Relazione di Carlo Alberto Calcagno nel Convegno in Latina
“Aumentare la produttività in tempo di crisi. le persone come risorse” del 14 maggio 2016
Gli strumenti di negoziazione si occupano in prima battuta delle persone.
Il processo attuale purtroppo no, solo del rapporto giuridico-economico.
Dico l’attuale perché in quello antico le cose funzionavano diversamente. Un codice del II secolo d.C. chiede ad esempio al giudice di operare così: <<Scopra la mente degli uomini per mezzo dei segni esterni, del suono della loro voce, del colore del volto, del contegno, del portamento del corpo, degli sguardi e dei gesti>>
Sia il decreto del fare, sia quello sulla degiurisdizionalizzazione hanno portato sulla ribalta della negoziazione due nuovi attori del conflitto: i difensori.
Come affrontare dunque un conflitto secondo un modello negoziale ove le persone hanno così tanta importanza?
Ad esempio affrontando in consulenza tre quesiti: 1) abbiamo bisogno di un mediatore? 2) Ci sono emozioni in gioco? 3) Siamo pronti a trattare?
A seconda delle risposte che si danno si può operare una scelta tra mediazione e negoziazione assistita, anche al di là dei vincoli di legge; ma comunque si scelga la parola chiave diviene la “collaborazione”.
Per collaborare bisogna però conoscersi e poi fare una attribuzione di compiti: uno fa una cosa e uno un altra; non c’è cooperazione se tutto è detto e fatto da un’unica persona.
Per scoprire chi siamo e quali siano le nostre attitudini in vista di una possibile collaborazione, possiamo utilizzare l’Enneagramma.
Si tratta di un antico sistema che contempla nove numeri che indicano nove caratteri detti enneatipi.
Noi apparteniamo un po’ a tutti, ma ad uno in particolare.
I caratteri hanno poi una visione comune della realtà a tre a tre: ad esempio l’1, il 3 ed il 7 sono visivi e quindi prediligono l’azione e le immagini.
In situazione di stress (ad esempio durante un processo, una consulenza legale, una mediazione od una negoziazione assistita) si comportano da visivi.
Quando si trovano a loro agio invece sembrano cambiare canale e quindi ad esempio abbassano il volume della voce e la velocità dell’eloquio: quando questo accade sono nella condizione migliore per cooperare.
In primo luogo per conoscerci è importante sapere se siamo visivi, auditivi o cenestesici: l’approccio alla realtà è differente ed una collaborazione deve trovarci in sintonia sulla visione del mondo.
Per fare qualche esempio: se si tratta di scegliere una vacanza, il visivo guarda una brochure, l’auditivo ascolta i consigli di un conoscente, il cenestesico immagina l’esperienza; i principali interessi di un visivo potranno essere la fotografia, la lettura, la visione di film, quelli di un auditivo l’ascolto della musica o il discorrere con gli amici; mentre un cenestesico sarà interessato all’attività fisica, a un buon vino o a un buon cibo.
Poi il mediatore ed il legale devono capire come metterci a nostro agio se vogliono che sfruttiamo tutte le nostre qualità.
Come si diventa un numero dell’Enneagramma? Lo si diventa tra gli zero ed i sei anni per sopravvivere prima e poi per corrispondere alle aspettative dei genitori.
Il bambino elabora delle strategie che girano intorno a tre bisogni fondamentali: bisogno di successo, di potere e di affiliazione, che vengono “sentiti” come impellenti, appunto in relazione a come abbiamo vissuto il rapporto con i nostri genitori. Ogni rapporto è specifico per cui non esistono ovviamente due n. 1 uguali. Su questi bisogni predominanti costruiamo la nostra vita: la mia tipologia ad es. è la 6 ed io ricerco il bisogno di relazioni affettive positive nella mia vita, mentre il n. 1 persegue la perfezione che è una manifestazione del bisogno di successo.
Il n. 1 si sente stressato nelle situazioni in cui non si sente perfetto e sarà a suo agio quando l’ambiente gli consente di raggiungere la perfezione ossia ove non ci siano critiche al suo lavoro.
Il mediatore ed il consulente devono essere in grado di predisporre questo ambiente, diversamente il n. 1 va in collera che esprime indirettamente con il giudizio e la critica.
Il mediatore in particolare dovrà fare attenzione alla parafrasi ossia alla restituzione del punto di vista in sessione congiunta (“io ti vedo come ti vedi tu”); ma uguale attenzione dovrà avere l’avvocato in consulenza, in modo da dare l’impressione di aver capito il problema in tutte le sfaccettature.
Ora vediamo altre caratteristiche del n. 1 detto ”perfezionista” che ci aiutano a capire come rapportarci.
E’ un soggetto che controlla le sue emozioni e che ha fantasie che non esterna. In casa sua alcune emozioni erano proibite (sua madre gli diceva ad es. “Un bravo ometto non piange mai”).
Veste in modo austero, i suoi gesti e le sue parole sono misurati.
Ha interesse per i dettagli, critica e giudica sé e gli altri. Impartisce ordini e controlla tutti, ma non ama essere controllato.
Può avere una eccessiva preoccupazione per l’ordine, la pulizia e l’igiene.
I piaceri (le manifestazioni dell’io bambino) per il n. 1 hanno scarso rilievo e comunque vengono sempre dopo i doveri.
Predilige le soluzioni a lungo termine e lamenta sempre la mancanza di tempo: dà il meglio quando gli viene dato il tempo che dice lui; se ciò non accade o non accetta il vostro incarico oppure lo svolge come vuole lui. Chi vuole collaborare con lui dunque non deve mettergli fretta né nella analisi del problema né nella ricerca delle soluzioni.
La sua emozione dominante è la rabbia che però cerca di mascherare con la pedanteria e la critica; è arrabbiato (anche se magari non se lo ricorda) perché i suoi genitori gli hanno chiesto di essere un “bravo bambino” e lui lo ha fatto rendendosi però pienamente conto che anche i “cattivi bambini” ottenevano quel che volevano; vive e lamenta anche da adulto pertanto una condizione di ingiustizia.
Quando non si trova a suo agio mette in atto dei meccanismi di difesa e gli capita di vivere emozioni nettamente contrastanti, trasforma facilmente amore in odio; ovvero circonda il suo agire di buone ragioni: ad esempio quando alza le mani sul figlio dice che lo fa per il suo bene.
In termini di psichiatria sociale potremmo definirla a grandi linee una personalità con un adattamento ossessivo-compulsivo e paranoide: categoria diffusissima tra i professionisti e modello di personalità ad esempio in Germania.
Vediamo ora come si comporta in mediazione.
Sotto stress è visivo e quindi mantiene una postura eretta; ha una voce nasalizzata o comunque non sempre gradevole, parla velocemente e con tono e volume alto; gesticola ad altezza del capo.
Usa il vocabolario del visivo che ha a che fare con le immagini: ad es. “Appare evidente che, è chiaro che, guardare, vedere, illuminare”.
A causa dello stress assume le caratteristiche negative del n. 4: può avere una espressione tra il triste e l’assente (malinconica) e può peccare di astrazione ad esempio affermando che la legge o la giurisprudenza è dalla sua.
Dal momento che lo stress limita la sua capacità e possibilità di essere perfetto, manifesta stati ed emozioni inautentici (che coprono quelli che non ha potuto provare da piccolo; per inautenticità si intende qui soprattutto la non idoneità a risolvere il problema): accusa gli altri, manifesta un senso di trionfo, una euforia ingiustificata, disprezzo, ira, rigidità di pensiero.
Se il mediatore si rende conto della situazione riesce a non giudicarlo, se il suo difensore è consapevole del suo stato emotivo non lo asseconda perché si troverebbe a rafforzare la strategia di un bambino piccolo, che difficilmente potrebbe essere risolutiva per il problema in esame.
A questi stati d’animo possono anche seguire condizioni opposte: confusione, senso di preoccupazione, doverizzazioni.
Come aiutarlo? per la dottrina dell’Enneagramma il n. 1 andrebbe portato in 7, verso una maggiore rilassatezza ed una minore rigidità.
Un aiuto del mediatore arriverà in sessione riservata, dal legale in ogni momento della consulenza.
In sessione riservata il mediatore dovrà in primo luogo accertarsi di trovarsi proprio davanti ad un numero 1, perché visivi – lo abbiamo detto – sono anche il n. 3 ed il n. 7 che possiedono altre caratteristiche.
Ci sono un paio di domande per avere conferma della tipologia: “Lei è una persona che ama la puntualità?” oppure “Lei ritiene importante il rispetto delle regole?”
Di fronte ad un sì deciso, il gioco è fatto.
Il mediatore e l’avvocato possono rivolgere queste domande che sembrano più da terapia?
Sì, se preannunciano che potranno fare domande inusuali.
In sessione riservata il mediatore dovrà poi parlare come un visivo (che lo sia o meno), dovrà usare il vocabolario del visivo (“Come vede il suo rapporto con Tizio oggi?”); farà caso a dove il n. 1 guarda, per avere ulteriore conferma della sua tipologia (il visivo guarda a domanda guarda subito in alto a destra o a sinistra) e per capire se stia mentendo.
Gli uomini mentono quando non sono a loro agio e dunque se accade il mediatore non sta facendo un buon lavoro empatico.
Più che fare la domanda del diavolo che in sé contiene l’idea di fallimento o comunque di una non raggiunta perfezione (“Ma se oggi non si accorda che cosa farà?”) è consigliabile aprire la seconda sessione – quella dedicata alla ricerca delle soluzioni – con questa domanda “Che basi potrebbe avere un accordo soddisfacente oggi?”.
In sessione seconda poi il mediatore usa delle tecniche che servono per far trovare alla parte le soluzioni migliori al conflitto riformulato.
E’ bene sapere che non tutte le domande sono gradite agli enneatipi: ad esempio non si può rivolgere una domanda ipotetica ad un numero 3.
Così come non tutte le tecniche possono essere usate proficuamente: il n. 1 però è contento di utilizzare il brainstorming, le mappe mentali e i sei cappelli per pensare.