre che all’epoca la norma fosse pienamente in vigore.

[15] CAPITOLO V.

De giudici di pace e dei loro impiegati.

Articolo 134. I giudici di pace sono eletti dal popolo, e le loro attribuzioni sono quelle di conciliare le parti e le loro domande e quelle che gli vengono attribuite dal Codice commerciale.

[16] Articolo 135 Per raggiungere la conciliazione i giudici di pace dovranno impiegare quanto di meglio, in relazione alla prudenza ed equità gli verrà suggerito, facendo vedere alle pari i punti deboli delle loro richieste, che risultano dalle domande, e astenendosi dall’impiegare alcun mezzo violento o in qualche modo cavilloso sotto pena di responsabilità civile, e per abuso di potere.

[17] Art. 137 Le parti che compaiono davanti al Giudice di pace dovrebbero portare il rispetto dovuto alla legge. (omissis)

[18] Art. 138 I giudici di pace alla fine di ogni trimestre presentano al delegato o al sub-delegato del procuratore regio, un resoconto di tutte le questioni, a loro sottoposte, e del loro esito”.

[19] TITOLO VIII

Della conciliazione

Capitolo unico.

Articolo 210 Nessuna causa potrà iniziare in Tribunale senza che il suo oggetto sia sottoposto al giudizio di conciliazione, vale a dire invitato dal Giudice di pace oppure per la comparizione volontaria delle parti.

[20] Ad esempio:

1  Le cause, che sono di immediato interesse dell’azienda agricola nazionale.

2  I procedimenti penali.

3  Le cause, in cui le parti sono società amministrative, o enti pubblici:

4.  Le cause, in cui le parti sono minori o altre persone che sono sotto tutela o curatela.

5. Le cause di stato delle persone.

6. Le cause sottoposte precedentemente agli arbitri.

7. Le cause per la responsabilità civile dei giudici e dei pubblici ministeri.

(Omissis)

[21] Articolo 211. L’omissione del tentativo di conciliazione al di fuori delle eccezioni stabilite comporta nullità insanabile. Il comparente in proprio o a mezzo del suo procuratore deve essere chiamato in conciliazione in ogni stato e grado del processo.

[22] Articolo 212 Colui che dovrà chiamare un altro in conciliazione presenterà una domanda davanti al Giudice di Pace, nella quale indicherà il nome del chiamato e l’oggetto della conciliazione. Se le parti sono sposate, e la causa riguarda il rapporto matrimoniale, tanto che dovranno intervenire marito e moglie, sarà dichiarato nella domanda il nome di entrambe. La domanda andrà datata e sottoscritta in proprio o da un sostituto se il demandante non sappia scrivere o non possa.

[23] Articolo 213 Il Giudice di pace segnerà in un suo dispaccio la data ed  il luogo in cui avverrà la conciliazione.

[24] Articolo 214 L’attore ed il convenuto dovranno comparire nel giorno stabilito, in proprio o a mezzo procuratore. In quest’ultimo caso la procura dovrà contenere poteri speciali per transigere.

§ 1 Quando non si presenterà il procuratore, o non saranno rispettati i requisiti di cui all’articolo precedente, il giudice di pace annoterà la contumacia o il pagamento delle spese, a seconda che si tratti del procuratore dell’attore o di quello del convenuto

§ 2 Non sarà ammessa procura che abbia poteri limitati circa la facoltà di conciliare; e quando venisse presentata, il giudizio procederà come al § 1.

[25] Articolo 215  Se il convenuto nel giorno designato invierà un certificato di malattia, nel quale attesti la assoluta impossibilità di conferire procura, il giudice di pace fisserà un termine di 9 giorni al termine del quale la conciliazione si terrà necessariamente oppure si annoterà la contumacia del convenuto. Se il certificato non porterà la dichiarazione che è impossibile conferire procura il giudice di pace annoterà la contumacia.

Articolo 216 Se il convenuto che dovrebbe partecipare è irreperibile, vi sarà una attestazione del parroco controfirmata dal Giudice di Pace, o di qualche vicario che attesterà la verità del fatto.

[26] Articolo 222 Se il convenuto rimarrà contumace, e sarà condannato nel merito, pagherà la multa massima di 500.000 reali. (Omissis)

[27] Articolo 217 Comparendo le parti nell’ora e nel giorno designati, il giudice di pace, li ascolterà e procurerà di conciliarli con mezzi trasparenti e prudenti. Se la conciliazione verrà conseguita, andrà a compilare il libro rispettivo, in cui si specificheranno con chiarezza  i termini della conciliazione, ne farà memoriale da consegnare in copia alle parti richiedenti.

[28] Articolo 218 Il giudice di pace che si è convinto ad utilizzare mezzi violenti o cavillosi per realizzare la conciliazione risponderà ai sensi dell’art. 135.

[29] Articolo 219 La questione su cui vi è stata completa conciliazione non può essere portata in giudizio; quando alcuno delle parti rifiuterà di attuarla, il giudice competente la munirà di clausola esecutiva a richieste delle parti o d’ufficio su richiesta del giudice di pace, e terrà forza di sentenza e di pronta esecuzione.

[30] Articolo 220  Quando il giudice di pace non potrà ottenere che una conciliazione parziale, compilerà d’ufficio una dichiarazione da cui risulti l’oggetto su cui è intervenuta la conciliazione. Se non riuscirà né in una conciliazione totale, né in quella parziale, compilerà d’ufficio  la relativa dichiarazione.

In qualunque caso farà trascrivere memoriale che consegnerà in copia alle parti. (Omissis)

[31] G. MALO, La Costituzione e i diritti del popolo, Genova, Gerolamo Filippo Garbarino, 1850, p. 21.

ADR nel Nord degli Stati Uniti ed adempimenti degli avvocati neutri e degli accompagnatori alle procedure

Mediation is neither therapy nor a “day in court.” Rather, mediation should provide a safe environment for the parties to air their differences and reach a mutually agreeable resolution. Mediators are NOT judges. Their role is to manage the process through which parties resolve their conflict, not to decide how the conflict should be resolved. They do this by assuring the fairness of the mediation process, facilitating communication, and maintaining the balance of power between the parties. Department of Justice, ADA Mediation Program.

Se vuoi scaricare l’articolo integrale clicca qui ADR nel Nord ADr Stati Uniti e neutri

Sono davvero dispiaciuto che quella parte dell’avvocatura italiana che si è fatta promotrice della dichiarazione di incostituzionalità, abbia deciso di non misurarsi con uno strumento che ha ad esempio trasformato la vita professionale degli avvocati americani a partire dall’attività procuratoria per giungere a quella più propriamente consulenziale.

È vero che bisogna essere pronti ad affrontare gli ADR, anche dal punto di vista organizzativo; ma si potrebbe d’altro canto sostenere più banalmente che “chi dorme non piglia pesci”, e che se i clienti non telefonano e non pagano magari può esserci una ragione che non è strettamente legata alla crisi economica, ma ad un servizio che a partire perlomeno dagli anni ’90 è percepito dagli assistiti come poco soddisfacente.

È certo che i legali americani hanno probabilmente un differente approccio mentale, basta leggere la regola principale in tema di attività consulenziale, la rule 2.1 (Advisor) delle Model Rules of  Professional Conduct American Bar (2012)[1]: “In representing a client, a lawyer shall exercise independent professional judgment and render candid advice[2]. In rendering advice, a lawyer may refer not only to law but to other considerations such as moral, economic, social and political factors, that may be relevant to the client’s situation”.

Il commento alla regola ci spiega  tra le altre cose che:

  • un consulto legale formulato in termini strettamente giuridici può avere scarsa utilità, specialmente quando considerazioni pratiche, come il costo o gli effetti sulle persone, sono predominanti; è corretto che un avvocato nel dare consigli si riferisca alle pertinenti considerazioni morali ed etiche;
  • un cliente può chiedere espressamente od implicitamente un consulto strettamente tecnico;  quando tale richiesta viene effettuata da un cliente esperto in questioni legali, l’avvocato può accettare e prenderlo alla lettera.  Quando tale richiesta viene effettuata da un cliente inesperto in materia giuridica, tuttavia, la responsabilità dell’avvocato come consulente ricomprende che egli indichi che possono essere coinvolte altre considerazioni rispetto a quelle strettamente legali.

Potrei anche aggiungere che l’approccio degli avvocati americani viene da lontano: i primi canoni della deontologia professionale dell’ABA risalgono invero al 1908 e si basano principalmente sul Codice Etico adottato dalla Bar Alabama Association nel 1887, che a sua volta aveva preso a prestito diverse cose dalle lezioni del 1854 del giudice George Sharswood[3], e dalle 50 risoluzioni di David Hoffman[4] contenute in un’opera intitolata A course of legal study (2d ed. 1836), manuale questo ultimo che non solo è considerabile come un monumento di etica, ma pure come un inno alla interdisciplinarietà e allo studio degli autori antichi che fanno parte anche del nostro patrimonio.

E quindi non possiamo affermare che sia una novità dell’ultima ora: in quasi duecento anni avremmo potuto confrontarci, su quello che è poi, lo ribadisco, il nostro patrimonio.

Ma un fenomeno analogo è avvenuto, in verità, con gli ADR dato che l’Università di Harvard nel rivitalizzare le regole di negoziazione ha fatto l’occhiolino a Omero e Sun Tzu.

E noi che abbiamo una tradizione ininterrotta che va dai disceptatores domestici romani ai mediatori civili e commerciali, abbiamo preferito combattere contro noi stessi piuttosto che diventare consapevoli della nostra forza millenaria.

Premesso il mio immenso rammarico vorrei qui tratteggiare lo scenario degli ADR americani[5] e poi passare a descrivere per sommi capi ciò che gli avvocati neutri od accompagnatori alla procedura sono tenuti a mettere oggi, nel 2012, a disposizione dei loro clienti. Le indicazioni non suoneranno per niente strane, seppure di non immediata acquisizione, ai mediatori italiani ed anche ai colleghi non mediatori che abbiano partecipato anche ad una sola mediazione.

Alla fine degli anni ‘90 con l‘Administrative Dispute Resolution Act (ADRA, 1998)[6] si sono istituzionalizzati diversi strumenti alternativi[7] che dunque sono entrati a far parte del processo in ogni causa civile[8]: l’arbitrato[9], la early neutral evaluation[10], il summary jury trial, il minitrial (procedimenti di consultazione), ma la procedura che riveste importanza preponderante è la mediation.

Si pensi che il Dipartimento di Giustizia crede così tanto nella mediation che ha dato, tra le altre iniziative, origine ad un programma che attiene alle violazioni federali in materia di discriminazione dei disabili[11]. Il Dipartimento di Giustizia in sostanza non può citare in giudizio i trasgressori a meno che i negoziati per risolvere la controversia non siano falliti.

Dunque si tratta di una condizione di procedibilità che peraltro riguarda un potere pubblico in una materia che non è certo iure privatorum.  In caso di accordo peraltro esso può essere dotato di esecutività[12].

Le più importanti agenzie pubbliche[13] hanno un programma di ADR per la gestione delle controversie interne e per quelle nei confronti dei terzi[14].

Le principali agenzie pubbliche gli ADR hanno messo in luce dieci vantaggi che sono dimostrabili con i risultati raggiunti:

I reclami sono trattati in modo più rapido e risolti prima.

Le spese processuali e gli altri costi sono bassi.

I reclami futuri sono evitati dalle parti che imparano a comunicare meglio tra di loro.

Le parti sono più soddisfatte del processo di problem solving e dei risultati.

I rapporti con i collaboratori e le altre parti esterne sono migliorati.

La procedura porta a soluzioni più creative.

La morale interna è migliorata.

Il turnover è inferiore.

Le parti rispettano maggiormente i loro accordi.

La produttività è migliorata[15].

L’inserimento delle procedure ADR nell’ordinamento ha comportato che meno del 3% delle controversie USA sfoci in un processo.

Ogni Corte distrettuale americana autorizza, attraverso l’adozione di  una regola locale, l’uso delle procedure alternative in ogni controversia civile incluso il processo fallimentare, tenendo però presente che l’arbitrato segue però regole peculiari[16].

Ogni Corte distrettuale americana implementa un proprio programma di risoluzione alternativa[17] delle dispute adottandolo con regola locale ed incoraggia la promozione dell’uso di strumenti di risoluzione alternativa delle dispute nel proprio distretto[18].

Ogni Corte Distrettuale designa un dipendente, o un ufficiale giudiziario, che sia esperto di pratiche e processi di risoluzione alternativa delle controversie perché implementi, gestisca, monitori e valuti la risoluzione alternativa delle controversie del programma  della  Corte.

Questa persona esperta può essere responsabile anche per il reclutamento, la selezione, la formazione degli avvocati che servono come neutri ed arbitri nei programmi di risoluzione alternativa delle controversie.

Vi è poi il Centro giudiziario federale (Federal Judicial Center) e l’Ufficio Amministrativo dei Tribunali degli Stati Uniti (Administrative Office of the United States Courts) che sono autorizzati ad assistere i tribunali distrettuali della creazione e il miglioramento dei programmi alternativi di risoluzione delle controversie attraverso l’individuazione delle migliori pratiche e nel contempo di fornire ulteriore assistenza, come necessario e opportuno[19].

Da queste prime indicazioni si evince dunque che negli Stati Uniti quando si parla di strumento di risoluzione alternativo delle dispute si intendono diversi istituti.

Si può dire inoltre che  l’ADR americano investe tutto il settore civile (salva la limitazione sino a 150.000$, che riguarda per valore e materia l’arbitrato), che ogni Corte distrettuale ha un  programma proprio, che i programmi vengono “curati” anche dallo Stato.

Tutti i litiganti sono invitati a considerare l’uso di un processo di risoluzione alternativa delle controversie in una fase appropriata del contenzioso.

Ciò peraltro accade anche nel regno Unito per le tre fasce in cui vengono, dopo la riforma del giudice Woolf,  incasellate le controversie: small claim track[20], fast track[21] e multi track[22].

Ogni tribunale distrettuale degli Stati Uniti fornisce ai litiganti in tutti i casi civili almeno un processo di risoluzione alternativa delle controversie, tra cui, ma non limitato a, mediation, early neutral evaluation, minitrial, and arbitration[23].

Qualsiasi tribunale distrettuale, che sceglie in certi casi di richiedere l’utilizzo della risoluzione alternativa delle controversie, può farlo solo per quanto riguarda la mediation, l’early neutral evaluation, e se le parti consentono, l’arbitrato[24].

Da ciò si ricava che le parti possono richiedere di percorrere un ADR in una fase appropriata del contenzioso (di solito ciò avviene nella fase iniziale) e all’uopo ogni Corte deve mettere a disposizione almeno uno strumento alternativo.

Nel caso invece in cui sia la Corte a richiedere di utilizzare lo strumento ciò potrà avvenire solo con riferimento alla mediation e alla  early neutral evaluation[25].

A prescindere dallo strumento che si utilizzi le Corti distrettuali devono approntare norme locali che prevedano la confidenzialità dei processi di ADR ed il divieto di rivelazione delle comunicazioni confidenziali inerenti alla risoluzione della disputa[26].

Ogni Corte distrettuale che autorizzi l’uso di ADR deve adottare specifiche procedure (panel of Neutrals) per far sì che i neutri siano utilizzabili dalle parti per ogni categoria di processo.

Ogni Corte distrettuale pubblica le proprie procedure per la selezione dei neutri sui propri panels[27].

Importantissimo precetto è quello sulla formazione dei neutri: ogni persona che funge da neutro in un processo di risoluzione alternativa delle controversie dovrebbero essere qualificato e addestrato a servire come neutro nell’appropriato processo di risoluzione alternativa delle controversie.

A tal fine, il tribunale distrettuale può utilizzare, tra gli altri, i giudici magistrato[28] che sono stati addestrati per servire come neutri nei processi di risoluzione alternativa delle controversie, neutri professionisti provenienti dal settore privato e le persone che sono stati addestrate per servire come neutri nei processi di risoluzione alternativa delle controversie.

Ogni corte indica individualmente le regole sulla incompatibilità a servire come neutri avendo di mira però la norma che riguarda la ricusazione dei Giudici e gli standard di responsabilità professionale[29].

La legge americana prevede dunque che ogni Corte distrettuali abbia un elenco di neutri i cui requisiti sono stabiliti localmente e pubblicati.

Tuttavia la disciplina generale non stabilisce che il neutro debba provenire da una specifica professione e a ben vedere nemmeno che sia un professionista (persons who have been trained to serve as neutrals in alternative dispute resolution processes).

Premesse queste norme generali sui programmi di risoluzione alternativa delle controversie passiamo ora a parlare brevemente all’arbitrato.

In merito a questo strumento possiamo dire che può essere contrattuale o su ordine del giudice (court-annexed arbitration): in tale ultimo caso la decisione dell’arbitro non è vincolante per le parti, né incontestabile, ma ci sono per legge conseguenze in tema di spese processuali in capo all’attore e pure in capo al soccombente se la decisione del successivo giudizio non sia più favorevole di quella arbitrale.

Il deferimento arbitrale da parte del giudice comporta che le parti debbano acconsentirvi, ma l’arbitrato non può riguardare la violazione di diritti garantiti dalla Costituzione,  deve attenere alla competenza del Giudice distrettuale e concernere una controversia ove la richiesta di risarcimento non superi i 150.000 $[30].

Peraltro vige una presunzione che la richiesta di risarcimento sia sempre inferiore a  150.000 $ a meno che non si produca documentazione che dimostri il contrario[31].

L’arbitro che esprime funzioni quasi-giudiziarie è competente in relazione al distretto della Corte davanti a cui è stato intentato l’arbitrato ed ha qui il potere di condurre le udienze arbitrali, di ricevere i giuramenti e le affermazioni (affirmations[32]), di emettere il provvedimento aggiudicativo.

Gli arbitri prestano giuramento e possono essere ricusati come i giudici; sono soggetti inoltre a certificazione[33].

Veniamo ora a descrivere brevemente i procedimenti di consultazione.

Il neutro interviene qui non per emettere una decisione, quanto piuttosto per informare le parti sul modo in cui un estraneo valuta la loro controversia, e (talvolta) per indicare quella che sarebbe la sua decisione se gli venisse richiesta.

Così nei summary jury trials (giudizio consultivo) dove si formano alla fine della discovery delle finte giurie presiedute da un giudice che in un processo simulato a seguito di procedure abbreviate forniscono verdetti (pareri consultivi) che possono essere base per una negoziazione.

Lo stesso avviene nei mini trials (mini processi) nei quali gli avvocati delle parti discutono le loro difese di fronte ad un terzo neutrale (anche giudice) e ad un collegio formato dai direttori amministrativi, che poi procedono sulla base degli argomenti esposti a negoziare possibili soluzioni conciliative sotto la guida eventuale di un mediatore.

Nell’early neutral evaluation (valutazione preliminare neutrale) avvocati esperti forniscono valutazioni sui punti di forza e sui punti deboli delle pretese avanzate dalle parti nella questione rappresentata: la valutazione non è vincolante per le parti che possono tentare, se lo desiderano, di addivenire ad una regolazione della questione che sia più favorevole di quella esposta.

In ordine alla mediation possiamo dire quanto segue.

Il giudizio americano (adversary) favorisce di per sé gli accordi transattivi.

Abbiamo, infatti, una prima fase detta pre-trial conference in cui le parti procedono alla cosiddetta discovery, si scambiano, come accennato, le informazioni sulle rispettive prove: ciò può già portare come si può intuire ad un accordo.

L’attore può fare una proposta che il convenuto è libero di rifiutare: ci sono però delle sanzioni per il rifiuto irragionevole o di mala fede[34].

Il giudice in questa fase si limita a rilevare l’intervenuto accordo.

In questo sistema si va a collocare la mediation, in particolare verso la parte conclusiva della discovery.

In base all’ADRA le Corti devono rispettare il carattere stragiudiziale ed endoprocessuale della mediation, ma per il resto possono modellare i programmi (volontari od obbligatori) di court annexed  secondo le loro capacità economiche ed organizzative: così alcuni uffici hanno dato al giudice la possibilità di imporre il ricorso allo strumento[35] ed altri solo di consigliarlo[36].

In alcune corti le parti possono ricorrere allo strumento di comune accordo oppure a seguito di indicazione non vincolante del giudice[37]; anche la sospensione del processo viene concordata.

Le parti hanno pure la facoltà di scegliere il mediatore[38] tra i giudici della corte[39].

Solo in caso di non accordo sul nome del terzo  interviene a nominarlo l’ufficio che gestisce il programma.

Ancora abbiamo detto che in ogni Corte viene di solito individuato un amministratore che può essere un giudice od un impiegato del tribunale che amministra, sorveglia e valuta i programmi di ADR della Corte stessa.

Possiamo aggiungere che l’amministratore si occupa anche di autorizzare a servire come “neutri”[40] i giudici, il personale della Corte, nonché i terzi privati.

Vi è anche un Ente di formazione federale (Federal Judicial Center -“FJC”), che offre corsi di formazione per giudici federali ed altri servizi relativi all’amministrazione degli ADR[41].

Spesso già alla prima udienza di pianificazione del processo (scheduling conference) il giudice discute con gli avvocati del procedimento alternativo, così come del processo e ciò si ripete ad ogni stadio del processo[42]; il che determina che gli avvocati debbano essere preparati su entrambi i versanti.

Ciò comporta anche che gli avvocati durante il processo siano spesso messi sull’avviso circa i punti forti e deboli dei loro clienti e circa i costi che si dovrebbero sostenere per passare alla fase più propriamente processuale: il che determina che circa il 98% delle questioni si risolve prima di andare a processo (trial).

Normalmente si distingue tra giudice assegnatario del caso (district judge) e giudice mediatore (magistrate judge) che si occupa della fase pre-trial: sono dunque di solito soggetti diversi, il che impedisce contaminazioni tra la fase ADR e quella di giudizio[43].

I giudici mediatori si incontrano in un breve lasso di tempo con gli avvocati ed identificano i punti chiave della controversia, sviluppano un piano di gestione del caso ed esplorano le possibilità di accordo.

Il tutto mentre attendono alla discovery, decidono sulle richiestedelle parti e cercano di condurre le parti verso un accordo; accordo che se non interverrà consentirà comunque alle parti di chiedere al giudice distrettuale un provvedimento sommario (summary judgment motion) o un vero e proprio processo.

Di fronte a ciò l’affermazione ascoltata in un’arringa tenuta davanti alla Corte Costituzionale il 23 ottobre scorso per cui  negli Stati Uniti non ci sarebbe rapporto tra mediazione e processo, ma una scissione, appare al mio modesto comprendonio poco incomprensibile.

Se l’accordo riesce le parti possono decidere di tenerlo riservato[44] oppure di farlo recepire da un procedimento del giudice[45].

Nel caso fallisca, si ritiene in generale che le informazioni acquisite nel corso del procedimento non debbano poter essere utilizzate[46] dal giudice ai fini probatori, ma solo per orientarlo nella decisione sulle spese processuali[47].

Gli avvocati, i mediatori, i tribunali, gli stessi gerenti dei  programmi di mediazione e altri  possono suggerire che le parti leggano alcune guide sulla preparazione delle mediazioni  che sono progettate dell’American Bar Association per rendere l’incontro il più produttivo possibile[48].

Dalla guida inerente la mediazione assistita da avvocato[49] si possono evincere alcuni obblighi e/o comportamenti che i cittadini americani possono pretendere dagli avvocati a cui si affidano appunto come clienti ovvero dagli avvocati che agiscono come neutri in mediazione.

1) L’avvocato accompagnatore deve conoscere le regole del programma della Corte ove la mediazione si svolge[50], le regole di procedura della Corte e le eventuali regole di procedura e lo stile del mediatore incaricato[51].

Ne deve parlare con il suo cliente ed in ogni caso deve porsi le seguenti domande:

  • Le parti produrranno una nota al mediatore prima della sessione di mediazione in cui si delineano i punti controversi e inerente a qualunque argomento il mediatore possa richiedere?
  • Questa nota sarà confidenziale per il mediatore o da scambiare con controparte?
  • Il mediatore chiederà di firmare un accordo per mediare? Se così fosse l’avvocato può chiedere al mediatore di fornirne una copia prima della mediazione in modo da poterlo analizzare e vedere se ci sono domande da fare in merito.
  • Quali informazioni dovranno riservarsi alla seduta di mediazione?
  • Chi sarà presente alla sessione di mediazione? La mediazione è effettiva quando il rappresentante della parte ha pieni poteri, è ben informato e può prendere decisioni indipendenti sul caso. Se non può partecipare per il cliente una persona dotata di pieni poteri, l’avvocato dovrebbe parlarne prima della sessione col mediatore.
  • Qualcuno parteciperà via video o telefono o “a chiamata” in caso di necessità?
  • Parteciperanno alla mediazione oltre agli avvocati delle parti anche altri professionisti?
  • Ha il mediatore avuto una precedente relazione con qualcuno (parti, avvocati e consulenti) dei partecipanti alla mediazione?
  • Quando inizia la sessione e quanto durerà?
  • Dove si terrà la sessione di mediazione?
  • Ogni parte potrà presentare i suoi punti di vista nella sessione congiunta? Se sì che cosa può essere di aiuto dire al mediatore?
  • Quali argomenti si devono riservare per i caucus col mediatore?
  • Che cosa potrebbe fare il mediatore per aiutare il cliente?
  • Se le parti raggiungeranno un accordo chi lo preparerà?
  • Quanto costa la mediazione, nel caso? Come si dividono i costi?[52].

2) Quando la parte è in grado di partecipare al processo di selezione del mediatore, l’avvocato accompagnatore è tenuto a discutere  in merito:

  • a quali esperienze e qualità devono contraddistinguere un mediatore che sia in grado di aiutare le parti a risolvere la disputa;
  • alla sussistenza o meno in capo al mediatore eventualmente conosciuto di tali esperienze e qualità[53].

3) L’avvocato accompagnatore deve spiegare alla parte – se non abbia mai partecipato ad una mediazione – che può ricavare maggiore profitto da una preparazione preventiva della mediazione[54].

4) L’avvocato accompagnatore deve spiegare alla parte che abbia già partecipato ad una mediazione che una preparazione preventiva è utile perché le questioni, le parti ed il mediatore sono comunque differenti[55].

5) L’avvocato accompagnatore deve essere consapevole del fatto ed è tenuto a spiegare al cliente che non esiste un modo migliore di un altro per preparare la mediazione e che comunque la preparazione è assai impegnativa[56].

6) Durante la preparazione della mediazione l’avvocato accompagnatore è tenuto a:

  • raccogliere le informazioni rilevanti;
  • sviluppare una strategia negoziale;
  • aiutare il cliente ad avere una visione comune di quello che ognuno può aspettarsi dall’altro e dunque dei ruoli di ognuno;
  • considerare alcune questioni anche se non possono avere una risposta anticipata e la cui risposta può variare nel corso della procedura:
  1. Quale è il reale conflitto?
  2. Ci sono problemi causati dalla sfiducia o da una cattiva comunicazione?
  3. Che cosa si vorrebbe realizzare nella mediazione?
  4. Che cosa il mediatore deve conoscere per aiutare il cliente a raggiungere l’obiettivo?
  5. Che cosa deve conoscere l’altra parte?
  6. Di che cosa ha bisogno il cliente per essere soddisfatto?
  7. Di che cosa ha bisogna l’altra parte per sentirsi soddisfatta?
  8. Nelle ipotesi di raggiungimento dell’accordo il cliente vuole mantenere una relazione con la controparte dopo la risoluzione della controversia?
  9. Su quali questioni le parti si possono accordare?
  10. Su quali questioni il cliente non può accordarsi?
  11. Quali informazioni, documenti, casi, o regole potrebbero far cambiare idea alla controparte sulle questioni coinvolte nella disputa?
  12. Che cosa potrebbe causare un cambiamento nel cliente?[57]

7) Anche se il cliente è convinto che le altre persone abbiano torto, l’avvocato accompagnatore sa che per un buona riuscita della mediazione deve esplorare i punti di vista altrui. L’avvocato accompagnatore deve dunque avvertire il cliente che in mediazione:

  • può ascoltare opinioni che non condivide;
  • è più produttivo sforzarsi di comprendere le opinioni altri anche se non si condividono;
  • il mediatore vuole ascoltare ciò che è realisticamente possibile;
  • è meglio ascoltare con attenzione la controparte e  cercare di individuare gli argomenti su cui concorda: ciò può indurre la controparte a capire le opinioni del cliente e a chiudere un accordo;
  • è meglio trattare la controparte con rispetto quando si è in disaccordo: il rispetto attira rispetto;
  • è meglio mantenere una mente aperta e desiderosa di considerare varie opzioni di un accordo[58].

8) L’avvocato accompagnatore ha il dovere di informare il cliente che il mediatore, a seconda della fattispecie,  può essere indotto a fornire  suggerimenti ed opinioni sul caso, ma che il cliente ha diritto di ignorarle e di prendere le proprie decisioni, inclusa la decisione di non accettare una particolare offerta e di non raggiungere un qualsivoglia accordo[59].

9) Nel caso in cui la mediazione porti ad un parziale risultato il cliente ha il diritto di chiedere all’avvocato che valuti l’opportunità di chiedere, oralmente o per iscritto, una nuova sessione di mediazione[60].

10) L’avvocato mediatore ha il dovere di spiegare alle parti tutti gli aspetti inerenti la confidenzialità della procedura di mediazione[61].

11) L’avvocato mediatore può aiutare a mettere per iscritto l’accordo raggiunto se gli avvocati non accompagnano le parti; se le parti sono rappresentate da avvocati sono questi ultimi che ordinariamente preparano l’accordo scritto[62].

Se vuoi scaricare l’articolo integrale clicca qui ADR nel Nord ADr Stati Uniti e neutri


[1] Il 15 luglio del 1999 la Commissione ADR dell’Institute for Dispute Resolution (CPR) in collaborazione con la Georgetown University Law Center ha stilato un documento (Proposed Model Rule of Professional Conduct for the Lawyer as Third Party Neutral) che è stato recepito dalla Commissione dell’American Bar Association ed oggi fa parte delle Model Rules of  Professional Conduct American . Le regole dell’ABA predette sono state adottate da 44 Stati su 50 in toto, in parte o con alcune aggiunte o modifiche .

[2] Per “candide advice” si intende una consulenza libera da pregiudizi, imparziale, caratterizzata da apertura e sincerità di espressione, senza riserve.

[3] Pubblicate col titolo di Professional Ethics.

[5] L’ascolto delle arringhe degli avvocati che hanno dibattuto in Corte Costituzionale mi ha fornito un prezioso spunto per una piccola disamina.

[6] Adottato dal Congresso a Washington il 27 gennaio 1998… nel rispetto dell’uso dei processi di risoluzione alternativa delle dispute nelle Corti distrettuali degli Stati Uniti, e per altri scopi.

[7] Anche se non si forniscono i mezzi di finanziamento e questo è un grave limite per il funzionamento dei programmi.

[8] Cfr. R. M. LEVY, USA, in Overview of judicial mediation in the world, L.’Harmattan, 2010, Paris, p. 256 e ss.

[9] Oggi si svolge soltanto su concorde volontà delle parti. Non può riguardare la violazione di diritti costituzionalmente garantiti e c’è comunque un tetto massimo per valore.

[10] In generale è la seconda procedura più utilizzata, mentre le summary jury trial ed il minitrial sono considerate troppo costose.

[11] Il programma ADA (http://www.ada.gov/medprog.htm) che riguarda le persone affette da disabilità è seguito dai mediatori addestrati di diverse località dei seguenti stati: ALABAMA, ARIZONA, ARKANSAS, CALIFORNIA, COLORADO, CONNECTICUT, DISTRICT OF COLUMBIA, FLORIDA, GEORGIA, IDAHO,ILLINOIS,INDIANA, IOWA, KANSAS, KENTUCKY, LOUISIANA, MAINE, MARYLAND, MASSACHUSETTS, MICHIGAN, MINNESOTA, MISSOURI, NEBRASKA, NEVADA, NEW HAMPSHIRE, NEW JERSEY, NEW MEXICO, NEW YORK, NORTH, CAROLINA, OHIO, OKLAHOMA, OREGON, PENNSYLVANIA, SOUTH CAROLINA, SOUTH DAKOTA, TENNESSEE, TEXAS, UTAH, VERMONT, VIRGINIA, WASHINGTON, WISCONSIN. Questo programma riguarda mediazioni tra entità private e entità pubbliche.

[13] US POSTAL SERVICE, DEPARTMENT OF THE AIR FORCE, DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES, DEPARTMENT OF ENERGY, FEDERAL EMERGENCY MANAGEMENT AGENCY, FEDERAL LABOR RELATIONS AUTORITÀ, ENVIRONMENTAL PROTECTION AGENCY.

[14] V. il Rapporto che  nel 1999 è stato indirizzato al Presidente degli Stati Uniti dalla INTERAGENCY ALTERNATIVE DISPUTE  RESOLUTION WORKING GROUP in  http://www.adr.gov/presi-report.htm

[15] TEN COMMON BENEFITS OF ADR

Complaints are processed more quickly and resolved earlier.

Litigation and other costs are lower.

Future complaints are avoided as parties learn to communicate better with each other.

Parties are more satisfied with the problem solving process and with the results.

Relations with contractors and other outside parties are improved.

The process leads to more creative solutions.

Internal morale is improved.

Turnover is lower.

Parties comply better with their settlement agreements.

Productivity is improved.

http://www.adr.gov/presi-report.htm

[16] § 654  United States Code.

[17] V. ad esempio quello delle Corti UTAH del 2012 in http://www.justice.gov/olp/adr/docs/ut.pdf

[18] § 651 (b) United States Code.

[19] § 651 lettera F)

[20] Riguarda le pretese al di sotto delle  5.000 sterline.

[21] La fast track riguarda le dispute di valore superiore alle 5.000 sterline ed originariamente inferiore alle 15.000, dal 6 aprile 2009 la somma è stata innalzata a 25.000 sterline.

[22] Attiene alle controversie sopra le 25.000 sterline.

[23] Come autorizzato nelle sezioni da 654 a 658.

[24] § 652 a) e b) United States Code.

[25] In California per la verità anche l’arbitrato può essere obbligatorio.

[26] § 652 d) United States Code.

[27] § 653 a) United States Code.

[28] Si tratta di ufficiali giudiziari che assistono il giudice nell’istruire il caso e possono giudicare direttamente alcuni casi penali e civili quando le parti vi consentono.

[29] § 653 b) United States Code.

[30] § 654 a) United States Code.

[31] § 654 c) United States Code.

[32] Negli Stati uniti si può “giurare di dire la verità” oppure “affermare di dire la verità” (giudizialmente e fuori dal giudizio): le formule sono equipollenti.

[33] § 655 United States Code.

[34] V. la rule 68 delle Federal Law.

[35] Le sanzioni per lo più pecuniarie contro la mancata partecipazione sono state indirizzate sia contro le parti, sia contro i loro difensori

[36] Magari a seguito di seduta preliminare in cui le parti vengono informate circa lo strumento.

[37] V. la nostra mediazione delegata di cui all’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

[38] Opera volontariamente o su convenzione con la Corte, perché come abbiamo detto i programmi del 1998 non sono stati finanziati.

[39]  Oppure tra i mediatori esterni accreditati o ancora presso centri esterni.

[40] Ogni corte è libera di adottare in merito le proprie regole e pratiche, nel senso che ci sono corti che hanno giudici ed amministratore che si occupano di ADR e Corti che hanno soltanto un giudice che si occupa di sorvegliare il programma di ADR. Ci sono alcune Corti ove i mediatori appartengono ai dipendenti della Corte, altre che hanno un panel di mediatori che sono disponibili a mediare diverse controversie ed altre, in specie quelle federali, ove sono gli stessi giudici ad operare come mediatori per la maggiorparte delle procedure.

[41] Inoltre il FJC fornisce guide scritte per gestire le mediazione e conduce studi per determinare le pratiche migliori e più efficaci.  Il FJC ha anche creato un gruppo di consulenti in mediazione che sono a disposizione dei tribunali che desiderano impostare programmi di mediazione o migliorare i programmi che già hanno. I consulenti vengono messi in contatto con l’assistenza giudiziaria richiedente. Di solito visitano il distretto e scrivono un dettagliato rapporto confidenziale  in cui valutano il programma della corte e formulano raccomandazioni (valutano anche il sito web delle Corti).

I consulenti FJC sono utili anche per aiutare i tribunali bilanciare l’utilizzo dei giudici con programmi di mediazione in cui si costituiscano pannelli di mediatori che offrono il proprio servizio alla corte.

[42] In apposite  udienze (settlement conferences and mediation).

[43] Nel Distretto est di New York  se sorgono questioni etiche,  tributarie o altri problemi legali nel corso di una mediazione condotta da un membro del panel della Corte, è il Giudice ADR, non il giudice incaricato del caso, che prenderà una decisione sul punto. Cfr. R. M. LEVY, USA, in Overview cit., p. 259.

[44] Salvo chiederne la risoluzione o l’adempimento in successivo giudizio.

[45] In tal caso se ne può chiedere l’esecuzione coattiva.

[46] La riservatezza e confidenzialità della procedura è affidata dall’ADRA comunque ai regolamenti delle singole Corti.

[47] V. amplius  F. CUOMO ULLOA, LA CONCILIAZIONE, Modelli di composizione dei conflitti, CEDAM, Padova, 2008 p. 95 e ss.

[49] Negli Stati Uniti non vige l’assistenza obbligatoria in mediazione.  “Representation by an attorney is permitted, but not required, in mediation” recita perentoriamente anche il programma ADA in http://www.ada.gov/medprog.htm.

[50] Different states, courts, and mediation programs may have different mediation rules, so you should ask your attorney about any rules governing your mediation.

[51] In most cases, the parties play some role in deciding how the mediation process in their case will be conducted. Many states, courts, and mediation programs have rules about these procedures, so you should check with your attorney about any rules governing your mediation. The mediator may also have procedures that he or she normally follows. However, some decisions about the mediation procedures may still be up to the parties and the mediator.

Some mediators have web sites or provide bios that indicate their mediation approach.

If you are represented by an attorney, your attorney may know the styles of mediators available for your case and can help you choose one whose style fits your needs.

[52] Will each party provide a memo to the mediator before the mediation session outlining the issues in dispute and whatever other topics the mediator requests?

Will this memo be confidential to the mediator or exchanged with the other party?

Will the mediator ask you to sign an agreement to mediate? If so, your attorney might ask the mediator to provide a copy before the mediation session so you can review it and ask any questions you may have about it.

What information should you bring to the mediation session?

Who will be at the mediation session? Mediation is most effective when each party has in attendance someone with full settlement authority who is knowledgeable and can make independent decisions about the case.

Will anyone participate by video, telephone, or be “on call” if needed?

If a person on your side with authority to settle cannot attend in person, your attorney should discuss this with the mediator before the mediation session.

Should any professionals other than the parties’ lawyers attend the mediation?

This might include financial or technical professionals, among others.

Does the mediator have a prior relationship with anyone who will

be at the mediation (such as parties, professionals, attorneys)? If so, you should tell your attorney as soon as you discover this. Despite the information you disclose, the mediator may still be able to be impartial and helpful but you, the other party, and the mediator will want to know about this from the beginning.

What time will the mediation session begin? How late might the session last?

Where will the mediation session(s) be held?

Will each party present its views in a joint session? If so, what would be

most helpful for you (or your lawyer) to say?

What items should you reserve for a private caucus with the mediator?

What can the mediator do that would be particularly helpful for you?

If the parties reach agreement, who would prepare it?

How much does mediation cost, if anything? How will the parties divide the costs?

[53] If you can participate in selecting the mediator, discuss with your lawyer what experience and qualities in a mediator would be most important in helping the parties resolve their dispute.

If you know of particular mediators, discuss whether any of them have the experience and qualities you think would be most helpful in your case.

[54] You are more likely to feel satisfied with mediation if you prepare carefully ahead of time. This is especially important if you have never participated in a mediation.

[55] Even if you have mediated many times, it is still important to prepare for each mediation because the issues, parties, and mediators are different in each case.

[56] There is no one best way to prepare for mediation or to mediate. You should work closely with your attorney to prepare for the mediation.

[57] In addition to helping you collect relevant information, develop a negotiation strategy, and consider the issues listed below, working together will help you have a common understanding of what to expect of each other in the mediation process. For example, you will want to discuss what roles each of you will play during the mediation.

Think carefully about the issues listed below in preparing for mediation. You may not be able to give a definite answer to some of the following questions and your answers may change during the mediation process, but it is still helpful to consider seriously these questions ahead of time.

What is the conflict really about? Are some of the problems caused by mistrust or miscommunication? What would you like to accomplish at the mediation? What does the mediator need to understand to help you accomplish your goals? What does the other party need to understand? What would you need to feel satisfied with the outcome? What do you think that the other person needs to feel satisfied? This may involve the  exchange of monetary or nonmonetary value. If you can reach an acceptable agreement in mediation, would you want to have any relationship with the other party after the dispute is resolved? What issues do you and the other party agree about? What issues do you disagree about? What information, documents, cases, or rules might cause the other party to change his or her mind about the issues in dispute? What might cause you to change your mind?

[58] In mediation, you may hear things that you will disagree with and the mediator may test your views about what is realistic. Although you may think that the other party is wrong about some things, you will be more successful if you try to understand the other party’s views. Listen carefully to what he or she says and look for things that you agree on. This may cause the party person to try to understand your views and it may help you reach an agreement. When you disagree, it helps to be respectful toward the other party, which may cause him or her to treat you respectfully as well.

Keep an open mind and be willing to consider various options for settlement.

[59] Even if your mediator gives you suggestions  or opinions, you always have the right to disregard those suggestions and opinions and to make your own decisions, including a decision not to accept a particular offer or not to reach any settlement.

[60] If you do not resolve all the issues at a mediation session, think about whether your attorney should follow up with the mediator by phone or to schedule another mediation session. Sometimes parties need more information or time to think about a situation before they are ready to finally resolve a dispute.

[61] Your mediator is likely to discuss all these aspects of confidentiality with you but, if he or she does not, be sure to ask.

[62] If the parties reach an agreement settling their dispute, the mediator may help the parties put it in writing.

If attorneys are representing the parties, the attorneys typically draft any written agreement.

Che ci piaccia o no… Piccolo spunto per i giudici costituzionali

La democrazia moderna o per meglio dire la Repubblica democratica moderna nasce con la legislazione dell’Età dei Lumi.

Almeno così la pensavano i cittadini della Repubblica Cispadana, della Cisalpina e Romana, soprattutto di quella Ligure del 1797 che sostituì la secolare ed oligarchica Repubblica aristocratica di Genova.

Quando ad esempio il governo provvisorio della Repubblica Ligure dovette adottare la nuova costituzione si ispirò a quella francese del 1795.

E che cosa prevedeva  la Costituzione del 22 agosto 1795 in materia di giustizia civile?

E’ presto detto.

Art. 210 – Non si può attentare in alcun modo al diritto di far decidere le controversie ad arbitri scelti dalle parti”.

Art. 215 – Gli affari il cui giudizio non appartiene né ai giudici di pace né ai tribunali di commercio, sia in ultima istanza, sia con possibilità di appello, sono portati immediatamente davanti al giudice di pace e ai suoi assessori, per essere conciliati. – Se il giudice di pace non può conciliarli, li rinvia davanti al tribunale civile[1].

E dunque si costituzionalizzava il principio del consenso da una parte e la conciliazione obbligatoria dall’altra.

Democrazia dunque voleva dire in quei tempi non essere obbligati a fare la pace, ma essere obbligati a negoziare, essere insomma cittadini maturi e responsabili, tanto da affrontare prima di tutto in proprio quelle che all’epoca si chiamavano “differenze”.

Se poi si cammina più indietro, alla Costituzione del 24 giugno 1793, si può riscontrare facilmente che venne ripreso il diritto ateniese classico che prevedeva l’utilizzo di arbitri (detti Dieteti) privati e pubblici.
 “Art. 86 – Non si può attentare in nessun modo al diritto che hanno i cittadini di fare decidere le loro liti da arbitri di loro scelta.

Art. 87 – La decisione di questi arbitri è definitiva, se i cittadini non si sono riservato il diritto di reclamare.

Art. 88 – Vi sono dei giudici di pace eletti dai cittadini dei circondari determinati dalla Legge.

Art. 89 – Essi conciliano e giudicano senza spese.

Art. 90 – Il loro numero e la loro competenza sono regolati dal Corpo legislativo.

Art. 91 – Vi sono degli arbitri pubblici eletti dalle Assemblee elettorali.

Art. 92 – Il loro numero e le loro giurisdizioni sono fissate dal Corpo legislativo.

Art. 93 – Essi prendono conoscenza delle contestazioni che non sono state determinate definitivamente dagli arbitri privati o dai giudici di pace.

Art. 94 – Deliberando in pubblico:

– opinano ad alta voce;

– deliberano in ultima istanza, su difese verbali, o su semplice memoriale, senza procedure e senza spese;

– motivano le loro decisioni.

Art. 95 – I giudici di pace e gli arbitri pubblici sono eletti ogni anno[1].

Come si può notare non si parla di tribunali (come invece si faceva in Atene ove addirittura c’erano cinque giurisdizioni), ma solo di arbitri e di giudici di pace. E dunque nel lontano 1793 gli uomini credevano più che altro nei metodi alternativi.
Forse quest’ultima era una soluzione troppo radicale, tanto che come è detto, si privilegiò quella del 1795, ma fa riflettere o almeno dovrebbe far riflettere.
Se riavvolgiamo ancora un poco la bobina del tempo troviamo la Costituzione del 13 settembre 1791  che così recitava per quel che ci interessa.
5. Il diritto dei cittadini di chiudere in via definitiva le loro contestazioni per la via dell’arbitrato, non può ricevere alcun attentato mediante gli atti del Potere legislativo.

6. I tribunali ordinari non possono ammettere alcuna azione in sede civile, se non sia data loro la prova che le parti sono comparse, o che l’attore ha citato la parte avversa davanti a dei mediatori per pervenire ad una conciliazione.

7. Vi saranno uno o più giudici di pace nei cantoni e nelle città. Il loro numero sarà determinato dal Potere legislativo[1].

La ricetta dunque non cambia ed infatti, la Cassazione francese nel 1792 non ebbe altra scelta che considerare il mancato tentativo di conciliazione come una nullità insanabile in ogni stato e grado di giudizio.

Gli costò un poco credo perché i giudici ed i cancellieri all’epoca erano in parte contrari all’istituto, ma ciò permise al modello della conciliazione obbligatoria di arrivare sino alla metà del XIX secolo.
E Dio sa se se ne avessero bisogno: c’era un mondo che aveva mille variabili, le rivoluzioni e le contro rivoluzioni erano all’ordine del giorno, la confusione regnava sovrana; sarà forse che oggi le cose sono più chiare e che noi non abbiamo bisogno degli antichi simboli democratici?


[1] http://www.dircost.unito.it/cs/docs/francia180.htm. Cfr. A. SAITTA, Costituenti e Costituzioni della Francia rivoluzionaria e liberale (1789-1875), Giuffrè, Milano, 1975.