Che ci piaccia o no… Piccolo spunto per i giudici costituzionali


La democrazia moderna o per meglio dire la Repubblica democratica moderna nasce con la legislazione dell’Età dei Lumi.

Almeno così la pensavano i cittadini della Repubblica Cispadana, della Cisalpina e Romana, soprattutto di quella Ligure del 1797 che sostituì la secolare ed oligarchica Repubblica aristocratica di Genova.

Quando ad esempio il governo provvisorio della Repubblica Ligure dovette adottare la nuova costituzione si ispirò a quella francese del 1795.

E che cosa prevedeva  la Costituzione del 22 agosto 1795 in materia di giustizia civile?

E’ presto detto.

Art. 210 – Non si può attentare in alcun modo al diritto di far decidere le controversie ad arbitri scelti dalle parti”.

Art. 215 – Gli affari il cui giudizio non appartiene né ai giudici di pace né ai tribunali di commercio, sia in ultima istanza, sia con possibilità di appello, sono portati immediatamente davanti al giudice di pace e ai suoi assessori, per essere conciliati. – Se il giudice di pace non può conciliarli, li rinvia davanti al tribunale civile[1].

E dunque si costituzionalizzava il principio del consenso da una parte e la conciliazione obbligatoria dall’altra.

Democrazia dunque voleva dire in quei tempi non essere obbligati a fare la pace, ma essere obbligati a negoziare, essere insomma cittadini maturi e responsabili, tanto da affrontare prima di tutto in proprio quelle che all’epoca si chiamavano “differenze”.

Se poi si cammina più indietro, alla Costituzione del 24 giugno 1793, si può riscontrare facilmente che venne ripreso il diritto ateniese classico che prevedeva l’utilizzo di arbitri (detti Dieteti) privati e pubblici.
 “Art. 86 – Non si può attentare in nessun modo al diritto che hanno i cittadini di fare decidere le loro liti da arbitri di loro scelta.

Art. 87 – La decisione di questi arbitri è definitiva, se i cittadini non si sono riservato il diritto di reclamare.

Art. 88 – Vi sono dei giudici di pace eletti dai cittadini dei circondari determinati dalla Legge.

Art. 89 – Essi conciliano e giudicano senza spese.

Art. 90 – Il loro numero e la loro competenza sono regolati dal Corpo legislativo.

Art. 91 – Vi sono degli arbitri pubblici eletti dalle Assemblee elettorali.

Art. 92 – Il loro numero e le loro giurisdizioni sono fissate dal Corpo legislativo.

Art. 93 – Essi prendono conoscenza delle contestazioni che non sono state determinate definitivamente dagli arbitri privati o dai giudici di pace.

Art. 94 – Deliberando in pubblico:

– opinano ad alta voce;

– deliberano in ultima istanza, su difese verbali, o su semplice memoriale, senza procedure e senza spese;

– motivano le loro decisioni.

Art. 95 – I giudici di pace e gli arbitri pubblici sono eletti ogni anno[1].

Come si può notare non si parla di tribunali (come invece si faceva in Atene ove addirittura c’erano cinque giurisdizioni), ma solo di arbitri e di giudici di pace. E dunque nel lontano 1793 gli uomini credevano più che altro nei metodi alternativi.
Forse quest’ultima era una soluzione troppo radicale, tanto che come è detto, si privilegiò quella del 1795, ma fa riflettere o almeno dovrebbe far riflettere.
Se riavvolgiamo ancora un poco la bobina del tempo troviamo la Costituzione del 13 settembre 1791  che così recitava per quel che ci interessa.
5. Il diritto dei cittadini di chiudere in via definitiva le loro contestazioni per la via dell’arbitrato, non può ricevere alcun attentato mediante gli atti del Potere legislativo.

6. I tribunali ordinari non possono ammettere alcuna azione in sede civile, se non sia data loro la prova che le parti sono comparse, o che l’attore ha citato la parte avversa davanti a dei mediatori per pervenire ad una conciliazione.

7. Vi saranno uno o più giudici di pace nei cantoni e nelle città. Il loro numero sarà determinato dal Potere legislativo[1].

La ricetta dunque non cambia ed infatti, la Cassazione francese nel 1792 non ebbe altra scelta che considerare il mancato tentativo di conciliazione come una nullità insanabile in ogni stato e grado di giudizio.

Gli costò un poco credo perché i giudici ed i cancellieri all’epoca erano in parte contrari all’istituto, ma ciò permise al modello della conciliazione obbligatoria di arrivare sino alla metà del XIX secolo.
E Dio sa se se ne avessero bisogno: c’era un mondo che aveva mille variabili, le rivoluzioni e le contro rivoluzioni erano all’ordine del giorno, la confusione regnava sovrana; sarà forse che oggi le cose sono più chiare e che noi non abbiamo bisogno degli antichi simboli democratici?


[1] http://www.dircost.unito.it/cs/docs/francia180.htm. Cfr. A. SAITTA, Costituenti e Costituzioni della Francia rivoluzionaria e liberale (1789-1875), Giuffrè, Milano, 1975.

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