La mediazione civile e commerciale ed il condominio

Relazione tenuta dall’avv. Carlo Alberto Calcagno al corso di aggiornamento per amministratori condominiali A.L.A.C. in Genova il 30 maggio 2019 nella sala Quadrivium

 

1) Origini della mediazione

 

La mediazione non è che un colloquio con particolari caratteristiche che interviene tra un mediatore, le parti di una controversia e – perlomeno nel nostro ordinamento – con i loro avvocati.

I suoi princìpi che ancora oggi si studiano e si praticano, nascono nel XV secolo sulle montagne del Kosovo, e per la precisione nel 1444 durante la resistenza ottomana[1].

Ne abbiamo notizia grazie a Christian Wolff, un filosofo tedesco vissuto nel XVIII secolo, che li traduce in latino dal Kanun[2], un codice di comportamento che sino agli anni ’30 del XX secolo era tramandato in quelle terre oralmente e costituiva la legge di riferimento per gli Albanesi e Kosovari (ancora oggi per certi versi).

Negli Stati Uniti poi ritroviamo il contenuto di questi princìpi a partire dalla metà degli anni ’70.

Essi vengono codificati[3] a partire dagli anni 80’ dall’UNCITRAL, l’organo delle Nazioni Unite che si occupa di commercio internazionale: si parla però in questo caso di conciliazione civile e commerciale internazionale ossia delle buone prassi che sono state evidenziate nei singoli paesi e sussunte in materia conciliativa.

Nel 1998 la mediazione arriva anche nel codice federale degli Stati Uniti[4].

Nello stesso periodo l’istituto diventa oggetto di vari documenti (raccomandazioni[5] e Libro Verde) anche nella Comunità Europea.

Nel 2008 l’Unione Europea vara una direttiva (la 52/08[6]) in merito alla mediazione transfrontaliera che è stata trasfusa nell’arco di 4 anni (Germania e Spagna sono stati i fanalini di coda) nella legislazione interna di tutti i 18 stati partecipanti.

In Italia l’attuazione della direttiva 52/08 avviene a partire dal 2010, con il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (ed i successivi regolamenti attuativi) che riguarda in particolare la mediazione civile e commerciale.

Quanto al condominio la norma principale che viene in campo è invece l’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice civile, quale risulta dall’ultima riforma del condominio del 2013.

Nel nostro paese si scelse come in altri (vedi ad es. la Spagna[7] e la Germania[8]) di applicare la direttiva anche alle controversie interne.

Prima del 2010 in Italia (e nella maggior parte dei paesi occidentali) lo strumento negoziale che veniva utilizzato sin dal tempo dei Romani, era la conciliazione.

Dal XIX secolo fino agli anni ’90 del XX secolo la conciliazione veniva svolta da un giudice (prima togato e poi onorario) che si chiamava appunto conciliatore e che conciliava prima di decidere le controversie; da diversi anni a questa parte (per precisione dal 1991) il potere di conciliazione appartiene anche al giudice di pace che ha preso il posto del conciliatore.

Nel 1993 viene varata una legge di riforma delle Camere di Commercio e nasce la figura del conciliatore che non è un giudice, ma un professionista della pace che si forma attraverso un apposito corso; la conciliazione è amministrata da appositi organismi creati in seno alle Camere di commercio.

Dopo il ’93 abbiamo varie leggi che incentivano l’applicazione della conciliazione; le norme vengono quasi tutte abrogate dal decreto legislativo 28/10 che regola le fattispecie (non viene abrogato ad es. il tentativo di conciliazione agraria; da ultimo è interessante la conciliazione prevista dal codice del turismo).

Nel 2003 la conciliazione entra nel cosiddetto processo societario e viene anch’essa cancellata nel 2010: si forma un altro professionista, appunto il conciliatore societario.

In quest’ultimo anno alcune regole della conciliazione camerale vengono appunto trasfuse nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28[9], dico alcune perché, ad esempio, la conciliazione non si teneva se il chiamato non partecipava; al contrario dal 2010 la mediazione si celebra lo stesso.

Prima del 2010 quando si parlava di mediazione ci si riferiva in Italia alla mediazione familiare, penale, sociale ecc., ma non a quella civile e commerciale.

 

2) I contenuti in breve del decreto legislativo sulla mediazione e  delle norme civilistiche che riguardano la mediazione ed il condominio.

 

Nel mondo statunitense l’istituto della conciliazione è distinto da quello della mediazione, perché nell’ambito della conciliazione il conciliatore può avanzare proposte per la definizione della lite, anche se esse non sono mai vincolanti per le parti, né comportano l’irrogazione di particolari sanzioni per il caso di mancato accoglimento.

La mediazione invece si caratterizza[10] generalmente per il fatto che il mediatore statunitense non fa alcuna proposta, ma sono le parti che devono trovare un’intesa con il suo aiuto: il mediatore si limita a facilitare con le sue domande il reperimento di eventuali accordi.

Anche nella nostra tradizione degli ultimi duemila anni la conciliazione presupponeva un suggerimento del giudice  per la definizione della controversia (aveva in altre parole carattere valutativo): suggerimento che poteva essere accolto o meno dalle parti. Ma per lo più veniva accolto perché in Italia lo stesso soggetto conciliava ed emetteva sentenza[11].

Con il decreto legislativo 28/10 si costruisce invece un meccanismo negoziale spurio che ricomprende sia la facilitazione delle intese delle parti, sia la proposta del mediatore, sia le sanzioni per la mancata partecipazione e per la mancata accettazione della proposta.

Proposta che in altre parole quando viene richiesta da entrambe le parti o viene avanzata dal mediatore sua sponte, può comportare delle sanzioni processuali (art. 13) in caso di mancato accoglimento[12].

Anche l’art. 71 quater disp. att. c.c. si occupa della proposta del mediatore e stabilisce che la stessa “deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice[13]. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata”.

Nell’attuale testo normativo del decreto 28/10 con il vocabolo “mediazione” si intende il procedimento condotto dal mediatore, con il termine “conciliazione” si fa invece riferimento al raggiungimento dell’accordo.

Il procedimento di mediazione preventiva riguarda solo le controversie inerenti i diritti disponibili. La mediazione ex officio, ovvero quella disposta dal giudice, può riguardare anche diritti indisponibili.

Per quanto riguarda il condominio l’art. 71 quater disp. att. c.c. prevede che “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”.

Si fa riferimento in particolare al capo relativo a “Del condominio negli edifici” (art. 1117-1139 c.c.) e alle predette disposizioni di attuazione del codice (che riguardano materie come lo scioglimento del condominio, la riscossione dei contributi, la nomina di curatore speciale, la convocazione di assemblea, l’intervento in assemblea, i millesimi di proprietà, le infrazioni al regolamento di condominio ecc.); si tenga  conto però che l’art. 64 delle disposizioni di attuazione concernente la revoca dell’amministratore è esente da mediazione, come vedremo, per costante giurisprudenza di merito e di legittimità.

Il procedimento di mediazione può essere volontario od obbligatorio.

Va inoltre tenuto presente che dal 2015 esiste nel nostro paese anche un altro istituto, la negoziazione assistita da un avvocato che a sua volta può essere volontaria od obbligatoria.

L’obbligo nei due istituti è da intendersi nel senso che per tutta una serie di fattispecie, la mediazione e la negoziazione assistita sono condizioni di procedibilità del successivo giudizio e dunque vanno esperite se si vuole andare in causa.

L’improcedibilità in mediazione deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

La mediazione è obbligatoria ed è quindi condizione di procedibilità nei seguenti casi: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Per i contratti assicurativi, bancari e finanziari sono previsti anche dei procedimenti alternativi alla mediazione.

Esiste poi ed è sempre più frequente, a processo in corso, la mediazione ordinata dal giudice (dal 2013, detta ex officio) che può esperire il suo potere sia nelle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità, sia per altre materie; e questo sia nel procedimento di primo grado che in appello.

Al giudice è consentito, come già accennato, invitare le parti ad avviare il procedimento di mediazione civile anche quando il procedimento ha ad oggetto diritti indisponibili (Tribunale di Milano ordinanza 15 luglio 2015).

Vi sono poi dei casi in cui la mediazione va esperita ad un certo punto del processo:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, dopo il mutamento del rito di cui all’articolo 667[14] del codice di procedura civile.

c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma[15], del codice di procedura civile.

Vi sono ancora casi in cui la mediazione non è mai necessaria:

a) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis[16] del codice di procedura civile;

b) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata[17];

c) nei procedimenti in camera di consiglio;

d) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

Ai fini nostri è rilevante l’ipotesi del procedimento in camera di consiglio, poiché la giurisprudenza da ultimo ritiene, come ho già accennato, che vi rientri l’azione giudiziale di revoca dell’amministratore[18].

Ancora la mediazione può essere pattuita contrattualmente: in tal caso in mancanza dell’esperimento l’improcedibilità può essere rilevata sia dal giudice che dall’arbitro, su eccezione di parte proposta nella prima difesa.

La mancata partecipazione alla mediazione senza un giustificato motivo comporta l’irrogazione di una sanzione pari al contributo unificato che si paga per la causa: gli avvocati che consigliano al loro cliente di non partecipare alla mediazione non gli recano certamente un buon servizio.

Inoltre in tale ultimo caso il giudice può dedurre argomenti di prova dal comportamento elusivo nell’incombente.

Dal 2013 (l. 98/13) il procedimento di mediazione vede come parte necessaria l’avvocato, quanto meno con riferimento alla mediazione obbligatoria (il Ministero ritiene che per quella facoltativa si possa presenziare anche senza avvocato; il CNF ritiene al contrario che l’avvocato debba essere sempre presente).

Il che significa che nella delibera con cui l’assemblea decide di partecipare alla mediazione da assumere con le maggioranze di cui all’art. 1136 c. 2 c.c., va espressamente previsto il conferimento di mandato all’amministratore alla partecipazione al primo incontro (lo prevede il 71 quater c.c. disp. att.), i relativi poteri e l’individuazione del legale a cui verrà conferita la procura per l’assistenza. Parlo di assistenza perché generalmente si ritiene che l’amministratore non possa inviare in mediazione soltanto l’avvocato; e dunque entrambi i soggetti debbono essere presenti. Di solito il mediatore che accerti l’assenza dell’amministratore dispone rinvio della mediazione affinché lo stesso presenzi.

Il mediatore dispone rinvio della mediazione, su istanza del condominio, anche qualora l’amministratore non sia fornito di delibera di conferimento dei poteri. Ciò accade normalmente quando non c’è stato il tempo materiale per indire l’assemblea; si tenga conto che non essendoci certezza circa la sospensione o l’interruzione del termine di impugnazione della delibera, l’avvocato tende a promuovere la mediazione in modo tempestivo e spesso, prima del giorno deputato alla mediazione, manca all’amministratore il tempo di indizione.

La legge di riforma del Condominio prevede opportunamente all’art. 71 quater disp. att. c.c. che “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione”.

La domanda di mediazione deve rispettare il criterio di competenza territoriale.

Pertanto la domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, così recita l’art. 4 c. 1 del decreto 28/10.

L’art. 71 quater citato appare però in materia ancora più stringente; dispone che  “La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”.

Mentre in generale è possibile una deroga alla competenza  territoriale, se le parti sono d’accordo, quando parte della mediazione è un condominio la richiamata inammissibilità della deroga sembra precludere qualsivoglia patto.

La domanda di mediazione va firmata dall’amministratore del condominio (non dall’avvocato).

All’atto del deposito della domanda di mediazione (che può essere eseguito anche dall’avvocato) il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa entro trenta giorni il primo incontro tra le parti.

La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Ci sono organismi che provvedono direttamente all’inoltro della domanda al chiamato (di solito quelli privati) ed organismi che si rimettono all’attività dell’avvocato del chiamante (ad es. Organismo del Coa Genova).

Dal 2013 si tiene un primo incontro di mediazione nel quale il mediatore spiega alle parti assistite dal loro avvocato la funzione della mediazione e le sue modalità di svolgimento.

Trattasi di incontro gratuito: ciascuna delle parti all’atto del deposito della domanda corrisponde soltanto le spese di mediazione (48,80 € per un valore inferiore ai 250.000 € e 97,60 € oltre questo valore).

Dopo aver reso edotte le parti come per legge, il mediatore chiede se vogliano iniziare la mediazione.

Le parti possono decidere di iniziarla e dunque corrisponderanno l’indennità di mediazione che varia a norma della tariffa ministeriale, a seconda del valore della controversia[19], nello stesso incontro ovvero entro la data del successivo.

Nell’ambito delle questioni condominiale, a meno che l’Assemblea non abbia autorizzato sin da subito l’amministratore ad iniziare la mediazione (ipotesi abbastanza rara; sarebbe comunque buona e cautelativa prassi indicare le spese di mediazione e le indennità già in una eventuale delibera autorizzatoria), il mediatore dispone rinvio al fine di consentire all’amministratore di ottenere la relativa delibera.

Le parti possono anche decidere di non iniziare la mediazione.

In tal caso il mediatore chiuderà la procedura e le parti saranno libere di ricorrere al giudice depositando il cosiddetto verbale negativo di mediazione.

Si registra però che l’invito a  esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura, investe per un certo filone giurisprudenziale di merito (iniziato dal Tribunale di Firenze), solo ipotesi marginali (ad es. la mancanza di litisconsorzio); di talché in sostanza, esclusi pochi casi, le parti dovrebbero comunque iniziare la mediazione.

Si tenga inoltre presente che qualora si verta in materia di mediazione ex officio la giurisprudenza di merito è costante nel ritenere che sia già stato il giudice a valutare la mediabilità del conflitto e dunque alle parti non resterebbe che iniziare la mediazione.

Contraria è invece la giurisprudenza di legittimità, che non distingue tra mediazione preventiva e mediazione ex officio, e sancisce che le parti sono legittimate in ogni caso a porre fine alla mediazione in conclusione di primo incontro[20].

Nella prassi quando è coinvolto un condominio l’amministratore solitamente rimette la questione all’Assemblea, qualora maturino le condizioni per chiedere autorizzazione ad iniziare la mediazione, mentre dichiara a nome del condominio e senza consultare l’assemblea di non voler proseguire, qualora non ci siano i presupposti in relazione alla già espressa volontà dei condomini.

Un caso purtroppo non infrequente, è quello in cui l’amministratore, privo di delibera che autorizza alla partecipazione al primo incontro (o munito di delibera poco chiara sui suoi poteri), ascolta il discorso introduttivo del mediatore e poi chiede comunque di chiudere l’incombente con un verbale negativo, ritenendo che non vi siano i presupposti per iniziare la procedura; in questo caso l’amministratore opera decisamente a suo rischio e pericolo, dato che non può spendere legittimamente il nome del condominio (e secondo la giurisprudenza opera contra legem).

La mediazione secondo la legge può durare tre mesi: non è però raro che in materia condominiale prenda nei fatti un tempo superiore, perché la legge consente, come abbiamo detto, all’amministratore di chiedere rinvio qualora non si sia potuto munire di delibera autorizzatoria alla partecipazione al primo incontro.

A seconda dei mediatori il primo incontro può essere meramente descrittivo della procedura (in tal caso si ricalca la lettera della legge) ovvero può articolarsi in più momenti: sessioni congiunte e sessioni separate cui partecipano singolarmente le parti assistite dai loro avvocati.

In ogni caso vige il principio di riservatezza e nel caso di sessioni separate anche quello di confidenzialità, a meno che gli interlocutori non manifestino per alcuni elementi una deroga al segreto.

La stessa articolazione di solito investe la mediazione propriamente detta che si può chiudere negativamente o positivamente con un accordo.

Personalmente io richiedo sempre all’amministratore di chiedere all’assemblea di autorizzare l’intesa rinvenuta.

L’accordo, in caso positivo, o la delibera da cui risulta la composizione della lite, viene di solito allegata al verbale di conciliazione che peraltro è titolo esecutivo nella misura in cui sia firmato dagli avvocati che assumono anche la responsabilità di non contrarietà alle norme imperative e all’ordine pubblico.

 

3) Cenni sulla giurisprudenza in materia di mediazione

 

Vediamo qui ora alcune questioni di carattere generale, che possono avere rilievo anche in caso di condominio.

Per il tribunale di Palermo (sentenza 15.01.2018) chi non partecipa alla mediazione senza giustificato motivo deve essere sanzionato con il pagamento del contributo unificato. Il giudice in tal caso non ha un potere discrezionale.

Per la Corte d’Appello di Ancona (sentenza 23 maggio 2017) la mancata partecipazione in primo grado può essere rilevata anche in appello con conseguente nullità della sentenza di primo grado e dichiarazione di improcedibilità della domanda.

Il mancato esperimento della mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010, comporta l’improcedibilità della domanda proposta in appello, con la conseguenza che la sentenza di primo grado passa in giudicato (Tribunale di Firenze 13 ottobre 2016).

Se la parte istante si presenza in mediazione senza avvocato la domanda è dichiarata improcedibile; se lo fa il chiamato scatta la sanzione del contributo unificato (Tribunale Vasto 9 aprile 2018).

Il procedimento di mediazione esperito senza l’assistenza di un avvocato non può considerarsi validamente svolto sicché la domanda giudiziale dovrà essere dichiarata improcedibile. (Tribunale Torino 30 marzo 2016).

Si può chiedere al mediatore di testimoniare qualora dal verbale non si evinca se una parte è comparsa personalmente o a mezzo del procuratore speciale (Decreto Tribunale di Udine 7 aprile 2018).

Il termine per il deposito della domanda di mediazione fissato dal giudice è ordinatorio (Tribunale di Bologna, 11.12.2017, n. 21109; Tribunale di Milano, 27 settembre 2016, contra Tribunale di Modena, 10 giugno 2016).

La mancata adesione ad un accordo da parte di un ente pubblico può costituire fonte di danno erariale (C.A. di Napoli Ord. del 31.10.2017).

I «tempi prevedibilmente lunghi occorrenti per la pronuncia della sentenza definitiva a causa del rilevante carico di lavoro», possono giocare un ruolo decisivo nella scelta del giudice di mandare le parti in mediazione (Corte d’appello di Napoli 21/09/17).

Il giudice non ha il potere di prorogare una mediazione (anche se ci sia stato accordo delle parti in tal senso); può solo differire l’udienza (Decreto Trib. Chieti 19/7/17).

Il mediatore può formulare una propria proposta anche in assenza di un accordo delle parti. Sono annullabili quei regolamenti degli organismi che appongano limitazioni alla proposta del mediatore (TAR Abruzzo – Pescara, sez. I, sentenza n. 98/17; depositata il 13 marzo 2017).

Quando il giudice dispone ex officio la mediazione, la condizione di procedibilità non può considerarsi soddisfatta se gli avvocati delle parti disputanti si presentano in mediazione e dichiarano di rifiutarsi di procedere oltre.

È  necessario che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, ex art. 8 d.lgs. n. 28/2010; contra Tribunale di Verona 28 settembre 2016) e che la mediazione sia effettivamente avviata (Tribunale di Roma Sez. XIII° ord. 2 26/10/15, Trib. Monza 9 giugno 2015, Tribunale Pavia 18 maggio 2015,Trib. Milano 7 maggio 2015, Trib. Monza 21 aprile 2015, Tribunale Pavia 13 aprile 2015,Tribunale Pavia 1° aprile 2015, Tribunale Vasto 9 marzo 2015, Trib. Vasto, Sent. 9.03.2015,Tribunale di Roma, Sez.XIII°,19 febbraio 2015,  Giudice di pace di Monza 28 gennaio 2015, Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15, Tribunale Pavia 7 gennaio 2015, Tribunale Pavia 1° gennaio 2015, Trib. Firenze, Ord. 26.11.14, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14, Trib. Roma, Ord. 30.06.14, Tribunale di Firenze 19 marzo 2014).

Nei confronti della parte convenuta assente ingiustificata può applicarsi oltreché la sanzione del contributo unificato la sanzione prevista dall’art. 96 comma 3 cpc (Tribunale di Roma, sentenza 17.12.2015).

Il mediatore deve verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare (Tribunale Pavia 9 marzo 2015, Tribunale di Pavia 26 gennaio 2015, Tribunale Pavia 2 febbraio 2015).

L’effettivo esperimento del procedimento di mediazione «non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti», per cui le stesse non sono libere, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro dinanzi al mediatore, di «manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo» (Tribunale Firenze 15 ottobre 2015)[21].

 

4) Cenni sulla giurisprudenza in materia di condominio e mediazione[22]

 

Una prima questione riguarda il termine di 30 giorni di impugnazione delle delibere.

Il Tribunale di Savona (sentenza 2 marzo 2017)  ritiene che “Se si vuol impugnare una delibera di condominio è necessario promuovere la mediazione entro trenta giorni dalla comunicazione della delibera”.

Il Tribunale Palermo (sezione II civile, sentenza 18 settembre 2015, n. 4951) ritiene che il termine di trenta giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari si sospende e riprende dalla data di redazione e deposito del verbale negativo”.

Stessa opinione ha da ultimo il Tribunale di Savona (sentenza del 7 febbraio 2019) il quale aggiunge che la sospensione opera “non dal giorno della sua presentazione, bensì dal momento della comunicazione alle altre parti”.

Non la pensa così il Tribunale di Sondrio (sentenza del 25 gennaio 2019) per il quale il termine si interrompe e dunque riprende a decorrere per intero dal deposito del verbale di mediazione. Conforme è Corte d’Appello di Palermo, sentenza del 25 maggio 2017 e Tribunale di Milano, sentenza 02.12.2016.

Altra questione concerne la promozione del 702 bis c.p.c. azionato dall’amministratore per fare rimuovere un manufatto costruito nella parte comune: secondo il tribunale di Torino è necessaria la celebrazione della mediazione “non essendo il rito a determinare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, bensì la natura della controversia” (ordinanza Tribunale Torino, Sezione III Civile, 20-23 marzo 2015).

Il tribunale di Roma (sentenza 10 dicembre 2018) si interroga sulla necessità della delibera per la partecipazione alla mediazione e conclude affermando che ciò è previsto dalla legge. Ciò perché chi interviene in mediazione deve avere la possibilità di disporre dell’oggetto della lite. E l’amministratore in mediazione non ha una legittimazione autonoma (la possiede solo per quanto riguarda la riscossione dei contributi).

Interessante è la sentenza del Tribunale di Taranto del 22 agosto 2017 sulla materia oggetto di mediazione obbligatoria: “La mediazione è condizione di procedibilità in materia di condominio esclusivamente in presenza di controversie derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. 61-72 delle disp. att. Dunque, qualora la controversia sorga tra il condomino ed un soggetto terzo (l’appaltatore nel caso di specie), lo svolgimento della mediazione non è una condizione di procedibilità.

Ciò anche in quella circostanza in cui nel contratto di appalto sia espressamente previsto che ogni controversia derivante dalla sua esecuzione deve essere risolta attraverso un preventivo e obbligatorio tentativo di mediazione.

Affinché la mediazione possa considerarsi una condizione di procedibilità è fondamentale che il contratto in essere tra le parti preveda espressamente la sanzione della improcedibilità come conseguenza del mancato esperimento della mediazione”.

Sentenza particolare è quella del Tribunale di Genova (14 dicembre 2016) sulla violazione dell’accordo di mediazione operata da una delibera condominiale: “Quando le parti raggiungono un accordo di mediazione sulle procedure da adottare per l’affidamento e l’esecuzione dei futuri lavori edilizi del condominio, la successiva delibera assembleare contraria alle pattuizioni raggiunte in sede di mediazione non può neppure in astratto costituire motivo di invalidità della stessa, ma al più concretare un inadempimento contrattuale degli accordi intercorsi tra le parti”.

Una pronuncia del tribunale di Pistoia (25 febbraio 2015) riguarda il caso di mancata partecipazione personale  del condomino; il condomino avviava nei confronti del condominio la mediazione disposta d’ufficio dal giudice, senza partecipare personalmente all’incontro fissato dal mediatore.

Il Giudice, rilevando l’assenza ingiustificata dell’attrice-istante, dichiarava la improcedibilità della mediazione e quindi del giudizio, condannandola anche al pagamento della sanzione pecuniaria pari al contributo unificato della causa.

Il Tribunale di Milano, sentenza 21.7.2016 si intrattiene sull’importanza della collaborazione in mediazione: “nella mediazione obbligatoria come in quella facoltativa le parti devono collaborare attivamente alla risoluzione della lite poiché in caso di espletamento con successo, creditore e debitore possono evitare i costi ed i tempi del giudizio.

La mancata collaborazione di una delle parti (nel caso in esame, il condominio) che decide di partecipare alla mediazione al solo fine di evitare le sanzioni di legge senza alcuna intenzione di conciliare, è sanzionata dal giudice con la condanna al pagamento delle spese di lite della controparte, comprese quelle di mediazione.”

Il Tribunale di Milano, sentenza 27.11.2015 si è chiesto se nella mediazione delegata sia necessaria la delibera del condominio per partecipare ad una mediazione ed ha stabilito che “Nelle liti condominiali, se il giudice dispone la mediazione, l’avvocato del condominio deve partecipare anche senza la preventiva autorizzazione assembleare, in quanto l’adesione all’invito e l’avvio della procedura mediativa costituiscono un’estrinsecazione del potere di assistenza e rappresentanza processuale di cui all’art. 84, comma I, c.p.c.”

[1] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2014/03/14/il-kosovo-e-i-sistemi-di-risoluzione-delle-dispute/

[2] Termine di origine sumerica che significa “norma”.

[3] Conciliation rules. Resolution 35/52 adopted by The General Assembly on 4 december 1980.

[4] Cfr. Administrative Dispute Resolution Act (ADRA, 1998) e § 651 (a) United States Code e ss.

[5] Raccomandazione della Commissione del 30 marzo 1998 98/257/CE; Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE del 4 aprile 2001.

[6] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32008L0052&from=EL

[7] Ley 5/2012, de 6 de julio, de mediación en asuntos civiles y mercantiles. http://www.boe.es/boe/dias/2012/07/07/pdfs/BOE-A-2012-9112.pdf

[8] Mediationsgesetz vom 21. Juli 2012 (BGBl. I S. 1577).

http://www.gesetze-im-internet.de/mediationsg/BJNR157710012.html.

[9] Emanato in attuazione dell’art. 60 l. 18 giugno 2009, ossia della legge di delega delle camere.

[10] Esiste peraltro anche la mediazione valutativa. Ed altro istituto che ricomprende un parere non vincolante ed una mediazione volontaria che viene chiamato early neutral evaluation.

[11] Diversamente accadeva in Francia ove non vi era coincidenza tra giudicante e conciliatore.

[12] Questo modello legislativo non trova eguali in Europa, per quanto mi è dato di conoscere.

[13] Maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

[14] Art. 667: Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’articolo 426.

[15] Art. 703 terzo comma: L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669 terdecies.

[16] Art. 696 bis: L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.

Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.

[17] Il Tribunale di Vicenza (sentenza 18 ottobre 2010) specifica che non è necessaria la mediazione per tutte le procedure esecutive.

[18] Cassazione Civile n. 1237 del 18/01/2018, Tribunale Palermo, 29 giugno 2018, Tribunale di Milano, 28 marzo 2018; Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n° 25336; contra Tribunale di Macerata, decreto del 10/01/2018.

[19] Determinato ai sensi del codice di procedura civile.

[20] Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 27 marzo 2019, n. 8473.

Fai clic per accedere a 8473%20pdf.pdf

[21] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2015/11/27/giurisprudenza-su-presenza-parti-rappresentanza-e-verbalizzazione-in-mediazione/

[22] Cfr. amplius https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione.aspx?&page=11

L’Enneagramma e la mediazione

Relazione di Carlo Alberto Calcagno nel Convegno in Latina

“Aumentare la produttività in tempo di crisi. le persone come risorse” del 14 maggio 2016

Gli strumenti di negoziazione si occupano in prima battuta delle persone.

Il processo attuale purtroppo no, solo del rapporto giuridico-economico.

Dico l’attuale perché in quello antico le cose funzionavano diversamente. Un codice del II secolo d.C. chiede ad esempio al giudice di operare così: <<Scopra la mente degli uomini per mezzo dei segni esterni, del suono della loro voce, del colore del volto, del contegno, del portamento del corpo, degli sguardi e dei gesti>>

Sia il decreto del fare, sia quello sulla degiurisdizionalizzazione hanno portato sulla ribalta della negoziazione due nuovi attori del conflitto: i difensori.

Come affrontare dunque un conflitto secondo un modello negoziale ove le persone hanno così tanta importanza?

Ad esempio affrontando in consulenza tre quesiti: 1) abbiamo bisogno di un mediatore? 2) Ci sono emozioni in gioco? 3) Siamo pronti a trattare?

A seconda delle risposte che si danno si può operare una scelta tra mediazione e negoziazione assistita, anche al di là dei vincoli di legge; ma comunque si scelga la parola chiave diviene  la “collaborazione”.

Per collaborare bisogna però conoscersi e poi fare una attribuzione di compiti: uno fa una cosa e uno un altra; non c’è cooperazione se tutto è detto e fatto da un’unica persona.

Per scoprire chi siamo e quali siano le nostre attitudini in vista di una possibile collaborazione, possiamo utilizzare l’Enneagramma.

Si tratta di un antico sistema che contempla nove numeri che indicano nove caratteri detti enneatipi.

Noi apparteniamo un po’ a tutti, ma ad uno in particolare.

I caratteri hanno poi una visione comune della realtà a tre a tre: ad esempio l’1, il 3 ed il 7 sono visivi e quindi prediligono l’azione e le immagini.

In situazione di stress (ad esempio durante un processo, una consulenza legale, una mediazione od una negoziazione assistita) si comportano da visivi.

Quando si trovano a loro agio invece sembrano cambiare canale e quindi ad esempio abbassano il volume della voce e la velocità dell’eloquio: quando questo accade sono nella condizione migliore per cooperare.

In primo luogo per conoscerci è importante sapere se siamo visivi, auditivi o cenestesici: l’approccio alla realtà è differente ed una collaborazione deve trovarci in sintonia sulla visione del mondo.

Per fare qualche esempio: se si tratta di scegliere una vacanza, il visivo guarda una brochure, l’auditivo ascolta i consigli di un conoscente, il cenestesico immagina l’esperienza; i principali interessi di un visivo potranno essere la fotografia, la lettura, la visione di film, quelli di un auditivo l’ascolto della musica o il discorrere con gli amici; mentre un cenestesico sarà interessato all’attività fisica, a un buon vino o a un buon cibo.

Poi il mediatore ed il legale devono capire come metterci a nostro agio se vogliono che sfruttiamo tutte le nostre qualità.

Come si diventa un numero dell’Enneagramma? Lo si diventa tra gli zero ed i sei anni per sopravvivere prima e poi per corrispondere alle aspettative dei genitori.

Il bambino elabora delle strategie che girano intorno a tre bisogni fondamentali: bisogno di successo, di potere e di affiliazione, che vengono “sentiti” come impellenti, appunto in relazione a come abbiamo vissuto il rapporto con i nostri genitori. Ogni rapporto è specifico per cui non esistono ovviamente due n. 1 uguali. Su questi bisogni predominanti costruiamo la nostra vita: la mia tipologia ad es. è la 6 ed io ricerco il bisogno di relazioni affettive positive nella mia vita, mentre il n. 1 persegue la perfezione che è una manifestazione del bisogno di successo.

Il n. 1 si sente stressato nelle situazioni in cui non si sente perfetto e sarà a suo agio quando l’ambiente gli consente di raggiungere la perfezione ossia ove non ci siano critiche al suo lavoro.

Il mediatore ed il consulente devono essere in grado di predisporre questo ambiente, diversamente  il n. 1 va in collera che esprime indirettamente con il giudizio e la critica.

Il mediatore in particolare dovrà fare attenzione alla parafrasi ossia alla restituzione del punto di vista in sessione congiunta (“io ti vedo come ti vedi tu”); ma uguale attenzione dovrà avere l’avvocato in consulenza, in modo da dare l’impressione di aver capito il problema in tutte le sfaccettature.

Ora vediamo altre caratteristiche del n. 1 detto ”perfezionista” che ci aiutano a capire come rapportarci.

E’ un soggetto che controlla le sue emozioni e che ha fantasie che non esterna. In casa sua alcune emozioni erano proibite (sua madre gli diceva ad es. “Un bravo ometto non piange mai”).

Veste in modo austero, i suoi gesti e le sue parole sono misurati.

Ha interesse per i dettagli, critica e giudica sé e gli altri. Impartisce ordini e controlla tutti, ma non ama essere controllato.

Può avere una eccessiva preoccupazione per l’ordine, la pulizia e l’igiene.

I piaceri (le manifestazioni dell’io bambino) per il n. 1 hanno scarso rilievo e comunque vengono sempre dopo i doveri.

Predilige le soluzioni a lungo termine e lamenta sempre la mancanza di tempo: dà il meglio quando gli viene dato il tempo che dice lui; se ciò non accade o non accetta il vostro incarico oppure lo svolge come vuole lui. Chi vuole collaborare con lui dunque non deve mettergli fretta né nella analisi del problema né nella ricerca delle soluzioni.

La sua emozione dominante è la rabbia che però cerca di mascherare con la pedanteria e la critica; è arrabbiato (anche se magari non se lo ricorda) perché i suoi genitori gli hanno chiesto di essere un “bravo bambino”   e lui lo ha fatto rendendosi però pienamente conto che anche i “cattivi bambini” ottenevano quel che volevano; vive e lamenta anche da adulto pertanto una condizione di ingiustizia.

Quando non si trova a suo agio mette in atto dei meccanismi di difesa e gli capita di vivere emozioni nettamente contrastanti, trasforma facilmente amore in odio; ovvero circonda il suo agire di buone ragioni: ad esempio quando alza le mani sul figlio dice che lo fa per il suo bene.

In termini di psichiatria sociale potremmo definirla a grandi linee una personalità con un adattamento ossessivo-compulsivo e paranoide: categoria diffusissima tra i professionisti e modello di personalità ad esempio in Germania.

Vediamo ora come si comporta in mediazione.

Sotto stress è visivo e quindi mantiene una postura eretta; ha una voce nasalizzata o comunque non sempre gradevole, parla velocemente e con tono e volume alto; gesticola ad altezza del capo.

Usa il vocabolario del visivo che ha a che fare con le immagini: ad es. “Appare evidente che, è chiaro che, guardare, vedere, illuminare”.

A causa dello stress assume le caratteristiche negative del n. 4: può avere una espressione tra il triste e l’assente (malinconica) e può peccare di astrazione ad esempio affermando che la legge  o la giurisprudenza è dalla sua.

Dal momento che lo stress limita la sua capacità e possibilità di essere perfetto, manifesta stati ed emozioni inautentici (che coprono quelli che non ha potuto provare da piccolo; per inautenticità si intende qui soprattutto la non idoneità a risolvere il problema): accusa gli altri, manifesta un senso di trionfo, una euforia ingiustificata, disprezzo, ira, rigidità di pensiero.

Se il mediatore si rende conto della situazione riesce a non giudicarlo, se il suo difensore  è consapevole del suo stato emotivo non lo asseconda perché si troverebbe a rafforzare la strategia di un bambino piccolo, che difficilmente potrebbe essere risolutiva per il problema in esame.

A questi stati d’animo possono anche seguire condizioni opposte: confusione, senso di preoccupazione, doverizzazioni.

Come aiutarlo? per la dottrina dell’Enneagramma il n. 1 andrebbe portato in 7, verso una maggiore rilassatezza ed una minore rigidità.

Un aiuto del mediatore arriverà in sessione riservata, dal legale in ogni momento della consulenza.

In sessione riservata il mediatore dovrà in primo luogo accertarsi di trovarsi proprio davanti ad un numero 1, perché visivi – lo abbiamo detto – sono anche il n. 3  ed il n. 7 che possiedono altre caratteristiche.

Ci sono un paio di domande per avere conferma della tipologia: “Lei è una persona che ama la puntualità?” oppure “Lei ritiene importante il rispetto delle regole?”

Di fronte ad un sì deciso, il gioco è fatto.

Il mediatore e l’avvocato possono rivolgere queste domande  che sembrano più da terapia?

Sì, se preannunciano che potranno fare domande inusuali.

In sessione riservata il mediatore dovrà poi parlare come un visivo (che lo sia o meno), dovrà usare il vocabolario del visivo (“Come vede il suo rapporto con Tizio oggi?”); farà caso a dove il n. 1 guarda, per avere ulteriore conferma della sua tipologia (il visivo guarda a domanda guarda subito in alto a destra o a sinistra) e per capire se stia mentendo.

Gli uomini mentono quando non sono a loro agio e dunque se accade il mediatore non sta facendo un buon lavoro empatico.

Più che fare la domanda del diavolo che in sé contiene l’idea di fallimento o comunque di una non raggiunta perfezione (“Ma se oggi non si accorda che cosa farà?”) è consigliabile aprire la seconda sessione – quella dedicata alla ricerca delle soluzioni – con questa domanda “Che basi potrebbe avere un accordo soddisfacente oggi?”.

In sessione seconda poi il mediatore usa delle tecniche che servono per far trovare alla parte le soluzioni migliori al conflitto riformulato.

E’ bene sapere che non tutte le domande sono gradite agli enneatipi: ad esempio non si può rivolgere una domanda ipotetica ad un numero 3.

Così come non tutte le tecniche possono essere usate proficuamente: il n. 1 però è contento di utilizzare il brainstorming, le mappe mentali e i sei cappelli per pensare.

Tribunale di Vasto 23 aprile 2016 – Sanzionato chi rifiuta immotivatamente di proseguire

 

                                                         ORDINANZA RISERVATA                                                        

IL GIUDICE

Dott. Fabrizio Pasquale

A scioglimento della riserva assunta nel procedimento iscritto al n.               R.G.A.C.; LETTI gli atti e la documentazione di causa;

LETTE le richieste formulate dalle parti all’udienza del 03.03.2016;

OSSERVA

  1. Con ordinanza del 13.07.2015, questo giudice – dopo aver evidenziato e indicato alle parti gli indici di concreta mediabilità della controversia – disponeva, ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28, l’esperimento della procedura di mediazione per la  ricerca di una soluzione amichevole della lite. In ottemperanza alle statuizioni giudiziali, le parti davano inizio al procedimento, comparendo – entrambe personalmente e con l’assistenza dei rispettivi difensori – al primo incontro, tenutosi in data 30.11.2015, innanzi all’organismo di mediazione prescelto. La procedura, però, non sortiva esito positivo, dal momento che al primo incontro il mediatore prendeva atto della dichiarazione resa dalla parte invitata di non voler proseguire nella mediazione e dichiarava, di conseguenza, chiuso il procedimento.
  2. All’udienza del 03.03.2016, celebratasi in assenza del convenuto, la parte attrice, dopo aver rappresentato l’impossibilità di dare seguito alla procedura di mediazione a causa del rifiuto opposto dalla odierna parte convenuta, chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.
  3. Prima di avviare la causa alla fase decisoria, appare opportuno a questo giudicante operare un chiarimento interpretativo sull’individuazione dell’esatto ambito applicativo dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10, precisando che le conseguenze, anche di natura sanzionatoria, previste dalla citata norma non scattano soltanto nel caso di assenza ingiustificata della parte al primo incontro di mediazione, ma operano anche nel distinto ed ulteriore caso in cui la parte presente al primo incontro, esprimendosi negativamente sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, non espliciti le ragioni di tale diniego ovvero adduca motivazioni ingiustificate, in tal modo rifiutandosi di partecipare, immotivatamente, a quella fase del procedimento di mediazione che si svolge all’esito del primo incontro. Ciò, in ragione della dirimente considerazione per cui, quando il citato art. 8 parla di “mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento  di mediazione”, esso deve intendersi riferito non soltanto al primo incontro (che non è altro che un segmento della intera procedura), ma anche ad ogni ulteriore fase del procedimento, ivi inclusa –  in primis – quella che dà inizio alle sessioni di mediazione effettiva.

La chiave di lettura della norma che si propugna costituisce il logico e coerente corollario della condivisibile tesi (cfr., sul punto, Trib. Roma, 25.01.2016) secondo cui alle parti non può essere riconosciuto un potere di veto assoluto ed incondizionato sulla possibilità di dare seguito alla procedura di mediazione (addirittura anche nel caso in cui il giudice ne ha disposto  l’espletamento – come nella fattispecie in esame – ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 28/10), dal momento che una siffatta eventualità si presterebbe al rischio di legittimare condotte delle parti tese ad aggirare l’applicazione effettiva della normativa in materia di mediazione, frustrando la finalità stessa dell’istituto, che non è quella di introdurre una sorta di adempimento burocratico svuotato di ogni contenuto funzionale e sostanziale, ma che – invece – consiste nell’offrire ai contendenti “un’utile occasione per cercare una soluzione extra giudiziale della loro vertenza, in tempi più rapidi ed in termini più soddisfacenti rispetto alla risposta che può fornire il Giudice con la sentenza, tenuto anche conto del fatto che quest’ultima può formare oggetto di impugnazione e che, in caso di mancata attuazione spontanea delle statuizioni giudiziali da parte del soccombente, richiede un’ulteriore attività esecutiva, con conseguente allungamento dei tempi e dispendio di denaro” (cfr., in tal senso, Trib. Busto Arsizio, 03.02.2016) .

Muovendo, dunque, dal principio per cui sono da considerarsi illegittime tutte quelle condotte contrarie alla ratio legis della mediazione e poste in essere dalle parti al solo scopo di eludere il dettato normativo, e facendo specifico riferimento alle determinazioni assunte dalle parti al termine del primo incontro, deve concludersi che, quando il rifiuto ingiustificato di dare seguito al procedimento di mediazione viene opposto dalla parte attrice/istante in mediazione, la condizione di procedibilità di cui all’art. 5, D. Lgs. n. 28/10 non può considerarsi soddisfatta. Del pari, quando detto rifiuto viene formulato, oltreché dalla parte attrice/istante, anche o soltanto dalla parte convenuta/invitata in mediazione, sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 4 bis, D. Lgs. citato ed, in particolare, per l’irrogazione – anche nel corso del giudizio – della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10 (condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo dovuto per il giudizio) e ricorre, altresì, un fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c., nel prosieguo del giudizio.

Occorre, peraltro, precisare che – ai fini dell’adozione dei provvedimenti innanzi richiamati – il rifiuto deve considerarsi non giustificato sia nel caso di mancanza di qualsiasi dichiarazione della parte sulla ragione del diniego a proseguire il procedimento di mediazione, sia nell’ipotesi in cui  la parte deduca motivazioni inconsistenti o non pertinenti rispetto al merito della controversia. In tal senso, non potrà – ad esempio – mai costituire giustificato motivo per rifiutarsi di partecipare alla mediazione la convinzione di avere ragione o la mancata condivisione della posizione avversaria, per la evidente contraddittorietà, sul piano logico prima ancora che giuridico, che tale argomentazione sottende, atteso che il presupposto su cui si fonda l’istituto della mediazione è, per l’appunto, che esista una lite in cui ognuno dei contendenti è convinto che egli abbia ragione e che l’altro abbia torto e che il mediatore tenterà di comporre riattivando il dialogo tra le parti e inducendole ad una reciproca comprensione delle rispettive opinioni.

  1. Passando alla disamina del caso di specie, dalla lettura del verbale del primo incontro di mediazione del 30.11.2015, si evince che la parte invitata, sia pure personalmente presente e ritualmente assistita dal proprio avvocato, “ha negato il proprio consenso alla prosecuzione del procedimento, ai sensi dell’art. 8, primo comma, del D. Lgs. n. 28/10”. Nessuna indicazione, neppure sommaria, è riportata nel verbale in merito alle eventuali ragioni che hanno indotto la parte invitata a non voler iniziare la procedura di mediazione. Né il mediatore ha precisato (com’era, invece, suo preciso dovere fare) se la parte si è opposta alla verbalizzazione dei motivi del rifiuto ovvero se, anche all’esito della eventuale sollecitazione da parte del mediatore medesimo,  la stessa non ha inteso esplicitare le ragioni del proprio dissenso. L’omissione di tale rilevante aspetto preclude a questo giudicante ogni valutazione in ordine alla sussistenza di possibili profilidi   giustificatezza   del   rifiuto    opposto   da                              alla   prospettiva   di   proseguire    nel procedimento di mediazione, di talchè, non potendo apprezzare le ragioni che hanno indotto quest’ultima ad interrompere il tentativo di mediazione al primo incontro, il rifiuto deve considerarsi non giustificato.

Ne consegue che, oltre a poter desumere da detto comportamento preclusivo argomenti di prova ex  art.  116,  secondo  comma,  c.p.c.  nel  prosieguo  del  giudizio,  deve  pronunciarsi  a  carico   di

                     la   condanna   al  versamento,   in  favore  dell’Erario,   della  somma  di   €  206,00,  pari all’importo   del   contributo   unificato   dovuto   per   il   presente   giudizio,   come     conseguenza sanzionatoria della ingiustificata volontà di non prendere parte alla fase del procedimento di mediazione successiva al primo incontro.

  1. In ordine alla tempistica della irrogazione della sanzione pecuniaria in questione, ritiene questo giudice, conformemente ad un diffuso orientamento della giurisprudenza di merito (cfr., in proposito, Trib. Termini Imerese, 09/05/2012; Trib. Mantova, 22/12/2015) che la sanzione ben può essere irrogata anche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio, non emergendo dalla lettura dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10 dati normativi contrari alla propugnata

Per Questi Motivi

 disattesa ogni diversa richiesta, così provvede:

CONDANNA la parte convenuta                          al versamento, in favore dell’Erario, della somma  di

€ 206,00, pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio, come conseguenza sanzionatoria della ingiustificata volontà di non prendere parte alla fase del procedimento di mediazione successiva al primo incontro;

FISSA, per la precisazione delle conclusioni, che ciascuna parte dovrà redigere su separato atto da depositare telematicamente, la successiva udienza del 23/01/2017, ore 09.30;

MANDA alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza alle parti.

Vasto, 23 aprile 2016.

IL GIUDICE

Dott. Fabrizio Pasquale

La mediazione nei Paesi Bassi

 

Il paese è assai sensibile alle pratiche ADR, tanto che da ultimo nel suo territorio è stato varato da un’autorità indipendente il registro mondiale dei neutri certificati (mediatori, arbitri, negoziatori, coach, mediatori familiari, ecc.)[1].

E ciò anche se non c’è ancora una legge sulla mediazione interna, che i mediatori professionisti olandesi chiudano con successo il 60% delle mediazioni[2] e che ci sia un testo giacente alla Camera Bassa dal 2013[3].

Nel Regno dei Paesi Bassi[4] alla mediazione ed all’arbitrato[5] si aggiungono peraltro i pareri non vincolanti ed i pareri vincolanti.

Ci sono Ombudsman che intervengono nelle controversie in primo luogo per trovare una soluzione comune. Se non si arriva ad una soluzione emettono allora un parere non vincolante.

Ciò accade quando si reclama contro un provvedimento della pubblica amministrazione[6] od in materia commerciale[7].

Nonostante la non vincolatività però il fornitore accetta nella maggior parte dei casi la decisione dell’ombudsman. I procedimenti davanti all’ombudsman sono gratuiti.

Ci sono poi pareri che sono vincolanti in materia di legge sulle locazioni[8] e con riferimento alle controversie dei consumatori in una quarantina di settori[9]: le condizioni generali di contratto in questi ultimi casi prevedono che i consumatori possano sottoporre la controversia con il fornitore alla commissione invece che al giudice ordinario.

Questa disposizione è vincolante per entrambe le parti, anche se il consumatore ha un mese di tempo entro il quale può decidere di adire il tribunale[10].

Le commissioni per la risoluzione delle controversie emettono una decisione che non solo è vincolante per entrambe le parti, ma non è impugnabile.

L’unica possibilità di revisione è affidata al giudice ordinario entro due mesi dall’emissione.

Il giudice può però operare un riesame solo marginale[11]: può dichiarare nulla la decisione vincolante solo se questa, sulla base di motivi equi e ragionevoli, risulta inaccettabile nella sostanza o nel modo in cui è stata emessa, tenendo conto delle circostanze del caso.

Pertanto, una decisione di una commissione per la risoluzione delle controversie può essere annullata dal giudice solo se la commissione ha mancato di applicare i principi fondamentali del diritto processuale, come ad esempio il diritto al contraddittorio.

Le commissioni per la risoluzione delle controversie chiedono un contributo fisso: oggi può partire dai 27 € ai 113 a seconda del valore del prodotto o del servizio in questione.

Tale contributo comprende i costi di eventuali relazioni di periti che si rendono necessarie.

Se la commissione stabilisce che ha ragione il consumatore, il fornitore in questione dovrà rimborsagli il contributo versato[12].

Ad aprile 2015 il paese ha recepito la direttiva ADR in materia di consumo ed oggi dunque si fa riferimento anche al provvedimento relativo[13]: in sostanza si rimanda alle procedure delle istituzioni esistenti e quando non si rinvenga una istituzione esistente ci si può riferire allo Stichting Geschillencommissies voor Consumentenzaken (art. 3 c. 1) ossia alla Fondazione olandese per il reclamo dei consumatori[14].

Con riferimento al regolamento n. 524/13 e quindi all’ODR i Paesi Bassi hanno notificato alla Commissione Europea tre organismi che sono sostanzialmente quelli che abbiamo già menzionato[15].

In ordine alla mediazione civile e commerciale la legge di attuazione della direttiva 2008/52/CE su taluni aspetti della mediazione/mediazione in materia civile e commerciale è in vigore dal 29 novembre del 2012[16] : il paese dunque insieme a Germania, Spagna e Francia è stato uno degli ultimi a formalizzare un testo scritto in materia.

La legge tuttavia riguarda solo le mediazioni transfrontaliere e dunque per le mediazioni interne valgono ancora le regole che si descrivono e che si traggono in parte dal sito peraltro datato della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale[17].

Dal 1° aprile 2005 esiste un sistema in virtù del quale gli organi giudiziari e i servizi di assistenza giuridica (principalmente per i gruppi a reddito più basso) possono indirizzare le parti verso un mediatore. Il ricorso alla mediazione è comunque sempre volontario.

Questa possibilità è prevista solo in specifici casi civili e amministrativi (incluse le controversie in materia di diritto di famiglia).

In generale, vi sono due grandi categorie di controversie che non possono essere esaminate da una commissione:

  • controversie relative al mancato pagamento di una fattura sulla base di un reclamo sul piano della sostanza;
  • denunce relative a decessi, lesioni o malattie.

Le commissioni per la risoluzione delle controversie non possono naturalmente esprimersi su casi già sottoposti al giudice ordinario[18].

L’inizio della mediazione non interrompe di regola il termine di prescrizione: ma come vedremo il regolamento MfN prevede tale interruzione.

Non si prevede la riservatezza della procedura che deve quindi essere oggetto di stipulazione contrattuale preventiva insieme al divieto di utilizzo[19] in caso di successivo giudizio[20].

Un tale accordo costituisce rinuncia del diritto di trarre elementi di prova da tutto ciò che si verifica durante la mediazione ai sensi dell’art. 153 del Codice di procedura civile olandese[21]: se non viene rispettato scattano dunque le sanzioni del codice di rito.

Il regolamento di procedura degli organismi può però prevedere che l’accordo di riservatezza si estenda alle parti ai loro avvocati o rappresentanti, al mediatore e al personale di segreteria (se presente).

In caso di esito positivo l’accordo in cui la risoluzione è incorporata è considerato come una transazione ai sensi del titolo 15 del libro 7 del codice civile olandese[22].

Il regolamento di procedura dell’organismo può prevedere che se le parti e il mediatore lo convengano l’accordo transattivo può essere incorporato da un lodo arbitrale ai sensi dell’articolo 1069 del codice di procedura civile olandese[23]: ciò appare conveniente perché in difetto per far valere un accordo transattivo non ottemperato si deve ricorrere al giudice o all’arbitro.

Un accordo raggiunto tramite mediazione, infatti, non ha il carattere di una decisione definitiva: le parti in alternativa alla incorporazione nel lodo arbitrale possono soltanto far confermare il loro accordo tramite atto notarile; in questo modo la messa in esecuzione dell’accordo può essere operata come in presenza di una sentenza.

Se poi un giudice rinvia, per un determinato caso, alla mediazione, ed è raggiunto un accordo, tale accordo può essere confermato con decisione del tribunale.

Dato che la risoluzione extragiudiziale delle controversie è un’alternativa al procedimento giudiziario ordinario, le decisioni che ne conseguono non possono essere impugnate dinanzi al giudice.

Tuttavia se la parti non riescano a comporre una controversia ricorrendo alla mediazione o se il contratto stipulato a seguito della procedura non viene rispettato, possono sempre sottoporre il caso al giudice.

I costi della mediazione sono sostenuti dalle parti.

Le persone con minori o insufficienti capacità finanziarie possono però fruire del patrocinio a spese dello Stato[24].

Gli avvocati ricevono al massimo 105 € per ogni mediazione. Nel 2014 ci sono stati oltre 13.000 pagamenti. Sempre in quest’anno 784 mediatori hanno richiesto le prestazioni di legal aid[25]: e dunque esistono dei mediatori sovvenzionati (anche quelli familiari), basta essere iscritti al Legal Aid Board[26].

Interessante è che le parti nel 2010 hanno ricevuto un (limitato) contributo finanziario di 250 euro come incentivo[27] a seguire i suggerimenti del giudice relativi al ricorso alla mediazione: questo contributo viene dato per ogni effettivo caso di ricorso alla mediazione, nella fase iniziale del procedimento.

Si tratta di un importo fisso per ogni mediazione che viene pagato direttamente al mediatore indipendentemente dai mezzi finanziari delle parti.

Nel regno dei paesi Bassi la regolamentazione della professione del mediatore è effettuata dal 1° gennaio 2014 dal Mediatorsfederatie Nederland (MfN)[28] detto in precedenza Nederlands Mediation Instituut[29] che è un ente governativo.

Detto ente tiene anche un registro dei mediatori[30] che contiene i recapiti di tutti i mediatori qualificati presenti nei Paesi Bassi.

Oggi questo registro è riconosciuto dal Consiglio di assistenza giudiziaria e dunque può considerarsi il registro della Federazione dei Paesi Bassi: i paesi forniti di registro statale in Europa salgono pertanto a 18.

Il registro reca informazioni imparziali e consente ai visitatori di scegliere anche la professione del mediatore (ne sono presenti circa una trentina), la sua specializzazione, il campo geografico di operatività, il suo sesso e l’età, la lingua che è più confacente alle parti (ne sono presenti una decina compreso l’italiano), il fatto che il mediatore abbia o meno una certificazione di qualità ed il contatto avviene direttamente tramite mail, telefono o fax.

I mediatori possono iscriversi presso l’MfN e successivamente aderire anche al codice di condotta dei mediatori redatto dal Centro.

L’iscrizione è facoltativa (così come l’adesione al codice di condotta)[31] ma, se un mediatore desidera operare all’interno del sistema olandese del patrocinio a spese dello Stato o fornire un servizio a clienti indirizzati dal tribunale, è tenuto a iscriversi presso l’MfN ed essere in possesso di un certificato di accreditamento/valutazione.

In particolare per poter figurare nel registro dell’MfN, un mediatore deve soddisfare i seguenti requisiti fondamentali: aver terminato con esito positivo un corso di formazione per mediatori accreditato dall’MfN[32]; aver superato un esame per la valutazione scritta delle relative conoscenze[33]. Si può scegliere inoltre tra una valutazione diretta dell’operato oppure attraverso un video registrato: tuttavia chi ha più di 9 mediazioni nei tre anni anteriori, può dal 1° gennaio 2016, essere ammesso al registro senza necessità di una valutazione[34].

I mediatori MfN sono inoltre sottoposti a formazione continua[35]: si devono accumulare 48 crediti in tre anni e si valutano anche le mediazioni svolte[36].

I mediatori del MfN rispettano le regole di mediazione che sono state varate nel 2008[37] e che impongono la stipula di un contratto di mediazione prima di iniziare la procedura stessa.

Le parti possono contattare direttamente il mediatore che hanno scelto oppure fare richiesta di nomina all’MfN.

Oltre al contratto di mediazione le parti devono anche firmare un accordo di riservatezza: tale accordo però non copre la rivelazione di informazioni su delitti o sui procedimenti disciplinari in cui può incorrere il mediatore.

La domanda di mediazione interrompe la prescrizione e fa salvo il diritto a provvedimenti cautelari il cui azionamento però va comunicato entro 24 ore al mediatore.

Le parti ed il mediatore MfN possono anche non seguire le regole previste dal regolamento di mediazione del MfN, ma la deviazione deve risultare da accordo scritto firmato da tutti gli agenti della mediazione.

La mediazione del MfN riporta delle statistiche molto positive: tre su quattro mediazioni si concludono con un accordo; due su tre  si concludono entro un periodo di 10 settimane; il 90% di tutte le mediazioni richiedono meno di 20 ore di conversazione; MfN gestisce l’80% delle mediazioni su territorio olandese[38].

Il 16 novembre 2010 è stata istituita dal Consiglio di assistenza giudiziaria[39] una Commissione speciale per valutare l’operato dei mediatori e che è ancora operante nel 2016.

Questa commissione[40] offre pareri consultivi al Consiglio in materia di valutazione dei mediatori e riceve le denunce contro il cattivo operato di coloro che operano nelle strutture di riferimento e stabilisce anche i requisiti per la iscrizione nel registro MfN.

Nel 2011 il Governo era molto preoccupato per l’aumento vertiginoso dei costi processuali e stava pensando in quei mesi[41] ad ampliare il novero delle misure alternative. Così si è accelerato anche sul progetto di legge sulla mediazione in attuazione della direttiva 52/08[42] che era già pronto il 23 di giugno e prevedeva delle modifiche al Codice civile e al Codice di rito[43].

Si pensava che venisse approvato entro l’anno, ma l’iter è stato più lungo e l’entrata in vigore è slittata al 29 novembre 2012.

La norma si applica però alle sole controversie civili e commerciali transfrontaliere ove i diritti siano disponibili: è stata fatta una scelta simile al Regno Unito; ciò comporta che vengano disciplinati solo pochi aspetti: prescrizione, riservatezza e mediazione proposta dal giudice.

E dunque per la mediazione interna valgono le regole di cui abbiamo parlato in precedenza ed in particolare dal 2008 le regole di mediazione del MfN, qualora si scelga un mediatore MfN.

Sono escluse dall’ambito le controversie fiscali, doganali, amministrative o quelle involgenti una responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri.

La mediazione è definita come un processo strutturato, comunque denominato, in cui due o più parti di una controversia tentano di risolvere la loro controversia con l’assistenza di un mediatore su base volontaria.

Il mediatore è una terza persona a cui si chiede di condurre una mediazione in modo efficace, imparziale e competente di condurre, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo, e indipendentemente da come è stato nominato o invitato a condurre la mediazione.

Il giudice può proporre una mediazione alle parti in tutti i casi e in qualunque fase del procedimento.

Se le parti decidono di aderire alla proposta o chiedono comunque di mediare essa può essere sussunta nel verbale di udienza che in quanto controfirmato dal dalle parti e dai loro rappresentanti autorizzati costituisce titolo esecutivo.

La riservatezza viene disciplinata come segue.

Se la riservatezza della mediazione è espressamente concordata, il mediatore e la persone coinvolte nella mediazione, possono essere dispensate dall’obbligo di testimoniare in merito ad informazioni derivanti da o in connessione con una mediazione i cui diritti ed obblighi sono liberamente a disposizione delle parti.

Anche se la riservatezza è espressamente concordata il mediatore e le persone coinvolte nella mediazione devono rendere testimonianza nella misura in cui le parti concordano se l’informazione da recare è necessaria per motivi imperativi di ordine pubblico, in particolare per tutelare e assicurare gli interessi dei  bambini o per impedire a qualcuno di essere colpito nella sua integrità fisica o mentale, o quando la divulgazione del contenuto dell’accordo transattivo raggiunto sia necessaria ai fini della sua attuazione o del suo rispetto.

Queste regole si applicano anche alle controversie transfrontaliere in cui un procedimento giudiziario o di arbitrato venga avviato a seguito di una mediazione tra le parti in uno Stato membro diverso da quello in cui le parti hanno avuto il loro domicilio o la residenza abituale al momento hanno deciso tra loro di fare ricorso alla mediazione.

In ultimo la prescrizione per le controversie transfrontaliere assume il seguente regime.

Il termine di prescrizione dell’azione viene interrotto dall’inizio della mediazione.

Con l’interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione dal giorno successivo a quello in cui la mediazione si è conclusa perché una delle parti od il mediatore per l’altra parte notifica per iscritto che la procedura è terminata o perché è trascorso un periodo di sei mesi senza che le parti abbiano fatto qualsivoglia atto. Il nuovo termine di prescrizione è di tre anni. Tuttavia il termine di prescrizione non può in nessun caso spirare in tempo antecedente a quando il termine originario sarebbe scaduto senza interruzione.

Anche questa regola si applica anche alle controversie transfrontaliere in cui un procedimento giudiziario o di arbitrato venga avviato a seguito di una mediazione tra le parti in uno Stato membro diverso da quello in cui le parti hanno avuto il loro domicilio o la residenza abituale al momento hanno deciso tra loro di fare ricorso alla mediazione.

In ultimo annoto che i legali olandesi guardano alla mediazione obbligatoria come ad una scelta illuminata del legislatore italiano. Inoltre 600 mediatori a convegno hanno chiesto alla fine del 2015 al Ministro della giustizia Van der Steur di varare la legge sulla mediazione interna che giace in Parlamento dal 2013[44]: il Ministro ha promesso una consultazione veloce.

[1] Si possono iscrivere anche gli organismi ed enti di formazione. La ricerca si può fare con riferimento a tutti i paesi del mondo. Nessun italiano è certificato in questo registro.

[2] https://mfnregister.nl/deelnemers-mediationcongres-doen-oproep-aan-minister-van-der-steur-breng-wetsvoorstel-mediation-snel-in-consultatie/

[3] https://mediatorsfederatienederland.nl/wetgeving/

[4] È una federazione di Stati che dal 2010 ricomprende Paesi Bassi   Aruba, Curaçao  e Sint Maarten (ex Antille Olandesi nel Mare dei Caraibi a nord del Venezuela) e che fa parte della Unione Europea come paese fondatore dal 1951.

[5] Le parti sono libere di concordare il ricorso obbligatorio all’arbitrato in una clausola contrattuale. L’arbitrato è disciplinato dal Quarto libro di procedura civile (Vierde Boek Arbitrage – Artikelen 1020-1077) in http://wetten.overheid.nl/BWBR0001827/VierdeBoek/geldigheidsdatum_12-07-2014 e dalla Convenzione di New York del 1958 e dal Libro III articoli 316 e 319, libro VI articolo 236, libro X articoli 166 e 167 Codice Civile.

Il 2 giugno 2014 è intervenuta una modifica della disciplina dell’arbitrato che ha riguardato il citato libro quarto del C.p.c. e dei seguenti articoli del Codice civile:

Artikelen 316 e 319 libro III  Codice Civile (Burgerlijk Wetboek)

Artikelen 236 libro VI Codice Civile  (Burgerlijk Wetboek)

Artikelen 166 e 167 libro X Codice Civile  (Burgerlijk Wetboek)

https://zoek.officielebekendmakingen.nl/stb-2014-200.html

L’Istituto olandese di arbitrato (Nederlands Arbitrage Instituut, NAI), nato nel 1949, è l’organismo più importante in ordine a questo tipo di Adr. Cfr. http://www.nai-nl.org. Si occupa peraltro anche di mediazione e di pareri vincolanti: in specie quando la conciliazione reca solo un accordo parziale le parti possono scegliere di proseguire tramite un blind advisor o un collegio arbitrale: entrambi hanno il potere di risolvere la questione emanando decisioni che vincolano le parti in base ad elementi che le stesse parti indicano (Cfr. Netherlands arbitration institute, mediation rules in force as from 1 March 2009 in http://www.nai-nl.org) .

[6] Davanti all’Ombudsman Nationale che viene nominato dal parlamento. Si tratta di una sorta di difensore civico. Cfr. http://www.nationaleombudsman.nl/ Le basi giuridiche di questo organo si ritrovano nella Wet Nationale Ombudsman (Legge relativa all’Ombudsman nazionale).

Per dare un’idea del loro lavoro posso dire che nel 2015 hanno ricevuto oltre 38.000 reclami.

[7] Il più importante è l’Ombudsman Schadeverzekering (Ombudsman per l’assicurazione danni). PO Box 30, 2501 CA The Hague, Paesi Bassi.

[8] Emessi dalla Huurcommissie (Commissione affitti). Dal 1° aprile 2011 peraltro è cambiata la legge. Il ricorso non è gratuito: se il ricorrente è una persona giuridica l’indennità è di 450 €, se è una persona fisica corrisponderà 25 €. V.  http://www.huurcommissie.nl/

[9] Davanti alle trenta commissioni facenti parte dello Stichting Geschillencommissie voor Consumentenzaken (SGC, Ente per la risoluzione delle controversie dei consumatori); l’intervento di queste commissioni deve essere tuttavia previsto nelle condizioni generali di contratto. Cfr. http://www.degeschillencommissie.nl

Le commissioni che operano nel settore dei consumatori devono essere riconosciute dal Ministero della giustizia e devono quindi soddisfare determinati requisiti.

[10] Il Codice civile contiene inoltre una disposizione che consente di bloccare il termine di prescrizione di un reclamo se si è avviata una procedura per ottenere un parere vincolante (art. 3:316, 3).

[11] Art. 904 Codice civile.

[12] V. http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_net_it.htm

[13] Wet van 16 april 2015 tot implementatie van de Richtlijn 2013/11/EU van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende alternatieve beslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG en uitvoering van de Verordening (EU) nr. 524/2013 van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende onlinebeslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG (Implementatiewet buitengerechtelijke geschillenbeslechting consumenten) https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150430/publicatie_wet/document3/f=/vjthbalx5cya.pdf

[14] https://www.degeschillencommissie.nl/english/

[15] Stichting Geschillencommissies voor Consumentenzaken (SGC) Fondazione per le commissioni in materia di controversie dei consumatori (SGC)

Stichting Klachten en Geschillen Zorgverzekeringen (SKGZ) Fondazione per i reclami e le controversie in materia di assicurazione sanitaria (SKGZ)

Stichting Klachteninstituut Financiele Dienstverlening (Kifid)  Istituto per i reclami in materia di servizi finanziari (Kifid).

[16] Wet implementatie richtlijn nr. 2008/52/EG betreffende bepaalde aspecten van bemiddeling/mediation in burgerlijke en handelszaken (Geldend op 29-11-2012) in http://wetten.overheid.nl/BWBR0032232/geldigheidsdatum_29-11-2012

In precedenza è stato discusso il progetto di legge “Adeguamento del Libro III, del codice civile e del Codice di procedura civile alla direttiva relativa a determinati aspetti della mediazione in  ambito civile e commerciale” Anpassing van Boek 3 van het Burgerlijk Wetboek en het Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering aan de richtlijn betreffende bepaalde aspecten van bemiddeling/mediation in burgerlijke en handelszaken. L’ultima versione è del 21 febbraio 2012: https://zoek.officielebekendmakingen.nl/kst-32555-E.html

Ma il progetto suindicato non poteva ottenere il voto favorevole del Senato e così il Ministro della Giustizia il 21 giugno 2012 ha rimesso al Consiglio di Stato il progetto di legge indicato nel corpo del testo che si riferisce però solo alla mediazione transfrontaliera e che è stato approvato.

[17] http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_net_it.htm

[18] http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_net_it.htm

[19] Non può essere però contrario alla legge o all’ordine pubblico.

[20] V. per un modello standard il sito https://mfnregister.nl/

[21] Cfr. Netherlands arbitration institute, mediation rules in force as from 1 March 2009 in http://www.nai-nl.org

Artikel 153: Overeenkomsten waarbij van het wettelijke bewijsrecht wordt afgeweken, blijven buiten toepassing, wanneer zij betrekking hebben op het bewijs van feiten waaraan het recht gevolgen verbindt, die niet ter vrije bepaling van partijen staan, zulks onverminderd de gronden waarop zij krachtens het Burgerlijk Wetboek buiten toepassing blijven.

[22] Title 7.15 Settlement agreement

Article 7:900 Definition of ‘settlement agreement’

– 1. Under a settlement agreement parties bind themselves towards each other, in order to end or to avoid any uncertainty or dispute about what applies to them legally, to the assessment and establishment of a new legal status between them, indented to apply as well as far as it differs from their previously existing legal status.

– 2. The assessment and establishment of their new legal status can be made by virtue of a joint decision of the involved parties or by virtue of a decision of one of them or of a third party.

– 3. An agreement on evidence is equated with a settlement agreement as far as it brings along an exclusion of evidence in rebuttal.

– 4. The present Title (Title 7.15) does not apply to an arbitration agreement.

Article 7:901 Requirements for the establishment of the new legal status

– 1. The establishment of the new legal status is subject to the requirements which have to be met in order to accomplish the intended new legal status in accordance with the law, starting from the legal status of which it may differ.

– 2. Each of the parties is towards the other obliged to perform all what is necessary from his side to meet the requirements for accomplishing the establishment of the new legal status.

– 3. As far as it is possible to meet these requirements by means of a declaration of parties or of one of them, this declaration is regarded to be enclosed in the settlement agreement, unless this agreement provides otherwise.

Article 7:902 Establishment in conflict with mandatory law

The establishment of a new legal status in order to end any uncertainty or dispute on the field of property law is also valid if it would appear to be in conflict with mandatory law, unless its content or necessary implications are in conflict as well with public morals or public order.

Article 7:903 No retroactive effect towards third persons

As far as the establishment of the new legal status is related to what must be regarded as the correct legal situation in the past, it cannot affect any rights acquired by third persons in the meantime.

Article 7:904 Conflict with reasonableness and fairness; absence of a valid determination

– 1. An assessment made by one of the parties or a third party is voidable if its binding force, in view of its content or the way in which it was made, would in the given circumstances be unacceptable according to standards of reasonableness and fairness.

– 2. When an assessment is nullified or when it appears to be null and void from the start or when no assessment is made within a reasonable period set for this purpose to the party entrusted with the task to decide on the matter, the court may assess the legal status between parties, unless the settlement agreement or the nature of the assessment indicates that it must be replaced in another way.

Article 7:905 Rescission and dissolution of the settlement agreement

If a rescission of the settlement agreement on account of a failure in the performance thereof would affect an already made assessment by one of the parties or a third party, then this rescission cannot take place by means of a one-sided declaration and, when the dissolution of the settlement agreement is claimed in court, the court may reject this claim on the ground that the party claiming the dissolution has sufficient means to obtain the undoing of or a compensation from the other party for the negative consequences of this party’s failure in the performance

Article 7:906 Application of the statutory provisions of Title 7.15 to similar legal grounds

– 1. The statutory provisions of the present Title (Title 7.15) apply accordingly to an assessment and establishment of a legal status that are based on another legal ground than an agreement.

– 2. Article 7:904 applies accordingly when one of the parties to a legal relationship or a third party has been given the right to supplement (add) or modify (change) the rules applying to that legal relationship.

– 3. Paragraph 2 does not apply to a supplementation (addition) or modification (change) resulting from a decision of a body of a legal person if this decision is in conflict with the standards of reasonableness and fairness according to Article 2:15 of the Civil Code.

– 4. Paragraph 1 and 2 do not apply as far as the necessary implications of the concerned statutory provision in connection with the nature of the legal relationship opposes against such application.

Article 7:907 Agreement on a financial settlement of mass damages debt-claims

– 1. An agreement for the purpose of compensating damage caused by an event or by similar events, concluded between one or more foundations or associations with full legal capacity and one or more other parties, who have engaged themselves under this agreement to pay compensation for that damage may, upon the joint request of these foundations, associations and the other parties, be declared binding by the court for (other) persons to whom the damage was caused, provided that the foundations or associations represent the interests of those persons pursuant to its articles of association (articles of incorporation). Persons to whom the damage was caused, shall be deemed to include persons who have acquired a debt-claim with respect to that damage under universal or particular title.

– 2. The agreement must in any case include:

  1. a description of the event or events to which the agreement relates;
  2. a description of the group or groups of persons on whose behalf the agreement was concluded, according to the nature and the seriousness of their loss;
  3. the most accurate indication possible of the number of persons belonging to the group or groups;
  4. the compensation that will be awarded to these persons;
  5. the conditions which these persons must meet to qualify for the compensation;
  6. the procedure by which the compensation will be established and can be obtained;
  7. the name and domicile of the person to whom the written notification referred to in Article 7:908, paragraph 2 and 3, can be sent.

– 3. The court shall reject the request if:

  1. the agreement does not comply with the provisions of paragraph 2;
  2. the amount of the compensation awarded is not reasonable having regard, inter alia, to the extent of the damage, the ease and speed with which the compensation can be obtained and the possible causes of the damage;
  3. it is insufficiently certain that the rights resulting from the agreement for persons on whose behalf the agreement has been concluded, can be followed up (performed);
  4. the agreement does not provide in a possibility of an impartial settlement of disputes which may arise from the agreement by another than the judge or court that would have jurisdiction according to law;
  5. the interests of the persons on whose behalf the agreement was concluded are otherwise not adequately safeguarded;
  6. the foundations or associations referred to in paragraph 1 are not sufficiently representative with regard to the interests of persons on whose behalf the agreement has been concluded;
  7. the group of persons on whose behalf the agreement was concluded is not large enough to justify a declaration by the court that the agreement is binding;
  8. there is a legal person who will provide the compensation pursuant to the agreement and he is not a party to the agreement.

– 4. Before making a decision, the court may, with the approval of the parties who have concluded the agreement, complete or amend the agreement, or give parties the opportunity to add further contractual provisions to the agreement or to change its content. In the court order making the agreement binding, the court shall mention the additions or changes.

– 5. The request referred to in paragraph 1 shall interrupt the prescription period for any right of action for compensation of damage against the persons who have committed themselves at the agreement to compensate this damage. A new prescription period of two years starts to run on the day following the one on which:

  1. a definitive decision is made on the compensation to be awarded;
  2. the period referred to in Article 7:908, paragraph 2, has expired after an entitled person has made a notification as referred to in that paragraph within that aformentioned period;
  3. it has been established irrevocably (final and binding) that the request shall not be awarded;
  4. the agreement is terminated pursuant to Article 7:908, paragraph 4.

– 6. The agreement may provide that a right to compensation pursuant to the agreement shall expire if a person entitled to compensation has not claimed the compensation within a period of at least one year after the day following the one on which he became aware that his right on payment of the compensation is due and demandable.

– 7. The present Article and Articles 7:908 up to and including 7:910 shall apply accordingly to agreements that create a right for people who are disadvantaged by an event or similar events to claim another performance than the one meant in paragraph 1 or appeal to the agreement in another manner.

– 8. The persons on whose behalf the agreement has been concluded, are entitled, during the time that the request is pending and until no irrevocable decision has been given on it, to withhold performance of the obligations resting on them, to the extent that the agreement provides in the ending of a dispute in regard thereof.

Article 7:908 Legal effect of an agreement which is declared binding by the court

– 1. As soon as the request for a declaration making the agreement binding, has been awarded, the agreement referred to in Article 7:907 shall, as between the parties and the persons entitled to compensation, have the effect of a settlement agreement in the meaning of Article 7:900, to which each of the persons entitled to compensation are regarded as a party.

– 2. The declaration that the agreement is binding shall have no consequences for a person entitled to compensation who has notified the person referred to in Article 7:907, paragraph 2, under point (f), in writing, within a period to be determined by the court of at least three months following the announcement of the decision referred to in Article 1017 paragraph 3 of the Code of Civil Procedure, that he does not wish to be bound by the agreement*. The court may allow the parties who have concluded the agreement, to ask the persons entitled to a compensation to provide further information together with the notification meant in the first sentence. If the information meant in the second sentence is not provided, or if it is incorrect or incomplete, this shall not affect the validity of the notification meant in the first sentence.

– 3. A declaration that the agreement is binding shall have no consequences for a person entitled to compensation, who could not have known of his loss (damage) at the time of the announcement referred to in paragraph 2 if, but who has notified, after becoming aware of his loss (damage), the person referred to in Article 7:907, paragraph 2 under point (f), in writing of his wish not to be bound by the agreement. A party that has engaged himself under the agreement to pay compensation for damage may give a person entitled to compensation as referred to in the first sentence notice in writing of a period of at least six months within which that person can state that he does not wish to be bound by the agreement. This notice shall also state the name and the domicile of the person referred to in Article 7:907, paragraph 2, under point (f).

– 4. A stipulation releasing a party to the agreement from an obligation to the disadvantage of the persons entitled to compensation, made after the declaration of the court that the agreement is binding, is null and void, unless it gives parties on whom the obligation for a compensation of damage rests, the joint power to terminate the agreement no later than six months after the expiry of the period to be determined by the court referred to in paragraph 2 on the ground that the declaration that the agreement is binding affects too few of the persons entitled to compensation or has too less effect for another reason that ismentioned in the agreement. In that case, termination shall be effectuated by an announcement in two newspapers and by means of a written notification to the foundation or association referred to in Article 7:907, paragraph 1. The parties who have terminated the agreement shall ensure that a written notice of termination is sent as soon as possible to the known persons entitled to compensation, for which purpose the parties may use the last known domicile of the persons entitled to compensation.

– 5. Once the agreement has been declared binding, the parties who concluded the agreement may not invoke the grounds for nullification referred to in Article 3:44, paragraph 3, and Article 6:228 of the Civil Code, and a person entitled to compensation may not invoke the ground for nullification referred to in Article 7:904, paragraph 1.

*) See also Book 3 Code of Civil Procedure, Title 14 Class action

Article 7:909 The court’s power to give a decision on the compensation

– 1. When, pursuant to the agreement, a definitive decision has been taken about the compensation which is due to a person entitled to it, this decision has binding force. If, however, this decision or the procedure by which it was reached is unacceptable according to standards of reasonableness and fairness, the court has the power to give a decision on the compensation.

– 2. If no decision is given on the awarding of compensation within a reasonable stipulated period, the court has the power to give a decision on the compensation.

– 3. Once the agreement has been declared binding, the foundation or association referred to in Article 7:907, paragraph 1, may demand performance of the agreement on behalf of a person entitled to compensation, unless that person objects to this.

– 4. The person entitled to compensation shall not receive compensation pursuant to the agreement if this would place him in a clearly more advantageous position.

– 5. If the party or the parties who have engaged themselves under the agreement to provide compensation for damage can meet their obligations under the agreement by payment of an amount stipulated in the agreement, and if it emerges that the total amount of outstanding compensation claims exceeds the total amount to be contributed, the subsequent outstanding debt-claims shall be reduced, pro rata, to the amount still remaining. Depending on factors such as the nature and seriousness of the damage, the agreement may include a different method of reduction than the method prescribed in the first sentence. The payment of an outstanding debt-claim may be suspended if, in connection with the provisions of the first and second sentences, there are reasonable grounds for doubt as to what amount must be paid.

Article 7:910 Other debtors who are joint and several liable; distribution of a remaining sum

– 1. If other debtors, besides the party or parties who have engaged themselves under the agreement to compensate the damage, are joint and several liable for the same compensation, Article 6:14 of the Civil Code applies accordingly. Subject to evidence of a contrary intention, the agreement shall be deemed to include also a clause as referred to in that statutory provision.

– 2. If the party or parties who have engaged themselves under the agreement to compensate the damage have complied with their obligations under the agreement through payment of an amount stipulated in the agreement and, after the persons entitled to compensation have received payment, there is a sum remaining, this party or these parties may jointly request the court which declared the agreement binding, to order the person administrating this remainder to pay it to the party, or if there is more than one party, to each party in proportion to their respective contributions. If it is requested to order the person who administrates the funds to pay out the remaining sum in full or in part, the court shall deny the request if it is not plausible sufficiently that after payment of the entire remainder all persons entitled to a compensation are satisfied, or if it is not plausible sufficiently that after payment of a part of the remainder all persons entitled to a compensation may still be satisfied. The court may order that one or more experts shall report on topics that are of importance in regard of the request.

[23] Artikel 1069

1 Indien de partijen gedurende een arbitraal geding tot een vergelijk komen, kan op gezamenlijk verzoek het scheidsgerecht de inhoud daarvan in een arbitraal vonnis vastleggen. Het scheidsgerecht kan het verzoek zonder opgave van redenen weigeren.

2 Het arbitraal vonnis, houdende een vergelijk tussen de partijen, geldt als een arbitraal vonnis waarop de bepalingen van de derde tot en met de vijfde afdeling van deze Titel van toepassing zijn, met dien verstande dat:

  1. het vonnis slechts kan worden vernietigd op de grond dat het in strijd is met de openbare orde; en
  2. het vonnis, in afwijking van het bepaalde in artikel 1057, niet de gronden waarop het berust, behoeft te bevatten.

[24] La soglia di reddito per potersi avvalere di un avvocato o di un mediatore a spese dello Stato è la seguente:

  • per coppie coniugate, coppie di fatto registrate o conviventi: 33600 EUR annui;
  • per soggetti single: 23800 EUR annui.

In aggiunta a questi limiti finanziari, il patrocinio a spese dello Stato non è disponibile per le parti che dispongono di risorse patrimoniali di valore superiore a un determinato importo per le quali è richiesta la comunicazione all’Agenzia delle Entrate, come una seconda casa, altre proprietà immobiliari, risparmi, liquidità, cespiti, ecc. Il valore esatto per le coppie coniugate, le coppie di fatto registrate o i conviventi è stabilito dalle autorità tributarie nazionali. Per i single, il valore è di 19698 EUR, aumentato di 2631 EUR per ogni figlio a carico.

Se le risorse finanziarie delle parti sono comprese nelle soglie applicabili, lo Stato provvede a sostenere il costo di un avvocato o di un mediatore, ma soltanto parzialmente. Ogni parte deve infatti contribuire con risorse proprie. Il contributo è pari a 45 EUR da 0 a 4 ore e a 90 EUR per più di cinque ore (per mediazione, non per parte). Il contributo dovuto a un avvocato è superiore.

Il contributo versato dallo Stato dipende dalla durata della mediazione ed è limitato a un massimo di otto ore. Il mediatore riceve un compenso di 400 EUR per le prime quattro ore e di 400 EUR per i periodi successivi, sempre di quattro ore. Di conseguenza, se la mediazione richiede sei ore, il mediatore riceve 800EUR; la stessa cifra è dovuta se la mediazione richiede dieci ore.

[25] http://www.rvr.org/binaries/content/assets/rvrorg/informatie-over-de-raad/legalaid-brochure_online–2015.pdf

[26] http://www.rvr.org/Informatie+voor+mediators/over-aanvragen/inschrijven/inschrijven-mediators.html

[27] È però un incentivo transitorio. Si tratta di una sorta di rimborso dei diritti di cancelleria.

[28] https://mfnregister.nl/

[29] NMI, Centro per la mediazione dei Paesi Bassi.

[30] https://mfnregister.nl/zoek-een-mfn-registermediator/

[31] Non è necessario dunque appartenere agli elenchi di un organismo come accade in Italia.

[32] Il MfN ha accreditato alcuni istituti di formazione nel campo della mediazione. I programmi di formazione di tali istituti che sono ad oggi 32 per la mcc (e 18 per la mediazione familiare) prevedono un corso di base di sei giorni (compresa la sera) o sette (per 57 ore) e corsi della durata di 20 giorni o più. Il completamento di uno di questi corsi di formazione è una delle condizioni preliminari per poter essere iscritti nel registro dei mediatori.

[33] Lo strumento di valutazione è stato predisposto dall’MfN presso l’Università di Leiden, nei Paesi Bassi. Esso consta di 50 domande a risposta multipla e di cinque domande aperte. I contenuti che vengono valutati sono riportati nel “Mediation Handboek” (Manuale di mediazione, ed. Sdu Uitgevers, L’Aia, Paesi Bassi). Attualmente il valutatore dei mediatori è una società che si chiama INTOP (http://mediationtoets.nl/)

[34] http://www.rvr.org/nieuws/mediators/2015/december/inschrijvingsvoorwaarden-voor-mediators-2016.html

Tutte le condizioni per l’scrizione al MfN per l’anno 2016 si possono trovare su http://www.rvr.org/binaries/content/assets/rvrorg/mediators/over-aanvragen/inschrijvingsvoorwaarden-mediators-2016-rvr-v1-00—ondertekend-door-bestuur.pdf

[35] Cfr. https://mfnregister.nl/permanente-educatie-eisen-pe/

[36] Sul modo di conseguire i crediti cfr. https://mfnregister.nl/content/uploads/sites/3/2014/03/SKM_PE_Reglement_1_januari_2014_DEF-2-2.pdf

[37] https://mfnregister.nl/content/uploads/sites/3/2014/02/MfN-mediationreglement_2008.pdf

[38] http://www.mediationinbrabant.nl/

[39] Si occupa tra gli altri compiti di rispondere alle richieste di gratuito patrocinio. Cfr. http://www.rvr.org/nl/news

[40] È formata da membri della magistratura, del MfN, dello sportello legale e del Consiglio di Assistenza Giudiziaria.

[41] L’annotazione si riferisce al marzo 2011. Cfr. http://kassa.vara.nl/

[42] 32 555 Aanpassing van Boek 3 van het Burgerlijk Wetboek en het

Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering aan de richtlijn betreffende  bepaalde aspecten van bemiddeling/mediation in burgerlijke en handelszaken (Adeguamento del Libro III, del codice civile e del Codice di procedura civile alla direttiva relativa a determinati aspetti della mediazione in  ambito civile e commerciale). Cfr. http://cdn.ikregeer.nl/pdf/kst-32555-A.pdf

[43] Il progetto che è stato presentato il 18 novembre 2010 ha subito una sola modifica; al 23 giugno 2011 prevedeva il contenuto che qui si riassume. La mediazione ed il mediatore sono individuati facendo riferimento alla definizione della direttiva 52/08: Art. II C in fine.  a) Per «mediazione» si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro. Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima; b) “Per «mediatore» si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione”.

Il progetto di legge modifica innanzi tutto due articoli del Codice civile (316 e 319) sulla prescrizione che viene ad essere interrotta anche dalla mediazione. Con l’interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione dal giorno successivo a quello in cui la mediazione si è conclusa perché una delle parti od il mediatore per l’altra parte notifica per iscritto che la procedura è terminata o perché è trascorso un periodo di sei mesi senza che le parti abbiano fatto qualsivoglia atto. Il nuovo termine di prescrizione è di tre anni. Tuttavia il termine di prescrizione non può in nessun caso spirare in tempo antecedente a quando il termine originario sarebbe scaduto senza interruzione (art. I).

Nelle disposizioni generali del Codice di rito si inserisce il principio per cui il giudice può in ogni caso ed in ogni fase del processo proporre alle parti una mediazione (Art. II A che doveva introdurre l’art. 22 bis C.p.c.).

L’articolo 87 c. 1 prevede che il giudice possa, su richiesta delle parti o di una di esse, o di ufficio, in ogni caso e in qualunque fase del procedimento di comparizione delle parti in udienza, consigliare di trovare un accomodamento (Art. II B).

 L’art. 165 C.p.c. oggi prevede che chiunque è tenuto a deporre salvo che sia tenuto al segreto per la sua professione, ufficio od occupazione o che perché rispondendo si esporrebbe o esporrebbe i suoi parenti alla contestazione di un reato.

Il progetto di legge prevede un’altra deroga all’obbligo di deposizione qualora la riservatezza di una mediazione sia prevista dalle parti espressamente, per il mediatore e per chi è coinvolto nella mediazione, i quali non hanno l’obbligo di deporre su informazioni derivanti da o correlate a una mediazione su diritti e obblighi che siano disponibili.

I predetti soggetti sono però tenuti a testimoniare se le parti sono d’accordo o se la loro deposizione è necessaria per motivi imperativi di ordine pubblico, in particolare per proteggere gli interessi dei minori o per impedire che qualcuno sia compromesso nella sua integrità fisica o psichica, o nei casi in cui la divulgazione dei contenuti dell’accordo transattivo raggiunto con la mediazione sia necessario per la sua esecuzione od attuazione (Art. II C).

Quest’ultima disposizione si sarebbe dovuta applicare anche in tema di arbitrato (Art. II D).

L’art. 279 c. 4 C.p.c. si occupa del verbale di accordo. Viene aggiunta la specifica per cui le parti possono chiedere che abbia efficacia esecutiva ed all’uopo esso viene firmato da loro e dai loro rappresentanti (Art.  II E).

Il progetto di legge stabilisce poi l’abrogazione del comma 2 dell’818 ai sensi del quale il giudice può disporre, con l’accordo dei coniugi, di affidarsi ad un mediatore con l’obiettivo di trovare un comune accordo con riferimento ad una o più conseguenze del divorzio (Art. III F; viene modificato l’art. 1041 C.p.c.).

La mediazione si ritiene conclusa quando viene compiuto qualsiasi atto teso ad attuarne l’accordo (Art III).

[44] https://mfnregister.nl/deelnemers-mediationcongres-doen-oproep-aan-minister-van-der-steur-breng-wetsvoorstel-mediation-snel-in-consultatie/; cfr. per il testo https://mediatorsfederatienederland.nl/wetgeving/; per la dottrina v. http://www.sconline.nl/opinie/ontwikkeling-van-mediation-gebaat-bij-wettelijke-basis

Il mediatore professionale in Francia nel 2014

L’11 febbraio 2015 è stato pubblicato un interessante sondaggio sulla mediazione francese nel 2014[1].

Ci consegna un mediatore/una mediatrice certificato/a che ha un’età tra i 45 ed i 65 anni, proviene dal mondo della consulenza e lavora individualmente.

Sono stati intervistati i membri della CPMN ossia della Chambre professionelle de la Mediation et de la Negociation.

La CPMN è stata la prima associazione sindacale di mediatori professionali che è nata nel 2001 e che conta 165 mediatori membri nel 2015[2].

Si tratta di professionisti che hanno conseguito un certificato[3] presso  L’Ècole professionnelle de la médiation et de la négociation (EPMN) o hanno partecipato ad un master di mediazione[4] e che osservano un particolare codice deontologico, il Code d’éthique et de déontologie des médiateurs (Codeome)[5].

Per il 49,6% sono donne, per il 54,4% uomini.

Provengono per professione d’origine dal mondo giuridico (26%), da quello della consulenza (47%); sono operatori psicologici (15 %)  ed esperti (12%).

Svolgono la professione individualmente (il 67%), sono dipendenti (17%), associati (9%) e per il resto pensionati.

Hanno un’età tra i 45 ed i 65 anni (74,48%), tra i 25 e i 45 anni (22,6%)  e hanno più di 65 anni per il 3,46%.

[1] http://www.viamediation.fr/la-profession-de-mediateur-donnees-chiffres-et-statistiques.html

[2] http://cpmn.info/wp/tableau-officiel-des-mediateurs-professionnels/

[3] Certificat d’Aptitude à la Profession de Médiateur-CAP’M®.

[4]  MRH-MP délivré à l’IAE de Bordeaux IV

[5] http://fr.wikimediation.org/index.php?title=Code_d%27%C3%A9thique_et_de_d%C3%A9ontologie_des_m%C3%A9diateurs

La Francia modifica la disciplina degli strumenti alternativi: il giudizio diventa sempre più una extrema ratio

Abstract: il giudice valuta se i mezzi di composizione amichevole adottati dalle parti ed indicati in citazione o in ricorso sono stati adeguati: in caso contrario invita le parti a partecipare ad una conciliazione o ad una mediazione; le parti possono scegliere di procedere ad una negoziazione assistita dopo l’invio della citazione davanti al Tribunal de grande instance e ciò sospende i termini di deposito in giudizio dell’atto introduttivo; di fronte alle giurisdizioni minori l’attore non può più opporsi alla delega della conciliazione da parte del giudice al conciliatore di giustizia. La nomina di un conciliatore di giustizia da parte del tribunale di commercio e da parte del tribunal paritaire de baux ruraux non abbisogna più del consenso delle parti.

Dal 15 marzo 2015 la Francia ha deciso di semplificare le convocazioni e gli avvisi delle cancellerie, di disciplinare il consenso del ricevente delle comunicazioni elettroniche attinenti al processo[1] e soprattutto di favorire  l’utilizzazione dei mezzi alternativi (alcune misure però vanno a regime dal 1° aprile 2015).

L’operazione è stata realizzata col Décret n° 2015-282 du 11 mars 2015 relatif à la simplification de la procédure civile à la communication électronique et à la résolution amiable des différends[2].

A noi interessano soprattutto le nuove disposizioni in relazione ai mezzi di composizione amichevole.

Grazie al Ministro della Giustizia, Christiane Tabuira, dal 1° di aprile 2015 la Francia prenderà la strada della Germania e del Regno Unito, ma per comprendere bene l’innovazione normativa è d’uopo premettere alcune nozioni di diritto comparato.

Il legislatore tedesco con la legge sulla mediazione[3]  ha a suo tempo modificato il § 253 comma (3) ZPO (Codice di procedura civile) prevedendo che la domanda di introduzione di una causa civile debba contenere “una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria;”.

Parimenti la legge tedesca sulla procedura in materia familiare e di giurisdizione volontaria (17 Dicembre 2008; FamFG)[4] ha subito dal 2012 delle modifiche[5] al fine di regolare in modo sempre più efficace e compiuto il settore.

Si prevede in primo luogo che nei casi appropriati, la domanda dovrebbe contenere una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[6].

Tale formulazione è simile a quella che è stata recentemente introdotta nel codice di procedura civile (§ 253 c. 3 ZPO), ma aggiunge l’inciso “nei casi appropriati”, perché ci sono giustamente situazioni in cui la mediazione non costituisce strumento adeguato a risolvere il conflitto.

In particolare, ai sensi del § 36 FamFG – siamo nel procedimento di primo grado in materia familiare – le parti possono raggiungere un accordo su diritti disponibili, ed anche il giudice è tenuto a perseguire la via del tentativo di componimento bonario, salvo il rispetto della legge sulla protezione dalla violenza.

Tutto ciò che è accaduto in Germania, lo troviamo da più lungo tempo nel Regno Unito.

Oltre Manica, appena depositato l’atto introduttivo, quando il valore della causa rientra nella fast track (tra le 10 e le 25.000 sterline) e nel multi track (oltre le 25.000 sterline)[7] la Corte inglese invia un questionario in cui chiede alle parti se vogliano aggiornare il processo per un mese in modo da trovare un accordo.

Dato che il CPR (Codice di Procedura Civile) richiede che si debba tentare l’accordo prima dell’udienza[8] alle parti viene appunto chiesto se desiderino che il procedimento venga aggiornato per un mese per consentire le trattative, o se preferiscano che venga organizzata una mediazione tramite The National Mediation Helpline[9] o ancora se vogliono arrangiarsi in proprio con i fornitori di mediazione commerciale

Con il questionario in primo luogo il legale conferma che ha spiegato al suo cliente la necessità di cercare un accordo, le opzioni eligibili e la possibilità che le parti siano sanzionate a livello di spese processuali se rifiutano di provare a trattare[10].

Se per caso l’attore od il convenuto abbiano risposto che non vogliono trattare essi devono spiegare nel form perché non lo ritengano opportuno.

Anche in California peraltro con un form analogo si dà al giudice agio di comprendere se ci sono stati fatti o motivi per cui un ulteriore tentativo bonario avrebbe scarsa possibilità di trovare coronamento.

Premesso tutto ciò dal 1° aprile 2015 anche la Francia modifica in questo senso le formalità di introduzione della causa.

L’art. 56 u. c. del Codice di procedura civile che disciplina il contenuto della citazione dell’attore (assignation)  che viene comunicata da parte dell’ufficiale giudiziario al convenuto, prevederà[11],  che “in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, l’atto di citazione dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio[12].

In Francia quando si parla di risoluzione amichevole del litigio si fa riferimento alla médiation conventionelle (la nostra mediazione civile e commerciale), alla procédure participative (si tratta di un istituto per qualche verso paragonabile alla nostra negoziazione assistita, ma solo in parte), alla conciliation (ossia alla conciliazione intervenuta con un conciliazione di giustizia) che per il legislatore francese hanno pari dignità e che dunque le parti possono scegliere e alla negoziazione diretta.

Anche il ricorso (la requête ou la déclaration; ad esempio si usa  in tema di divorzio) con cui si chiede al giudice di convocare le parti, deve contenere gli stessi elementi.

Così dispone l’ultimo comma dell’art. 58 del Codice di rito:“In assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, il ricorso dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio”.[13]

La descrizione in citazione od in ricorso delle procedure intervenute tra le parti è valutata dal giudice[14] che può, se non le ritiene esaustive proporre alle parti la mediazione e la conciliazione.

Ai sensi dell’art. 127 C.p.c. si prevede dunque che “All’inizio del procedimento e conformemente al tenore degli articoli 56 e 58, se le procedure intervenute per  pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio non sembrano esaustive al giudice, questi può proporre alle parti la conciliazione o la mediazione”[15].

Il testo attuale dell’articolo 127 (oggi ancora vigente dunque per una quindicina di giorni) prevede soltanto che le parti possono procedere a conciliazione tra loro o per iniziativa del giudice, durante tutto il corso del processo[16].

Il salto di qualità pertanto è di tutta evidenza.

Con il decreto poi si è rinominata la disciplina del libro I titolo VI[17] che oggi porta il nome “La conciliazione e la mediazione”; nel titolo VI abbiamo un capitolo destinato alla conciliazione (capitolo I) diviso in tre sezioni[18] ed uno alla mediazione (capitolo II)[19]; la disciplina ha dovuto cambiare numerazione  dato l’inserimento del nuovo art. 127 appena citato.

Ancora il decreto introduce una norma importante con riferimento al procedimento davanti al tribunal de grande instance che ha una competenza per valore superiore ai 10.000 € ed una competenza per materia molto vasta[20]; potremmo paragonarla a quella del nostro tribunale, compreso il fatto che si occupa di tutti i litigi tra le parti che non sono di competenza di altri tribunali.

In questo processo il convenuto deve nominare un avvocato entro 15 giorni dalla ricezione dell’atto di citazione[21]; l’avvocato del convenuto deve informare l’attore dell’avvenuta nomina e depositarla in cancelleria[22]. A questo punto, la disciplina vigente prevede che una delle parti debba depositare la citazione in cancelleria entro il termine di quattro mesi, diversamente l’atto decade.

Si introduce dal 15 marzo 2015 la possibilità di evitare la decadenza se le parti decidono di svolgere una procédure participative all’interno del termine di quattro mesi; in tal caso tale termine viene sospeso sino alla estinzione della procedura[23].

È di tutta evidenza che con questa disposizione si dà preminenza alla negoziazione assistita.

Peraltro si annota che in Francia si prevedeva già che nella ipotesi ordinaria di controversia che non ha visto l’intervento del giudice o dell’arbitro, la prescrizione rimanesse sospesa  dalla conclusione della convenzione di procedura partecipativa[24] e che ricominciasse a decorrere dalla conclusione del contratto[25].

Ci sono peraltro, lo ricordiamo, altre norme vigenti in tema che riguardano la conciliazione e la mediazione.

La prescrizione resti sospesa a partire dal giorno, successivo al verificarsi della controversia, in cui le parti decidono di ricorrere alla mediazione o alla conciliazione o in mancanza di un accordo scritto dalla prima seduta di mediazione o di conciliazione[26].

L’art. 2239 C.c. stabilisce poi che la prescrizione ricominci a decorrere per un periodo non inferiore a sei mesi dal giorno in cui una parte o le parti o il mediatore o il conciliatore dichiarano che la mediazione o conciliazione è terminata.

Un’altra modifica analoga ed importante del décret 2015-282  che è sempre in vigore dal 15 marzo 2015 riguarda il processo di fronte alle giurisdizioni minori (tribunal d’instance e  juridiction de proximité).

In precedenza si prevedeva che il giudice potesse delegare la conciliazione solo se il richiedente non si opponeva e tale opposizione andava dichiarata[27].

Oggi questa norma è stata abrogata. E si prevede che il giudice possa sempre delegare la conciliazione ad un conciliatore di giustizia[28]. In tal caso la cancelleria avvisa con qualsiasi mezzo il difensore della decisione del giudice. La comunicazione deve indicare il nome completo, l’occupazione e l’indirizzo del richiedente e la finalità della richiesta[29].

Il richiedente ed il conciliatore di giustizia sono avvisati con qualsiasi mezzo della decisione del giudice. Una copia della domanda è indirizzata al conciliatore[30].

Infine novità  importanti riguardano il tribunale di commercio  e il  tribunal paritaire de baux ruraux che si occupa delle controversie tra un proprietario ed il gestore di terreni o edifici agricoli.

In precedenza davanti al tribunale di commercio si poteva far luogo alla nomina di un conciliatore di giustizia solo con l’accordo delle parti. Ora l’incombente può essere sempre disposto qualora il giudicante lo ritenga esperibile[31].

Il tribunal paritaire de baux ruraux  può delegare la conciliazione ad un conciliatore di giustizia senza aver ottenuto il consenso delle parti[32].

In data 20 marzo 2015 è uscita una circolare esplicativa di questa riforma [33].

Si chiarisce che la menzione delle diligenze previste per la composizione riguarda il primo grado.

La legge inoltre non chiarisce di che tipo di diligenze si tratti e dunque si potranno mettere in campo  médiation, conciliation, procédure participative oppure négociation directe.

La menzione delle diligenze non è prevista in ogni caso a pena di nullità.

La disposizione non si applica in caso di urgenza.

Non riguarda ancora gli atti introduttivi che concernono materie che toccano l’ordine pubblico. In queste materie i diritti non sono liberamente disponibili (filiazione, stato civile). Lo stesso vale per i procedimenti ove è parte il pubblico ministero. E dunque non può esserci tentativo di componimento bonario prima del giudizio.

Se non sono indicate le diligenze il giudice può disporre la mediazione o la conciliazione, ma è una sua facoltà che terrà conto soprattutto della natura della controversia [34].

 

[1] En matière de communicatiion èletronique, le dècret précise les modalités de consentement du destinataire à l’utilisation de ce procédé pour la réception des différents actes de procédure. les avis simples adressés par la greffe pourront etre adressés par tout moyen et notamment par un courrier életronique à une adresse préalablement déclarée ou au moyen d’un message écrit transmis au numéro de télephone préalablement déclarée. Un dispositif particulier permettant la convocation simplifiée par voie életronique de certaines personnes morales est également prévu.

[2] Legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=C05B77B80CD1EB18D6A1B2130B065D9B.tpdila07v_3?cidTexte=JORFTEXT000030348201&dateTexte=29990101

[3] Gesetzes zur Förderung der Mediation und anderer Verfahren der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vom 21.07.2012 (BGBl. I S. 1577) m. W. v. 26.07.2012. Per il testo in tedesco ed in inglese v. http://www.bmj.de/DE/Recht/Rechtspflege/MediationSchlichtungInternationaleKonflikteKindschaftssachen/_doc/mediation_was_ist_das.html?nn=1469876

[4] Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit

[5] Ci riferiamo all’art. 4 della legge del 15 marzo 2012 (BGBl. 2012 II, p 178).

[6] 2.     Nach § 23 Absatz 1 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Der Antrag soll in geeigneten Fällen die Angabe enthalten, ob der Antragstellung der Versuch einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorausgegangen ist sowie eine Äußerung dazu, ob einem solchen Verfahren Gründe entgegenstehen.“

  1. Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“

  1. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:

“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”

[7] Ma un sistema analogo vale per le small claims (sotto alle 10.000 sterline)

[8] Civil Procedure Rules Part 44.3.

[9] In tal caso vengono avvertiti che dovranno pagare una tassa al fornitore di mediazione scelto dal National Mediation Helpline.

[10]I confirm that I have explained to my client the need to try to settle; the options available; and the possibility of costs sanctions if they refuse to try to settle”. Anche noi abbiamo un’informativa ai sensi del decreto 28/10, ma è assai meno incisiva.

[11] Art. 18 Décret n° 2015-282 du 11 mars 2015 relatif à la simplification de la procédure civile à la communication électronique et à la résolution amiable des différends

[12]  “Sauf justification d’un motif légitime tenant à l’urgence ou à la matière considérée, en particulier lorsqu’elle intéresse l’ordre public, l’assignation précise également les diligences entreprises en vue de parvenir à une résolution amiable du litige…”.

[13]“Sauf justification d’un motif légitime tenant à l’urgence ou à la matière considérée, en particulier lorsqu’elle intéresse l’ordre public, la requête ou la déclaration qui saisit la juridiction de première instance précise également les diligences entreprises en vue de parvenir à une résolution amiable du litige…”.

[14] Titre VI : La conciliation et la médiation, Chapitre Ier : La conciliation. Section I : Dispositions générales.

[15] “S’il n’est pas justifié, lors de l’introduction de l’instance et conformément aux dispositions des articles 56 et 58, des diligences entreprises en vue de parvenir à une résolution amiable de leur litige, le juge peut proposer aux parties une mesure de conciliation ou de médiation”.

[16] Art. 127 Les parties peuvent se concilier, d’elles-mêmes ou à l’initiative du juge, tout au long de l’instance.

[17] Art. 20 Le livre Ier du même code est ainsi modifié :

I.-Le titre VI est intitulé : « La conciliation et la médiation ».

II.-Le chapitre Ier du titre VI est intitulé : « La conciliation ».

III.-Le titre VI bis devient le chapitre II, intitulé : « LA MEDIATION », du titre VI.

IV.-Les chapitres Ier, II et III du titre sixième ancien deviennent respectivement les sections I, II et III du chapitre Ier du titre VI (nouveau).

V.-Les articles 127 à 129 de la section I du chapitre Ier deviennent les articles 128 à 129-1.

VI.-Les articles 129-1 à 129-5 de la section II deviennent les articles 129-2 à 129-6.

[18] Section I : Dispositions générales (Articles 127 à 129-1)

Section II : La conciliation déléguée à un conciliateur de justice (Articles 129-2 à 129-6)

Section III : L’acte de conciliation (Articles 130 à 131)

[19] Articles 131-1 à 131-15.

[20] Condizione delle persone (stato civile, affiliazione, cambio di nome, la nazionalità;), famiglia (matrimonio, divorzio, i diritti dei genitori, l’adozione, gli alimenti, l’eredità, ecc …;), diritti immobiliari, brevetti e diritto dei marchi; azioni possessorie.

[21] Art. 755 Le défendeur est tenu de constituer avocat dans le délai de quinze jours, à compter de l’assignation.

[22] Art. 756 Dès qu’il est constitué, l’avocat du défendeur en informe celui du demandeur ; copie de l’acte de constitution est remise au greffe.

[23] Art. 757 Le tribunal est saisi, à la diligence de l’une ou l’autre partie, par la remise au greffe d’une copie de l’assignation.

Cette remise doit être faite dans les quatre mois de l’assignation, faute de quoi celle-ci sera caduque, à moins qu’une convention de procédure participative ne soit conclue avant l’expiration de ce délai. Dans ce cas, le délai de quatre mois est suspendu jusqu’à l’extinction de la procédure conventionnelle.

La caducité est constatée d’office par ordonnance du président ou du juge saisi de l’affaire.

A défaut de remise, requête peut être présentée au président en vue de faire constater la caducité.

[24] Art. 2238 c. 1 C.C.

[25] Art. 2238 c. 2 C.c.

[26] Art. 2238 C.c. così introdotto dalla sezione seconda della LOI n° 2008-561 du 17 juin 2008 portant réforme de la prescription en matière civile. In vigore dal 1° settembre 2011.

[27] Art. 830 terzo comma (previgente) C.p.c. Le demandeur qui s’oppose à ce que la conciliation soit déléguée à un conciliateur de justice le signale dans sa déclaration.

[28] Art. 831 c. 1 C.p.c. Le juge peut déléguer à un conciliateur de justice la tentative préalable de conciliation.

[29] Art. 831 c. 2 C.p.c. Le greffier avise par tous moyens le défenseur de la décision du juge. L’avis précise les nom, prénoms, profession et adresse du demandeur et l’objet de la demande.

[30] Art. 832 c. 1 C.p.c. Le demandeur et le conciliateur de justice sont avisés par tous moyens de la décision du juge. Une copie de la demande est adressée au conciliateur.

[31] Article 860-2 C.p.c. Si une conciliation entre les parties apparaît envisageable, la formation de jugement peut désigner un conciliateur de justice à cette fin. Cette désignation peut revêtir la forme d’une simple mention au dossier.

[32] Article 887 Cpc

Au jour indiqué, il est procédé, devant le tribunal, à une tentative de conciliation dont il est dressé procès-verbal.

Le tribunal peut déléguer la mission de conciliation à un conciliateur de justice désigné à cette fin.

En cas de non-comparution de l’une des parties, son absence est constatée dans le procès-verbal.

[33]

Circulaire du 20 mars 2015 de présentation du décret n° 2015-282 du 11 mars 2015 relatif à la simplification de la procédure civile, à la communication électronique et à la résolution amiable des différends NOR : JUSC1505620C in http://www.textes.justice.gouv.fr/art_pix/JUSC1505620C.pd

[34]

3. La résolution amiable des différends
Des nouvelles dispositions destinées à inciter ou à faciliter la résolution amiable des différends sont prises.
Il est ainsi prévu que les parties indiquent, dans l’acte de saisine d’une juridiction de première instance, les diligences précédemment accomplies pour tenter de résoudre leur litige.
En outre, le recours à la procédure participative est étendu.
Enfin, les modalités selon lesquelles le juge chargé d’une mission de conciliation entend déléguer cette mission à un conciliateur de justice sont simplifiées.

3.1. L’indication dans l’acte de saisine d’une juridiction de première instance des diligences précédemment accomplies pour tenter de résoudre le litige

Les articles 18 et 19 du décret précisent que doivent désormais être mentionnées, dans l’assignation ou bien la requête ou la déclaration en première instance adressée à une juridiction, à l’instar de ce qui est déjà prévu en matière de partage judiciaire à l’article 1360 du code de procédure civile 1, les diligences entreprises par les parties
en vue de parvenir à une résolution amiable du litige.

Il s’agit, par l’ajout de cette mention dans ces actes introductifs, d’inciter les parties à recourir à un mode alternatif de règlement des litiges (MARL), quel qu’il soit (médiation, conciliation, procédure participative ou négociation directe), avant de saisir le juge.

En pratique, il n’est pas précisé dans le décret les diligences qui doivent être mentionnées. Il s’agira notamment de rappeler les démarches qui ont été entreprises par le demandeur pour tenter de trouver une solution amiable, et notamment le mode de résolution amiable qui a été mis en œuvre par les parties. En tout état de cause, cette mention n’est pas prévue à peine de nullité.

Ces dispositions ne s’appliquent en outre pas en cas d’urgence. Il est en de même pour certaines matières, en particulier lorsqu’elles intéressent l’ordre public. En effet, il est des contentieux touchant à des droits dont les parties n’ont pas la libre disposition (état civil, filiation).

Enfin, la référence à l’ordre public permet également de viser les procédures introduites par le ministère public en matière civile.

Dans ces différentes hypothèses, il ne peut y avoir de tentative de résolution amiable avant la saisine du juge, de sorte qu’il n’y a pas lieu d’indiquer dans l’acte de saisine de la juridiction les diligences entreprises par les parties en ce sens.

Lorsque l’assignation, la requête ou la déclaration ne comporte pas la mention prévue aux articles 18 et 19 du décret, le juge a alors la possibilité de proposer aux parties une mesure de conciliation ou de médiation, ainsi que le prévoit l’article 21. Il ne s’agit là que d’une faculté pour le juge, qui appréciera de l’opportunité de proposer de telles mesures, en particulier au vu de la nature du litige.

L’objectif recherché par ces dispositions est de développer une culture dans le recours aux MARL, tant chez les parties que chez le juge.

Ces dispositions font l’objet d’une entrée en vigueur différée, ainsi que cela est rappelé au § 4.6. de la présente circulaire.

3.2. L’extension du recours à la procédure participative

Il résulte des dispositions de l’article 2062 du code civil qu’une convention de procédure participative ne peut être signée par les parties que pour des litiges n’ayant pas encore donné lieu à la saisine d’un juge.

Cependant, lorsque le litige relève de la compétence de droit commun du tribunal de grande instance, il est en principe possible aux parties, assistées de leur avocat, de conclure une convention de procédure participative entre la délivrance de l’assignation et la remise au greffe de la copie de cet acte. En effet, seule cette remise vaut saisine de la juridiction.

C’est pourquoi l’article 22 du décret modifie l’article 757 du code de procédure civile, afin d’éviter que l’assignation ne soit caduque lorsqu’une convention de procédure participative est signée postérieurement à la délivrance de cet acte et avant son placement au greffe. Le délai de quatre mois à compter de l’assignation et à
l’issue duquel la caducité de cet acte est constatée à défaut de placement est donc suspendu dans cette hypothèse.

Ces dispositions font l’objet d’une entrée en vigueur différée, ainsi que cela est rappelé au § 4.6. de la présente circulaire.

3.3. Les modalités de délégation de la conciliation aux conciliateurs de justice.
Le juge peut déléguer sa mission de conciliation à un conciliateur de justice devant le tribunal d’instance, la juridiction de proximité, le tribunal de commerce et le tribunal paritaire des baux ruraux. Le principe de cette délégation nécessitait cependant l’accord des parties.

L’exigence de cet accord des parties est supprimée par les articles 23 à 26 du décret, devant les juridictions concernées. En effet et dans la mesure où les parties sont d’accord sur le principe de la conciliation, les modalités de cette conciliation doivent être librement décidées par le juge, c’est-à-dire qu’il peut soit procéder directement à
cette conciliation, soit la déléguer à un conciliateur de justice.

La mediazione familiare a Malta

A Malta la mediazione familiare è obbligatoria e gratuita, quando è pubblica; a modico pagamento quando è privata. Va attivata tramite avvocato, ma lo stesso partecipa alle sessioni solo qualora i clienti lo desiderino.

In caso di mediazione pubblica in pratica le parti pagano solo i loro avvocati (nella misura in cui decidano di utilizzarli) ed il notaio che poi pubblica il loro accordo.

La traduzione dal maltese (di quasi tutto il testo a cui si rimanda) è operata dallo scrivente: mi scuso per eventuali inesattezze.

La mediazione familiare a Malta ci viene spiegata così dal Ministro della Giustizia che la introduce con le seguenti parole.

Introduzione

E’ con grande soddisfazione per me fare l’introduzione di questo opuscolo informativo in corso di pubblicazione per l’informazione del pubblico sul processo della mediazione nell’ambito del processo della famiglia.

Se sorgono difficoltà nel matrimonio, purtroppo queste sono solitamente riservate alla risoluzione delle corti di giustizia. Ma l’assistenza di un mediatore per aiutarli a raggiungere un accordo senza la necessità di ricorrere a una procedura formale in tribunale, è la procedura più efficace e meno costosa.

Questo opuscolo ha lo scopo di fornire le informazioni necessarie a coloro che scelgono di andare alla mediazione senza perdere tempo in procedure burocratiche. Questo libretto è scritto in un modo che può essere compreso da tutti.

La pubblicazione di questo opuscolo è un altro passo importante nella serie di misure nel mio ministero per i sistemi giudiziari più efficienti ed efficaci. La fornitura delle informazioni è una delle misure per aiutare i cittadini a comprendere i propri diritti e doveri, e allo stesso tempo consente che non si sentano persi in un sistema che, dopo tutto, è stato progettato per offrire la giustizia per tutti.

Owen Bonnici
Ministro della giustizia, cultura e degli enti locali

In che cosa consiste la mediazione in materia familiare?

Quando una coppia vuole presentare una domanda su questioni relative alla famiglia, le parti possono chiedere l’assistenza di un mediatore per aiutarle a raggiungere un accordo amichevole senza ricorrere a procedure formali dinanzi alla Corte. Anche se la mediazione è sempre richiesta dalla legge come primo passo quando si utilizza il tribunale della famiglia, questo procedimento, quando sfocia in una composizione amichevole, salva le parti dal sostenere costi e dall’attesa di lunghi tempi.

Questo processo è confidenziale e ciò che viene detto resta tra le parti, il mediatore e l’avvocato, se presente. In questo processo non c’è un vincitore e perdente, ma solo due adulti che discutono i problemi al fine di raggiungere un accordo in forma di un contratto autenticato e pubblicato da Notaio.

Chi è il mediatore e qual è il suo ruolo?

Il mediatore è la persona che aiuta le parti a raggiungere un accordo amichevole. Si tratta di una persona indipendente e imparziale, nominata dal Tribunale. In alcuni casi, le parti scelgono un mediatore esse stesse e in questo caso ci sono alcuni piccoli costi da sostenere.
I mediatori sono tutti professionisti qualificati. La maggior parte di loro sono terapeuti familiari, assistenti sociali e avvocati.
Attualmente ci sono dieci mediatori impiegati presso la Corte della famiglia.
Al mediatore non può mai essere chiesto di deporre in tribunale su quanto è stato detto nel corso delle sessioni di mediazione.

Il mediatore non è un giudice e quindi non può dare ordini alle parti. Se il mediatore è un avvocato, non ha alcun diritto od obbligo di fornire consulenza legale alle parti. Una persona dovrebbe ottenere un parere legale solo dal suo avvocato

Un mediatore nominato dalla Corte può essere sostituito?

Il mediatore può essere sostituito in due casi. Questi sono:

a. Quando le parti e il mediatore si conoscono personalmente – in questo caso, il mediatore presenta una nota nella cancelleria del Tribunale con la quale chiede alla Corte di nominare un mediatore in sostituzione. Ciò trova ragione nel fatto che mantenendo l’imparzialità si proteggono le parti.

b. Quando una delle parti ritiene che l’altra parte venga avvantaggiata
– In questo caso, l’interessato può informare il mediatore e questo presenta una nota nella cancelleria del Tribunale e chiede al Tribunale di nominare un mediatore in sostituzione.

Chi può richiedere la mediazione?

Si può chiedere la mediazione presso la Corte della famiglia nei seguenti casi:

a. Quando una persona ritiene che il suo matrimonio sia fallito e vuole separarsi dalla moglie o dal marito;

b. Quando una persona vuole divorziare dalla moglie o dal marito, a meno che non abbiano vissuto insieme per quattro anni o più;

c. Quando una persona ha bisogno di mantenimento sia essa donna o uomo;

d. Quando una persona ha figli nati fuori del matrimonio e vuole regolarizzare la sua posizione e la custodia dei bambini, il diritto di visita ed il mantenimento;

e. Quando una persona ha bisogno modificare l’accordo o la sentenza di separazione o di divorzio;

f. Quando una persona vuole modificare l’accordo o la sentenza di separazione nei punti in cui ci si riferisce alla cura e la custodia del bambino, al diritto di visita o al mantenimento.

Pertanto, non vi è alcun bisogno di essere sposato con una persona per chiedere la mediazione.

Come iniziare la procedura di mediazione e in che cosa consiste?

Per ricorrere alla mediazione, si dovrebbe scrivere una semplice lettera, indirizzata al cancelliere della Corte, chiedendo il permesso di iniziare la procedura di mediazione.
La lettera deve contenere i nomi e gli indirizzi di entrambe le parti e almeno il numero della carta di identità della persona che scrive la lettera. Questa lettera deve essere firmata dallo/a scrivente e deve essere firmata da un avvocato per avere validità. Si provvede poi al deposito in cancelleria situata al secondo piano del tribunale della famiglia. Questa procedura è completamente gratuita.

Il processo di mediazione può essere avviato anche con una nota. Questa nota va scritta quando le parti hanno già concordato alcune cose, anche attraverso i loro avvocati o tramite un notaio. La nota contiene gli stessi dettagli della lettera,
con la differenza che le parti presentano anche una bozza di accordo, se è stato concordato qualche cosa, che sarà pubblicata alla fine della mediazione. La nota deve essere firmata da entrambe le parti, dal notaio scelto da loro o dagli avvocati di entrambe le parti e il loro notaio.

Un certificato di nascita inerente i bambini va presentato con la lettera o con la nota in tutti i casi in cui le parti non sono sposate.

Al momento della presentazione della lettera o nota, viene nominato mediatore dall’elenco dei mediatori per trattare il caso.
Il mediatore può essere scelto privatamente con un accordo tra le parti stesse, e questo rischia di accelerare la procedura, ma comporta un piccolo pagamento a favore del mediatore.

Il mediatore invia alle parti per posta la comunicazione della data specifica in cui si terrà la sessione di mediazione in tribunale. Queste sessioni si tengono presso la Corte della famiglia in una stanza privata dove entrano solo le parti ed il mediatore; se le parti lo desiderano, pure i loro avvocati. Nel processo di mediazione non è necessaria l’assistenza dell’avvocato e le parti possono partecipare a queste sessioni con il solo il mediatore.

Il mediatore in primo luogo verifica se vi è la possibilità per le parti di conciliare. Perché la conciliazione abbia successo, ci deve essere la volontà di entrambe le parti. Se il mediatore ritiene che vi sia speranza che il matrimonio o la relazione possano essere salvate, può sospendere temporaneamente la mediazione ed inviare le parti a sedute di counseling.

Se le parti ritengono che non ci sia speranza che il matrimonio o la relazione possano sopravvivere, il mediatore cerca di aiutare le parti a raggiungere un accordo in merito ai bambini, alla casa residenziale e agli altri beni personali in modo da causare la minor sofferenza possibile a entrambe le parti e ai bambini, se ci sono bambini.

Per la composizione amichevole, le parti che partecipano alle sessioni dovrebbero essere aperte e flessibili nelle loro decisioni.

Il mediatore permette alle parti di esprimere la loro opinione e di parlare. Il mediatore è lì solo per aiutare le parti a comprendere i desideri di uno e dell’altra, e non per dare ordini.

Se le parti raggiungono un accordo, il testo deve essere letto dal mediatore e dalle parti e se esse sono d’accordo, il mediatore lo presenta formalmente alla cancelleria del Tribunale della famiglia perché sia assegnato al giudice (o al magistrato in caso di appartenenza alla zona di Gozo). Se il giudice/magistrato omologa il contratto, le parti possono andare da un notaio per pubblicarlo e renderlo quindi ufficiale.

Le parti non devono temere la mediazione, ma dovrebbe farne il miglior uso possibile. Il procedimento non è rigido, come ci si aspetterebbe in un tribunale e le parti sono libere di esprimere le proprie opinioni. Per le sessioni di mediazione non è necessario indossare un abbigliamento formale, come la giacca e cravatta, è sufficiente un abito decente.

Che cosa succede quando qualcuno vuole parlare individualmente col mediatore?

Se si verifica tale richiesta è tutto rimesso alla discrezione del mediatore incaricato del caso. Se il mediatore ritiene che sia utile per le parti, conduce sedute individuali con la parte che ha fatto la richiesta, in attesa di un accordo tra le due parti. Ciò che viene detto al mediatore resta confidenziale a meno che la parte non reca il suo consenso per fornire le informazioni all’altra.

I bambini coinvolti possono esprimere il loro parere e possono essere ascoltati?

I bambini che abbiano una età per cui possano essere facilmente compresi sono udibili dal mediatore qualora lo ritenga necessario. La seduta è confidenziale. I bambini possono anche essere ascoltati da assistenti sociali, psicologi e da i loro difensori nominati dalla Corte per questo scopo. Ci possono essere momenti in cui i bambini vengono ascoltati da un giudice / magistrato riservatamente. Sia i bambini che i loro genitori non devono preoccuparsi del fatto che i loro figli vengano ascoltati da questi professionisti perché ciò può essere vantaggioso per loro e per i loro figli.

La priorità della Corte è sempre quella di considerare il migliore interesse dei bambini e di proteggerli.

Se è necessario coinvolgere questi professionisti una delle parti o il mediatore stesso può chiederne la nomina alla Corte. I costi sono ripartiti a metà tra le parti ad eccezione del compenso degli avvocati che è a carico della Corte. Anche il servizio degli assistenti sociali è gratuito ed in capo ad apposita agenzia.

Cosa succede se le parti non raggiungono una soluzione amichevole?

Se le parti non riescono ad accordarsi, la mediazione si chiude e le parti sono autorizzate ad adire il tribunale. Se però le parti non presentano il caso entro due mesi dalla chiusura della mediazione, devono iniziare nuovamente la procedura.

Nel 2013 le mediazioni sono state 1809, sono stati trovati 815 accordi e 75 persone si sono conciliate.

https://mjcl.gov.mt/…/ju…/Documents/FAMILY_MEDIATION_MLT.pdf

Arbitrato e negoziazione assistita al 23/10/14 (approvazione del Senato)

Giovedì 23 Ottobre 2014 con 161 voti favorevoli 51 contrari l’Assemblea ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando il maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl n. 1612 di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile.

Il decreto si compone di sette capi: il capo I reca disposizioni per l’eliminazione dell’arretrato e il trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti; il capo II disciplina la procedura di negoziazione assistita da un avvocato; il capo III prevede ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio; il capo IV è dedicato alle disposizioni volte a garantire la funzionalità del processo civile di cognizione; il capo V riguarda la tutela dei crediti e l’accelerazione e semplificazione del procedimento di esecuzione forzata; il capo VI è dedicato all’organizzazione giudiziaria; infine, il capo VII concerne le disposizioni finali e reca la disciplina relativa alla copertura finanziaria.

Particolarmente dibattuti sono stati gli articoli 6, 12 e 16. L’articolo 6 disciplina la convenzione di negoziazione assistita nelle materie della separazione personale, della cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Il maxiemendamento prevede che l’accordo raggiunto tra le parti è trasmesso, per il nulla osta, al procuratore della repubblica presso il tribunale competente. In presenza di figli minori o di figli maggiorenni portatori di handicap o non autosufficienti, l’accordo deve essere autorizzato dal procuratore che, qualora lo ritenga non rispondente all’interesse dei figli, lo trasmette al presidente del tribunale. L’articolo 12 garantisce la possibilità di concludere, dinanzi all’ufficiale di stato civile, un accordo di separazione personale o di scioglimento secondo condizioni concordate. L’articolo 16 fissa il periodo di ferie di magistrati, avvocati e procuratori dello Stato dal 1° al 31 agosto di ciascun anno.

Il testo completo che viene definito provvisorio si può reperire all’indirizzo:

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLMESS/806267/index.html

Rispetto al testo del 13 ottobre 2013 già diffuso su questo blog  vi sono modifiche sostanziali solo con riferimento all’art. 6 del decreto-legge 132-14.

Si trascrive qui di seguito il testo che è stato approvato.

Art. 1.
1. Il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
IL PRESIDENTE
Allegato
MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE
AL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 2014, N. 132
All’articolo 1:
al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Tale facoltà è consentita altresì nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta»;
al comma 2:
al primo periodo, dopo le parole: «del collegio arbitrale» sono aggiunte le seguenti: «per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000»;
al secondo periodo, le parole da: «tra gli avvocati iscritti» fino a: «condanne disciplinari definitive» sono sostituite dalle seguenti: «tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo»;
dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato»;
al comma 4, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «È in facoltà degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni»;
al comma 5, dopo le parole: «Ministro della giustizia» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,»;
dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
«5-bis. Con il decreto di cui al comma 5 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica».

All’articolo 2:
al comma 1, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati»;
dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. È fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, ove presente»;
al comma 2:
alla lettera a) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti»;
alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o vertere in materia di lavoro»;
al comma 5, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati»;
nella rubrica, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati».
All’articolo 3, comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi».
All’articolo 5:
dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. L’accordo di cui al comma 1 deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile»;
al comma 3, le parole: «previsti dall’articolo 2643 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «soggetti a trascrizione»;
dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. All’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: “L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile”».
All’articolo 6:
al comma 1, le parole: «da un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «da almeno un avvocato per parte» e le parole: «10 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «1º dicembre»;
il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All’accordo autorizzato si applica il comma 3»;
al comma 3, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori»;
al comma 4, primo periodo, le parole: «secondo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «terzo periodo» e le parole: «da euro 5.000 ad euro 50.000» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 2.000 ad euro 10.000»;
il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g) è inserita la seguente:
“g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio”;
b) all’articolo 63, comma 2, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:
“h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”;
c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
“d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio”»;
nella rubrica, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati».
L’articolo 7 è soppresso.
All’articolo 9, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. La violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l’avvocato illecito disciplinare».
All’articolo 10, comma 1, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati».
All’articolo 11, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Il Ministro della giustizia trasmette alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui al presente capo, contenente, in particolare, i dati trasmessi ai sensi del comma 2, distinti per tipologia di controversia, unitamente ai dati relativi alle controversie iscritte a ruolo nell’anno di riferimento, a loro volta distinti per tipologia».
Nella rubrica del capo II, le parole: «un avvocato» sono sostituite dalle seguenti: «uno o più avvocati».

Il testo del decreto legge 132-14 che ne risulta è il seguente.

ARBITRATO

Art. 1
Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria
1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.
«Tale facoltà è consentita altresì nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta»;
2.Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale«per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000». Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all’albo dell’ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive «tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo» e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso.
«2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato»;
3.Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.
4.Quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. «È in facoltà degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni». Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato. Se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.
5.Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia «, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,» possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile.
«5-bis. Con il decreto di cui al comma 5 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica».

NEGOZIAZIONE ASSISTITA

CAPOII – PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UN AVVOCATO «UNO O PIÙ AVVOCATI».

Art. 2. Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato «uno o più avvocati»

1.La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato «uno o più avvocati» è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
«1-bis. È fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, ove presente»;
2. La convenzione di negoziazione deve precisare:
a) il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese «e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti».
b) l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili «o vertere in materia di lavoro».
3.La convenzione è conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti, fermo restando il termine di cui al comma 2, lettera a).
4.La convenzione di negoziazione è redatta, a pena di nullità, in forma scritta.
5.La convenzione è conclusa con l’assistenza di un avvocato «uno o più avvocati».
6.Gli avvocati certificano l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilità professionale.
7.È dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell’incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.

Art. 3. Improcedibilità

1.Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. L’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 2 comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell’invito. Il presente comma non si applica alle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori.
2.Quando l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se l’invito non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a).
3.La disposizione di cui al comma 1 non si applica:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione;
b) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
d) nei procedimenti in camera di consiglio;
e) nell’azione civile esercitata nel processo penale.
4.L’esperimento del procedimento di negoziazione assistita nei casi di cui al comma 1 non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.
5.Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. «Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi».
6.Quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all’avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni. A tale fine la parte è tenuta a depositare all’avvocato apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo avvocato, nonché a produrre, se l’avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.
7.La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando la parte può stare in giudizio personalmente.
8.Le disposizioni di cui al presente articolo acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 4. Non accettazione dell’invito e mancato accordo

1. L’invito a stipulare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile.
2. La certificazione dell’autografia della firma apposta all’invito avviene ad opera dell’avvocato che formula l’invito.
3. La dichiarazione di mancato accordo è certificata dagli avvocati designati.

Art. 5. Esecutività dell’accordo raggiunto a seguito della convenzione e trascrizione

1.L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

2.Gli avvocati certificano l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

«2-bis. L’accordo di cui al comma 1 deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile».

3.Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile «soggetti a trascrizione», per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
4.Costituisce illecito deontologico per l’avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato.
«4-bis. All’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: ”L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile”».

Art. 6. Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato «uno o più avvocati» per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio

1.La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato «da almeno un avvocato per parte» può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre «1º dicembre»1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.
«2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All’accordo autorizzato si applica il comma 3»;
3. L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. «Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori».L’avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.
4. All’avvocato che viola l’obbligo di cui al comma 3, secondo periodo «terzo periodo», è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 50.000 «da euro 2.000 ad euro 10.000» . Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede è competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g), è aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio;»;
b) all’articolo 63, comma 1, dopo la lettera g), è aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.»;
c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente lettera:« d-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio;».
«5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g) è inserita la seguente:
“g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio”;
b) all’articolo 63, comma 2, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:
“h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”;
c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
“d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio”»;

Art. 7. Conciliazione avente per oggetto diritti del prestatore di lavoro
1.All’articolo 2113 del codice civile, al quarto comma, dopo le parole “del codice di procedura civile” sono aggiunte le seguenti: «o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato»

Art. 8. Interruzione della prescrizione e della decadenza

1. Dal momento della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione
della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l’invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all’articolo 4, comma 1, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati.

Art. 9. Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza

1.I difensori non possono essere nominati arbitri ai sensi dell’articolo 810 del codice di procedura civile nelle controversie aventi il medesimo oggetto o connesse.
2.E’ fatto obbligo agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto.
3.I difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite.
4.A tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del medesimo codice di procedura penale in quanto applicabili.
«4-bis. La violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l’avvocato illecito disciplinare».

Art. 10. Antiriciclaggio

1.All’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo le parole: «compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento,» sono inserite le seguenti: «anche tramite una convenzione di negoziazione assistita da un avvocato «uno o più avvocati» ai sensi di legge,».

Art. 11. Raccolta dei dati

1.I difensori che sottoscrivono l’accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.
2.Con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della giustizia.
«2-bis. Il Ministro della giustizia trasmette alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui al presente capo, contenente, in particolare, i dati trasmessi ai sensi del comma 2, distinti per tipologia di controversia, unitamente ai dati relativi alle controversie iscritte a ruolo nell’anno di riferimento, a loro volta distinti per tipologia».

Che cosa pensava chi ha inventato la negoziazione assistita

La negoziazione assistita (procédure participative) nasce, come è ormai noto, in Francia.

Il suo cammino inizia nel 2008 con il rapporto “L’ambition raisonnée d’une justice apaisée” di Serge Guinchard, presidente della Commissione per la ripartizione del contenzioso[1].

Si ritiene utile qui riprodurre in traduzione quel passo di detto rapporto (da pag. 168 in avanti) che poi verrà attuato nel paese transalpino nel  2010-2012 con i provvedimenti legislativi vigenti [2].

Siccome il ministro Orlando ha precisato in più occasioni di rifarsi all’esperienza francese credo sia utile conoscerne la genesi.

Ciascuno di noi potrà così interrogarsi sui punti di contatto o di divergenza tra il disegno primigenio ed il nuovissimo decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 che è in vigore in Italia da ieri 13 settembre 2014[3].

La Commissione ha voluto ispirarsi alla prassi del Nord America conosciuta come “diritto collaborativo” per suggerire la nascita in Francia di una nuova modalità di risoluzione dei conflitti, la “procedura partecipativa” di negoziazione assistita tramite avvocato.

Il diritto collaborativo

Il diritto collaborativo ha registrato una forte crescita negli ultimi quindici anni negli Stati Uniti, dove è nato, e dove è ampiamente praticato in oltre 40 stati. Si è anche sviluppato rapidamente in Canada, Australia e Nuova Zelanda e ha fatto un notevole passo avanti in Europa. Data la portata del fenomeno, gli avvocati francesi hanno preso l’iniziativa in questi ultimi anni, di utilizzare i processi collaborativi come parte delle controversie familiari. Ampiamente usato nel campo, questo modo singolare di risoluzione delle controversie consensuale può comunque riguardare contestazioni di qualsiasi genere. Nei paesi dove è largamente praticato, il diritto collaborativo è usato nel diritto civile, nel diritto del lavoro, nel diritto delle assicurazioni, o per le successioni, ed in particolare il contenzioso commerciale.

Come per tutti i mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, è vietato temporaneamente alle parti di ricorrere ai tribunali. Si va ben oltre, però.

La sua particolarità risiede nel fatto che si basa su una “carta di collaborazione” che obbliga le parti di un litigio ed i loro avvocati a compiere ogni sforzo per giungere a una soluzione consensuale. Più in particolare le obbligazioni dei firmatari importano che essi non possano considerare il ricorso giudiziario come un’alternativa preferibile.

A tal fine gli avvocati sono tenuti a ritirarsi dal procedimento quando una parte viola il patto ed adisce il giudice, ma pure se nutrono dubbi circa la reale intenzione del cliente o dell’altra parte di condurre efficacemente i negoziati.

Meglio ancora la sottoscrizione della carta vieta, in caso di fallimento della procedura, di rappresentare poi nel contenzioso una delle parti. Infine, è convenuto che i pezzi di informazioni scambiati durante il processo di collaborazione non possano essere utilizzati in qualsivoglia contenzioso successivo.

Queste caratteristiche fondano la forza del diritto collaborativo, ma ne mostrano anche i limiti. Avendo tutto da perdere dal fallimento della procedura collaborativa, le parti sono incitate a partecipare attivamente e utilmente nella ricerca di una soluzione negoziata. In Canada il Ministero della Giustizia ha effettuato uno studio sulla qualità del diritto collaborativo, i risultati, pubblicati nel 2005, hanno evidenziato l’impatto molto positivo dello sviluppo di queste procedure e l’alto livello di soddisfazione delle parti, soprattutto in materia familiare.

Tuttavia, non si può ignorare che ciò che promuove il successo del processo collaborativo è anche ciò che ne rende particolarmente drammatico il fallimento.

Coloro che non sono in grado di raggiungere una soluzione negoziata non avranno le risorse, finanziarie e probatorie, per avviare quelle azioni legali che poi rimangono ancora l’unica via d’uscita.

Quando l’accesso alla giustizia è in gioco, sembra difficile accettare di ragionare in termini di “tutto o niente” e di porre in una posizione di schiacciante sconfitta tutti coloro che non sono riusciti a raggiungere un pieno accordo.

L’introduzione in Francia di un processo partecipativo

Il diritto collaborativo è una sorta di ricerca di una transazione contrattualizzata, che coinvolge, oltre alle parti, i loro avvocati. A questo riguardo, è particolarmente interessante per ispirare, incoraggiare le parti a una soluzione negoziata della controversia, pur mantenendo un accesso più efficace alla giustizia.

Questo è l’oggetto della proposta della commissione, volta a creare in Francia un processo partecipativo di negoziazione assistita tramite avvocato.

Il piano adottato dalla Commissione si basa sul ruolo centrale della leadership e dell’assistenza di un avvocato. Esso funziona come segue.

Le parti del processo partecipativo, assistite dai loro avvocati si impegnano in esso volontariamente prima di qualsiasi contenzioso.

La loro volontà di sostenere la risoluzione della loro controversia prende la forma di una convenzione di partecipazione che li impegna a collaborare in buona fede per la risoluzione negoziata della controversia.

La capacità della procedura di soddisfare le esigenze specifiche delle parti è assicurata dal fatto che l’oggetto, i termini e fattori che determinano la soluzione sono contenuti nella convenzione di partecipazione.

Le parti devono determinare le questioni da cui dipende la risoluzione del litigio, gli elementi informativi necessari per l’elaborazione delle soluzioni e le modalità del loro scambio. Esse forniscono inoltre le regole che disciplineranno l’eventuale necessità di un perito e la sua retribuzione.

Il processo partecipativo è quindi in grado di estendere efficacemente la portata delle clausole di conciliazione che sono comunemente utilizzate, ma sono spesso a rischio per la loro evasività, ed indirettamente alimentano il contenzioso giudiziario che circonda la loro attuazione.

Si è naturalmente previsto che le parti si impegnino reciprocamente a non adire il giudice durante il corso del contratto partecipativo. Perché ciò sia proficuo, l’impegno a non adire il giudice deve produrre le stesse conseguenze procedurali che la Corte Suprema riconnette alle clausole preventive di conciliazione. E dunque una pronuncia di irricevibilità.

Il contratto partecipativo potrà prevedere, in conformità con la legge del 17 giugno 2008, una riforma della prescrizione civile, la sospensione del termine di prescrizione durante il corso del processo partecipativo, tranne nelle materie in cui tali accordi sono esclusi dalla legge.

Per renderlo più attraente e sicuro alla fine, la Commissione propone di coordinare pienamente il processo partecipativo con il sistema giudiziario.

In primo luogo prevedendo che l’accordo contenente la regolazione pattizia del litigio possa essere omologato dal giudice competente tramite una procedura di giurisdizione graziosa alla fine della quale sarà dotato di forza esecutiva nel caso in cui essa si rivelasse come necessaria.

Poi, perché in caso di disaccordo o di accordo parziale, le parti non siano costrette a rimettere tutto in causa dopo aver condotto una lunga procedura, è previsto un verbale per constatare l’accordo parziale e i punti su cui la controversia continua: il beneficio per le parti allora consiste nel poter adire al giudice con la sola rimessione al cancelliere del documento, accompagnato dalle produzioni pertinenti, perché da una parte siano omologati i punti di accordo e dall’altra si statuisca sui punti in disaccordo senza che la causa scada ad un livello precedente, dato l’avanzamento delle trattative tra le parti durante il processo partecipativo.

I tempi destinati alla negoziazione a monte della lite giudiziaria permettono anzi di accelerare gli ulteriori tempi processuali, in caso di fallimento totale o parziale della negoziazione.

La necessità di assistere e consigliare le parti durante i negoziati, e l’esito giudiziario del processo partecipativo, giustificano che ciascuna parte sia assistita dal suo legale nella conduzione del processo partecipativo.

L’assistenza di un avvocato pone le parti in grado di difendere i loro interessi nel modo più pertinente. Ecco perché si prevede che tutte le formalità siano espletate dalle parti con l’assistenza dei loro avvocati: la convenzione partecipativa è firmata e, se del caso, può essere variata dalle parti, sempre assistite dai loro avvocati; il riconoscimento della soluzione negoziata, dei punti restanti del litigio, della volontà delle parti di adire al giudice e gli accordi che posero fine alla procedura sono egualmente sottoscritti in presenza degli avvocati.

La commissione si è particolarmente preoccupata che il diritto di accesso al giudice sia preservato.

Da un lato, l’obbligo per l’avvocato, previsto dal diritto collaborativo, di ritirarsi se la trattativa fallisce, non è stabilito. D’altra parte, in caso di emergenza, è ancora possibile andare in tribunale per ottenere un ordine di misure provvisorie o conservative. Infine, in caso di violazione del contratto di una parte, il disposto lascia l’altra parte libera dal suo obbligo di non adire il tribunale.

Inoltre, per le materie prevedenti diritti indisponibili, la Commissione ha programmato un regime speciale, che garantisce il rispetto dei diritti in questione e che è costruito attorno ai seguenti principi.

In primo luogo le parti in queste materie, secondo le precisazioni che seguono, assistite dai loro avvocati adiscono il giudice, che statuisce con ordinanza sulla richiesta, se autorizzare la conduzione di una procedura partecipativa.

Per la procedura di divorzio e di separazione, comprese le liquidazioni successive, non è necessaria una preventiva autorizzazione del giudice per avviare un processo partecipativo; tuttavia, il riferimento al giudice e il procedimento dinanzi a lui restano soggetti alle disposizioni speciali in vigore.

D’altra parte, un accordo non può produrre effetti che dopo l’omologazione da parte del giudice competente a conoscere della questione, vale a dire, il giudice naturale, il cui coinvolgimento garantisce che accordo rispetti l’ordine pubblico e tuteli i diritti e gli interessi di alcuno.

Infine, su domanda del rappresentante del Consiglio Superiore del notariato, si precisa che la procedura partecipativa non pregiudica alcuna regola della pubblicità fondiaria, di modo che il ruolo del notaio è conservato, nel rispetto delle esigenze del decreto n. 55-22 del 4 gennaio 1955 e del decreto n. 55-1350 del 14 ottobre 1955.

La commissione ritiene che il processo partecipativo sia ben progettato, a seguito dell’accordo formalizzato e della sua relazione con il sistema giudiziario, un quadro giuridico prevedibile e sicuro per le parti, incoraggiate a risolvere la loro controversia amichevolmente con l’assistenza dei loro avvocati[4].

I principali sostenitori della procedura partecipativa (Francia)/negoziazione assistita (Italia) nella UE sono attualmente due.

In Francia Jean-Marie Burguburu presidente del CNB (Conseil national des barreaux).

In Italia Guido Alpa presidente del CNF (Consiglio Nazionale Forense).

In Francia c’è in atto un braccio di ferro tra il Ministro della Giustizia e il CNB perché il Ministro vuole introdurre la mediazione obbligatoria in materia di divorzio.

Nel paese transalpino esiste già la mediazione obbligatoria in sede sperimentale e sino al dicembre 2014 qualora si invochi la revisione delle modalità per l‘esercizio della potestà dei genitori o del contributo al mantenimento e all’educazione del bambino. Evidentemente il Ministro vuole estendere la mediazione familiare obbligatoria avendo dato la stessa buoni frutti.

Contrariamente al Ministro Christiane Taubira,  Jean-Marie Burguburu desidera che la mediazione obbligatoria in materia di divorzio non venga istituita e che si affermi al contrario la procedura partecipativa obbligatoria; il presidente del CNB desidera in particolare che la procedura partecipativa riguardi tutte le materie[5].

Le sue posizioni non vengono ascoltate anche perché sono noti i risultati fallimentari del 2013 della procedura partecipativa (solo sette omologazioni)[6]: del resto anche dal rapporto Guinchard si può agevolmente evincere che la negoziazione assistita in Francia è una procedura che richiede notevole esperienza legale e negoziale.

La Francia non prevede la mediazione come condizione di procedibilità in materia civile e commerciale, ma un principio stabilisce che la procedura partecipativa e la mediazione stiano sullo stesso piano: il cittadino può scegliere a sua discrezione.

Quanto alla materia della famiglia la procedura partecipativa è regolata come segue.

Una convenzione di procedura partecipativa può essere raggiunta dai coniugi che siano in cerca di una soluzione consensuale di divorzio o di separazione.

Ma non si può chiedere semplicemente l’omologazione al giudice, né si può pensare di andare esenti dal tentativo di conciliazione in caso di mancato accordo.

La domanda di divorzio o separazione legale presentata a seguito di una convenzione di procedura partecipativa è formata e giudicata secondo le norme contenute nel titolo VI del libro I della legge sul divorzio ossia si va davanti al giudice.

E’ invece possibile omologare davanti al giudice un accordo che attenga all’esercizio dell’autorità parentale.

A Jean-Marie Burguburu evidentemente questa disciplina sta stretta.

In Italia è stato emanato appunto il decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 che non va a toccare, al contrario di quanto sostiene oggi un noto quotidiano economico, il campo della mediazione come condizione di procedibilità.

La negoziazione assistita come condizione di procedibilità è prevista in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e per richiedere il pagamento di somme di denaro sino 50.000 € fuori dalle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità (si può pensare ad esempio all’appalto). E’ stata invece stralciata la materia del consumo che originariamente era stato previsto dal CDM del 29 agosto scorso.

Da noi la mediazione familiare non è invece obbligatoria e dunque purtroppo nessuno si è posto il problema della concorrenza.

Al contrario il decreto legge prevede che la negoziazione assistita possa trovare spazio (non è dunque obbligatoria) anche in materia di diritto di famiglia quando non ci sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli non economicamente autosufficienti.

Attendiamo i commenti del CNF su questa disciplina, riservandoci un’analisi profonda del tessuto normativo.

[1] Si può trovare in http://www.ladocumentationfrancaise.fr/var/storage/rapports-publics/084000392/0000.pdf

[2] Art. 37 legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010 che ha introdotto gli articoli che vanno da 2062 a 2067 del Codice civile.   Art. 2 del Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 – art. 2 Titolo II del libro V: Il processo partecipativo (articoli 1542- 1564).

[3] http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=GvFgrUuTKrmJ415FSOzDLQ__.ntc-as5-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-09-12&atto.codiceRedazionale=14G00147&elenco30giorni=false,

[4] Section 3 – La procédure participative de négociation assistée par avocat

La commission a souhaité s’inspirer de la pratique nord-américaine dite du « droit collaboratif », pour proposer l’émergence en France d’un nouveau mode de règlement des conflits, la « procédure participative » de négociation assistée par avocat.

Le droit collaboratif nord-américain

Le droit collaboratif a connu un fort développement depuis une quinzaine d’années aux États-Unis, où il est né, et où il est largement pratiqué dans plus de 40 États. Il s’est également rapidement développé au Canada, en Australie et en Nouvelle-Zélande et a fait une percée remarquable en Europe. Face à l’ampleur du phénomène, des avocats français ont pris l’initiative, depuis quelques années, de recourir à des processus collaboratifs dans le cadre de contentieux familiaux. Très utilisé dans ce domaine, ce mode singulier de règle- ment consensuel des différends peut néanmoins appréhender des litiges de toute nature. Dans les pays qui le pratiquent déjà à grande échelle, le droit collaboratif est utilisé en droit de la responsabilité, droit du travail, droit des assurances ou encore pour le règlement des successions, des litiges commerciaux notamment.

Comme tout mode alternatif de règlement des conflits, il interdit provisoirement aux parties de recourir au juge. Il va néanmoins beaucoup plus loin. Sa particularité tient à ce qu’il repose sur une « charte collaborative » qui oblige non seulement les parties au litige, mais également leurs avocats, à tout mettre en œuvre pour aboutir à une solution consensuelle. Plus précisément, les obligations découlant de cette charte s’articulent de manière à ce qu’aucun des signataires ne puisse envisager le recours au juge comme une alternative préféra- ble. À cette fin, les avocats sont tenus de se désengager de la procédure dès lors que l’une des parties rompt le pacte en saisissant le juge, mais également s’ils ont le moindre doute quant à la volonté réelle de leur client ou de l’autre partie d’avancer efficacement dans la négociation. Mieux encore, la signature de la charte leur interdit, en cas d’échec de la procédure, de représenter ultérieurement l’une quelconque des parties dans le cadre d’une procédure contentieuse. Enfin, il est convenu que les éléments d’information échangés au cours de la procédure collaborative ne peuvent être utilisés dans une éventuelle procédure contentieuse ultérieure.

Ces traits caractéristiques font la force du droit collaboratif, mais ils en montrent également les limites. Ayant tout à perdre dans l’échec de la procé- dure collaborative, les parties sont effectivement incitées à participer activement et utilement à la recherche d’une solution négociée. Au Canada, le ministère de la Justice a mené une étude qualitative concernant le droit collaboratif, dont les conclusions, rendues publiques en 2005, ont mis en évidence l’impact très positif du développement de ces procédures et le niveau élevé de satisfaction des parties, notamment en matière familiale.

Pour autant, on ne peut ignorer que ce qui favorise le succès du pro- cessus collaboratif est en même temps ce qui rend son échec particulièrement dramatique. Ceux qui n’auront pu aboutir à une solution négociée n’auront plus les moyens, financiers et probatoires, de se lancer dans une procédure judiciaire qui demeure alors pourtant leur seule issue. Lorsque l’accès à la justice est en jeu, il paraît difficilement acceptable de raisonner en termes de « tout ou rien » et de placer en situation d’échec insurmontable tous ceux qui ne seront pas par- venus à un accord total.

L’introduction en France d’une procédure participative

Le droit collaboratif constitue une forme de recherche transaction- nelle contractualisée, faisant intervenir, en sus des parties, leurs avocats. À cet égard, il apparaît particulièrement intéressant de s’en inspirer, pour inciter les parties à la résolution négociée de leur différend, tout en préservant davantage leur accès effectif à la justice. Tel est l’objet de la proposition de la commission, tendant à créer en France une procédure participative de négociation assistée par avocat.

Le schéma retenu par la commission est fondé sur le rôle central d’impulsion et d’assistance des avocats. Il se décline de la façon suivante.

Les parties à la procédure participative, assistées de leurs avocats, s’y engagent volontairement avant toute procédure contentieuse. Leur volonté de prendre en charge la résolution de leur différend prend la forme d’une conven- tion de participation qui les engage à œuvrer conjointement et de bonne foi à la résolution négociée du différend. La capacité de la procédure à répondre aux besoins particuliers des parties est assurée par le fait que l’objet, les modalités et les éléments déterminant la solution sont inscrits dans la convention de parti- cipation. Les parties y déterminent nécessairement les questions qu’impliquent la résolution du litige, les éléments d’information nécessaires à l’élaboration des solutions et les modalités de leur échange. Elles prévoient également les règles qui encadreront l’éventuelle intervention d’un technicien et sa rémunération. La procédure participative est ainsi apte à prolonger utilement les clauses de conci- liation qui sont d’usage courant mais qui risquent souvent, par leur imprécision, de nourrir indirectement le contentieux judiciaire autour de leur mise en œuvre.

Il est naturellement prévu que les parties s’engagent mutuellement à ne pas saisir le juge pendant le cours du contrat participatif. Pour qu’il soit com- plet, l’engagement de ne pas saisir le juge doit produire les mêmes conséquences procédurales que celles qui sont attachées par la Cour de cassation aux clauses de conciliation préalable. Il s’agira donc d’une fin de non-recevoir. Le contrat participatif pourra prévoir, conformément à la loi du 17 juin 2008 réformant la prescription civile, la suspension du délai de prescription pendant le cours de la procédure participative, sauf dans les matières où de tels accords sont exclus par ladite loi.

Pour la rendre attractive et en sécuriser l’issue, la commission pro- pose d’articuler de manière complète la procédure participative avec le système judiciaire. D’abord, en prévoyant que l’accord constatant le règlement consen- suel du litige peut être homologué par le juge compétent dans le cadre d’une procédure gracieuse de sorte qu’il sera doté de la force exécutoire lorsque cela sera nécessaire. Ensuite, parce qu’en cas de désaccord ou d’accord partiel, les parties ne sont pas contraintes de tout remettre en cause dans le cadre d’une lon- gue procédure contentieuse : un procès-verbal est prévu pour constater l’accord partiel ainsi que les points sur lesquels le litige persiste ; l’avantage pour les par- ties consiste alors à pouvoir saisir la juridiction compétente par la seule remise au greffe de ce document, accompagné des pièces utiles, pour, d’une part, homo- loguer les points d’accord et, d’autre part, statuer sur les points de désaccord sans que l’affaire soit renvoyée à la mise en l’état, compte tenu de l’avancement des échanges entre les parties pendant le cours de la procédure participative. Le temps consacré à la négociation en amont de la procédure judiciaire permet ainsi d’accélérer le déroulement d’une procédure judiciaire ultérieure, en cas d’échec total ou partiel de la négociation.

La nécessité d’assister et de conseiller les parties tout au long de la négociation, ainsi que le dénouement judiciaire de la procédure participative, justifient que les parties soient chacune assistées de leur avocat pour conduire la procédure participative. L’assistance par un avocat place les parties en mesure de défendre leurs intérêts de la manière la plus pertinente. C’est pourquoi il est prévu que l’ensemble des formalités doit être accompli par les parties avec l’assistance de leurs avocats : la convention de participation est signée et, le cas échéant, modifiée par les parties, toujours assistées de leurs avocats ; la consta- tation de la solution négociée, des points restant litigieux ou de la volonté des parties de se tourner désormais vers le juge et les accords qui mettent un terme à la procédure sont également signés en présence des avocats.

La commission s’est particulièrement attachée à ce que le droit d’accès à un juge soit préservé. D’une part, l’obligation qui est faite à l’avocat, en droit collaboratif, de se déporter en cas d’échec de la négociation, n’est pas reprise. D’autre part, en cas d’urgence, il demeure possible de saisir le juge aux fins d’ordonner des mesures provisoires ou conservatoires. Enfin, en cas d’inexécution de ses obligations par l’une des parties, le dispositif délie l’autre partie de son obligation de ne pas saisir la justice.

En outre, pour les matières dans lesquelles les droits sont indispo- nibles, la commission a prévu un régime spécifique, garantissant le respect des droits en cause et s’articulant autour des grands principes suivants.

D’une part, dans ces matières, et sous réserve des précisions qui suivent, les parties assistées de leurs avocats sollicitent du juge, qui statue par ordonnance sur requête, l’autorisation d’engager une procédure participative. Pour les procédures de divorce et de séparation de corps, en ce compris les liquidations subséquentes, l’autorisation préalable du juge n’est pas nécessaire pour engager une procédure participative ; en revanche, la saisine du juge et la procédure suivie devant lui demeurent soumises aux dispositions spéciales en vigueur.

D’autre part, un accord ne pourra produire d’effet qu’après son homologation par le juge compétent pour connaître de la matière, c’est-à-dire le juge naturel, dont l’intervention permet de s’assurer que l’accord respecte l’ordre public et préserve les droits et intérêts de chacun.

Enfin, à la demande du représentant du Conseil supérieur du nota- riat, il est précisé que la procédure participative ne préjudicie pas aux règles de la publicité foncière, de façon à ce que le rôle du notaire soit préservé, dans le respect des exigences du décret no 55-22 du 4 janvier 1955 et du décret no 55- 1350 du 14 octobre 1955.

La commission considère que la procédure participative ainsi conçue constitue, en raison de la convention formalisée et de son articulation avec le système judiciaire, un cadre juridique prévisible et sécurisant pour les parties, incitant celles-ci à résoudre leur litige à l’amiable, avec l’assistance de leurs avocats.

[5] Cfr. http://www.leparisien.fr/espace-premium/actu/les-avocats-doivent-proposer-des-forfaits-11-02-2014-3578877.php#xtref=https%3A%2F%2Fwww.google.it%2F

[6] (Cfr. http://www.senat.fr/basile/visio.do?id=r878456_6&idtable=r878456_6|r879392_3&_c=%22proc%E9dure+participative%22&rch=gs&de=20130914&au=20140914&dp=1+an&radio=dp&aff=sep&tri=p&off=0&afd=ppr&afd=ppl&afd=pjl&afd=cvn&isFirst=true)

Che cosa pensa il Ministro della Giustizia inglese della mediazione

Il Ministro della Giustizia inglese ha partecipato al convegno della CMC (Civil Mediaton Council) che si è tenuto il 22 maggio 2014.

Questo convegno è uno dei più importanti nel Regno Unito.

Il Ministro ha pronunciato il seguente discorso che traduco dal comunicato stampa per comodità.

Le controversie devono essere tenute lontano dalle Corti e risolte utilizzando modi migliori, più veloci ed efficienti.

Ribadisco l’impegno del governo ad approntare un sistema giudiziario che impedisca l’escalation delle controversie inutili e che faccia maggior uso di strumenti esterni al giudizio come la mediazione, l’arbitrato e la conciliazione.

Invito la comunità della mediazione ad aiutare le persone a risolvere le loro dispute in modo effettivo, efficiente ed equo.

Il ricorso al tribunale dovrebbe essere l’ultima risorsa, dobbiamo tagliare il numero delle cause inutili, costose e conflittuali della nostra società.

Come avvocato io ho capito che la cosa migliore per i clienti è che stiano lontani dalle corti e credo in ciò fortemente anche come Ministro.

In sede di Governo ad esempio risolviamo le questioni fuori dalle Corti utilizzando gli strumenti alternativi che di solito sono più veloci, più economici e forniscono migliori risultati. Stiamo continuando a incoraggiare gli altri a fare lo stesso.

Il successo della mediazione e degli altri strumenti nel mantenere i litigi non necessari fuori dalle Corti è la pietra miliare di un sistema di giustizia efficiente e non dispendioso.

La mediazione è una delle tante forme per risolvere le dispute lontano dai tribunali che può determinare un risparmio di spesa ed un dialogo. La mediazione coinvolge le parti nel partecipare alle negoziazioni condotte da un mediatore qualificato ed indipendente per raggiungere quella soluzione che essi sono preparati a raggiungere.

http://www.civilmediation.org/downloads/

Brevi cenni sui sistemi alternativi di composizione dei conflitti: l’arbitrato e la conciliazione

Ad analizzare con attenzione[1] perlomeno quello che è il nostro viatico[2] tra quei sistemi di composizione dei conflitti che noi oggi chiamiamo alternativi, riscontriamo che sono stati percepiti, perlomeno sino alla fine dell’Ottocento[3], come complementari al processo e senz’altro coesistenti nell’Ordinamento[4].

L’arbitrato nei secoli è stato addirittura il salvatore delle tradizioni giuridiche ebraiche e romane (ed oggi del processo italiano?).

In epoca longobarda l’editto di Rotari configurava un foro facoltativo per i Latini che dunque si rivolgevano ai tribunali arbitrali romani. Lo stesso possiamo dire dei tribunali rabbinici in epoca romana: senza la loro presenza il diritto ebraico sarebbe sparito in quanto con Giustiniano (429 d.C.) venne abolita anche la giurisdizione ebraica in materia religiosa.

L’arbitrato è polivalente tanto che nel Medioevo è stato utilizzato anche per operazioni non necessariamente compositive dei conflitti, come la determinazione dei confini degli immobili pubblici[5], ovvero delle pubbliche vie[6], o ancora per stabilire il regime delle acque[7] o infine quando si trattasse di fare una stima dei beni pubblici[8].

Per alcuni secoli in arbitrato sono transitate obbligatoriamente le questioni e controversie familiari[9] e sino alla metà dell’Ottocento anche l’ambito societario era per lo più oggetto di arbitrato forzoso.

Il conciliatore del Regno delle Due Sicilie teneva di norma due registri: uno per le  conciliazioni e i compromessi che redigeva egli stesso e l’altro per i giudizi[10].

Unitamente al conciliatore del 1865 poteva inoltre, al pari di qualsiasi cittadino, svolgere la funzione arbitrale che peraltro rivestivano abitualmente ed inappellabilmente per le questioni di modica entità.

Prima di loro ad Atene nel periodo classico alcuni giudici, i Dieteti pubblici, svolgevano funzioni sia di arbitrato, sia di conciliazione obbligatoria: si trattava di figure analoghe ai nostri giudici di pace.

Emerge inoltre sin dalle origini il fatto che il giudizio fosse comunque visto come un’estrema ratio.

Gli Ateniesi dell’età classica[11] non gradivano in generale che si litigasse senza fondati motivi: così veniva imposto il versamento di una cauzione che andava persa se la lite era immotivata e pure di una multa di 1000 dramme che veniva elevata a chi abbandonasse un pubblico processo o non ricevesse in esso almeno un quinto dei voti favorevoli[12].

Le XII tavole dopo avere sancito tra i litiganti la validità dell’”accordo per via”, precisavano che solo nel caso in cui esso non si fosse raggiunto, ambedue le parti potevano comparire nel foro o nel comizio[13]per perorare la loro causa, ed il praetor conosceva della causa prima di mezzogiorno[14].

Ciò riposava sulla considerazione che conciliare i propri interessi appare meno costoso che accertare chi abbia ragione; e accertare la ragione od il torto è più conveniente che stabilire chi sia il più forte.

I popoli antichi ne erano ben consci. Se ne accorsero anche i cosiddetti barbari ed in particolare i Longobardi che peraltro estesero la loro legislazione a buona parte dell’Europa. Dopo secoli nei quali si diedero, come peraltro i Greci sino alla legislazione di Dracone, come regola prevalente la faida, ossia la vendetta, decisero di introdurre per legge[15]la prova di Dio e quindi un sistema processuale molto energico per stabilire il torto e la ragione, ma pure l’accomodamento pecuniario (pacificatio faidae) che peraltro consentiva all’erario di avere certe entrate e quindi coniugava l’interesse del singolo ad essere risarcito con quello della Corona[16].

Se ne rese perfettamente conto anche Carlo Magno che non si può dire non avesse un forte senso della giustizia. Lo possiamo ad esempio ricavare da un decreto che emise nell’811:“Se i Conti non fecero giustizia nell’ambito del loro ministero, allora un nostro Misso abbia cura della causa per conto nostro, sino a quando non sia stata fatta giustizia. E se un Vassallo nostro non fece giustizia, allora i Conti, e il nostro Misso siedano nella stessa casa, a loro spese, e rendano giustizia a tutti” (II. 52.2.)[17].

Tuttavia l’imperatore sentì la necessità in primo luogo di controllare personalmente coloro che non accettavano una composizione bonaria o che si rifiutavano di pagarne il prezzo: “Se qualcuno non volle accettare il prezzo della faida[18], sia trasmesso a noi, e noi lo indirizzeremo, di modo che sia fatto il minimo danno. Allo stesso modo se qualcuno non volle pagare il prezzo della faida, né quindi fare giustizia, allora che sia trasmesso a noi, e noi lo manderemo in un certo luogo, in modo che il danno non cresca” (I. 37.1)[19].

Arbitrato e conciliazione possiedono radici antichissime[20].

Già Omero sottolineava principi che pur dettati per l’arbitrato influiranno anche sulla conciliazione moderna[21]: gli Argivi, infatti, accettavano la decisione solo in quanto proveniente da persona a cui avessero conferito il potere di prenderla ed osservavano le regole soltanto qualora ciò fosse frutto di una libera scelta[22]: avevano dunque ben chiaro il concetto di consenso e di volontarietà.

Ma ben prima del racconto omerico e possiamo aggiungere, dello stesso Cristianesimo, un popolo assai fiero e bellicoso, gli Illiri[23], eredi sul punto dei Sumeri, ci regalavano una massima generale da cui conseguiva necessariamente il rispetto della volontarietà e del consenso: “Tutti gli uomini sono uguali”.

Se tutti gli uomini sono uguali non è concesso ad un uomo giudicare un suo simile a meno che questi non lo voglia; e se manca il consenso al giudizio l’unica strada percorribile è quella di coltivare i rapporti individuali tra i litiganti concedendo un “tempo di fiducia” (Besa) per trattare con l’aiuto di un terzo che può fare una proposta di composizione.

In base a questo ragionamento nasce l’arbitrato con una formula che in seguito si rivelerà in contrasto con uno Stato che vorrebbe imporre un sistema giurisdizionale[24], così prende forma altresì la conciliazione moderna che per secoli servirà ad evitare la vendetta di sangue e dunque che abbracciava[25] in sostanza l’ambito penalistico.

Platone ne Le Leggi ci parla di giudici scelti dalle parti che è meglio definire arbitri e che costituiscono il grado inferiore dei primi giudici, i quali a loro volta hanno come corte di riforma il Senato.

Ma sono presenti al filosofo anche gli strumenti di negoziato: nel dialogo I de Le leggi si interroga sul quesito se sia più avveduto un legislatore che si preoccupi di mantenere la pace esterna, ovvero quello che desideri la conservazione di quella interna. E fa pronunciare ad un suo personaggio detto “Anonimo Ateniese”[26]queste parole:

“Ma non dovremmo forse preferire un terzo tipo di giudice, uno che, raccolta una famiglia divisa, non mettesse a morte nessuno ma ne riconciliasse i membri e per il futuro desse loro delle leggi per assicurare una piena concordia reciproca?[27]

Nel dialogo XI il grande filosofo così si esprime ancora in merito alle questioni di possesso e di affrancamento dello schiavo:

I processi per questi fatti siano di competenza dei tribunali e delle tribù, a meno che le parti non pongano fine alle imputazioni reciproche presso dei vicini o dei giudici da loro scelti”.

Arbitrato e conciliazione erano vissuti in altre parole come istituti preventivi e la distinzione tra loro risiedeva più che altro nella persona del compositore.

Ed era usuale, come riferisce Platone, che prima di un approccio contenzioso si tentasse la conciliazione o l’arbitrato mediante l’ausilio dei prossimi congiunti o magari dei vicini: e ciò principalmente perché la sentenza in unico grado era senza appello e inoltre in Grecia non esistevano diritti cui corrispondessero azioni, ma qualità personali (cittadino, meteco, schiavo, straniero ecc.) che consentivano o meno determinati passi processuali.

Mentre in Albania e Kosovo per millenni si fa piena opposizione a tutti i sistemi politici, culturali, religiosi e appunto alla giurisdizione statale, negli altri luoghi quest’ultima si afferma in quanto riesce a uniformare le proprie regole a quelle dei mezzi di risoluzione che trovavano ampio spazio presso le prime cellule della comunità, la fratria (in Grecia), la gens (a Roma), la famiglia ecc.; quel che si vuole intendere è che se c’è un giudice che decide è perché c’è stato un arbitro in precedenza che ha reso una decisione.

Le stesse XII Tavole non sono altro che un’embrionale codificazione dei costumi greci e romani (mos maiorum) e in esse ci si affida sì al processo del praetor, ma esclusivamente nel caso in cui la conciliazione non abbia luogo e soprattutto un posto di primo piano è riservato all’arbitrato delegato che da ultimo prima il CNF e poi il nostro Ministero della Giustizia stanno cercando di rilanciare.

Si pensi al ruolo insostituibile che aveva l’arbitro nel reato di furto (Tavola II)[28] o a quello nel caso di regolamento di confine[29] o di danno da acqua piovana tra vicini (Tavola VIII)[30], oppure ancora alle questioni dei beni contesi (Tavola XII)[31].

Ancora nella legislazione sabauda (1770), fondamentale per la nostra materia, è ben vivo l’eco del precetto della Tavola VIII romana in tema di regolamento di confine “Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione de’ confini, o altro incommodo che si pretendesse ne’ beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che sieno uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto”.

Negli Statuti comunali del Medioevo troviamo esempi di esercizio della giurisdizione che sono codificazione di antichissimi costumi longobardi (cadarfrede): un caso su tutti è quello dello Statuto del Comune di Milano (1215) per cui il processo consisteva in sostanza nella celebrazione di un duello ove vittima e offensore, o i loro campioni a pagamento, risolvevano la lite a bastonate, dopo che i rispettivi avvocati avevano giurato sulla bontà delle ragioni messe in campo[32].

E per chi non avesse abbastanza denaro per  duellare o fosse inabile il giudice poteva anche autorizzare l’esperimento dell’acqua fredda[33]: il reo convenuto catturava un fanciullo innocente, lo legava con una fune e lo lasciava cadere nell’acqua gelata; se l’acqua lo riceveva il convenuto era assolto; se l’acqua lo rigettava veniva condannato[34].

L’attuale distinzione tra sistemi di ordine imposto e di ordine negoziato è insomma probabilmente una mera e tarda convenzione: spesso nell’antichità è risultato davvero difficile distinguere tra un sistema di composizione ed un altro e probabilmente i popoli antichi non ne sentivano nemmeno l’esigenza.

A Roma l’arbiter (o gli arbitri) era chiamato a giudicare dal praetor che si limitava ad istruire il processo: ai tempi di Cicerone tuttavia non si riusciva a distinguere con esattezza lo iudex dall’arbiter[35].

E ciò anche perché le questioni bagatellari venivano affidate allo iudex, mentre all’arbiter si assegnavano le questioni più complesse non solo dal lato tecnico, ma anche da quello giuridico.

Il praetor aveva poi il duplice ruolo di giudicare con equità e conciliare i litiganti, quando non ci riuscissero privatamente e ciò faceva nel foro e pure nelle dimore private[36].

In epoca giustinianea la differenza tra arbitrato e conciliazione non riposava sulla natura decisoria del secondo, ma semplicemente sul fatto che l’arbiter si obbligava a decidere, mentre il conciliatore al contrario non assumeva alcun impegno.

Forse tale modo di vedere si diffuse e si mantenne nei secoli perché la conciliazione ha avuto per molto tempo connotazioni marcatamente valutative e solo dagli anni ‘70 dello scorso secolo è entrato in gioco anche il modello facilitativo[37]; il dato storico impone comunque una riflessione: se sia o meno opportuno rilanciare una tradizione millenaria di conciliazione (attualmente quella del 322 c.p.c.[38]).

[1] L’articolo trae spunto del volume di C. A. CALCAGNO,  Breve storia della risoluzione del conflitto I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, Aracne Editrice S.r.l., Roma, 2014.ISBN 978-88-548

[2] Ovvero quello di matrice greco–romana.

[3] Ciò può valere anche per i provvedimenti del XX secolo che spesso combinano arbitrato e conciliazione; e anche quando si sostituisce alla tutela giudiziaria quella arbitrale, si lascia sempre spazio per l’accordo delle parti.

[4]E tanto più questo accade ed accadrà in futuro in un mondo ove si assiste ad un progressivo avvicinamento delle culture giuridiche. V.F. CUOMO ULLOA, La Conciliazione, Modelli di composizione dei conflitti, Cedam, Padova, 2008, p. 47.

[5] <<Item. Statuimo che el rectore debba far chiamare tre buoni massari di detto Comune, e’ quali debbiano terminare tutta la terra del Comune; e terminata, neuno debbia laborare in termini; e chi contra facesse, sia punito per ciascuna volta in X soldi di denari>> § LXXXIII Statuto Montagutolo. Cfr. F.L. POLIDORI, Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XII e XIII, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1863, p. 25.

[6] <<Item, statuimo et ordiniamo ch’el signore e ‘l camerlengo sieno tenuti a fare chiamare al loro consellio tre buoni omini e leali di Montagutolo, e’ quali facciano acconciare e fare fare tutte le vie che sono utili per li uomi e per le femmine e per le bestie di Montagutolo… E che e’ buoni uomini che sono aletti dal consellio, debbiano giurare e fare saramento nuovo; el quale saramento lo’ sia contiato di farle fae bene e lealmente…>> § CXIIX Statuto Montagutolo. Cfr. F.L. POLIDORI, Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XII e XIII, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1863, p. 33-34.

[7] <<Item, statuimo et ordiniamo che e’ detti tre omini e’ quali saranno aletti per fare acconciare le vie, sieno tenuti e debbiano tutte l’acque le quali corrono per le vie del Comune,…>> § CXXXI Statuto Montagutolo. Cfr. F.L. POLIDORI, Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XII e XIII, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1863, p. 34.

[8] <<Item, statuimo et ordiniamo ch’el camerlengo e’l consellio debbiano eléggiare quattro buoni omini, due de la villa e due del castello, e’ quali debbiano fare, col camerlengo e col consellio, e’ beni del Comune>> § CLX Statuto Montagutolo. Cfr. F.L. POLIDORI, Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XII e XIII, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1863, p. 46.

[9] Con l’istituzione dei tribunali di famiglia.

[10] Il codice etneo stabiliva con riferimento alla conciliazione in corso di causa “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj” (Art. 6 Codice per lo Regno delle Due Sicilie, 26 marzo 1819).

[11] Il funzionamento della giustizia ci è noto solo per quanto riguarda Atene. Per le altre città greche abbiamo informazioni scarse ed insufficienti.

[12] Cfr. R. FLACELIERE, La Grecia al tempo di Pericle, Rizzoli, 1983.La Grecia al tempo di Pericle, op. cit., p. 279.

[13] Si fa riferimento a quelle parti del foro che erano destinate all’attività contenziosa. Il pretore poteva invece esercitare la giurisdizione volontaria in qualunque luogo.

[14]Ni ita pacunt; in comitio aut in foro, ante meridiem, causam conscito: quum paerorant ambo praesentes”.

[15] Si fa qui riferimento all’Editto di Rotari (643 d.C.).

[16] Si pagava il guidrigildo all’offeso ed il fredus al re.

[17]21. “Si Comes in Suo ministerio justitiam non fecerit, tunc Missus noster de hac caussa sonare faciat, usque dum justitiae ibidem factae fuerint. Et si Vassus noster justitiam non fecerit, tunc Comes, & Missus noster in ipsa caussa sedeant, & de Suo vivant, quousque justitiam faciant”. II.52.2. Cfr. G.L. VON MURO, Geschichte Des Altgermanischen und Namentlich

Altbairischen Oeffentlich–muendlichen Gerichtsverfahrens: Dessen Vortheile, Nachtheile und

Untergang in Deutschland Ueberhaupt und in Baiern Insbesondere, JCB Mohr, Heidelberg, 1824, p. 12, nota 26.

[18] All’epoca la faida, ossia la vendetta, poteva essere bloccata attraverso il pagamento di una somma di denaro. Ciò era tipico di tutti i popoli germanici.

[19]23. XCII “Si quis pro faida pretium recipere non vult, tunc ad nos transmittatur ut nos

ipsum dirigamus ubi damnum neminem facere possit. Simili modo qui pro faida pretium soluere non vult, et iustitiam exinde facere, in tale locum illum mittere volumus, ut pro eodem maius damnum non crescat”. https://archive.org/stream/capitulariaregum02bore/

capitulariaregum02bore_djvu.txt.

[20] Nel mondo orientale sono ancora più risalenti. In Cina il primo caso di mediazione che i libri storici ricordino risale a circa 4000 anni prima di Cristo.

Si narra che il re Sheun riuscì a conciliare i membri di alcune comunità del suo regno che erano in contesa tra di loro per la proprietà di fondi e per la vendita di una partita di ceramiche.

[21] Nell’Odissea (Canto VII, v. 70–75) Omero ci rappresenta inoltre la regina Arete, moglie di Alcinoo, come una nobile di mente e di animo che appiana i contrasti tra coloro che ama.

[22] E. CANTARELLA, Diritto greco, Cuem, Milano, 1994, p. 175.

[23] Essi si stanziano nel territorio dei monti albanesi due millenni prima di Cristo, ma fondano un regno solo nel III secolo.

[24] In Kosovo ed Albania ancora oggi si mantiene questa mentalità, nonostante il Kanun che disciplina arbitrato e conciliazione non sia formalmente più legge dello stato da almeno 80 anni. Cfr. C.A. CALCAGNO,  Il Kosovo e i sistemi di risoluzione delle dispute, in https://mediaresenzaconfini.org/2014/03/14/il-kosovo-e-i-sistemi-di-risoluzione-delle-dispute/

[25] Anche in Grecia originariamente.

[26] Ossia il personaggio che nel dialogo impersona la posizione del grande filosofo.

[27]Leggi, 628. PLATONE, Le Leggi, trad. di Franco Ferrari e Silvia Poli, Bur, Milano, 2007, p. 91.

[28] Nella Tavola II dedicata ai giudizi e alla disciplina del furto si afferma  che dovrà differirsi la causa in presenza di grave malattia o di assenza per ragioni pubbliche  del giudice o dell’arbitro o del reo, oppure nel caso di controversia che veda coinvolto uno straniero (Capo II, 1. “…extra quam si morbus sonticus, votum absentia reipublica ergo, aut status dies cum hoste intercedat: si quid horum fuat unum  judici arbitro-ve, reo-ve; eo die diffensus esto.”).

[29] La Tavola VIII stabilisce che se nasce controversia tra i confinanti, il pretore eleggerà tre arbitri per regolarli : la controversia sui confini aveva il nome speciale di jurgum  e questi arbitri erano detti agrimensori. (Capo III, 2. “Si jurgant adfines finibus regundis praetor arbitros tris addicitio”).

[30] La Tavola VIII statuisce che se a causa di un lavoro eseguito da un vicino l’acqua piovana  danneggi un altro, quest’ultimo può esercitare l’azione di acquae arcendae; in tal caso il pretore concede tre arbitri, e si presta cauzione all’attore per i danni che questi tema possano avvenire nel fondo (Capo VII, 1. “Si acqua pluvia manu nocet, praetor arcendae, arbitros tris addicito, noxaeque domino cavetor”).

[31] La Tavola XII  enuncia che se qualcuno abbia ottenuto ingiustamente l’assegnazione provvisoria di bene conteso, in attesa della decisione della lite, il pretore nomini tre arbitri e in base al loro giudizio condanni il mentitore a risarcire il danno pagando il doppio dei frutti (Capo III, 1 “Si vindiciam falsam tulit,rei sive stlitis, praetor arbitros treis dato, eorum arbitrii, fructi duplione decidito”).

[32] Cfr. C.A. CALCAGNO, Il duello a Milano nel XII secolo ed il processo, in https://mediaresenzaconfini.org/2014/03/12/il-duello-a-milano-nel-xii-secolo-ed-il-processo/

[33] Quando il convenuto per la sua povertà non potesse pagare un campione, né fosse abile a combattere in proprio, se il giudice verificava che la “sua sostanza non arrivasse a certa somma (cento soldi)”, gli accordava appunto l’esperimento dell’acqua fredda.

[34] Cfr. sulla tematica del duello nel Medioevo e successivamente:  G. CAMPIGLIO, Storia di Milano, vol. I, Rusconi, 1831, pag. 233 e ss., G. PRISCO, Principii di filosofia del diritto sulle basi dell’etica, Tipografia Vincenzo Manfredi, Napoli, 1872, p. 185 e ss.; F. SCLOPIS, Storia dell’antica legislazione del Piemonte del conte Federico Sclopis, Bocca, 1833, Torino, p. 156.

[35] Se non per la estrazione: lo iudex veniva dal Senato, l’arbiter dai Cavalieri.

[36] Si tratta della cosiddetta giurisdizione de plano.

[37]In relazione al modello facilitativo ricordiamo qui le opere di diversi autori: C. ARGYRIS, D. SCHON, Apprendimento organizzativo, Guerini e Associati, Milano, 1998; K. LEWIN, Teoria del campo delle scienze sociali. Selected Theorical Papers. (Hardcover, 1951); J. LISS, La comunicazione ecologica. Manuale per la gestione dei gruppi di cambiamento sociale, La Meridiana, 1992; L. COZOLINO, Il Cervello Sociale. Neuroscienze delle relazioni umane, Raffaello Cortina Edizioni, 2008; D. A. KOLB, Experiential Learning: Experience as the source of learning and development, Prentice–Hall, 1984.

[38] Un tempo quella dei primi articoli del Codice di procedura civile del 1865.

Il sistema di giustizia italiano come delineato nel 2013 dall’Europa

Dalla lettura dei giornali sembra che l’accorpamento o meno dei piccoli tribunali sia il principale problema da risolvere in questo paese.

Mi chiedo però se il Governo italiano ed il Ministro della Giustizia conoscano i dati dell’intervista UE del novembre 2013 “JUSTICE IN THE EU” (clicca qui  fl_385_en) .

Mi riferisco alla intervista che TNS Political & Social network ha fatto  per conto della Unione Europea  sulla giustizia in 28 Stati membri dell’Unione europea tra il 30 settembre e il 2 ottobre 2013.

26.581 sono state le persone intervistate nella loro madre lingua

Per ogni Stato compresa l’Italia il campione di intervistati è stato di 1000 soggetti.

Quelle di seguito sono le principali indicazioni.

In Italia il 63% delle persone non ha fiducia nel tribunale nazionale.

Hanno ancora meno fiducia di noi Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia che è fanalino di coda con il 73% degli increduli.

Gli intervistati italiani pensano in particolare che siano totalmente negativi i seguenti aspetti nelle percentuali indicate:

a) nei giudizi civili e commerciali

-per lunghezza dei processi (72%),

-per mancata indipendenza dei giudici e delle corti (52%)

-per mancata equità dei procedimenti (53%)

-per mancata esecuzione delle sentenze (58%)

-per costi del procedimento (66%)

-per non uso delle nuove tecnologie (46%)

-per difetto di comprensibilità delle decisioni (57%)

-per difetto di semplicità delle procedure (58%)

Facendo la media il processo civile e commerciale risulta totalmente negativo per il 58% degli intervistati

b) nei giudizi amministrativi

-per lunghezza dei procedimenti (69%)

-per mancata indipendenza dei giudici e delle Corti (48%)

-per mancata equità dei procedimenti (49%)

-per mancata esecuzione del giudizio (52%)

-per costi del procedimento (62%)

-per non uso delle nuove tecnologie (46%)

-per difetto di comprensibilità delle decisioni (53%)

-per difetto di semplicità delle procedure (54%)

Facendo la media il processo amministrativo risulta totalmente negativo per il 54% degli intervistati

c) nei giudizi penali

-per lunghezza dei procedimenti (79%)

-per mancata indipendenza dei giudici e delle Corti (57%)

-per mancata equità dei procedimenti (57%)

-per mancata esecuzione del giudizio (63%)

-per costi del procedimento (71%)

-per non uso delle nuove tecnologie (49%)

-per difetto di comprensibilità delle decisioni (63%)

-per difetto di semplicità delle procedure (63%)

Facendo la media il processo penale risulta totalmente negativo per il 63% degli intervistati.

E dunque possiamo dedurre che il 58% degli Italiani considerino il processo nel nostro paese totalmente negativo.

Agli Italiani è stato anche chiesto di fare un raffronto tra il sistema giudiziario nostrano e quello degli altri paesi: per il 63% degli intervistati il nostro sistema è assolutamente peggiore degli altri.

Circa l’interesse per le procedure alternative i dati sono i seguenti:

Il 9% degli italiani intervistati ha dichiarato che andrebbe comunque in Corte.

Il 49% che cercherebbe un accordo direttamente con l’altra parte.

Il 35% che andrebbe di fronte ad un mediatore.

Questi dati purtroppo stridono pesantemente con la realtà.

Alla domanda: “Sei d’accordo che tutti i cittadini possano andare in giudizio a difendere i loro diritti?” noi abbiamo risposto per il 40% che non lo siamo e per il 59% che lo siamo. Il che ci pone all’ultimo posto nella classifica dei 28 paesi UE. Al primo posto ci sta il Lussemburgo con il 93% delle persone che sono d’accordo.

Alla domanda: “Sei d’accordo sul fatto che lo stato agisca secondo la legge” il 59% di noi si trova in disaccordo. Ciò ci pone al terzultimo posto in Europa.

Alla domanda: “Sei d’accordo sul fatto che le Pubbliche autorità agiscano in modo non arbitrario?”, abbiamo risposto per il 59% che non siamo d’accordo, il che ci pone al penultimo posto europeo.

Alla domanda: “Sei d’accordo che la legge applicata sia efficacemente attuata?”, abbiamo risposto che non siamo d’accordo per il 72% e siamo anche qui al quartultimo posto in Europa.

Alla domanda: “Sei d’accordo che la legge è applicata a tutti equamente e senza discriminazione?”, abbiamo risposto che non lo siamo per il 72%, il che ci pone al 18° posto in Europa.

Alla domanda: “Sei d’accordo che lo stato combatte effettivamente la corruzione”?, abbiamo risposto che non siamo d’accordo per il 79%, ciò ci relega al terzultimo posto in Europa.

In Italia il 63% degli intervistati non è informata sulle alternative al giudizio (solo il 35% lo è) ed il 65% non è informata sui costi dei processi.

Vorrei fare in chiusura anche un accenno ai recenti documenti in materia di consumo[1], augurandomi anche qui che comunque le Autorità del nostro paese li conoscano.

L’ultima indagine della UE in materia di consumo ci dice che oltre la metà dei dettaglianti europei sa che esistono organi di risoluzione alternativa delle controversie.

Il 44% però non sa che esistano gli organi di ADR.

In Italia non conoscono gli organi di ADR il 53% dei rivenditori (il che ha dell’incredibile: peggio di noi sono messi Cipro, Romania, Francia e Grecia); il 43% li conosce, il 6% ne è membro.

L’86% dei rivenditori che conoscono gli organi di ADR non li hanno usati negli ultimi due anni.

Rispetto al 2011 vi è stato un notevole decremento dell’uso degli organi di ADR

In Italia li ha usati l’1% dei rivenditori (così pure in Ungheria, Regno Unito ed Irlanda) e dunque siamo grandemente sotto la media europea.

I più virtuosi sono i dettaglianti romeni con un 10%.

Il 39% dei rivenditori che li hanno usati si lamenta comunque dei costi.

Solo il 26% dei rivenditori che hanno usato un ADR ha cambiato le proprie politiche commerciali (in specie i rivenditori di cibo).

Solo le imprese di grandi dimensioni (+ di 250 occupati) li usano con una buona frequenza (27%).

Il 43% dei consumatori che hanno usato un ADR ha dichiarato la propria insoddisfazione più o meno grave. Da notarsi che gli insoddisfatti della partecipazione al giudizio sono il 49%.

In Italia la percentuale dei totalmente insoddisfatti è del 34% e dunque inferiore alla media europea (il 56% è totalmente soddisfatto).

 

[1] Flash EB 359 giugno 2013 in http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_359_en.pdf; Flash EB 358 giugno 2013 in http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_358_en.pdf

Alcune brevi ed amare considerazioni sull’essere mediatore civile e commerciale in Europa nel 2014

La mediazione è una passione ed i mediatori non la praticano per guadagno.

Questa è una affermazione largamente condivisa e chi non la condivide, almeno in Italia, la vive comunque sulla sua pelle.

Ma se una persona volesse vivere di mediazione (mi riferisco alla mediazione civile e commerciale) potrebbe farlo in Europa?

E se sì dove si potrebbe indirizzare nell’Europa dei 27? (La Croazia è di recente acquisizione e dunque non sono in grado di poterdare ancora dati concreti, seppure abbia la mediazione come gli altri paesi UE)

I dati delle migrazioni per lavoro ci dicono che i migranti che passano da noi vogliono per lo più andare in Germania.

Lo stesso dovrebbe valere per la mediazione.

Se ci basiamo sulla popolazione dei 27 e sul numero di mediatori presenti in un dato paese si può concludere che in Germania c’è 1 mediatore ogni 838.204 abitanti.

In seconda posizione si porta la Repubblica Ceca con 1 mediatore su 290.780 abitanti.

In terza troviamo il Portogallo con un mediatore ogni 138.223 abitanti.

In quarta il Regno Unito con un mediatore ogni 116.323 abitanti.

In quinta la Danimarca con un mediatore ogni 106.604 abitanti.

In sesta la Bulgaria con un mediatore su 53.317.

Negli altri paesi – se partiamo dai parametri accennati – non vale la pena di avventurarsi, anche se, a dire il vero, Spagna e Francia sono al momento invalutabili (non si conosce il numero dei mediatori).

L’ultimo luogo della UE dove si può pensare di mediare è l’Italia con un mediatore ogni 243 abitanti (se aggiungiamo ai 240.000 avvocati 12.000 mediatori non avvocati che sono il 70% dei 40.000 che un tempo si dicevano essere i mediatori).

Se poi volessimo sapere se in generale è conveniente mediare nella UE dei 27 che ha una popolazione di 494.442.328 possiamo fare due valutazioni:

1) se non teniamo conto dell’Italia i mediatori sono 10.656 e quindi c’è un mediatore ogni 46.400 persone; potrebbe essere una professione vantaggiosa perché ad esempio in Usa ove ci sono 100.000 mediatori ed una popolazione di 313.900.000 persone abbiamo un mediatore ogni 3139 abitanti (e dunque non conviene pensare a diventare mediatore: infatti negli USA lavorano solo 5000 mediatori).

2) Se invece teniamo conto dell’Italia i cui numeri non sono oggi pienamente noti (facciamo che i mediatori siano 252.000) è presente un mediatore ogni 1882 abitanti e dunque c’è una scarsissima possibilità di fare questo lavoro.

tabella mediatori europei

Le differenze di genere, età ed esperienza tra gli operatori di ADR americani

L’American Bar Association alla fine del 2012 ha effettuato un’indagine per capire come si atteggiasse la differenza di genere nell’ambito dei neutri  avvocati (mediatori, arbitri ed altri) e degli avvocati accompagnatori alle procedure. Il 31 gennaio 2014 sono stati pubblicati i risultati[1].

Questa nota è dedicata al riassunto dei risultati e forse dovrebbe far riflettere anche il nostro legislatore.

Se qualche operatore italiano di ADR avesse intenzione di approcciarsi al mercato americano dovrebbero probabilmente tenere conto di questa indagine.

Quanto all’esperienza gli americani prediligono soggetti con almeno venti anni di esperienza di ADR; solo il 13% dei neutri selezionati hanno meno di 10 anni di pratica.

Quanto al sesso si scelgono di solito come mediatori soggetti maschili (63%), tranne che in alcuni ambiti (es. community mediation).

Quanto all’età  i mediatori selezionati hanno in genere tra i 55 ed i 75 anni.   

L’arbitrato è invece sostanzialmente riservato agli uomini.

 Ma veniamo ad un maggiore dettaglio. Si premette che il 66% dei neutri intervistati era uomo, il 34% donna; Il 90% era bianco, il 10% nero. Il 70% dei neutri intervistati avevano dai 55 ai 75 anni. Le risposte ottenute sono state 746.

Nelle agenzie governative abbiamo una presenza del 71% di donne neutri, nel settore no-profit del 55% e nelle Università del 52%; per il resto degli ambiti ove l’ADR può esplicasi gli uomini la fanno da padroni con percentuali che vanno dal  56% al 75%.

I mediatori che sono nati dopo gli anni 70 sono prevalentemente donne; uomini sono quelli nati in precedenza.

I mediatori meno esperti (tra 1 e 4 anni di pratica) sono donne; i mediatori con più di 4 anni di esperienza sono per la maggior parte uomini. In particolare solo il 20% delle donne hanno più di 20 anni di esperienza.

A prescindere dal sesso i neutri americani hanno una esperienza di ADR di almeno 20 anni. Lo stesso vale per gli avvocati che accompagnano alla procedura.

Alla domanda circa il ruolo occupato dai neutri essi hanno risposto che gli uomini sono l’80% degli arbitri,  il 63% dei mediatori, il 67% degli avvocati. Anche quando gli arbitri sono tre nel 56% dei casi non ci sono donne nel collegio arbitrale.

Quanto alle materie, ci sono più donne mediatore per la famiglia, il consumo, la salute e gli small claims; tutti gli altri settori sono ad appannaggio degli uomini (percentuale tra il 64 e l’82%).

Come arbitri le donne sono il 50% solo negli small claims; per il resto delle materie gli arbitri sono uomini tra il 50 ed il 100%.

Le class action sono in mano esclusivamente ad arbitri uomini.

Comparando tutti i neutri il 69% sono uomini ed il 31% donne.

Quanto agli avvocati accompagnatori alla procedura sono donne nelle materie del consumo (50%), della famiglia(68%), del lavoro (51%); per le restanti materie sono uomini; non ci sono donne avvocato che si occupino di energia e small claims.

Quanto al valore delle mediazioni le donne si occupano per lo più di dispute non monetarie (66%); le dispute suscettibili di un valore economico sono ad appannaggio degli uomini per una percentuale che oscilla tra il 52 ed il 78%.

In arbitrato sia le dispute non monetarie, sia quelle monetarie sono ad appannaggio degli uomini per l’82%.

Gli avvocati che accompagnano alla procedura sono uomini al 68% a prescindere dal valore.

Affrontiamo ora la selezione dei neutri.

A)     ESPERIENZA

In genere vengono scelti coloro che hanno almeno 20 anni di esperienza (42%).

Solo nei settori della famiglia, delle assicurazioni, della proprietà intellettuale e degli small claims, è più elevata la percentuale di scelta nell’ambito dello scaglione tra i 10 ed i 20 anni di esperienza (che in totale ammonta al 32%).

Sotto ai 10 anni di esperienza i neutri vengono selezionati solo per il 13%.

B)      SESSO DEI MEDIATORI

Quando scelgono le parti od i loro avvocati il mediatore è uomo per il 71% dei casi

Se sceglie il provider, il panel il mediatore è uomo per il 53%.

In altri casi  (ad es. nelle community mediation) il mediatore scelto è donna per il 68% dei casi.

La scelta totale predilige gli uomini per il 63% dei casi.

C)      IL CRITERIO DI SCELTA DEI MEDIATORI OPERATA DAGLI AVVOCATI

Gli avvocati scelgono per lo coloro che appartengono al loro giro professionale

D)     SESSO DEGLI ARBITRI

Vengono scelti per lo più uomini (tra il 65 ed il 90%)

E)      ETÀ DEI MEDIATORI

Vengono scelti per lo più mediatori che hanno tra i 55 ed i 75 anni.


[1] G. V. BROWN- A. KUPFER SCHNEIDER, Gender Differences in Dispute Resolution Practice: Report on the ABA Section of Dispute Resolution Practice Snapshot Survey, January 31, 2014, http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2390278; Cfr. A. SCHNEIDER, ABA DR Section Survey on Gender Differences, febbraio 2014, in http://www.mediate.com/articles/SchneiderAbl20140207.cfm

Adr in Algeria

La risoluzione dei conflitti in Algeria è stata legata per millenni al diritto consuetudinario.

Nelle zone tribali viene effettuata ancora oggi[1] da parte del capo del villaggio secondo i principi del diritto consuetudinario.

Si tratta di regole tradizionali (`urf = العرف = sapere, conoscenza)[2] che definiscono la relazione tra i componenti della  tribù, spesso in opposizione alla legge dello stato.

Il sistema di risoluzione consuetudinario si fonda in dettaglio su tre pilastri: risarcimento, adesione per mutuo consenso a quanto stabilito dalle autorità di regolamentazione del conflitto e coinvolgimento di tutto il clan nella composizione di una controversia.

Le relazioni all’interno della tribù, ma anche quelle tra tribù, si basano sulla conservazione dell’onore e sul ripristino dell’onore violato. Il contenuto dei precetti consuetudinari e delle sanzioni previste per i comportamenti pratici che violano l’onore non trova corrispondenza con i testi religiosi. Entrambe le parti quando si riconciliano vedono superata la vergogna e ripristinato l’onore.

Al contrario la mediazione secondo la concezione moderna è apparsa nei paesi arabi in Giordania nel 2004, in Marocco nel 2007 ed in Ageria con la legge 25 febbraio 2008 di modifica del Codice di procedura civile  (entrata in vigore nel 2009)[3].

Il Codice di Rito algerino[4] prevede un libro destinato alla risoluzione alternativa delle controversie[5].

In primo luogo è disciplinata la conciliazione[6] che viene tentata quando il giudice la stima favorevole, ma può essere anche richiesta dalle parti. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo (articoli 991-993).

La mediazione è prevista soltanto nell’ambito del processo ed è appunto disciplinata dal Codice di procedura civile (articoli 994-1005)[7].

Si tratta di una procedura volontaria che involge il diritto civile, con l’esclusione delle controversie di lavoro e della famiglia. Sono escluse anche le controversie in cui sia coinvolto l’ordine pubblico.

Viene ordinata dal giudice appunto con il consenso delle parti: l’ordine deve contenere appunto l’indicazione del consenso, la durata della missione del mediatore e la data dell’udienza in cui il caso sarà richiamato a processo.

Anche il mediatore viene designato dal giudice: può essere una persona fisica o una persona giuridica. Se il mediatore designato è una persona giuridica il presidente nomina uno dei suoi membri che informa il giudice della delega.

L’ordine viene comunicato dalla cancelleria al mediatore e alle parti; il mediatore fa pervenire al giudice senza indugio la sua accettazione e comunica alle parti la data in cui si terrà la procedura.

È sempre il giudice che fissa gli onorari del mediatore e può anche distrarre a suo favore una parte dell’emolumento. Attualmente per la verità i mediatori sono costretti ad aspettare mesi per ricevere i loro compensi. Tanto che alcuni non accettano più i nuovi casi.

La mediazione investe tutta o una parte della controversia.

Ma il giudice può in qualsiasi momento adottare le altre misure che ritiene necessarie e dunque non viene esautorato dalla controversia.

Può in particolare mettere fine alla mediazione in qualsiasi momento su richiesta del mediatore o delle parti o chiudere la procedura quando abbia contezza dell’impossibilità di raggiungere un accordo. In tal caso la cancelleria informa le parti ed il mediatore della nuova udienza.

Queste norme si ritrovano anche nel diritto francese, a cui evidentemente il legislatore algerino si è ispirato; si fa riferimento in particolare al Decreto 20 marzo 1978 n. 78-381 relativo ai conciliatori di giustizia[8] e alla Legge 8 febbraio 1995 n. 95-125[9] sulla mediazione giudiziaria.

Per diventare mediatore in Algeria bisogna non essere stati condannati per un crimine infamante e privati dei diritti civili; il mediatore possiede le necessarie qualifiche per l’esame della controversia che gli è sottoposta, rimane imparziale e indipendente nello svolgimento della mediazione; è vincolato da un obbligo di riservatezza nei confronti di terzi.

Il mediatore è inoltre tenuto alla riservatezza e può rivelare particolari circa la procedura a lui affidata solo nel caso in cui sia stato commesso un crimine.

La mediazione dura al massimo tre mesi, ma il giudice può disporre una proroga per una volta sola se lo chiede il mediatore e le parti sono d’accordo.

La procedura si apre con un primo incontro preliminare come da noi: in esso il mediatore presenta la sua missione.

Il mediatore con il consenso delle parti può sentire, ove lo ritenga opportuno, anche i terzi consenzienti ed informa il giudice di tutte le difficoltà che incontra nel corso della procedura.

Alla fine della procedura il mediatore informa parimenti il giudice in merito alla comparizione delle parti e al fatto se ci sia stato o meno un accordo.

Anche il verbale della mediazione nel caso di accordo può diventare titolo esecutivo se incorporato da un ordine del giudice che peraltro non è suscettibile di ricorso.

Il Paese conosce anche l’arbitrato (interno ed internazionale) che viene disciplinato dal Codice di rito con una disciplina decisamente più corposa rispetto a quella della mediazione (articoli 1006 e ss.).

In campo commerciale quando la mediazione non dà buon esito di solito si passa all’arbitrato.

Il 23 dicembre 2013 in Algeria sono stati consegnati i diplomi a 30 formatori di mediatori il cui training è stato effettuato dall’Unione Europea[10].

Al momento nel paese ci sono 3000 mediatori giudiziari. Nel febbraio 2011 è nata l’Associazione nazionale dei mediatori giudiziari algerini (ANMJA)[11] che è stata riconosciuta dal Ministero nel 2012[12]: mira principalmente a difendere i diritti sociali e professionali dei mediatori giudiziari.

Secondo il Ministero della Giustizia di Algeri quella del mediatore non è una professione, ma una nobile missione e dunque non c’è bisogno di chiedere alcun compenso[13].

Proprio perché si tratta di una missione la professione del mediatore è in Algeria aperta a diverse categorie i cui membri devono naturalmente specializzarsi in mediazione: psichiatri e specialisti in sociologia, medici, magistrati e avvocati in pensione ecc..

I legali algerini sono allo stato riluttanti ad utilizzare la mediazione e solo un piccolo numero delle controversie che approdano in un tribunale sono oggetto della procedura[14].


[1] Specie nella zona della Cabilia e del M’zab.

[2] Queste regole tradizionali talvolta preesistono all’avvento di Maometto e sono riconosciute dalla stato islamico in quanto compatibili con la Sharī‘a. ‘Urf è l’equivalente islamico della ” common law “.

[5] LIVRE V – DES MODES ALTERNATIFS DE REGLEMENT DES LITIGES > Titre I – De la conciliation et de la médiation>

[6] Chapitre I – De la conciliation.

[7] Cfr., D. A. SALAM, Quadro giuridico e normativo per la mediazione in Algeria, 2009. http://www.crjj.mjustice.dz/communications/com_m.dib_15.06.09.pdf

[8] Décret n°78-381 du 20 mars 1978 relatif aux conciliateurs de justice. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=LEGITEXT000006062857&dateTexte=20110901

[9] Loi n°95-125 du 8 février 1995 relative à l’organisation des juridictions et à la procédure civile, pénale et administrative. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000350926

La conciliazione e la mediazione nel Principato di Monaco

Tra i mezzi di composizione bonaria spiccano nel Principato di Monaco soprattutto la conciliazione e la mediazione familiare: qui sono entrambe obbligatorie.

Dal 2005 la mediazione connota anche i rapporti amministrativi, ma lo strumento è di applicazione volontaria.

Approfondiamo dunque. Una prima disposizione riguarda la conciliazione volontaria che è analoga alla nostra.

Le parti possono presentarsi volontariamente, in tutti i casi in cui la conciliazione non è obbligatoria, davanti al giudice di pace e richiedere di tentare la conciliazione sulle differenze di cui fanno esposizione verbale. Se le parti non si accordano non viene redatto alcun verbale, se le parti si accordano invece si procede alla redazione[1].

Vi sono poi le norme che prevedono la conciliazione obbligatoria.

Il tribunale di primo grado può, per qualsiasi materia e in ogni stato della causa, ordinare un tentativo di conciliazione, sia davanti a tutti i suoi membri, sia in camera di consiglio o in udienza, ovvero delegarlo a chi sia designato a tal fine. L’ordine non è motivato[2].

Interessante è soprattutto il fatto che l’ordine non debba essere motivato.

Altre norme, le più cospicue, riguardano la giurisdizione inferiore.

Nessun ricorso introduttivo, ad eccezione di quelli indicati nel prosieguo può, a pena di nullità, essere portato davanti al giudice di pace, in prima o in ultima istanza, senza che antecedentemente il magistrato abbia invitato le parti all’udienza di conciliazione davanti a lui[3].

Da notarsi che l’udienza di conciliazione obbligatoria è prevista a pena di nullità e dunque la mancata celebrazione può invocarsi in ogni stato e grado del processo.

Anche in Francia sussiste una disposizione che prevede il tentativo a pena di nullità in relazione al processo del lavoro[4]; anche nel processo ordinario peraltro il giudice deve cercare di conciliare le parti[5] o può delegare la conciliazione ad un conciliatore di giustizia. Davanti alle giurisdizioni inferiori poi, non si può opporre rifiuto al tentativo di conciliazione[6].

In Svizzera abbiamo disposizione simile a quella monegasca[7]: la conciliazione preventiva è obbligatoria, ma si può scegliere in alternativa di partecipare ad una mediazione[8].

In Germania è invece il Giudice che sceglie se il tentativo di conciliazione sia obbligatorio o meno per le parti; ma può investire della pratica anche un Guterichter (un giudice non intestatario della causa che ha come solo limite il divieto di arbitrato) oppure le parti possono partecipare ad una mediazione o altro ADR esterno[9]; peraltro in Germania il tentativo obbligatorio si applica a coloro che non abbiano già partecipato o abbiano partecipato inutilmente[10] ad una conciliazione obbligatoria preventiva nei Länder che abbiano applicato la legge federale[11].

In Spagna il tentativo di conciliazione è invece obbligatorio davanti al giudice del lavoro in alternativa alla mediazione[12].

Sono dispensate invece dal tentativo preventivo in Monaco davanti al giudice di pace, le domande che riguardano il potere o l’interesse pubblico, le domande nei confronti di coloro che non hanno residenza o domicilio nel Principato, le domande in materia commerciale, le domande rivolte da una parte contro più parti, anche se hanno un medesimo interesse[13].

Curiosa è l’esenzione per le controversie commerciali. La previsione dell’esenzione per le domande contro più convenuti invece è già presente nella legislazione francese del 1790, ma in quest’ultima era giustificata dai problemi di viaggio che all’epoca erano dirimenti.

La cosa interessante è che non sono le parti, ma è il giudice di Pace a decidere se una controversia sia o meno esente dal tentativo[14].

Tra il giorno della comunicazione dell’udienza e la conciliazione devono passare almeno tre giorni liberi[15].

Le parti devono partecipare personalmente[16]. L’udienza della conciliazione non è pubblica.

In caso di violazione della norma che impone il tentativo preliminare del giudice di pace, si pagano le spese processuali e si è soggetti ad una multa di 65 €[17].

Il richiedente che non compare all’udienza, senza un valido motivo, può essere condannato ad una multa di 30 €[18].

Se è il convenuto a non comparire il cancelliere ne fa menzione sul registro.

In tal caso la causa viene immediatamente iscritta a ruolo se il valore è inferiore ai 1800 €; se il valore è superiore il cancelliere rilascia gratuitamente un certificato in carta libera che riproduce i termini della domanda e la menzione degli estremi annotati in registro; gli estremi della certificazione vengono anche riportati in cima alla citazione[19].

Il verbale di conciliazione in ogni caso è firmato dal giudice, dalle parti e dal cancelliere, ha forza di atto autentico, ma non consente iscrizione di ipoteca. Può essere munito della formula esecutiva. È esente sino a 1800 € dalle spese di registro[20].

Il Codice civile dispone invece in tema di prescrizione e di mediazione familiare.

In ogni fase del procedimento divorzile il giudice  può suggerire od ordinare a ciascun coniuge la partecipazione ad una mediazione familiare[21].

Il suggerimento o l’ordine vengono notificati dall’ufficiale giudiziario e sono posti in calce alla citazione che viene consegnata al coniuge convenuto; la data per la comparizione delle parti è di almeno otto giorni a decorrere dalla data di citazione che precisa che il coniuge convenuto deve comparire personalmente; il tutto a pena di nullità[22].

Il giudice tutelare può poi suggerire od ordinare la mediazione familiare ai fini di facilitare la ricerca tra i parenti in merito all’esercizio consensuale dell’autorità parentale[23].

Ci sono poi undici Ordinanze che recepiscono trattati internazionali e che prevedono la mediazione come regolatoria delle controversie che dovessero intervenire nell’interpretazione dei trattati recepiti[24]. Tra di esse riveste però un significato particolare  l’Ordonnance n. 16.277 del 02/04/2004 in materia di responsabilità genitoriale e protezione dei diritti dei minori.

L’art. 31 del relativo trattato impone, infatti, “all’autorità centrale di uno Stato contraente, direttamente o tramite le autorità pubbliche o altri organismi, prendere tutte le misure adeguate per: (omissis)

B) agevolare, con la mediazione, conciliazione o mezzi simili, soluzioni per la protezione della persona o dei beni del minore in situazioni in cui si applica la convenzione concordata;”.

Dal 2005 al 2013 la mediazione è stata strumento per regolare i rapporti tra Pubblica Amministrazione ed amministrati[25]; sui risultati di quest’ultima mediazione in Monaco si può vedere utilmente il Rapport d’activite 2012 Du conseiller en charge des recours et de la mediation[26].

Con Ordinanza n. 4.524 du 30/10/2013 è stato ancora istituito in Monaco l’Alto Commissariato per la protezione dei diritti,  delle libertà e per la mediazione[27]; la norma istitutrice ha abrogato la precedente legislazione in materia di mediazione dei rapporti amministrativi e l’ha sostituita.

In oggi la mediazione dell’Alto Commissario è un modo di composizione amichevole delle controversie che possono sorgere tra i cittadini e le autorità amministrative in occasione di:

ricorsi amministrativi contro precedenti decisioni di carattere individuale nei casi in cui vi siano effetti negativi o la Pubblica Amministrazione abbia riformato la decisione, revocata, abrogata o rigettato il ricorso

– altre controversie che danno luogo a denunce formali quando le controversie derivano da accordi tra lo Stato, il Comune o un ente pubblico e le persone fisiche o giuridiche. Tuttavia, se tale accordi prevedono un metodo di risoluzione alternativa delle controversie, la mediazione può avvenire solo dopo l’attuazione infruttuosa degli accordi[28].

In sostanza l’Alto Commissario riceve il reclamo dal cittadino e può decidere di:

a)    emettere delle raccomandazioni nei confronti della Pubblica Amministrazione per rimediare alle discriminazioni constatate;

b)    raccomandare pure la mediazione che però è volontaria[29]; anche il Procuratore generale del Principato ha lo stesso potere di invitare alla mediazione se ci sono fatti di sua conoscenza che giustifichino una imputazione penale .

c)    o ancora procedere, se le parti sono d’accordo, personalmente a condurre la mediazione.

Le constatazioni e le dichiarazioni rese nel corso della mediazione non possono essere prodotte o citate successivamente in un procedimento civile o amministrativo senza il consenso degli interessati, a meno che la divulgazione dell’accordo sia necessario per la sua esecuzione o se motivi di ordine pubblico lo impongono[30].

La giurisprudenza del principato si è esercitata soprattutto su casi di invio in mediazione familiare.


[1] Article 35 .- Les parties pourront, même en dehors des cas prévus à l’article 24, se présenter volontairement devant le juge de paix et le requérir de tenter de les concilier sur les différends dont elles lui feront l’exposé verbal. Si elles ne s’accordent pas, aucun procès-verbal ne sera dressé et il ne pourra être fait usage de leurs dires. Si un arrangement intervient, il sera constaté par un acte, dont la forme et les effets seront régis par l’article 34 ci-dessus.
[2] Article 37 .- Le tribunal de première instance pourra, en toutes matières et en tout état de cause, ordonner une tentative de conciliation, soit devant tous ses membres, en chambre du conseil ou à l’audience, soit devant un ou quelques-uns d’entre eux, désignés à cet effet. Ce jugement ne sera pas motivé. Il vaudra convocation pour les parties, s’il est contradictoire. Dans le cas contraire, la convocation aura lieu conformément à la disposition de l’article 26. Pour le surplus l’article 35 sera applicable.
[3] Article 24 .- Aucune demande introductive d’instance, excepté celles qui sont énoncées en l’article suivant, ne pourra, à peine de nullité, être portée devant le juge de paix, en premier ou en dernier ressort, sans qu’au préalable ce magistrat ait appelé les parties en conciliation devant lui.
[4] Codice del lavoro – Articolo R1454-10.
[5] Cfr. art. 845 c. 1 C.p.c. novellato.
[7] Art. 197 del Codice uniforme di procedura civile.
[8] Art. 213 del Codice uniforme di procedura civile; cfr. amplius https://mediaresenzaconfini.org/2013/11/09/la-mediazione-in-pillole-svizzera/
[9] L’art. 278a ZPO stabilisce appunto che il giudice possa invitare le parti a coltivare la mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra giudiziario.
[10] § 278 c. 2 ZPO: “Der mündlichen Verhandlung geht zum Zwecke der gütlichen Beilegung des Rechtsstreits eine Güteverhandlung voraus, es sei denn, es hat bereits ein Einigungsversuch vor einer außergerichtlichen Gütestelle stattgefunden oder die Güteverhandlung erscheint erkennbar aussichtslos. Das Gericht hat in der Güteverhandlung den Sach- und Streitstand mit den Parteien unter freier Würdigung aller Umstände zu erörtern und, soweit erforderlich, Fragen zu stellen. Die erschienenen Parteien sollen hierzu persönlich gehört werden”.
[13] Article 25 .- Sont dispensées du préliminaire de conciliation : * 1° Les demandes qui intéressent le domaine public et les établissements publics ; * 2° Les demandes formées contre des personnes n’ayant ni domicile ni résidence dans la Principauté ; * 3° Les demandes en matière commerciale ; * 4° Les demandes formées par ou contre plusieurs parties, encore qu’elles aient le même intérêt ; * 5° Les demandes urgentes.
[14] Dans ce dernier cas, l’assignation ne pourra avoir lieu qu’en vertu d’une permission du juge de paix, donnée sans frais, soit sur l’original de l’exploit, soit sur papier libre, dans le cas prévu à l’article 58. Cette permission sera transcrite en tête de la copie de l’exploit ou du billet portant assignation.
[15] Article 27 .- ( Loi n° 179 du 13 janvier 1934 ) Le jour de la comparution sera fixé par le juge de paix. Le délai entre la date du billet d’avertissement et celle de la comparution devra être au moins de trois jours francs.
[16] Article 30 .- ( Loi n° 197 du 18 janvier 1935 ) Les parties devront comparaître en personne. Elles ne pourront se faire représenter que si elles résident hors de la Principauté ou en cas d’empêchement justifié et seulement par un parent ou allié agréé par le juge de paix, ou par un avocat ou un avocat-défenseur inscrit au tableau. La comparution aura lieu hors de la présence du public.
[17] Article 31 .- ( Loi n° 508 du 2 août 1949  ; Loi n° 1.247 du 21 décembre 2001 ) En cas d’infraction à la disposition de l’article 24, l’huissier supportera sans répétition les frais de l’assignation par lui délivrée, et pourra, en outre, être condamné à une amende de quinze à soixante-quinze euros.
[18] Article 32 .- ( Loi n° 197 du 18 janvier 1935  ; Loi n° 508 du 2 août 1949  ; Loi n° 1.247 du 21 décembre 2001 ) Lorsque le demandeur, sans motif légitime, n’aura pas comparu conformément aux dispositions de l’article 30, il sera condamné par le juge de paix à une amende de trente euros.
[19] Article 33 .- ( Loi n° 726 du 16 mars 1963  ; Loi n° 1037 du 26 juin 1981  ; Loi n° 1092 du 26 décembre 1985  ; Loi n° 1.247 du 21 décembre 2001 ) Si le défendeur ne comparaît pas ou s’il n’y a pas conciliation, le greffier en fera mention sur le registre indiqué à l’article 26, sans relater aucun dire. Lorsque la demande n’excédera pas la valeur de 1 800 euros, elle sera immédiatement inscrite sur le rôle de la prochaine audience. Dans le cas contraire, le greffier délivrera au demandeur, au nom du juge de paix, un permis d’assigner sur papier non timbré, dispensé d’enregistrement, qui reproduira les termes de la demande et la mention portée au registre. Copie de ce permis sera donnée en tête de l’exploit d’assignation.
[20] Article 34 .- ( Ordonnance du 19 mai 1909  ; Loi n° 726 du 16 mars 1963  ; Loi n° 1037 du 26 juin 1981  ; Loi n° 1092 du 26 décembre 1985  ; Loi n° 1.247 du 21 décembre 2001 ) S’il y a conciliation, il sera dressé un procès-verbal des conventions intervenues, qui sera signé par le juge de paix, le greffier et les parties. Si ces dernières ne savent ou ne peuvent signer, il en sera fait mention. Le procès-verbal aura force d’acte authentique, sans néanmoins pouvoir contenir une constitution d’hypothèque. L’expédition qui en sera délivrée portera la formule exécutoire ; elle sera seule soumise à l’enregistrement et l’article 72 y sera applicable dans les causes dont la valeur n’excède pas 1 800 euros.
[21] Livre – I DES PERSONNES (Décrété le 21 décembre 1880 et déclaré exécutoire à dater du 1er janvier 1881) Titre – VI DU DIVORCE ET DE LA SÉPARATION DE CORPS ( Loi n° 1.089 du 21 novembre 1985  ;modifié par la loi n° 1.278 du 29 décembre 2003  ; remplacé à compter du 20 septembre 2007 par la loi n° 1.136 du 12 juillet 2007 ) (1) Dispositions d’application : Voir les articles 3 à de la loi n° 1.336 du 12 juillet 2007. Chapitre – I Du divorce Section – II De la procédure du divorce Dispositions générales Article 202-4 .- (Créé par la loi n° 1.336 du 12 juillet 2007 ) À tout moment de la procédure, il peut être proposé ou enjoint aux époux de se soumettre à une mesure de médiation familiale.
[22] Article 200-4. – La requête et l’ordonnance sont signifiées par huissier, en tête de la citation délivrée à l’époux défendeur ; le délai fixé pour la comparution des parties est de huit jours au moins à compter de la citation qui précise que l’époux défendeur doit comparaître en personne ; le tout à peine de nullité de la citation. (Loi n° 1.336 du 12 juillet 2007 modifiant les dispositions du Code Civil relatives au divorce et à la séparation de corps).
[23] Section – I Des attributs de l’autorité parentale ( Loi n° 1.278 du 29 décembre 2003 ) Article 303 .- ( Loi n° 1.278 du 29 décembre 2003  ; modifié à compter du 20 septembre 2007 par la loi n° 1.336 du 12 juillet 2007 ) À la demande du père, de la mère, de tout intéressé ou du ministère public, le juge tutélaire statue sur les conditions d’exercice de l’autorité parentale ou les difficultés qu’elles soulèvent, en fonction de l’intérêt de l’enfant. À l’effet de faciliter la recherche par les parents d’un exercice consensuel de l’autorité parentale, le juge tutélaire peut leur proposer ou leur enjoindre de se soumettre à une mesure de médiation familiale.
[24] CONVENTION du 30/03/1961 UNIQUE SUR LES STUPÉFIANTS DE 1961; CONVENTION du 21/02/1971 SUR LES SUBSTANCES PSYCHOTROPES; Ordonnance n. 10.201 du 03/07/1991 rendant exécutoire la Convention des Nations Unies contre le trafic illicite de stupéfiants et de substances psychotropes; Ordonnance n. 10.899 du 24/05/1993 rendant exécutoire la Convention de Vienne pour la protection de la couche d’ozone et le protocole de Montréal relatif à des substances qui appauvrissent la couche d’ozone tel qu’amendé par le protocole de Londres; CONVENTION du 11/06/1992 sur la diversité biologique faite et signée à Rio de Janeiro le 11 juin 1992; Ordonnance n. 15.276 du 04/03/2002 rendant exécutoire l’accord sur la conservation des cétacés de la mer Noire, de la Méditerranée et de la zone atlantique adjacente (ACCOBAMS), fait à Monaco le 24 novembre 1996; Ordonnance n. 16.277 du 02/04/2004 rendant exécutoire la convention concernant la compétence, la loi applicable, la reconnaissance, l’exécution et la coopération en matière de responsabilité parentale et de mesures de protection des enfants, faite à La Haye le 19 octobre 1996; Ordonnance n. 2.381 du 28/09/2009 rendant exécutoire le Protocole au Traité sur l’Antarctique relatif à la protection de l’Environnement; Ordonnance n. 3.153 du 24/02/2011 rendant exécutoire le Règlement Sanitaire International (2005) adopté par la cinquante-huitième Assemblée Mondiale de la Santé le 23 mai 2005; Ordonnance n. 1.060 du 13/04/2007 rendant exécutoire la Convention de l’UNESCO sur la protection et la promotion de la diversité des expressions culturelles, adoptée à Paris le 20 octobre 2005; Ordonnance n. 1.729 du 15/07/2008 rendant exécutoire le Traité sur l’Antarctique conclu à Washington en 1959. Cfr. http://www.legimonaco.mc/305/legismclois.nsf/viewTNC?SearchView&Query=mediation%20AND%20(%20%5BTYPETEXT%5D%20CONTAINS%20Ordonnance%20AND%20NOT%20(%5BTYPETEXT%5D%20CONTAINS%20%22loi%22))&SearchWV=FALSE&SearchFuzzy=FALSE
[25] De la médiation (Abrogé par l’ ordonnance n° 4.524 du 30 octobre 2013 ). Art. 5. La médiation constitue un mode de règlement amiable des différends susceptibles d’intervenir entre les administrés et l’autorité administrative. La médiation intervient en cas de désaccords résultant soit de recours administratifs préalables formés à l’encontre de décisions à caractère individuel, soit d’autres différends donnant lieu à des réclamations formalisées. Les dispositions de la présente section sont applicables aux contestations nées de conventions conclues entre l’Etat et des personnes physiques ou morales. Toutefois, lorsqu’une telle convention stipule un mode de règlement amiable des différends, la médiation ne peut intervenir qu’après mise en œuvre du dispositif contractuel demeurée infructueuse.
[27] Haut Commissariat à la Protection des Droits, des Libertés et à la Médiation Place de la Visitation MC 98000 MONACO Tel. : (+377) 98 98 80 00
[28] Article 16 .- Le Haut Commissaire peut également être saisi, aux fins de médiation, par les autorités mentionnées à l’article 2 ainsi que par les directeurs d’établissements publics. La médiation constitue un mode de règlement amiable des différends susceptibles de survenir entre les administrés et l’autorité administrative à l’occasion: – de recours administratifs préalables formés à l’encontre de décisions à caractère individuel dans les conditions visées aux articles 3 et 4 de Notre ordonnance n° 3.413 du 29 août 2011 , modifiée, susvisée ; – d’autres différends donnant lieu à des réclamations formalisées. Les dispositions du précédent alinéa sont applicables aux contestations nées de conventions conclues entre l’État, la Commune ou un établissement public et des personnes physiques ou morales. Toutefois, lorsqu’une telle convention stipule un mode de règlement amiable des différends, la médiation ne peut intervenir qu’après mise en œuvre du dispositif contractuel, demeurée infructueuse.
[29] Article 24 .- Le Haut Commissaire peut aussi recommander le règlement à l’amiable du différend, le cas échéant par un accord transactionnel, obtenu grâce à sa médiation.

[30] Article 24 c. 2. Les constatations effectuées et les déclarations recueillies au cours de la médiation ne peuvent être ni produites, ni invoquées ultérieurement dans les instances civiles ou administratives sans le consentement des personnes intéressées, sauf si la divulgation de l’accord est nécessaire à sa mise en œuvre ou si des raisons d’ordre public l’imposent.

Brevi news sull’ADR nel mondo (novembre 2013-gennaio 2014)

Argentina

 Quando si programma un percorso di risoluzione alternativa.

Dato che in questi giorni si parla molto di studi e statistiche io vorrei rifarmi per esempio a quelle di un tribunale argentino, quello di Formosa una cittadina di 200.000 abitanti che si affaccia sul fiume Paraguay.

Mi ha colpito il fatto che nel 2012 i casi di mediazione numericamente più rilevanti sono stati quelli di presentazione volontaria. E che questo sia avvenuto anche nel 2011 e nel 2010. (http://www.jusformosa.gov.ar/mediacion/ESTADISTICAS.pdf).

Ora in Argentina sussiste la piena condizione di procedibilità: essa è stata vissuta dai cittadini in via provvisoria e sperimentale dal 1996 sino al 2011 (era in vigore Ley 24,573 in http://infoleg.mecon.gov.ar/infolegInternet/anexos/25000-29999/29037/texact.htm) e poi si è deciso di disciplinarla stabilmente con la legge 26589 del 15 aprile 2010 ( http://infoleg.mecon.gov.ar/infolegInternet/anexos/165000-169999/166999/norma.htm).

Alla fine di questo percorso il cittadino di Formosa vive evidentemente la mediazione come regola e non come eccezione.

A fronte di ciò si potrebbe concludere che da noi che abbiamo un sistema simile a quello argentino (o almeno lo avevamo prima dell’intervento della Consulta), visto che siamo partiti nel 2010 e che abbiamo una mentalità vicina a quella argentina (siamo anche noi neolatini), vedremo i primi frutti nel 2025.

Ma potrebbe essere una conclusione affrettata.

In Argentina la cultura della mediazione ha preso campo a distanza di 15 anni a seguito di un certo viatico: durante la dittatura alcuni sono andati a studiare l’ADR negli Stati Uniti, poi sono tornati quando il paese è stato liberato, hanno dibattuto su chi potesse fare il mediatore e individuato il mediatore gli si è chiesto di studiare la mediazione per alcuni anni, contemporaneamente si è domandato ai giudici che cosa ne pensassero dell’istituto e se fossero disponibili a partecipare a programmi sperimentali pilota. A questo punto dopo un dibattito che ha permeato tutta la società si è partiti ed oggi si è arrivati dove si è arrivati.

Il nostro modo di affrontare la mediazione è stato molto diverso: noi siamo partiti da una legge stabile ossia dal tetto per poi accorgerci che era meglio che l’istituto fosse sperimentale; chi abbiamo consultato al proposito io non l’ho ancora capito e si è iniziato a studiare mediazione dopo la pubblicazione della legge: ciò è accaduto non solo per i mediatori, ma più un generale (salve le eccezioni naturalmente) anche per i formatori; in questo quadro si sono addirittura accettati dei responsabili scientifici che non erano né mediatori, né formatori. Invece di concertare i modelli con gli operatori del settore che ormai si sono fatti un po’ di esperienza si è preferito inventare i modelli.

E dunque chissà se nel 2025 chi ci sarà parlerà ancora di mediazione…

Compenso del mediatore argentino

Il mediatore argentino (avvocato con almeno 5 anni di esperienza) che lavora in Camera di commercio (CEMARC) ha diritto ad un compenso proporzionale al valore dell’accordo raggiunto. Nel caso in cui le parti non si accordino per un maggiore valore si applicano le seguenti tariffe (onorario fisso + una percentuale sull’eccedenza rispetto allo scaglione di riferimento):

Valore dell’accordo              Onorario fisso Onorario percentuale sulla eccedenza
0 30.000 600 0,00%                  0
30.001 100.000                           600                           2,00% 30.000
100.001 200.000                       2.000                       1,80% 100.000
200.001 300.000                       3.800                       1,60% 200.000
300.001 400.000                      5.400                       1,40% 300.000
400.001 500.000                     6.800                         1,20% 400.000
500.001 600.000                      8.000                        0,80% 500.000
600.001 700.000                     8.800                         0,60% 600.000
700.001 800.000                     9.400                         0,40% 700.000
800.001 900.000                     9.800                         0,20% 800.000
900.001 e seguente               10.000                         0,00% 900.000

Il sistema appare dunque più equilibrato del nostro perché la tariffa è solo sussidiaria alla volontà delle parti.
http://www.cac.com.ar/documentos/34_REGLAMENTO%20DE%20MEDIACIoN%20%2012dic07%2001set08.pdf

 

Austria

 E’ notizia del 22 gennaio 2014 che in Austria il tasso di successo della mediazione è superiore al 50%.

http://wirtschaftsblatt.at/home/nachrichten/recht_steuern/1552285 on_Erfolgsrate-liegt-uber-50-Prozent

Da noi invece si pensa alle camere arbitrali…

Forse abbiamo paura di poter raggiungere la stessa percentuale?

Bangladesh

I mediatori sono professionisti di grande rilevanza: la stampa straniera dà notizia di quando essi vengono accreditati; così è accaduto da ultimo per il Bangladesh ove ad esempio nel mese di settembre sono stati creati 22 nuovi mediatori (http://www.mediate.com/nlpreview.cfm). Noi invece come avvocati non abbiamo nemmeno la gioia della conquista; farebbe invece notizia un collega che non volesse essere considerato mediatore di diritto…

Per un giudice del Bangladesh

“A lawyer is the trusted legal expert of his client. If a lawyer is not fully aware of the benefits of mediation and he does not encourage his client for mediation then it will be difficult to make the exercise a success,” said Mr. Justice Md. Muzammel Hossain, Hon’ble

Chief Justice of Bangladesh while attending the programme as a chief guest.

http://www.bd.undp.org/content/bangladesh/en/home/presscenter/articles/2013/10/17/taking-mediation-to-the-masses-/

Scelta illuminata del Bangladesh

Il Bangladesh è attualmente il quinto paese più lento del mondo per far rispettare un contratto (1442 giorni).

Già nel 2003 si è data la possibilità alle parti di risolvere le controversie fuori dal processo, ma l’utilizzo è stato scarso.

Così Il codice di procedura civile è stato modificato alla fine di settembre 2012 e si è resa la mediazione obbligatoria per tutti i casi, tra cui quelli che coinvolgono in controversie civili e commerciali.

La modifica non è entrata in vigore poiché si attende che siano formati i mediatori, i giudici e gli avvocati.

L’avvocato Saqeb Mahbub membro della Corte Suprema del Bangladesh definisce il provvedimento ultimo in questo modo: “La legislazione rendendo la mediazione obbligatoria in tutti i casi civili è certamente un passo nella giusta direzione. Il potenziale della mediazione obbligatoria nella sua promozione del commercio e degli investimenti esteri è immenso. Deve ora essere seguita dalla creazione delle infrastrutture e dalla costruzione della capacità di un sistema giustizia che faciliti la mediazione”.

(http://www.thefinancialexpress-bd.com/old/index.php?ref=MjBfMTBfMDNfMTNfMV85Ml8xODU2MTI%3D)

Inoltre con un progetto pilota in Bangladesh si consente ai contribuenti di risolvere in via amichevole stragiudiziale e con l’aiuto di un facilitatore (appartenente ad un panel selezionato dalla CC.I.AA.: 22 mediatori sono stati ad oggi formati), le controversie attinenti a:

a) imposta sul reddito,

b) imposta sul valore aggiunto (IVA)

c) e le controversie doganali.

Tempo stimato per la risoluzione delle controversie: 30-60 giorni.

La scelta di politica fiscale si basa su un progetto sudafricano del 2003 ed è sostenuta finanziariamente dalla banche.

 

Brasile

Novità rilevanti per la mediazione in Brasile

La Comissão de Constituição, Justiça e Cidadania, una commissione del senato brasiliano, ha approvato un nuovo progetto sulla mediazione (Projeto que disciplina a mediação judicial e extrajudicial) in data 11 dicembre 2013.

Dopo un voto della plenaria del Senato, dovrebbe passare alla Camera.

La norma che disciplina uno strumento volontario, non disciplina la mediazione nell’ambito familiare.

Interessante è che questo progetto di legge prevede che il Ministero della Pubblica Istruzione debba incoraggiare gli istituti di istruzione superiore ad includere la disciplina della mediazione come materia di studio e che il Consiglio federale brasiliano dell’Ordine degli Avvocati dovrebbe includere le questioni relative alla mediazione nelle prove d’esame per gli avvocati (Cfr. http://senado.jusbrasil.com.br/noticias/112215575/projeto-que-disciplina-a-mediacao-judicial-e-extrajudicial-e-aprovado-pela-ccj).

Particolare la formazione per i mediatori del panel giudiziario che devono frequentare apposita scuola biennale.

Le parti possono anche essere assistite da avvocati. Se solo una è assistita l’altra può chiedere la nomina di un difensore d’ufficio.

Mentre la mediazione extragiudiziale non ha alcun termine (misura questa assai opportuna!) quella giudiziale ha un termine di 60 giorni decorrenti dalla prima seduta.

Il progetto approvato prevede inoltre di mediazione per i conflitti che coinvolgono agenzie ed enti governativi.

http://legis.senado.gov.br/sicon/index.jsp

Buthan

Il Buthan è uno strano paese paese in cui il procuratore generale ha fatto scrivere sul suo sito istituzionale “Meglio che dieci innocenti sfuggano piuttosto che un innocente soffra” (William Blackstone). Ma ancora più bizzarro è il pensiero del Re del Buthan che nel 2013 a commento di un corso di mediazione per formare giudici ed avvocati ha esclamato:”most important of this training is to provide service to our people and enhance access to justice by becoming good teachers and trainers”.

Curioso paese il Buthan ove si cerca la verità, la pace, la conoscenza e la felicità.

http://oag.gov.bt/

Canada

 

In Canada dal 2014 i professionisti delle controversie familiari devono possedere nuovi requisiti

Nel 2012 è stato approvato il nuovo Family Law Act che entrato in vigore 18 marzo 2013 (il precedente era del 2005).

La norma (V. ART. 245http://www.bclaws.ca/EPLibraries/bclaws_new/document/LOC/freeside/–%20F%20–/Family%20Law%20Act%20SBC%202011%20c.%2025/00_Act/11025_12.xml#section245) prevede nuovi requisiti di formazione per i professionisti della risoluzione delle controversie familiari a partire dal 1 gennaio 2014.

Si richiede in particolare che siano soddisfatti gli standard specifici in merito alla violenza in famiglia, ricomprendendo la formazione per riconoscere la violenza in famiglia, ed un livello minimo di formazione teorico e pratica annuale in materia familiare.

Gli avvocati che agiscono come i professionisti di risoluzione delle controversie devono rispettare gli standard di formazione e di pratica equivalenti, secondo quanto previsto dal Ministero della Giustizia.

Mediazione obbligatoria in Canada per servizi bancari e finanziari

Dal 1° maggio 2014 in Canada il Mediatore per i servizi bancari e gli investimenti (OBSI) dovrà essere il mediatore utilizzato obbligatoriamente in tutte le giurisdizioni in Canada (ad eccezione del Quebec).

Le aziende bancarie e di investimento iscritte ad OBSI una volta che riceveranno il reclamo dovranno far presente agli utenti che utilizzano il servizio indipendente di OBSI.

Altri provider non possono essere utilizzati se non in caso eccezionale.

Gli utenti avranno tempo 6 anni per adire OBSI, trascorsi 90 giorni dalla risposta negativa o senza che vi sia una risposta.

Le aziende possono rispondere anche oltre il termine di 90 giorni, ma in tal caso l’utente può modificare in conseguenza entro 180 giorni la domanda di mediazione ad OBSI.

Il servizio di risoluzione delle controversie è a carico delle aziende bancarie e di investimento.

Gli utenti che vogliano utilizzare un altro provider lo fanno a proprie spese.

Si può adire OBSI solo per somme inferiori ai 350.000 dollari.

http://www.mondaq.com/canada/x/283292/Securities/OBSI+Mandatory+ADR+for+All+Canadian+Securities+Registrants+Coming+May+1+2014&email_access=on

 

Cina

 Trasparenza cinese

Il 28 novembre 2013 in Cina la Corte suprema del popolo ha deciso di mettere online tutte le decisioni giudiziarie e i lodi arbitrali (non le mediazioni) in modo che il popolo possa esprimere la sua opinione al proposito dell’operato dei giudici.

http://www.chinacourt.org/article/detail/2013/11/id/1152212.shtm

Germania

 Studio sulla mediazione

Uno studio tedesco molto recente ha dato i seguenti esiti.

Il 48% dei cittadini considera la mediazione una procedura ottima

Il 56% dei cittadini ritiene la mediazione stragiudiziale tedesca un buon modello.

Il 68% dei giudici tedeschi approva il modello del guterichter (giudice che media e non decide)

I Giudici ed i pubblici ministeri considerano utile la mediazione nelle questioni familiari e di prossimità.

L’85% dei cittadini tedeschi ritiene che la conciliazione preventiva obbligatoria presente nei Lander è cosa utile.

Metà dei giudici e dei pubblici ministeri ritengono gli ADR utili e l’altra metà li utilizza.

In materia di divorzio la mediazione è approvata dal 60%, mentre i contrari sono il 36%.

la maggioranza dei tedeschi vuole evitare il processo per il rischio finanziario (si vede che noi siamo più ricchi…)

Sotto i 1950 € al processo non ci pensa nessuno.

Come è possibile che dall’altra parte del confine ci siamo noi?

http://www.centrale-fuer-mediation.de/35000.htm

Mediazione insolita

Mercoledì scorso in Germania si è celebrata una mediazione che nei prossimi giorni si concluderà con una proposta non vincolante.

Il caso è molto particolare: alcuni eredi di mercanti antiquari ebrei sostengono che i loro parenti hanno venduto obbligatoriamente e sotto costo per la pressione della persecuzione razziale alcuni tesori allo stato nazista e la Fondazione prussiana dei Beni Culturali, che sovrintende il museo di Berlino che ora detiene il tesoro, sostiene al contrario che i venditori hanno ricevuto “un prezzo equo e adeguato”. Chissà come andrà a finire. Di certo la vicenda ha un grande valore morale a prescindere da quello economico.

http://www.thelocal.de/20140116/panel-fails-to-rule-over-stolen-church-treasures#disqus_thread

Mediazione e assicurazione in Germania

Mentre in Germania le compagnie di assicurazioni considerano la mediazione come un utile strumento (e ciò secondo uno studio del febbraio-marzo 2013; cfr. http://www.mediation.de/rechtsschutz), in Italia si è invece deciso di stralciare la condizione di procedibilità sul punto.

Ci sono ben 31 assicurazioni in Germania (cfr. http://www.mediator-finden.de/mediation/mediation-und-rechtsschutz) che coprono anche i costi da mediazione, perché i costi delle spese legali sono enormemente lievitati.

Vi è addirittura un invito del sito http://www.mediation.de/rechtsschutz a controllare le spese legali: sul sito http://www.spiegel.de/wirtschaft/prozesskostenrechner-was-der-gang-vor-den-kadi-kostet-a-237919.html si può agevolmente verificare quanto può costare un processo; ho provato personalmente a mettere un importo di € 20.000 a titolo di esempio ed è venuto fuori un valore di 6.372,29 €.

http://www.mediator-finden.de/mediation/mediation-und-rechtsschut

Condizione di procedibilità

Nel 1418 il Consiglio della lega Anseatica varò questo bellissimo regolamento:

1) Ogni confederato è tenuto a scambievole assistenza e difesa.

2) Ove uno dei membri venga assalito, la Lega darà opera perché tutto si termini in via di conciliazione.

3) Nel caso che l’assalitore non intendesse desistere dalle ostilità tutte le città confederate dovranno entro 14 giorni porger sussidio alla sorella assalita d’uomini e di denaro, secondo è stabilito dalla matricola dello Stato (la matricola era la quota imposta a ciascuna confederata).

4) Nessuna città potrà, senza l’assenso delle quattro città anseatiche più vicine, dichiarar guerra qualsivoglia principe o stato.

5) Parimenti è vietato segnar paci parziali senza l’intervento del congresso.

6) Se fra due città della Lega insorgessero querele, toccherà aggiustarle a quattro città sorelle e il loro giudizio sarà inappellabile.

 

Giappone

Notizia del 23 dicembre 2013 è che in Giappone la metà delle controversie mediche sono risolte in mediazione.

http://www.car-molds.com/medical-dispute-mediation-settlement-japan/

Grecia

Il 23 dicembre 2013 sono stati presentati alla Camera delle piccole e medie imprese di Atene (BEA) 75 mediatori avvocati che hanno superato il prescritto esame di stato e che verranno iscritti nell’elenco del Ministero della Giustizia.

Auguro ai colleghi ellenici di portare alto il nome della mediazione nel mondo.

http://www.newsit.gr/default.php?pname=Article&art_id=259512&catid=3

Inghilterra

 

Il Ministro della Giustizia inglese punta sulla mediazione familiare

Nel settembre del 2013 il ministro della Giustizia inglese, Lord McNally, ha affermato: “La mediazione può essere più veloce, più economica e produce risultati migliori delle stressanti battaglie giudiziarie in campo familiare – e siamo impegnati ad aiutare più coppie che si separano affinché utilizzino gli eccellenti servizi disponibili. Milioni di sterline di patrocinio sono ancora disponibili per coprire i costi della mediazione e stiamo cambiando la legge in modo che in futuro chiunque considerando l’azione giudiziaria sarà legalmente obbligato a partecipare ad una sessione informativa di mediazione e a valutare se questo possa essere un migliore approccio.

L’anno scorso, poco più di 17.000 persone hanno utilizzato con successo i fondi del gratuito patrocinio per risolvere questioni familiari e stiamo lavorando sodo con i fornitori di servizi di mediazione e di consulenza per garantire che più persone siano avvisate che esiste un’alternativa al processo”.

http://www.theguardian.com/law/2013/sep/30/mediation-services-legal-aid

 

Continua la campagna pro mediazione nonostante il cambio di Ministro della Giustizia

“When people separate we want them to do it in the least damaging way for everyone involved, especially children. That is why we want them to use the excellent mediation services available to agree a way forward, rather than have one forced upon them.”

Simon Hughes, Ministro della Giustizia inglese

7 gennaio 2014

http://www.bbc.co.uk/news/uk-politics-25638627

La mediazione nel 1758 a Londra e a Philadelphia 100 anni dopo. E nel 2013?

La mediazione, nella quale un amico comune interpone i suoi buoni uffici, si rivela spesso efficace nel coinvolgere le parti contendenti nell’incontrarsi a metà strada, nel venire a una buona comprensione, nello stipulare un accordo o compromesso rispetto ai loro diritti, e, se la domanda si riferisce ad una offesa, nell’offrire e accettare una ragionevole soddisfazione.

L’ufficio del mediatore richiede un elevato grado di integrità, di prudenza e di capacità di eloquio.

Egli dovrebbe osservare una rigorosa imparzialità, dovrebbe ammorbidire i rimproveri dei contendenti, calmare i loro risentimenti, e disporre le loro menti ad una riconciliazione. Il suo dovere è quello di favorire pretese ben fondate, e di effettuarne il ripristino, in capo a ciascuna parte, per ciò che gli compete: ma lui non deve insistere in modo pignolo su una rigida giustizia. Lui è un conciliatore e non un giudice: la sua mansione è quella di procurare la pace, e di indurre chi ha la ragione dalla sua parte a cedere qualcuna delle sue pretese, se necessario, in vista di un così grande benedizione.

Emer de Vattel- Joseph Chitty, The law of nations; or, Principles of the law of nature: applied to the conduct and affairs of nations and sovereigns, T.&J.W. Johnson & Co., 1858, p. 276.

India

Matematica

Secondo un prestigioso studio del 2013 in India c’erano 30.000.000 di casi pendenti che andrebbero ad esaurirsi secondo l’andamento corrente in 300 anni; in Italia nel 2010 c’erano 6.927.881 processi civili di merito pendenti.

Quanti anni ci vorranno per esaurirne il carico? secondo la matematica 60…

E se nel 2014 il Ministro della Giustizia nostrana fa riferimento a 9.000.000 di processi? Secondo la matematica 90…

Cfr. J. Martinez ed altri, DISPUTE SYSTEM DESIGN: A COMPARATIVE STUDY OF INDIA, ISRAEL AND CALIFORNIA in http://cardozojcr.com/wp-content/uploads/2013/05/CAC308.pdf)

Cfr. Senato della Repubblica XVII legislatura Dati statistici relativi all’amministrazione della giustizia in Italia in http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/dossier/file_internets/000/000/063/Dossier_011.pdf)

 

Strumenti alternativi in India (e se ripensassimo il 185 bis c.p.c. ?)

L’arbitrato esiste in India dal 1899 (vi sono state anche due riforme: nel 1940 e nel 1996) mentre la mediazione informale è praticata da tempo immemorabile.

Dal 1987 (Legal Services Authorities Act 1987) la mediazione e il patrocinio legale gratuito per la medesima fanno parte integrante del sistema giurisdizionale indiano.

La mediazione è amministrata da Corti che si definiscono Lok Adalats.

La sezione 89 del Codice di Procedura Civile (in vigore dal 2002) prevede il seguente interessante tenore:

” 89 . Risoluzione delle controversie fuori dal tribunale – . ( 1) Qualora risulti al giudice che esistono elementi per un accordo che può essere accettabile per le parti, il giudice è tenuto a formulare le condizioni dell’accordo e a consegnarle alle parti per le loro osservazioni e dopo aver ricevuto le osservazioni delle parti, il giudice può riformulare i termini di un possibile accordo e sottoporre lo stesso a –

a) arbitrato ;

b) conciliazione ;

c) composizione giudiziaria, compresa la composizione attraverso Lok Adalat, oppure

d ) mediazione

( 2 ) Se una controversia è stata riferita –

( a) in arbitrato o in conciliazione, le disposizioni della legge sull’Arbitrato e sulla conciliazione del 1996 si applicano come se il procedimento di arbitrato o conciliazione fossero scelti per la composizione in base alle disposizioni di tale legge;

( b) alla Lok Adalat , il giudice rinvia la stessa controversia alla Lok Adalat secondo le disposizioni della sub sezione (1) della sezione 20 della Legal Services Authorities Act, 1987 e tutte le altre disposizioni di tale atto si applicano nei confronti della controversia in tale modo riferita alla Lok Adalat;

( c) per la composizione giudiziaria, il giudice rinvia la stessa a un istituto idoneo o persona e tale ente o la persona devono essere considerati una Lok Adalat e si applicano le disposizioni del Legal Services Autorità Act del 1987 come se la controversia sia stata sottoposti ad una Lok Adalat in base alle disposizioni di tale legge;

(d) per la mediazione, il giudice deve stendere un accordo di mediazione tra le parti ed esse devono seguirne le regole.

 

Irlanda

 Da dove cominciare se si vuole andare in mediazione?

Un’utile guida si può trovare su http://www.icma.ie/where-to-start-2/

La traduco perché mi pare interessante.

Certo presuppone che si metta su un sistema completamente diverso dal nostro che è poi anche quello americano/inglese.

Bisogna allora interrogarsi su ciò che vogliamo e se il nostro modo di affrontare le controversie sia o meno (ancora) efficace

Teniamo conto che in Irlanda la mediazione è ormai come il prezzemolo, si trova in ogni settore pubblico e privato.

Nel passo peraltro si parla del primo incontro esplorativo, ma solo nel caso in cui ci sia incertezza sull’utilizzo dello strumento.

Come si noterà il loro modo di ragionare è profondamente differente dal nostro: il processo si prepara tra le parti durante il percorso di pace, in modo che sia chiaro a tutti alla fine quale opzione sia più opportuna da seguire.

Le parti sono dunque sempre in contatto e collaborano tra di loro, anche nella scelta del mediatore.

L’approccio poi sulle spese di mediazione appare rivoluzionario per il nostro paese, ma se ci pensiamo bene denota grande serietà di intenti che non può che ripagare.

Da dove cominciare?

– Esaminate la gamma di opzioni che possono aiutare a risolvere il problema. Definite i vostri obiettivi, i bisogni reali e le preoccupazioni e discutete le opzioni per raggiungerli. Se la mediazione sembra offrire un possibile progresso, ricordate a voi stessi i vantaggi della mediazione, tra cui la rapidità, il rapporto costo-efficacia, il controllo sul risultato, la riservatezza, la flessibilità, le soluzioni creative e l’esito.

– Avvicinate l’altra parte o il suo avvocato e informatevi sulla loro disponibilità a ricorrere alla mediazione. Se sono favorevoli si può fare riferimento al ‘Trova un Mediatore’ su questo sito e se sia possibile scegliere un mediatore da questo elenco. Visita la ‘ Selezione di un mediatore ‘ per alcuni suggerimenti utili.

-In alternativa , se un approccio diretto non può funzionare o non funziona , avvicinate uno dei mediatori della sezione ‘Trova un Mediatore ‘ su questo sito e chiedete loro di entrare in contatto con l’altra parte / avvocato per discutere l’idoneità del caso mediazione e la via da seguire: spesso può essere utile avere questo approccio iniziale effettuato da un pratico esperto neutrale di mediazione o da fornitore di servizi.

– Se l’avversario (o consulente legale ) è incerto , suggerite un incontro esplorativo, senza alcun impegno, con un mediatore, in cui si verifichi se per la materia la mediazione può essere utile e ci si informi sui costi, i tempi e la preparazione.

– Se incontrate in qualche fase riluttanza, chiedete all’avversario/avvocato quali siano le loro preoccupazioni (piuttosto che scambiarvi semplicemente le vostre posizioni giuridiche) e ascoltate la risposta.

– Considerare le alternative alla mediazione e le loro conseguenze in termini di costi, tempi, risultato e pubblicità.

– Ampliate il focus del processo di mediazione non limitandovi al solo raggiungimento di una soluzione, ma includendo lo scambio di informazioni, l’acquisizione della comprensione e del restringimento dei problemi.

– Create un piano d’azione con passaggi ben individuati per muovervi verso la mediazione: ricordate che non affrontate un processo uguale in tutti i casi – è un processo flessibile che può essere adattato alle esigenze della materia della controversia e richiede una buona preparazione ed eventuali follow-up.

– Cercate di lavorare in collaborazione con l’altra parte nella preparazione dei documenti per la mediazione; redigete una ” lista della spesa ” delle informazioni di cui abbisognate dall’altra parte in modo che la mediazione si tramuti in uno strumento significativo; considerate quali informazioni e/o documenti che si possono rivelare all’altra parte la possa aiutare a comprendere meglio la propria posizione e a progredire verso una soluzione, esaminate l’ipotesi di elaborare un programma congiunto di informazione/punti controversi.

– Suggerite che sia l’altra parte/avvocato a scegliere il mediatore e approvate la sua scelta.

– Offritevi di pagare le spese di mediazione, e magari anche le spese di rappresentanza legale che affronterebbe l’altra parte.

– Le forti emozioni espresse dagli attori della mediazione in questa fase sono utili e possono essere utilizzate nel processo di mediazione.

Riservatezza

In Irlanda gli Organismi non si pongono il problema di creare case history, considerano (grazie a Dio) la riservatezza ancora un valore e allora per pubblicizzare la loro attività chiedono a coloro che vanno in mediazione di dare dei giudizi sull’esperienza che hanno vissuto.

Ad esempio:

“We had a particularly difficult situation with a senior employee that looked impossible to solve without recourse to the courts, a process that would have caused a huge financial strain on the company, not to mention the internal rifts such disputes can bring. The impasse was affecting our company’s ability to operate and luckily for us Brian was recommended as a mediator. Neither side of the dispute had any previous dealings with Brian but both came to a resolution in little over 24 hours after his direct involvement. The resolution was acceptable to both parties and represented a sea-change from where parties had stood just a day before. The binding agreement was reached with diplomacy, tact and absolute professionalism.”

http://www.mediatetoday.info/content/testimonials

 Italia

 Abuso del diritto

“Nella procedura sommaria dipenderà di regola dall’arbitrio delle parti valersi o no dell’opera di avvocati. Tuttavia ordinandolo il giudice espressamente, ciascuna di esse sarà tenuta a comparire in giudizio di persona. E’ pure rimesso al prudente arbitrio del giudice, a seconda delle circostanze del caso, di sentire le parti sopra cose di fatto in assenza dei loro avvocati; come anche di rimuovere dal foro quelle parti che importunassero con riprodurre temerariamente petizioni e domande già respinte, o che si contenessero in modo inconveniente o non avessero al capacità di esporre le loro occorrenze in modo intellegibile, e potrà rimetterle a farsi rappresentare da un avvocato”. (§ 10 Ordinanza del Ministero della Giustizia 32 marzo 1850)

Nel processo austriaco dell’Ottocento esisteva il giudizio sommario e quello ordinario.
Il rito sommario veniva utilizzato per le controversie che per valore ammontavano a meno di 600 lire austriache e per le questione locatizie e di affittanza.
Il § 10 riportato riguarda appunto il rito sommario.

Appare interessante perché ci fa intendere due cose:1) Le persone avevano un gran voglia di litigare anche nel XIX secolo e in ogni dove visto che questa norma valeva per il Lombardo-Veneto ma anche per l’Austria. 2) I loro avvocati potevano alimentare il litigio ovvero agire da calmiere di pretese insensate.

Per arginare questo desiderio di conflitto il § 14 stabiliva che se le parti non avessero fatto un tentativo di conciliazione preventivo fosse il giudice quello obbligato a tentare la conciliazione.
E dunque l’uomo sembra non aver mutato granché la sua natura.
È forse questo il vero nemico della moderna mediazione? La voglia di litigare che connatura l’uomo?

Caduceo o giustizia?

Qualche giorno fa sono sceso alla fermata S. Giorgio della Metro, quella davanti al famoso palazzo genovese. Ci sarò passato davanti centinaia di volte eppure non avevo mai notato che su ben due facciate laterali sono riprodotte l’effige di Mercurio col suo caduceo e quella della dea Fortuna con la cornucopia.

Mi è parsa una associazione significativa e mi sono chiesto che messaggio voleva dare l’artista; perché associare il dio della medicina alla dea della fortuna. Forse che la nostra vita oscilla tra la fede nella scienza e la realtà del caso?

Poi ho pensato che Mercurio era anche il dio della mercanzia, degli affari ed allora l’associazione con la dea fortuna in un porto di mare, mi è parsa particolarmente azzeccata.

Ma Mercurio era anche il dio dei viaggi. E dunque un velo di tristezza è calato: il pittore avverte i naviganti che i viaggi sono legati alla fortuna.

O forse il dipinto ha ancora un’altra finalità.

Mercurio era considerato il dio della pace e della conciliazione degli opposti.

Ovidio lo definisce pacifer.

I due serpenti nel caduceo alludono proprio al mito della pace: si dice che Mercurio avesse incontrato due serpenti che lottavano tra loro e li avesse dissuasi dalla lotta.

Galileo Galilei si riferì al caduceo con queste parole:”Componi gli animi avversi e spegni queste fiamme”.

Presso gli antichi erano gli araldi che portavano il caduceo e che erano detti appunto caduceatores.

Il caduceo era sì il simbolo del commercio, ma appunto anche della pace e della conciliazione di cui appunto gli ambasciatori erano latori.

Gli araldi facevano peraltro anche i cancellieri nei processi: ancora oggi i cancellieri spagnoli conciliano al pari dei giudici.

Nel processo antico si prevaleva sull’avversario in base ai voti riportati; la sentenza era dunque frutto della fortuna, ossia della benevolenza che si stimolava nei giurati pagando i logografi giudiziari che erano in grado di suscitare empatia.

E dunque il viaggiatore, commerciante che approdava a Genova un tempo poteva scegliere tra la conciliazione e la fortuna… E nel 2013?

 

Filippo Cervo, un avvocato di pace

Nel 1862 un avvocato che si chiamava Filippo Cervo si accinse a scrivere un progetto di legge che venne pubblicato nel 1872.

Se questo progetto fosse stato adottato probabilmente sarebbe cambiata la nostra società.

In alcuni paesi d’Europa tuttavia (ad esempio in Belgio) la lezione di Cervo è stata presa in considerazione nel 2013.

L’art. 180 di questo progetto così recitava:

In ogni pubblico giudizio finita la pubblica discussione, pria di emanar a rigor di giustizia la sua pronunziazione, anche senza nessuna istanza, tenti zelantemente la conciliazione.

In questo caso, solo allor, che la conciliazione riesca, invece di qualunque giudiziaria pronunziazione, distendane relativo verbale di conciliazione.

E l’art. 182 prevedeva:

Il verbale di conciliazione, qualunque sia il valore delle controversie conciliate, abbia forza di giudicato; contenga espressa la dichiarazione di questa forza; sia munito dell’ordine e comando di esecuzione; e sia eseguito come ogni altro giudicato.

Sia lode a tutti gli uomini illuminati di buona volontà!

http://books.google.it/books?id=o1jiVWiGTGYC&pg=PA83&dq=conciliazione+avvocato&hl=it&sa=X&ei=KymmUtOnE8aM7Aaao4CACQ&ved=0CD8Q6AEwAzgK#v=onepage&q=conciliazione%20avvocato&f=false

 

Conciliatori romani

Dalle tavole dei Pontefici risulta che Tarquinio regnò trent’anni e che il suo regno finì con un assassinio. All’epoca i re erano anche giudici e soprattutto conciliatori verso chiunque si fosse rivolto alla loro autorità. Così i suoi assassini finsero di voler fare una conciliazione e lo ferirono a morte.

Storia romana di M. B. G. Niebuhr, Volume 2, Tipografia Tizzoni, 1833, p. 48.

…Era Fenea di parere che si dovesse valersi di Antioco piuttosto come conciliatore di pace, come mediatore nelle cose controverse coi Romani, che come condottiero di guerra. La di lui venuta e maestà avrebbero avuto maggiore forza che le sue armi, a generare nei Romani un non so quale rispetto. Gli uomini, piuttosto che guerreggiare, cedono volentieri tante cose, che non potrebbero indursi a cedere con la forza e con le armi.

TITO LIVIO, Capito XLV della Storia Romana.

 

Così si andava in giudizio in Lombardia sino al 1848

Le differenze marcate rispetto alla mediazione odierna investono il regime della prescrizione e il fatto che in conciliazione non si poteva chiamare lo Stato.

CAPITOLO II.

Esperimento di conciliazione.

925. In generale non può introdursi in giudizio una causa con formale petizione, se prima non siasi tentalo l’esperimento di conciliazione. A tal uopo la parte che intende accampare qualche pretesa, deve fare istanza a voce od in iscritto presso la Giudicatura affinchè venga citato l’avversario al dello esperimento (§ I della Notif. gov., 2 marzo 1824, sull’esperimento di conciliazione.)

926. Ciascuna delle parti dovrà comparire in persona, e solamente in caso d’impedimento, potrà farsi rappresentare da un procuratore munito di legale mandalo contenente anche la facoltà di transigere. Nel comparire, poi, dovrà ciascuna parte portar seco gli identici documenti dei quali crederà potersi prevalere a sostegno delle sue ragioni (§ 5, Notif. cit.).

927. Le convenzioni che per avventura si stipulassero in seguilo alle esortazioni del giudice hanno forza ed effetto di convenzioni giudiziali (3). S’intende però da sé che simili convenzioni, ove siano state conchiuse da un tutore, curatore od amministratore di beni dello Stato o comunitativi, per essere valide od operative, dovranno riportare l’approvazione del rispettivo giudice pupillare o della competente superiore autorità in tutti quei casi in cui la legge lo richiede.

928. Desiderando alcuna delle parti, in qualunque tempo di avere copia legalizzala o semplice dell’avvenuta convenzione, potrà chiederla ed ottenerla dalla Giudicatura, osservandosi quanto è prescritto pel rilascio d’altre copie {§ 8, Notif. cit.).

929. Qualora al giudice non riesca di conciliare le parti comparse, ovvero se il citato non comparisse entro tutta l’ora destinala nella citazione, ed il citante giustifica la seguita intimazione del libello, il giudice rilascia al citante un certificato di non seguita conciliazione per renitenza delle parti, o per non essere comparso il citalo.

La parte contumace incorre sempre nella multa di italiane lire 10. Quando la conciliazione non riesce, le dichiarazioni fatte dalle parti nell’esperimento non potranno recar pregiudizio a veruna di esse, né si potrà farle valere nella via ordinaria civile nemmeno come una confessione stragiudiziale (§ 9).

930. Senza certificato di non seguila conciliazione non si potrà dar corso ad una petizione né verbale né in iscritto, perciò se ne dovrà sempre far menzione nella petizione, ed esso dovrà essere allegato nel duplo della petizione in iscritto od essere annesso in originale al rotolo degli atti (§ 10).

931. La citazione in conciliazione, non essendo una formale petizione, non interrompe il corso della prescrizione. Ognuno, cui interessa, avrà quindi cura di far seguire tale citazione in tempo, onde poter accampare la sua azione con formale petizione, per l’effetto d’interrompere il corso della prescrizione medesima. Qualora poi il termine della prescrizione fosse prossimo a scadere, colui che accampar vuole un’azione, potrà, nell’atto di far seguire la citazione per la conciliazione, presentare contemporaneamente anche la relativa formale petizione; ma questa non verrà evasa fino a che non sia seguito l’esperimento di conciliazione (§ 12).

932. Dall’obbligo del precedente esperimento di conciliazione sono eccettuali i seguenti casi:

a) ove il vigente Regolamento del processo civile fissa un termine per la presentazione della petizione, per esempio, per la riconvenzione, per la petizione relativa al cauzionale arresto personale o sequestro;

b) ove si tratta di un urgente provvisionale provvedimento per alimenti, sequestrazioni e simili;

b) quando l’una o l’altra delle parli non è domiciliata nel distretto della Giudicatura, presso la quale deve incamminarsi la causa (§ 13).

933. Sono poi escluse affatto come non qualificate per la previa conciliazione le seguenti istanze:

a) quelle che riferiscono un oggetto che non è d’immediata ed esclusiva , competenza giudiziaria;

b) le petizioni ed istanze sopra punti incidenti in causa già incamminata;

e) le petizioni relative ad un processo edittale;

d) la resa di conto da presentarsi per la giudiziale liquidazione:

e) le petizioni per separazione di letto e mensa, per le quali sussista un’apposita istruzione intorno al modo di procedere (§ 14);

f) quelle relative ad affari di commercio e cambio;

g) quelle in cui il R. Demanio (Fisco) è parte in causa (§ 18);

h) le petizioni esecutive che si fondono sopra documento pieno-provante;

i) o sopra atti notarili.

 

Così tanto per precisare in tema di mancato compenso dei mediatori

Nel 1855 nel Regno d’Italia sabaudo non era la conciliazione ad essere gratuita, ma poteva esserlo l’arbitrato.

Per ogni conciliazione scritta sotto le 100 lire si dovevano 50 centesimi, mentre se ne pagavano 30 se la conciliazione non andava a buon fine.

Per ogni conciliazione sopra le 100 lire si pagava 1 lira oltre ai diritti di scritturazione per ogni pagina in più alla prima (40 centesimi). Di talché le conciliazioni o si facevano verbali o comunque il verbale era assai succinto anche quando si trattava di affari importanti.

E di ciò dovrebbero tenere conto tutti i giudici che invece oggi vorrebbero verbali corposi per addebitare le spese ex art. 91 c.p.c.: tale pretesa oltre che contraria all’istituto della mediazione, sarebbe contraria anche alla tradizione in materia di conciliazione.

Dicevamo che era l’arbitrato poteva essere gratuito.

Il criterio era il seguente: “o gli arbitri sono persone che per studio e professione fanno speciale ufficio di comporre le liti, e vennero eletti dalle parti riguardando specialmente la loro capacità legale, ed in questo caso gli onorari sono dovuti perché i compromittenti riferendosi ad arbitri cui ufficio è comporre i litigi, è da presumersi che avessero intenzione di corrispondere gli onorari; o gli arbitri vennero eletti piuttosto avuto riguardo alla relazione d’amicizia che corre colla persona dei compromittenti, ed in questo caso la presunzione sta che gli onorari non siano dovuti, poiché è assurdo il supporre che un amico o un conoscente si sia interposto tra i due litiganti onde comporre le liti col loro desiderio di guadagno” (Manuale pratico di procedura civile pel regno d’Italia, 1861, E. DALMAZZO editore, p. 860).

E dunque si vede che il nostro legislatore considera i mediatori come amici o conoscenti delle parti, e non come soggetti il cui officio è quello di aiutare a comporre le liti, mentre presume che gli arbitri siano sempre dei professionisti legali e che dunque vadano pagati: chiunque vede pertanto che almeno in base alla nostra risalente tradizione siamo completamente fuori strada.

 

Dove andranno a comprare i consumatori stranieri?

La Comunità è assai preoccupata per la circolazione di beni e servizi.

Nel 2011 la perdita di PIL dovuta a problemi legati all’acquisto di beni e servizi in Europa è stata dello 0,3%.

Stiamo parlano di 56 miliardi di dollari. Ossia quasi del prodotto interno lordo della Slovenia.

Nel 2012 i consumi privati (-1,3%) e gli investimenti (-4,1%) sono peraltro ulteriormente peggiorati .

Nel 2009 il 29% dei cittadini europei ha acquistato beni in un diverso paese membro.

Nel 2010 il 37% dei cittadini europei ha acquistato beni tramite internet.

Gli acquisti on-line sono stati nel 2011 il 7,2% del PIL del Regno Unito: ossia 164 miliardi di dollari .

Ma nel 2009 solo l’8% ha rischiato a comprare on line in un altro paese membro, per l’incertezza che deriva dal non sapere che cosa fare e a chi rivolgersi.

Il 71% dei consumatori ritiene che la risoluzione delle controversie sia più difficile se si effettuano acquisti all’estero.

Non è un caso che la direttiva ADR ultima così stabilisca: “È deplorevole che, nonostante le raccomandazioni della Commissione 98/257/CE, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e 2001/310/CE, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, l’ADR non sia stato attuato correttamente e non funzioni in modo soddisfacente in tutte le zone geografiche o in tutti i settori economici dell’Unione” (Considerando n. 6 della DIRETTIVA 2013/11/UE)

La raccomandazione 2001/310/CE, del 4 aprile 2001 è stata perlatro richiamata anche dal considerando 18 della direttiva 52/08: ”Nell’ambito della protezione dei consumatori, la Commissione ha adottato una raccomandazione che stabilisce i criteri minimi di qualità che gli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo dovrebbero offrire agli utenti. Qualunque mediatore o organizzazione che rientri nell’ambito di applicazione di tale raccomandazione dovrebbe essere incoraggiato a rispettare i principi in essa contenuti”.

In conformità alle raccomandazioni citate è stato creato un database di organi che si occupano di ADR.

In Europa Il 41% dei 750 sistemi di ADR di questo database non è conosciuto né dagli utenti né dalle autorità .

Oltre 500 sistemi di ADR sono stati notificati alla Comunità Europea.

E quindi se il 59% degli organismi è sconosciuto lavorano 292 sistemi su 750.

Tra i 25 stati che hanno notificato organi di ADR alla Commissione l’Italia è oggi al 15° posto insieme a Paesi Bassi e Finlandia

L’Italia ha notificato all’Europa 4 organismi sui 129 presenti: le CC.I.AA. di Roma e Milano, i collegi arbitrali di Telecom Italia e l’Ombudsman dell’ABI.

Meno organi notificati di noi li hanno Estonia, Svezia, Lituania, Lettonia, Slovenia, Romania Cipro, Slovacchia.

Prima di noi ci sono Germania, Spagna, Grecia, Polonia, Bulgaria, Belgio, Repubblica Ceca, Austria, Francia, Danimarca, Ungheria, Regno Unito, Portogallo, Malta, Irlanda.

La classifica in dettaglio è la seguente:

Germania (203 organismi su 229).

Spagna 73

Grecia 60

Polonia 54

Bulgaria 25

Belgio 23

Repubblica Ceca 20

Austria 20

Francia 20

Danimarca 19

Ungheria 18

Regno Unito 17

Portogallo 14

Malta 6

Irlanda 5

Italia 4

Paesi Bassi 4

Finlandia 4

Estonia 2

Svezia 1

Lituania 1

Lettonia 1

Slovenia 1

Romania 1

Cipro 1

Slovacchia 0

 

La corsa all’arbitrato

Ho appena ricevuto una brochure per un corso di arbitrato ove trovo scritto quanto segue: “Laureati in tutte le discipline e/o iscritti a un Ordine o a un Collegio professionale”.

Ma come? Avete fatto tanto rumore per i mediatori che avevano il solo compito di spegnere il conflitto ed ora per i giudici privati che emettono decisioni richiedete i medesimi requisiti?

Non sarà che il mercato del pesce ha aperto i battenti? Solo che il pesce è andato a male e puzza terribilmente… Il tanfo mi disgusta…

 

Lo sciatore ed il mediatore

Lo sciatore non differisce granché dal mediatore.

Lo sciatore ha come compito, infatti, quello di governare due sci che sono portati ad andare ognuno per proprio conto e di solito a divergere.

Se proprio vogliamo trovare una differenza essa riguarda forse la partenza.

Lo sciatore, almeno quello coscienzioso e previdente, inizia a scaldarsi i muscoli su piste facili o perlomeno non troppo ripide.

Il mediatore invece non ha la possibilità di svolgere un riscaldamento graduale: egli è costretto ad iniziare a freddo e sempre dalla pista nera, spesso nelle peggiori circostanze di tempo e di stato della neve.

Per il resto seguono, direi, le medesime regole.

Non si possono costringere gli sci ad andare in una certa direzione. Lo sciatore che ci provasse cadrebbe immancabilmente dopo aver incrociato le code; il mediatore che provasse a forzare le persone ad accordarsi, “incrocerebbe solo le code”; in altre parole incollerebbe un bicchiere rotto col nastro adesivo da pacchi: provate a berci dentro!

Il mediatore e lo sciatore hanno di solito l’accortezza di non prendere eccessiva velocità: ogni sciatore quando non è particolarmente stanco si augura che la pista non finisca mai.

E il mediatore che finisca perlomeno al momento opportuno.

Lo sciatore che scende per la pista di regola non si guarda indietro, perché cadrebbe a faccia in avanti.

Anche il mediatore non si guarda indietro, perché il passato delle persone potrebbe innescare pericolosi recriminazioni che gli farebbero perdere il suo ruolo.

Le ginocchia dello sciatore poi sono sempre inclinate verso le punte, mai vanno tenute indietro a meno che la neve fresca non lo impedisca.

Solo così gli sci gireranno dolcemente e senza particolare sforzo dello sciatore, semplicemente con un impercettibile, ma costante spostamento del peso del corpo.

Anche il mediatore è sempre proteso verso il futuro (il presente dura pochissimo) e si sposta tra le parti costantemente senza perdere la sua imparzialità.

Quando chiudono la curva gli sci scivolano verso l’esterno e lo sciatore li asseconda senza opporre resistenza. L’esterno o “verso monte” è una meta che si ripete invariabilmente: gli sci dimenticano la loro natura e pattinano dolcemente all’unisono con un delicato sibilo.

Il “verso monte” potrebbe corrispondere in mediazione agli interessi: gli sciatori non si dispongono di primo acchito in quella direzione, la pulsione naturale è quella di proseguire diritti e allora arrivano velocemente cunette insormontabili, lastre di ghiaccio impossibili da superare, stradine strette e ripidissime che si affacciano sui burroni; mantenere il punto accorcerebbe davvero pericolosamente il percorso.

Il “verso monte” è quel denominatore comune che ti permette di stare in piedi e di esplorare ogni direzione ampliando il raggio di curva, sì anche del 37% (inimmaginabile un tempo: ci si fermava al 27% o giù di lì).

Le punte non si debbono incrociare però, pena la perdita di equilibrio; ognuno deve mantenere la propria individualità anche se a pochi centimetri di distanza. Nessuna prevaricazione se si vuole arrivare in fondo. E così il mediatore che segue le parti in parallelo cercando di non sposare le rivendicazioni di una persona piuttosto che di un’altra.

Ma la cosa che avvicina di più il mediatore allo sciatore è lo stile: nessuno dei due ha semplicemente come finalità quella di arrivare in fondo, ma di arrivarci disegnando la pista con armonia, con quella armonia che in primo luogo sono gli sci, le persone, a percepire.

 

Jonas Daniel Meyer

fu uno dei giuristi più illuminati del XVIII e del XIX secolo ed un’autorità indiscussa nella conoscenza delle legislazioni straniere.

Fu uno dei paladini dell’avvocatura di cui divenne parte a soli sedici anni: i suoi insegnamenti erano ben vivi e citati ancora in epoca fascista, nonostante egli fosse Ebreo.

In oggi certe posizioni dell’avvocatura sono ancora riconducibili a lui e alla lotta secolare che combatté con i suoi scritti per opporsi a quelli di Voltaire in materia di conciliazione.

Ecco cosa scriveva in merito all’Ordine degli avvocati.

“Anche sotto un altro aspetto la costituzione d’un ordine d’avvocati è sommamente utile alla società. Ai magistrati in carica viene inutilmente affidata la cura di conciliare le parti; certi funzionarii estranei alla cognizion della causa non possono fare sperare un gran successo; non si bada troppo alle loro rimostranze, e la loro intercessione altro non è che una mera formalità: i giudici stessi non ponno, in sul bel principio d’ una procedura, intavolar misure di conciliazione in una causa che assolutamente ei non conoscene, e vanno a rischio di perdere la loro imparzialità, se qualche tentativo serio andasse mai a vuoto: sul finire della procedura l’esperimento è inutile, e il giudice può solo difficilmente celare la sua opinione, la quale conosciuta che sia, fa svanire qualunque speranza di conciliazione. I soli avvocati possono prevenire le contestazioni incipienti, sopir certe liti in sul punto dello scoppiare, terminare gli affari già pendenti, calmare e mitigare gli animi, e far rinascere la concordia e l’ armonia turbato dalle controversie: una buona tendenza della curia conduce a un novello beneficio”.

http://books.google.it/books?pg=PA457&dq=conciliazione+avvocato&ei=OjemUqjdAo2y7AbT74HQAQ&id=mfxTAAAAcAAJ&hl=it#v=onepage&q=conciliazione%20avvocato&f=false

 

Negoziazione obbligatoria

Hanno strumenti di negoziazione obbligatoria tra gli altri i seguenti stati del Mondo che costituiscono più di un quarto degli stati totali: Giappone, Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Germania, Italia, Stati Uniti, Romania, Israele, Irlanda, Argentina, Colombia, Australia, Giappone, Taiwan, Repubblica delle Filippine, Nuova Zelanda, Canada, Dubai, Nigeria, Botswana, Ghana, Capo Verde, Egitto, Gambia, Guinea-Bissau, Malawi, Mauritius, Lesoto, Namibia, Ruanda, Sierra Leone, Sudafrica, Uganda, Zimbawe, Cina, Francia, Inghilterra, Belgio, Danimarca, Svezia, Estonia, Norvegia, Grecia, Slovenia, Repubblica Ceca, Finlandia,Cipro, Svizzera, Islanda, Slovenia, Spagna, Liechtenstein, Repubblica di Corea.

 Quesito

Ma se è vero che l’avvocato non ha interesse a stare in giudizio sette anni mezzo perché non viene pagato per la durata del processo (così ha dichiarato il presidente del Consiglio dell’Ordine di Napoli ad Unomattina un paio di giorni fa), perché non venire in mediazione e risolvere la questione in poche ore?

 Quesiti

1)    Quesiti per Arlene McCarty

Che cosa intende per alternativa alle cause civili, rapida, efficiente ed economica?

È sufficiente che le persone si siedano dieci minuti intorno ad un tavolo per realizzare l’idea di alternativa europea al processo?

I mediatori sono professionisti?

I professionisti sono a loro volta consumatori?

Se sì come fanno ad acquistare beni e servizi?

Se si devono proteggere i consumatori perché non si mettono a carico dei professionisti con cui essi interagiscono i costi della composizione degli eventuali conflitti?

Non sarebbe un modo efficace di responsabilizzarli circa una più corretta esecuzione delle prestazioni?

Se mi si intasa la canna fumaria e chiamo uno spazzacamino e lo spazzacamino non riesce a liberare il condotto, pagherò la persona che mi è venuta ad aiutare o gli dirò che siccome era una prova nulla gli è dovuto?

Cara Arlene McCarty, ha mai partecipato ad una mediazione in Italia dopo il decreto del fare?

2)    Quesiti per il Ministero della Giustizia

Quali progressi vede per l’Italia signor Ministro?

L’Italia è secondo lei un ordinamento evoluto?

In che modo gli operatori del settore devono favorire l’emergere di un nuovo approccio culturale?

Quale revisione della mediazione ha operato il governo per ottemperare al dettato della Corte Costituzionale?

Il regime speciale riservato dal legislatore all’avvocato-mediatore e più in generale al mediatore implica che lo stesso debba lavorare gratis?

Caro Ministro, ha mai partecipato ad una mediazione?

 

Sciopero?

Noi mediatori non possiamo più accettare di essere definiti come un balzello per i cittadini.

Proprio oggi che lavoriamo gratis è un’ignominia inaccettabile! Che fare?

Se non facciamo nulla diamo ragione ai calunniatori…

E incrociare finalmente le braccia?

Malesia

Poteri del mediatore in Malesia
In Malesia è il mediatore che decide se un soggetto che non è parte possa partecipare alla mediazione.
Il che significa che gli avvocati ed i consulenti od altri terzi possono partecipare alla seduta soltanto se il mediatore ha acconsentito.
Le parti invece possono decidere se ammettere o meno in mediazione alcuno dell’ufficio del mediatore.
Così prevede il combinato disposto degli articoli 3 e 9 del Mediation act 2012 (Law of Malaysia 749).
http://www.federalgazette.agc.gov.my/outputaktap/20120622_749_BI_Act%20749%20BI.pdf

Michigan

 Mediazione delegata

Mentre da noi è aperto il dibattito sulle conseguenze di una mancata presentazione delle parti alla sessione ordinata dal giudice (sentenza di improcedibilità, continuazione del processo come se niente fosse ecc…) a Detroit il Presidente di una Corte Distrettuale ha imposto a due parti e ai loro avvocati di un giudizio fallimentare, di partecipare ad una mediazione l’antivigilia e la vigilia di Natale.

Nell’Ordine si specifica che i partecipanti alla mediazione dovranno poter disporre dei diritti in contesa e che una mancata comparizione comporterà oltre a sanzioni pecuniarie una pronuncia di default judgment, ossia una sentenza di condanna contumaciale.
Noi non sappiamo come sia andata a finire ma… è di sicuro un modo per promuovere lo strumento alternativo.

http://www.wxyz.com/dpp/news/region/detroit/chief-judge-orders-christmas-eve-mediation-session-in-detroit-bankruptcy

 Nuova Zelanda

Gratuito patrocinio in mediazione in Nuova Zelanda

In Nuova Zelanda si può ottenere il gratuito patrocinio in mediazione a due condizioni: 1) che la controversia sia adatta alla mediazione 2) che ci siano ragionevoli possibilità che la controversia sia risolta con questa procedura.

art. 27 Legal Services Act 2011

http://www.legislation.govt.nz

Il mediatore familiare in Nuova Zelanda nel 2013

7 Qualification and competency requirements

The following qualification and competency requirements must be applied in deciding whether a person meets the criteria in section 9(1) of the Act:

(a)the person must,—

(i)in the case of an appointment by the Secretary, be a member of or affiliated to an approved dispute resolution organisation; and

(ii)in the case of an appointment by an approved dispute resolution organisation, be a member of or affiliated to that organisation:

(b)the person must have enough experience of resolving disputes using mediation to provide reasonable assurance of competence in providing dispute resolution services in the context of Family Court processes:

(c)the person must be able to determine and facilitate appropriate processes to help parties to mediation reach agreements that best promote the welfare of children:

(d)the person must be able to help people to participate effectively in mediation:

(e)the person must be able to help participants in mediation to develop skills and strategies for managing future disagreements:

(f)the person must have knowledge and understanding of Family Court processes and family law, particularly—

(i)the Care of Children Act 2004 and the effect of sections 4, 5, and 6 of that Act; and

(ii)the Act:

(g)the person must be able to apply and communicate laws, rules, and purposes of the family justice system:

(h)the person must have adequate knowledge and understanding of child development and its relevance to day-to-day care and contact issues:

(i)the person must be culturally aware, in particular of Māori values and concepts:

(j)the person must be able to address diversity in parties to mediation:

(k)the person must be able to—

(i)assess parties to mediation, and their circumstances and history, for factors (in particular, in relation to possible domestic violence) indicating risks that may arise during, or in the context of, mediation sessions; and

(ii)manage any risks likely to arise.

Family Dispute Resolution Regulations 2013

Qatar

In Qatar la mediazione è facoltativa (obbligatoria quella delegata). Il mediatore non ha una particolare formazione (chi si prepara lo fa per cinque giorni) e quello stranierò guadagna tra i 1000 ed i 20.000 € a mediazione che vengono tassati al 5% (il mediatore interno invece viene tassato al 10%). Si media in inglese ed in arabo.

http://www.lalive.ch/data/publications/ME2013_Qatar.pdf

Russia

“Credo che la mediazione non provocherà una diminuzione del ruolo dei tribunali od una perdita della loro autorità; al contrario liberati dal fardello delle cause i tribunali saranno in grado di aumentare la loro efficienza e l’effetto si tradurrà in un maggiore qualità nella risoluzione dei casi”.

Amore Yevgenyevna Koropenko, Vice Presidente della Corte Regionale di Tambov e Presidente del Consiglio Giudiziario, 2013

http://mediators.ru/rus/regional_mediation/tambov/news/text4

Spagna

 

Arriverà la mediazione obbligatoria in Spagna?

Il 4 dicembre 2013 i magistrati di GEMME (l’associazione europea dei giudici per la mediazione) hanno chiesto al Ministro della Giustizia spagnola di cambiare il modello di mediazione processuale e di introdurre la sessione informativa di mediazione obbligatoria.

http://www.lawyerpress.com/news/2013_12/0412_13_001.html

 

Mediazione ed assicurazione in Spagna

L’università di Barcellona e DAS assicurazioni (un colosso mondiale) hanno presentato il 5 novembre 2013 uno studio sul rapporto tra mediazione e settore assicurativo. Nel corso della relazione è stato dimostrato che la mediazione nel settore assicurativo è un meccanismo che promuove il dialogo e permette la risoluzione dei conflitti in modo più agile, efficiente e conveniente, riducendo per un alta percentuale il conflitto.

Il ricorso alla mediazione come alternativa al contenzioso può portare un risparmio di tempo e denaro, e, soprattutto , garantire un elevato livello di soddisfazione per i cittadini.

http://www.lawyerpress.com/news/2013_11/0511_13_004.html

 

Un comune intento…

Mentre da noi ognuno corre per conto suo… verso il baratro… in Spagna e precisamente a Madrid, La Camera di Commercio, i Consigli dell’ordine degli avvocati, dei notai e dei procuratori hanno firmato un protocollo di attuazione per dare impulso alla mediazione.

http://www.lawyerpress.com/news/2013_10/3010_13_001.html

Singapore

 

La mediazione a Singapore nel 2014

Più persone a Singapore si rivolgono alla mediazione per risolvere le dispute in luogo del giudizio, perché fa risparmiare tempo e pesanti spese legali, e dà loro voce sull’esito.

In otto anni le mediazioni sono quadruplicate presso il Centro di Mediazione di Singapore (SMC) che si occupa di questioni molto rilevanti (200 casi che possono superare il 200 milioni di dollari).

Tre casi su quattro vengono risolti dal Centro in mediazione.

Sono gli stessi avvocati a consigliare la mediazione ai loro clienti, specie quando si tratti di controversie mediche.

Mentre un processo può costare 100.000 $ per parte, la mediazione non arriva a 10.000 $.

Amolat Singh, un avvocato mediatore di Singapore, ha precisato che “E’ opinione convenzionale che il processo sia ancora la salvezza dell’avvocato, ma ora la marea sta cambiando. La verità è che le parti spesso non riescono a pagare spese legali commisurate all’impegno ed al tempo. E’ meglio chiudere la controversia ed andare avanti”.

Il governo stesso sta pensando a mettere su un centro di mediazione commerciale internazionale.

http://news.asiaone.com/news/singapore/more-choosing-mediation-over-court?page=0%2C1

 

Stati Uniti

L’avvocato della pace

Tra il 1894 ed il 1920 a Washington venne pubblicata una rivista che si intitolava The advocate of peace.

E dunque mi fa piacere sapere che in quel periodo esisteva almeno un avvocato della pace, così come ora esistono gli avvocati mediatori di diritto.

Ma a parte la facile battuta, questa rivista ci racconta che prima del 1905 i rapporti tra le potenze belligeranti erano regolati da una Convenzione dell’Aia che mi pare utile riportare perché cita regole che si affermarono nei rapporti internazionali ai tempi dell’Atene classica:

I. Le Potenze firmatarie concordano di utilizzare al meglio gli sforzi per assicurare la soluzione pacifica delle differenze internazionali.

II . Le Potenze firmatarie concordano di ricorrere per quanto le circostanze consentano, ai buoni uffici o alla mediazione di uno o più amichevoli

poteri.

III . Uno o più poteri, estranei alla controversia, dovrebbero, di propria iniziativa, e per quanto le circostanze lo permetteranno, prestare i loro buoni uffici o la mediazione agli Stati in conflitto. Il diritto di offrire i buoni uffici o la mediazione appartiene ai poteri che sono estranei alla controversia, anche durante il corso delle ostilità. L’esercizio di questo diritto non sarà mai considerato da una o dall’altra delle parti in contestazione come un atto ostile.

Cfr. https://archive.org/details/jstor-25751867

 

Trasparenza americana
Mentre noi in Italia parliamo di milioni di cause, vedi la recente esternazione del Guardasigilli, ma sembra che le responsabilità vadano ricercate nell’Iperuranio, dal 1990 col Civil Justice Reform Act (CJRA) si impone al Direttore dell’Ufficio Amministrativo dei Tribunali degli Stati Uniti (OA) di fare un rapporto semestrale sulle cause pendenti (l’obbligo sussiste anche oggi nel 2014): i rapporti peraltro sono molto interessanti perché per ogni giudice vengono indicati i casi pendenti.
Allego qui il link di quello del 2013.
http://www.uscourts.gov/uscourts/statistics/cjra/2013-03/CJRAMarch2013.pdf

Da questa indagine peraltro nel 1990 è partita propriamente l’esperienza degli avvocati americani nella mediazione, perché in un primo tempo si privilegiava l’arbitrato, ma visti i risultati in campo deflativo si consentì che si aprisse genericamente a tutte le forme di ADR, compresa quindi la mediazione. Noi invece facciamo il cammino contrario: si vede che la storia e l’esperienza americana non ci ha insegnato alcunché.

Compenso del mediatore aderente alla AAA

Qualora le parti abbiano richiesto la mediazione della American Arbitration Association valgono le seguenti regole per il compenso del mediatore.

Ricordo che la AAA insieme all’ABA (American Bar Association) è l’organizzazione che ha redatto gli standard della mediazione che sono osservati dai neutri statunitensi.

La AAA ha uffici in tutto il Paese.

Ebbene quando si contatta la AAA non si paga una indennità di avvio della mediazione.

Il compenso è orario e può andare dai 125 agli 800 dollari (dipende dal mediatore che si sceglie).

La mediazione dura come minimo quattro ore e dunque il compenso può oscillare nel minimo tra i 500 ed i 3200 dollari.

Se per qualche motivo non si tiene l’incontro al mediatore spettano comunque 250 dollari più spese eventualmente effettuate e le tasse.

E’ il mediatore che copre col suo guadagno le spese sostenute dalla AAA.

http://www.adr.org/aaa/faces/services/disputeresolutionservices/mediation?_afrWindowId=dvcj2vnvn_458&_afrLoop=1032880300387488&_afrWindowMode=0&_adf.ctrl-state=15pkhaprug_145#%40%3F_afrWindowId%3Ddvcj2vnvn_458%26_afrLoop%3D1032880300387488%26_afrWindowMode%3D0%26_adf.ctrl-state%3Ddvcj2vnvn_486

Texas

 

Un bel suggerimento

In Texas c’è uno studio legale tra i tanti che ha avuto una brillante idea. Peccato che da noi non si possa mettere in pratica visto che si deve passare obbligatoriamente attraverso gli organismi.

Ebbene in questo studio la mediazione può essere di mezza giornata (inizia alle 9 e finisce di solito alle 13) o di una giornata intera.

La cosa che trovo interessante è che durante la procedura full time si consuma un pranzo di lavoro (può essere un pranzo o un rinfresco).

La mediazione può tenersi anche nei fine settimana con la maggiorazione di 250 dollari, e pure nelle ore serali con un costo aggiuntivo.

Se ci sono più persone che sono rappresentate da uno stesso avvocato sono considerati una parte sola ai fini del pagamento.

Se le parti sono solo due la sessione di mezza giornata costa 495 $ per parte; quella di una giornata intera 850 $ per parte.

Se le parti sono tre il prezzo scende.

Il compenso è dovuto comunque se la sessione non è disdettata almeno cinque giorni prima, ameno che la stessa non sia riprenotata.

http://www.mccollorprimaveralawfirm.com/mediation.htm

YEMEN

 

La mediazione in Yemen

In Yemen, come del resto in Kenya o alle Isole Salomone, la giustizia tradizionale è spesso percepita come familiare, trasparente e partecipativa.

Il suo obiettivo è la riconciliazione piuttosto che la punizione.

Difficilmente si adiscono i giudici statali perché sono sovraccarichi di lavoro: nel 2005 il tempo di un processo era di 8-10 anni.

La cosa curiosa è che in Yemen le leggi sono consuetudinarie, ma le mediazioni vengono registrate per iscritto.

Il processo di mediazione pone in campo valori tribali che privilegiano gli obblighi di responsabilità reciproca.

La mediazione, la cooperazione, l’autonomia e la flessibilità sono valori che definiscono l’identità tribale in Yemen.

Non ci sono limiti di materia: in Yemen ogni conflitto è cosa privata e pubblica allo stesso tempo.

Il mediatore di solito è un capo tribù od un uomo con buona reputazione.

Per iniziare la mediazione le parti consegnano il loro pugnale, la pistola o il fucile o i loro orologi (nel caso di controversie minori) al mediatore.

Le donne che invece di solito non sono armate consegnano denaro, gioielli ed orologi.

Ciò corrisponde per loro alla nostra domanda di mediazione: alla fine della procedura questi oggetti verranno restituiti.

Il processo è informale e si svolge in una grande camera.

Può partecipare chi lo desidera.

Gli uomini masticano uno stimolante, fumano pipe ad acqua o sigarette o sorseggiano bevande calde.

Chiunque può intervenire e dare liberamente la sua opinione.

Mentre gli uomini discutono, le donne si radunano altrove sullo stesso caso ed i bambini fungono da messaggeri tra un gruppo e l’altro spiegando a ciascun gruppo a che punto è arrivata la discussione.

In serata il caso viene discusso in ogni famiglia.

Il giorno seguente gli uomini portano in mediazione le opinioni delle loro mogli, madri e sorelle.

Il mediatore è in realtà un arbitro che decide però sulla base dei precedenti verbali di mediazione; il verbale di altra mediazione funge cioè da precedente legale.

Il verbale della mediazione di solito contiene una richiesta di riparazione per un contendente o per tutti e due (quando si riconosce che entrambi hanno torto).

I dettagli di tutte le controversie che sono formalmente mediate sono appunto registrate per iscritto e conservate dai leader locali o dall’arbitro.

L’intervento del terzo è considerato normale e auspicabile in Yemen a tutti i livelli del conflitto e ha un notevole valore preventivo. Se non ci sono testimoni del litigio i disputanti gridano a gran voce e con rabbia l’uno contro l’altro per attirare l’attenzione di un mediatore.

Najwa Adra, TRIBAL MEDIATION IN YEMEN AND ITS IMPLICATIONS TO DEVELOPMENT in http://www.najwaadra.net/tribalmediation.pdf

La mediazione obbligatoria in Canada

Il Regolamento 194 delle Rules of Civil Procedure del Canada[1] prevede che la mediazione debba essere obbligatoria per alcune specifiche azioni[2] ed in relazione ad alcune località: la città di Ottawa e di Toronto e la contea di Essex[3].

L’obbligo di tentare la mediazione vale anche e salvo ordine contrario del giudice, per tutte quelle azioni che vengano trasferite nelle relative contee[4] a partire dal 1° gennaio 2014.

Stiamo parlando di un potenziale bacino di utenza di oltre 4 milioni di persone: in Toronto c’è peraltro una comunità italiana di 500.000 persone. Sarebbe dunque interessante sapere se il nostro Governo abbia attivato consultazioni in merito al gradimento della procedura presso i suoi cittadini all’estero.

L’obbligo della mediazione è sancito “al fine di ridurre i costi e ritardi nel contenzioso e facilitare la risoluzione rapida ed equa delle controversie”[5].

Il modello di mediazione è quella facilitativo: “In mediazione, una terza parte neutrale facilita la comunicazione tra le parti di una controversia, per aiutarli a raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile”[6].

Alcune esenzioni dalle disposizioni sulla mediazione in generale riguardano il fatto che ci sono norme specifiche che già dispongono la mediazione obbligatoria in alcuni casi; la materia è quella della proprietà, del trust[7](in questi casi la mediazione è obbligatoria da diverso tempo[8]), e della assicurazione.

Tuttavia con riferimento all’assicurazione si prevede l’esenzione soltanto nel caso in cui non sia trascorso più di un anno tra la mediazione e la prima difesa processuale[9].

Altre esenzioni riguardano i procedimenti ipotecari, le azioni inerenti il pegno, le class action, i procedimenti contro la Corona (in Ontario) ove non sia stata effettuata la prescritta notificazione; in ogni caso la Corona non ha obbligo di presenziare alla mediazione, ma ne ha il diritto.

Il giudice può comunque emettere un ordine su richiesta di una parte che la esoneri dalla mediazione[10].

Il General Attorney (che in Canada è il Ministro della Giustizia) può nominare in ogni contea un coordinatore della mediazione che sia responsabile della gestione[11]. Per ogni contea sussiste poi un comitato di mediazione[12] che è composto da soggetti nominati dal General Attorney che rappresentano gli avvocati, i mediatori, il pubblico in generale e il personale giudiziario. Un membro è nominato anche dal Chief Justice of the Superior Court of Justice[13] ed ha funzione di master management.

Il Comitato appronta una lista di mediatori secondo le indicazioni del General Attorney, revoca ed aggiunge i mediatori a tale lista, monitora le prestazioni, riceve i reclami contro i mediatori[14].

Le parti di una mediazione possono scegliere il mediatore dal panel predisposto dal Comitato oppure indicare congiuntamente un mediatore extrapanel; il mediatore può essere anche nominato dal coordinatore del comitato[15].

Scelto il mediatore, antecedentemente al deposito della citazione, una delle parti consegna al coordinatore del Comitato una nota da cui si ricavi il nome del mediatore e la data della mediazione.

Se nel termine di 180 giorni dal deposito della prima difesa il coordinatore non riceve un ordine del giudice, una nota con l’indicazione del mediatore e della data ovvero la relazione del mediatore o una indicazione della conclusione della causa o ancora una richiesta delle parti di fissazione di nuova sessione di mediazione, assegna in automatico un mediatore alle parti, a meno che il giudice disponga il contrario.

Anche quest’ultima regola appare opportuna per evitare che le parti disattendano la condizione di procedibilità, così come sta purtroppo avvenendo in alcuni casi nel nostro paese.

Il mediatore deve fissare immediatamente la data della mediazione e comunicarla alle parti (e al coordinatore), almeno 20 giorni prima della sessione, unitamente al luogo, al tempo della sessione e alla indicazione della obbligatorietà della partecipazione[16].

La data fissata per la sessione di mediazione deve essere fissata non oltre i 90 giorni dalla nomina del mediatore, a meno che l’ordine del tribunale non disponga diversamente. E dunque il mediatore ha al massimo 70 giorni per comunicare alle parti quanto sopra.

Almeno sette giorni prima della mediazione le parti devono depositare un form che indichi le ragioni della pretesa in fatto ed in diritto, ma anche i loro interessi. In allegato si possono depositare anche i documenti. L’attore è tenuto anche a depositare copia dei documenti processuali.

Sarebbe cosa opportuna che anche il legale italiano indicasse nella domanda di mediazione gli interessi sottesi alle posizioni giuridiche: la mediazione ne beneficerebbe grandemente.

Se una parte non deposita il form prima dei sette giorni prescritti, il mediatore annulla la sessione mediazione e rimette gli atti al coordinatore con un certificato di non conformità[17]: stessa soluzione viene adotatta se una delle parti ritarda la sua partecipazione alla prima sessione per un tempo superiore ai trenta minuti.

Anche questa ultima regola appare assai opportuna perché tutela le parti da comportamenti scorretti: da noi accade purtroppo che la partecipazione alla sessione di mediazione possa essere legata alla sola volontà di conoscere la documentazione probatoria versata al mediatore dall’attivante (spesso il chiamato che abbia visionato i documenti tende ad utilizzare strumentalmente la sostituzione processuale per sottrarsi all’obbligo di depositare a sua volta in altra sessione i propri documenti ed il sostituto processuale naturalmente ed immancabilmente dichiara di non voler coltivare ulteriormente la procedura) e giustamente la Rule 24.1.10 (5) stigmatizza tali operazioni contrarie alla buona fede e correttezza.

La partecipazione è obbligatoria sia per le parti, sia per gli avvocati rappresentanti, a meno che la Corte non disponga diversamente.

Una regola particolare riguarda le controversie assicurative: quando l’assicuratore si dimostra disponibile a soddisfare tutte le parti di un giudizio o ad indennizzare o rimborsare un assicurato per il denaro corrisposto alle parti di un giudizio,  l’assicuratore stesso è tenuto a partecipare alla mediaizone, mentre l’assicurato può astenersene.

Altra regola assai intelligente riguarda la spendita di poteri: se una delle parti ritiene necessaria l’approvazione di un terzo prima di accettare un accordo deve, antecedentemente alla sessione di mediazione, aver organizzato un accesso telefonico col terzo che sia utilizzabile per tutta la sessione (ove essa si svolga durante o successivamente al normale orario di lavoro).

E dunque anche in tal caso si tutela pienamente il ragionevole affidamento dei partecipanti alla mediazione nei confronti della piena facoltà di spendere i poteri.

In caso di accordo valgono le seguenti regole: l’accordo che risolva alcuni o tutti i punti controversi, deve essere firmato dalle parti o dai loro avvocati.

Se con l’accordo si conclude il processo, il convenuto deve presentare una comunicazione in tal senso, (a) nel caso di un accordo senza condizioni, entro 10 giorni dalla firma della convenzione; (b) nel caso di un accordo sottoposto a condizioni, entro 10 giorni dal momento in cui la condizione venga soddisfatta.

Entro 10 giorni dalla conclusione della mediazione il mediatore deve effettuare una relazione al coordinatore[18]. In difetto il mediatore del panel rischia la cancellazione. Il detto rapporto attesta la conclusione della mediazione.

La mediazione dura al massimo 180 giorni a partire dal deposito della prima difesa; ma il giudice può anche disporre un termine differente dopo aver valutato alcuni elementi: il numero delle parti, lo stato delle memorie e la complessità delle questioni dedotte, l’eventualità che le parti abbiano richiesto (motions) l’applicazione da parte del giudice di determinate regole processuali[19]; il termine può esser poi esteso se lo richiede la discovery ed in generale quando le parti necessitano di mettere meglio a punto il materiale probatorio ed in ultimo si può dire che il giudice amplia o riduce il termine a seconda delle probabilità di successo.

Tale impostazione elastica del termine potrebbe essere utile anche per la nostra mediazione delegata ovvero per quella disposta dal giudice a seguito di mancato rispetto preventivo della condizione di procedibilità.

Anche le parti possono incidere sul termine della mediazione: possono rinviare la data della sessione di mediazione se concordano la nuova data per iscritto e depositano il consenso al rinvio presso il coordinatore.

Altro elemento di pregio è la possibile celebrazione di un’altra mediazione: con il consenso delle parti la Corte può, in ogni momento del processo, richiedere la partecipazione ad una ulteriore sessione di mediazione, i cui contenuti possono essere regolati dal giudice.

Le procedure da seguire sono quelle già descritte, con gli aggiustamenti che la Corte ritiene di effettuare.

La disciplina canadese appare allo scrivente decisamente funzionale al procedimento e pienamente garante dei diritti delle parti. Non vi è alcuna lesione di quello che è il giusto processo, e nello stesso tempo si inducono le parti a comportarsi con correttezza e buona fede in vista di un obiettivo comune, risolvere la controversia in modo pienamente soddisfacente.


[2] Cfr. Rule 24.1.01 e ss.

[3] Cfr. Rule 24.01.04.

[4] In tal caso è il giudice che stabilisce il termine entro cui la mediazione deve essere esperita ( Rule 24.1.09 2.1).

[5] This Rule provides for mandatory mediation in specified actions, in order to reduce cost and delay in litigation and facilitate the early and fair resolution of disputes.

[6] Cfr. Section 24.01.02.

[7] Cfr. Rule 194 Of The Revised Regulations Of Ontario, 1990 Made Under The Courts Of Justice Act Amended to O. Reg. 243/01,  RULE 75.1 MANDATORY MEDIATION-ESTATES, TRUSTS AND SUBSTITUTE DECISIONS.

[8] 75.1.02  (1)  This Rule applies to proceedings,

(a) that are commenced in,

(i) the City of Toronto on or after September 1, 1999,

(ii) The Regional Municipality of Ottawa-Carleton on or after September 1, 1999 but before January 1, 2001,

(iii) the City of Ottawa on or after January 1, 2001, or

(iv) the County of Essex on or after January 1, 2005; and (omissis)

[9] (b) actions in relation to a matter that was the subject of a mediation under section 258.6 of the Insurance Act, if the mediation was conducted less than a year before the delivery of the first defence in the action;

[10] Rule 24.1.05.

[11] Rule 24.1.06.

[12] Rule 24.1.07.

[13] Corrisponde al nostro presidente di Corte d‘Appello.

[14] Rule 24.1.07  (4).

[15] Rule 24.1.08.

[16] The assigned mediator shall immediately fix a date for the mediation session and shall, at least 20 days before that date, serve on every party a notice (Form 24.1B) stating the place, date and time of the session and advising that attendance is obligatory.

[17] Rule 24.1.10 (5).

[18] Rule 24.1.15.

[19] Richiesta di giudizio sommario, richiesta di pronuncia in diritto in va pregiudiziale o ancora richiesta di limitare il giudizio ad un dato materiale probatorio.

Inchiesta sulla mediazione (quarta parte): il primo incontro (di avv. Giorgio Pernigotti)

Inchiesta sulla mediazione (quarta parte): il primo incontro

di Avv. Pernigotti Giorgio – 20/01/2014

Come si svolge il primo incontro di mediazione? Intervista ad un mediatore, l’avv. Calcagno Carlo Alberto

Inchiesta sulla mediazione (quarta parte): il primo incontro

“IL PRIMO INCONTRO”

Dopo avere affrontato, negli articoli precedenti, alcuni temi più generali sulla mediazione, ho ritenuto interessante, sempre per fini culturali e divulgativi, ascoltare l’opinione di un formatore e mediatore su alcuni aspetti critici della mediazione civile italiana, alla luce della normativa vigente.

Ringrazio della disponibilità l’Avv. Carlo Alberto Calcagno, formatore e mediatore dell’Organismo di mediazione e formazione dell’Ordine degli Avvocati di Genova, che non ha esitato un istante ad accogliere l’invito.

Gratitudine che vuole andare oltre l’intervista che segue, avendo l’Avv. Calcagno accettato di collaborare, mettendo a disposizione la propria esperienza e professionalità, in futuro e liberamente, sulle pagine di questo sito. Un evento accolto come un dono e che apre nuovi orizzonti e prospettive su materia complessa, dove domina, come abbiamo avuto modo di dimostrare, una diffusa reticenza a parlare, a dialogare; fatte, ovviamente, le debite eccezioni invero già segnalate.

Benvenuto caro Carlo Alberto, a nome di tutto lo staff!

  1. Ci racconti, in termini semplici anche per non “addetti ai lavori”, come si svolge il primo incontro davanti al Mediatore: come inizia, i primi approcci e la fase conclusiva?

Un principio fondamentale che riguarda la procedura di mediazione è la riservatezza: nel procedimento giudiziario chiunque di norma può recarsi in udienza; alla mediazione possono invece partecipare solo le persone coinvolte dalla controversia e coloro che sono autorizzati da queste ultime.

Primaria cura dell’Organismo ed in mancanza del mediatore è dunque quella di verificare se le persone che si sono presentate in mediazione abbiano o meno titolo per discutere ed eventualmente decidere di comporre una data questione che li accomuna.

Tale valutazione si effettua di solito prima della data fissata per il primo incontro di mediazione, ma quando non si verifichi tale preventiva attività si provvede subito dopo che le persone si sono sedute al tavolo della mediazione.

Il mediatore dopo essersi presentato ed avere spiegato il suo ruolo di mero facilitatore della comunicazione (egli non prende nessuna decisione e non attribuisce torto o ragione), domanda ai partecipanti il loro nome e cognome e può chiedere di esibire le carte di identità, i tesserini dei consulenti; il mediatore verifica solitamente anche i poteri dei rappresentanti o assistenti.

In questa fase sorgono talvolta problemi delicati specie quando si presentano in mediazione i soli rappresentanti sprovvisti di idonea procura ovvero ad esempio delegati non avvocati privi di procura notarile; l’istituto della mediazione da noi ha solo tre anni e dunque non siamo abituati a considerare che in essa non valgano le stesse regole procedurali del processo, che i due istituti abbiano in buona sostanza di mira principi differenti; su questo i mediatori dovranno lavorare ancora molto.

Verificati dunque l’identità ed i poteri dei presenti il mediatore spiega la natura della mediazione (un dialogo continuo), i suoi vantaggi (economicità, esenzione da bollo e registro fino ad un certo ammontare, credito di imposta ecc.) e quali sono i principi che la informano: appunto la riservatezza di ogni partecipante, l’imparzialità, la neutralità e l’indipendenza del mediatore, la volontarietà, l’autodeterminazione (nessuno può essere costretto a fare o a dire alcunché) e la collaborazione delle parti.

Il mediatore precisa poi che la procedura potrebbe dividersi sostanzialmente in due parti: una a cui partecipano tutti coloro che siedono al tavolo, che si concreta nella manifestazione e chiarimento del punto di vista di ciascuno a beneficio della comprensione del mediatore e dell’avversario (sessioni congiunte) ed un’altra che invece viene affrontata dal mediatore con ciascun singolo partecipante accompagnato dal suo legale, ed in cui si vagliano le esigenze di ognuno ed i modi per soddisfarle (sessioni riservate).

Nelle sessioni riservate ciò che viene discusso non viene messo in comune: rimane in altre parole confidenziale; il mediatore potrà riferirne per qualche aspetto soltanto se a ciò autorizzato. Normalmente il mediatore si fa autorizzare per iscritto se ritiene che siano emersi profili la cui rivelazione può portare ad un avvicinamento delle parti nel senso di una comunicazione di migliore qualità.

Sono poi elencate almeno due regole di comportamento: non interrompersi e spegnere il telefono cellulare; il mediatore si occupa, abbiamo detto, di facilitare la comunicazione e sa bene che le interruzioni del dialogo e le telefonate sono acerrime nemiche della cooperazione.

Detto ciò, a seguito delle recenti modifiche legislative, si aprono due filoni di pensiero: ci sono mediatori che consentono l’esposizione delle parti in sessione congiunta (ed eventualmente conducono sessioni riservate) a cui segue l’invito alle parti e ai loro consulenti a pronunciarsi sulla continuazione a pagamento della procedura, e mediatori che invece ritengono di passare direttamente all’invito alle parti senza affrontare minimamente l’oggetto della controversia. Probabilmente ogni scelta può essere legittimata dal caso concreto: la mediazione è una procedura flessibile.

In ogni caso se le parti o una delle parti non vuole continuare la mediazione il mediatore ne prende atto e redige un verbale di chiusura della procedura in modo tale che chi lo ritiene possa rivolgersi al giudice.

Se invece le parti sono disposte a corrispondere quanto dovuto per procedere oltre ci sono due possibilità: le parti versano quanto dovuto alla segreteria dell’organismo (ci sono delle tariffe preventivamente conoscibili) e la mediazione continua senza soluzione di continuità, ovvero il mediatore dà atto che le parti si impegnano a saldare l’Organismo entro il termine fissato per altra data di riunione.

Il tutto avviene all’interno dei tre mesi stabiliti dalla legge: la deroga temporale sarà possibile solo su richiesta delle parti; uno sforamento del termine potrebbe, secondo alcuno, comportare una perdita dei benefici fiscali che accedono alla mediazione e dunque il mediatore non si accolla autonomamente delle responsabilità.

Se la procedura continua può concludersi con un mancato accordo (le parti possono abbandonare la trattativa in ogni momento) o con un accordo; nel primo caso il mediatore è tenuto a verbalizzare che le parti non si sono accordate e il verbale viene sottoscritto da tutti i partecipanti; in tal caso chi lo desidera può chiedere copia del verbale e rivolgersi al giudice. Se invece le parti si accordano il mediatore ne dà atto nel processo verbale che viene sempre sottoscritto dalle parti, ma il corpo dell’accordo viene inserito in altro documento che al verbale si allega, ma che resta ad esso estraneo e che viene semplicemente siglato dal mediatore a dimostrazione che si riferisce proprio a quella data mediazione.

Gli avvocati con la loro sottoscrizione dell’accordo attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

E a questo punto se l’accordo non viene adempiuto si può provvedere all’esecuzione senza che sia apposta la formula esecutiva.

Qualora gli avvocati non ritengano di certificare ed attestare quanto sopra, le parti possono, secondo alcuno, sottoporre il loro accordo all’omologazione del Presidente del tribunale.

  1. Ho notato, tra i commenti di alcuni Mediatori, qualche criticità circa la verbalizzazione nel caso in cui le parti non intendano proseguire la mediazione; ci puoi esprimere il tuo pensiero?

Il nostro paese, come dicevamo, non ha ancora una grande esperienza in materia di mediazione ed anche i giudici stanno in oggi rischiando di particare pericolose derive processualistiche (ad esempio vedi l’invocata applicazione dell’art. 91 c.p.c.).

Del resto è anche vero che in altri paesi inizialmente si è posto il quesito se privilegiare le esigenze della riservatezza e dunque verbalizzare soltanto in merito alla comparsa o meno delle parti e circa l’esito (accordo o non accordo), ovvero se al contrario consentire alle parti di inserire a verbale la dissenting opinion rispetto alla chiusura anticipata della procedura, ovvero all’effettuazione di proposte delle parti che poi possono essere sottoposte al giudice ai fini del merito ovvero soltanto per l’attribuzione delle spese processuali.

Ma col tempo all’estero è sempre prevalsa la riservatezza ed anche nei paesi di common law ove sono normali le proposte tra le parti durante il processo (v. ad esempio l’istituto della offer to settle), non si registra sul verbale di mediazione (o sul form che viene inviato al giudice dal mediatore a seguito della mediazione nel corso del processo) che l’indicazione della comparsa o meno delle parti e dell’esito della procedura (accordo, mancato accordo, accordo parziale); ciò che invece rileva ai fini del processo anglofono è il rifiuto immotivato di sedersi al tavolo, ossia la mancata comparsa priva di qualsivoglia giustificazione.

Ritengo dunque che anche il nostro paese non possa che stigmatizzare il rifiuto immotivato di mediare, ma che debba imboccare per il resto la strada della assoluta riservatezza, pena la perdita di specificità dell’istituto.

Peraltro un comportamento difforme sarebbe contrario ad un principio, appunto quello di riservatezza (e se vogliamo anche quelli di autodeterminazione e di volontarietà) che si è imposto nell’Europa continentale a partire dal 1790, con la legge francese sulla conciliazione, e non è mai è venuto meno.

  1. Cosa pensi delle norme in tema di responsabilità delle parti nel successivo giudizio: disciplina delle spese, condanna al pagamento degli oneri e delle indennità?

In parte credo di aver già risposto. Dal mio punto di vista va perseguito soltanto l’immotivato rifiuto di mediare, così come peraltro accade da due secoli a questa parte con riferimento alla conciliazione. La disciplina dell’articolo 13 del decreto sulla mediazione che tu ben richiami (spese, condanna al pagamento degli oneri e delle indennità) è fuori contesto in Italia: è stata prelevata da ordinamenti che hanno approcci completamente difformi dal nostro. A titolo di esempio posso richiamare l’esperienza californiana nella quale l’istruzione della causa viene demandata ad un soggetto denominato refereeche è un avvocato con grandissima esperienza ovvero un giudice in pensione. È chiaro che se le parti chiedono al referee di arbitrare la controversia e poi impugnano il lodo, ci sono forti probabilità che il giudice della fase processuale possa adottare nella sentenza soluzione identica o analoga al lodo già emesso e che quindi la parte impugnante sia sanzionata per aver fatto celebrare un processo a vuoto. Ma da noi vi può essere difficilmente una perfetta coincidenza tra proposta del mediatore e sentenza (personalmente non sono edotto di alcun caso in cui ciò sia accaduto), perché il mediatore in primo luogo può non essere un giurista e perché le parti avvedute che richiedano una proposta fanno comunque sì che il mediatore si pronunci anche sulle loro esigenze che il giudice non prenderà mai in considerazione.

  1. Quali aspetti, secondo Te, andrebbero migliorati rispetto alla disciplina vigente?

L’attuale modello italiano di mediazione ha riscosso l’apprezzamento europeo: bisogna riconoscerlo. Tuttavia non riscuote il mio apprezzamento: la gratuità del primo incontro fa sì che quel che il mediatore spiega alle parti nel primo incontro non sia credibile.

Il mediatore è assimilato in altre parole ad un venditore (senza offesa per i venditori, ma fanno un lavoro diverso) che magnifica i suoi prodotti ai fini della vendita: in questo modo si vanifica ogni tentativo di diffondere la cultura della mediazione e si rende la procedura una mera formalità, così come affermano da alcuni anni (o meglio secoli se ci riferiamo alla conciliazione) i detrattori dell’istituto.

Bisognerebbe ritornare alla condizione di procedibilità effettiva estendendola ad altre materie (ad esempio a quella degli appalti) come accade in Argentina ove il rimando è quasi totale. Nel contempo sarebbe a mio giudizio utile eliminare dalla trattazione della mediazione civile e commerciale quegli aspetti squisitamente attinenti al regime della famiglia (ad esempio la materia della divisione familiare o la trattazione dei crediti alimentari da separazione/divorzio) che allo stato non possono che essere riservati ad un mediatore, quello familiare, che ha la necessaria competenza e formazione per affrontarli.

Sarebbe auspicabile inoltre normare il raccordo tra la disciplina della mediazione e quella civilistica degli incapaci: cosa che era ad esempio efficacemente prevista nel codice di rito del 1865.

Sarebbe infine importante, a mio parere, che quella del mediatore diventasse una professione riconosciuta con apposito albo e che l’attività di mediazione fosse condotta in esclusiva in presenza di avvocati accompagnatori alla procedura specializzati nell’attività di accompagnamento.

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Giorgio Pernigotti, “Inchiesta sulla mediazione (quarta parte): il primo incontro (quarta parte)”, in ProfessioneGiustizia.it, alla pagina

“http://www.professionegiustizia.it/notizie/notizia.asp?id=406” del 20/01/2014

Cenni sulla mediazione in Texas

In Texas la delega giudiziale di ADR è obbligatoria per le parti dal 1987[1]; il giudice può utilizzarla per qualsivoglia materia, d’ufficio o su istanza di una delle parti (Cfr. Section 154.021 of the ADR Act states, in part, “A[2]).

Tuttavia una volta che le parti hanno ricevuto l’ordine del Giudice in merito possono impugnarlo entro 10 giorni ed il giudice verifica se l’impugnazione sia o meno ragionevole; in caso positivo revoca l’ordine, ma ciò accade di rado e non è sempre un bene ai fini della procedura, a detta degli operatori del settore.

I motivi ragionevoli che vengono invocati sono i seguenti: la convinzione di una parte che la mediazione non può avere successo, che è uno spreco di tempo e denaro; altro motivo può riguardare il fatto che la parte non può permettersi il costo della mediazione (ma il giudice può inviare i litiganti in mediazione gratuita se non sono coinvolte più di tre parti ed il valore è inferiore ai 100.000 dollari; oppure se la causa ha un valore superiore il giudice può chiedere ad un mediatore di lavorare gratuitamente dietro promessa di mediazioni future) o che la controversia non è ancora pronta per essere mediata perché è richiesta una discovery supplementare.

Il giudice può stabilire assieme alle parti quale sia l’ADR più opportuno.

Inizialmente l’ordine del giudice individuava anche il mediatore, ma oggi quest’ultimo è scelto dalle parti ed il giudice interviene solo se le parti non si mettono d’accordo.

L’ordine stabilisce anche il tempo della mediazione (che può essere prorogato su richiesta) ed informa che la procedura è riservata (nella mediazione preventiva invece la riservatezza viene pattuita contrattualmente) e che nulla di ciò che avviene in mediazione può essere oggetto di prova nel caso di prosecuzione del processo.

La mediazione è così diffusa che talvolta il Giudice individua “a priori” tutta una serie di step processuali: discovery, mediazione, udienze ecc.; tale individuazione può dare origine a problemi, quando non sono rispettati i tempi si un’attività piuttosto che di un’altra.

Se la mediazione non ha successo può accadere che il giudice manifesti al mediatore la sua insoddisfazione e ciò, come si può pensare, non è visto con grande favore dai mediatori texani.

Se le parti non osservano l’ordine del giudice e non partecipano alla procedura vengono sanzionate anche insieme ai loro avvocati, perché potevano opporsi nei 10 giorni a ciò dedicati e non hanno provveduto. Di fatto la sanzione consiste nel pagare le spese di mediazione dell’altra parte. Ma siccome l’inosservanza dell’ordine è considerata contempt of Court (disprezzo della corte) può determinare, nei casi più gravi, la vittoria nel merito della parte diligente.

Nel 1987 quando si è deciso circa la obbligatorietà dell’invio gudiziale, la mediazione non era molto conosciuta in Texas; però c’erano diverse assicurazioni che, specie nel caso di danno alla persona, chiedevano ad un mediatore di chiamare l’avvocato del sinistrato per spiegare in che cosa consistesse una mediazione e si offrivano inoltre di pagare la mediazione stessa affinché l’avvocato accettasse la procedura.

Si tratta di prassi che è lontana anni luce dalla nostra e che individua certo un terreno potenzialmente fertile.

Grazie ad un famoso avvocato di Dallas (Steve Brutsché) che formò alcuni colleghi e giudici in mediazione e alla obbligatorietà citata, si arrivò in breve tempo ad un tasso di procedure in relazione all’80% delle controversie; oggi le questioni familiari e non passano per la massima parte in mediazione, anche se non c’è un ordine del giudice; in altre parole la mediazione preventiva che è volontaria, è diventata in Texas la regola (la mediazione ha avuto in altre parole un successo clamoroso nel Paese).

In oggi l’offerta di mediazione da parte di studi legali è comunissima e sul web si incontra facilmente[3].

Possiamo fare un esempio tra tutti: in uno studio legale texano la mediazione può essere di mezza giornata (inizia alle 9 e finisce di solito alle 13) o di una giornata intera.

La cosa che trovo assai interessante dal punto di vista tecnico è che durante la procedura full time si consuma un pranzo di lavoro (può essere un pranzo o un rinfresco).

La mediazione può tenersi anche nei fine settimana con la maggiorazione di 250 dollari, e pure nelle ore serali con un costo aggiuntivo.

Se ci sono più persone che sono rappresentate da uno stesso avvocato sono considerati una parte sola ai fini del pagamento.

Se le parti sono solo due la sessione di mezza giornata costa 495 $ per parte; quella di una giornata intera 850 $ per parte. Se le parti sono tre il prezzo scende.

Il compenso è dovuto comunque se la sessione non è disdettata almeno cinque giorni prima, a meno che la stessa non sia riprenotata.

Sarebbe cosa buona se nel nostro paese si abbandonasse il principio che la mediazione debba passare obbligatoriamente attraverso organismi, così come accade in Texas ed in molti altri paesi del mondo; ciò non costituisce ovviamente invito alla mediazione selvaggia, la formazione dovrebbe comunque essere rigorosa; rilevo peraltro al proposito che nel nostro paese, a seguito della conversione del decreto del fare, non si sa ancora che formazione debbano possedere i legali, seppure inseriti in un organismo: attendiamo pazientemente lumi dal CNF.

In Texas comunque i mediatori di regola devono aver partecipato ad un corso di 40 ore, ma il giudice consente alle parti di scegliere anche chi non abbia assolto l’obbligo formativo; di solito le parti scelgono come mediatori gli avvocati, perché i loro consulenti vogliono avere a che fare coi loro colleghi.

Il ruolo del giudice e la conciliazione

Un esempio, a dir la verità isolato nel XVIII secolo, di legislazione che non vedeva di buon occhio il rapporto tra giudice e conciliazione lo rinveniamo negli Stati Sardi.

Le Costituzioni di Sua Maestà Vittorio Amedeo II del 1729[1], bissate peraltro sul punto nel 1770[2], erano assolutamente contrarie alla conciliazione delegata obbligatoria: <<Non potrà da qualunque Magistrato, Prefetto o Giudice farsi ordinanza o decreto, che obblighi le parti litiganti al concordio della causa, e se elleno desidereranno transigere, non potranno eleggere per arbitro o mediatore alcuno di quelli, nel tribunale de’ quali si trovasse pendente o potesse ella introdursi>>.

E quindi il giudice non poteva obbligare le parti a  tentare conciliare e se le parti desideravano farlo si trovavano davanti difficoltà insormontabili.

Le motivazioni di tutto ciò ci pervengono tramite la voce di un parlamentare della metà del secolo XIX che peraltro caldeggiava la conciliazione preventiva del pretore mandamentale: “È poscia da notarsi in questo medesimo titolo la disposizione per cui i giudici di mandamento, nelle cause di loro competenza, dovranno tentare tra le parti un amichevole componimento. Se buone ragioni hanno dissuaso l’esperimento della preventiva conciliazione in tutte le cause che devono intentarsi davanti ai tribunali, perché la volontà delle parti non vuole essere in niuna guisa costretta, e non si deggiono mai opporre ostacoli al libero esercizio di un diritto qualunque, e perché il tentativo della conciliazione, come altrove, nella massima parte dei casi si ridurrebbe all’adempimento di una mera formalità, con dispendio e perdita di tempo; il contrario è sperabile che intervenga nelle cause, dove il giudice che deve pronunciare incomincia a far le veci del conciliatore. Né è da temersi che il giudice, coll’interporsi fra le parti, sia per rinunziare a quella fredda imparzialità che deve presiedere ad ogni giudizio, perché nelle minori cause, in cui la sentenza del giudice è inappellabile, la interposizione può efficacemente servire a preparare un provvedimento conforme all’equità che deve in esse prevalere, e nelle cause maggiori rimane pur sempre alle parti il rimedio dell’appello[3].

Coloro che osteggiano la mediazione civile e commerciale come condizione di procedibilità ripetono anche oggi argomentazioni analoghe. E dobbiamo aggiungere purtroppo che con la conversione del decreto del fare si è posto in essere realmente un “adempimento di una mera formalità”. Sta cercando peraltro di correggere il tiro, dobbiamo riconoscerlo, il CNF con delle prescrizioni di sicuro interesse: cfr. la circolare n. c-25-2013 in allegato (circolare-mediazione-cnf-6-dicembre-2013.

Ma torniamo al passato. Il codice di Prussia del 1794[4] conteneva disposizioni che influenzeranno anche la legislazione più recente.

Le parti che non potevano comparire[5] al tentativo di conciliazione giudiziale dovevano farsi rappresentare da avvocato o da altro mandatario munito di pieni poteri per la conciliazione e residente nel luogo in cui sedeva il tribunale.

Se le parti non comparivano o non si facevano rappresentare il giudice considerava che non si era voluto conciliare e ne teneva conto per quantificare i danni, le spese e le ammende che la legge commina ai litiganti temerari.

E dunque quello che era l’apparato sanzionatorio del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28[6], tanto stigmatizzato e caduto, come è noto, sotto la mannaia della Consulta, ha progenitori europei perlomeno secolari.

La conciliazione veniva delegata dal presidente ad uno o due consiglieri che sentivano le parti, senza la presenza degli avvocati.

Conseguentemente abbiamo qui un esempio di mediazione delegata operata direttamente dal giudice senza l’assistenza dei legali.

Nel Lombardo-Veneto peraltro questa è stata una eventualità che il giudice poteva seguire anche nel processo sommario nella seconda metà dell’Ottocento (“Nella procedura sommaria dipenderà di regola dall’arbitrio delle parti valersi o no dell’opera di avvocati. Tuttavia ordinandolo il giudice espressamente, ciascuna di esse sarà tenuta a comparire in giudizio di persona. E’ pure rimesso al prudente arbitrio del giudice, a seconda delle circostanze del caso, di sentire le parti sopra cose di fatto in assenza dei loro avvocati; come anche di rimuovere dal foro quelle parti che importunassero con riprodurre temerariamente petizioni e domande già respinte, o che si contenessero in modo inconveniente o non avessero al capacità di esporre le loro occorrenze in modo intellegibile, e potrà rimetterle a farsi rappresentare da un avvocato”. § 10 Ordinanza del Ministero della Giustizia 32 marzo 1850).

Questo modello per mia conoscenza è seguito in oggi  da alcuni giudici in Belgio nell’ambito della Giustizia di pace.

Anche nel 1816 a Ginevra il tribunale delegherà ad un membro il saggio di conciliazione che poteva esperirsi prima o dopo le arringhe delle parti[7].

I consiglieri prussiani dovevano precisare quali fossero i punti di accordo e quelli di disaccordo, come accadrà nella legislazione portoghese del 1841 ed oggi nel processo istruttorio statunitense affidato al referee ovvero nel giudizio di pace venezuelano licenziato da pochi mesi[8].

Fissati i punti di contestazione i consiglieri facevano delle proposte di ragionevole componimento alle parti assistite in questa occasione da avvocato, impiegando i mezzi di persuasione più adatti ad ottenere la conciliazione.

E dunque anche il principio della difesa tecnica in presenza di proposta che nel dicembre scorso si cercava di far passare qui in Italia per il reintegro della condizione di procedibilità, ha origini assai risalenti.

Riuscito o meno l’accordo se ne redigeva un protocollo circostanziato[9].

Tale modo di procedere si teneva anche in appello, se risultava che il giudice di primo grado non avesse esaurito i mezzi di conciliazione.

La Danimarca del 1795 fu un altro paese ove la conciliazione preventiva obbligatoria ebbe fecondi sviluppi ed anzi si guarderà al modello danese non solo per adeguare la legislazione francese, ma pure per quella statunitense della metà del secolo XIX.

Mi riferisco in particolare alla legislazione costituzionale intervenuta negli Stati Uniti tra il 1846 ed il 1851 già richiamata e tesa al riconoscimento della giustizia di pace, ma pure delle Corti di Conciliazione[10].

Insomma la conciliazione danese era vista nel XIX secolo come un modello per la risoluzione dei conflitti.

Il rapporto della conciliazione coi giudici danesi è presto detto.

Solo nella capitale Copenaghen la Corte di conciliazione era presieduta da un giudice, nelle altre corti non erano ammessi giuristi.

La giurisdizione della Corte non ammetteva deroghe soggettive e poche erano quelle relative all’oggetto.

La partecipazione personale era obbligatoria[11] e non si poteva essere rappresentati da avvocati.

Si trattava di una conciliazione tecnica in cui venivano delegati al tribunale solo gli interrogatori per cui la Corte di conciliazione non aveva competenza.

Esperiti gli incombenti istruttori, ove necessari, la Corte di conciliazione leggeva le deposizioni, spiegava alle parti il punto di diritto che si confaceva al caso, e assumeva la sua decisione.

E dunque in questo caso c’è un punto di contatto con la disciplina prussiana precedentemente esaminata.

Le parti potevano accettare la sentenza oppure no: in diversi paesi dell’Europa vi sono oggi Corti di conciliazione che, esperito il relativo tentativo, possono adottare decisioni vincolanti o meno; il vincolo può essere operativo per entrambe le parti ovvero soltanto nei confronti della parte forte del rapporto.

La recentissima disciplina in relazione all’ODR e all’ADR che è stata frutto delle risoluzioni del Parlamento europeo[12] tiene conto anche della accennata regolamentazione.

Caratteristica della conciliazione preventiva (detta però mediatiòn[13])  francese del 1790[14]era che la condizione di procedibilità operasse soltanto per le controversie[15] di non competenza del Giudice di pace.

Il Giudice di Pace aveva una competenza territoriale limitata alla circoscrizione e qualora una delle parti non fosse rientrata per residenza o domicilio nella sua competenza si occupava del tentativo un Bureaux de paix nominato dal Consiglio comunale in ogni città che fosse sede di tribunale[16].

Possiamo considerare tale ultimo ufficio come l’antenato dei nostri organismi di mediazione: in esso vi erano due giuristi e accadeva di frequente che ricomprendesse magistrati poiché ai fini del tirocinio l’uditorato in qualità di paciere era equiparato a quello contenzioso.

La Costituzione del 1791 costituzionalizzò il tentativo obbligatorio e la Cassazione francese stabilì che la nullità da mancanza di tentativo fosse conoscibile anche d’ufficio in ogni stato del processo. Medesimo precetto venne reiterato dalla Costituzione del 1795.

Il principio dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione passò salvo alcune eccezioni[17] nel codice di procedura civile francese del 1806-7[18] (art. 49) che però prevedette la sua mancanza come una nullità di carattere privato e quindi sanabile col silenzio.

Chi non compariva era soggetto ad una ammenda di dieci franchi e non poteva essere sentito sino a che non dimostrava di averla pagata[19].

Se le parti comparivano, ma non conciliavano dovevano comunque pagare una tassa di registro di un franco; se conciliavano pagavano la stessa tassa di registro che era dovuta per le scritture private e per gli atti notarili[20].

Ai primi dell’Ottocento iniziarono però le polemiche in sede all’apparato giudiziario ed in particolare in seno alle cancellerie che non si sentivano tenute a comunicare all’attore che non potevano accettare il deposito della citazione senza che prima fosse stato esperito il tentativo[21].

Il fatto di voler costringere il personale amministrativo-giudiziario con provvedimento legislativo determinò alla metà del secolo la caduta della condizione di procedibilità[22].

L’esperienza francese è significativa tra le altre cose perché colui che fungeva da conciliatore non era nella maggior parte dei casi il giudice chiamato a giudicare, né accadeva mai che alla conciliazione seguisse immediatamente il giudizio[23].

Il ruolo dei Giudici di pace francesi è riassunto chiaramente in una circolare del 20 brumaio, anno V[24]; come si leggerà gli ordini che vengono impartiti potrebbero benissimo essere di sprone per i moderni mediatori: “I componenti degli uffici di conciliazione non devono perdere di vista lo scopo della loro primitiva istituzione e la natura delle loro attribuzioni: essi non sono che semplici mediatori, e unica loro missione è quella di spegnere sin dal principio, coll’aiuto dei loro lumi e dei loro consigli, le liti da cui trovansi le parti minacciate. Le loro funzioni puramente conciliatrici fanno interamente sparire il carattere di giudice, del quale si trovano rivestiti per altri casi. Soltanto colle armi della convinzione e della ragione[25] gli uomini di pace possono combattere la testardaggine di un litigante prevenuto. Si guardino dunque di sostituire il peso talvolta dannoso della propria opinione alla volontà libera dell’una o dell’altra parte; diffidino dell’ascendente del loro ingegno e della loro autorità per ottenere dalle parti dei sacrifizi che finiscono per essere sconfessati all’istante dalla volontà intima di chi li ha fatti[26]; non si erigano arbitri delle differenze se non siano costituiti tali dalle parti stesse[27]. Evitando questi scogli, le Parti, lungi dal rimpiangere i consensi talvolta dati con soverchia leggerezza, benediranno le transazioni che saranno il frutto della riflessione, dell’equità e della ragione”.

Dal 1803 al 1848 nel Lombardo Veneto le cause davanti ai pretori e ai tribunali dovevano essere precedute da un tentativo di conciliazione obbligatorio e quindi da un certificato di non riuscita conciliazione.

Lo stesso accadde in Dalmazia dal 22 marzo 1828 e la disciplina era sostanzialmente la medesima[28].

Il pretore, sentite le ragioni dell’una e dell’altra parte, doveva procurare, con prudenza ed in buona maniera, l’amichevole componimento, facendo presenti i vantaggi[29], senza però mai insistere con esortazioni importune e meno che mai con intimidazioni[30].

Interessante era il fatto che per la giurisprudenza di allora una transazione giudiziale non cessava d’essere valida per la circostanza che il giudice potesse avervi indotto una parte con la minaccia che, non transigendo, esso avrebbe deciso a favore della parte avversaria[31].

Vi erano alcune materie escluse dalla conciliazione: la separazione di letto e di mensa merita un cenno particolare[32].

Non si faceva seguito al tentativo di conciliazione perché la legge imponeva un plurimo tentativo extragiudiziale davanti ad altra autorità: i coniugi dovevano primariamente manifestare le loro intenzioni al loro parroco che doveva ricordare il significato delle promesse ed ammonirli per ben tre volte circa le conseguenze dannose della separazione.

Se le ammonizioni risultavano inefficaci il parroco doveva rilasciare alle parti un attestato scritto che fatte per tre volte le ammonizioni i coniugi persistevano nel desiderio di separarsi.

I coniugi a questo punto presentavano domanda di separazione al giudice ordinario il quale la disponeva senza altre investigazioni se essi confermavano di persona che erano d’accordo nel separarsi e sulle relative condizioni.

Se però vi fossero state contestazioni in ordine al mantenimento dei figli il giudice ordinario avrebbe dovuto curare previamente il componimento delle parti in via di transazione; se il componimento falliva il giudice assegnava il conveniente mantenimento alla moglie e ai figli e poi proseguiva il giudizio ordinario secondo la disciplina vigente a quel tempo per i patti nuziali[33].

Ma la separazione di letto e di dote poteva essere anche chiesta da una sola parte: anche in tal caso si doveva presenziare davanti al parroco per le rituali ammonizioni.

Se le ammonizioni risultavano infruttuose, o se la parte incolpata non compariva davanti al parroco, la domanda corredata dall’attestato del parroco e delle prove necessarie doveva presentarsi al giudice ordinario, che in tal caso era obbligato a investigare le cose d’ufficio e a deciderle[34].

Il decreto interministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 stabilisce che i regolamenti di procedura degli organismi possono prevedere che i mediatori effettuino proposte anche in assenza di una o più parti: nella facoltà concessa questa norma ricorda seppure alla lontana le ammonizioni del parroco che appunto potevano avvenire anche in assenza di una parte.

In tutti i casi poi di conciliazione non obbligatoria o di materia sottratta alla conciliazione, o di conciliazione non riuscita o di processo sommario ovvero nel corso di qualunque giudizio, era poi sempre lecito alle parti, e per fondati reali motivi anche al giudice di prima istanza ex officio, di provocare la trattativa di amichevole componimento[35].

Il processo in tal caso non veniva sospeso a meno che le parti non lo richiedessero congiuntamente. “Nel processo scritto, la parte che vuol tentare un amichevole componimento deve far appuntare a tal uopo una giornata dal giudice. Se in tal giorno le parti convengono amichevolmente, si assume la loro convenzione (Decreto Aulico 1782) con precisione a protocollo particolare, e questo si firma dalle parti. Tale protocollo, a tenore del Decreto Aulico 4 marzo 1823, si evade con Decreto, in cui si dà notizia alla parte essersi colla convenzione giudiziale finita la lite, e deve inserirsi il tenore della convenzione medesima. Per tal modo ciascuna parte ottiene un Decreto, che serve non solo di prova, ma di sicurezza pure de’ suoi diritti per l’iscrizione sui libri ipotecarii, in quanto la convenzione s’estenda a beni stabili [36].

Il fatto che la convenzione fosse inserita in un decreto del giudice rendeva la procedura particolarmente all’avanguardia: in oggi ciò può avvenire in diverse legislazioni.

Dopo la sentenza proferita dal giudice di prima istanza non si poteva accordare adesione giudiziale alla trattativa di accomodamento amichevole, se non ad istanza espressa di entrambe le parti.

Un’altra legislazione che merita di essere qui menzionata è quella portoghese del 1841.

Ci riferiamo al Decreto de 21 de majo 1841 que contém a novissima riforma judiciaria[37].

Il giudice di pace portoghese aveva come compito quello di conciliare le parti e le loro domande.

E dunque quel legislatore aveva già compreso che senza conciliazione delle persone non si può addivenire ad una composizione delle loro controversie[38].

Il giudice di pace doveva essere prudente[39] ed equo, aveva come incarico quello di far vedere alle parti i loro punti deboli, non doveva essere violento o cavilloso, pena una responsabilità per i danni e per abuso di potere.

La neutra valutazione e dunque già ben presente al giudice di pace portoghese dell’Ottocento[40]: in realtà la conciliazione è dall’antichità marcatamente valutativa, tanto che come si sa, era spesso difficile distinguerla dall’arbitrato, se non per le forme dell’esito.

Il rapporto delle parti con il giudice di pace portoghese doveva essere improntato al rispetto[41]: tale formula ritornerà anche con riferimento al mediatore nella legge spagnola del 2012.

Altrettanto moderno è il sistema per monitorare le conciliazioni che era all’epoca trimestrale e che fa pensare ai programmi di ADR più avanzati[42].

La conciliazione come condizione di procedibilità riguardava tutte le cause e poteva avvenire su invito del giudice e su impulso delle parti[43].

Vi erano delle eccezioni che si ritrovano anche nelle legislazioni del nostro secolo[44].

La mancanza del tentativo comportava nullità insanabile e la chiamata in conciliazione poteva avvenire in ogni stato e grado del processo[45].

A seguito della domanda era il giudice di pace a convocare le parti per un giorno ed una data ora[46]: a differenza di altre legislazioni del tempo non venivano fissati termini per la convocazione, ma ciò non rendeva di certo elastica la partecipazione.

Se il convenuto non compariva e fosse stato condannato nella successiva fase contenziosa, sarebbe stato multato sino a 500.000 reali[47] che oggi sono solo 190 €, ma all’epoca dovevano essere una bella somma.

La conciliazione veniva condotta dal giudice di pace con prudenza e trasparenza: se portava ad un accordo veniva inserita nell’apposito libro e se ne rilasciava un estratto alle parti[48].

Il giudice di pace che avesse usato mezzi violenti o cavillosi veniva condannato per danni e per abuso di potere[49].

Intervenuta conciliazione totale non poteva più seguire il giudizio. In caso di mancata attuazione il giudice competente poteva munirla di clausola esecutiva[50].

In caso di conciliazione parziale l’oggetto conciliato doveva risultare da apposita dichiarazione e così valeva anche per il caso in cui la conciliazione fosse fallita. Un memoriale della conciliazione doveva essere consegnato alle parti in ogni caso[51].

Veniamo ora  brevemente alle discipline di casa nostra.

La prima che viene in campo è la legislazione etnea.

Il primo libro del Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 26 marzo 1819 riportava significativamente il titolo “De’ Conciliatori” e si divideva in sei titoli: il primo dedicato alle disposizioni preliminari ovvero a come era organizzata l’attività della giustizia di pace[52] ed il secondo alle conciliazioni[53].

il titolo II usa la locuzione “Delle conciliazioni”, perché ne contemplava ben due, peraltro tra loro collegate.

La prima e principale consisteva nel procurare con attività che fossero spenti gli odi e le inimicizie degli abitanti del comune (art. 19): quindi bastava un semplice litigio o malinteso, non ci voleva una vera e propria controversia perché il conciliatore potesse intervenire.

La legge non diceva come avrebbe potuto operare il conciliatore onde prevenire l’escalation del conflitto, ma poteva trattarsi anche di semplici consigli per cui non utilizzava alcuna formalità, né l’ausilio del cancelliere.

Il fatto che il conciliatore si potesse intromettere nelle questioni che non erano ancora controversie civili e pure senza essere richiesto era cosa foriera di non pochi inconvenienti.

Così nel codice di procedura civile del 1865 si stabilirà un intervento soltanto su richiesta delle parti e per questioni che avessero assunto le caratteristiche di controversie civili[54].

Se però tale intervento di prevenzione non fosse stato utile il conciliatore poteva essere richiesto di comporre le liti che le parti temevano o che fossero insorte (art. 20): da ciò si ricava che il conciliatore poteva conciliare le parti prima dell’insorgenza della lite e quindi in conciliazione preventiva ovvero durante il corso di un  giudizio non pendente davanti a lui o ancora durante un giudizio di fronte a lui pendente.

Da notarsi è che le conciliazioni su richiesta delle parti a lite instaurata non erano viste con particolare favore. Ben prima della Comunità Europea, infatti, il codice etneo stabiliva “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj[55].

In tema di diverbi familiari (art. 21[56]), comprese le separazioni di fatto[57], si riteneva invece che il conciliatore fosse obbligato ad intervenire[58].

In ogni caso la conciliazione poteva avvenire solo se le parti potevano disporre dei loro diritti[59] e per materie che potessero essere oggetto di transazione (art. 22).

Per certe materie[60] le conciliazioni dovevano essere omologate dal tribunale[61], e non erano conciliabili le questioni riguardanti un ente pubblico[62], la volontaria giurisdizione[63], le cause di responsabilità contro i giudici ed avvocati.

Per avere un’idea di quello che rappresentava la conciliazione nelle provincie napoletane voglio citare un intervento del deputato DE BLASIIS nella sessione parlamentare del 1861: ”Che cosa è il giudice conciliatore nelle provincie napoletane? È un giudice temporaneamente eletto fra i cittadini di ciascun comune, e che esercita la sua giurisdizione senza che abbia diritto ad alcun pagamento. La procedura presso questo conciliatore è una procedura essenzialmente economica e sommaria. Chi avanza una somma al di sotto dei 6 ducati, ossia di poco più di 23 lire, per mezzo del serviente del tribunale chiama il suo debitore davanti al conciliatore, e la citazione non importa più di otto grana ossia cinque o sei soldi; le parti si presentano così senz’altra spesa innanzi al conciliatore, e questi in via sommaria, e facendo prendere semplici note dal cancelliere comunale che lo assiste, sente le parti e le combina alla meglio: rare volte vi è d’uopo di redigere una sentenza formale, e questa sentenza, quando debba prendersene copia legale per eseguirla, non porta altra spesa che di un carlino, ossia di circa otto soldi. Con questa brevità di tempo, e con questa spesa minima, si ha il vantaggio che tutte le cause a di sotto dei sei ducati, ossia al di sotto di 23 o 24 franchi, si trattano in via economica, sommaria; le più modiche esazioni si ottengono facilmente, e certe piccole liti, le quali altrove s’inveleniscono, appunto per l difficoltà di farle, sono agevolmente espletate, e finiscono con la più grande concordia tra i litiganti[64].

Il conciliatore che descriviamo in ultimo è quello nato dopo l’unità d’Italia proprio avendo a modello quello etneo.

Si trattava di un soggetto dall’estrazione professionale più varia.

Per l’ordinamento giudiziario[65] di un giudice e di un pubblico ufficiale che svolgeva sostanzialmente tre ruoli: quello di giudice per le cause minori, quello di conciliatore delle controversie in sede preventiva senza limite di valore e di materia ed in sede giudiziale e pure quello di arbitro, come qualsiasi altro privato cittadino.

Il conciliatore del 1865 fu in un certo senso anche un progenitore del mediatore familiare del 2006: disposta la separazione da parte del presidente del tribunale, poteva conciliare le parti in riferimento al contributo dovuto da entrambe[66] alle spese domestiche e all’educazione della prole.

Il conciliatore doveva, se richiesto, occuparsi delle problematiche coniugali antecedenti alla separazione[67].

Poteva accadere che il tentativo di conciliazione avanti al conciliatore, potesse precedere quello davanti al presidente del tribunale: in tal caso il verbale di conciliazione estingueva il diritto di proporre o proseguire la domanda di separazione in ordine agli stessi fatti.

Il conciliatore, inoltre, poteva convincere i coniugi a scegliere la separazione consensuale: il che determinava una separazione meno costosa e più riservata; il verbale di conciliazione infine, poteva ancora servire agli effetti della riconciliazione, ossia a far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza intervento dell’autorità giudiziaria[68].

Il Codice di procedura civile dell’Italia unita del 1865 si apriva con la richiesta ai conciliatori di comporre le controversie, ove ne fossero richiesti; la seconda parte era destinata all’arbitrato e dunque il processo dal punto di vista sistematico era visto come una extrema ratio.

In sede contenziosa il conciliatore giudicava ex aequo et bono; non si riportavano in pronuncia nemmeno le conclusioni delle parti e non era richiesta una vera e propria motivazione[69]: essenziale era soltanto il dispositivo, “si aggiudica in tutto o in parte oppure si assolve”.

Il conciliatore entro la sua competenza (30 lire innalzate nel 1892 a 100) si occupava anche di esecuzione ed in questo ambito operava la conciliazione: cercava cioè di convincere il creditore a ridurre il pignoramento ai limiti della discrezione.

La conciliazione volontaria non contenziosa del conciliatore (e oggi del giudice di pace) non aveva limite alcuno di materia e di valore.

In oggi ci sono Uffici del Giudice di Pace che stanno pensando di rivalutare questa possibilità offerta dall’art. 322 C.p.c. e di coniugarla, in quanto possibile, con la mediazione civile e commerciale. Idea peraltro antica ed ordinaria nei paesi a matrice spagnola e portoghese.

All’art. 12 del regolamento di esecuzione della legge[70] si stabiliva quello che poi sarà lo schema di fondo della mediazione odierna secondo il modello che si è diffuso maggiormente in Italia: ”Per tentare l’esperimento della conciliazione il conciliatore avrà diritto di chiamare le parti separatamente o congiuntamente in privata udienza. Non riuscendo lo esperimento, il conciliatore potrà rinviare la discussione della causa alla prossima udienza e ripetere anche nella medesima i suoi buoni uffici. Se le parti non si conciliano, procederà senz’altro alla trattazione della causa[71].

Anche in Francia all’inizio dell’Ottocento si era operata questa scelta per il procedimento previsto dal Codice Civile in tema di divorzio, e la ragione era perfettamente in linea con quanto pensiamo noi oggi: la sessione separata segreta permette di discorrere di cose che in sede congiunta si sono taciute[72].

La sessione di conciliazione segreta imponeva spesso che fossero allontanati tutti i terzi e dunque pure il cancelliere.

La composizione delle controversie da parte del Conciliatore si definiva conciliazione ufficiale e consisteva nel riunire gli animi discordi delle parti e ricomporli nell’armonia sociale: la teoria americana sulla funzione della mediation come giustizia sociale[73] parte dunque da molto lontano[74].

Nonostante il principio di volontarietà i contendenti si sentivano in qualche modo costretti a partecipare per non fare una cattiva impressione su quello stesso conciliatore che avrebbe dovuto decidere la controversia in assenza di componimento: c’era peraltro già allora chi, probabilmente sulla scorta del diritto comparato, sollecitava di comminare una multa a chi non intendesse presentarsi[75].

Per poter conciliare centrale era il concetto di controversia: Il Ministero della Giustizia, sulla spinta delle lagnanze dei notai[76], ritenne che in tutti i casi in cui non fosse elevata dalle parti contestazione di sorta l’intervento fosse contrario alla legge e si risolvesse in una usurpazione di funzioni del notaio o del cancelliere.

I verbali di conciliazione  in tal caso erano considerati nulli[77]:

Il conciliatore post-unitario interveniva, come accennato, solo nel caso in cui fosse richiesto[78], ma una volta richiesta la conciliazione in sede preventiva era suo dovere celebrarla.

Si richiedeva anche la capacità di disporre dei diritti: tuttavia il conciliatore non si fermava mai di fronte all’incapacità personale delle parti; poteva svolgere la conciliazione e poi sospenderla al momento dell’accordo, in attesa di approvazione ovvero stendere il verbale il quale aveva pieno effetto, salva omologazione dell’autorità competente.

Il principio purtroppo non è stato richiamato col decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28: sarebbe stata cosa assai opportuna.

La conciliazione poteva intervenire solo per rapporti che fossero transigibili.

Non era necessario che fossero presenti tutte le parti della controversia: la conciliazione poteva intervenire anche tra alcune parti se ciò fosse stato ritenuto utile dal Conciliatore.

Perché la conciliazione riuscisse si chiedeva al conciliatore di seguire delle regole che appaiono di grande utilità anche oggi.

Il punto essenziale è che il conciliatore si penetri nella sua posizione, che non è quella di un giudice, ma di un mediatore imparziale: il quale non si impone alle parti coll’autorità o colla saccenteria, ma coi consigli, colla persuasione e colla famigliarità dei modi. A parte quindi gli interrogatori, i giuramenti, e l’arsenale di tutti quegli spedienti con cui si cerca la verità nei giudizi, salvo quelle semplici verificazioni su cui vadano d’accordo le parti[79].

Il conciliatore si armi di pazienza nell’ascoltare le parti, in specie se hanno anche bisogno di essere aiutate a spiegare il proprio pensiero, lasciando loro tutto l’agio di svolgere le rispettive ragioni e difese. Tolleri qualche sfogo ai loro risentimenti[80], perché ciò contribuisce a renderli più accessibili a parole di pace.

Composti gli animi si compongono facilmente gli interessi; e conosciute le cause di dissenso, non è difficile scoprire il vero punto di questione, calcolare la distanza che divide le parti, ridurre a segno le smodate pretese, sceverare tutto quello che sa di cavillo e di puntiglio o falso amor proprio.

Se la sua proposta di accomodamento non viene accettata, e fatte invano le solite rimostranze sui guai, sulle spese e l’incerto esito di qualsivoglia lite[81], il Conciliatore, cui rimanga la speranza di un migliore successo, può con qualche pretesto rinviare le parti ad altro giorno; officiare il mandatario perché faccia comparire la parte in persona; proporre di rimettere a guisa di arbitrato la definizione dell’affare a un giureconsulto, a un notaio, a un ragioniere[82]  secondo i casi, invitare le parti ad un formale compromesso in uno o più arbitri, del quale potrebbe egli stesso erigere l’atto costitutivo in processo verbale di conciliazione[83].


[1] Tristemente famose per aver dettato forse la disciplina antiebraica più dura ed intransigente nella nostra nazione.

[2] Art. 13 libro II, cap. I delle RR.CC. del 1729. Art. 13 del libro II, tit. I delle RR. CC. del 1770.

[3] Relazione al Progetto di Codice di procedura civile presentato al Senato il 1° marzo 1850 dal ministro di Grazia e Giustizia (SICCARDI ). In G. GALLETTI- T. PALO, Atti del Parlamento Subalpino, sessione del 1850, dal 20 dicembre 1849 al 19 novembre 1850, Tipografia Eredi Botta, Torino, 1863, p. 447.

[4] Frutto della grande riforma di Federico il Grande

[5] Perché malati, assenti, in età avanzata, impediti da un impiego pubblico o da altro serio impedimento.

[6] V. articoli 5 e 13.

[7] Quindi eravamo in presenza di una sistema flessibile.

[8] En la mediación el juez o jueza de paz comunal debe ayudar a la identificación de los puntos de controversia y exponer los distintos escenarios para un acuerdo consensuado. Art. 2 Ley Orgánica de la Jurisdicción Especial de la Justicia de Paz Comunal (2012).

[9] L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, op. cit., p. 61.

[10] R. HEBER SMITH – J. SAEGER BRADWAY – W. HOWARD TAFT, Growth of legal aid work in the United States: a study of our administration of justice op. cit., p. 32.

[11] Costituivano giustificazione legale l’assenza, la malattia, l’esercizio di funzioni pubbliche, gli affari che non potevano differirsi o che potevano ricevere danno dal ritardo.

[12] Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori) (COM(2011)0794 – C7-0453/2011 –2011/0374(COD) ); Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, recante modifica del regolamento (CE) n. 2006/2004 e della direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) (COM(2011)0793 – C7-0454/2011 – 2011/0373(COD) ). Entrambi le risoluzioni sono ad oggi 23 marzo 2013 in attesa di essere pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

[13] Si tenga però presente che il Décret 16=24 AOUT 1790 la definisce appunto médiation. Cfr ad es. l’art. 1er  c. 2 del titolo X (Des bureaux de paix et du tribunal de famille): “Aucune action principale ne sera reçue au civil devant les juges de district, entre parties qui seront toutes domiciliées dans le ressort du même juge-de-paix, soit à la ville, soit à la campagne, si le demandeur n’a pas donné, en tête de son exploit, copie du certificat du bureau de paix, constatant que sa partie a été inutilement appelée à ce bureau, ou qu’il a employé sans fruit sa médiation”. V. B. DUVERGIER, Lois, décrets ordonnances, réglements avis du Conseil-D’État, Tome Premier, A Guyot, Paris, 1834., p. 361 e ss. ; aggiungo comunque che c’è un precedente nel Codice giudiziario del Principato di Trento del 1788 che è già stato oggetto di dissertazione.

[14] Decreto del 18-24 agosto 1790 – Decreto sull’organizzazione giudiziaria (Lettera Patente). Testo vigente nel 1834. In B. DUVERGIER, Lois, décrets ordonnances, réglements avis du Conseil-D’État, Tome Premier, A Guyot, Paris, 1834, p. 361 e ss.)

[15] Erano esentati da essa solo gli affari concernenti la nazione, i comuni, l’ordine pubblico, il commercio e la tutela degli incapaci.

[16] Art. 1er 4 del Titolo X (En chaque ville où il y aura un tribunal de district, le conseil général de la commune formera un bureau de paix composé de six membres choisis pour deux ans, parmi les citoyens recommandables par leur patriotisme et leur probité, dont deux au moins seront hommes de loi).

[17] Ad esempio vi si sottrassero gli appelli, ma anche le domande che riguardavano lo Stato il demanio, i Comuni, le tutele e le curatele.

[18] Il codice del 14 aprile 1806 entrò in vigore nel 1807.

[19] V. gli articoli 49-58 del Codice di procedura civile francese del 1807.

[20] A. MACDONALD, Handybook of the law relative to Masters, Workmen, Servants, and Apprentices, in all trades and occupations, William Mackenzie, London, 1868, p. 26.

[21] Da ultimo anche il legislatore italiano aveva provato a fare un’operazione analoga: con decreto legge 212/2012 aveva introdotto nel d.lgs. 28/2010 l’art. 5, comma 6-bis la previsione che il capo dell’ufficio giudiziario adottasse «ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice»; tale previsione non ha però trovato posto nella legge di conversione (l. 17 febbraio 2012 n.10).

[22] L’istituto volontario rimase però in piedi sino al 1958.

[23] P. S. MANCINI, G. PISANELLI, A SCIALOJA, Commentario del Codice di Procedura civile per gli Stati sardi, op. cit., p. 124.

[24] La data del calendario rivoluzionario corrispondeva al gregoriano 10 novembre 1797.

[25] Come gli antichi Irenofilaci ed i Feciali.

[26] Sono questi potremmo dire, comandamenti per i  mediatori moderni.

[27] Su questo passo dovrebbe forse riflettere anche il legislatore del decreto legislativo 28 marzo 2010, n. 28.

[28] Cfr. Ordinanza n. 42 Istruzione per le Preture riguardo agli atti Interni e contenziosi, in Raccolta delle leggi ed Ordinanze dell’anno 1829 per la Dalmazia, Coi Tipi di Antonio – Luigi Battara, Zara, 1830, p.  140.

[29] Non è altro che la M.A.A.N. con la differenza che nel sistema facilitativo è la parte che la individua, non il mediatore.

[30] Riecheggiano qui le istruzioni impartite ai giudici di pace francesi.

[31] Così due conformi giudicati d’Appello e della Suprema Istanza, riportati dalla Gazzetta dei Tribunali di Vienna, che si possono leggere tradotti nella  Gazzetta dei Tribunali, n. 88 del 1851. G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, op. cit., 1855, p. 364.

[32] Si trattava della possibilità data ai coniugi di una separazione temporanea d’intelligenza, ossia consensuale, secondo la nostra terminologia.

[33] In sostanza si verificava se potessero essere annullati (nel caso di responsabilità reciproca) o se c’era la responsabilità di una sola parte se dovessero essere mantenuti, annullati o ancora se potesse disporsi un conveniente mantenimento.

[34] Poteva anche prima delle decisione accordare un separato conveniente luogo d’abitazione alla parte che si trovasse in pericolo. In presenza di figli il giudice procedeva come nel caso di mancato accordo sul mantenimento dei figli in caso di separazione consensuale. Cfr. amplius  G. BASEVI, Annotazioni pratiche al codice civile austriaco, Paolo Cavalletti Editore, Milano, 1851, p. 49 e ss.

[35] Dunque quasi due secoli prima che si introducesse questa opportunità nel sistema americano.

[36] G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, Lorenzo Sonzogno Editore, Milano, 1855, p. 364.

[37] Il testo a cui ci riferiamo si trova in Decreto de 21 de majo 1841 que contém a novissima riforma judiciaria, Impresa da Universitade, Coimbra, 1866. Il che fa supporre che all’epoca la norma fosse pienamente in vigore.

[38] CAPITOLO V.

De giudici di pace e dei loro impiegati.

Articolo 134. I giudici di pace sono eletti dal popolo, e le loro attribuzioni sono quelle di conciliare le parti e le loro domande e quelle che gli vengono attribuite dal Codice commerciale.

[39] Come quello del Lombardo Veneto.

[40] Articolo 135 Per raggiungere la conciliazione i giudici di pace dovranno impiegare quanto di meglio, in relazione alla prudenza ed equità gli verrà suggerito, facendo vedere alle pari i punti deboli delle loro richieste, che risultano dalle domande, e astenendosi dall’impiegare alcun mezzo violento o in qualche modo cavilloso sotto pena di responsabilità civile, e per abuso di potere.

[41] Art. 137 Le parti che compaiono davanti al Giudice di pace dovrebbero portare il rispetto dovuto alla legge. (omissis)

[42] Art. 138 I giudici di pace alla fine di ogni trimestre presentano al delegato o al sub-delegato del procuratore regio, un resoconto di tutte le questioni, a loro sottoposte, e del loro esito”.

[43] TITOLO VIII

Della conciliazione

Capitolo unico.

Articolo 210 Nessuna causa potrà iniziare in Tribunale senza che il suo oggetto sia sottoposto al giudizio di conciliazione, vale a dire invitato dal Giudice di pace oppure per la comparizione volontaria delle parti.

[44] Ad esempio:

1  Le cause, che sono di immediato interesse dell’azienda agricola nazionale.

2  I procedimenti penali.

3  Le cause, in cui le parti sono società amministrative, o enti pubblici:

4.  Le cause, in cui le parti sono minori o altre persone che sono sotto tutela o curatela.

5. Le cause di stato delle persone.

6. Le cause sottoposte precedentemente agli arbitri.

7. Le cause per la responsabilità civile dei giudici e dei pubblici ministeri.

(Omissis)

[45] Articolo 211. L’omissione del tentativo di conciliazione al di fuori delle eccezioni stabilite comporta nullità insanabile. Il comparente in proprio o a mezzo del suo procuratore deve essere chiamato in conciliazione in ogni stato e grado del processo.

[46] Articolo 213 Il Giudice di pace segnerà in un suo dispaccio la data ed  il luogo in cui avverrà la conciliazione.

[47] Articolo 222 Se il convenuto rimarrà contumace, e sarà condannato nel merito, pagherà la multa massima di 500.000 reali. (Omissis)

[48] Articolo 217 Comparendo le parti nell’ora e nel giorno designati, il giudice di pace, li ascolterà e procurerà di conciliarli con mezzi trasparenti e prudenti. Se la conciliazione verrà conseguita, andrà a compilare il libro rispettivo, in cui si specificheranno con chiarezza  i termini della conciliazione, ne farà memoriale da consegnare in copia alle parti richiedenti.

[49] Articolo 218 Il giudice di pace che si è convinto ad utilizzare mezzi violenti o cavillosi per realizzare la conciliazione risponderà ai sensi dell’art. 135.

[50] Articolo 219 La questione su cui vi è stata completa conciliazione non può essere portata in giudizio; quando alcuno delle parti rifiuterà di attuarla, il giudice competente la munirà di clausola esecutiva a richieste delle parti o d’ufficio su richiesta del giudice di pace, e terrà forza di sentenza e di pronta esecuzione.

[51] Articolo 220  Quando il giudice di pace non potrà ottenere che una conciliazione parziale, compilerà d’ufficio una dichiarazione da cui risulti l’oggetto su cui è intervenuta la conciliazione. Se non riuscirà né in una conciliazione totale, né in quella parziale, compilerà d’ufficio  la relativa dichiarazione.

In qualunque caso farà trascrivere memoriale che consegnerà in copia alle parti. (Omissis)

[52] Art. 1-18.

[53] Art. 19-40.

[54] Tale funzione del conciliatore siciliano tuttavia aveva origini decisamente risalenti: già si svolgeva nelle città della Magna Grecia a mezzo degli Irenofilaci che  ispirarono ai Roma la figura dei Feciali; in particolare questi ultimi si recavano dagli offensori per persuaderli a pensare ed operare con rettitudine; e qualora i rei avessero persistito nelle ingiuste pretese, li caricavano di imprecazioni chiamando gli dei a testimoni.

[55] Preoccupazione che abbiamo visto essere ben viva già dal 1770 negli stati Sardi.

[56] La richiesta era presunta. Nel codice di procedura civile del 1865 si stabilirà invece che la richiesta debba essere espressa o attraverso una domanda di conciliazione ovvero attraverso la presentazione spontanea delle parti davanti al conciliatore (che poteva anche essere provocata da un invito ufficioso del conciliatore o attraverso una lettera del suo cancelliere).

[57] Non per quelle legali che erano di competenza del presidente del tribunale.

[58] Così interpretavano G. L. J. CARRÉ – A. CHAUVEAU, Leggi della procedura civile di C.J.L. Carré, Terza edizione, Volume 1, Rondinella, Napoli, 1853, p. 154 e ss.

[59] Cfr. art. 2 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

[60] Incidenti di falso, donazioni, alimenti.

[61] V. art. 12 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 per quanto concerne l’attuale mediazione.

[62] Stato, demanio, comuni, corporazioni religiose ecc..

[63] Interdizione, curatela, eredità vacanti, presunti assenti, stato delle persone.

[64] G. GALLETTI- T. PAOLO, Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1861, Continuazione del secondo periodo (dal 26 febbraio al 12 aprile 1862), VIII legislatura, Seconda edizione riveduta, Discussioni della Camera dei deputati, volume IV, Tipografia Eredi Botta, Torino, 1862, p.  2080.

[65] Regio decreto sull’ordinamento giudiziario del 6 dicembre 1865 n. 2626.

[66] Il contributo a carico della donna si giustificava se avesse ottenuto la separazione dalla dote (v. art. 1423 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358).

[67] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, p. 169-170.

[68] Il verbale veniva cioè equiparato ad una dichiarazione espressa o alla coabitazione dei coniugi (v. art. 157 C.c.).

[69] La sentenza si articolava con “circostanze influenti” ossia con la narrazione dei fatti che in qualche modo potevano portare ad una certa decisione. Non era in altre parole richiesta l’esposizione dei motivi in fatto ed in diritto.

[70] Regolamento 26 dicembre 1892, n. 728.

[71] Ciò era previsto in precedenza anche dalla conciliazione etnea  per salvaguardare il decoro familiare dalla pubblicità.

[72] Cfr. M. GIOIA, Teoria civile e penale del divorzio: ossia necessità, cause, nuovo maniera d’organizzarlo seguita dall’analisi della legge francese 30 Ventoso anno XI, Pirotta e Maspero Stampatori e Librai, Milano, 1803, p. 235.

[73] Cfr. R. A. BARUCH BUSH – J. P. FOLGER, La promessa della mediazione, Vallecchi Spa, 2011, p. 22.

[74]  Et quae armonia a musicis dicitur in cantu, ea est in civitate concordia, artcissimum atque optimum in omni republica vinculum incolumitatis. Cicerone, De Republica, lib. 1, § 41. Questa peraltro era l’idea che stava a fondamento della composizione dei conflitti in Cina già quattromila anni prima di Cicerone.

[75] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori e dei loro Cancellieri ed Usceri, III ed., E. Rechiedei & C., 1893, p. 188.

[76] Con riferimento all’art. 11 del progetto di decreto 4 marzo 2010 n. 28 abbiamo avuto un’identica lamentela che ha portato a un mutamento di disciplina con riferimento ai contratti soggetti a trascrizione.

[77] Circolare del ministro Tajani del 19 giugno 1879, n. 12606. Div. 1a, sez. 1°.

[78] A differenza dei suoi predecessori.

[79] Nel tempo odierno questi elementi li chiamiamo filtri.

[80] Questo è ancora oggi lo scopo della prima sessione congiunta.

[81] Ciò non è altro che la individuazione della M.A.A.N. (BATNA): certo il mediatore moderno facilitativo non affronta il tema direttamente e non esprime valutazioni, ma fa esprimere comunque la parte sul punto tramite l’uso di opportune domande.

[82] Così come può fare il mediatore ai sensi dell’art. 8 c. 4 del decreto 4 marzo 2010 n. 28.

[83] Ecco qui delinearsi quelle soluzioni di ADR che in America si coltiveranno a partire dalla fine del ventesimo secolo. L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, op. cit. p. 208.

La giustizia di pace e la conciliazione nell’esperienza europea ed italiana dal XVIII al XIX secolo

Due secoli prima del varo della direttiva comunitaria in tema di mediazione transfrontaliera[1] diversi paesi dell’Europa possedevano una robusta cultura della conciliazione e delle legislazioni coerenti.

In alcuni contesti sociali ed economici quelli che noi definiamo strumenti alternativi non furono percepiti come tali, ma vennero considerati – in qualche caso per millenaria costumanza – come mezzi di risoluzione esclusiva di diritto o di fatto dei rapporti familiari, delle vicende societarie, lavoristiche ed agrarie.

L’Italia non costituisce eccezione se non per il fatto che in epoca risorgimentale, fermo l’arbitrato obbligatorio per l’ambito societario, si preferì una conciliazione di stampo volontario.

Si registra poi spesso nella storia della composizione bonaria del conflitto un legame, una commistione tra il momento conciliativo e quello aggiudicativo, nel senso che il verbale di conciliazione poteva fare da sentenza inappellabile[2] ovvero in caso di fallimento della conciliazione si poteva passare direttamente alla condanna nel merito[3]

Nel XVIII secolo era il principio della obbligatorietà della partecipazione alla conciliazione preventiva che dominava in Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Francia[4], Repubblica Cisalpina e Repubblica Ligure[5].

Si prevedeva poi che i diritti conciliabili dovessero essere disponibili[6], che la citazione in conciliazione interrompesse la prescrizione[7], che in caso di fallimento della trattativa ne venisse informato il Tribunale, che comunque per adire il giudizio si dovesse produrre attestato di mancata conciliazione o comparsa[8], che la mancata partecipazione alla conciliazione comportasse una sanzione economica[9], che vi potesse essere una proposta del conciliatore e si redigesse un verbale circostanziato[10] che veniva sottoscritto dalle parti e dal giudice[11] e che comunque gli appelli infondati determinassero il pagamento di un’ammenda[12].

In molti stati si riteneva poi non opportuno che i legali partecipassero alla conciliazione dei loro assistiti[13]: principio questo che viene mantenuto dalla legislazione asburgica in Lombardia e Veneto sino al 1848 e che costituirà oggetto di ampia riflessione anche in sede parlamentare nel 1860[14]

Bisogna poi aggiungere che nel 1773 a Norimberga era di uso comune quella conciliazione camerale che da noi si afferma in tempi recenti a partire dal 1993[15], ma che a ben vedere trovava largo spazio all’interno delle corporazioni in buona parte dell’Europa sin dal XIV secolo.

Con l’annessione della Liguria alla Francia nel 1805 si passa sostanzialmente ad una conciliazione obbligatoria di tipo tecnico con la presenza del legale, modello che poi si estenderà ad altri domini napoleonici.

La principale funzione d’un giudice di pace ligure “consiste a conciliare le parti potendo[16]: si può comprendere dunque che l’accordo per l’Imperatore non aveva poi centrale rilevanza. Il verbale di conciliazione non era inoltre munito in Liguria di effetti esecutivi.

Chi non compariva al tentativo però veniva multato e non poteva continuare l’udienza sino a che non avesse pagato la multa di 10 lire[17]: tale prescrizione venne ribadita anche nel Codice di procedura civile francese del 1806-7 unitamente al principio di obbligatorietà ed è regola costante anche in Spagna a partire dal 1821[18].

Si stabilì però che la mancanza del tentativo di conciliazione costituisse nullità di carattere privato e quindi sanabile col silenzio: in oggi almeno nella pratica sembra che in Italia si stia tentando di rispolverare questo principio.

In presenza di componimento si redigeva il verbale con le condizioni dell’accordo: esso aveva forza di obbligazione privata; in difetto di accordo si scriveva sommariamente che le parti non si erano accordate e quando una parte non compariva ci si limitava ad annotarlo su una copia della citazione[19]. Ciò costituiva innovazione positiva rispetto alla norma di cui al 1790 (art. 1er 3 e 5 del titolo X) che ordinava che fosse disteso un processo verbale della fallita conciliazione e delle cose dette, confessate o negate dalle parti: inizia dunque a far maggiore breccia nella mentalità dell’epoca il principio di riservatezza.

Specie nelle città francesi il tentativo obbligatorio non diede grandissima prova di sé, ma al contrario funzionò nelle campagne, tanto che fu mantenuto nell’interesse della pace e della concordia tra i cittadini: dai dati statistici raccolti in Francia tra il 1847 ed il 1852 si ricavò, infatti, che su quattro comparizioni vi erano state tre conciliazioni.

Ma ciò non bastò a salvare la mediazione obbligatoria che venne abrogata nel momento in cui si tentò di imporre ai giudici di avvertire i cancellieri circa il divieto di citare il convenuto senza che prima il giudice di pace avesse chiamato a sé le parti per conciliarle.

Il modello francese di conciliazione obbligatoria passò in Norvegia e Danimarca, nel Canton Ticino, nel Ducato di Modena[20], In Ungheria, Portogallo e Spagna ove peraltro il conciliatore-Alcalde doveva munire il verbale di esecutività “senza tergiversare [21]. A partire dal 1821 nel paese iberico si inizia pure a parlare di conciliazione tra cittadini e Pubblica Amministrazione[22].

Il principio dell’obbligatorietà del tentativo si ritrova anche nel codice spagnolo[23] del 1856[24] che stabiliva la nullità (sanabile[25]) delle procedure senza l’esperimento del tentativo da parte del giudice di pace.

Grande modernità aveva poi la legislazione austriaca in Italia del 1803-1815[26] che ammetteva il tentativo facoltativo, obbligatorio e giudiziale[27]: non è un caso dunque che a distanza di 200 anni la legislazione austriaca[28] abbia fatto da capofila in Europa in materia e sia stata da ultimo fonte di ispirazione per il progetto spagnolo sulla mediazione civile e commerciale.

La conciliazione facoltativa riguardava le petizioni a processo sommario, ma se il credito non fosse stato liquido ed esigibile si doveva interporre il tentativo e se le parti fossero state concordi ci si poteva accordare condizionatamente allo svolgimento di una perizia[29] o ad un giuramento che in sostanza decidevano la controversia.

Per iniziare le cause davanti ai pretori e ai tribunali era invece necessario il tentativo di conciliazione e quindi un certificato di non riuscita conciliazione; se il pretore non vi  procedeva veniva severamente ripreso e talvolta multato[30].

Premesso che il processo austriaco settecentesco[31] era assai elastico ed informale anche con riferimento al rito applicabile che poteva essere scelto dalle parti[32], dobbiamo dire che in tutti i casi di conciliazione non obbligatoria o di materia sottratta alla conciliazione, o di conciliazione non riuscita o di processo sommario ovvero nel corso di qualunque giudizio, era sempre lecito alle parti, e per fondati reali motivi anche al giudice di prima istanza ex officio, di provocare la trattativa di amichevole componimento.

Addirittura si prevedeva che le parti con il loro accomodamento amichevole, giudiziale o extragiudiziale, potessero derogare anche alla sentenza del giudice, ma ad istanza espressa di entrambe: anche nell’attuale mediazione delegata il giudice d’appello può invitare le parti a partecipare ad una mediazione[33].

Quanto ai principi che trovano cittadinanza nella conciliazione austriaca possiamo citare quello di riservatezza[34] e di autodeterminazione[35].

A differenza della conciliazione francese quella asburgica non interrompeva la prescrizione[36]: ci voleva una petizione formale ossia un atto di citazione.

Il verbale negativo era rilasciato alle parti gratuitamente e la procedura era gratuita per chi ottenesse un decreto attestante la miserabilità.

Merita un cenno un’ordinanza imperiale del 29 gennaio 1855 con cui si disciplinò il rapporto tra i sudditi austriaci in terra ottomana ed i consolati asburgici. Non solo rinveniamo qui un antenato del Medarb, ma sembra anticiparsi ad esempio quella legislazione californiana oggi vigente che vede negli strumenti alternativi un meccanismo generalizzato a prescindere dalla materia, meccanismo fallito il quale si aprono le porte del vero e proprio trial.

“§ 17. Sopra tutte le petizioni scritte o verbali prodotte da parti o loro procuratori, tranne quelle in affari di cambio, si ordinerà una comparsa e si tenterà la conciliazione. Riuscendo vano questo esperimento, s’inviteranno le parti contendenti a sottomettere di comune accordo la loro controversia alla decisione di uno o più arbitri. Il compromesso per altro è obbligatorio soltanto allorquando venga conchiuso in iscritto od innanzi all’Ufficio consolare, vi si rinunci in pari tempo espressamente ad ogni ricorso e reclamo contro la decisione degli arbitri, ed inoltre si determini il numero e la persona degli arbitri stessi. Non addivenendosi ad un componimento, né ad un valido compromesso, oppure non intervenendo anche una sola delle parti alla comparsa destinata, si avvierà sulla controversia la procedura giudiziale, attestando espressamente la summentovata circostanza[37].

L’Ottocento è anche il secolo della conciliazione volontaria con riferimento al Codice di procedura del 1854 degli Stati Sardi, alle Leggi organiche per i domini al di qua del faro[38] ed oltre il faro[39], al Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 26 marzo 1819 ed in ultimo al Regio decreto sull’ordinamento giudiziario del 6 dicembre 1865 n. 2626 ed al Codice di procedura civile del 1865[40].

Poco prima del Codice per il Regno delle Due Sicilie[41], il preliminare tentativo forzoso rimase abolito in Ginevra (salvo per le liti tra ascendente e discendente) e si aumentarono i mezzi per farne funzionare uno volontario che veniva effettuato dai conciliatori senza compenso: questo modello estero sarà guardato con attenzione dai giuristi italiani della metà dell’Ottocento, un po’ come oggi accade per le regole della mediation statunitense.

Comporre le controversie era considerato il più nobile ufficio del conciliatore e significava sia prevenire una lite che fosse in procinto di nascere, sia terminarne amichevolmente una già incominciata.

La composizione delle controversie si definiva appunto conciliazione e consisteva nel riunire gli animi discordi delle parti e ricomporli nell’armonia sociale: tanta teorie americane sulla funzione della mediation partono dunque da molto lontano.

Il Codice etneo conosceva due conciliazioni. La prima e principale consisteva nel procurare ex officio[42] che fossero spenti gli odi e le inimicizie degli abitanti del comune[43].

Se l’intervento di prevenzione si palesava inutile il conciliatore poteva essere richiesto di comporre le liti che le parti temevano o che fossero insorte[44]: da ciò si ricava che poteva conciliare le parti prima dell’insorgenza della lite e quindi in conciliazione preventiva ovvero durante il corso di un  giudizio non pendente davanti a lui o ancora durante un giudizio di fronte a lui pendente.

Da notarsi è che le conciliazioni su richiesta delle parti a lite instaurata non erano viste con particolare favore: ben prima della Comunità Europea dunque il codice etneo stabiliva “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj”.

La conciliazione siciliana non si teneva in assenza di una o di entrambi le parti, ma al secondo infruttuoso avviso di comparizione si annotava l’assenza[45].

La chiamata o la presentazione volontaria in conciliazione interrompeva la prescrizione  se veniva instaurato giudizio entro un mese dalla mancata comparsa o dalla non seguita conciliazione[46].

Se le parti non si accordavano non si redigeva alcun verbale, ma il cancelliere lo annotava in apposito registro[47];  in caso di accordo si formava processo verbale <<con esprimervi distintamente la convenzione>>[48] ed il processo era esecutivo contro le parti intervenute e i loro eredi “sino a sei ducati”; sopra i sei ducati o <<contra i terzi>> il processo verbale aveva la forza di scrittura privata[49].

I verbali di conciliazione e di compromesso erano esenti dal bollo e dal registro “sino a sei ducati[50].

Quest’ultimo modello si seguì nelle Due Sicilie sino al 1866 per poi estendersi con poche modificazioni in tutta Italia.

In particolare il legislatore del 1865 combinò il Codice etneo con il Codice di procedura del 1854 degli Stati Sardi e diede vita al Codice di procedura civile e al Regio decreto sull’ordinamento giudiziario del 6 dicembre 1865 n. 2626 che istituì il conciliatore come primo dei soggetti[51] amministranti la giustizia civile e penale e come pubblico ufficiale redigente atti pubblici.

Il conciliatore provvedeva a giudicare le controversie[52], ma in precedenza doveva sempre procurare di conciliarle[53]: è quella che noi chiamiamo conciliazione giudiziale[54].

Nel regolamento di esecuzione della legge 16 giugno 1892 n. 261 si stabilì all’art. 12 quello che poi sarà lo schema di fondo della conciliazione/mediazione odierna: ”Per tentare l’esperimento della conciliazione il conciliatore avrà diritto di chiamare le parti separatamente o congiuntamente in privata udienza. Non riuscendo lo esperimento, il conciliatore potrà rinviare al discussione della causa alla prossima udienza e ripetere anche nella medesima i suoi buoni uffici. Se le parti non si conciliano, procederà senz’altro alla trattazione della causa”.

Alla conciliazione preventiva non contenziosa del conciliatore erano invece destinati i primi sette articoli del Regio decreto 25 giugno 1865 (C.p.c.)[55]

Il conciliatore aveva il dovere di effettuarla se richiesto dai suoi cittadini e se riguardasse una controversia su diritti per cui la transazione non fosse vietata[56]. Il componitore risorgimentale non si fermava mai di fronte all’incapacità personale delle parti.

Sebbene la conciliazione di un reato fosse per se stessa moralmente impossibile e senza causa, era consentito ed addirittura se ne incitava la pratica[57].

La chiamata in conciliazione o la presentazione volontaria interrompevano la prescrizione[58] e costituivano in mora il debitore ai fini della decorrenza degli interessi[59].

In presenza di conciliazione con più parti  ed in assenza di alcune, il conciliatore poteva tentare lo stesso la conciliazione, qualora la ritenesse di qualche utilità ovvero non fosse persuaso del contrario: insomma doveva dimostrare una certa flessibilità, come il mediatore moderno.

Il verbale di conciliazione doveva contenere la convenzione[60].

Se mancava la sottoscrizione del conciliatore o del cancelliere il verbale di conciliazione sarebbe stato una semplice scrittura privata e non un atto autentico[61].

Se difettava la firma delle parti l’atto sarebbe stato inesistente, a meno che non si fosse fatta menzione del motivo[62].

Il consenso verbale non aveva alcun valore[63]: se steso l’accordo le parti rifiutavano di sottoscrivere il tentativo falliva[64]; lo stesso accadeva, se i presenza di più parti, alcune firmavano ed altre no, a meno che trattandosi di obbligazioni divisibili le parti dichiarassero di volerne conservare l’efficacia nei loro rapporti.

Il processo verbale regolarmente formato aveva funzione di atto pubblico[65], autentico[66], giudiziale[67]: si differenziava dall’atto notarile o dalla sentenza, per il solo fatto che era esecutivo entro la competenza del conciliatore.

L’art 7 del C.p.c. del 1865, che valeva anche per la conciliazione giudiziale, prevedeva l’esecutività[68] del verbale entro le 30 lire[69]; sopra questa quota il verbale aveva la forza di  una scrittura privata riconosciuta in giudizio[70].

Anche i verbali esecutivi comunque non potevano porsi in esecuzione sino a che il cancelliere non ne avesse spedita una copia esecutiva che andava notificata al debitore unitamente al precetto.

Dai verbali di conciliazione non poteva nascere ipoteca giudiziale, perché essa poteva essere prodotta dalle sole sentenze ed il verbale invece era un contratto.

Si poteva però costituire ipoteca convenzionale perché per essa bastava l’atto pubblico; lo stesso valeva per l’ipoteca legale.

In forza di verbale di conciliazione era possibile anche la trascrizione di quei contratti od atti che dovessero rendersi pubblici per tale mezzo.

I verbali di conciliazione erano esenti sino a 30 lire dalla tassa di registro ed erano assoggettati all’imposta di bollo.

Il processo verbale di conciliazione poteva essere impugnato con i rimedi previsti dalla legge per impugnare i contratti ed in particolare, le transazioni.

Non vi era alcun verbale che attestasse il fallimento del tentativo[71], perché si voleva rispettare il segreto sulle motivazioni delle parti[72] e rassicurarle di non subire pregiudizio in un eventuale futuro giudizio: diversamente non sarebbero state leali e franche davanti al conciliatore[73].

Si riteneva inoltre che il conciliatore e il cancelliere non potessero essere chiamati a deporre, nemmeno nel processo penale, per incompatibilità inerente alla funzione[74].

Nell’Italia risorgimentale vi erano poi diversi altri soggetti che si occupavano di conciliazione: il pretore per quanto di sua competenza ed il Presidente del Tribunale per le cause di separazione dei coniugi per cui il tentativo era obbligatorio.

Nondimeno effettuava conciliazione ufficiale il notaio quando veniva delegato dal giudice alle operazioni delle divisioni giudiziali e l’autorità portuale.

I nostri consoli svolgevano poi all’estero conciliazione ufficiale tra nazionali e fra questi ed i sudditi esteri ovvero anche tra nazioni[75].

Gli ufficiali di pubblica sicurezza (compresi i sindaci) componevano i privati dissidi[76] a richiesta delle parti e stendevano verbali con convenzioni che potevano essere prodotte in giudizio e facevano pubblica fede.

I sindaci con l’assistenza della giunta comunale componevano amichevolmente i dissidi in materia di espropriazione e le contravvenzioni al codice della strada ed ai regolamenti locali: nel caso di contravvenzioni i contravventori pagavano un’oblazione che escludeva il procedimento[77].

Gli ufficiali che ricevevano le querele dovevano avvertire poi la parte offesa del diritto che le competeva di desistere[78], diritto che poteva peraltro essere azionato in ogni stato e grado del processo di fronte al magistrato[79]: a seguito di conciliazione vi era una “dichiarazione di non essere luogo a procedimento“.

Ancora ed infine la deputazione di borsa doveva occuparsi dell’amichevole componimento delle questioni insorte in conseguenza degli affari conclusi in borsa: si noti che le deputazioni incaricate di sorvegliare la borsa e provvedere all’esecuzione dei regolamenti, erano nominate annualmente dalla Camera di commercio. Abbiamo qui dunque le antenate di quelle commissioni arbitrali e conciliative a cui la legge di riforma delle camere di commercio del 1993 ha affidato la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti.


[1] DIRETTIVA 2008/52/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2008  relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.

[2] Così nella Repubblica Cisalpina.

[3] Nell’ex Regno Pontificio. Una prima distinzione tra l’ufficio fi giudice e quello di conciliatore si verifica forse in Francia col Decreto del 16-24 agosto 1790.

[4] Decreto del 16-24 agosto 1790 che fa riferimento al termine mediatiòn. Viene esercitata dal Giudice di pace per le materie che non sono di sua competenza. Il principio viene costituzionalizzato nella carta francese del 13 settembre 1791.

[5] A partire dal 1798.

[6] V. ad esempio il Codice svedese del 1734.

[7] V. Decreto del 16-24 agosto 1790.

[8] V. Decreto del 16-24 agosto 1790. Ma v. anche la legislazione della Repubblica Cisalpina ove però si privilegiava invero al massimo grado la riservatezza delle parti come nella Repubblica Ligure.

[9] Nell’ex Regno Pontificio  nel 1782 si veniva anche condannati nel merito.

[10] V. ad esempio il Codice prussiano del 1754.

[11] Così nella Repubblica Ligure.

[12] Decreto del 16-24 agosto 1790. La pratica dell’ammenda peraltro ci viene già attestata da Platone ne “Le leggi”.

[13] Così nei Paesi Bassi, in Prussia, nell’ex Regno Pontificio, in Francia e nella Repubblica Ligure per l’art. 51 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[14] L’assistenza veniva considerata favorevolmente solo in alcuni casi:  in ausilio ai ciechi e sordi, quando la parte non avesse sufficiente pratica degli affari o non sapesse esprimere con chiarezza le proprie ragioni, ovvero si diffidasse dell’astuzia dell’avversario.

[15] Art. 2 c. 4, lett. a) Legge 29 dicembre 1993 n. 580.

[16] Art. 29 Decreto di Napoleone del 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805).

[17] Art. 139 Decreto di Napoleone del 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805).

[18] “…y las multas que so exijan en los casos de que habla el artículo anterior, se destinarán, por ahora, esclusivamente al alimento de los pobres presos do las cárceles.” (art. 10 Decreto reale del 18 maggio 1821).

[19] Art. 54 Code de Procédure civil.

[20] A partire dal 1852.

[21]=8.° Lo que quedase resuelto y convenido entre las partes en el juicio de conciliación se ejecutará sin escusa ni tergiversación alguna por el mismo alcalde…”(Decreto reale del 18 maggio 1821).

[22] “=11. Cuando sean demandantes ó demandados el alcalde único ó todos los de un pueblo, se celebrará la conciliación ante el regidor primero en orden;…” (Decreto reale del 18 maggio 1821).

[23] Articoli da 201 a 221.

[24] Che a differenza dell’Alcalde (sindaco) prevedeva un giudice di pace.

[25] Con un tentativo di conciliazione in ogni fase della lite. Ipotesi che dovrebbe forse prendersi in considerazione anche dal legislatore moderno.

[26] All’impero austriaco era soggetta anche la Lombardia appunto dal 1815; a Venezia invece la legislazione citata peraltro era già, in verità, presente dal 1803.

[27] Rimarrà vigente sino al 1848.

[28] Bundesgesetz über Mediation in Zivilrechtssachen (Zivilrechts-Mediations-Gesetz – ZivMediatG) sowie über Änderungen des Ehegesetzes, der Zivilprozessordnung, der Strafprozessordnung, des Gerichtsgebührengesetzes und des Kindschaftsrechts-Änderungsgesetzes 2001(NR: GP XXII RV 24 AB 47 S. 12. BR: AB 6780 S. 696.) StF: BGBl. I Nr. 29/2003. http://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer=20002753

[29] Un meccanismo analogo potrebbe svilupparsi da noi a seguito della nomina del CTU da parte del mediatore ai sensi dell’art. 8 c. 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

[30] Non erano dunque comminate nullità. V. G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, Lorenzo Sonzogno Editore, Milano, 1855, p. 164.

[31] Da cui deriva la legislazione italiana del Lombardo-Veneto.

[32]  <<La procedura verbale per regola avrà luogo nella campagna, e generalmente ove l’oggetto della contestazione non oltrepassa il valore di fiorini 100 (italiane lire 258= lire piccole venete 500), o risguarda ingiurie verbali: la procedura in iscritto si osserverà poi nelle capitali delle province, eccettuati i casi surriferiti. Il giudice però, cui venisse sottoposta una contraria convenzione delle parti, dovrà regolarsi a seconda di questa>> (Art. 16 C.p.c.).

[33] Art. 5 c. 2 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

[34] Le dichiarazioni fatte dalle parti nello sperimento di non riuscita conciliazione non potranno recar pregiudizio, né farsi valere come confessione estragiudiziale (Notificazione governativa del 2 marzo 1824)

[35] Solo in caso di tentativo giudiziale il giudice poteva “costringere” le parti ad accordarsi senza che ciò si riverberasse sulla validità dell’accordo.

[36] L’ispirazione è  romanistica; in sintonia si pone anche l’art. 2403 c. 2 del Codice civile Sardo del 1837.

[37] G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, Lorenzo Sonzogno Editore, Milano, 1855, p. 573.

[38] 29 maggio 1817.

[39] 7 giugno 1819.

[40] Regio decreto 25 giugno 1865.

[41] Che come vedremo non lo prevedeva.

[42] Un obbligo vero e proprio di intervento riguardava soltanto i diverbi familiari.

[43] Art. 19.

[44] Art. 20.

[45] Art. 35.

[46] Art. 40.

[47] Art. 36. L’annotazione  serviva al conciliatore semplicemente per difendersi dall’eventuale rimprovero di non aver proceduto a conciliare le discordie tra i suoi concittadini.

[48] Cfr. art. 11 c. 1 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. La convenzione poteva riguardare qualsiasi contratto che potesse farsi per scrittura privata.

[49] Art. 39. Cfr. l’attuale art. 322 C.p.c. c. 2 e 3.

[50] Art. 16 del Codice. V. anche art. 4 e 5 del regolamento 15 novembre 1828. Cfr. art. 17 c. 2 e 3 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

[51] Unitamente a pretori, tribunali civili e correzionali, tribunali di commercio, corti d’appello, corti d’assise e corte di cassazione.

[52]  Art. 28 Regio decreto 2626/1865.

[53] V. art. 9 l. 16 giugno 1892 n. 261. Attribuzione che fu già dei Difensori di Città a partire da Arcadio ed Onorio, come abbiamo visto.

[54] V. l’attuale art. 320 C.p.c.

[55] E l’art. 2125 c. 2 del Codice civile che regolava gli effetti della chiamata in conciliazione o della presentazione volontaria.

[56] Le cose per cui non era possibile né la transazione, né la conciliazione erano quelle extra commercium, quelle indeterminate in specie e quantità, le cose future e quelle illecite (illecito era tutto ciò che fosse naturalmente o moralmente o legalmente impossibile). La conciliazione non poteva poi intervenire in materia di separazione personali o su questioni di stato e delle capacità giuridiche che ne derivano poiché l’art. 8 C.p.c. vietava che su di esse potesse intervenire transazione e compromesso.

[57] Un meccanismo con le medesime finalità verrà inserito a distanza di più di un secolo anche con riferimento al giudice di pace (v. decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 ).

[58] Sempreché la domanda giudiziale dell’avvisato o dell’avvisante fosse esperita nel corso di due mesi dalla non comparsa dell’avvisato davanti al conciliatore o dalla non seguita conciliazione.

[59] Vi era anche la sospensione del termine di perenzione.

[60] Art. 6 c. 1 C.p.c.:<<Quando le parti siansi conciliate, si forma processo verbale che contenga la convenzione.>>

[61] Nel verbale di conciliazione giudiziale attuale non può mancare la sottoscrizione del giudice, mentre per la giurisprudenza può difettare quella del cancelliere.

[62]  Art. 6 c. 2 e 3 C.p.c.: << Il processo verbale è sottoscritto dalle parti, dal Conciliatore, e dal cancelliere. Se le parti, od una di esse, non possano sottoscrivere, se ne fa menzione indicando il motivo.>>

Solo il Codice di procedura penale prevedeva ancora all’epoca il crocesegno; per il resto si menzionava che la parte non poteva sottoscrivere.

[63] Il caso veniva definito di conciliazione distolta

[64] Art. 6 c. 4 C.p.c.: << Se una delle parti ricusi di sottoscrivere, la conciliazione si ha per non avvenuta.>> In tale caso, dopo aver dato atto della conciliazione distolta,  il verbale veniva firmato solo dal conciliatore a il Cancelliere che provvedeva a segnare a registro il fallimento della conciliazione.

[65] In quanto emesso da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede.

[66] Faceva piena fede della convenzione e dei fatti seguiti alla presenza del conciliatore che l’aveva ricevuto. Faceva prova tra le parti anche di quelle cose che non fossero espresse che in modo enunciativo, se avevano un rapporto diretto con la disposizione.

[67] In quanto emesso da un funzionario dell’ordine giudiziario, seppure nelle sue incombenze di volontaria giurisdizione.

[68] L’esecuzione prescelta era quella mobiliare cui soprintendeva lo stesso conciliatore (art. 13).

[69] Tale valore venne portato nel 1892 a 100 lire.

[70] L’inciso per cui si stabiliva che l’atto di conciliazione aveva “soltanto la forza di scrittura privata riconosciuta in giudizio”, significava che pur mantenendo la pubblica fede dell’atto autentico, il verbale al di sopra della competenza del conciliatore, non poteva possedere la forza dell’atto notarile o della sentenza, cioè il privilegio dell’esecuzione forzata.

[71] Art. 6 c. 5 C.p.c.: <<Non riuscendo la conciliazione, il cancelliere ne fa menzione in apposito registro.>>

[72] Ciò non accadeva in Francia dove si redigeva il verbale perché esso era necessario per poter procedere a giudizio.

[73] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori e dei loro Cancellieri ed Usceri, III ed., E. Rechiedei & C., 1893, p. 213.

[74] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, pp. 215-216. Principio che si ritrova anche nella nuova mediazione anche se ha ad oggetto il mediatore e quindi le motivazioni sono differenti.

[75] Art. 20 e ss. regolamento 28 gennaio 1866. Ancora oggi il tentativo di amichevole composizione  e l’arbitrato sono incombenze del corpo consolare tra cittadini e tra cittadini e non cittadini.

[76] Prima che divenissero controversie civili, a differenza del conciliatore unitario che invece aveva bisogno di una controversia per intervenire (v. art. 1 codice di procedura civile).

[77] Art. 26 L. 25 giugno 1865 n. 2196.

[78] Art. 116 C.p.p. – Regio decreto 26 novembre 1965.

[79] Art. 117 C.p.p. – Regio decreto 26 novembre 1965.

Sulla mediazione delegata civile e commerciale in materia di crediti pecuniari da mantenimento

Commento in margine a Tribunale di Milano – Sezione IX civile – Ordinanza 29 ottobre 2013[1]

(Estensore Buffone)

1.  Adr e rapporti familiari.

 La pronuncia che qui si commenta si intrattiene sull’istituto della mediazione delegata dal giudice in ambito divorzile.

Sembra però che il Tribunale si riferisca alla mediazione civile e commerciale e non dell’istituto di cui all’art. 155 sexies C.c. che prevede la cosiddetta mediazione familiare[2].

Per quanto lo stesso giudice ammetta che la stessa mediazione familiare al pari di altri strumenti sarebbe stata indicata nel caso in questione.

Il difetto peraltro sta a monte avedo previsto il legislatore materie (divisione, successione, patto di famiglia ecc.) che poco si prestano ad essere affrontate da mediatori che non siano specializzati in questioni familiari.

In particolare qui trattasi probabilmente della sottoposizione a negoziazione assistita ai sensi dell’art. 5 c. 2 del decreto 4 marzo 2010, n. 28, peraltro in appello, di una controversia in materia di mantenimento dei figli minori.

Annoto preliminarmente che il rapporto tra famiglia e strumenti alternativi non è affatto una novità del XXI secolo.

Nel mondo orientale processo e rapporti familiari sono assolutamente inconciliabili da millenni. Ancora nel 2013 ha destato scandalo nell’opinione pubblica cinese una questione alimentare portata davanti al giudice ordinario.

In Occidente possiamo rilevare che già nell’antichità greca e romana gli accomodamenti tra consanguinei avvenivano più che altro attraverso conciliazioni e arbitrati  che spesso erano effettuati con l’ausilio di vicini e familiari.

Platone nel dialogo I de Le leggi già si interrogava sul quesito se fosse più avveduto un legislatore preoccupato di mantenere la pace esterna, ovvero quello che desiderasse la conservazione di quella interna. E fa pronunciare  ad un suo personaggio detto “Anonimo Ateniese”[3] queste parole: “Ma non dovremmo forse preferire un terzo tipo di giudice, uno che, raccolta una famiglia divisa, non mettesse a morte nessuno ma ne riconciliasse i membri e per il futuro desse loro delle leggi per assicurare una piena concordia reciproca?”[4].

Vista la delicatezza delle questioni familiari lo stesso Digesto giustinianeo mantenne il principio per cui le cause tra i parenti dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del praetor[5].

Presso i Longobardi che non conoscevano se non l’accomodamento pecuniario e di solito gli preferivano di gran lunga la faida[6] e quindi la decisione delle armi[7], gli affari più intimi delle famiglie, erano giudicati dal tribunale di famiglia[8].

Gli Statuti medievali prevedevano l’arbitrato per le liti tra parenti[9].

In conformità a questa norma cautelativa col passare dei secoli si crearono per i più stretti congiunti dei tribunali di famiglia le cui attribuzioni “alternative” sono assai ben esplicitate ad esempio dall’art. 12 del decreto dell’Assemblea costituente francese 16-24 agosto 1790[10].

Nel 1798 anche la Repubblica Ligure ebbe un tribunale di famiglia, convocato e presieduto dal giudice di pace di seconda classe, per gestire le situazioni d’incapacità o la cura provvisoria dei beni degli assenti, formato dai più prossimi parenti, ed in mancanza di essi da “tre probi vicini”, o amici prescelti dal giudice di pace.

Si può dire in generale che le questioni familiari sino all’età dei Lumi sono andate in arbitrato obbligatorio.

Tuttavia si deve tener conto che in passato non c’era poi una grande differenza tra arbitrato e conciliazione, poiché la conciliazione era di norma valutativa. Sino a Giustiniano l’arbitro è semplicemente colui che si obbliga a giudicare, mentre il conciliatore non assumeva invece alcun obbligo formale; se le parti non eseguivano il tenore del lodo erano solo passibili di una multa e via dicendo.

Di mediazione propriamente detta in ambito familiare si inizia a parlare con il Codice del Principato di Trento del 1788[11] che segna peraltro uno spartiacque tra il vecchio ed il nuovo modo di pensare i rapporti di famiglia.

Questo Codice stabilisce l’abolizione dell’arbitrato obbligatorio nelle liti tra parenti e dispone in sostituzione la mediazione obbligatoria.

Ancora il conciliatore etneo del 1819 era tenuto ad intervenire d’ufficio quando si trattasse di comporre “odi e dissidi” nelle separazioni o di conciliazione, mentre negli altri casi poteva intervenire discrezionalmente; si noti che davanti a questo magistrato la conciliazione era facoltativa per le parti.

Nell’ordinamento del 1865 la conciliazione non poteva intervenire, perché contraria all’ordine pubblico, in materia di separazione personale[12], o su questioni di stato e delle capacità giuridiche che ne derivano; e ciò poiché l’art. 8 C.p.c. vietava che su di esse potesse intervenire transazione e compromesso; per esemplificare con una conciliazione non si poteva dichiarare che un figlio naturale fosse legittimo.

Non ostava però che il conciliatore, disposta la separazione da parte del presidente del tribunale, potesse conciliare le parti in riferimento al contributo dovuto da entrambe[13] alle spese domestiche e all’educazione della prole.

Neppure gli era vietato disporre la separazione di fatto dei coniugi, ma ci voleva comunque una richiesta espressa.

Il conciliatore doveva, se richiesto, occuparsi delle problematiche coniugali antecedenti alla separazione[14].

Poteva così accadere che il tentativo di conciliazione avanti al conciliatore, potesse precedere quello davanti al presidente del tribunale: in tal caso il verbale di conciliazione estingueva il diritto di proporre o proseguire la domanda di separazione in ordine agli stessi fatti.

Il conciliatore, inoltre, poteva convincere i coniugi a scegliere la separazione consensuale: il che determinava una separazione meno costosa e più riservata; il verbale di conciliazione infine, poteva ancora servire agli effetti della riconciliazione, ossia a far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza intervento dell’autorità giudiziaria[15].

  

2. Il caso in oggetto e la mediazione civile e commerciale

Se guardiamo al passato dunque la scelta del Tribunale di Milano di disporre ex officio la mediazione in materia di crediti alimentari tra genitori appare coerente e giustificabile.

Ma non convince lo strumento che viene indicato dal giudice.

Specie se si ha di mira il fatto che il giudice indica la possibilità di una mediazione a tutto tondo, che non si limiti dunque agli aspetti parimoniali.

Ci si può legittimamente ed ovviamente anche chiedere se avrebbe potuto agire diversamente nell’ambito dell’attuale ordinamento.

Ma il problema allora è dell’ordinamento italiano.

Nella pratica da mediatore civile vedo spesso  coniugi che cercano di regolare i propri conflitti davanti al mediatore civile e commerciale, specie in questi momenti di crisi economica e sociale.

La mediazione civile e commerciale può apparire, infatti, più rapida di quella familiare  (che prevede generalmente quasi una decina di incontri) e soprattutto più a buon mercato.

Il primo incontro è addirittura gratuito.

Le somme in contestazione appaiono peraltro di modestissima rilevanza e ciò giustificherebbe la conciliazione, come il Giudice annota, più che un intervento giudiziario. 

Ma si deve osservare che il mediatore civile e commerciale italiano è il più delle volte in grave imbarazzo le questioni familiari, semplicemente perché non possiede gli strumenti tecnici per poter affrontare questo tipo di conflitti.

E non convince la tesi di chi sostiene che se fosse un avvocato di famiglia il problema potrebbe essere risolto: il mediatore che si occupa di famiglia fa un altro mestiere.

E comunque se anche per avventura il mediatore possedesse la qualifica del mediatore familiare la legge non consente un cambio di casacca.

Lo stesso modello di Harvard che si attua nelle mediazioni civili e commerciali italiane dalla riforma delle Camere di Commercio in poi, si presta assai poco ad essere applicato in materia familiare, già a partire dalla struttura; il trattamento dei coniugi in conflitto non tollera ad esempio di buon grado i caucus (a meno che la mediazione familiare non sfoci in terapia individuale).

Ed il mediatore civile e commerciale italiano non è in grado di condurre una mediazione open space.

Non è formato per affrontarla, anche quando si tratti apparentemente di crediti pecuniari; dietro c’è molto altro, come peraltro sanno tutti coloro che abbiano partecipato ad una qualsivoglia mediazione.

Una mediazione open space implica un’arte del “saper domandare” che sfugge quasi completamente al mediatore civile e commerciale che noi conosciamo e che esce da un corso di 50 ore.

Non a caso ad esempio in Argentina, ove comunque la formazione del mediatore civile e commerciale è ben diversa, i rapporti economici derivanti da una separazione e da un divorzio vanno sì obbligatoriamente in mediazione, ma si tratta di mediazione familiare.

Lo stesso avviene in Germania: quando un accordo conseguente ad una separazione o ad un divorzio non viene rispettato si va in mediazione obbligatoria, ma anche qui si tratta di counseling o di mediazione familiare o ancora di approntare un nuovo accordo con i servizi competenti.

Senza contare che di solito gli accordi vengono sottoposti al Giudice per verificare se non venga leso l’interesse del minore (cfr. la legislazione belga, francese, tedesca ecc.).

In Moldavia se nel corso della mediazione emergono fatti che sono pericolosi o che possono mettere in pericolo la crescita e lo sviluppo normale del bambino o causare gravi danni ai suoi interessi, il mediatore deve addirittura rivolgersi al Garante per la protezione dei diritti del bambino.

Nella legislazione della mediazione civile e commerciale italiana attuale non c’è alcun controllo del Giudice o di qualsivoglia altra autorità: il nuovo articolo 12 prevede che non si faccia più luogo ad omologazione, ma che ci sia semplicemente la certificazione degli avvocati di conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico[16]; la qualcosa non pare che metta propriamente al sicuro l’interesse del minore.

Il giudice peraltro più che correttamente invoca la conciliazione “in quanto i litiganti, non più coniugi, sono tuttavia ancora genitori;” ma ciò non comporta che la mediazione civile e commerciale sia la più idonea a trattare il caso.

E ciò proprio per il fatto che, come ammette il giudice, l’inosservanza dell’obbligo alimentare è stata nel caso de quo reiterata.

Ciò significa che i “non più coniugi” non sono ancora entrati nell’idea di “essere ancora genitori”: ci sono in altre parole altissime probabilità che non abbiano ancora superato il loro conflitto e siano giunti ad un riconoscimento reciproco.

Senza tale superamento e riconoscimento qualsivoglia regolamentazione contrattuale che gli ex coniugi raggiungessero tramite i servigi del mediatore sarebbe inutiliter data e comporterebbe presto a tardi un ritorno allo strumento giudiziale.

Il Giudice ritiene poi idonea la mediazione civile e commerciale proprio per il fatto che i coniugi hanno dimostrato di saper “pervenire ad accordi”: il Giudice si riferisce in particolare al ricorso congiunto in sede di divorzio.

L’affermazione in linea astratta potrebbe essere condivisibile se non fosse che il ricorso per divorzio congiunto non appare per definizione il prodotto di un percorso di superamento della conflittualità e di reciproco riconoscimento della qualità di genitore. E lo dimostra il fatto che gli alimenti ivi pattuiti nel caso specifico non sono stati corrisposti debitamente.

Per giungere ad un accordo solido ed efficace ci vuole invero e propriamente un percorso di riconoscimento del valore genitoriale dell’altro che può condurre soltanto un mediatore familiare con una apposita formazione.

Non è un caso che la formazione del mediatore familiare preveda nella maggior parte dei paesi del mondo percorsi biennali o triennali.

Lodevole per carità l’intento del dott. Buffone di smuovere le acque, ma in questo caso non si ritiene si possa supplire alle carenze legislative della disciplina e formative del mediatore.

 

3.      Sulla competenza territoriale

 L’ordinanza in commento si conclude con la seguente affermazione “La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti”.

Ciò comporta nella pratica che il singolo organismo non debba ricevere una mediazione per cui sa di non essere competente ovvero che addirittura il mediatore debba dichiararsi incompetente.

Ed inoltre si potrebbe concludere seguendo questo percorso logico che una mediazione condotta davanti ad organo incompetente non comporti avveramento della condizione di procedibilità.

A ben vedere però l’incompetenza non ha alcun effetto su un eventuale accordo che sarebbe impugnabile solo per vizi del consenso (errore, violenza o dolo) o tuttalpiù per vizi che si possono rinvenire nella disciplina sulla transazione o in altro schema (ad esempio la rinuncia, la remissione del debito ecc.); e dunque questo approccio appare assai poco convincente nel caso di adesione del chiamato a domanda presentata ad organismo incompetente.

Trattandosi di mediazione delegata nel caso di specie il giudice non poteva affrontare più ampiamente l’argomento della competenza territoriale.

Ma dichiarare che la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo sia priva di effetto, sembra invero principio che possiede una portata generale.

Implica appunto che l’aderente non possa accettare la competenza dell’organismo incompetente.

Il che va contro gli stessi criteri approntati dal codice di rito, visto che ai sensi dell’art. 28 la competenza può essere derogata per accordo delle parti.

Considerare la competenza inderogabile comporta poi dei problemi insolubili specie per le controversie di competenza del giudice di pace.

Se, infatti, nel mandamento del giudice di pace non vi fosse alcun organismo a cui rivolgere la domanda, la condizione di procedibilità non potrebbe dirsi mai avverata e vi sarebbe conseguentemente un diniego di accesso alla giustizia.

E dunque sarebbe facile rivolgersi alla Corte di Giustizia ed ottenere una sentenza che censuri l’art. 4 c. 1 del decreto 4 marzo 2010, n. 28[17].

Si ricorda che  con riferimento alla legge n. 249 del 31 luglio 1997 in data 18 marzo 2010 la Corte di Giustizia ha dichiarato legittimo, alla luce dei principi europei[18], il tentativo di conciliazione obbligatorio dei CO.RE.COM, a condizione che non sia esclusivamente telematico (come accadeva all’epoca del ricorso in Regione Campania, soggetto della controversia); tale sentenza ha influito anche sulla disciplina della mediazione civile e commerciale, poiché dalla lettera del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (art. 3 c. 4 e 16 c. 3), che è precedente alla pronuncia della Corte di Giustizia, si poteva anche evincere la possibilità di una procedura esclusivamente telematica; così il decreto interministeriale 18 ottobre 2010, n. 180, ha ritenuto di “modificare” la disciplina del decreto legislativo ed ha stabilito che il regolamento di procedura non potesse prevedere che l’accesso alla mediazione si svolgesse esclusivamente attraverso la mediazione telematica[19].

Nel caso dell’assenza di organismo la violazione del diritto di accesso alla giustizia sarebbe ancora più smaccata ed indifendibile.


[2]Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli“.

[3] Ossia il personaggio che nel dialogo impersona la posizione del grande filosofo.

[4] Leggi, 628. Leggi, 628. PLATONE, Le Leggi, trad. di Franco Ferrari e Silvia Poli, Bur, Milano, 2007, p. 91.

[5] Digesto II Legge 4, 1 “De in ius vocando: praetor ait: Parentem, patronum patronam, liberos, parentes patroni patronae, in ius sine permissu meo ne quis vocet” (“Riguardo al citare in giudizio il pretore disse: nessuno citerà in giudizio senza mio permesso il padre, il patrono, la patrona, i figli, i parenti del patrono e della patrona”.

[6] Ossia il diritto di vendetta da esplicitarsi singolarmente o come gruppo o come comunità di villaggio, senza che vi fosse una proporzione tra azione e reazione.

[7] S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Tipografia Borroni e Scotti, 1850, p. 51.

[8] Cfr. C. TROYA, Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774, Volume terzo, Stamperia Reale, Napoli, 1853, p. 262. Quando non si trovava un accomodamento le questioni venivano comunque risolte con la testimonianza e non con duello giudiziario.

[9] Lo Statuto dell’Università ed arte della Lana di Siena (1298-1300) così prevedeva alla Seconda distinzione capitolo XVIII :<<Et se la lite o vero questione o vero richiamo fusse enfra padre et filliuolo mancepato, o vero enfra fratelli carnali, o vero enfra suoro carnali, o vero enfra madre et filliuolo, o vero enfra zio et nipote carnale, sì da lato di madre come di padre; sien constrecte le parti, a petizione di chiunque l’addimandasse, d’eleggere due arbitri et amici comuni, cioè ciascheuna parte uno, sottoposti de la detta Arte. O vero altri, di ragione et di facto; et in essi compromettere d’ogne e sopr’ogne lite et questione o vero richiamo el quale fusse o éssar potesse enfra loro, per qualunque ragione o vero cagione.>>

Citiamo poi un precetto dello Statuto di Buje del 1420 in Istria: “Ogni volta che sarà lite civile tra Padre e Figlio, o tra il Figlio e la Madre, o figli, et converso, ovvero tra fratelli e sorelle, ovvero tra fratelli, così de cose mobili che immobili, ordiniamo che il Reg.to di Buje debbi, o sia tenuto astringer quelle tali persone congionti litiganti insieme a compromettersi di esse differenze in arbitri, o arbitrotori, uno ovvero più, come parerà al Reg.to. E se detti arbitri od arbitratori non potessero essere d’accordo a sentenziar sopra essa differenza che vertisse tra esse parti, delle quali fosse compromesso in quelli, che in quel caso il Reg.to di Buje siua tenuto, e debbi da altro arbitro, et arbitratore presso quelli che non fossero concordi, il quale con quelli arbitri et arbitratori in tal modo che quele cose saranno state date, arbitrate, e sentenziate tra esse parti, per la maggior parte di essi arbitri debino valer, e tener, et haver perpetua fermezza e si debbino osservar da esse parti…”.

Gli Statuti di Provenza del 1491 prevedevano più in generale l’arbitrato forzato “pel maggior bene universale del paese, e per restringere l’uso disordinato del contendere”: vi si dovevano sottoporre i nobili, i gentiluomini, i signori e loro vassalli, le comunità, i parenti ed affini ed i coniugi.

[10]Elevandosi qualche contestazione tra marito e moglie, padre e figli, avo e nipoti, fratelli e sorelle, nipoti e zii, o altri congiunti negli stessi gradi, come anche tra i pupilli ed i loro tutori per affari relativi alla tutela, le parti dovranno eleggersi parenti, o in difetto amici e vicini, per arbitri, davanti ai quali i contendenti esporranno le loro differenze, e che, dopo averli sentiti ed aver preso le informazioni necessarie renderanno una decisione motivata”.

Contro le decisioni di questo tribunale che peraltro durò in Francia pochi anni, ma si mantenne in Italia per lungo tempo, era possibile di norma l’appello ai tribunali ordinari e quindi non si trattava di un arbitrato inappellabile.

[11] Il rapporto Il Capitolo II  è intitolato appunto “Della mediazione nelle liti tra parenti”.

Il § 29 recita: ”Noi vogliamo però, che, allorché trattisi di lite tra persone congiunte di sangue, cioè tra quelle che in virtù degli Statuti di cadauna Giurisdizione erano prima obbligate al compromesso, debbano le parti eleggere due Mediatori, col mezzo dei quali prima di procedere oltre nella lite debbansi tentare le vie di conciliazione, e di componimento, ma senza che questi possano pronunziare alcun laudo, o decisione, dovendo, allorché siano stati infruttuosi i tentativi di dell’accomodamento, proseguirsi direttamente la causa davanti al giudice ordinario”.

[12] Il tentativo di conciliazione era solo di competenza, come vedremo diffusamente in seguito, del presidente del tribunale.

[13] Il contributo a carico della donna si giustificava se avesse ottenuto la separazione dalla dote (v. art. 1423 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358).

[14] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori, p. 169-170.

[15] Il verbale veniva cioè equiparato ad una dichiarazione espressa o alla coabitazione dei coniugi (v. art. 157 C.c.).

[16] Ove tutte le parti aderenti  alla  mediazione  siano assistite  da  un  avvocato,  l’accordo   che   sia   stato sottoscritto  dalle   parti   e   dagli   stessi   avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione  forzata, l’esecuzione per consegna e  rilascio,  l’esecuzione  degli  obblighi di fare e non fare, nonché  per  l’iscrizione  di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

[17] La domanda di mediazione relativa alle  controversie di cui all’articolo 2 è presentata  mediante  deposito  di  un’istanza  presso  un  organismo  nel  luogo  del  giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande  relative  alla   stessa   controversia,   la  mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata  presentata  la  prima domanda. Per determinare  il  tempo  della  domanda  si  ha  riguardo alla data del deposito dell’istanza.

[18]  Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica;  raccomandazione 98/257/CE del 30 marzo 1998 che la Corte di Giustizia ritiene estensibile ai procedimento del CO.RE.COM, in quanto il conciliatore può proporre o imporre  una soluzione.

[19] Art. 7 c. 4 decreto ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180.

Interessanti notizie a Malta in materia di ADR

La procedura del nuovo divorzio e la mediazione. Il ruolo dei legali

 Nel 2011 a Malta si è riformato il procedimento divorzile e si sono stabilite prescrizioni interessanti anche dal punto di vista sostanziale: su domanda congiunta può provvedersi al divorzio anche con atto pubblico che ha valore di sentenza, il divorzio può essere pronunciato: 1) se i coniugi hanno vissuto per quattro anni separati negli ultimi cinque (anche se non c’è stata separazione legale per almeno 4 anni negli ultimi cinque), 2) non ci deve essere una ragionevole prospettiva di riconciliazione e 3) i figli (sino a 18 anni legittimi o adottivi o comunque figli di un coniuge e trattati dall’altro coniuge come membri della famiglia o comunque oggetto di mantenimento per ordine del giudice per istruzione sino al 23° anno o ancora disabili psichici o fisici per cui non ci sia il requisito della completa autonomia economica) sono adeguatamente mantenuti.

Quando i coniugi non sono legalmente separati il procedimento per ottenere il divorzio inizia con una domanda che deve essere notificata all’altra parte che entro venti giorni dal ricevimento della stessa, deve presentare una replica con indicazione della adesione o meno alla richiesta che il giudice pronunci il divorzio.

 Qualora sia un avvocato ad agire per il richiedente, dovrà in sede preventiva (a) discutere con il richiedente la possibilità di una riconciliazione e fornire i nomi e gli indirizzi delle persone autorizzate tentare la riconciliazione, (b) discutere con il richiedente la possibilità di impegnarsi in mediazione per portare ad effetto un divorzio su base concordata  e dare al richiedente i nomi e gli indirizzi delle persone qualificate per fornire un servizio (c) assicurarsi che il richiedente sia a conoscenza della possibilità di  separarsi come alternativa al divorzio. Una certificazione in merito al rilascio di queste informazioni va allegata al primo atto difensivo e depositata presso la Sezione Famiglia. Del pari si deve comportare l’avvocato del convenuto.

La Corte è comunque tenuta a prendere in considerazione una possibile riconciliazione (con l’assistenza o meno di una terza parte) e ad aggiornare il procedimento (la causa può essere riassunta in qualsiasi momento nel caso di fallimento).

La corte può anche consigliare a sua discrezione di ricorrere ad un terza parte per una mediazione parziale o complessiva.

Ogni comunicazione che intervenga tra le parti in sede di procedimento di riconciliazione o di mediazione non può essere ammessa come prova nel procedimento giurisdizionale.

http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=22213&l=

Il training a Malta

 Mentre noi non sappiamo ancora quale sia la sorte dei mediatori che non hanno avuto la possibilità di completare il tirocinio (e forse non lo sapremo mai), il Governo maltese dall’aprile 2012 si è al contrario preoccupato (decisamente una diversa sensibilità…) di assicurare il tirocinio agli studenti che frequentano il corso universitario per il diploma in mediazione. Si prevede che gli studenti prestino un atto di impegno alla riservatezza che viene registrato presso la sezione famiglia della Corte, che chiedano il consenso ai medianti, che possano, sempre previo consenso delle parti, avere un ruolo attivo sotto la supervisione del mediatore titolare, e che infine abbandonino il setting se anche una sola delle parti lo richiede.

Che ci voleva ad avere una disciplina così razionale anche per i nostri mediatori?

 http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=23063&l

Modifiche ai Codici di procedura e civile a Malta.

Nel 2008  a Malta è stato emendato il Codice di procedura civile e si è stabilito che il giudice può aggiornare l’udienza se le parti chiedono di andare in mediazione od in arbitrato.

Nel processo maltese vi è poi una udienza pre-processuale che ha tra le sue funzioni quella di esaminare la possibilità di un accordo o di partecipare ad una mediazione o conciliazione prima di procedere con la causa.

Il giudice assistente nominato per il pre-trial può invitare le parti a una mediazione o ad una conciliazione se ritiene che la causa sia suscettibile di mediazione e le parti abbiano espresso la loro volontà in tal senso, oppure potrà disporre per un arbitrato se le parti lo richiedono. Se la conciliazione o la mediazione falliscono l’udienza deve riprendere entro tre mesi dall’ordinanza di rimessione in ADR. (L.N. 279 of 2008 CODE OF ORGANIZATION AND CIVIL PROCEDURE (CAP. 12) Court Practice and Procedure and Good Order Rules, 2008 in http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=19694&l=).

Diploma in Mediazione a Malta

 Sempre nel 2008 a Malta è stato disciplinato un Degree of Master of Arts in Mediation che dal 2013 dura cinque semestri di studio part-time. I crediti che si possono ottenere sono 90 e il diploma si chiude con una dissertazione scritta. (http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=25215&l)

I costi della mediazione a Malta

 Dal 1° dicembre del 2008 a Malta le tasse di registrazione per la mediazione non sono rimborsabili.

Per le mediazioni delegate dal giudice o da altra autorità o riferite dalle parti che sono in causa si paga 50 €; per le mediazioni che le parti scelgono volontariamente:

-35 € per le mediazioni familiari;

-35 € per le mediazioni che vengono tenute da mediatori che appartengono ad enti di volontariato;
-50 € per le mediazioni che coinvolgono qualche autorità;

-70 € per le mediazioni che non sono valutabili monetariamente;

– 120 € per tutte le altre.

Le tasse di registrazione sono determinate dal Centro della mediazione (a Malta c’è un organismo statale).
Se non vengono pagate le tasse di registrazione non viene nominato il mediatore. In ogni caso le spese di registrazione devono essere pagate prima che inizi la mediazione.

L’indennità per il mediatore è stabilità contrattualmente e per iscritto dal mediatore con le parti. In assenza di pattuizioni contrattuali il compenso è di 50 € all’ora al netto dell’IVA.

http://justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=19832&l

Brevi news sull’ADR nel mondo al settembre 2013

Il panorama settembrino delle notizie sulla mediazione nel mondo induce a ritenere che questo istituto stia acquistando progressivamente peso. E ciò non soltanto per motivi legati all’amministrazione della giustizia, ma pure per ragioni economiche e politiche.

La scelta italiana che da ultimo sembra averci regalato una nuova visione della mediazione e del mediatore appare a chi scrive fuori contesto. Vedremo quello che accadrà nella pratica che spero smentisca queste mie scarne considerazioni.

 CINA

Che cosa pensa della mediazione nell’agosto 2013 il partito comunista cinese?

Che la mediazione tra il governo, il partito ed il popolo ha giocato un ruolo per la promozione di una armonica stabilità sociale. http://news.xinhuanet.com/english/china/2013-08/30/c_125278191.htm

La nuova legge cinese sulla mediazione è del 30 ottobre 2010 (http://duthaoonline.quochoi.vn/DuThao/Lists/DT_TAILIEU/Attachments/1)  ed ha ispirato da ultimo anche il nuovo progetto di legge del Vietnam  (v. nel seguito).

Possiamo aggiungere qui che il nuovo decreto 28 italiano ha parecchi elementi in comune con la legge cinese e quella vietnamita (v. nel seguito).

GRECIA

In Grecia ove solo gli avvocati hanno la possibilità di fare i mediatori se ne sono certificati 90 al marzo 2013. La crisi economica ha fatto sì che nel 2013 sia stata rispolverata la mediazione civile e commerciale all’interno delle Corti.

Il presidente dell’Unione dei giudici e dei procuratori Reale Thanou – Christofilou ha dichiarato che la mediazione è significativamente più economica del contenzioso e decongestiona i tribunali. L’accordo finale è un prodotto di libera volontà delle parti stesse che hanno un ruolo attivo nel predisporre l’accordo dagli effetti giuridici vincolanti. Il risparmio di tempo e denaro che può essere investito in attività generatrici di reddito.

http://www.tanea.gr/news/greece/article/5007533/diamesolabhsh-anti-dikasthriwn/

Rimando per le ulteriori importanti novità agli articoli già presenti su questa rivista.

ITALIA

Una scelta che non paga

Riporto testualmente dalla newsletter odierna del CNF quanto monitorato sulla nuova geografia giudiziaria.
“Le disfunzioni al momento segnalate sono le più varie: dai ritardi nella fissazione delle udienze, alla scadenza dei Got a causa della incompatibilità ad avere ruoli di udienze nelle sedi (accorpanti) dove sono iscritti all’albo forense, alla crisi degli uffici Unep che, anche se sotto organico, devono provvedere a coprire territori circondariali molto più vasti”.

Per parafrasare un concetto espresso da papa Francesco la giustizia sembra un ospedale da campo.
In questa situazione nella quale il sistema giudiziario ha la febbre altissima e sta morendo arriva il mediatore professionista del diritto: a me pare che è come se si scegliesse di mettere un ustionato nel microonde, oppure se si scegliesse di fare una puntura di stricnina ad un disgraziato morso da un serpente.
E ciò perché è stata la visione processualistica del conflitto che ci ha portato a questo punto.
Un tempo chi voleva andare in giudizio si pagava il giudice e l’avvocato: e dunque il processo era un evento sociale sporadico.

Il sistema era affidato a conciliazione ed arbitrato.

Poi dal 1848 si è cambiato registro e quelli che abbiamo sotto gli occhi sono i risultati: i fatti non si possono ignorare.
Ci si è poi dimenticati che il mediatore professionista del diritto è stato usato (e viene usato anche nel mondo orientale) in una situazione in cui il processo è qualche cosa di estraneo al tessuto sociale.
Così in Cina ed in Vietnam ad esempio ove è il mediatore che si reca nelle più remote regioni ove c’è bisogno, ma i bisogni da soddisfare non sono quelli individuali, c’è semplicemente da “armonizzare” gli interessi dei singoli con quelli comunitari.

Questo tipo di operazione peraltro è stata tentata in Giappone ai primi del ‘900 ed è fallita: così ai membri autorevoli delle comunità, osservanti della legge e della tradizione, che non chiudevano una mediazione che fosse una, si sono sostituite le casalinghe, proprio così le casalinghe perché sono mediatori infallibili.
Non in tutti i paesi orientali dunque il mediatore professionista del diritto ha dato buoni frutti. E rimarco: il diritto ha in quei luoghi funzione educativa dei singoli al rispetto delle esigenze delle comunità di villaggio.
Da noi il diritto è invece, legittimamente o meno non interessa qui, presidio delle posizioni dei singoli. Ed è un presidio che sta miserando crollando.

Dubbi legittimi?

Leggo testualmente nella relazione al decreto del fare sotto il Capo VIII: Misure in materia di mediazione civile e commerciale “La Corte costituzionale indica che oneri economici, anche non tributari, a carico di chi richiede tutela giurisdizionale, sono legittimi se «razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione», e non, invece, se correlati «alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette» (Corte costituzionale 8 aprile 2004, n. 114).”

Se così fosse ci sarebbe qualcosa che non mi quadra…

Qualcuno ha scritto che “Dobbiamo prendere atto che “tramonta” la figura del mediatore “pensato esclusivamente per fare emergere gli interessi sottostanti al conflitto al solo fine del raggiungimento dell’accordo e non per individuare suggerimenti e proposte in relazione alla propria valutazione delle ragioni delle parti” e per questa ragione guardata con sospetto dagli avvocati. Il nuovo mediatore che esce dalla riforma è un “mediatore professionale e di qualità”, capace di individuare i punti salienti del conflitto e quindi condurre le parti a cercare un accordo frutto di adeguate soluzioni giuridiche (oltre che di potenziale convenienza)” (http://www.donatellaferranti.it/Documents.asp?DocumentID=12179)

Ma se io non mi devo occupare solo di interessi… io che sono avvocato e mediatore di diritto e di diritti, perché devo lavorare gratis? La Corte Costituzionale non sarebbe d’accordo e probabilmente nemmeno il CNF…

Cicerone e la mediazione

Cicerone ci regala una bellissima definizione del mediatore da lui chiamato disceptator domesticus (v. pro Caecina).
Il mediatore è un moderatore del fatto e della decisione (disceptator id est rei sententiaeque moderator; Marco Tullio Cicerone, Partiones oratoriae, 10).

Ora i casi sono 2: 1) io non sono più capace a tradurre la lingua latina, cosa che ci sta e piglio fischi per fiaschi 2) oppure devo accettare che il più famoso retore e giurista della nostra storia considerava il lavoro del mediatore profondamente differente da quello del giurista.

A ben decodificare il mediatore per Cicerone era uno che faceva la parafrasi dei fatti depurandoli dagli elementi negativi e che poi trovava una soluzione più moderata di quella che il giudice potesse emettere.
Che cosa è cambiato in duemila anni? Nulla… solo che gli avvocati sono divenuti mediatori di diritto e che Cicerone forse si rivolta nella tomba!

Il significato della mediazione

Fornire un significato di mediazione che sia valido per tutti i tempi ed i luoghi è cosa improba.
Limitandoci al nostro paese possiamo dire che almeno l’etimo della parola mediare si intende da secoli come “essere nel mezzo”.

E dunque una legge che riguardasse la mediazione dovrebbe disciplinare il come “essere nel mezzo”. Gli stessi modelli di mediazione ci dovrebbero dire come ci si sta… nel mezzo. La stessa formazione che investisse aspetti diversi sarebbe ultronea.

La finalità della mediazione, lo scopo per cui si sta “nel mezzo”, è invece qualcosa di estraneo all’etimo: ogni conclusione in merito è dunque legata all’uso che se ne è fatto e che se ne fa.

Il significato della parola mediazione non è in altre parole quello attuale di deflazione del contenzioso o di favorire accordi, né quello ad esempio di mettere pace; in passato il mediatore era pure quello che chiedeva una grazia, che intercedeva oppure e ancora quello che assumeva l’incarico di trattare un affare per due commercianti all’ingrosso (detti negoziatori). Tutte ottime finalità che però non ci dicono nulla sulla essenza della parola.

A ben vedere solo i principi etici possono definirne l’essenza.

Io “sono in mezzo” se sono imparziale, neutrale, indipendente e riservato.

MAROCCO

Il Marocco è vicino ad una svolta in materia di ADR.

Possiede già una legge sulla mediazione e sull’arbitrato dal 2008, ma si pensa ad un nuovo progetto.
Tutte le controversie commerciali il cui importo sia inferiore o uguale a 100.000 DH(circa 8.500 euro), potrebbero essere oggetto in futuro di mediazione giudiziaria obbligatoria (http://www.ccfranco-arabe.org/ReportsDetails.aspx?id=394&language=fr).
La giustizia è in una situazione drammatica; tre milioni di cause pendono su 400 giudici. Si pensi che in Italia l’organico è di 40 volte superiore: tra giudici onorari e togati ci sono più di 16.000 unità
La banca mondiale a mezzo di un suo rappresentante il 5 luglio del 2013 ha però specificato che in Marocco “circa 1.750 casi commerciali sono stati deferiti alla mediazione e l’80% è stato risolto, liberando circa 1,8 miliardi di dirham per il settore privato. ” (http://www.lnt.ma/finance/la-mediation-instrument-de-reforme-2-80289.html)
Il che è di grande conforto.

 

PORTOGALLO

Novità per la mediazione in Portogallo

Il Portogallo ha una nuova legge sulla mediazione in vigore dal mese di maggio 2013 (Lei n.º 29/2013, de 19 de Abril).

La nuova impostazione vede “mediatori dei conflitti” che si occupano di questioni patrimoniali, ma anche non patrimoniali e “mediatori dei conflitti pubblici” che si trovano nelle liste di Enti pubblici.
Salva una futura e puntuale illustrazione dei principi posso dire subito che non c’è paese europeo per cui l’accesso alla giustizia sia più importante.

E nonostante ciò il legislatore portoghese non ha ritenuto di prevedere l’assistenza obbligatoria degli avvocati.
Il Portogallo ha ritenuto peraltro di disciplinare la mediazione anche nella giustizia di pace (Lei n.º 54/2013, de 31 de Julho): i mediatori che vogliono collaborare coi giudici di pace devono essere laureati e certificati. In sostanza c’è un panel di mediatori presso l’ufficio del giudice di pace che resta in carica due anni. La mediazione può essere preventiva o endoprocessuale. Le regole sono quelle della Lei n.º 29/2013, de 19 de Abril.
Vi è poi da considerare la Lei n.º 67/2013, de 28 de Agosto (legge quadro delle autorità di regolamentazione) che prevede il potere degli enti regolatori in materia economica di promuovere mediazione e arbitrato volontario (v. art. 40 c. 4), anche con riferimento alla tutela dei consumatori ( art. 47 c. 3). http://www.pgdlisboa.pt/leis/lei_mostra_articulado.php?nid=1907&tabela=leis

Dal 1° settembre 2013 il Portogallo ha un nuovo codice di procedura civile (Lei n.º 41/2013 de 26 de junho).
Interessante soprattutto per il ricorso alle nuove tecnologie è per noi il disposto dell’art. 273 che attiene alla mediazione e che è intitolato “Mediazione e sospensione del procedimento”.

“1 – In ogni fase del procedimento, e quando lo ritiene opportuno, il giudice può decidere di deferire il caso alla mediazione, sospendendo il procedimento a meno che una delle parti si opponga espressamente al deferimento.
2 – Fatto salvo il paragrafo precedente, le parti possono decidere congiuntamente di risolvere la controversia attraverso la mediazione, richiedere la sospensione del procedimento per la durata massima di cui al paragrafo 4 del precedente articolo (tre mesi).

3 – La sospensione del procedimento di cui sopra è automatica e non abbisogna di ordine del tribunale, bastando la comunicazione di una delle parti di ricorrere alla procedura di mediazione.
4 – Se le parti non si accordano, il mediatore informa il giudice, preferibilmente per via elettronica, verificandosi automaticamente la cessazione della sospensione del procedimento senza bisogno di atto del giudice o del cancelliere.

5 – Raggiunto un accordo in mediazione, è trasmesso alla Corte, preferibilmente per via elettronica, secondo i termini stabiliti dalla legge per l’approvazione degli accordi di mediazione.

http://www.dgpj.mj.pt/sections/DestBanner/novo-codigo-de-processo7411/downloadFile/attachedFile_f0/L_41_2013.pdf?nocache=1375777125.44

 

RUSSIA

Che cosa pensano i giudici russi della mediazione il 7 settembre del 2013?

Che se fosse da loro obbligatoria preventivamente risolverebbe il 60% dei casi.
Che c’è bisogno però di avvocati che sappiano dialogare.
Che le parti non hanno una sufficiente informazione su che cosa è la mediazione, sul ruolo del mediatore ecc.
Che la mediazione dovrebbe essere insegnata ai giudici e ai cancellieri.

http://www.somediars.ru/en/news/16-news-from-russia-first-mediation-training-for-judges-in-moscow-somediars-starts-its-activities.html

SERBIA

La mediazione arriva in Serbia

Il governo serbo il 15 di agosto 2013 ha approntato il progetto di mediazione e lo ha messo sul sito istituzionale ove si trova scritto che “Tutte le parti interessate possono presentare le loro osservazioni per posta al Ministero della Giustizia e della Pubblica Amministrazione, Ufficio del Ministro “per il progetto di legge sulla mediazione nella risoluzione delle controversie” Nemanjina 22-26 11000 Belgrado, o attraverso la forma di commenti, e-mail: Vlado.bojicic@mpravde.gov.rs”.
Un bell’esempio di trasparenza e democrazia.
Quella serba è una legge sulla mediazione a tutto campo (sono escluse solo alcune materie in cui il giudice ha una giurisdizione esclusiva).
La mediazione è volontaria.
Il giudice e le altre autorità sono tenute per legge a fornire tutte le informazioni necessarie perché le parti siano pienamente informate circa la possibilità di svolgere la mediazione.
Di norma la partecipazione è personale, ma è consentita la rappresentanza dell’avvocato per le persone giuridiche.
La mediazione si apre con la stipula di una convenzione che deve essere presentata al giudice qualora il processo sia già instaurato e si voglia mediare.
Il mediatore può essere coinvolto nella stesura dell’accordo se le parti lo richiedono. l’accordo è titolo esecutivo se omologato da giudice o notaio.
Il mediatore è un laureato residente in Serbia (ma può essere anche uno straniero che sia mediatore nel suo paese di origine).
Anche il giudice può mediare, ma lo deve fare gratuitamente.
ll mediatore è responsabile per i danni causati ai soggetti quando ha agito in contrasto con il Codice Etico, con dolo o colpa grave.
La licenza per mediare dura cinque anni.

http://mpravde.gov.rs/sekcija/53/radne-verzije-propisa.php

 

SLOVENIA

Preoccupazione per il contenzioso

In Slovenia il 5 di settembre 2013 si sono riuniti i presidenti di Tribunale perché vogliono ridurre i tempi di attesa del processo.
In effetti come non condividere la loro preoccupazione di efficienza operativa visto che da loro un processo dura 6 mesi?

http://www.sodisce.si/okrokp/objave/2013090515104756/

Come non condividere le preoccupazioni di un paese come la Slovenia per il contenzioso giudiziario?
1) Sono così in ritardo che le Corti hanno programmi di mediazione dal 2001;
2) Sono così negligenti che pure nel settore del lavoro le Corti hanno programmi di mediazione dal 2009;
3) Sono così impreparati che il 61% delle questioni portate in mediazione le risolvono;
4) Sono così poco rispettosi dei cittadini che in alcuni settori le prime tre ore di mediazione sono gratuite e che la quarta costa al contribuente in media 94 € compresi i costi fiscali dell’accordo.
5) Sono così arretrati che negli ultimi 6 mesi hanno ridotto il contenzioso del 10%.
http://www.sodisce.si/

 TAILANDIA

In Tailandia oggi è il 27 settembre 2556 e dunque il popolo tailandese è decisamente proiettato nel futuro. Si vede anche dalle loro scelte in materia di giustizia.
Vi è qui addirittura una corte di mediazione familiare.
Si dice che la durata di una mediazione dipende dalla complessità della controversia: il termine va comunque da uno a a sei mesi.
Si aggiunge che la mediazione non ha costi e che un avvocato non è necessario perché le decisioni la devono prendere direttamente le parti.

http://www.coj.go.th/pcrjc/info.php?cid=5

TURCHIA

Modernità della scelta turca…

Notizia recentissima è che la Turchia sta pensando ad introdurre la mediazione civile e commerciale all’americana e dunque gestita da un giudice.
L’istituto sarà volontario e per il suo funzionamento sarà istituito presso il Ministero della Giustizia un dipartimento della mediazione
Interessante è quanto si richiederà ai mediatori turchi.
Essi saranno membri autorevoli della comunità che non dovranno emettere decisioni giuridiche, ma dovranno aiutare le parti a negoziare.
Svolgeranno il loro compito in modo professionale e dunque verrà istituito un albo.
Si stanno progettando corsi di 150 ore nelle quali i mediatori impareranno informazioni di base, tecniche di comunicazione, nozioni di negoziazione e degli altri metodi di risoluzione delle controversie, psicologia comportamentale. Se l’aspirante mediatore non sarà laureato in giurisprudenza riceverà anche una formazione di 100 ore di diritto.

http://www.kamudanhaberler.com/haber/genel-idare/yargiya-‘arabulucu’-ve-‘uzlastirici’lar-geliyor/1851.html

 

UNGHERIA

In Ungheria le questioni familiari saranno affrontate in mediazioni ordinate dal giudice a partire dal 2014.

http://www.lifegarden.hu/ismeretterjeszto/a-csaladjogi-mediacio-terhoditasa/426/

 

USA

Questa è la mediazione che avanza negli Stati Uniti: interessante articolo del settembre 2013.

United States: Mediation: A Litigation Alternative by Bruce A. Leslie

“Real peace is not the absence of conflict. Rather it is that state where conflict is managed effectively, efficiently and respectfully.” – Unknown

A “reality check” is when a party seriously considers the costs and circumstances of not reaching a voluntary agreement.

http://www.mondaq.com/unitedstates/x/255882/Arbitration+Dispute+Resolution/Mediation+A+Litigation+Alternative

UPL (Unauthorized practice of law),

Stimolato da tanta competenza parlamentare sui modelli di mediazione mi sono letto un bellissimo articolo di Jacqueline M. Nolan-Haley (LAWYERS, NON-LAWYERS AND MEDIATION: RETHINKING THE PROFESSIONAL MONOPOLY FROM A PROBLEM-SOLVING PERSPECTIVE apparso in Harvard Negotiation Law Review Spring 2002; cfr. http://www.hnlr.org/wp-content/uploads/2012/04/LAWYERS_NON-LAWYERS_AND_MEDIATION_RETHINKING_THE_PROFESSIONAL_MONOPOLY_FROM_A_PR.doc.) che consiglio caldamente a chi voglia dilettarsi della problematica.
Ora negli Stati Uniti discutevano e discutono ancora oggi (il testo proposto è stato “ripreso” nel 2011 da William Goldman) sull’utilizzo del diritto in mediazione.
Il problema dell’utilizzo si pone soprattutto nel modello valutativo, meno in quello facilitativo che è anzi considerato, sotto questo punto di vista, un’ancora di salvezza.
Per gli avvocati mediatori si distingue tra legal advice ed information e si dice che il primo in mediazione non può essere dato, mentre può essere fornita la seconda (ad esempio un avvocato mediatore potrebbe dire alle parti che la competenza di una determinata corte è sino a tot dollari, ma non potrebbe dare una consulenza sul caso controverso); il problema è che nella pratica non si è ancora riusciti a stabilire con precisione quando ricorra il legal advice o l’information.
Per i mediatori non avvocati si invoca invece l’UPL (unauthorized practice of law), un principio ripreso dagli Statuti degli Stati americani che protegge da un secolo l’attività degli avvocati e dunque impedisce ai non autorizzati di fare riferimento alle norme in qualsivoglia salsa.
Ciò determina una sperequazione a danno di coloro che ricorrono alla mediazione.
Ora io non vorrei che tale sperequazione si volesse riproporre anche da noi: i segnali in questo senso dati dalla novella del decreto 28/10 mi lasciano un poco preoccupato ed in particolare aver voluto qualificare l’avvocato “mediatore di diritto” con tutte le specifiche che per alcuno della Commissione giustizia conseguono.
E non vorrei che si iniziasse a parlare di abuso della professione per i mediatori non giuristi: sarebbe una guerra totale ed assolutamente paralizzante, dato che gli Americani che ne parlano da un secolo non hanno ancora risolto il problema.

http://www.hnlr.org/wp-content/uploads/2012/04/LAWYERS_NON-LAWYERS_AND_MEDIATION_RETHINKING_THE_PROF

 

VENEZUELA

Superbo articolo del mediatore venezuelano Daniel Martinez Zampa.

…Una volta ho sentito dire che il lavoro di squadra è come gli UFO, molti ne parlano, alcuni giurano di averli visto e quasi nessuno può dare prova della loro esistenza. Credo che potremmo portare questa idea per il discorso del dialogo e del consenso, tutti ne parlano, ma in pratica molte “tavole rotonde” – o come si vogliono chiamare, sono spazi per monologhi reali, così anche nella disposizione fisica degli ascoltatori che non si trovano collocati in modo da favorire un reale interscambio.

… Gli esperti sono unanimi nel segnalare che anche le migliori soluzioni quando non hanno la partecipazione dell’altro, mantengono un alto grado di possibilità di essere boicottate e che al contrario negoziando (aprendosi al dialogo) potremmo ottenere migliori soluzioni che imponendole, anche quando avremmo il potere di farlo….

http://www.todosobremediacion.com.ar/sitio/index.php/articulos/delequipo/165-dialogo-y-consensosidonde-estan

VIETNAM

La scelta della trasparenza

Trovo estremamente bello e corretto il fatto che sul sito del Parlamento del Vietnam vicino al testo della nuova legge sulla mediazione che entrerà in vigore nel 2014 ci siano le opinioni delle persone comuni e degli esperti e che chiunque di noi possa commentare i pareri degli uni e degli altri. Questa mi pare trasparenza, una trasparenza a noi sconosciuta perché noi non possiamo commentare una legge sul sito del Parlamento o sul sito del Ministero della Giustizia.
Oltre a ciò si possono trovare i riferimenti interni in tempo reale e quelli stranieri del progetto (io ad esempio mi sono appena scaricato sul desktop la legge cinese sulla mediazione: vi posso dire che è del 2011 e che ha 35 articoli e che mi metterò quanto prima a studiarla)
Bisogna che andiamo ad imparare in Vietnam come si gestisce la democrazia telematica.

http://duthaoonline.quochoi.vn/DuThao/Lists/DT_DUTHAO_LUAT/View_Detail.aspx?ItemID=566&LanID=802&TabIndex=1

Ecco il testo della nuova mediazione italiana: convertito il decreto del fare

In data 20 agosto 2013 è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale  (GU Serie Generale n.194 del 20-8-2013 – Suppl. Ordinario n. 63; clicca qui per la gazzetta integrale Gazzetta ufficiale del 20 agosto 2013)  la Legge 9 agosto 2013, n. 98. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. (13G00140)

L’entrata in vigore del provvedimento è fissata per oggi 21/08/2013.

La mediazione civile e commerciale di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 trova modifiche importanti nell’art. 84 (clicca qui Art. 84).

Le più rilevanti novità riguardano:

a) l’inserimento di un criterio di competenza territoriale (art. 4),

b) il ripristino della condizione procedibilità (seppure in relazione al solo primo incontro di programmazione; cfr. artt. 5 e 8),

c) l’esclusione dal novero delle materie per cui è prevista la condizione di procedibilità delle controversie in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (cfr. art. 5),

d) l’aggiunta nel novero delle materie per cui è prevista la condizione di procedibilità delle controversie in tema di  risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria (cfr. art. 5),

e) l’assistenza dei legali in mediazione (cfr. artt. 5, 8, 12),

f) la riduzione del termine della procedura da 4 a 3 mesi (cfr. art. 6),

g) la nuova disciplina in materia di  efficacia esecutiva ed esecuzione dell’accordo di mediazione (cfr. art. 12)

h) la formazione dei legali mediatori (cfr. art. 16);

i) la gratuità del  primo incontro di programmazione nel caso di mancato accordo (cfr. art. 17)

Si può scaricare qui una versione non ufficiale a cura dello scrivente del testo del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 come modificato appunto dall’art. 84 (clicca qui Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 come modificato dal decreto del fare convertito).

Le nuove disposizioni in materia di mediazione si  applicano  decorsi  trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (art. 84  c. 2) .

Si deve considerare però in questa breve nota anche l’art. 84 bis che emenda l’art. 2643 Codice civile, articolo quest’ultimo recante gli atti che sono soggetti a trascrizione.

La nuova norma prevede che siano da rendere pubblici mediante trascrizione gli accordi di mediazione che accertano  l’usucapione  con la sottoscrizione del processo verbale  autenticata  da  un  pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La qualcosa dovrebbe rimuovere – negli intenti del legislatore – gli ostacoli che in passato si sono riscontrati in materia di mediazione e usucapione.

Ancora si rileva che in materia di condominio il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 va letto anche unitamente alle disposizioni della legge dell’11 dicembre 2012, n. 220, “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, che stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17/12/2012. Le nuove norme sono in vigore dal 18 giugno 2013. Vi è poi da segnalare il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (in vigore dal 21 giugno 2011) che in materia di turismo prevede una disciplina peculiare.

Gli avvocati mediatori di diritto

L’art. 84 del decreto legge 21 giugno 2013  n. 69[1] ha introdotto nell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 il comma 4-bis dal seguente tenore: “Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori”.

La relazione accompagnatoria al decreto ci spiega che questa norma è nata per valorizzare “la competenza professionale degli avvocati, anche in chiave di composizione stragiudiziale degli interessi, propria degli avvocati”.

Come si può agevolmente notare il legislatore fa riferimento esplicito alla composizione degli interessi.

Gli avvocati italiani che non abbiano frequentato apposito corso di formazione ai sensi del decreto ministeriale 18 ottobre 2010 n. 180 probabilmente ignorano – e non per colpa loro, ma della istruzione universitaria e formazione continua ricevute[2] – che cosa sia la composizione degli interessi e ancor prima come si arrivi agli interessi da comporre.

E ciò perché la mediazione secondo la teoria della soddisfazione degli interessi propugnata dal modello di Harvard che ha avuto ingresso da noi sostanzialmente con la legge di riforma delle Camere di commercio[3], è oggetto sconosciuto per gli studi legali italiani che sono abituati dal 1848 a lavorare esclusivamente sui diritti; ciò peraltro è naturale perché nel processo attuale sono i diritti del cliente che vengono prospettati al giudice italiano e non gli interessi.

Coloro che ignorano gli interessi possono certamente aiutare le parti a raggiungere un accordo, ma il prodotto non potrà che essere una transazione.

Poco male se non fosse che la transazione è istituto differente dalla mediazione: in transazione ciascuna parte rinuncia per definizione[4] ad una parte delle sue pretese, in mediazione si cerca di evitarlo proprio con l’esplorazione e la composizione degli interessi.

Qui sta il punto, secondo il modello della soddisfazione; per altro modello[5] il punto fondamentale è invece quello del miglioramento della interazione tra le persone, ma nel nostro paese il Governo giustifica un intervento pubblico quasi esclusivamente in chiave di deflazione del contenzioso, per cui nel 2010 è stato scelto appunto il modello della soddisfazione degli interessi.

Per trovare invece una mediazione che si esaurisca in una semplice transazione su diritti bisogna andare in Giappone che, come è noto, possiede una cultura un poco diversa dalla nostra: non a caso qui la mediazione è condotta da una commissione laica presieduta però da un giudice.

Non esistono sessioni congiunte, se non quella iniziale di programmazione[6], perché eventuali contrasti tra le parti lederebbero il prestigio della Commissione, ma solo sessioni riservate: la Commissione si reca a casa dei litiganti e fa proposte di composizione transattive sino a che gli stessi non accettano; nei casi di particolare resistenza e direi estremi può essere anche il giudice della causa ad emettere un provvedimento in luogo della proposta della Commissione[7].

Questo modo di procedere è normale per gli Orientali perché sta appunto nella loro cultura che si facciano reciproche concessioni per amore del bene collettivo.

Alla luce dell’esperienza italiana e delle vere e proprie lotte che dal 2010 hanno contrapposto l’avvocatura al mondo della mediazione, in virtù di una presunta messa a repentaglio dei diritti, mi domando se il modello nipponico sarebbe compatibile con il nostro.

In base a queste elementari considerazioni mi chiedo altresì se non sarebbe stato più serio o comunque opportuno prevedere almeno una formazione differenziata o comunque stabilire un programma per le competenze trasversali che appunto aiutano ad individuare gli interessi e ad aiutare chi media a comporre.

Così avviene del resto in diversi Paesi.

Tralascio ovviamente in questa disamina quei Paesi (sono i più) che prevedono la formazione in mediazione senza distinguere per categoria professionale. A mia conoscenza peraltro gli unici paesi che non prevedono per legge la formazione per i mediatori civili e commerciali sono la Francia e la Norvegia: i corsi che però si tengono ivi non hanno nulla da invidiare a quelli degli altri paesi.

E dunque negli Stati Uniti ogni Corte Distrettuale designa un dipendente che può essere responsabile per il reclutamento, la selezione, la formazione degli avvocati che servono come neutri ed arbitri nei programmi di risoluzione alternativa delle controversie[8].

Il regolamento sloveno dei mediatori di court-annexed program e di court-connected program prevede una formazione di 40 ore oltre a due giornate di formazione continua[9].

In Slovacchia il corso di formazione per mediatori è in linea generale di 100 ore.  Coloro che si laureano nella patria università e che vogliono essere inclusi nel registro ministeriale sono però tenuti a seguire un corso di tre giorni sulla comunicazione interpersonale e sugli aspetti psicologici della risoluzione dei conflitti. Non frequentano dunque le ore dedicate agli aspetti giuridici che sono già approfonditi sui banchi universitari e non sono tenuti ad effettuare il test d’esame in diritto; circa la formazione continua è poi necessaria la sola partecipazione ad un workshop organizzato dal Ministero ogni biennio[10].

Gli avvocati tedeschi che esercitano attività di conciliazione o di mediazione possono definirsi “mediatori” soltanto se sono in grado di dimostrare tramite un’adeguata formazione, di padroneggiare i fondamenti della procedura di mediazione: ciò rispecchia in Germania un obbligo deontologico dal 2011.

Peraltro il 1° maggio 2013 il RAK Berlin ha voluto tener conto anche della modifica legislativa di cui all’art. 1 § 5 (1) Mediationgesetz[11] ed ha mutato il dettato del § 7a del Codice deontologico  che ha adesso la seguente formulazione: “L’avvocato che si descrive come mediatore, possiede i requisiti del § 5 comma 1 della Legge sulla mediazione in materia di istruzione e formazione, conoscenza teorica ed esperienza pratica[12].

In virtù del citato  5 comma 1 il mediatore tedesco assicura sotto la propria responsabilità che, in virtù di una appropriata formazione iniziale e di una regolare formazione successiva, egli possiede le conoscenze teoriche e le esperienze pratiche al fine di svolgere la mediazione in modo competente[13].

Una formazione iniziale adeguata in particolare dovrebbe fornire 1) la conoscenza dei principi fondamentali della mediazione, del suo procedimento e della cornice in cui si muovono 2) la conoscenza della negoziazione e delle tecniche di comunicazione, 3) la conoscenza della gestione dei conflitti, 4) la conoscenza della legge di mediazione e del ruolo del diritto nella mediazione e 5) esercitazioni pratiche, giochi di ruolo e di supervisione[14].

Questi elementi peraltro erano già presenti dal 2009 nella formazione da mediatori degli avvocati berlinesi[15].

Una persona può essere autorizzata a definirsi mediatore certificato se ha completato la relativa formazione e soddisfa i requisiti dell’ordinanza di cui al § 6: si tratta di uno strumento statutario che verrà emessa dal Ministero della Giustizia[16].

Il mediatore certificato deve riqualificarsi in conformità dei requisiti della predetta  ordinanza[17].

Il Ministro Federale della Giustizia è autorizzato ad adottare senza il consenso del Bundesrat un’ordinanza contenente disposizioni più dettagliate sulla formazione iniziale per diventare un mediatore certificato e per la formazione successiva, così come per gli standard applicabili alla formazione iniziale e successiva. Nell’ordinanza ai sensi dell’alinea 1 possono in particolare essere stabiliti:

1) disposizioni  più dettagliate sul contenuto della formazione iniziale, con l’indicazione della cornice nella quale vanno collocati gli elementi della formazione iniziale e in secondo luogo  per consentirgli di acquisire la richiesta esperienza pratica;

2) disposizioni particolareggiate sul contenuto della formazione successiva;

3) il numero minimo di ore di insegnamento per la formazione iniziale e successiva;

4) gli intervalli di tempo in cui conseguire la formazione successiva;

5) i requisiti degli insegnanti impiegati nella formazione iniziale e successiva dagli istituti di istruzione;

6) disposizioni le quali prevedono che, e che indicano come, le istituzioni certificano la partecipazione ad un programma di formazione di base e successiva;

7) le norme inerenti il completamento della formazione;

8) le disposizioni transitorie per le persone che sono già impiegate come mediatori antecedentemente all’entrata in vigore della legge sulla mediazione[18].

 In Svezia le parti possono essere assistite in mediazione anche da un avvocato che però sia qualificato per assistere le parti davanti al Conciliation board[19]: la formazione vale dunque qui anche per gli accompagnatori alle procedure.

In Estonia l’avvocato deve significare la sua disponibilità all’Associazione estone degli avvocati[20] che invia al Ministero della Giustizia un elenco di avvocati disponibili che viene pubblicato sul sito istituzionale[21]; la richiesta suppone peraltro l’assunzione della responsabilità finanziaria in capo al legale; in aggiunta l’avvocato deve compiere un secondo giuramento come conciliatore[22]. Sui notai e sugli avvocati opera la vigilanza del Ministero della Giustizia e della camera o associazione di appartenenza[23].

Anche in Romania gli avvocati, notai e consulenti legali hanno dovuto frequentare come gli altri mediatori gli appositi corsi di mediazione previsti dalla legge[24].

Nei paesi che hanno scelto i giuristi come mediatori (Danimarca, Grecia, Argentina, Colombia) l’ottenimento della qualifica non si acquisisce certo di diritto.

In Danimarca a fungere da mediatore può essere un giudice o un funzionario del tribunale competente, o un avvocato che sia stato approvato dal Domstolstyrelsen (amministrazione degli organi giudiziari danesi) per agire in qualità di mediatore nel distretto di un tribunale regionale di competenza. La formazione in mediazione dell’avvocato deve essere inoltre certificata dal suo Consiglio dell’Ordine e comunque deve partecipare nella materia a programmi di formazione continua[25].

Il mediatore in Grecia deve essere – tranne che per le questioni transfrontaliere per cui è possibile diversa estrazione professionale – un avvocato  accreditato ai sensi dell’art. 7 della legge sulla mediazione, deve sostenere un esame statale e riceve da una commissione ministeriale apposita certificazione[26].

In Argentina l’avvocato che volesse fare il conciliatore pubblico ottenne originariamente tale qualifica a seguito di un master di 120 ore tenuto presso il Ministero della Giustizia. In oggi la qualifica di mediatore comporta i seguenti requisiti: a) titolo di avvocato con tre anni di iscrizione all’albo; b) certificazione delle sue capacità come richiesto dalla normativa; c) superamento di apposito esame di idoneità; d) iscrizione nel Registro Nazionale di Mediazione;  e) conformazione agli altri requisiti stabiliti dalla legge e dal regolamento[27].

L’avvocato deve essere iscritto al Consiglio dell’Ordine del luogo dove eserciterà la mediazione, deve possedere uno studio che sia conforme alla normativa in Buenos Aires ove svolgerà le procedure e deve dare una disponibilità oraria giornaliera di almeno due ore per la mediazione[28]. Il corso di base in Argentina si aggira sulle 100 ore[29].

In Colombia dal 2001 il conciliatore è un avvocato addestrato in ADR che deve essere registrato in un Organismo di ADR e che deve avere competenza e formazione in materia commerciale[30].

Appare poi criticabile che l’art. 4-bis del decreto legge 69/13 in commento non preveda nemmeno un tetto minimo di iscrizione all’albo.

In Argentina per poter fare il mediatore l’avvocato deve essere appunto iscritto all’albo da tre anni e lo prevede la legge.

Nel Northern district of California ancora i mediatori devono aver fatto i procuratori per almeno sette anni e devono essere informati circa contenzioso civile in un tribunale federale[31].

In Irlanda ci vogliono 5 anni di pratica procuratoria o praticantato per essere mediatore delegato in una causa per lesioni oppure bisogna essere nominati su ordine del Ministro da organismi tassativamente individuati[32].

In Australia le parti possono scegliere anche un mediatore non professionale, ma deve essere un avvocato od un procuratore con almeno cinque anni di esperienza[33].

Se ci rifacciamo poi all’esperienza statunitense possiamo toccare con mano che un avvocato non sarebbe in grado di servire come “neutro” e nemmeno come accompagnatore alla procedura senza un’idonea formazione ed esperienza.

Dalla guida inerente la mediazione assistita da avvocato[34] diffusa ovunque dall’American Bar Association si possono evincere alcuni obblighi e/o comportamenti il cui espletamento i cittadini americani possono pretendere dagli avvocati a cui si affidano appunto come clienti ovvero dagli avvocati che agiscono come neutri in mediazione.

1) L’avvocato accompagnatore deve conoscere le regole del programma della Corte ove la mediazione si svolge[35], le regole di procedura della Corte e le eventuali regole di procedura e lo stile del mediatore incaricato[36].

Ne deve parlare con il suo cliente ed in ogni caso deve porsi le seguenti domande:

  • Le parti produrranno una nota al mediatore prima della sessione di mediazione in cui si delineano i punti controversi e inerente a qualunque argomento il mediatore possa richiedere?
  • Questa nota sarà confidenziale per il mediatore o da scambiare con controparte?
  • Il mediatore chiederà di firmare un accordo per mediare? Se così fosse l’avvocato può chiedere al mediatore di fornirne una copia prima della mediazione in modo da poterlo analizzare e vedere se ci sono domande da fare in merito.
  • Quali informazioni dovranno riservarsi alla seduta di mediazione?
  • Chi sarà presente alla sessione di mediazione? La mediazione è effettiva quando il rappresentante della parte ha pieni poteri, è ben informato e può prendere decisioni indipendenti sul caso. Se non può partecipare per il cliente una persona dotata di pieni poteri, l’avvocato dovrebbe parlarne prima della sessione col mediatore.
  • Qualcuno parteciperà via video o telefono o “a chiamata” in caso di necessità?
  • Parteciperanno alla mediazione oltre agli avvocati delle parti anche altri professionisti?
  • Ha il mediatore avuto una precedente relazione con qualcuno (parti, avvocati e consulenti) dei partecipanti alla mediazione?
  • Quando inizia la sessione e quanto durerà?
  • Dove si terrà la sessione di mediazione?
  • Ogni parte potrà presentare i suoi punti di vista nella sessione congiunta? Se sì che cosa può essere di aiuto dire al mediatore?
  • Quali argomenti si devono riservare per i caucus col mediatore?
  • Che cosa potrebbe fare il mediatore per aiutare il cliente?
  • Se le parti raggiungeranno un accordo chi lo preparerà?
  • Quanto costa la mediazione, nel caso? Come si dividono i costi?[37].

2) Quando la parte è in grado di partecipare al processo di selezione del mediatore, l’avvocato accompagnatore è tenuto a discutere  in merito:

  • a quali esperienze e qualità devono contraddistinguere un mediatore che sia in grado di aiutare le parti a risolvere la disputa;
  • alla sussistenza o meno in capo al mediatore eventualmente conosciuto di tali esperienze e qualità[38].

3) L’avvocato accompagnatore deve spiegare alla parte – se non abbia mai partecipato ad una mediazione – che può ricavare maggiore profitto da una preparazione preventiva della mediazione[39].

4) L’avvocato accompagnatore deve spiegare alla parte che abbia già partecipato ad una mediazione che una preparazione preventiva è utile perché le questioni, le parti ed il mediatore sono comunque differenti[40].

5) L’avvocato accompagnatore deve essere consapevole del fatto ed è tenuto a spiegare al cliente che non esiste un modo migliore di un altro per preparare la mediazione e che comunque la preparazione è assai impegnativa[41].

6) Durante la preparazione della mediazione l’avvocato accompagnatore è tenuto a:

  • raccogliere le informazioni rilevanti;
  • sviluppare una strategia negoziale;
  • aiutare il cliente ad avere una visione comune di quello che ognuno può aspettarsi dall’altro e dunque dei ruoli di ognuno;
  • considerare alcune questioni anche se non possono avere una risposta anticipata e la cui risposta può variare nel corso della procedura:
  1. Quale è il reale conflitto?
  2. Ci sono problemi causati dalla sfiducia o da una cattiva comunicazione?
  3. Che cosa si vorrebbe realizzare nella mediazione?
  4. Che cosa il mediatore deve conoscere per aiutare il cliente a raggiungere l’obiettivo?
  5. Che cosa deve conoscere l’altra parte?
  6. Di che cosa ha bisogno il cliente per essere soddisfatto?
  7. Di che cosa ha bisogna l’altra parte per sentirsi soddisfatta?
  8. Nell’ipotesi di raggiungimento dell’accordo il cliente vuole mantenere una relazione con la controparte dopo la risoluzione della controversia?
  9. Su quali questioni le parti si possono accordare?
  10. Su quali questioni il cliente non può accordarsi?
  11. Quali informazioni, documenti, casi, o regole potrebbero far cambiare idea alla controparte sulle questioni coinvolte nella disputa?
  12. Che cosa potrebbe causare un cambiamento nel cliente?[42]

7) Anche se il cliente è convinto che le altre persone abbiano torto, l’avvocato accompagnatore sa che per un buona riuscita della mediazione deve esplorare i punti di vista altrui. L’avvocato accompagnatore deve dunque avvertire il cliente che in mediazione:

  • può ascoltare opinioni che non condivide;
  • è più produttivo sforzarsi di comprendere le opinioni altri anche se non si condividono;
  • il mediatore vuole ascoltare ciò che è realisticamente possibile;
  • è meglio ascoltare con attenzione la controparte e cercare di individuare gli argomenti su cui concorda: ciò, infatti, può indurre la controparte a capire le opinioni del cliente e a chiudere un accordo;
  • è meglio trattare la controparte con rispetto quando si è in disaccordo: il rispetto attira rispetto;
  • è meglio mantenere una mente aperta e desiderosa di considerare varie opzioni di un accordo[43].

8) L’avvocato accompagnatore ha il dovere di informare il cliente che il mediatore, a seconda della fattispecie,  può essere indotto a fornire  suggerimenti ed opinioni sul caso, ma che il cliente ha diritto di ignorarle e di prendere le proprie decisioni, inclusa la decisione di non accettare una particolare offerta e di non raggiungere un qualsivoglia accordo[44].

9) Nel caso in cui la mediazione porti ad un parziale risultato il cliente ha il diritto di chiedere all’avvocato che valuti l’opportunità, oralmente o per iscritto, di una nuova sessione di mediazione[45].

10) L’avvocato mediatore ha il dovere di spiegare alle parti tutti gli aspetti inerenti la confidenzialità della procedura di mediazione[46].

11) L’avvocato mediatore può aiutare a mettere per iscritto l’accordo raggiunto se gli avvocati non accompagnano le parti; se le parti sono rappresentate da avvocati sono questi ultimi che ordinariamente preparano l’accordo scritto[47].

*.*.*

In conclusione quella del mediatore non è semplicemente una qualifica che si può acquisire una tantum o semplicemente aggiornare ogni biennio, ma una professione, come quella legale del resto, che si deve vivere e che implica un continuo studio ed aggiornamento.

Mi auguro che in sede di conversione del decreto legge si tenga conto delle esperienze straniere e se posso aggiungere anche del buon senso del padre di famiglia.


[1] In oggi alla Camera in attesa di essere convertito il legge: v. A.C. 1248 Cfr. http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0005850.pdf

[2] Che a loro volta non propongono approfondimenti sulla materia per ragioni storiche.

[3] Legge 29 dicembre 1993, n. 580.

[4] Art. 1965 C.c. 1. La transazione è il contratto [1350 n. 12, 2643n. 13] col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro [764, 1304].

2. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti [1976].

[5] V. quello della mediazione trasformativa propugnato da J. P. FOLGER e R. A. BARUCH BUSH in La promessa della Mediazione, MondinuoviVallecchi, 2011.

[6] Peraltro anche il decreto 69/13 ha introdotto un incontro programmatorio che però – dice la relazione – non è meramente  informativo.

[7] Cfr. K. FUNKEN, Comparative Dispute Management “Court-connected Mediation in Japan and Germany“, (March 2001). University of Queensland School of Law Working Paper No. 867. Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=293495 or doi: 10.2139/ssrn.293495.

[8] (d) Administration of Alternative Dispute Resolution Programs. –  Each United States district court shall designate an employee, or a  judicial officer, who is knowledgeable in alternative dispute resolution practices and processes to implement, administer, oversee, and evaluate the court’s alternative dispute resolution  program. Such person may also be responsible for recruiting,    screening, and training attorneys to serve as neutrals and arbitrators in the court’s alternative dispute resolution program.  Sec. 651 (d) United States Code.

[9] Art 22 e 24  Pravilnik o mediatorjih v programih sodišč  15/03/10. I mediatori devono però condurre dal 1° gennaio 2011 almeno 10 mediazioni all’anno (art. 25 ).

[10] Cfr. § 8 e 9 legge sulla mediazione 25 giugno 2004 n. 420. Cfr. http://www.mediacie.sk/moznosti-mediacie/zakon-420-2004.html

[12] Der Rechtsanwalt, der sich als Mediator bezeichnet, hat die Voraussetzungen nach § 5 Abs. 1 Mediationsgesetz im Hinblick auf Aus- und Fortbildung, theoretische Kenntnisse und praktische Erfahrungen zu erfüllen.

[13] Art. 1 § 5 (1)

1) Der Mediator stellt in eigener Verantwortung durch eine geeignete Ausbildung und eine regelmäßige Fortbildung sicher, dass er über theoretische Kenntnisse sowie praktische Erfahrungen verfügt, um die Parteien in sachkundiger Weise durch die Mediation führen zu können.

[14] Art. 1 § 5 (1)

Eine geeignete Ausbildung soll insbesondere

vermitteln:

1. Kenntnisse über Grundlagen der Mediation sowie deren Ablauf und Rahmenbedingungen,

2. Verhandlungs- und Kommunikationstechniken,

3. Konfliktkompetenz,

4. Kenntnisse über das Recht der Mediation sowie über die Rolle des Rechts in der Mediation sowie

5. praktische Übungen, Rollenspiele und Supervision.

La norma costituisce aggiunta dell’ultimo progetto in tema.

[16] Art. 1 § 5 (2)

(2) Als zertifizierter Mediator darf sich bezeichnen, wer eine Ausbildung zum Mediator abgeschlossen hat, die den Anforderungen der Rechtsverordnung nach § 6 entsprichti.

[17] Art. 1 § 5 (3)

(3) Der zertifizierte Mediator hat sich entsprechend den Anforderungen der Rechtsverordnung nach § 6 fortzubilden.

[18] Art. 1 § 6

§ 6 Verordnungsermächtigung

Das Bundesministerium der Justiz wird ermächtigt, durch Rechtsverordnung ohne Zustimmung des Bundesrates nähere Bestimmungen über die Ausbildung zum zertifizierten Mediator und über die Fortbildung des zertifizierten Mediators sowie Anforderungen an Aus- und Fortbildungseinrichtungen zu erlassen. In der Rechtsverordnung nach Satz 1 können insbesondere festgelegt werden:

1. nähere Bestimmungen über die Inhalte der Ausbildung, wobei eine Ausbildung zum zertifizierten Mediator die in § 5 Absatz 1 Satz 2 aufgeführten Ausbildungsinhalte zu vermitteln hat, und über die erforderliche Praxiserfahrung;

2. nähere Bestimmungen über die Inhalte der Fortbildung;

3. Mindeststundenzahlen für die Aus- und Fortbildung;

4. zeitliche Abstände, in denen eine Fortbildung zu erfolgen hat;

5. Anforderungen an die in den Aus- und Fortbildungseinrichtungen eingesetzten Lehrkräfte;

6. Bestimmungen darüber, dass und in welcher Weise eine Aus- und Fortbildungseinrichtung die Teilnahme an einer Aus- und Fortbildungsveranstaltung zu zertifizieren hat;

7. Regelungen über den Abschluss der Ausbildung;

8. Übergangsbestimmungen für Personen, die bereits vor Inkrafttreten dieses Gesetzes als Mediatoren tätig sind.

In sede di progetto ci voleva indicare una data entro cui l’ordinanza dovesse essere adottata.

[19] Cfr. Legge 15 marzo 1991 n. 3 (LOV-1991-03-15-3) in ultimo modificata dalla Legge 4 luglio 2003 n. 75 in vigore dal 01/01/2004. Lov om megling i konfliktråd (konfliktrådsloven) (LOV-1991-03-15-3) http://www.lovdata.no/all/nl-19910315-003.html

[22] V. art. 17 Legge 18 novembre 2009, proclamata con Decisione del Presidente della Repubblica n. 562 del 3 dicembre 2009, entrata in vigore il 1° gennaio del 2010, in RTI 2009, 59, 385. In https://www.riigiteataja.ee/akt/13240243.

[23] V. art. 18 Legge 18 novembre 2009.

[24] Art. 75 l. 192/06

[26] Ex art. 7 c. 2  l. n. 3898/10 è il Ministro della Giustizia a stabilire i termini e le condizioni per l’accreditamento dei mediatori, il codice di condotta per mediatori accreditati, le sanzioni per la violazione del predetto codice, qualsiasi questione che riguardi la mediazione.

Un dipartimento del Ministero della Giustizia è poi in particolare responsabile per l’accreditamento dei mediatori e dell’adozione di misure amministrative necessarie per l’accreditamento.

Vi è una Commissione certificatrice dei mediatori (art. 6 l. n. 3898/10) che opera sotto la supervisione del ministero della Giustizia e che si occupa anche del controllo del rispetto degli obblighi degli organismi di mediazione, della conformità dei mediatori accreditati al codice di condotta e alle raccomandazione del Ministro della Giustizia, nonché della comminazione delle sanzioni stabilite dal Ministero (revoca temporanea o  permanente dell’accreditamento).

La Commissione è composta da un presidente e quattro  membri e un numero uguale di supplenti. La durata del mandato è di tre anni.

La certificazione dei mediatori avviene a seguito di esame che  consente di verificare se il candidato abbia le conoscenze, le competenze e la formazione adeguata per fornire servizi di mediazione e la decisione è scritta e ben motivata.

Il ministro della Giustizia di concerto con il Ministero delle Finanze  approva il regolamento della Commissione e degli esami, l’emolumento dei membri della Commissione, la tassa di partecipazione all’esame, la determinazione del procedimento di controllo degli enti di formazione accreditati per i mediatori e i facilitatori.

Cfr. ΝΟΜΟΣ ΥΠ’ ΑΡΙΘ. 3898 Διαμεσολάβηση σε αστικές και εμπορικές υποθέσεις. (ΕΦΗΜΕΡΙΣ ΤΗΣ ΚΥΒΕΡΝΗΣΕΩΣ ΤΗΣ ΕΛΛΗΝΙΚΗΣ ΔΗΜΟΚΡΑΤΙΑΣ ΤΕΥΧΟΣ ΠΡΩΤΟ Αρ. Φύλλου 211 16 Δεκεμβρίου 2010). La relazione con il testo di legge si può trovare all’indirizzo:http://www.ministryofjustice.gr/site/LinkClick.aspx?fileticket=UDXtv4wqfeo%3d&tabid=132. V. per un breve commento anche P. DRAKOPOULOS, Mediation Becomes Established ADR Mechanism in Greece, in http://www.360reports.com.

[27] Art. 11 Ley Nº 26.589.

[28] Art. 8 Decreto nacional 1467/2011 .

[30] Cfr. Investment Climate Advisory Services of the World Bank Group, Alternative Dispute Resolution Center Manual: A Guide etc.

[31] Cfr. Local Rule 2. 5, 3.

[32] Friary Law, Mediation Forum-Ireland, Mediators Institute Ireland,          The Bar Council, The Chartered Institute of Arbitrators Irish Branch, The Law Society of Ireland, The International Centre for Dispute Resolution. Cfr. art. 15 della legge su responsabilità civile e tribunali (Civil Liability and Courts Act – S.I. No. 168 of 2005).

[33] V. amplius E. FICKS, Models of General Court-Connected Conciliation and Mediation for Commercial Disputes in Sweden, Australia and Japan, in http://www.law.usyd.edu.au.

[34] Negli Stati Uniti non vige l’assistenza obbligatoria in mediazione.  “Representation by an attorney is permitted, but not required, in mediation” recita perentoriamente anche il programma ADA in http://www.ada.gov/medprog.htm.

[35] Different states, courts, and mediation programs may have different mediation rules, so you should ask your attorney about any rules governing your mediation.

[36] In most cases, the parties play some role in deciding how the mediation process in their case will be conducted. Many states, courts, and mediation programs have rules about these procedures, so you should check with your attorney about any rules governing your mediation. The mediator may also have procedures that he or she normally follows. However, some decisions about the mediation procedures may still be up to the parties and the mediator.

Some mediators have web sites or provide bios that indicate their mediation approach.

If you are represented by an attorney, your attorney may know the styles of mediators available for your case and can help you choose one whose style fits your needs.

[37] Will each party provide a memo to the mediator before the mediation session outlining the issues in dispute and whatever other topics the mediator requests?

Will this memo be confidential to the mediator or exchanged with the other party?

Will the mediator ask you to sign an agreement to mediate? If so, your attorney might ask the mediator to provide a copy before the mediation session so you can review it and ask any questions you may have about it.

What information should you bring to the mediation session?

Who will be at the mediation session? Mediation is most effective when each party has in attendance someone with full settlement authority who is knowledgeable and can make independent decisions about the case.

Will anyone participate by video, telephone, or be “on call” if needed?

If a person on your side with authority to settle cannot attend in person, your attorney should discuss this with the mediator before the mediation session.

Should any professionals other than the parties’ lawyers attend the mediation?

This might include financial or technical professionals, among others.

Does the mediator have a prior relationship with anyone who will

be at the mediation (such as parties, professionals, attorneys)? If so, you should tell your attorney as soon as you discover this. Despite the information you disclose, the mediator may still be able to be impartial and helpful but you, the other party, and the mediator will want to know about this from the beginning.

What time will the mediation session begin? How late might the session last?

Where will the mediation session(s) be held?

Will each party present its views in a joint session? If so, what would be

most helpful for you (or your lawyer) to say?

What items should you reserve for a private caucus with the mediator?

What can the mediator do that would be particularly helpful for you?

If the parties reach agreement, who would prepare it?

How much does mediation cost, if anything? How will the parties divide the costs?

[38] If you can participate in selecting the mediator, discuss with your lawyer what experience and qualities in a mediator would be most important in helping the parties resolve their dispute.

If you know of particular mediators, discuss whether any of them have the experience and qualities you think would be most helpful in your case.

[39] You are more likely to feel satisfied with mediation if you prepare carefully ahead of time. This is especially important if you have never participated in a mediation.

[40] Even if you have mediated many times, it is still important to prepare for each mediation because the issues, parties, and mediators are different in each case.

[41] There is no one best way to prepare for mediation or to mediate. You should work closely with your attorney to prepare for the mediation.

[42] In addition to helping you collect relevant information, develop a negotiation strategy, and consider the issues listed below, working together will help you have a common understanding of what to expect of each other in the mediation process. For example, you will want to discuss what roles each of you will play during the mediation.

Think carefully about the issues listed below in preparing for mediation. You may not be able to give a definite answer to some of the following questions and your answers may change during the mediation process, but it is still helpful to consider seriously these questions ahead of time.

What is the conflict really about? Are some of the problems caused by mistrust or miscommunication? What would you like to accomplish at the mediation? What does the mediator need to understand to help you accomplish your goals? What does the other party need to understand? What would you need to feel satisfied with the outcome? What do you think that the other person needs to feel satisfied? This may involve the  exchange of monetary or nonmonetary value. If you can reach an acceptable agreement in mediation, would you want to have any relationship with the other party after the dispute is resolved? What issues do you and the other party agree about? What issues do you disagree about? What information, documents, cases, or rules might cause the other party to change his or her mind about the issues in dispute? What might cause you to change your mind?

[43] In mediation, you may hear things that you will disagree with and the mediator may test your views about what is realistic. Although you may think that the other party is wrong about some things, you will be more successful if you try to understand the other party’s views. Listen carefully to what he or she says and look for things that you agree on. This may cause the party person to try to understand your views and it may help you reach an agreement. When you disagree, it helps to be respectful toward the other party, which may cause him or her to treat you respectfully as well.

Keep an open mind and be willing to consider various options for settlement.

[44] Even if your mediator gives you suggestions  or opinions, you always have the right to disregard those suggestions and opinions and to make your own decisions, including a decision not to accept a particular offer or not to reach any settlement.

[45] If you do not resolve all the issues at a mediation session, think about whether your attorney should follow up with the mediator by phone or to schedule another mediation session. Sometimes parties need more information or time to think about a situation before they are ready to finally resolve a dispute.

[46] Your mediator is likely to discuss all these aspects of confidentiality with you but, if he or she does not, be sure to ask.

[47] If the parties reach an agreement settling their dispute, the mediator may help the parties put it in writing.

If attorneys are representing the parties, the attorneys typically draft any written agreement.

Legislazione sulla mediazione in Europa al 19 maggio 2013

AUSTRIA

1) Legge federale sulla mediazione in materia civile e sulle modifiche alla Legge sul matrimonio, del codice di procedura civile, del codice di procedura penale, della legge sulla Corte Costituzionale e della legge sull’infanzia del 2001.  In vigore dal 1° gennaio 2004 e per l’elenco dei mediatori dal 1° maggio 2004[1].

2) Legge federale su alcuni aspetti della mediazione transfrontaliera in materia civile e commerciale all’interno dell’Unione europea e che modifica il Codice di procedura civile, la Legge DPI ed il Substances Act del   28 aprile 2011 (attua la direttiva 52/08). In vigore dal 1° maggio 2011[2].

BELGIO

1) Legge 21 febbraio 2005 n. 36. In vigore dal 30 settembre 2005[3].

2) Decisione del 18 ottobre 2007 di approvazione del codice del mediatore[4].

3) Linee guida per la presentazione di una domanda al fine di ottenere l’accreditamento come mediatore ai sensi della legge del 21 Febbraio 2005[5].

4) Decisione del 1 Febbraio 2007 modificata dalla decisione 11 marzo 2010 e da quella del 23 settembre 2010, che stabilisce le condizioni e le modalità di accreditamento degli enti di formazione e di formazione di mediatori qualificati[6].

BULGARIA

1) Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004 e successive modifiche[7] (attua la direttiva 52/08).

2) Ordinanza n. 2 del 15.03.2007 dettante i termini e le condizioni di riconoscimento delle organizzazioni che formano i mediatori, l’iscrizione, la cancellazione e la revoca dei mediatori dal Registro unificato dei mediatori e le regole procedurali ed etiche di condotta dei mediatori[8].

3) Legge promulgata SG. 27 del 1°.04.2011.che modifica Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004 (attua la direttiva 52/08)[9].

4) Articoli 140, 234 e 321 del Codice di procedura civile promulgato SG. 59 del 20.07.2007, in vigore dal 3.01.2008[10].

ESTONIA

Legge 18 novembre 2009. In vigore dal 1° gennaio 2010 (attua la Direttiva) [11].

FINLANDIA

1) Legge sulla mediazione dei casi criminali e di alcuni casi civili (1015/2005) (in vigore il 1° gennaio 2006)[12]

2) Legge sulla mediazione giudiziale (663/2005). In vigore dal 1° gennaio 2006 ed abrogata dalla legge 394/11 [13].

3) Decreto governativo sulla mediazione penale e su alcuni casi della mediazione civile 276/06 del 12 aprile 06 (entrato in vigore il 18 aprile 2006)[14].

4) Decreto governativo sulla mediazione penale e su alcuni casi della mediazione civile 1805/09 del 29 dicembre 2009 (in vigore dal 1° gennaio 2010)[15].

5) Decreto governativo sui casi criminali e alcuni civili del regolamento in materia di mediazione 1252/10 del 21 dicembre 2010 (entrato in vigore il 1° gennaio 2011)[16]

6) Legge sul contenzioso, mediazione e processo di riconciliazione nei tribunali ordinari 29 aprile 2011 n. 394. In vigore dal 21 maggio 2011 (attua la direttiva 52/08)[17].

7) Legge 29 aprile 2011, n. 395  di modifica del capitolo 17 § 23 comma 1, punto 4, e comma 4,della legge 571/48. In vigore dal 21 maggio 2011 (attua la direttiva 52/08)[18].

8) Legge 29 aprile 2011, n. 396 di modifica del capitolo 11 § 1, comma 2 della legge 728/2003 sulla limitazione della responsabilità come modificata dalla legge 428/2010. In vigore dal 21 maggio 2011 (attua la direttiva 52/08)[19].

9) Regolamento di organizzazione del Ministero degli Interni 231/03 del 27 marzo 2013 (entrato in vigore il 1° aprile 2013) [20].

FRANCIA

1) Decreto del 18-24 agosto 1790 – Decreto sull’organizzazione giudiziaria (Lettera Patente)[21].

2) Decreto del 18 (e 14)-26 ottobre 1990 – Decreto contenente regole sulla procedura davanti alla giustizia di pace[22].

3) Codice civile[23].

4) Codice di procedura civile[24].

5) Decreto 20 marzo 1978 n. 78-381 relativo ai conciliatori di giustizia[25].

6) Legge 8 febbraio 1995 n. 95-125[26].

7) Legge di riforma della prescrizione civile del 17 giugno 2008 (attua la direttiva 52/08)[27].

8)Art. 37 della legge n. 2010-1069 relativa all’esecuzione delle decisioni di giustizia, alle condizione di esercizio di determinate professioni regolamentate e sugli esperti giudiziari. In vigore al più tardi dal 1° settembre 2011[28].

9) Decreto n. 2010-1165 relativo alla conciliazione e alla procedura orale in materia civile, commerciale e sociale. In vigore dal 1° gennaio 2010[29].

10) Ordinanza n° 2011-1540 del 16 novembre 2011 che recepisce la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale[30].

11) Decreto n 2012-66 del 20 gennaio 2012 relativa alla risoluzione alternativa delle controversie[31] (in vigore dal 23 gennaio 2012).

GERMANIA

Legge sulla mediazione del 21 luglio 2012[32].

GRECIA

Legge sulla mediazione civile e commerciale 16 dicembre 2010, n. 3.898 (attua la direttiva 52/08). In vigore dal 16 dicembre 2010[33].

INGHILTERRA E GALLES

1) Legge sulla procedura della famiglia n. 2955 del 2010[34]. In vigore  dal 6 aprile 2011 (attua la direttiva 52/08).

2) La novella n. 88 del 2011 al Codice di Procedura civile[35]. In vigore  dal 6 aprile 2011(attua la direttiva 52/08).

3) Legge n. 133 del 2011 sulla mediazione transfrontaliera (attua la Direttiva). In vigore dal 20 maggio 2011[36].

IRLANDA

Legge sulla mediazione comunitaria 2011. In vigore dal 18 maggio 2011 (attua la direttiva 52/08)[37].

IRLANDA DEL NORD

1) La novella al regolamento della Corte di Giustizia dell’Irlanda del Nord (2011). In vigore  dal 25 marzo 2011(attua la direttiva 52/08) [38].

2) La legge sulla mediazione transfrontaliera dell’Irlanda del Nord[39]. In vigore dal 18 aprile 2011(attua la direttiva 52/08).

ITALIA

1) Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28[40]. In vigore dal 20 marzo 2010 (attua la direttiva 52/08) [41].

2) Decreto del Ministro della Giustizia 18 ottobre 2010, n. 180[42]. In vigore dal 5 novembre 2010.

3) Decreto 6 luglio 2011, n. 145. Regolamento recante modifica al decreto del Ministro della  giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta  del  registro  degli  organismi  di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché sull’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010. (11G0187)[43]. In vigore dal  26 agosto 2011.

LETTONIA

1) Parte quarta del Codice civile[44]

2) Codice di procedura civile (attua la direttiva 52/08)[45].

LITUANIA

1) Legge sulla mediazione conciliativa nelle controversie civili della Repubblica di Lituania del 15 luglio 2008 n. X-1702[46]. In vigore dal 31 luglio 2008 ad eccezione dell’articolo 10 che è in vigore dal 1° gennaio 2010 (attua la direttiva 52/08)[47].

2) Ordine di approvazione piano circa lo sviluppo e la  promozione della soluzione pacifica delle controversie tramite la mediazione conciliativa 23 novembre 2010 No. 1R-256 e successive modifica Nr. 1R-147 del 2011 (attuano la direttiva 52/08) [48].

3) Legge 24 maggio 2011 n. No. XI-1400 sulla mediazione nelle cause civili e di modifica degli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 8, 10, 11 della legge del 15 luglio 2008. In vigore dal 28 maggio 2011 (attua la direttiva 52/08)