Evoluzione storico-normativa del conflitto

In seminario

“La mediazione e le forme complementari di risoluzione delle controversie civili”

26 maggio 2021 ore 17

Avv. Carlo Alberto Calcagno

Mediatore civile e commerciale e familiare

Noi uomini del XXI secolo abbiamo un concetto di giustizia legato al processo e ad un tribunale stabile ove decidono dei giudici professionali che emettono delle sentenze motivate secondo diritto a seguito di un’istanza per lo più presentata da avvocati.

Questo schema a cui siamo abituati non è profondamente radicato nella storia come ci verrebbe da pensare; ci appartiene solo dal XIX secolo.

Lo stesso concetto attuale di tribunale peraltro in altri paesi è diverso dal nostro: negli Stati Uniti ad esempio con il termine “Tribunal” si intende qualsiasi luogo ove si prendono decisioni che incidono sui diritti, ma non vi è l’idea di un luogo fisso e predeterminato; si potrebbe ad esempio anche fare riferimento ad un’agenzia governativa. 

I millenni che ci hanno preceduto hanno spesso conosciuto composizioni itineranti. Così ad esempio in Cina o in Francia dove abbiamo ancora oggi una conciliazione itinerante, in Roma dove il praetor decideva in basilica, ma esercitava anche la giurisdizione de plano nei luoghi di privata dimora. Carlo Magno aveva i suoi Missi dominici, Federico II il Gran giustiziere e i maestri giustizieri che giravano per tutti i domini di loro competenza. Ancora il conciliatore del Regno di Sicilia in pieno Ottocento andava per le strade a cercare privati dissidi da comporre.

Le cose sono cambiate col Regno d’Italia, anche se gli uomini del periodo unitario non sapevano sostanzialmente che cosa fosse un tribunale, una corte d’appello o una cassazione (inizialmente ce ne erano ben cinque). La giustizia si esercitava per lo più presso il conciliatore e in qualche misura presso le preture.

Le preture non esistono più dagli anni ‘90 ed il conciliatore è stato sostituito dal giudice di pace, ma si sono accentrate tutte le liti presso il tribunale con gli esiti che abbiamo tutti sotto gli occhi.

Anche il concetto di giudice è mutato grandemente nel tempo. La storia ricorda solo pochi esempi di giudici che fossero giureconsulti: lo Scabino franco che era anche notaio e il Gran Giustiziere siculo.

Non lo erano i giudici più antichi e una laurea in giurisprudenza venne richiesta soltanto nei domini sabaudi a metà del XVIII secolo.

I giudici antichi si valevano di assessori che erano laureati in legge, ma la loro consultazione non era obbligatoria. Solo con Federico II a ben vedere si collazionarono delle raccolte di pronunce a cui potevano attingere anche i non giuristi e dunque si diffuse l’idea di un’applicazione della giustizia legata al precedente (che oggi troviamo nei paesi anglo-sassoni).

I giudici erano sostanzialmente dei boni homines che godevano della fiducia del principe.

Spesso non sapevano né leggere né scrivere ed infatti, ad esempio nel regno di Federico II le sentenze venivano stese dal notaio peraltro in presenza dei giudici e di testimoni che sapessero leggere e scrivere.

Non sapevano leggere o scrivere i giudici della Grecia antica che si limitavano a prendere una decisione con il voto, alzando o abbassando una mano.

Gli stessi avvocati sino al 1870 non avevano spesso neanche un titolo di scuola elementare perché nel nostro paese non c’era l’obbligo di istruzione (nemmeno per i farmacisti).

Del resto l’obbligo di scrivere la sentenza arriva soltanto con Federico II nel XIII secolo e solo con la Rivoluzione francese si arriva a pretendere una motivazione.

Lo stesso ruolo degli avvocati è mutato nel tempo: nell’Attica antica non esistevano i legali ma c’erano solo dei logografi giudiziari che a pagamento cercavano di convincere il giudice spesso inventando di sana pianta il testo della legge (per cui non sappiamo ad esempio con sicurezza quali fossero le leggi davvero vigenti nella Grecia antica); all’epoca la legge si considerava un mezzo di prova.

Gli avvocati dell’antica Roma non avevano la rappresentanza del cliente, ma si limitavano a parlare bene del loro assistito. La rappresentanza del resto era vista con sfavore dai giudici anche nel XIX secolo e si pretendeva pure l’atto notarile per conferirla. Così come oggi si pretende la procura sostanziale per la mancata partecipazione alla mediazione.

Anche gli uomini che litigavano ovviamente non sapevano né leggere né scrivere ed infatti i primi verbali di polizia (detti notoria) che arrivano sotto l’imperatore Valente, erano compilati soltanto dai poliziotti e ancora si discuteva in Cassazione nel XIX secolo sulla loro validità in giudizio.

Gli stessi atti di matrimonio ancora negli anni ’20 del secolo scorso riportavano spesso solo una croce. L’alfabetizzazione è stato un processo lungo. Pensiamo che solo nel 1962 il partito socialista  pose come condizione per appoggiare il governo di centro-sinistra l’estensione della scuola dell’obbligo ai tre anni successivi al quinquennio elementare e dunque venne fondata la scuola media unica. Di scuola elementare obbligatoria si inizia a parlare nel nostro paese attorno al 1860, ma gli esiti del dibattito non furono proficui; solo nel 1877 si stabilì che le scuole elementari durassero cinque anni e che il primo triennio fosse obbligatorio.

In una situazione come quella descritta come veniva effettuata la composizione del conflitto?

Gli uomini antichi avevano capito di base che l’uso della forza era economicamente meno conveniente dell’accordo.

Certo inizialmente lasciavano per lo più spazio alla vendetta anche se talvolta stipulavano delle intese dietro corresponsione di beni o denaro.

Oggi esiste la procura della Repubblica e quindi l’azione penale è pubblica, ma nella Grecia di Omero e nella Roma precedente a Cicerone le contese dipendevano solo dall’iniziativa privata.

Si ricorreva all’autorità (che poi era un consiglio di anziani) solo per stabilire se uno aveva il diritto di vendicarsi quando c’era un altro che sosteneva il contrario perché adduceva un accordo oppure in caso di accordo se chi doveva pagarne il prezzo, si assumeva, non avervi provveduto.

Le prime forme di giustizia sono dunque arbitrali e fondate sul consenso, ma anche la conciliazione aveva una sua parte importante.

Nel mondo greco-romano poi il processo si sviluppa sulla base delle forme di composizione che si erano escogitate nell’ambito della gens, della fratria o della famiglia, ossia in base all’arbitrato e alla conciliazione (e non il contrario) ma l’accordo o comunque una decisione extragiudiziaria era molto frequente perché ad esempio in Grecia non esistevano i diritti reali, solo gli uomini liberi ed i meteci potevano adire i tribunali e poi le sentenze erano comunque uniche e definitive.

A Roma vigevano gli usi ricordati dall’Evangelista Luca:  “Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare? Quando vai con il tuo avversario dal giudice, cerca di trovare un accordo con lui mentre siete ancora tutti e due per strada, perché il tuo avversario può trascinarti davanti al giudice, il giudice può consegnarti alle guardie e le guardie possono gettarti in prigione. Ti assicuro che non uscirai fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo spicciolo”.

Nella prima delle XII tavole si ricordava che l’ufficio del praetor era quello di sanzionare l’accordo che le parti trovavano lungo la via, ossia di munirlo di efficacia come una sentenza.

E quindi se la conciliazione non era obbligatoria, perlomeno così veniva sentita attorno al 70 d.C. (data del Vangelo), nonostante peraltro la proibizione degli accordi voluta da Caligola che resterà in piedi sino ad Arcadio ed Onorio.

Il mondo greco-romano aveva comunque una struttura giudiziaria, con i limiti sopra ricordati; ma detta organizzazione viene meno con le invasioni barbariche.

I barbari conoscevano solo la faida, la composizione pecuniaria delle offese era molto rara. Viene approfondita con Rotari in un famoso editto, ma sostanzialmente scattava come ultima risorsa quando non si erano vinte le prove di Dio (che chiamavano ordalia) e dunque la causa era perduta. 

Fra le più comuni prove di Dio va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo. Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piedi nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta.

Erano dette prove paribili (ossia evidenti) che ad un certo punto vengono affiancate dal duello giudiziario in cui due campioni si affrontavano con le armi nell’arena giudiziaria: chi vinceva con le armi ovviamente aveva ragione.

Sino a Federico II questo modo di procedere fu considerato il processo così come noi consideriamo processo quello attuale: fu il re svevo a condannare per primo le prove paribili ed il duello perché secondo lui non rivelavano la volontà di Dio e non attestavano affatto chi avesse ragione e chi avesse torto.

Ma dopo la morte dell’imperatore questo modo di considerare la giustizia continuò: nel Meridione arrivò in certe zone (nel beneventano) sino all’età barocca e a Milano abbiamo sistemi simili sino all’età viscontea.

Solo con Federico II abbiamo poi una piena distinzione tra reati e illeciti civili.

Ma i reati venivano spesso perseguiti “per inquisizione”, ossia il giudice andava a cercarsi i criminali (abbiamo detto che era itinerante) senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere del tutto discrezionale (detto arbitrium).

Come si inquadravano gli strumenti alternativi in questo sistema?

Prima delle invasioni barbariche vi era una sistema misto nel quale il giudice delegava l’arbitro a decidere o il conciliatore a conciliare, oppure si trovava un accordo per via o ancora inter parietes a mezzo di un disceptator domestiscus (che poteva essere o meno un giureconsulto).

Dopo le invasioni barbariche c’era solo la composizione pecuniaria; solo a partire da Federico II riprende il sistema misto; citiamo qui una norma che inquadra il modo di agire del Baiulo, un compositore che arriverà a giudicare al Sud sino al XIX secolo: “Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.”

 E dunque nelle cause più comuni, quelle tra villani (ossia tra i servitori del feudo e i servi della gleba) si dava incarico ad alcuni uomini che si intendevano della questione perché conciliassero la vertenza o fornissero al giudice qual parere che serviva per fare sentenza.

Questo modo di procedere si ritrova ancora nelle delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II).

Nell’Ottocento esistevano gli arbitri conciliatori che in materia societaria dovevano essere obbligatoriamente interpellati dal Tribunale per le questioni societarie e seguivano lo stesso schema del Baiulo: tentavano la conciliazione e formulavano un parere in caso di insuccesso.

Ancora oggi nell’esame contabile di cui all’art. 198 c.p.c. si ripete lo stesso schema: il consulente tecnico tenta la conciliazione su incarico del giudice e se  la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.

Nei secoli passati gli stessi giudici potevano esercitare ordinariamente tre poteri: quello di  conciliare, quello di arbitrare e quello di giudicare.

La conciliazione al pari dell’arbitrato è sempre stata fortemente valutativa: anche per questo oggi non riusciamo ad abituarci ad un mediatore facilitativo, che non reca soluzioni ma è solo un esperto di comunicazione.

Per quanto riguarda la mediazione attuale abbiamo due precedenti: il primo è del XV secolo e riguarda la nascita della figura del mediatore sui monti del Kosovo; il presupposto fu che si ammise che alcune offese non richiedessero necessariamente la vendetta ma fosse possibile anche il perdono; inoltre in quella società si partiva dal presupposto che tutti gli uomini fossero uguali e che dunque non  potesse esistere a priori in capo a qualcuno un diritto di punire che non fosse autorizzato a ciò dai litiganti.

Altro precedente risale al 1790 quando rinasce la conciliazione dopo la Rivoluzione francese: il giudice di pace di quei tempi era un mero mediatore perché pur avendo una sua giurisdizione, poteva mediare solo le controversie delle autorità superiori.

Di mediazione si riparla poi nel ‘900 negli Stati Uniti. Mentre in Italia la conciliazione trova uno stop col regime fascista, negli Stati Uniti la conciliazione era condizione di procedibilità per i rapporti di lavoro (con una normativa simile a quella del nostro decreto 28).

Dopo la crisi del 1929 una delle prime cose che si pensò fu la riforma del processo: le citazioni erano arrivate ad un livello di tecnicismo che rendeva difficile la vocatio in ius.

Si passa quindi ad un form compilabile da chiunque per l’introduzione della causa e le complicazioni vengono semplicemente traslate sulla fase pre-istruttoria (discovery) in cui le parti si scambiano i documenti

 Attorno agli anni 60’-70’ negli Stati uniti i costi di preistruttoria, si dice,  furono considerati insostenibili.

I giudici cercano di prendere il controllo della fase che precede quella istruttoria  per renderla meno costosa e più coerente.

Si cercarono inoltre vie più rapide e meno costose del processo che lentamente si «strutturarono».

Gli avvocati in un primo tempo fecero resistenza come da noi, ma poi decisero di specializzarsi in ADR.

In realtà oggi che abbiamo in USA la e-discovery le cose non sono cambiate perché i problemi americani riguardano proprio i costi degli avvocati, ma da loro il processo è una eccezione pur essendo comunque di ottimo livello.

Negli anni ’70 del secolo scorso bolliva però anche un’altra pentola; le aziende americane non erano competitive come al solito per colpa, si disse, del management la cui idea e funzione si volle modificare.

In particolare volevano che l’azienda fosse in grado di stringersi intorno alla fase della «Specificazione» in cui il management stabilisce «Idea, costo, prezzo, tempo» di un dato bene.

Si andarono così a studiare le opere omeriche, l’Eneide e la Bingfa (l’Arte della Guerra di Sun Tzu) e dai miti degli eroi se ne ricavò il nuovo modello.

 «Colui che trova il modo di far parlare tutte le parti interessate, che sa capire le loro differenti prospettive, e riesce infine a trovare un ideale comune che tutti siano disposti a sottoscrivere. Costui fa affiorare il conflitto, riconosce i sentimenti e i punti di vista di tutti e poi reindirizza l’energia verso un ideale comune» (Daniel Goleman)

A ciò si aggiunse dal punto di vista operativo un modello che aveva molto a che fare con il primo insegnamento del Buddha. 

Per un’economia rinnovata necessitava però anche una giustizia di pacificazione dei conflitti sociali che erano violenti in quel periodo.

Si va a riscoprire una giustizia di prossimità (community mediation) che era già presente nelle costituzioni dei singoli stati americani nel XVIII secolo.

Nel frattempo con l’aiuto dell’ONU si indagano le migliori prassi per la «conciliazione civile e commerciale». 

Conciliazione e mediazione sono negli Stati uniti fenomeni distinti: la prima può comportare una proposta del conciliatore, la seconda no.

 Negli anni 80’ interviene l’UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law) e pone le basi per la conciliazione commerciale moderna e per la nostra mediazione (da noi gli istituti non si distinguono).

Da questo momento in poi la mediazione arriva anche in Europa anche se si deve aspettare sino alla direttiva 52/08 perché si abbia in animo di deflazionare anche il contenzioso.

Federico II faro della civiltà giuridica

  1. Introduzione

I giuristi sanno di sicuro che con l’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 si è attribuito pieno effetto di legge agli atti e documenti informatici della pubblica amministrazione, così ponendo le basi per la successiva digitalizzazione delle procedure giudiziarie.

Da questo momento in poi il PCT è entrato gradualmente nella nostra vita e ha determinato una rivoluzione del processo così come lo conoscevamo sino a quel momento.

Sino  ad allora, infatti, il processo ha camminato seguendo alcune regole già presenti nel 1231 ed attribuibili a Federico II[1].

Ci sono molte considerazioni politiche e culturali[2] che lo riguardano e che si potrebbero fare ma in questa nota vogliamo occuparci soltanto del diritto: quello pubblico, il civile e il penale.

Vedremo anche come era organizzato il processo alla corte sveva.

L’opera dell’imperatore si può considerare un momento di rottura importante con riferimento a diverse componenti della tradizione giuridica, sia di quella romanistica che comunque egli riprese e scelse come perno della legislazione, sia di quella normanna che lo precedette.

Molte regole ed istituzioni che noi oggi diamo per scontate non avrebbero visto la luce se non vi fosse stato questo principe. Lo stesso illuminismo forse non avrebbe avuto quelle conseguenze che ha in effetti avuto per la società e per i governi.

Anche se, dobbiamo dirlo subito, dopo la morte di Federico molte delle sue riforme non si mantennero.

Appena diventato maggiorenne pensò di sostituire le consuetudini con le leggi scritte, la forza individuale con quella pubblica, volle affrontare le prepotenze dei signori feudali con il governo unico e centrale.

Era convinto di avere un obbligo impostogli da Dio di amministrare la giustizia e di vegliare sulle leggi; scriveva: “Bisogna che il sovrano sia padre e figlio, signore e ministro della giustizia. Padre e signore nel generarla e nell’educarla poiché sarà nata, e difenderla gelosamente: figlio nel rispettarla e venerarla; ministro nel distribuirla a ciascuno secondo i suoi diritti”[3].

L’idea era quella di dotare i suoi sudditi di  un codice in modo che la legge si fondasse sulla eguaglianza di tutti i cittadini, e determinasse chiaramente i diritti e i doveri di ciascuno.

Era poi anche necessario disporre di giudici che dipendessero da lui e che amministrassero la giustizia[4].

In Sicilia a quel tempo imperavano tre legislazioni (la longobarda, la bizantina e l’Araba) che creavano solo confusione nella popolazione.

Federico voleva armonizzarle:  ci avevano in verità già provato i Normanni (con i Defetarii) ma con scarsi risultati[5].

Era necessaria un’opera legislativa che fosse accettata dai sudditi romani, dai greci, dai tedeschi, dagli arabi, dai francesi e dagli ebrei e dunque il principe non pensava fosse utile cancellare con un tratto di penna il passato di questi popoli.

Noi”, dice  Federico, “noi che sospendiamo sulla bilancia della giustizia i diritti di ciascuno, non vogliamo nei giudizi distinzione, ma “uguaglianza. Sia franco, sia romano, sia longobardo l’attore o il convenuto, vogliamo gli sia resa giustizia”.

Così accolse le antiche leggi cercando di adeguarle ai tempi.

Il principio era rivoluzionario perché andava decisamente in senso contrario al feudalesimo che si basava invece sul riconoscimento e l’accettazione delle differenze.

Nel 1230 l’imperatore progettò quindi un codice che doveva comprendere il diritto politico, il civile, il criminale, il canonico, il procedimento giudiziario, i diversi uffici dei giudici e degli altri magistrati, la polizia, le finanze, le monete, i pesi e le misure[6].

Le leggi vennero solennemente riconosciute ed approvate in una corte generale[7], convocata in Melfi nel giugno del 1231, e quivi pure pubblicate nell’agosto dello stesso anno[8].

Ma due mesi prima furono sottoposte al giudizio del popolo: i compilatori erano insomma  solo dei meri consiglieri  e proponenti seppure godessero di grande dottrina e reputazione.

Le Costituzioni entrarono in vigore in tutta la monarchia siciliana nel settembre del 1231 che era il principio dell’anno greco nelle province meridionali.

Il clero ed i baroni vedevano decisamente ridotti i loro privilegi:  per tutta risposta sobillarono le città (Messina, Catania e Siracusa) contro la Monarchia che schiacciò con determinazione i capi della rivolta.

Il codice (le Costituzioni del regno) era scritto in latino perché all’epoca questo era la lingua della religione e della scienza. Ma nelle province meridionali circolò anche una edizione greca (Liber o Lex Augustalis) [9] peraltro non conforme all’originale, perché in quelle terre si parlava il greco.

Le basi erano normanne e vi si ritrovano i precetti di diversi re precedenti: Ruggiero II, Guglielmo I e Guglielmo II[10].

Quelle proprie di Federico riguardano un periodo anteriore al 1220[11] e poi una serie di provvedimenti denominati Novae Constitutiones[12].

Ma il merito di Federico II fu anche quello al contempo di far rivivere il diritto romano, riprendere le tradizioni germaniche e non trascurare la lezione del Cristianesimo e dunque il diritto canonico.

L’intero codice si divide in tre libri; il primo comprende cento e sette titoli, il secondo cinquantadue, il terzo novantaquattro: i titoli si riferiscono principalmente alle materie del governo pubblico, del diritto penale, e del procedimento giudiziario[13].

2. Principi di diritto pubblico

Il nonno di Federico, Ruggero II, si attribuisce per primo il nome di re[14] ed il diritto esclusivo di fare le leggi. Assume che tutti i signori siano suoi vassalli e che lui solo incarni lo stato.

Coloro che avessero goduto a qualche titolo delle regalie[15] che manifestavano il potere sovrano[16], non potevano farne commercio in quanto cose sottoposte al fisco e dovevano servire, a pagamento, il principe in pace ed in guerra.

Stabilì che tutte le giurisdizioni derivassero dal principe e dalle autorità giudiziarie da lui create e tolse ai Baroni il diritto di amministrare la giustizia nelle loro corti feudali: principio che, approvato più tardi dagli altri sovrani, fu il primo atto con cui fu combattuta l’aristocrazia feudale.

Ma tutto ciò durò solo lo spazio della vita del sovrano e Federico dovette ristabilire l’ordine.

Ampliò così le regalie[17] per il mantenimento della Corte: si trattava di imposte che il sovrano destinava a sé ed erano di tre tipi. Il fodro (fodrum, fodrium), ossia una determinata quantità di vettovaglie per il mantenimento del principe e della sua corte, che veniva spesso sostituita da una somma di danaro somministrata dalle terre vassalle. La paratica, o riparazione delle strade e dei ponti dei fiumi che doveva attraversare il sovrano. Il mansionaticum che doveva servire alle spese di alloggio dei cortigiani e dell’esercito reale durante il viaggio.

Federico II istituì il servizio di leva obbligatorio[18] in conseguenza del giuramento di fedeltà al sovrano; il servizio era modulato sulla dimensione del feudo e prevedeva la prestazione personale del feudatario (che diversamente perdeva il feudo) e dei suoi uomini oppure di una somma di denaro in sostituzione (bursale o adoba); i feudatari avevano anche l’obbligo di fornire le imbarcazioni per la guerra in mare aperto.  

Il servizio militare durava ordinariamente tre mesi:  trascorso tale termine il sovrano doveva pagare il soldo alle truppe feudali che voleva mantenere sotto la bandiera.

Se un barone non conduceva il suo contingente doveva pagare tre once e quindici tari al mese[19] per ogni uomo d’arme non presente. Se non poteva venire egli stesso, doveva, col consenso del sovrano, mettere comunque al suo posto un altro cavaliere, diversamente il fisco gli sequestrava metà della rendita.

Il principe si arrogò il diritto esclusivo di battere moneta, il supremo dominio sugli uomini e sulle terre, la più importante giurisdizione in quasi tutte le cause, il diritto di muover guerra e concludere la pace, e di comandare gli eserciti. 

A ciò si aggiunse il diritto di statuire leggi generali per tutto il regno, di legittimare i figli naturali, di creare nobili, magistrati e notai, di aprire Università degli Studi, e di creare un parlamento e  una corte suprema di giustizia nel regno: e ciò oltre a pretendere  le minori regalie, dette diritti utili ovvero la riscossione delle entrate pubbliche e i proventi delle multe e delle confische.

Il disegno di Federico era quello di diventare capo politico di tutta la cristianità; credeva di essere destinato a mantenere la pace fra le nazioni.

L’Europa intera era, infatti, all’epoca come un campo di battaglia, ove ogni uomo aveva sempre le armi in pugno, ed era preparato a perpetua difesa ed offesa.

Federico istituì una Corte capuana, un tribunale supremo, a cui i Baroni e le Università dei borghesi dovessero presentarsi entro breve termine. Nessuno poteva essere riconosciuto legittimo possessore, ove non adducesse le prove di regolari concessioni fatte dai principi normanni. Non riconosceva però le concessioni del re Tancredi perché lo considerava un usurpatore.

Peraltro quando un barone diveniva possessore d’un feudo, sia a titolo ereditario, sia per munificenza del sovrano, era tenuto a pagare al fisco, prima di ottenere la investitura, un diritto di variazione, chiamato diritto di rilievo (jus relievi), che era stabilito in metà della rendita della terra, cioè in dieci once per feudo.

Se l’erede non faceva la dichiarazione dei redditi alla fine dell’anno, pagava una multa esorbitante: fino a novanta once, cioè nove volte la mera tassa.

Le città del demanio poi pagavano ogni quindici anni un “diritto di mutazione”, come se passassero sotto un nuovo signore.

Ognuna di esse forniva all’esercito ed alla flotta un numero determinato di balestrieri, di fanti e di marinai, comandati dal sindaco in persona, o da uno de’ suoi delegati.

Ogni città marittima, che avesse un porto, era tenuta a costruire a proprie spese, ed a conservare in buono stato, una o parecchie galee.

Federico II decise di mantenere nelle sue mani l’esercizio della giustizia criminale in tutto il regno, e proibì apertamente ai prelati, ai conti e ai baroni di amministrarla in futuro[20]: la giustizia criminale si doveva esercitare soltanto per mezzo di giudici da lui creati.

Vietò l’alienazione dei feudi e il diritto di ricavare imposte dai fondi; concesse in mancanza di eredi maschi che potessero ereditare le donne.

Ogni feudatario però doveva avere il consenso reale nell’atto di dar marito alle figlie, alle sorelle e alle nipoti.

Nessun signore feudale poteva avere l’onore di ricevere giuramento di fedeltà dai propri vassalli, prima di averlo egli stesso prestato al principe.

Nessuna persona poteva obbligarsi verso i baroni per compiere opere o servigi che recassero pregiudizio alla libertà individuale; né un feudatario poteva considerare obbligati al proprio demanio uomini che già appartenessero al demanio regio, o chiedere a quelli del suo feudo opere e servigi, cui non fossero obbligati.

I vassalli potevano ricorrere al giudizio del re, per esporre i danni sofferti, contro quei signori che avessero contravvenuto a questi ordini, e il giudice stesso aveva facoltà di stabilire il risarcimento dei danni a favore dell’oppresso, non che una multa del doppio, a vantaggio del fisco, contro i baroni oppressori.

Inizialmente Federico era chiamato “re dei preti” perché aveva adottato provvedimenti a favore del clero, tra cui quello dell’obbligo di pagare le decime alla Chiesa, ma la situazione cambiò quando divenne imperatore (1215): cercò di comportarsi con il clero così come si era comportato coi baroni.

Vietò anche al clero di esercitare l’ufficio di giudice e di baiulo, sotto pena della confisca di tutti i beni[21], statuì altresì che nei delitti gravi anche i dignitari della Chiesa fossero giudicati dalla sua Corte.

Vieto ogni vendita o donazione d’immobili a chiese, ospedali e luoghi religiosi, e ordinò che essi vendessero o locassero ai congiunti del testatore, o ad altro borghese del demanio, questi beni ricevuti per testamento, e che, ove ciò non si adempiesse dopo un anno dalla elargizione, i beni passassero al fisco[22]: era questa una dichiarazione di guerra al clero siciliano.

Mentre con i Longobardi le norme canoniche proibivano d’imporre al Clero oneri e contribuzioni personali e reali, dirette od indirette, dal XIII secolo si iniziò ad obbligarli a pagare le imposte per le proprietà acquistate dai laici.

Federico II calcò ulteriormente la mano costringendo tutti gli ordini religiosi (tranne l’ordine teutonico che era suo alleato)  ad abbandonare a vantaggio del fisco tutti i beni acquistati da Tancredi in poi (ovvero dal 1189)[23].

Con i comuni mantenne una politica diversa dai suoi predecessori che li beneficiarono spesso per tenere a freno la potenza dei baroni. Ridusse l’autonomia stabilendo che a nessun cittadino, e a nessuna comunità fosse lecito dettare leggi, poiché questa era, naturalmente, prerogativa della sovranità. Dunque non gli statuti delle particolari città, ma le costituzioni imperiali dovevano aver forza ed autorità di legge (nemmeno potevano i Comuni eleggere ad arbitrio i propri rettori e magistrati, come era sempre stato prima dello svevo).

Quale fu il contrappeso di tale politica perché il principe non fosse visto come nemico delle classi dirigenti e dal popolo? 

Contemporaneamente alla monarchia (e quindi prima di Federico) erano nati Parlamenti, o comizi pubblici che dir si vogliano, che nella sostanza rimasero meramente feudali, composti cioè di soli baroni e di prelati, senza che una voce si levasse mai per esporre i bisogni e le ragioni del popolo.

Federico II decise di convocare un Parlamento in Lentini, stabili che due volte l’anno dovessero farsi in tutte le provincie del regno pubbliche adunanze, presiedute da un messo speciale dell’imperatore, nelle quali, oltre ai chierici ed ai baroni, fosse concesso di intervenire a quattro uomini buoni per ogni città[24], e a due per ogni terra o villaggio, affinché potessero esporre le proprie lagnanze e quelle dei loro elettori. L’aver ammesso i rappresentanti del popolo in siffatte assemblee comprova ch’egli desiderava dare ai Comuni sede stabile in Parlamento (cosa che accadde a partire dal 1240).

È questo certamente il primo esempio di una vera rappresentanza nazionale anche se in realtà i borghesi erano chiamati solo a convalidare con la presenza le deliberazioni già approvate nel Consiglio del principe e a diffondere i suoi ordini nelle loro terre (ma era già un passo avanti).

Ai tempi di Federico II i cittadini del regno erano divisi in cinque grandi classi: Conti, Baroni, Militi, Borghesi, e Rustici. Le prime tre categorie erano soggette solo al giudizio dei loro pari.

La classe più eminente era quella dei Conti. Quando  il Conte giurava innanzi al magistrato, il suo giuramento era creduto per un valore sino a cento once d’oro (sino a 18 mila euro attuali), mentre quello di un barone solo sino a cinquanta, quello del milite sino a venticinque. Per fornire la prova sui fatti riguardanti un Conte, quando venisse accusato, occorreva la testimonianza di sedici Borghesi, mentre per un semplice borghese erano sufficienti quattro soli uomini.

Seguivano i Baroni: per fornire la prova su un Barone occorrevano le testimonianze di 8 Militi e 16 Borghesi.  La dignità e la importanza di un barone veniva reputata, nella maggior parte dei casi, come metà di quella di un conte.

Per essere considerato milite bisognava provare che lo era stato il proprio padre e il proprio nonno: la carica era ereditaria. Per capire la posizione di questo ceto si pensi che una stessa ingiuria lanciata contro il milite veniva punita con la perdita della mano, se il colpevole era un borghese, mentre se l’offensore era a sua volta un milite la pena si riduceva ad un anno d’esilio ed alla perdita del cavallo.

I militi avevano diritto di girare armati in ogni luogo: potevano essere feudatari o figli che non ereditando il fondo paterno si dedicavano alla milizia: questi ultimi erano in grande onore presso il sovrano perché avevano abbracciato la carriera militare.

I Borghesi erano i semplici cittadini liberi da qualsivoglia dipendenza feudale. Potevano possedere solo beni non feudali (allodiali o burgensatici); Burgensis era il cittadino che non abitava in campagna ma in città.

I  Rustici o Villani  erano coloro dedicati al servizio dei feudi, ma la loro condizione dipendeva dal titolo per cui erano obbligati a servire: c’era chi era legato al fondo col corpo (servi per captitudinem) o perché abitavano o coltivavano un feudo servile (dovevano effettuare delle prestazioni dette angariae e per questo non potevano liberarsi dal loro giogo).

Questi ultimi erano detti propriamente rustici o villani, mentre i primi servi della gleba. I villani non potevano testimoniare in giudizio e le loro mogli erano dette ancillae ovvero schiave.

Il servo poteva esser venduto, pignorato, e battuto a volontà dal suo signore: non aveva facoltà di sposarsi secondo le sue volontà, né di vendicarsi ove avesse acquistato la libertà.

Un giudeo o un musulmano non potevano comperare però un servum christianum, o tenerlo in schiavitù sotto qualsivoglia pretesto.

Federico II decise di mantenere la schiavitù, così come accadeva al tempo dei romani, ma apportò diversi miglioramenti della condizione servile.

Proibì ai Baroni di opprimere ingiustamente i propri vassalli; ammise che i servi potessero possedere beni, e alienarli ad estranei, anche senza il permesso del loro padrone: cosa che prima era assolutamente vietata.

Si riconobbe ai servi una personalità loro propria in molti rapporti, e nei giudizi fu ammesso il giuramento e la testimonianza degli schiavi nelle cause dei loro pari.

Quindi una Costituzione stabili che non si potessero vendere i servi se non per liberarli, e che i liberi non si potessero ridurre mai più a condizione servile.

Arabi ed Ebrei goderono di una particolare protezione: pagavano un tributo particolare, erano sicuri nelle cose  e nelle loro persone: ebbero vera e libera proprietà; stessa considerazione ebbe il sovrano per i grandi ecclesiastici o secolari.

Federico II favori la immigrazione di quegli stranieri[25], i quali, per le loro capacità o per altri titoli, potevano arricchire lo stato.

Gli stranieri erano poi soggetti alle pene medesime dei cittadini, ma  le frodi commesse a loro danno erano punite con doppia pena; potevano possedere beni immobili e così erano ammessi a pubblici uffici[26]  ed a tutti i diritti e i privilegi dei cittadini.

Nel 1240 gli stranieri avevano il diritto di maritarsi con donne siciliane purché fossero fedeli e di buoni costumi, dimorassero almeno da dieci anni, nel regno, ed avessero contribuito, per la congrua parte, al pagamento delle tasse.

Federico II vietò l’albinaggio ossia la facoltà di introitare alle casse regie le sostanze degli stranieri:  ordinò che fosse accordata agli stessi piena facoltà di testare, stabilendo pure che, ove non  avessero disposto prima di morire, l’eredità loro si fosse devoluta a chi v’era chiamato per legge. E se questi non si trovava sul luogo in cui lo straniero era morto, le cose di lui si deponevano in una chiesa, e lo si aspettava per un anno. Inoltre se nessuno si presentasse a richiedere legittimamente tale eredità essa veniva erogata in beneficenza.

3. Diritto civile

Il diritto civile ai tempi di Federico II era assai vario perché diverse erano le popolazioni che abitavano il Regno.

Le azioni private erano dunque regolate sostanzialmente dalle particolari consuetudini delle persone e dei luoghi.

Federico II volle che la base della sua legislazione fosse quella romanistica che considerava diritto comune: entrava cioè in vigore ogniqualvolta il suo Statuto taceva.

Diamo un cenno in primo luogo delle regole concernenti le persone ed in particolare la famiglia.

Già sotto Ruggero II si stabilì che per il matrimonio era necessaria la pubblicità e la benedizione sacerdotale; in caso contrario le nozze erano illecite, si perdeva la dote e non si poteva testare a favore dei figli.

Per le nozze delle donne nobili era anche necessario l’assenso del re e spesso questo non arrivava (se non dietro pagamento di grandi somme) e dunque i beni ereditari venivano riversati al fisco, per difetto di successibili.

Ciò anche sotto Federico II che vietò pure ai cittadini di sposarsi con donne forestiere, sotto pena di perdere tutti i beni posseduti nello stato.

Disciplinò anche il ratto ai fini di matrimonio dichiarando inefficace qualunque consenso, e nullo il matrimonio del rapitore con la rapita che invece all’epoca era molto comune.

Circa il nuovo matrimonio sappiamo che per il legislatore normanno non era possibile risposarsi sino a che il proprio coniuge fosse vivo, a meno che la donna non fosse adultera e quindi soggetto di ripudio; forse nel regno svevo era possibile la separazione, ma nulla fu disposto da Federico sulla materia e sul divorzio.

Il primo effetto del matrimonio era la fedeltà: il marito poteva uccidere la moglie quando l’avesse colta in adulterio, ma doveva farlo all’istante.

Non era concesso alla moglie di vendere cose appartenenti e non alla dote, assumere obbligazioni di qualsivoglia carattere, od esercitare la mercatura senza il consenso del proprio compagno. Il quale conservava altresì l’amministrazione di tutte le sostanze della moglie, e ne percepiva i frutti; la rappresentava in giudizio, in modo che, senza il permesso del marito, lei non poteva adire il tribunale contro i terzi.

Questi precetti li ritroviamo ancora nel nostro codice civile unitario.

Erano vietate le donazioni tra coniugi: addirittura si consideravano dati a prestito perfino l’anello nuziale, le altre gioie, e gli ornamenti che la moglie avesse ricevuto dal marito o dai parenti di lui. Si arrivò a vietare anche le donazioni agli estranei, per paura che con esse si volesse mascherare una donazione fra coniugi.

Per regolare gli interessi dei coniugi era possibile la sola comunione dei beni, istituto questo barbarico: quando nascevano dei figli si formavano tre parti uguali delle sostanze comuni, di cui una spettava al padre, una alla madre, e la terza alla prole.

In caso di morte di un coniuge, la sua parte passava ai figli, però nel caso morisse la madre la parte della defunta rimaneva in usufrutto al padre, con l’obbligo di provvedere ai figli, e di educarli finché egli vivesse, o passasse a seconde nozze.

La maggiore età venne da Federico II stabilita nel diciottesimo anno, anche se per Romani era stabilita a 25 e per i Longobardi 12.

Si poteva però ottenere la dispensa dalla minore età: quando si fosse fatto conoscere il buon senno, l’integrità della vita, e la buona condotta del minore. In tal. caso, dietro esame della Gran Corte, il sovrano era solito abbreviare la minore età di uno ed anche di due anni, secondo le circostanze speciali (ma il minore non poteva comunque vendere o ipotecare beni).

Federico II istituì la tutela gratuita dei minori, a cui nessun cittadino poteva sottrarsi. Se i minori possedevano un feudo la tutela si chiamava Baliato o Baliaggio e Bali vennero chiamati i tutori feudali. Il termine balius non va confuso con quello del Baiulo che era invece come vedremo un giudice. Il balio poteva ritrarre dal feudo solo ciò che era necessario al proprio mantenimento.

I tutori erano obbligati a rendere esatto conto della loro amministrazione, quando i pupilli fossero giunti all’età maggiore, innanzi al giustiziere della provincia, o ad altro giudice, a ciò destinato dal principe, e si stabiliva che ove essi, amministrando, avessero commessa frode manifesta, non solamente sarebbero stati costretti a risarcire ai minori ogni danno cagionato per propria colpa, ma altresì a pagare altrettanto al fisco, oltre a quelle pene che il giudice avesse creduto opportuno d’infliggere.

Registriamo nel regno di Sicilia anche la tutela femminile che presso il Longobardi si chiamava Mundualdo.

Quanto alla successione Federico II fu un innovatore dato che sino a lui valeva la legge del maggiorascato maschile; stabilì che alla morte del padre succedessero tanto i figli quanto le figlie, maggiori o minori[27].

E se oltre ai maschi e alle femmine si fossero trovate delle sorelle del padre ancor nubili, di qualunque nazione o condizione fossero o franca o longobardica, o dei militi o dei borghesi, dovevano i maschi essere preferiti alle femmine, ma i fratelli o i nipoti dovevano maritare le sorelle o le zie.

Se sopravvivevano le sole femmine esse succedevano ad esclusione dei consanguinei;  se minori erano sottoposte al baliato del principe, il quale avrebbe poi curato di dar loro un marito, giunte che fossero ai quindici anni.

La donna inoltre doveva ricevere una dote consona che poteva anche stabilire il giudice: sino ad allora accadeva che le doti fossero simboliche e che i padri donassero alle figlie addirittura delle semplici ghirlande di fiori.

I figli rappresentavano, come in quasi tutte le leggi, il loro padre nella successione dell’avo, quando quegli fosse premorto.

Gli stessi criteri valevano sia per l’eredità paterna che per la materna.

I figli legittimi venivano esclusi dalla successione quando, per succedere ab intestato, avessero distrutto od occultato il testamento paterno.

Quanto ai figli naturali l’unica disposizione che si rinviene nel Codice riguardava i chierici: Federico ordinò che la Corte concedesse i  beni ai loro figliuoli, col peso di un’annua prestazione. In difetto di successori, i beni erano devoluti al fisco.

 I beni liberi dei chierici e quelli dei laici in terre demaniali, quando questi non avessero avuto eredi, dovevano passare al fisco per due terzi, e per un terzo erano destinati ai poveri a purgazione dell’anima del defunto.

 Quanto ai contratti non ci sono molte norme nel Codice perché il diritto romano già regolava molte vicende; tuttavia Federico introduce la prelazione[28] che i Romani non conoscevano: uno dei parenti più prossimi del venditore poteva escludere il primo compratore, qualora, entro il termine di un anno, egli offrisse lo stesso prezzo che l’altro aveva offerto.

Col volger del tempo tale diritto, dato ai parenti, venne esteso ai comproprietari, e, in mancanza di questi, anche ai confinanti.

Venne però imposto a chi voleva farne uso, di prestar sacro giuramento che non per conto di un terzo, sì acquistava il bene ma lo si faceva per proprio vantaggio; gli venne inoltre proibito di alienare nuovamente, per un certo numero di anni, il fondo acquistato.

Federico proibì di apprendere i buoi e i carri dei lavoratori nel tempo in cui un sequestro fosse operato per mancanza di pagamento d’un debito pubblico o privato: è una delle prime legislazioni che fanno salvi gli attrezzi del mestiere.

Quanto alla prescrizione i principi normanni stabilirono che  fosse di un anno, un mese, ed un giorno per tutte le cose possedute in buona fede. Federico II abolì questa norma e stabilì per il possessore di buona fede una prescrizione di 10 anni.

Le prescrizioni contro il fisco, ch’erano prima troppo brevi, vennero prorogate ad un secolo.

Quanto all’usura la concesse agli Ebrei perché aveva bisogno dei loro prestiti, ma non alla restante parte della popolazione.

Molto interessante fu anche la disciplina che riguardava i medici.

Federico II stabilì che nessuno potesse esercitare l’arte medica senza aver ottenuto una licenza. In caso contrario sarebbe scattato il carcere e la perdita dei propri beni.

I giovani che volessero intraprendere la medicina dovevano frequentare un corso regolare di studi: per tre anni studiavano filosofia e per cinque il testo d’Ippocrate e di Galeno, tanto in teorica quanto in pratica.

Poi dovevano essere pubblicamente esaminati nel collegio medico di Salerno il quale concedeva lettere testimoniali per ottenere la licenza del re; a questo punto si doveva fare praticantato presso i maestri della medicina.

Una volta ottenuta la licenza del sovrano, il medico, qualunque cura facesse senza dolo, non era perseguibile penalmente.

Federico stabili ancora il numero delle visite necessarie agli ammalati, la retribuzione dei medici, e l’obbligo loro di curare gratuitamente gli indigenti.

Chi si fosse applicato alla chirurgia, doveva inoltre addestrarsi per un anno unicamente nelle operazioni.  Federico  istituì anche una cattedra di anatomia.

4. Governo, istituzioni giudiziarie, notariato e avvocatura

Per realizzare i suoi scopi l’Imperatore aveva bisogno di riordinare le istituzioni giudiziarie.

La politica era legata a doppio filo a quel tempo alle regole dei processi, specie quello criminale (come del resto accade anche oggi).

Egli era convinto che a nulla giovasse possedere buone leggi, se chi fosse deputato ad eseguirle, per ignoranza o per malizia, tradisse il mandato, e che la legge scritta restasse una buona intenzione e non altro, se non s’incarnasse nella ferma volontà del principe di farla eseguire, e nella costante e sapiente collaborazione dei suoi magistrati.

Già con Ruggero II vigeva il principio secondo cui per accedere ai pubblici uffici non era importante né la patria, né l’essere nato nobile o plebeo, ma solo possedere le facoltà dell’intelletto; perciò sotto questo principe si videro uomini di qualsiasi origine, fossero siriani o siculi, saraceni o francesi, elevati alle più alte cariche.

Questo principio portava con sé la conclusione che lo Stato venisse considerato come un’astrazione e dunque qui riposa la concezione dello stato moderno.

Federico II continuò a seguire questo modo di procedere.

Volle inoltre che fossero definiti e distinti anche gli obblighi dei magistrati e infine stabilì che la Gran Corte o Magna Curia (istituita nel 1193) divenisse il centro del potere giudiziario.

Il supremo consiglio del Principe era costituito da 7 grandi ufficiali (di fatto inamovibili) che erano parificabili ai ministri del nostro governo, che descriviamo in ordine di importanza:

1° il Gran Giustiziere, primo ministro di giustizia,

2° il Gran Contestabile, supremo capitano degli eserciti,

3° il Grande Ammiraglio[29], supremo capitano dell’armata navale e responsabile dell’amministrazione militare nautica,

4° il Gran Protonotario, ossia il Logoteta, o, come Federico lo appellava Libellensis, primo segretario del re, il quale aveva l’obbligo di promulgare le leggi, gli editti, le concessioni, e gli altri atti del sovrano,

5° il Gran Camerario, che aveva cura della pubblica economia, e del patrimonio del re, 6° il Gran Cancelliere, detto pure Iustitiarius Curiae, custode del segreto, e del sigillo reale,

7° il Gran Siniscalco, governatore della casa reale, con l’incombenza di provvederla di tutto il necessario e di occuparsi della caccia reale[30].

Le cariche degli ufficiali dovevano conferirsi con il voto del supremo consiglio del principe (già presente con Ruggero II) in base alla rettitudine d’animo e alla conoscenza delle leggi.

Gli incaricati prima di assumere il titolo, dovevano prestare sacro giuramento sui Vangeli di amministrare rettamente la giustizia verso tutti senza frode o prevaricazione.

Nella gerarchia giudiziaria del regno di Sicilia (già con Ruggero II) troviamo le seguenti cariche.

A capo stava il Gran giustiziere, presidente della curia, il quale risiedeva a corte, ed aveva a disposizione quattro giudici, col titolo di assessori, che lo servivano nel suo ministero.

Al secondo posto vi erano i Giustizieri provinciali o magistri justitiarii;  al terzo  i Camerari; e all’ultimo i Baiuli, Bali o Baglivi, ai quali ultimi Federico destinò diverse norme.

Fino a Federico II fare il giudice era un mestiere pericoloso e quindi i magistrati si facevano pagare lautamente dalle parti; ma il principe, come diremo, cambiò questa regola e volle una giustizia gratuita, salvo che per quella del Baiulo.

Il più importante giudice era il gran giustiziere che sedeva a fianco del sovrano, vestiva in rosso e faceva portare innanzi a sé, come segno del suo ufficio, una bandiera rossa (bannum sanguinis).

Egli obbligava le corti dei magistrati inferiori a spedire le cause in un termine ch’egli stabiliva: esaminava e puniva le mancanze di tutti coloro che esercitavano la giustizia.

Accordava il gratuito patrocinio alle vedove, ai pupilli, ed alle persone miserabili, e le faceva alimentare a spese del fisco; sentenziava nelle cause dei feudi non quaternati[31] dopo il giudizio del giustiziere e del camerario, ma egli solo giudicava cause di feudi quaternati. Riferiva poi al re, e si consultava con lui, quando la causa riguardava i contadi[32], le terre murate[33], le città importanti, le baronie, e i feudi importanti.

Doveva ogni anno visitare tutto il regno e vigilare sugli ufficiali regi.

Non essendovi accusatori, procedeva “per inquisizione”[34] ossia andava a cercarsi i criminali senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere assai discrezionale (arbitrium).

Tutti erano sottoposti alla sua giurisdizione, e dalle sue sentenze si poteva solo presentare appello alla magna curia, cui presedeva, al di sopra di tutti, lo stesso sovrano.

La magna curia era tribunale di appello (le cui decisioni non erano impugnabili), e perciò giudicava in appello i grandi processi criminali; ma a lei apparteneva anche la cognizione, in prima istanza, delle cause per i delitti contro il re, delle controversie feudali più importanti, di quelle delle persone dedite al servizio personale del re stesso, e ancora di quelle dei poveri, ai quali era concesso di portare le loro doglianze, o i loro reclami alla corte del gran giustiziere, quando avessero temuto, nei giudizi locali, l’autorità di qualche potente avversario.

In altre parole Federico assimilava ai cortigiani, suoi preferiti, i poveri.

Al di sotto c’erano i Giustizieri provinciali (detti anche in seguito Praesides provinciae perché governavano una o due provincie).

I Giustizieri provinciali che duravano in carica un anno erano assistititi in sentenza da un giureconsulto detto giudice[35] e da un notaio.

Ai maestri giustizieri era affidata la istruzione e il giudizio di alcune cause criminali;  i delitti che meritassero pena capitale, i grandi furti, i danneggiamenti e i saccheggi delle case, gl’incendi, gli sradicamenti di alberi fruttiferi o di vigne, le violenze sulle donne, i duelli, le guerre private, le sedizioni, ed i delitti contro la persona del re: insomma tutti i crimini puniti con la pena capitale, con le mutilazioni del corpo, e con le multe di oltre venti augustali[36] (oggi sarebbero più di 400.000 €).

I Giustizieri provinciali svolgevano il loro compito gratuitamente.

Al pari del gran giustiziere, che visitava tutto il regno, i giustizieri provinciali, accompagnati da un giudice e da un cancelliere, avevano obbligo di percorrere ogni anno tutti i luoghi da loro dipendenti.  Punivano seduta stante chi fosse colto sul fatto, ordinavano l’arresto degli assassini contumaci e fuggitivi, e potevano, per tutti questi casi,  condannare e giustiziare senza processo (ad horas vel ad modum belli).

I Giustizieri provinciali avevano anche compiti di riscossione delle tasse: Federico II faceva sei “collette” all’anno ad arbitrio suo[37]; il governo determinava la porzione assegnata ad ogni provincia e i Giustizieri  facevano la suddivisione tra i borghesi e i castelli di loro dipendenza; poi gli stessi contribuenti eleggevano giurati, che stabilissero la quota di ciascuno, avendo riguardo alle sostanze di ognuno. C’erano poi alcuni “collettori” per raccogliere più sollecitamente le collette che erano chiamati maestri questori.

Vi era ancora il giudice camerario (erano in sei in tutto il reame)[38] la cui potestà era di gran lunga inferiore a quella del giustiziere, costituiva il tribunale di seconda istanza per le cause civili; le quali per altro, se tra i privati e il fisco[39], andavano a lui direttamente in prima battuta.

Egli doveva sindacare i conti dei bali (dei tutori), e far punire i colpevoli, giudicare le contese dei privati con gli esattori delle imposte, sorvegliare gli appaltatori delle pubbliche rendite.

Anche la sua carica era gratuita.

Aveva presso di sé tre assessori ed un notaio, i quali, al pari di lui, duravano in carica un anno solo.

Gli Svevi istituirono ancora un Baiulo per ogni città o terra demaniale, che riprese le attribuzioni dei Difensori di città ed altre incombenze: si occupava come giudice ordinario delle cause civili (non quelle feudali) e di quelle criminali che non importassero pene afflittive del corpo[40]; regolava nelle assise i pesi e le misure[41] ed i prezzi dei commestibili, sorvegliava l’esazione dei tributi ed esercitava la polizia del proprio distretto.

Non era un giureconsulto, bastava che fosse un uomo probo[42] e  avesse la fiducia della Magna Curia,  ma veniva assistito da un notaio e da un giudice detto assessore[43] (nominati entrambi dal sovrano) che piegava il diritto all’equità e ai bisogni del tempo[44].

Il Baiulo aveva due mesi di tempo per giudicare le controversie civili; decorso il termine infruttuosamente le parti potevano adire i Giustizieri provinciali.

Ma quali erano le sue competenze in dettaglio? Riportiamo qui la regola delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II)[45]; in alcuni luoghi il Baiulo operò sino al XIX secolo.

“1. I Castellani e Baiuli, che non sono giudici ordinari dovranno udire e decidere nel territorio delle loro castellanie le cause delle mercedi dovute agli operai, quelle delle nutrici, serve, miserabili, orfani, e simili, e tutte le altre modiche, e brevi, che possono spedirsi senza atti, o indagine giudiziaria.

2. Tali cause si termineranno senza scritti, o frustranti dilazioni; ma per mezzo di giuramento offerto, o riferito tra le parti, o come meglio sommariamente potrà farsi.

3. Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.

4. Nelle cause che richiedono ispezione giudiziaria, o nelle sopraddette, se eccederanno la somma di lire quaranta, ed il reo richiederà di essere rimesso al Giudice Ordinario, si asterranno di decidere, e rimetteranno le Parti al medesimo per un certo giorno non feriato, in modo tale che ricevano il compimento di giustizia, sotto pena della nullità, e restituzione dei danni e delle spese.”

Potremmo definire il Baiulo come uno dei primi giudici del lavoro, seppure le Costituzioni non lo definiscano giudice ordinario: le sue competenze le ritroveremo in capo al conciliatore delle Due Sicilie e a quello dell’Italia unita.

Il compenso del Baiulo era la trentesima parte della multa stabilita per la punizione dei delitti da lui giudicati e per i litigi composti. Il sopravanzo di queste ammende era riservato al tesoro del re, o alla cassa dell’alta corte di giustizia.

Al di sotto dei Baiuli vi erano i giurati; fino dal 1222, in ogni città e villaggio, sei giurati avevano il  carico di alcune funzioni di polizia: sorvegliare le monete correnti, i giochi, le osterie, le donne di mala vita, e simili.

Nel 1232 si aggiunsero due giurati, che dovevano vigilare sugli artigiani, i piccoli mercanti, e risolvere le controversie relative alle loro transazioni.

Nel regno di Napoli Federico II senti primo il bisogno di una polizia municipale, e di buoni regolamenti sulla salute pubblica.

Comandò con un suo statuto di non macerare lino e canapa se non ad un miglio  dall’abitato e di gettare al mare gli animali morti e altri materiali che recassero nocumento all’aria; e stabili che la multa d’un augustale dovesse colpire il contravventore. Avendo di mira sempre la salubrità del l’aria, pena quaranta augustali, vietò di fabbricare sepolcri entro la città; e volle che i corpi umani si seppellissero quattro palmi sottoterra.

Le costituzioni di Federico II si occupano dei pesi e delle misure, di cui era stabilita l’unità nel regno dalla Magna Curia, la quale imponeva a tutti i sudditi un procedere lealmente nei loro negozi.

Andavano soggetti per la prima volta, ad una multa più o meno grave a vantaggio del fisco; per la seconda, al taglio della mano e finalmente alla pena capitale, se ancora recidivi: 1) i venditori che frodassero nel peso, alterassero o mascherassero i commestibili; 2) gli orefici che adoperassero nei loro lavori meno di otto once d’oro di coppella, e meno di undici d’argento per ogni libbra 3) i macellai che vendessero una specie di carne per un’altra, o che non indicassero al compratore se fosse d’animale morto od ucciso; 4) i pescivendoli che conservassero i pesci del giorno prima; i venditori di cibi cotti che tacessero se erano del giorno prima; 5) i ceraioli che alterassero le candele; 5) gli osti che mescolassero il vino con l’acqua.

Federico II vietò ai sudditi di portare armi offensive e difensive. Ciò era solo concesso agli ufficiali del re, quando fossero nell’esercizio della loro carica; ma potevano ottener il diritto, come eccezione, i cavalieri ed i borghesi in viaggio[46].

I forestieri, entrando nel regno, dovevano deporre anch’essi le armi; e, contravvenendovi, cadevano nella pena stessa dei cittadini.

Federico dichiarò infami ed incapaci di qualsiasi ufficio pubblico e di testimonianza in giudizio tutti coloro che si abbandonassero al giuoco, sia delle carte che dei dadi. Alla qual pena venivano del pari assoggettati quelli che tenessero a disposizione degli altri carte da giuoco e dadi. Non importava lo stato sociale: il gioco era proibito anche ai cavalieri e ai nobili perché essi erano i primi a dover dare l’esempio.

Più tardi ordinò ai giustizieri di condannare ai lavori pubblici per un certo tempo quei cittadini che spendessero la vita a giocare.

Gli antichi non facevano sconti alle meretrici: già Carlo Magno aveva stabilito che l’uomo in casa del quale si fosse trovata una meretrice, dovesse portarla pubblicamente sulle proprie spalle in piazza per vederla flagellare; e se non lo faceva  veniva frustato lui stesso.

Nel reame di Napoli si ammisero le meretrici, ma si volle che esse fossero descritte in una speciale matricola, avessero un giudice a parte, e pagassero una gabella, come già avveniva ad Atene e a Roma.

Nelle città più importanti del Sud (Napoli, Amalfi, Sorrento) c’erano poi ai tempi di Federico II che li abolì, dei magistrati civili detti Compari o Ammensatori che erano conciliatori ed arbitri.

Vi erano poi i giudici civili che erano dei semplici laureati in giurisprudenza: le parti affidavano loro volontariamente le conciliazioni delle loro controversie; e pronunciavano sentenza solo in caso di mancato accordo; diremmo noi moderni che tale sistema può considerarsi un antenato del med–arb così diffuso nei paesi Anglosassoni. Le loro pronunce erano appellabili ai Governatori di Città[47].

Ricordo ancora che in Napoli, Salerno, Palermo e Messina vi era un foro privilegiato per la gente addetta al mare, e dei consoli, abili a comporre le controversie relative agli usi marittimi e commerciali, e a giudicare tutte le controversie civili e penali.

Federico II introdusse il cosiddetto sindacato per i magistrati. 

Stabilì che nell’uscire di carica fossero obbligati a rimanere cinquanta giorni nella provincia da loro amministrata, a mostrarsi in pubblico, a rispondere e soddisfare tutte le doglianze di chiunque si lamentasse del loro governo, e a sottostare infine all’esame che della loro gestione avessero fatto alcuni saggi (detti sindacatori) a ciò destinati[48].

Nelle adunanze pubbliche, che si tenevano a norma di quanto era stato decretato nel parlamento di Lentini,  tutti coloro i quali intervenivano avevano facoltà di proporre accuse e lamentele contro il gran giustiziere, i giustizieri provinciali, i camerari, i baiuli, e contro qualsivoglia altro che esercitasse uffici in nome del principe.

Il presidente dell’assemblea doveva trascrivere tutte le domande, e trasmetterle, con la sua firma, al sovrano.

Queste adunanze duravano otto giorni, ma potevano anche, ove fosse necessario per la natura od il numero degli affari, prorogarsi a quindici.

Per evitare problemi si prescrisse inoltre che i magistrati, durante il loro ufficio, e i loro subalterni e i domestici, non potessero ricevere denaro dai provinciali od altro; né acquistare immobili, costituire enfiteusi, contrarre nozze o sponsali, contrattare o negoziare.

Dobbiamo ora dare un cenno alla figura dei notai.

Nel regno svevo aumentarono il loro prestigio, erano degni di grande rispetto come gli alti magistrati.

Dovevano essere nati da legittime nozze e godere della  totale  libertà: il minimo peso servile o la minima subordinazione ad un feudatario si considerava ostacolo insormontabile.

I notai dovevano avere almeno ventiquattro anni; essere morigerati, avere  cognizione profonda degli usi e delle leggi dei vari popoli del reame.

Il loro numero era molto limitato: solo Napoli, Salerno e Capua, come città principali, potevano avere otto notari per ciascuna, ma nelle altre città non potevano essere più di cinque.

I notari dipendevano direttamente dal Sovrano che li nominava: l’onore non era ereditario ed era revocabile a piacimento del principe. Non potevano essere chierici.

Venivano inizialmente stipendiati solo dal fisco, ma col tempo si aggiunsero in loro favore altre provvigioni per la formazione degli atti, per le sentenze, per le stipulazioni dei contratti, e simili.

Federico II fu molto pignolo riguardo agli atti notarili: vietò che fossero  scritti su carta di cotone (detta bambagina) perché si lacerava e richiese che la stipula, sotto pena di nullità, dovesse effettuarsi alla presenza di un magistrato, e con la sottoscrizione delle parti e di testimoni degni di fede e di stima.

I testimoni erano richiesti in numero di due, ove l’atto riguardasse un valore sino a una libbra d’oro e tre se si fosse trattato di somma maggiore.

Assai significativa era poi la disciplina che riguardava gli avvocati: per esercitare dovevano sostenere un esame davanti ad una commissione nominata dal sovrano e conseguivano un diploma[49].

Poi dovevano giurare di non addurre argomenti e fatti che fossero contro la loro coscienza e di rinunziare altresì alla causa quando lo richiedessero speciali ragioni di onore.

Per chi trasgrediva il giuramento c’era una pena pecuniaria, la perdita del titolo e l’infamia perpetua.

Il loro onorario era costituito dalla sessantesima parte del valore della controversia e se essa era di valore indeterminabile la “parcella” veniva individuata dalla Magna Curia.

5. Il processo

Federico II in primo luogo distinse nettamente le cause civili da quelle penali[50], istituì il gratuito patrocinio che i Romani non conoscevano.

L’avvocato (detto “campione”) che difendesse gli orfani, le vedove e i minori era pagato dal tesoro.

Le vedove, i pupilli e gli indigenti non pagavano nessuna spesa e potevano essere anche mantenuti a spese dello Stato durante il corso della lite.

Le cause di queste categorie dovevano essere spedite prioritariamente; gli altri casi seguivano il mero criterio temporale.

Non si poteva introdurre nella causa un incidente se non vi era prima sentenza sulla questione principale.

Il tempo della causa era di due mesi, ma si deve tenere presente che all’epoca nei liberi comuni  i termini erano anche più ridotti.

Le ferie processuali erano brevissime: Natale, Pasqua ed alcune domeniche dell’anno legate agli a postoli e a Maria Vergine[51].

Ma come funzionava il processo?

Nei giudizi civili fu distinto l’esecutivo dal non esecutivo, ed il possessorio dal petitorio.

I giudizi nel possessorio erano esecutivi e quelli di rivendicazione erano ordinari; ma l’attore poteva ricuperare un possesso, anche quando il bene fosse stato alienato più volte.

Per le cause civili doveva essere sufficiente una sola citazione nella casa del convenuto; e, secondo la distanza del luogo, gli si assegnava il termine a comparire, il quale, per altro poteva essere prorogato per giusta causa.

Quando il convenuto non avesse obbedito alla citazione del baiulo, né risposto per mezzo di procuratore, doveva pagare un augustale al mese, e se avesse disobbedito alle citazioni dei magistrati superiori, avrebbe perso una terza parte dei suoi beni mobili che andavano al fisco.

La contumacia del debitore dava facoltà al creditore di porsi, a titolo di pegno, nel possesso dei beni di lui, di venderli, e di mantenere la somma dovuta ove il debitore non fosse comparso entro un anno.

Un momento fondamentale era la litis contestatio ossia il momento in cui il convenuto avesse risposto alle contestazioni dell’attore.

Şotto il governo dei Normanni, secondo il costume di tutti i popoli settentrionali, le accuse erano prodotte a voce.

Con Federico II non si poteva invece cominciare un giudizio, senza il libello scritto (una querela scritta), ad eccezione delle cause civili fatte per somma minore di due augustali (40.000 € attuali).

Il libello, nelle accuse criminali, doveva essere sottoscritto dal denunziante e dall’accusatore: i quali erano obbligati a prestar giuramento di non calunniare e a dare la garanzia di non desistere dal giudizio.

Se l’accusatore o il denunziante desistevano dalla causa prima che fosse cominciata la lite perdevano la sesta parte dei loro beni mobili; perdevano la terza parte a lite cominciata e non potevano chiudere la lite o differirla senza l’assenso del fisco.

Scoperto un calunniatore, era punito con la pena con cui si sarebbe punito il crimine che denunziava.

Il giorno della litis contestatio le parti dovevano produrre le proprie ragioni per iscritto. Dalla produzione il giudice fissava il termine per il giudizio.

Da questo momento le eccezioni erano possibili nel termine di tre giorni; ma si doveva giurare che non servivano per differire il giudizio e dovevano provarsi entro otto giorni. 

Il giudice doveva tentare più volte la composizione della lite.

In verità Federico II escludeva dalla composizione solo le controversie che apparissero terribili secondo il diritto comune, sia prima che durante il giudizio: “Dopo (o prima) che le parti si sono presentate davanti al Giudice, è permesso concludere accordi legali e transazioni fuorché nei casi  di offese straordinarie che per il diritto comune sono considerati (ed in effetti sono) terribili[52].

Vi era quindi un diritto generale di comporre la lite in capo alle parti ed il giudice appunto poteva provvedere alla composizione.

Tuttavia il limite era sempre quello della litis contestatio: il diritto delle parti di comporre la controversia si fermava al momento prima dell’esposizione della ragioni.

Dopo questo momento la composizione doveva essere autorizzata dal giudice: ”A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale.(b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare[53].

Se la composizione non riusciva Il giudice imponeva ai litiganti il giuramento di non calunniare e diceva loro che nel caso di spergiuro li avrebbe condannati alla pena minacciata a tal delitto, poi li interrogava, e infine decideva.

I giudizi criminali furono distinti in due classi: ordinari e straordinari.

Gli straordinari avevano luogo contro gli infestatori di strade (i briganti), gli assassini, gli omicidi, i ladri manifesti, ed altri malfattori.

Si agiva “per inquisizione”, e a spese del fisco: essi venivano giudicati sommariamente e subito dopo si faceva sentenza e si provvedeva alla punizione.

Con lo stesso procedimento si condannavano alla realizzazione di opere pubbliche gli uomini noti come dissoluti, i facinorosi e i cattivi esempi.

Per gli altri delitti era invece  prescritto il giudizio ordinario.

Questo non doveva durare in istruzione più di tre mesi; il processo vero e proprio era al massimo di dieci giorni entro cui ci doveva essere assoluzione o condanna.

Se nel termine stabilitogli l’accusato regolarmente citato, non si fosse presentato davanti ai giudici ovvero se non fosse comparso nessuno per lui a legittimarne l’assenza, scattava la condanna al bando, con la perdita della terza parte dei mobili a vantaggio del fisco, ma l’accusato per due mesi non poteva essere ucciso.

Dopo questo tempo diventava invece fuorbandito, e, trascorso un anno, fuorgiudicato (foro judicatus), cioè veniva condannato alla pena capitale, e spogliato di tutti i suoi beni.

Federico non solo permetteva che venisse ucciso, ma eccitava tutti i cittadini a farlo, promettendo addirittura un premio[54].

Se al contrario l’imputato si fosse presentato nell’anno, e avesse fornito garanzie proprie o per mezzo di altri, poteva difendersi anche fuori del carcere.

In tutte le cause civili l’esame dei testimoni poteva essere fatto dai giudici del luogo ove quelli dimorassero; ma per le cause feudali che erano di competenza della Magna Curia le parti erano obbligate a presentarsi; e cosi anche per le cause criminali.

Se però i testimoni da esaminarsi fossero  stati vecchi od infermi e non trasportabili la Gran Corte poteva delegare il loro esame ai giudici del luogo: i quali allora dovevano, innanzi tutto, esaminare se in realtà i testi fossero, o meno, in tali condizioni.

Ove il giudice, cui era commesso l’esame dei testimoni, fosse venuto meno al suo mandato, doveva  ristorare i danni alle parti e pagare il terzo dei suoi beni mobili al fisco.

Fu stabilito che nessun angario o villano, o rustico, o, in generale, di nascita vile, potesse deporre contro i conti, i baroni ed i militi; e che contro queste nobili persone si dovessero ammettere solo i cittadini di buona fama, e appartenenti alle prime classi della società.

I testimoni dovevano avere una certa condizione ed essere in un certo numero: ad esempio l’accusa ad un conte doveva provarsi con due testimoni conti, o quattro baroni, od otto cavalieri, o sedici borghesi.

Solo l’accusa di alto tradimento poteva essere sostenuta da qualunque cittadino.

Quando un testimone non avesse obbedito alla chiamata del giudice doveva pagare in pena il terzo dei suoi beni mobili; a chi testimoniava il falso veniva tagliata la mano[55] così come a tutti gli spergiuri.

La testimonianza era ricevuta da un giudice ed un notaro, i quali avevano obbligo di far presenziare, per maggior garanzia, alcune persone di conosciuta probità, che sapessero leggere e scrivere, e dette perciò testimoni letterati.

Chi era legalmente intimato, o chi si presentava a deporre su un fatto, doveva in primo luogo giurare sui Vangeli di dire il vero; poi veniva interrogato se conoscesse il fatto di cui si trattava, e come lo conoscesse.

L’atto con il quale erano registrate le interrogazioni e le risposte, veniva sottoscritto dal giudice, dal notaro, e dalle altre persone presenti.

Un cenno alle prove diverse dalla testimonianza.

Sino a Federico II non esisteva il libero convincimento del giudice, erano assolutamente ordinarie le prove dette paribili ossia di evidenza dei fatti.  

Fra le più comuni va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo.

Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piè nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta[56].

Era poi diffuso il duello giudiziario in Germania, Italia (soprattutto nel Meridione), Francia ed in Inghilterra: chi sapeva usare meglio le armi aveva ragione.

È di Federico il merito e l’onore di aver vietato il combattimento giudiziario e tutte le altre prove paribili.

Nella sua costituzione forse più importante stabilì che le prove dette paribili fossero contro la natura e che non dimostravano alcuna verità. Le bandì dal regno e sancì che nei giudizi si ammettessero quelle sole prove stabilite dal diritto romano e dalle costituzioni del regno. Condannò inoltre in linea di principio come assurdo il duello.

Lo conservò per i cavalieri e per i nobili, quando fossero mancate le prove giudiziarie; lo permise ad ogni classe di uomini quando si trattasse di controvertere sui delitti contro il re, inoltre per gli avvelenamenti, per gli assassinii clandestini, allorché la verità non si fosse potuta stabilire dall’accusatore, e restassero dubbi sulla colpevolezza. Ma il legislatore dichiarò che queste erano disposizioni eccezionali.

Tuttavia i fatti successivi dimostrano che questi erano solo bei principi: il duello rimarrà in auge sino al XX secolo in tutta Europa.

Fu mantenuto invece da Federico il sistema probatorio legato alla tortura anche nei confronti degli uomini liberi[57], anche se fu circondato da cautele: poteva esercitarsi solo quando si trattasse di delitti contro il re, ci fossero forti indizi e il reo fosse uno sgherano baronale (ossia un “bravo” di manzoniana memoria).

Inoltre il giudice non doveva tener conto delle confessioni fatte nel momento del dolore, ma era necessaria una deposizione a mente quieta e tranquilla.

Nelle cause civili diverse da quelle feudali era lecita poi la sospensione e la dilazione. Erano concessi gli appelli per i giudizi non esecutivi; e nel criminale, per i delitti ordinari, purché i rei si presentassero entro cinquanta giorni.

L’appellante doveva comparire personalmente e non poteva andarsene prima che il giudizio fosse terminato sotto pena dell’annullamento dell’appello.

Si appellava dai baiuli ai camerari, dai camerari e giustizieri al gran giustiziere, e da quest’ultimo alla Magna Curia, e contro le sentenze di essa non c’era più appello.

Ciascuno doveva difendere la sua causa avanti al magistrato o da sé, o per mezzo di avvocato.

Era proibito, escluso il caso in cui si trattasse di scoprire qualche importante verità, d’interrompersi l’un l’altro, e pagava una multa chi, tre volte ammonito, non avesse smesso di interrompere. Ma la multa era diversa a seconda della condizione della persona:  un villano doveva pagare un augustale, un borghese due, un milite quattro, un barone otto, ed un conte sedici.

Federico fu anche il primo a stabilire che tutte le sentenze fossero scritte[58].

Il notaio doveva scriverle in presenza del magistrato, dei giudici e di più testimoni. Doveva porre in principio la data, il nome del sovrano, e l’anno del regno; in ultimo la sottoscrizione del magistrato, dei giudici e dei testimoni.

Il notaio o altra persona a ciò destinata dal magistrato, aveva facoltà di dare al vincitore della lite, che l’avesse chiesto, un sunto del processo[59].

Per una norma del 1232 il gran giustiziere doveva poi raccogliere tutte le decisioni dei magistrati, affinché queste servissero di norma per i casi avvenire. Le decisioni, raccolte e distribuite con ordine, costituirono i libri del diritto locale[60], a cui ricorrevano, con somma utilità, tutti coloro ch’erano chiamati a rendere  giustizia.

6. Il diritto penale

Ai tempi di Federico II il sistema penale prevedeva un’assurda applicazione di diversi supplizi ai reati maggiori, ma non vi era una gradazione e tutto dipendeva dall’arbitrio del giudice.

Inoltre c’era la possibilità di liberarsi dalla pena pagando una certa somma perché la giustizia era concepita come riparativa nei confronti del danno al privato e non alla società.

In epoca longobarda accanto al guidrigildo (ossia all’aestimatio capitis) c’era il fredum che era una tassa pagata alla corona: ma non si pensava che fosse una sorta di riparazione per la comunità turbata ma solo il salario del magistrato.

In merito rileviamo sin d’ora che Federico non voleva tanto punire i crimini, ma prevenirli[61]. Anche in questa convinzione risiede la sua importanza e la sua modernità.

Le prime disposizioni penali degne di nota nel codice di Federico II, sono quelle contro gli eretici. L’imperatore, sebbene tacciato sovente di eresia e scomunicato, combatté vigorosamente gli eretici cercando di essere campione della religione.

Gli scomunicati che non si fossero ravveduti entro un anno erano colpiti dall’infamia, diventavano inabili alle magistrature, all’avvocatura, e al notariato, incapaci di ereditare e di far testamento. Non potevano chiamare altri in giudizio o testimoniare. L’infamia e le incapacità si trasmettevano anche  ai discendenti fino alla seconda generazione.

Federico II peraltro considerava eretici non solo gli erranti in fatto di fede, ma anche tutti coloro che ardivano ribellarsi a qualsiasi autorità.

Difese però i sudditi ebrei e i musulmani perché era convinto che le persecuzioni dei cristiani nei loro confronti fossero troppo violente: c’era un’ammenda di 50 augustali per chi uccidesse un’appartenente a queste fedi religiose.

Però la legge cattolica doveva essere difesa: i bestemmiatori perdevano la lingua  senza distinguere se la bestemmia fosse rivolta contro Dio o contro la Vergine.

C’era la pena di morte per coloro che distruggessero o saccheggiassero le chiese o rubassero gli arredi nella notte.

Veniva tagliata la lingua a coloro che avessero deposto il falso in giudizio, la mano a quelli che avessero violato un sepolcro o spogliato un morto; vi era poi la pena di morte per coloro che avessero alterato le lettere e le ordinanze reali, per i distruttori di testamenti pubblici, i falsari di monete ed i corruttori di testimoni.

Il piromane doloso era condannato a morte, mentre quello colposo poteva cavarsela con una multa se avesse dimostrato che l’incendio non era doloso.

Federico II era spietato coi crimini che riguardavano la sua autorità e la sua vita; chi le metteva in pericolo veniva rivestito con delle cappe di piombo a cui si dava poi fuoco; addirittura uno scriba che aveva sbagliato nello scrivere il suo nome venne condannato a morte.

Purtroppo il principe teneva in poco conto la vita umana: fece morire in carcere il suo primogenito accusato di aver attentato alla sua vita e anche Pietro delle Vigne fece una brutta fine perché accusato ingiustamente di aver tradito la fiducia del suo signore.

Chi attentava alla sua vita perdeva la propria e tutti i beni famigliari. Ma a questa pena veniva condannato anche solo chi avesse criticato le sue deliberazioni.

Addirittura si vietava all’accusato la facoltà di conoscere i denunzianti ed i testimoni, di avere copia delle deposizioni, di difendersi a viso aperto ed in pubblico, davanti ai giudici.

 Nonostante tutto ciò proclamò in generale che la severità della pena non dovesse superare la gravità del reato.

Qualunque colpa commessa da una donna, o a danno di lei, doveva essere punita con pari rigore  rispetto a quella commessa dagli uomini.

A tutela del buon costume stabilì che le mezzane di amori illeciti fossero colpite da infamia perpetua, dovessero essere frustate, o avessero il naso mozzato, o un marchio in fronte.

Si doveva troncare il naso anche a quelle madri che facessero disonesto mercato delle figlie: però andavano esenti da questa pena quelle che, costrette dalla povertà, consegnassero le figlie al piacere di uno solo, da cui sperassero sostentamento.

In altra costituzione ordina la confisca di tutti i beni e la morte per gli adulteri e impone che la donna infedele non si restituisca al marito:  egli poteva ucciderla solo al momento del fatto, ma comunque il rientro in casa poteva essere pericoloso.

Il marito che avesse colto sul fatto la moglie adultera poteva però essere misericordioso e mozzarle solo il naso; se anche questa pena non fosse stata inflitta allora la donna avrebbe dovuto essere pubblicamente frustata perché costituisse esempio per le altre.

Qualora il marito dovesse vendicarsi però doveva uccidere sia la moglie che l’amante; se avesse risparmiato l’amante o lo avesse agevolato nella fuga avrebbe potuto essere perseguitato dai parenti dell’uccisa, e condannato a morte; gli Svevi non tolleravano le vendette incomplete.

Federico infliggeva una multa di quattro augustali a coloro che non fossero accorsi alle grida di una donna violentata e che, potendo, non le avessero recato pronto soccorso.

Puniva con la morte la violenza ed il rapimento, ma quando ci fosse stato qualche dubbio, e l’accusa non apparisse sufficientemente provata, allora riservava a sé, od alla sua Corte, l’inquisire e il giudicare.

Anche la libertà morale della donna, di qualsiasi condizione essa fosse, era  protetta sotto Federico, tanto che anche la violenza ad una prostituta veniva punita con la morte.

Ma ove invece la donna avesse recato false lagnanze di violenza, allora doveva essere impiccata, come sarebbe stato, se colpevole, l’individuo da lei denunciato.

In generale si può dire che il delatore o l’accusatore scientemente calunnioso, veniva sottoposto alla pena stessa a cui sarebbe stato soggetto l’imputato, ove fosse stato trovato colpevole.

Importante è sottolineare che Federico II obbligò i cittadini al giuramento di non farsi ragione con le armi, ma di porgere le proprie denunzie ai tribunali; e minacciò tutto il suo sdegno per chi osasse contravvenire a simili ordini; allo stesso scopo vietò l’uso delle rappresaglie.

Chi avesse percosso altri spargendo sangue era condannato al taglio della mano e a morte chi percotendo avesse ucciso. Vi era però l’impunità per chi fosse stato costretto ad uccidere altri per salvare sé stesso.

La semplice percossa era invece punita con la multa.

L’omicidio effettuato invece dal fanciullo (impubere) e dal pazzo non andava punito, se questi avessero ucciso senza malignità d’animo o in preda ad una crisi psicotica.

Il padre però poteva sottrarre i figli minori puberi alle pene corporali se avesse pagato una multa.

L’avvelenamento era punito col taglio della mano. La vendita dei veleni era peraltro proibita.  Federico vietò peraltro a tutti i cittadini il tener veleni non necessari a qualche medicamento, e ordinò parimente di gettare in mare le erbe velenose, perché queste potevano essere nocive agli animali ed agli uomini.

Il furto semplice era punito con pena pecuniaria; ma questa doveva essere molto più mite per il furto di quantità minore dei venti augustali.

Federico II è il primo a distinguere tra furto magno e furto parvo.

La refurtiva doveva sempre essere restituita, e non potendo, doveva darsene il giusto equivalente; nel caso di furto di cosa immobile si doveva aggiungere in pena il doppio del valore, e per la cosa mobile il quadruplo.

La multa per il furto commesso in tempo di notte veniva aumentata fino al quadruplo, mentre si limitava al doppio nel furto diurno.

A chi non pagava la multa veniva tagliato il piede o la mano.

La pena per il furto era la morte se il reo lo avesse commesso per la terza volta.

Venivano punite più gravemente le sottrazioni operate durante un incendio od una pubblica calamità.

Chi trovava dei beni e non li avesse consegnati ai giustizieri provinciali era considerato un ladro.   

Bibliografia:

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice

Costitutionum Regni Siciliarum Libri II Ad Frederici II. Imperatoris ET Regis Constitutionem, Neapoli MDCCLXXIII, Semptibus Antoii Cervonii

A. DEL VECCHIO, La legislazione di Federico II imperatore, Fratelli Bocca, 1874

R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862.

J. L. A. HUILLARD-BREHOLLES, Historia Diplomatica Friderici Secundi, vol. IV.

L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896.

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[1] Federico Ruggero di Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250), è stato re di Sicilia (come Federico I, dal 1198 al 1250), duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), Re dei Romani (dal 1212) e poi Imperatore del Sacro Romano Impero (come Federico II, eletto nel 1211, incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a Roma dal papa nel 1220) e re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229). Fonte Wikipedia.

[2] Federico splende non solo come legislatore, ma anche come  restauratore del sapere; e considerato uno dei più antichi cultori e protettori della poesia e delle lettere italiane. Desiderava che ai suoi sudditi fosse offerta almeno l’istruzione elementare (ars grammatica), perché la cultura li avrebbe resi più valenti nel dirigere la cosa pubblica, e nel difendere la famiglia e la patria.

L’imperatore stesso conosceva il latino, il volgare, il tedesco, il francese, il greco e l’arabo.

[3] «Oportet igitur Cesarem fore justitie patrem et filium, dominum et ministrum; patrem et dominum in edendo justitiam, et editam conservando; sic et in venerando justitia sit filius, et in ipsius copiam ministrando minister». Constit. I, 31: De observatione justitie.

[4] Le preesistenti magistrature che non si sottomettevano al sovrano furono abolite perché la giustizia non poteva che essere amministrata in suo nome. 

[5] Questi libri andarono perduti nella furia popolare del 1161 e veniva solo descritto il sistema dei servigi dovuti alla Corte dai  feudi o dalle terre che erano soggette a certe prestazioni.

[6] Pertanto egli chiamò intorno a sè i più chiari giureconsulti di quei giorni, fra i quali basti ricordare quei tre sommi, che furono Taddeo da Sessa, Roffredo Epifanio da Benevento, e Pietro della Vigna (l’ son colui, che tenni ambo le chiavi/ Del cuor di Federigo, e che le volsi/ Serrando e disserrando si soavi,/Che dal segreto suo quasi ogni uom tolsi. Dante, Inferno, XIII.)

[7] In queste corti si pubblicavano le costituzioni che riguardavano il governo dello stato, e che fissavano il diritto pubblico, regolando tutte le questioni di giurisdizione e di proprietà. Qui ancora si statuivano le alleanze, le riforme interne, le spedizioni militari. Queste assemblee, chiamate dagli autori Curiae generales, e più frequentemente negli atti Curiae solemnes, erano da lungo tempo in uso nella Sicilia come nella Germania. E sappiamo che Ruggiero ne aveva tenuta una in Ariano nel 1140, e Tancredi in Termoli nel 1191. Composte di signori, ecclesiastici e laici, non si devono confondere coi parlamenti (Colloquia) in cui vennnero più tardi convocati i deputati della borghesia.

[8] Actum in solemni concistori Melphiensi, anno dominice incarnationis MCCXXXI, mense augusti.

[9] Come in precedenza si fece per le leggi longobarde.

[10] Federico non incluse nella sua raccolta nessuna delle leggi promulgate da Tancredi e da Guglielmo III, perché li reputava principi illegittimi.

[11] Approvate in un Parlamento di Capua.

[12] Composte nel 1232 e 1233.

[13] L’autografo del codice federiciano si è sventuratamente perduto nelle molte distruzioni di monumenti, avvenute sotto gli Angioini, o ne’ disordini del Vespro.

[14] Dal 1130 al 1154. Costanza sua figlia era la madre di Federico II.

[15] Per regalie di diritto regio si intendevano le gabelle, i dazii , i plateatici, i pesi ed i portatici; le pene relative ai pesi ed alle misure, la pesca nei mari e nei fiumi, i salti delle acque, i mulini, le miniere, le saline e simili altri diritti.

[16] Le investiture andavano comunque tutte confermate dal re.

[17] Regalie: «bannum, placitum, districtum, talonium, pedagium, ripaticum, mercata, aque, aquarum decursus, piscationes, renationes, paludes, argentifodine, terrifodie, et quicquid metalli vet thesauri in terra sua inveniri potest, alpes quoque et montes et valles ot omnia ea que ad nos et imperium spectant ». Húillard Bréholle, Historia, vol. II, pag. 183.

[18] Cosa che fecero per primi gli Svevi.

[19] La moneta corrente nel Regno era il soldo diviso in quattro tari d’oro che prendevano il nome dai luoghi ove si coniavano (Amalfitani, Salernitani, Siculi). Il conio era tuttavia spesso truffaldino e quindi si fissarono come monete immaginarie di conto la libbra, e specialmente l’oncia. Quest’ultima era considerata una effettiva moneta di oro, e la sua trentesima parte, che si diceva tari, veniva ad un tempo adoperata per designare la moneta ed il peso. Quindi dal tempo dei Normanni  cessò in parte l’uso di contrattare in soldi; l’unità monetaria fu l’oncia divisa in trenta tari; e i conti si fecero ad once ed a tarì, come appare dalle leggi e dai contratti di quei tempi. Federico mantenne lo stesso uso dei Normanni, ma aggiunse anche monete in rame e i cosiddetti Augustali.

[20] « Hoc nostre majestatis edicto in perpetuum valituro firmiter inhibemus prelatis ecclesiarum , comitibus , baronibus et militibus et locorum universitatibus, ne justitiarii officium in terris suis gerere audeant vel gerendum alicui demandare , sed magistro justitiario et justitiariis ab excellentia nostra statutis intendant ». Constit. I, 49

[21] Ea que ad speciale decus et merum imperium celsitudinis nosire spectare noscuntur, per presumptiones illicitas volumus o, nemine usurpari… Contra presentem prohibitionem nostri culminis satagentes, tam statuentes justitiarios quam statutos, terre sue publicatione mulctamus. Constit. I, 49

[22] « Nulli subjectorum nostrorum clerico vel laico liceat domibus Templi rel Hospitalis, seu cuilibet alicui loco religioso de quo nostre curie certum servitium minime debeatur, possessiones hereditarias vel patrimoniales vendere vel donare inter vivos aliquo donationis modo. Ceterum si in ultima voluntate aliquem de predictis locis heredem instituerit, tunc domus que institutionem vel legatum acceperit, teneatur infra annum alicui de proximis defuncti vel de burgensibus nostris relicta stabilia vendere; at si ultra annum facere predicta distulerit, possessiones ipsas post anni lapsum fisci nostri juribus volumus applicari » Constit. (Nova), III, 29: De rebus stabilibus non alicnandis ecclesiis. Già fino dal tempo della prima scomunica Federico aveva scritto: Quia semper fuit nostre intentio voluntatis, clericos cujusque ordinis ad hoc inducere, et maxime maximos, ut tales perseverarent in fine, quales fuerunt in ecclesia primitiva; apostolicam vitam ducentes , humilitatem dominicam intuentes.

[23] Questa norma fu abolita solo dopo la morte di Federico. 

[24] Venivano eletti dal Comune ed erano detti sindaci.

[25] Soprattutto mercanti genovesi e veneziani che venivano  a portare industria e commercio nel Regno. Quantunque di città nemiche dovevano considerarsi neutrali.

[26] Già con Ruggero II si consolidò il principio rivoluzionario per cui chiunque avesse capacità intellettive poteva ambire alle cariche pubbliche.

[27] « Hac igitur lege nostra sancimus patre mortuo tam filios quam filias, puberes majores minoresve, ad parentum successione, absque sexus discretione, vocari ». Constit. III, 26,

[28] Il diritto fu però negato alle chiese ed ai monasteri.

[29] Terzo in ordine e in dignità, quantunque in alcuni tempi primo in potere, era vestito di porpora, sedeva nelle pubbliche cerimonie a destra del Re, dopo il Gran Contestabile. A lui era affidato il comando del mare, così in pace come in guerra. Si occupava della costruzione e della riparazione delle navi e dei vascelli dello stato e del principe; era a lui affidata la custodia dei porti e delle coste del regno, in tutta l’estensione del litorale, e possedeva una amplissima giurisdizione civile e criminale sopra tutti gli ufficiali e tutti i cittadini dediti alle cose marittime.

Erano per tanto subordinati a lui tutti gli altri ammiragli inferiori stabiliti nelle provincie, i capitani dei porti, i protontini, i calefati, i comiti e i carpentieri.

[30] Federico II, oltre a parecchi parchi reali, e ad altri terreni riservati per la caccia, possedeva vaste foreste , pascoli, vigne, terre in coltura, mandrie, numerosi armenti affidati a servi, o dati in affitto. Intendenti, chiamati Secreti, avevano l’alta sorveglianza di questi beni, e corrispondevano direttamente con l’imperatore, cui rendevano conto della loro amministrazione.

[31] Feudi che non erano baronali e che potevano non avere beni o renditi non demaniali.

[32] La campagna che si estende intorno alla città.

[33] Presidi militari a difesa delle campagne

[34] Il processo romano-canonico era dotato di tre tipi di procedure:

1) quella per accusa (o accusatoria”);

2) quella per denuncia;

3) quella per inquisizione (o “inquisitoriale”)

[35] Per tutto il Medioevo l’appellativo di giudice riguardò il dottore in legge.

[36] Per ricordare le sue nozze con Isabella di Brienne (1225), Federico II fece battere nelle zecche di Messina e di Brindisi gli augustali o agostali, e i miezzi augustali, cosi chiamati dall’aquila imperiale. Gli augustali di oro avevano venti carati e mezzo; ciascuna libbra di peso conteneva dieci  once e sette tari e mezzo d’oro.

[37] La colletta prima di lui doveva essere fatta solo in particolari occasioni ben codificate: quando ci fosse pericolo per la sicurezza dello stato; quando si dovesse pagare il riscatto del sovrano prigioniero; quando il figlio o il fratello di lui fosse armato cavaliere, od egli stesso ricevesse la corona reale nella cerimonia della consacrazione; quando maritasse la figlia o la sorella.

[38] Titulus LXIV De quaestionibus inter fiscum & privatum moven.

[39] Le tasse erano di due tipi: dirette e indirette; le prime sulla proprietà e le seconde sugli oggetti di consumo e di manifattura. Le più pesanti riguardavano i beni di consumo e di manifattura; si distinguevano in diritti vecchi e nuovi e ve ne erano circa una trentina.

[40] Titulus LXV (Cognoscit Baiulus de omnibus civilibus causis, praeterquam de feudalibus ; cognoscit etiam de furtis et criminibus levibus, quae non imponunt membri abscissionem. Hoc dicit)

[41] Titulus LXVII De officio Bajolorum.

[42] Non poteva però essere né chierico né di bassa condizione.

[43] Gli assessori si sceglievano in tutte le provincie del regno fra i cittadini più chiari per senno, integrità di costumi, e grado sociale.

[44] L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896, p. 45.

[45] C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 56-57.

[46] «Homines extra regnum postquam regnum intraverint, arma prohibita nullatenus deferre permittimus. Que si scienter detulerint, pene, quam contra delatores armorum, qui in regno morantur, edidi es, subjacebunt. Et ut ignorantiam simulare non possint, statim per officiales nostros, cum regnum intranerint, ipsis volumus hec esponi». Constit. I, 11: De intrantibus regnum.

[47] Introdotti con la prammatica De officio Bajuli. V. amplius R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862, p. 138.

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 12-13

[48] L’origine prima di questo istituto si trova già nel codice giustinianeo, il quale ordinava che cosi facessero tutti gli ufficiali cui fosse affidata l’amministrazione superiore delle provincie.

[49] Per dare un cenno degli atti di quella età, si pensi che nei tempi normanni e svevi si scriveva in greco, e taluni anche in arabo, quando  si trattasse musulmani;  alcuni atti erano anche in tre lingue, perché vi si univa il latino.

[50] Constit. I, 31: De observatione justitie

[51] Titulus LXXVII.

[52] Constit II, 57, De transactionibus

Postquam (alias priusquam) citata partes coram Justitiario compareant, liceat ipsis legitimas conventiones, & transactiones inire, praeterquam in enormibus injuriis, ex quibus illas tantum reputari censemus enormes, quae per jura communia designantur (quae habentur) atroces

[53] Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere. “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus

tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possimus”.

[54] Una legislazione analoga si trova con Rotari con riferimento all’uccisione di un membro del clero.  Colui che riceveva

mandato dal re di uccidere un vescovo cattolico poteva farlo impunemente, e pure risparmiare i soldi del guidrigildo che ammontava a venti soldi.

[55] A Milano si tagliava invece la lingua.

[56] Questa si custodiva in una chiesa, la quale aveva tal privilegio, e che riscuoteva una tassa per siffatta cerimonia.

[57] a Roma invece poteva usarsi solo per gli schiavi

[58] Constit. I, 75: De sententiis in scriptis.

[59] Constit. I, 75, «Iustitiarius curie scribet omnes sententias, coram nobis in majoribus causis inventas… ut in posterum in casibus similibus ambiguitas rescindatur».

[60] In molti luoghi queste decisioni si chiamarono costume (coutumes), consuetudini, o bandi, trasportandosi cosi al libro il nome del contenuto.

[61] Intentionis nostre salubre propositum non tam circa punienda maleficia commissa versatur, quam ut in committendis eisdem via et materia precludatur. Constit. I, 10: De illicita portatione armorum.

La mediazione e i giudici

C’è chi ritiene che la mediazione potrebbe avere maggiore risonanza se i giudici aumentassero gli invii delle parti.

C’è chi fa notare che i giudici non aumentano gli invii perché sostengono di non potere individuare l’organismo ed il mediatore adeguato per la controversia  o perché, più semplicemente, affermano di non credere nella mediazione.

Quanto al problema della individuazione dell’organismo e/o del mediatore adeguato a condurre una data mediazione possiamo dire che negli Stati Uniti hanno risolto il problema alla radice.

In California ad esempio si stabilisce che “Il mediatore deve possedere esperienza, formazione, istruzione e gli altri requisiti stabiliti dal giudice per la nomina e la conservazione nel ruolo[1]”.

Questo è un passo obbligato per la nostra legislazione se si vuole superare l’obiezione dei magistrati.

Capisco che ci siano delle forti resistenze da parte degli organismi di mediazione; ma tali impedimenti a creare elenchi di organismi e/o mediatori virtuosi frenano la diffusione dell’istituto.

Ritengo che in materia di giustizia si dovrebbe adottare il criterio cinese: in Cina non badano ad essere imparziali nella scelta del mediatore, ma scelgono e pubblicizzano i mediatori che siano maggiormente competenti.

Lo stesso avviene in Francia dove la facoltà del giudice di scegliere l’organismo e/o il mediatore è stata stabilita dalla legge già dal 1995 per la mediazione giudiziaria. Oggi il sistema è ancora più incisivo perché ci sono dei panel delle Corti d’Appello ove il giudice può scegliere ed i mediatori per iscriversi devono possedere requisiti di eccellenza.

Ma possiamo riferirci anche alla Svezia ove il giudice nomina chi ritiene competente senza guardare ai registri dei mediatori e alla qualifica degli stessi.

Quanto invece alla seconda obiezione, ossia al fatto che i giudici non credono nell’istituto posso dire che mi sembra cosa normale. Per fare un altro esempio non sono molti gli avvocati che vogliano diventare giudici.

Personalmente non credo nel processo e lo vedo davvero come un’extrema ratio, peraltro secondo gli insegnamenti degli stessi giudici anglo-sassoni. Ma mi rendo perfettamente conto che non posso sapere che cosa sia esattamente un processo se non mi metto a giudicare, mi pare ovvio.

Quel che voglio significare è che le nostre idee sono spesso fondate semplicemente su opinioni non supportate dall’esperienza.

La differenza – qualcun altro potrebbe replicare – è che il giudice nella mediazione demandata è tenuto a verificare per legge i presupposti di mediabilità e dunque non potrebbe dire semplicemente “Io non credo nell’istituto” ma soltanto che non ci siano i presupposti.

Ragionamento che sta perfettamente in piedi: però è anche vero che siamo uomini legati alle nostre professioni; io come mediatore farei fatica ad obbedire ad un ordine del giudice sulla mia funzione e dunque comprendo che possa valere il reciproco, anche se sia la legge ad obbligare il giudice a fare una valutazione della controversia.

Penso però che la soluzione al problema sia semplice, che sia tutta una questione di pratica, che in seguito alla pratica dell’istituto si possa cambiare idea.

Ci sono diversi giudici che in pensione decidono di mediare dopo aver provato a farlo.

E conosco anche diversi presidenti di Tribunale e di Corte d’Appello che pur non mediando vedono favorevolmente la mediazione perché hanno avuto finalmente il tempo di approfondire l’argomento.

La mediazione giudiziaria è assai importante anche per la pubblicità dell’istituto: in Italia conosciamo le statistiche di quasi tutti i tipi di mediazione, ma negli altri paesi le uniche informazioni numeriche sono quelle che rilasciano le Corti.

Se le mediazioni di corte in Europa che appaiono sui siti internet sono poche migliaia i cittadini e pure gli avvocati non possono che essere portati a pensare che la mediazione sia tutta lì, semplicemente un fenomeno di nicchia.

Ma come stimolare e aumentare la conoscenza dei giudici della mediazione?

Un primo step può essere quello della formazione del giudice tirocinante.

Per mia abitudine quando faccio dei ragionamenti mi appello in primo luogo alla storia.

Presso i Romani faceva parte del cursus honorum per il giurista fare il disceptator domesticus e conciliare gratuitamente per un certo periodo dalle 6 del mattino alle 6 di sera; non si diventava pretori o consoli se non si prestava questo ufficio.

Simile orario facevano nel XIV secolo in Francia gli Auditeurs de Châtelet che tenevano udienza si tenevano per dodici ore al giorno, dalle nove “di Parigi” alle 21.

Per secoli i magistrati hanno avuto una triplice natura: giudici, conciliatori ed arbitri; la delega giudiziale in arbitrato ed in mediazione – l’attuale mediazione demandata (peraltro con la dizione “se la natura della causa lo consente”) – sono strumenti ordinari da millenni a questa parte.

All’indomani della Rivoluzione francese l’art. 9 del titolo X delle leggi del 16 e 24 agosto  1790 sull’organizzazione giudiziaria stabiliva che:” Le service qui sera fait par les hommes de loi dans les bureaux de paix et de jurisprudence charitable, leur vaudra d’exercice public des fonctions de leur état auprès des tribunaux, et le temps en sera compté pour l’éligibilité aux places de juges.”

Gli antenati dei nostri organismi di mediazione (bureaux de paix) svolgevano attività di mediazione per le questioni non di competenza del giudice di pace e difendevano i poveri: i giuristi che volessero diventare avvocati o gli avvocati che volessero diventare giudici svolgevano servizio presso queste entità.

E che facessero i mediatori non vi è dubbio a leggere questa circolare del 20 brumaio, anno V[2]; come si leggerà gli ordini che vengono impartiti potrebbero benissimo essere di sprone per i moderni mediatori: “I componenti degli uffici di conciliazione non devono perdere di vista lo scopo della loro primitiva istituzione e la natura delle loro attribuzioni: essi non sono che semplici mediatori, e unica loro missione è quella di spegnere sin dal principio, coll’aiuto dei loro lumi e dei loro consigli, le liti da cui trovansi le parti minacciate. Le loro funzioni puramente conciliatrici fanno interamente sparire il carattere di giudice, del quale si trovano rivestiti per altri casi. Soltanto colle armi della convinzione e della ragione[3] gli uomini di pace possono combattere la testardaggine di un litigante prevenuto. Si guardino dunque di sostituire il peso talvolta dannoso della propria opinione alla volontà libera dell’una o dell’altra parte; diffidino dell’ascendente del loro ingegno e della loro autorità per ottenere dalle parti dei sacrifizi che finiscono per essere sconfessati all’istante dalla volontà intima di chi li ha fatti[4]; non si erigano arbitri delle differenze se non siano costituiti tali dalle parti stesse[5]. Evitando questi scogli, le Parti, lungi dal rimpiangere i consensi talvolta dati con soverchia leggerezza, benediranno le transazioni che saranno il frutto della riflessione, dell’equità e della ragione”.

La stessa negoziazione assistita del resto nasce in Francia nel XVI secolo (nel 1563) non con l’assistenza degli avvocati, ma di giudici non contenziosi nominati dal collegio del tribunale commerciale per dare un parere e quindi trovare un bonario componimento.

Nel  prologo di un Editto sta appunto scritto: “Carlo[6] per grazia di Dio, re di Francia: A tutti i presenti e futuri: Saluto e vi rendo conto della richiesta e del monito per noi reso dal nostro Consiglio dei Mercanti della nostra buona città di Parigi, e per il bene pubblico e l’accorciamento di tutti i processi e delle controversie tra i Mercanti che sembra debbano negoziare in buona fede, senza le sottigliezze e le coercizioni previste dalle leggi e dalle Ordinanze, almeno, secondo l’avviso delle nostre tre volte onorata Madonna e Madre, dei Principi del nostro sangue, dei Signori e delle Genti del nostro Consiglio, stabiliamo ordiniamo e permettiamo ciò che segue[7].“Conosceranno i Giudici e Consoli dei Mercanti di tutti i processi e le controversie che d’ora in poi interverranno tra i Mercanti, solamente nell’ambito dell’esercizio della mercatura, le loro vedove riconosciute, i fattori, servitori e istitori, riguardanti crediti, quietanze, fatture, lettere di cambio e di credito, ricevute, contratti di assicurazione,  compagnie, società o associazioni già in piedi o che si faranno; in queste materie e controversie noi abbiamo il pieno potere e l’autorità regale per commetterle alla cognizione, giudizio e decisione dei giudici sopradetti; e tre di loro, che non svolgano attività contenziosa, eletti tra di loro,  possano, se la natura della materia lo consente, se sono richiesti dalle parti, fornire il parere che ritengono, ad eccezione di quelle cause che siano riservate ai giudici e che siano pendenti davanti a loro, ovvero davanti ai  Giudici e Consoli dei Mercanti, se le parti consentono e richiedono.E ora dichiaro nulle tutte quei documenti portanti crediti, quietanze, fatture, e simili che non siano soggette alla giurisdizione dei ai Giudici e Consoli dei Mercanti[8].

Perché si era instaurata questa pratica del giudice mediatore/arbitro già dall’antichità? Semplicemente perché il processo è sempre stato originariamente modellato sui riti alternativi e dunque non c’era e non c’è un modo migliore per avvicinarsi alla giustizia.

Certo gli attuali programmi di formazione dei giudici in ruolo non aiutano; la formazione del giudice prevede oggi in Europa (dato Scoreboard del 2019) in media per il 19,27 % lo studio del management, per il 50,85% del mestiere di giudice; il 17,15% del tempo è dedicato all’informatica e il 12,73% alla deontologia[9].

Non c’è posto per lo studio dei procedimenti alternativi

Per questo lo scrivente pensava più che altro al tirocinio.

Ma dobbiamo tenere conto anche di alcune pratiche che non trovano esplicazione nel nostro paese ma che si verificano ordinariamente negli altri.

Il considerando 12 della Direttiva 52/08 estende l’applicazione “ai casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti a una mediazione o in cui il diritto nazionale prescrive la mediazione. La direttiva dovrebbe inoltre applicarsi, per quanto un giudice possa agire come Mediatore ai sensi della legislazione nazionale, alla mediazione condotta da un giudice che non sia responsabile di un procedimento giudiziario relativo alla questione o alle questioni oggetto della controversia”.

In relazione a tale considerando rileva l’art 3 della Direttiva 52/08.

L’art 3 lett. a) capoverso precisa che rientra nel concetto di mediazione “la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima;”.

Il caso del giudice mediatore a qualsivoglia titolo riguarda in particolare diverse nazioni: Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Scozia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

In Belgio dal 2018 possono mediare i giudici onorari, supplenti, sociali e consolari[10]. Non possono però esercitare la qualità di giudice nei casi ove hanno mediato. In Croazia[11] il giudice media nei procedimenti giudiziari: la mediazione del giudice è la più utilizzata perché i Croati non si fidano dei mediatori esterni.

Le parti possono anche chiedere che il giudice mediatore possa operare come arbitro nel caso in cui siano pervenute ad un accordo e vogliano che esso sia recepito da un lodo (ciò ai sensi della legge sulla mediazione).

Dal 2008 si sta affermando anche l’idea di una mediazione del giudice fuori dal tribunale: in pratica la mediazione extraprocessuale può essere condotta da un giudice e da un laico; anche se ciò reca determinate garanzie non aiuta però lo sviluppo extraprocessuale della mediazione[12].

In Croazia non ci può essere però coincidenza tra conciliatore ed organo giudicante, mentre nella legge finlandese non ci sono indicazioni in proposito. In entrambe le nazioni il giudice può peraltro decidere se avviare una mediazione[13]: si tratta dunque di una mediazione obbligatoria per le parti.

Il tribunale danese (Forligsmægling) concilia in tutte le controversie, a meno che non ritenga che la mediazione sia vana[14]. Su richiesta delle parti il giudice può fungere anche da mediatore[15].

In Estonia con il consenso delle parti il giudice può conciliare anche le controversie amministrative[16].

In Finlandia[17] il giudice media le controversie giudiziarie.

In Francia le parti possono chiedere al giudice di risolvere la questione come amichevole compositore (salvo appello) sia all’inizio del processo, sia durante lo stesso[18].

In Germania il giudice naturale di una controversia può investire della questione un altro giudice (Güterichter) che si occupa della sola composizione (l’unico strumento non utilizzabile è l’arbitrato)[19].

L’art. 278 c. 5 del Codice di procedura civile tedesco stabilisce in particolare che “Il tribunale può deferire le parti a una composizione amichevole di fronte a un giudice nominato a tale scopo e non autorizzato a prendere decisioni giudiziarie…[20]”. Questa regola vale per diversi altri tipi di processo.

In Inghilterra e Galles un pool di giudici mediatori si occupa del tentativo obbligatorio di mediazione presso il tribunale del lavoro (Employment Tribunal) ed offre mediazioni dal 2010 in alcuni casi[21].

In Lituania il giudice può mediare se è mediatore oppure può nominare un altro giudice che lo sia[22].

In Polonia può mediare un giudice in pensione.

In Repubblica Ceca ai sensi de § 67 del Codice di rito si prevede che se il tribunale regionale o qualsiasi tribunale distrettuale sono competenti possono anche condurre la conciliazione e la mediazione[23].

In Scozia un pool di giudici mediatori si occupa del tentativo obbligatorio di mediazione presso il tribunale del lavoro (Employment Tribunal) offre mediazioni dal 2010 in alcuni casi.[24]

In Slovenia se il giudice è inserito nell’elenco dei mediatori può mediare[25], ma non deve essere il titolare del procedimento giudiziale[26].

In Spagna alla prima udienza il Giudice tiene comunque un incontro informativo.

In Svezia il tribunale può nominare un giudice mediatore o un avvocato o un altro tipo di esperto.

In Ungheria la mediazione giudiziaria può essere eseguita dal giudice e dal cancelliere che abbiano ultimato la formazione professionale in mediazione[27]. Il nuovo Codice di procedura civile dal 2017 esclude però che possa mediare il giudice a cui sia stata già affidata la controversia in sede contenziosa[28].

Tutto questo per dire che i giudici delle nazioni menzionate non imparano generalmente a mediare durante la formazione che ricevono quando sono in carica, ma fanno corsi come i mediatori non giudici qualora intendano mediare.

L’Unione Europea valuta positivamente la presenza di giudici mediatori come indice per attribuire punteggio agli stati in merito alla promozione ed incentivazione degli ADR volontari (v. Scoreboard 2020).

In attesa che anche l’Italia introduca il giudice mediatore sarebbe però importante guardare ai corsi per mediatori giudici che già si fanno in altri paesi.

Ad esempio in Lituania i giudici che hanno un’esperienza inferiore ai tre anni devono fare un corso di formazione e sostenere l’esame di abilitazione; quelli che hanno più tre anni di esperienza devono frequentare solo un corso di introduzione alla mediazione di 16 ore accademiche e devono avere un dottorato in scienze sociali oppure aver seguito almeno 100 ore accademiche non oltre tre anni dalla richiesta. Gli avvocati invece devono fare il corso di formazione, ma non l’esame di abilitazione.

Sia per i giudici che per i non giudici vale la formazione continua: 20 ore in 5 anni. La preparazione e la pubblicazione di un articolo in materia di mediazione equivalgono a cinque ore accademiche di formazione in materia di mediazione. Un anno di insegnamento nel campo della mediazione equivale a dieci ore accademiche di formazione in mediazione.

Il principio della mediazione giudiziaria in Lituania è che i mediatori devono essere adeguatamente preparati, competenti, devono agire in modo efficace e rispettare gli standard di condotta a loro applicabili.

Un mediatore che ha svolto mediazioni giudiziarie in materia civile non può prendere parte ai procedimenti in qualità di giudice, vice giudice o altra parte del procedimento.

Da ultimo e per precisione nel dicembre del 2019 la Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) ha presentato un kit di strumenti per lo sviluppo della mediazione in modo da garantire l’attuazione degli orientamenti CEPEJ sulla mediazione.

In sostanza qui si parla di un programma per i giudici affinché acquisiscano consapevolezza sulla mediazione e venga garantita l’efficienza del rinvio giudiziario alla mediazione.

Non perché facciano i mediatori dunque, ma perché conoscano l’istituto.

Il documento è stato sviluppato con il contributo del Gruppo dei magistrati europei per la mediazione (GEMME) ed è stato adottato nella 33a riunione plenaria del CEPEJ a Strasburgo il 5 e 6 dicembre 2019 in vista della sua adozione[29].

Propongo qui una traduzione in italiano dall’inglese di alcuni passi.

“È stato riconosciuto che i giudici svolgono un ruolo cruciale nella promozione di una cultura della risoluzione amichevole delle controversie. Dovrebbero essere in grado di fornire informazioni, organizzare sessioni informative sulla mediazione e, ove applicabile, invitare le parti a utilizzare la mediazione e/o rinviare i casi alla mediazione. È quindi essenziale che abbiano una piena conoscenza e comprensione del processo e dei benefici della mediazione.

L’obiettivo del presente strumento è sensibilizzare i giudici sulla mediazione in materia civile e familiare, in materia penale (adulti e minori) e in materia amministrativa.

Questo strumento per analogia può essere utilizzato da altri professionisti legali che fanno riferimento alla mediazione come i pubblici ministeri e da altre autorità e istituzioni giudiziarie che forniscono loro formazione.

È concepito per far accedere alla mediazione le parti in causa migliorando la capacità dei giudici di effettuare un effettivo rinvio giudiziario alla mediazione e non per creare dei  giudici mediatori nell’esercizio della loro funzione giudiziaria[30].…Esiste una vasta gamma di diversi insegnamenti di mediazione e pratiche di mediazione all’interno degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tuttavia, questo strumento è facilmente adattabile alle diverse situazioni nazionali… Qualsiasi programma di sensibilizzazione iniziale dovrebbe mirare a consentire ai giudici di:

– Essere a conoscenza dei vari metodi ADR e saper discernere la modalità appropriata per una determinata situazione;

– Comprendere il conflitto e il modo per renderlo positivo;

  1. Obiettivi generali dei programmi di sensibilizzazione sulla mediazione

Qualsiasi programma di sensibilizzazione iniziale dovrebbe mirare a consentire ai giudici di:

– Essere a conoscenza dei vari metodi ADR e saper discernere la modalità appropriata per una determinata situazione;

– Comprendere il conflitto e il modo per renderlo positivo;

– Aprire l’accesso alla mediazione attraverso un efficiente rinvio giudiziario, che implica sapere come:

a) identificare e selezionare i casi adatti alla mediazione;

b) Comprendere le caratteristiche, i prìncipi, gli obiettivi, gli approcci e i metodi di mediazione e il funzionamento del suo processo, al fine di fornire adeguate informazioni sulla mediazione alle parti in causa e ai loro avvocati;

c) suggerire, proporre alle le parti o dirigerle verso una partecipazione a una sessione informativa sulla mediazione svolta da un centro di mediazione o da mediatori qualificati;

d) facilitare la transizione delle parti in causa dal procedimento giudiziario al processo di mediazione.

Il contenuto e la metodologia dell’addestramento deve tenere conto del contesto, del livello iniziale di conoscenza e dell’esperienza pratica dei tirocinanti. Dovrebbero essere predisposti controlli di qualità e misure di monitoraggio indipendenti per garantire contenuti e offerta di formazione sufficienti.

Si raccomanda vivamente che la fornitura delle parti pratiche della formazione sia guidata da giudici-mediatori in attività e mediatori non giudiziari attivi, con esperienza come formatori.

Un programma di sensibilizzazione continua dovrebbe aggiornare la conoscenza e la pratica dei giudici in materia di rinvio giudiziario alla mediazione, ripetendo il programma del secondo e terzo semestre. (Cfr. Appendice 2).

3.Obiettivi specifici relativi alla legislazione nazionale e internazionale

– Garantire la conoscenza della legislazione nazionale dei giudici nei rispettivi settori in materia civile e familiare, penale (adulti e minori) e amministrativa.

– Preparare i giudici a partecipare a un progetto pilota di mediazione nella propria giurisdizione.

– Migliorare la capacità conciliante dei giudici con l’uso di strumenti di mediazione (comunicazione attiva e principi – basati sugli interessi – negoziazione), ove consentito o prescritto dalla legge.

4.Durata della formazione iniziale e continua

La durata di quattro mezze giornate (due giorni in totale) è raccomandata quando possibile per i programmi di formazione iniziale.

Si consigliano una o due sessioni di mezza giornata a frequenza regolare per i programmi di formazione continua… Per garantire l’efficienza dei programmi di sensibilizzazione/formazione (ovvero la loro durata, frequenza e qualità) sarebbe opportuno adottare le seguenti misure:

  • Nominare, in ciascuna Corte d’appello, un giudice responsabile della mediazione, per l’indagine sulla consapevolezza dei giudici e sui progetti pilota
  • Nominare, in ciascuna giurisdizione, un giudice incaricato dell’organizzazione di questi programmi
  • Garantire che questo giudice riceva una formazione completa da mediatore, al fine di poter diventare il principale riferimento per la sensibilizzazione sulla mediazione del suo tribunale e di essere in grado di organizzare un progetto pilota di mediazione nella sua giurisdizione[31]”.

Questo documento è rivolto dal consiglio d’Europa a 47 stati europei ed ai rispettivi organi giurisdizionali.

Si è compreso ormai a tutti i livelli il ruolo nevralgico del giudice sia come mediatore, sia come inviante in mediazione.

Sta soltanto a lui a questo punto approfondirlo e riconoscerlo.

[1] Rule 3,856 California Rules of Court (2012)

[2] La data del calendario rivoluzionario corrispondeva al gregoriano 10 novembre 1797.

[3] Come gli antichi Irenofilaci ed i Feciali.

[4] Sono questi potremmo dire, comandamenti per i  mediatori moderni.

[5] Su questo passo dovrebbe forse riflettere anche il legislatore del decreto legislativo 28 marzo 2010, n. 28.

[6] Si tratta di Carlo IX che fu re di Francia dal 1560 al 1574.

[7] CHARLES, par la grâce de Dieu, Roi de France : A tous présents & à venir : Salut, Savoir faisons, que sur la Requête & remontrance à nous faites en notre Conseil de la part des Marchands de notre bonne ville de Paris, & pour le bien public & abréviation de tout procès & différends ,  Marchands qui doivent négocier en semble de bonne foi, sans être astreins aux subtilités des Lois & Ordonnances, avons, par l’avis de notre très-honorée Dame & Mère, des Princes de notre sang, Seigneurs & Gens de notredit Conseil, statué, ordonnons & permis ce qui s’ensuit.

[8] Connaîtront les Juges & Consuls des marchands, de tous procès & différends qui se seront ciaprès mus entre Marchands, pour fait de marchandise seulement, leurs veuves Marchandes publiques, leurs Facteurs, Serviteurs & Commettants, tous Marchands, soit que lesdits différends procèdent d’obligations, cédules, récépissés, lettres de change ou crédit, réponses, assurances, transports de dettes & novations d’icelles, calculs ou erreur en iceux, compagnies, société ou association ja faites, ou qui se feront ci-après ; desquelles matières & différends, nous avons, de nos pleine puissance & autorité royale, attribué & commis la connaissance, jugement & décision auxdits Juges-Consuls, & aux trois d’eux, privativement à tous nos Juges, appelés avec eux, si la matière y est sujette, & en sont requis par les Parties, tel nombre de personnes de conseil qu’ils aviseront, exceptés toutefois & réservés les procès que la qualité susdite ja intentés & pendants pardevant nos Juges, auxquels néanmoins enjoignons les renvoyer pardevant lesdits Juges & Consuls des marchands, i les Parties le requièrent et consentent. Et avons dès à présent déclarés nuls tous transports de cédules, obligations & dettes qui seront faits par lesdits Marchands & personnes privilégiées, ou autre quelconque non sujette à la Juridiction desdits Juge & Consuls.

[9] Quadro di valutazione della giustizia 2020.

[10] Art. 204 Loi du 18 juin 2018 publié le 02 juillet 2018 Loi portant dispositions diverses en matière de droit civil et des dispositions en vue de promouvoir des formes alternatives de résolution des litiges

http://www.etaamb.be/fr/loi-du-18-juin-2018_n2018012858.html

[11] V. art. 186.e Zakon o parničnom postupku

https://www.zakon.hr/z/134/Zakon-o-parni%C4%8Dnom-postupku

[12] Cfr. M. B. BLAZEVIC, Mirenje prema Zakonu o parničnom postupku (la mediazione ai sensi del codice di procedura civile).

http://www.mirenje.hr/index.php/miroteka/strucni-i-znanstveni-clanci-/235-mirenje-prema-zakonu-o-parninom-postupku-mrsc-borislav-blaevi.html

[13] § 10 Lag om medling i tvistemål i allmänna domstolar e art. 186.d Zakon o parničnom postupku

[14] Cap. 26 § 268 Retsplejeloven Lov om rettens pleje

https://www.foxylex.dk/retsplejeloven/

[15] Cap. 27 § 273 Retsplejeloven Lov om rettens pleje

https://www.foxylex.dk/retsplejeloven/

[16] §§ 137-141 Halduskohtumenetluse seadustik

https://www.riigiteataja.ee/akt/128122011007

[17] § 5 Lag om medling i tvistemål i allmänna domstolar

https://www.finlex.fi/sv/laki/alkup/2005/20050663

[18] Art. 12 e 58 Code de procédure civile

[19] Questa misura è prevista dal Codice di procedura civile, dal Codice del lavoro, dalla Legge sulle procedure in materia di giurisdizione familiare e volontaria, dal Codice di procedura amministrativa, dal Codice previdenziale e dalle leggi sui marchi e brevetti.

Cfr. https://www.gueterichter-forum.de/gueterichter-konzept/rechtsgrundlagen/

[20] Gesetz zur Förderung der Mediation und anderer Verfahren der außergerichtlichen Konfliktbeilegung (MediationsGEG k.a.Abk.)

https://www.buzer.de/gesetz/10244/index.htm

[21] Scottish Mediation, Bringing Mediation into the Mainstream in Civil Justice in Scotland, June 2019

[22] Art. 231-1 Lietuvos Respublikos civilinio proceso kodeksas

https://www.infolex.lt/ta/77554:str231-1

[23] Zákon č. 99/1963 Sb.

https://www.zakonyprolidi.cz/cs/1963-99#cast2

[24] Scottish Mediation, Bringing Mediation into the Mainstream in Civil Justice in Scotland, June 2019

https://www.scottishmediation.org.uk/wp-content/uploads/2019/06/Bringing-Mediation-into-the-Mainstream-in-Civil-Jutsice-In-Scotland.pdf

[25] Ma durante l’orario di servizio non viene pagato né gli vengono rimborsate le spese.

Art. 17 c. 2 Zakon o alternativnem reševanju sodnih sporov (ZARSS)

[26] Art. 7 c. 6 Zakon o alternativnem reševanju sodnih sporov (ZARSS)

http://www.pisrs.si/Pis.web/pregledPredpisa?id=ZAKO5648

[27] Art. 38A 2002. évi LV. Törvény a közvetítői tevékenységről

[28] Punto 25 2017. évi CXXX. Törvény a polgári perrendtartásról szóló 2016. évi CXXX. törvény

hatálybalépésével összefüggő egyes törvények módosításáról

[29] European Commission for the Efficiency of Justice (CEPEJ)

Mediation Development Toolkit Ensuring implementation of the CEPEJ Guidelines on mediation

MEDIATION AWARENESS PROGRAMME FOR JUDGES ensuring the efficiency of the Judicial Referral to mediation 6 December 2019

https://rm.coe.int/cepej-2019-18-en-mediation-awareness-programme-for-judges/168099330b

[30] Si ispira ai programmi di formazione e sensibilizzazione condotti in Belgio, Francia e Svizzera francofona, gentilmente trasmessi e commentati dai seguenti istruttori: Giudici Avi SCHNEEBALG, formatore per i giudici belgi presso l’Institut de training judiciaire di Bruxelles, Fabrice VERT, formatore per giudici francesi presso l’Ecole Nationale de la.Magistrature di Bordeaux, e Jean A. MIRIMANOFF, giudice onorario, mediatore, formatore per la Fondazione per la formazione continua dei giudici svizzeri.

[31] Cfr. Carlo Alberto Calcagno, Arbitrato e negoziato in Europa. Le opportunità dell’avvocato. Key Editore 2020.

Ogni vera impresa presenta qualche difficoltà

Webinar gratuito sulla mediazione in Europa

Vi aspetto…

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StatiData di recepimento Direttiva 2008/52/CEData prima legge sulla mediazionePer attuazione DirettivaPer normazione
Slovenia21/06/200821/06/2008112
Lituania31/07/200831/07/2008213
Romania03/12/200922/05/2006310
Estonia01/01/201001/01/2010414
Italia20/03/201020/03/2010516
Slovacchia30/06/201001/09/200465
Portogallo18/07/201018/07/2010717
Grecia16/12/201016/12/2010818
Lettonia01/01/201114/12/2006911
Ungheria01/01/201117/12/2002102
Croazia28/01/201101/10/2003114
Bulgaria01/04/201117/12/2004126
Scozia06/04/201106/04/20111320
Irlanda del Nord18/04/201125/03/20111419
Austria28/04/201106/06/2003153
Regno Unito04/05/201104-05/20111621
Irlanda18/05/201118/05/20111722
Finlandia21/05/201109/12/2005189
Polonia26/05/201126/05/20111923
Svezia01/08/201101/08/20112024
Malta18-29/09/201021/12/2004217
Francia17/06/2008 17/11/201118-24/08/1790221
Lussemburgo05/03/201205/03/20122325
Spagna05/03/201205/03/20122426
Germania21/07/201221/07/20122527
Repubblica Ceca01/09/201201/09/20122628
Cipro16/11/201216/11/20122729
Paesi Bassi29/11/201229/11/20122830
Belgio22/03/20058
Danimarca01/01/201015

La mediazione in Belize

Il Belize, detto in passato Honduras Britannico, al pari di altri 20 stati[1], è membro del Revised Treaty of Chaguaramas[2] che dal 2006 considera fondamentale per lo sviluppo economico l’adozione degli strumenti di ADR.

Nel preambolo del trattato[3] si stabilisce che i metodi di risoluzione alternativa renderanno più facile l’ottenimento degli obiettivi economici del trattato stesso e all’art. 188 si specificano i seguenti strumenti: good offices[4], mediation, consultations, conciliation, arbitration and adjudication, che possono essere utilizzati volontariamente senza pregiudizio della giurisdizione della istituita Corte di Giustizia (CCJ)[5].

L’art. 192 si occupa della mediazione[6] che è volontaria.

L’art. 223 stabilisce che gli Stati membri incoraggiano e, nella misura del possibile,  e facilitano il ricorso all’arbitrato e ad altre modalità di risoluzione alternativa delle controversie per la risoluzione delle controversie commerciali private tra cittadini comunitari e tra cittadini della Comunità e cittadini di paesi terzi.

Queste sono in sintesi le basi storiche delle misure di ADR per diversi paesi[7].

L’arbitrato[8] in Belize segue oggi un programma di court-annexed arbitration[9].

Il Chief Justice[10] lo ha definito il primo del genere nel mondo[11]. Ma il Chief Justice del Belize crede molto anche nella mediazione e nel coinvolgimento degli avvocati: richiede al proposito ai legali di sensibilizzare i loro clienti in merito allo scopo della mediazione e ai suoi benefici, di partecipare alla sessione di mediazione con i clienti, di fornire loro consulenza durante le sessioni di mediazione, di assisterli nella stesura dell’accordo di mediazione e di aiutare in generale il tribunale a incoraggiare la mediazione per promuovere l’obiettivo prioritario della Corte, ossia la gestione delle cause che ne richiedano necessariamente l’intervento [12]..

Agli avvocati è stata dedicata anche una guida alla mediazione predisposta dalla Supreme Court of Belize[13].

Il Codice deontologico degli avvocati del Belize prevede poi alcune disposizioni che favoriscono la cultura della mediazione.

In presenza di una controversia l’avvocato deve cercare di ottenere un ragionevole accordo quando ciò sia nell’interesse del cliente[14]. Deve sempre privilegiare le esigenze del suo cliente e dell’amministrazione giustizia ed in particolare anteporle al diritto al compenso per i suoi servizi[15]. In ultimo la rule 23 (3) richiede agli avvocati di avvisare i clienti affinché evitino di affrontare il processo nei casi appropriati, in particolare “ogni volta che la controversia si presta ad un giusto componimento”.

La mediazione peraltro -spiega il Chief Justice – ha innumerevoli vantaggi: la partecipazione diretta delle parti in causa al risultato; l’opportunità di parlare di cose che non si trovano necessariamente nelle memorie di causa; la possibilità di identificare i problemi e di semplificarli, anche se la mediazione non porti ad un accordo; la riduzione del costo del contenzioso in termini di tempo e denaro; l’opportunità di creare una soluzione, che non sarebbe nella disponibilità della Corte; la deflazione del contenzioso; la possibilità di affrontare la controversia o il problema senza la formalità e la complessità delle procedure giudiziarie e delle regole sulla istruzione ed assunzione probatoria; e in generale, la nascita di una comunità armoniosa ove vengano dissipate le ostilità[16].

In merito alla procedura di mediazione (court connected mediation) abbiamo da commentare due fonti legislative: le regole della Corte Suprema del 2005 e l’emendamento del 2013[17]: la norma contiene anche il codice etico dei mediatori  della Corte ed il facsimile dei vari Form che vanno compilati durante la procedura[18].

Le regole della mediazione sono stabilite dal Chief Justice[19].

Come obiettivo prioritario il tribunale ha quello di occuparsi dei casi “giusti” e dunque per raggiungerlo deve favorire la gestione attiva dei casi; e per questo il suo intervento può consistere nell’incoraggiare “le parti a utilizzare qualsiasi forma appropriata di risoluzione delle controversie, tra cui, in particolare, la mediazione (se il tribunale lo ritiene opportuno) e a facilitare l’uso di tali procedure”[20].

I metodi per risolvere le controversie includono peraltro in Belize: negoziazione, arbitrato, conciliazione, contenzioso e mediazione.

 La mediazione è un processo consensuale mediante il quale le parti di una controversia incontrano un terzo neutrale con l’obiettivo di risolverla o di risolvere un problema sulla base dell’autodeterminazione.

La mediazione non è che un’alternativa alla risoluzione della controversia attraverso una decisione imposta da un giudice in un tribunale.

Il mediatore è una terza parte neutrale che conduce la mediazione e che facilita e incoraggia la comunicazione e la negoziazione tra le parti di una controversia per arrivare a un accordo volontario.

In Belize il Chief Justice richiede peraltro al mediatore di consigliare o suggerire soluzioni della controversia.

Il giudice può discrezionalmente suggerire ad ogni stadio della causa che la controversia pendente sia gestita in mediazione. da un mediatore approvato dalla Corte[21].

Al proposito presso la Corte esiste un funzionario giudiziario (Judicial Officer) che identifica i casi adatti alla mediazione in base alla lettura approfondita del fascicolo; possiede la piena conoscenza e comprensione del processo di mediazione; incoraggia le parti ad avviare la mediazione nei casi appropriati; assicura che le parti in causa comprendano la ragion d’essere del processo di mediazione e dei suoi meccanismi; è in grado infine di capire quando le questioni legali non abbiano alcuna relazione con la vera controversia.

Per valutare l’invio in mediazione il giudice ha inoltre a disposizione vari parametri da analizzare: la natura della disputa, la relazione tra le parti, la volontà delle parti di risolvere la loro disputa in modo collaborativo, l’opportunità che ci siano guadagni connessi che non sono nella disponibilità della Corte, ogni altro criterio che sia considerato opportuno dal giudice[22].

Le parti possono consensualmente optare per la mediazione (anche prima che sia suggerita dal giudice) e allo scopo compilano una richiesta (form 46) di invio della causa in mediazione a cui corrisponde un ordine del giudice in tal senso(form 45)[23].

Non può essere inviata in mediazione una controversia che riguardi il fallimento (o la liquidazione di aziende), i procedimenti di successione non contenziosi, gli atti familiari e il diritto penale[24].

Entro 15 giorni dalla notifica dell’Ordine del giudice, ogni parte può domandare alla Corte che non si proceda a mediazione, in quanto sussistano buone e oggettive ragioni perché vi sia una dispensa: in particolare sono stati fatti in buona fede dalle parti sforzi per comporre la controversia, ma non hanno avuto successo; il costo della mediazione è sproporzionato rispetto al valore della controversia o al beneficio che potrebbe essere raggiunto attraverso la mediazione; la questione involge materie di politica pubblica e la mediazione non sarebbe appropriata; ovvero possono sussistere altre buone ed oggettive ragioni per cui la mediazione non sarebbe appropriata[25].

A parte ciò la partecipazione alla mediazione in presenza di un ordine del giudice è obbligatoria per le parti.

Se le stesse accettano di mediare nello stesso termine sottoscrivono un accordo di riservatezza (form 49)[26]

Il  mediatore viene scelto dalle parti (form 47)[27] nel Roster della Corte[28]  o in difetto dal giudice (form 48)[29] nello stesso Roster; vengono presi accordi dalle parti e dal mediatore col Coordinatore della mediazione[30] che è nominato dal giudice: vengono fissati la data, l’ora ed il luogo della mediazione che vengono notificati alle parti (form 50)[31].

La mediazione deve celebrarsi entro 45 giorni dall’ordine del giudice, salvo che esso non disponga diversamente[32].

Entro 7 giorni dall’ordine di invio in mediazione le parti devono fornire il fascicolo di causa al mediatore[33].

La sessione di mediazione dura sino a tre ore[34], ma può essere aggiornata in qualsiasi momento[35] tenendo però conto del fatto che la sessione iniziale era di tre ore. Il giudice può comunque estendere il tempo della mediazione, quando ci sono più parti, la questione è complessa o qualora ci sia maggiore possibilità di accordo nel caso di allungamento[36].

Le parti possono chiedere, se il mediatore accetta, di prolungare la mediazione dietro pagamento di una tariffa addizionale per ora.

Le spese di mediazione per le prime tre ore ammontano per parte a $ 550[37] (243,41 €); inoltre va considerata l’indennità del mediatore che ammonta a $ 330 (146,40 €); per ogni ora oltre le prime tre sono dovute al mediatore $ 100 (44,26 €); a ciò vanno aggiunte le spese per la sede della mediazione[38] di $ 200 (88,51 €) per la sessione base di tre ore, e di $ 150 (66,38 €) per ogni ora oltre le tre di base.

In pratica se il mediatore riesce a chiudere la mediazione nelle tre ore canoniche le spese totali per ogni parte ammontano a $ 1069 (469,32 €).

Teniamo presente che il reddito pro capite di un Beliziano non supera i 5.000 dollari americani.

La mediazione viene condotta nella sede designata dalla Corte[39] che è solitamente una stanza della University of the West Indies oppure della Supreme Court of Belize[40].

Prima di iniziare il processo di mediazione il mediatore discute con le parti della mediazione in merito alle questioni di riservatezza[41].

Spiega che le discussioni che avvengono durante la mediazione e i documenti preparati esclusivamente ai fini della mediazione sono riservati e non devono essere divulgati in nessun altro procedimento o a terzi, tranne che con il consenso scritto delle parti della mediazione o laddove la divulgazione sia richiesta dalla legge.

Inoltre le informazioni ottenute durante il caucus non possono essere rivelate dal mediatore a nessun’altra parte della mediazione senza il consenso della parte che le rivela.

Aggiunge però che è obbligato a fare rapporto al giudice circa l’esito della mediazione e che ciò non viola la riservatezza perché è richiesto dalla legge.

Deve spiegare chiaramente alle parti quali siano le spese di mediazione.

Incoraggia il rispetto reciproco tra le parti e cerca di limitare, nel rispetto dell’autodeterminazione, l’eventuale abuso della mediazione.

Qualora le parti non siano accompagnate da un avvocato o da un consulente fa presente che è importante consultare altri professionisti per prendere decisioni informate.

Il ruolo principale del mediatore durante la sessione di mediazione è quello di facilitare la risoluzione volontaria della controversia; il mediatore compie sforzi ragionevoli per garantire che ciascuna parte comprenda la procedura di mediazione, il ruolo particolare del mediatore e la natura del rapporto delle parti  con il mediatore.

Spiega alle parti che la risoluzione della controversia e il rinvenimento di un accordo spettano a loro. Se una delle parti non può esercitare per qualsiasi ragione l’autodeterminazione il mediatore pone fine alla mediazione o la rinvia.

Si astiene dall’essere direttivo o giudicante in merito alle questioni controverse e alle opzioni di risoluzione.

Può indicare i possibili esiti di un caso, ma non può fornire un parere su come la Corte a cui è stato presentato il caso potrebbe risolvere la controversia.

Deve far presente alle parti quali possono essere le conseguenze legali delle proposte di accordo.

Quando ci sono delle ragioni che possono minare la sua imparzialità si ritira dalla mediazione, anche se le parti sono contrarie.

Nel caso  sussista un conflitto di interesse deve renderlo palese alle parti e può continuare la mediazione solo se viene autorizzato dalle parti e sempre che il conflitto non mini l’integrità della mediazione.

Il mediatore, se svolge anche un altro lavoro, deve spiegare alle parti che non potrà intrattenere in futuro rapporti lavorativi con loro[42].

Se la mediazione ha esito positivo l’accordo che risolve alcune o tutte le questioni della controversia, deve essere firmato dalle parti e dal mediatore e consegnato al Coordinatore della mediazione per il deposito presso l’ufficio giudiziario entro 7 giorni dalla firma dell’accordo; le parti inoltre devono presentare domanda al tribunale perché il giudice emetta “un ordine successivo all’accordo” (form 53)[43].

Quando non è raggiunto alcun accordo o vi è un accordo parziale (form 52) la questione è rinviata alla Corte per il processo[44].

Qualora le parti non riescano a partecipare alla sessione di mediazione (indipendentemente dalla presenza dei loro legali) entro mezz’ora dall’orario stabilito, oppure vi partecipino senza avere l’autorità per mediare[45], il mediatore annulla la sessione di mediazione e immediatamente deposita un certificato di mancato rispetto dell’ordine della Corte (form 51)[46]  al Coordinatore della mediazione perché venga informata la Corte[47].

la Corte e il giudice può emettere un ordine che può includere l’interruzione della sessione di mediazione.

Il mediatore riferisce circa la procedura solo alla Corte, è vincolato da un giuramento di riservatezza e deve osservare il Codice etico dei mediatori.

Quando una parte, un avvocato rappresentante o un mediatore si comporti in modo non conforme alla legge o violi la riservatezza della mediazione, il coordinatore della mediazione o qualunque delle parti può chiedere alla Corte di sanzionarlo e il giudice può ordinare la sanzione che ritenga più opportuna e anche la rimozione del mediatore dal Roster[48].

Il Roster della Corte prevede attualmente 52 mediatori[49].

Bisogna aggiungere che nel Paese è istituito un Comitato di mediazione[50] che è collegato alla Corte e funge da organo decisionale e da consulente per il Chief Justice. Quest’organo è responsabile della selezione dei mediatori da fornire ai servizi di mediazione, certifica ed approva i corsi per mediatori, approva il codice di condotta, monitora le prestazioni dei mediatori, stabilisce e revisiona le tabelle delle spese di mediazione e delle indennità dei mediatori, risolve i reclami contro i mediatori e valuta l’efficienza del processo di mediazione rendendo le raccomandazioni appropriate.

La formazione dei mediatori candidati al Roster of Mediators è stata affidata all’Università delle Indie occidentali (Campus Open) di Belize ed avviene sulla base di un progetto “Sui requisiti di formazione per mediatori”[51].

Il costo della formazione nel 2013 era di $ 1000 (442,54 €)[52]. La partecipazione al corso non vincolava all’inserimento nel Roster; la Corte provvedeva ad una successiva selezione.

I candidati devono possedere alcuni requisiti per diventare mediatori di Corte:

a) un precedente addestramento alla mediazione;

b) un’età superiore a 21 anni;

c) nessuna annotazione sul casellario giudiziale;

d) il desiderio di diventare un mediatore professionista;

e) il diploma High school o superiore.

Il corso base è di 40 ore incluse 6 ore di addestramento pratico; viene erogato nell’arco di 5 giorni e alla preparazione segue l’effettuazione di un test[53]. Ma un mediatore deve anche incrementare le sue competenze ed abilità partecipando a continui programmi educativi sulla mediazione.

Egli deve fornire alle parti le più importanti informazioni sulla sua educazione, esperienza ed addestramento prima dell’inizio della mediazione.

In ogni caso deve mediare soltanto quando ha le necessarie qualifiche di addestramento ed esperienza che gli consentano di soddisfare le ragionevoli aspettative delle parti[54].

Nel dicembre 2016 23 mediatori sono stati formati da esperti canadesi per condurre mediazioni in caso di divorzio ed ora collaborano con la Family Court  del Belize[55].  

Il 4 giugno 2018 presso il Ministero del Lavoro si è tenuto un corso di mediazione che rientra in un progetto di estensione della procedura al mondo del lavoro[56], legato sino ad ora all’arbitrato obbligatorio[57].

[1] Il trattato riguarda 20 stati: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Guyana, Haiti, Giamaica, Montserrat, Santa Lucia, St Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, Anguilla, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos..

[2] REVISED TREATY OF CHAGUARAMAS REVISED TREATY OF CHAGUARAMAS ESTABLISHING THE CARIBBEAN COMMUNITY INCLUDING THE CARICOM INCLUDING THE CARICOM SINGLE MARKET AND ECONOMY

Fai clic per accedere a 4906-revised_treaty-text.pdf

[3] REVISED TREATY OF CHAGUARAMAS REVISED TREATY OF CHAGUARAMAS ESTABLISHING THE CARIBBEAN COMMUNITY INCLUDING THE CARICOM INCLUDING THE CARICOM SINGLE MARKET AND ECONOMY

Fai clic per accedere a 4906-revised_treaty-text.pdf

[4] Member States parties to a dispute may agree to employ the good offices of a third party, including those of the Secretary-General, to settle the dispute. (art. 191).

[5] Cfr. Dennis Byron, Keynote Address, 2017.

Fai clic per accedere a 2017.10.12.SirByron.AMCC.pdf

[6] ARTICLE 192

Mediation

  1. Where Member States parties to a dispute agree to settle the dispute by recourse to mediation, the parties may agree on a mediator or may request the Secretary-General to appoint a mediator from the list of conciliators mentioned in Article 196.
  2. Mediation may begin or be terminated at any time. Subject to the procedural rules applicable in respect of arbitration or adjudication, mediation may continue during the course of arbitration or adjudication.
  3. Proceedings involving mediation and, in particular, positions taken by parties during the proceedings, shall be confidential and without prejudice to the rights of the parties in any further proceedings

[7]  Il trattato riguarda 20 stati: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Guyana, Haiti, Giamaica, Montserrat, Santa Lucia, St Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, Anguilla, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos..

[8] Part 74 of the Civil Procedure Rules of Belize (CPR).

[9] https://www.breakingbelizenews.com/2017/10/03/court-connected-arbitrators-called-office/

Nel settembre 2017 sono stati formati 39 arbitri certificati.

[10] Il capo della giustizia del Belize è il capo della Corte suprema del Belize. Ai sensi del capitolo 7 della Costituzione del Belize, il Capo della Giustizia è nominato dal Governatore Generale su consiglio del Primo Ministro. L’attuale Chief Justice del Belize è Kenneth Benjamin.

[11] Belize Press Office, ‘Arbitrators Called to Office’ (3 October 2017) (emphasis added).

[12] The Chief Justice’s Court-connected Mediation presentation delivered to Bar

Fai clic per accedere a The-Chief-Justices-Court-connected-Mediation-presentation-delivered-to-Bar-Association-of-Belize.pdf

[13] ATTORNEY’S GUIDE TO COURT CONNECTED MEDIATION

Fai clic per accedere a ATTORNEYS-GUIDE-TO-COURT-CONNECTED-MEDIATION.pdf

[14] Rule 19.

[15] Rule 22 (2).

[16] The Chief Justice’s Court-connected Mediation presentation delivered to Bar

Fai clic per accedere a The-Chief-Justices-Court-connected-Mediation-presentation-delivered-to-Bar-Association-of-Belize.pdf

[17] PART 73 SUPREME COURT (CIVIL PROCEDURE) RULES, 2005

PART 73 SUPREME COURT (CIVIL PROCEDURE) (AMENDMENT) RULES, 2013 (STATUTORY INSTRUMENT No. 88 of 2013)

Fai clic per accedere a Mediation-Rules-1.pdf

[18] Dalla Corte quando effettua un ordine di invio in mediazione, dal mediatore quando comunica al Coordinatore della mediazione notizie in merito alla procedura, dal Coordinatore della mediazione quando comunica con la Corte o i partecipanti alla mediazione e infine dalle parti nei confronti del mediatore o della Corte.

[19] Section 95 of the Supreme Court of Judicature Act, Cap. 91.

Fai clic per accedere a cap091.pdf

[20] Part. 25 1 (c) Supreme Court Rules, 2005.

[21] R. 73.3 (1) e  R.73.4.

[22] R. 73.4.

[23] R.73.3 (2).

[24]  R. 2.2 (3).

[25] R.73.5 (1) (2))

[26] R. 73 (7) (1) (A)

[27] R.73.6 (4).

[28] R. 73.6 (1) 2 (B)

[29] R.73.6 (2).

[30] Una persona assunta dalla Corte Suprema e nominata dal Chief Justice per gestire e supervisionare il processo di mediazione e dare supporto amministrativo. È responsabile per la fornitura quotidiana di aiuto amministrativo, logistico e supporto di segreteria al sistema di mediazione; per il mantenimento del registro dei mediatori (R. 73.6 (1)); per il monitoraggio delle prestazioni dei mediatori e per erogare le indennità ai mediatori.

[31] R. 73.8.

[32] R. 73.8 (4).

[33] R. 73.7 (1) (A)

[34] R. 73.8 (1).

[35] R. 73.10 (3).

[36] R. 73.11 (1).

[37]  Dollari di Belize.

[38] Presso la University of the West Indies.

[39] R. 73.8 (1).

[40] http://belizejudiciary.org/wp-content/uploads/2013/06/Understanding-Court-Connected-Mediation-.pdf

[41] Rule 73.9 (1) Discussions during the mediation and documents prepared solely for the purposes of the mediation are confidential and shall not be disclosed in any other proceedings.

(2) A party or attorney-at-law representing a party shall not, at any subsequent trial or hearing of the claim, refer to any matters disclosed at the mediation by any party or attorney-at-law.

(3) The mediator may not disclose to any other person or be required to give evidence about any matters disclosed by any party at the mediation.

(4) The mediator shall not be required to provide consultation notes, evidence or an opinion, touching on the subject matter of the mediation in any proceedings.

(5) Nothing in this rule is intended to affect any duty to disclose under any other rule.

[42] Ethical Standard

Fai clic per accedere a Mediation-Rules-1.pdf

[43] R.73.14 (1).

[44] R. 73.14 (3).

[45] Per gli enti si può ottenere la autorizzazione a mediare anche nel corso della sessione.

[46] Certificate of Non-Compliance with the Court

[47] R.73.8 (9).

[48] 73.16 (1) (2)

[49] http://belizejudiciary.org/wp-content/uploads/2013/11/Roster-of-Court-Connected-Mediators.pdf

[50] National Court-connected Mediation Committee. È composto da varie anime: Consiglio delle chiese del Belize, Congresso nazionale sindacale del Belize, Università delle Indie occidentali, Università del Belize, tribunale della famiglia. Magistrate’s Court,  Camera di Commercio etc.

[51] Proposal Training Requirement for Mediators.

[52] http://belizejudiciary.org/wp-content/uploads/2013/06/Mediation-Pamphlet-Mediation-Training-Program.pdf

[53] http://belizejudiciary.org/wp-content/uploads/2013/06/Course-Outline-for-Mediation-Training.pdf

[54] R. 5.(1) (2) (3).

[55] http://www.belizejudiciary.org/2015-2016-report/

[56] http://lovefm.com/ministry-labour-holds-workshop-mediation/

[57] 2013 Country Reports on Human Rights Practices – Belize

https://www.refworld.org/docid/53284b5ab.html

Richiesta di credito di imposta da negoziazione od arbitrato entro il 10 aprile 2017

Per il testo coordinato clicca qui decreto ministeriale 23 dicembre 2015 come modificato il 30 marzo 2017

DECRETO 30 marzo 2017 Modifiche al decreto 23 dicembre 2015 recante incentivi fiscali nella forma del «credito d’imposta» nei procedimenti di negoziazione assistita. (17A02479) (GU Serie Generale n.77 del 1-4-2017)

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

di concerto con

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto l’articolo 21-bis del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015,
n. 132, che prevede incentivi fiscali nella forma di “credito d’imposta” nei procedimenti di negoziazione assistita, nonché di conclusione dell’arbitrato con lodo, ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162;
Visto il comma 2 del citato art. 21-bis, a norma del quale, con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità e la documentazione da esibire a corredo della richiesta del credito di imposta, nonché i controlli sull’autenticità della stessa;

Visto l’art. 1, comma 618, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che ha reso stabili gli incentivi in esame “nel limite di spesa di 5 milioni annui a decorrere dall’anno 2016”;
Visto il decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 23 dicembre 2015, Incentivi fiscali nella forma del «credito d’imposta» nei procedimenti di negoziazione assistita, con il quale sono state stabilite le modalità e la documentazione da esibire a corredo della richiesta del credito di imposta, nonché i controlli sull’autenticità della stessa, per l’anno 2016;
Ritenuto necessario modificare il citato decreto ministeriale in considerazione della stabilizzazione degli incentivi in esame;

Decreta:

Art. 1

1. Al decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 23 dicembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 8 gennaio 2016, n. 5, Incentivi fiscali nella forma del «credito d’imposta» nei procedimenti di negoziazione assistita, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 2, le parole: “nell’anno 2015” sono sostitute dalle seguenti: “nell’anno precedente la presentazione della richiesta di credito di imposta”;
b) all’articolo 2 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, le parole “dal giorno 10 gennaio 2016” sono soppresse;
2) al comma 2, lettera c), le parole “nell’anno 2015” sono sostituite dalle seguenti: “nell’anno precedente la presentazione della richiesta di credito di imposta”;
c) all’articolo 3, comma 1, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: “La trasmissione deve essere effettuata, per l’anno 2017, nel periodo compreso tra la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto e il 10 aprile dello stesso anno e, a decorrere dall’anno 2018, dal 10 gennaio al 10 febbraio di ogni anno.
Le richieste trasmesse in violazione di quanto disposto dal periodo precedente sono inammissibili.”;
d) all’articolo 4, comma 1, le parole “nel limite di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016” sono sostituite dalle seguenti: “nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016”;
e) all’articolo 5, comma 1, le parole “entro il 30 aprile 2016” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 aprile dell’anno in cui è presentata la richiesta”;
f) all’articolo 6, comma 1, le parole “per l’anno 2015” sono sostitute dalle seguenti: “per l’anno in cui è avvenuto il pagamento del compenso all’avvocato”.
g) all’articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Ai fini dei controlli di cui al comma 1, l’Agenzia delle entrate trasmette al Ministero della giustizia, entro il mese di marzo dell’anno successivo alla presentazione della richiesta di credito di imposta, con modalità telematiche definite d’intesa, l’elenco dei soggetti che hanno utilizzato il credito d’imposta attraverso le dichiarazioni dei redditi e i modelli F24 ricevuti nell’anno
precedente, con i relativi importi”.
Il presente decreto sarà trasmesso ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Roma, 30 marzo 2017

Il Ministro della giustizia
Orlando

Il Ministro dell’economia e
delle finanze
Padoan

Registrato alla Corte dei conti il 31 marzo 2017 Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri, reg.ne prev. n. 696

La crociata anti-mediazione

Svetonio ci racconta che Caligola mise la conciliazione fuori legge per rimpinguare le casse personali[1].

Anche Federico II stabilì che non si potesse conciliare in corso di causa se non con il permesso del Tribunale: e ciò perché all’epoca il giudice era pagato dalle parti[2]. Si può quindi immaginare che non molti giudici permettessero la conciliazione.

Su questa sola base nell’Ottocento napoletano si fissò il principio che “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj”.

Il principio era assai vivo anche nei domini savoiardi tanto che si scelse nel 1865, come è a tutti noto, la conciliazione volontaria; senza contare che il Principe era allergico alla partecipazione obbligatoria alla conciliazione con gli Ebrei[3]: dal che si potrebbe anche evincere che certi dettami europeistici sulla volontarietà dello strumento alternativo, hanno ancora, probabilmente a insaputa dei 28 stati componenti della UE, una forte radice anti-giudea.

E dunque il “sacro” diritto di accesso al processo nacque dalla banale necessità di pagare i piaceri sfrenati di Caligola, lo stipendio del giudice e dalla voglia dei sovrani di non discutere più dei loro immotivati espropri immobiliari perpetrati nel ghetto.

Con l’occhio dello storico io non posso che prendere atto dei fatti che sono avvenuti, ma come mediatore ed avvocato non posso che provare una grande nausea.

La stessa sensazione, o forse una ancora più intensa, mi prende di fronte al disegno di legge in discussione al Senato con cui viene inventato un nuovo tentativo obbligatorio di conciliazione che bypassa la mediazione.

Si tratta di quello previsto dell’art. 8 del ddl 2224 S (responsabilità professionale del personale sanitario); allo stato è in esame alla 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità)[4].

Art. 8.

(Tentativo obbligatorio di conciliazione)

  1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
  2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. In tali casi non trova applicazione l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
  3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
  4. La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, e per tutta la durata del procedimento. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.

Balza agli occhi che gli onorevoli senatori vogliono:

  1. ridurre drasticamente il ricorso alla giustizia ordinaria e limitare il conseguente diritto del cittadino;
  2. eliminare la mediazione;
  3. sanzionare coloro che non partecipano al procedimento dell’art. 696 bis c.p.c.;
  4. risanare le casse dei tribunali con i proventi del 702 c.p.c.

Mi pare, a dire la verità, che questo modo di vedere le cose non sia in linea con la realtà del fenomeno e che si potessero utilizzare altri strumenti.

Come mediatore posso testimoniare che nelle controversie sanitarie sono per lo più gli Ospedali e le ASL ed i sanitari che non partecipano alle mediazioni. E spesso alla base di tale comportamento ci sono problemi meramente assicurativi che le strutture subiscono.

Non bastava prevedere che fosse determinata una pena pecuniaria a favore di coloro che subiscono malpractice medica e che partecipano alla mediazione?

No certamente, perché così la mediazione sarebbe stata aiutata ed incentivata in questa materia.

Questo non era tollerabile dai nemici della mediazione.

E allora si è prevista questa misura per la mancata partecipazione al 696 bis c.p.c.

Ad oggi per una responsabilità di coloro che sono preposti alla pubblica cura e degli enti assicurativi, le mediazioni di fatto si celebrano col solo attivante e quindi il cittadino ricava certamente un danno psicologico dal mancato confronto con le strutture, ma dal lato economico dobbiamo tener conto che corrisponde solo 48,80 € per un verbale negativo; ed è poi è libero di agire in giudizio.

Con questa nuova disposizione, che peraltro si presta a notevoli profili di incostituzionalità, si prevede che il cittadino debba spendere migliaia di euro per partecipare ad una consulenza tecnica. E addirittura si pone l’ipotesi che il procedimento non sia abbastanza rapido e si mette già in conto il costo di un altro giudizio.

Ritengo quindi questo ddl davvero indigeribile, specie alla luce del fatto che ci sono esperienze che il legislatore italiano ha ben presente e che hanno altrove cercato di risolvere il problema con il minimo dispendio per il cittadino.

Mi riferisco a quella della negoziazione assistita che in Francia è nata (là si chiama procédure participative) anche per venire incontro ad un costo esorbitante delle perizie disposte dal giudice; nel paese transalpino è quindi possibile nominare un terzo perito in qualsivoglia materia appunto in sede di negoziazione assistita e dunque limitare fortemente il peso economico per le tasche del cittadino[5].

Un legislatore attento ai bisogni del cittadino poteva dunque aggiungere semplicemente la previsione in convenzione di negoziazione della nomina di un perito (che il decreto sulla degiurisdizionalizzazione aveva lasciato fuori) e lasciare alle parti il compito di disciplinarne i relativi poteri.

Ma il nostro legislatore, come dicevamo ha in animo di distruggere la mediazione e sembra non vedere la evidente deflazione economica incombente.

Sembra preferire l’uso della negoziazione assistita come una clava per distruggere quel che di buono gli organismi italiani hanno fatto negli ultimi anni.

Mi riferisco in particolare e da ultimo anche all’art. 11 e all’art. 12 della Proposta di legge[6] – depositata alla Camera il 2 marzo 2015 – COLLETTI ed altri: “Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile” (2921)[7].

Questa proposta spazza via la condizione di procedibilità e la mediazione delegata.

Mediazione e negoziazione assistita diverrebbero facoltative ed alternative sulle materie attuali della mediazione: dal che si può evincere che la scelta delle materie non è legata alla potenzialità e alle caratteristiche dei singoli istituti, ma ad una semplice decisione politica.

Se questo provvedimento venisse approvato dunque rimarrebbe in piedi soltanto la mediazione per contratto a cui in Italia purtroppo ricorrono davvero in pochi.

Di per sé la negoziazione assistita può diventare anche facoltativa ed alternativa. In Francia è così per tutti i mezzi alternativi al giudizio.

Ma ci deve essere chi negozia. Da noi allo stato attuale sono pochissimi i colleghi che negoziano, se non in materia di famiglia e nemmeno poi tanto in quella sede perché per la crisi economica i cittadini preferiscono rivolgersi al Comune.

I mediatori fanno invece andare avanti la macchina giudiziaria spesso gratuitamente e per quel che gli è consentito da un primo incontro mal congegnato. Sono passati 5 anni ed hanno fatto esperienza: perché distruggere tutto per puntare su una negoziazione assistita che gli avvocati hanno comunque rifiutato e non certo per una questione di materia, ma perché richiede nuove competenze.

Per formare degli avvocati negoziatori in sostanza ci vuole del tempo, così come ci è voluto del tempo per formare i mediatori.

Vogliamo nel frattempo paralizzare un processo che già arranca?

Ma a parte le predette facili considerazioni, per parificare strumenti alternativi facoltativi è necessario inserire la disciplina in sede processuale.

Così è accaduto in Francia, mentre in Italia nessuno si è sognato di farlo.

In altre parole bisogna dare un senso al lavoro dei negoziatori nel caso in cui si riveli infruttuoso.

Non basta dire o pensare che se il negoziato va male si possa ricorrere al giudice perché questa è una ovvietà che mina alla radice le ragioni per cui si negozia.

Una volta che la negoziazione assistita divenisse facoltativa, se io fossi il cliente chiederei al mio avvocato: “Ma se negoziamo e non ci accordiamo che succede?”

L’avvocato non potrebbe che rispondermi: “Nulla, andiamo in giudizio.”

E io cliente replicherei senza dubbio: “Sa che le dico, Voglio evitare il fallimento delle trattative. Rivolgiamoci subito al giudice e così perlomeno risparmiamo denaro e tempo”.

E l’avvocato che cosa mi risponderebbe?

“Ha ragione caro cliente, io ero tenuto ad informarla e l’ho fatto, ma in effetti, viste le sue esigenze, radichiamo la causa e poi si vedrà”.

Vogliamo invece dare un’arma all’avvocato perché il suo cliente si convinca che negoziare non è uno spreco di tempo e di denaro?

Lasciamo in piedi la condizione di procedibilità che al momento attuale è accettabile per diffondere la cultura e le competenze negoziali.

Se l’accordo va in porto, benissimo, è già titolo esecutivo; basterà allora occuparsi soltanto degli incidenti di esecuzione come ad esempio hanno fatto in Spagna per l’accordo di mediazione ed il lodo arbitrale.

Ma se l’accordo non va in porto e c’è un accordo parziale o un non accordo?

Portiamo allora la sola convenzione sul tavolo del giudice con i documenti ritenuti appropriati. Questa è la scelta francese per dare un senso al negoziato, così come è consacrata nel codice di rito.

E se proprio vogliamo ampliamo la negoziazione e diamo agli avvocati anche la possibilità di gestire l’istruzione della causa, così come stanno facendo in Francia sempre in queste ore.

Così al giudice non resterà che fare la sentenza e tutto, specie agli occhi del cliente, acquisterà senso.

Trovo ancora molto strano che il ministro Orlando abbia istituito una commissione di saggi sulla riforma degli ADR[8] nella quale non sono previste professionalità non giuridiche.

E chiamare almeno uno psicologo, no?

Per non parlare delle altre figure ordinistiche ovviamente (commercialisti, architetti, medici, ingeneri, geometri, periti ecc.).

Ma parlo di psicologia perché mi preme capire se il modello di mediazione in oggi utilizzato va d’accordo col modo di ragionare della mente umana.

Che ci voleva? O forse lo sappiamo bene tutti che chiedere di mediare dopo cinque minuti di discorso iniziale del mediatore ci avvicina più alla follia che alla normalità. A meno che il mediatore non svolga la professione dell’ipnotista!

Ma ai nemici della mediazione va bene che la mediazione fallisca.

E poi mi chiedo perché gli ADR debbano essere continuamente regolati da avvocati, notai, magistrati, giudici e professori di diritto.

Passi per l’arbitrato, ma la negoziazione/mediazione che c’entra coi giudici, i notai ed i professori di diritto?

Con questo non dico che le persone scelte dal Guardasigilli non siano competenti ovviamente.

In diritto sono eccellenti.

Ma il diritto investe soltanto la convenzione che mi consta sia già in mano ai legali come l’accordo di mediazione od il lodo.

Non ha proprio nulla a che fare con il lavoro del mediatore e/o del negoziatore: un conto sono le procedure ed un altro le abilità trasversali che il mediatore utilizza che possono solo essere ostacolate dalle pastoie burocratiche.

Eppure nella commissione c’è un solo mediatore. Che futuro potrà dunque avere il potenziamento della mediazione? Quanto peserà la sua voce?

Leggo invece di molti colleghi che hanno profuso proclami trionfalistici sulla nomina della commissione dei saggi e non capisco perché, almeno da mediatore.

Da avvocato forse potrei anche comprenderli, anche se la rappresentanza in commissione dell’avvocatura è comunque risicata, ma da mediatore non vedo proprio che motivi di gioia o di speranza ci possano essere.

O forse si pensa che una volta ridisciplinata la negoziazione assistita o la mediazione o l’arbitrato (cosa che è ancora tutto da vedersi e comunque quale è il rapporto tra la Commissione e gli altri atti in discussione in Parlamento?[9]) tutto ciò possa risolvere il problema del processo?

In ultimo cito il disegno di legge che è stato licenziato dal Senato in relazione al giudizio di pace.

Si tratta del disegno di legge n. 1738 recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, approvato dal Senato il 10 marzo 2016[10]. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Deputati per l’esame e l’approvazione definitiva.

Apparentemente non vi è niente di strano in questa delega.

Anzi aumenta la competenza per le cause relative a beni mobili a 30.000 €, cosa che può essere da una parte anche in linea coi tempi. A ciò si aggiunge che passa al giudice di pace in esclusiva la materia del condominio che come sappiamo prevede attualmente la mediazione come condizione di procedibilità e che si sono previste altre materie in oggi di “competenza” in prima battuta del mediatore che affronterà il giudice di pace:

“b) i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione, connotati da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;

c) le cause in materia di diritti reali e di comunione connotate da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;”.

Anche questa misura appare sulla carta razionale. Se non che c’è una norma, l’art. 322 c.p.c., che non è toccato dalla delega e in base al quale il Giudice di pace può non solo conciliare, ma anche emettere un titolo esecutivo.

L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro I.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata  riconosciuta in giudizio”.

Ad oggi dunque la conciliazione del Giudice di pace guadagna grande terreno sulla mediazione e sula negoziazione assistita, specie se consideriamo dall’altra parte quel provvedimento prima citato che vorrebbe rendere facoltative ed alternative mediazione e negoziazione assistita.

Vogliamo dire che con la mediazione abbiamo scherzato e che gli attuali 524 organismi possono pure chiudere i battenti?

Non potevamo pensare prima al fatto che in Italia da 2000 anni si sperimenta una conciliazione di tipo sostanzialmente valutativo e che il cittadino italiano vuol essere consigliato più che aiutato a trovare da solo una soluzione?

Ma che paese è il nostro?

[1] Lib. IV, 40 De Vita Caesarum, C. Caesar Caligula (“Pro litibus atque judiciis ubicumque conceptis, quadragesima summae, de qua litigaretur: nec fine poena, si quis composuisse vel donasse negotium convinceretur”) (“Voleva che tutti quelli che litigavano gli pagassero la quarantesima parte della somma in litigio; e quelli che erano accusati d’essersi accordati, e di aver composto la lite, erano da lui condannati”).

[2] “A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale. (b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare”. (Costituzioni federiciane, Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere: “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possumus.”)

[3] Al proposito le Regie Patenti  22 marzo 1836 decretavano quanto segue:

“Art. 1. Avochiamo a Noi la cognizione di tutte le controversie, che dipendentemente dagli ordini da Noi dati per richiamare gli Ebrei e fissare la loro dimora nel ghetto rispettivo possano insorgere relativamente alla stipulazione o risoluzione dei contratti di affittamento, e alle pigioni, o indennità riguardanti le casi da occuparsi o evacuarsi, tanto nel recinto del ghetto, che fuori, e quelle abbiamo commesso e commettiamo ad una particolare Delegazione, che verrà stabilita nel Capoluogo di ciascuna provincia, in cui esistono ghetti di Ebrei: <<2. Sarà questa Delegazione composta dal Prefetto e dall’Intendente, e del primo Assessore del Tribunale dei Prefettura della Provincia…. << 3.  Conferiamo alla suddetta Delegazione tutte le autorità necessarie e opportune e quelle eziandio del Prefetto Pretorio per provedere nel modo più pronto e sommario, previo sempre l’esperimento della trattativa amichevole tra le parti, sovra tutte le predette controversie, loro annessi, connessi e dipendenti”.

[4] http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46445.pdf

[5] Cposì dispone il Codice di procedura civile francese

Section 2 : Le recours à un technicien

Article 1547

Lorsque les parties envisagent de recourir à un technicien, elles le choisissent d’un commun accord et déterminent sa mission.

Le technicien est rémunéré par les parties, selon les modalités convenues entre eux.

Article 1548

Il appartient au technicien, avant d’accepter sa mission, de révéler toute circonstance susceptible d’affecter son indépendance afin que les parties en tirent les conséquences qu’elles estiment utiles.

Article 1549

Le technicien commence ses opérations dès que les parties et lui-même se sont accordés sur les termes de leur contrat.

Il accomplit sa mission avec conscience, diligence et impartialité, dans le respect du principe du contradictoire.

Il ne peut être révoqué que du consentement unanime des parties.

Article 1550

A la demande du technicien ou après avoir recueilli ses observations, les parties peuvent modifier la mission qui lui a été confiée ou confier une mission complémentaire à un autre technicien.

Article 1551

Les parties communiquent au technicien les documents nécessaires à l’accomplissement de sa mission.

Lorsque l’inertie d’une partie empêche le technicien de mener à bien sa mission, il convoque l’ensemble des parties en leur indiquant les diligences qu’il estime nécessaires. Si la partie ne défère pas à sa demande, le technicien poursuit sa mission à partir des éléments dont il dispose.

Article 1552

Tout tiers intéressé peut, avec l’accord des parties et du technicien, intervenir aux opérations menées par celui-ci. Le technicien l’informe qu’elles lui sont alors opposables.

Article 1553

Le technicien joint à son rapport, si les parties et, le cas échéant, le tiers intervenant le demandent, leurs observations ou réclamations écrites.

Il fait mention dans celui-ci des suites données à ces observations ou réclamations.

Article 1554

A l’issue des opérations, le technicien remet un rapport écrit aux parties, et, le cas échéant, au tiers intervenant.

Ce rapport peut être produit en justice.

[6] http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0031470.pdf

ART. 11.

(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28).

All’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

« 2-bis. L’accesso alla procedura di mediazione di cui al comma 1 del presente articolo è alternativo rispetto alla procedura della negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 ».

Il comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

« 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi alternativamente del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo decreto, ovvero della possibilità di accedere alla procedura di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto di mandato concluso tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione ovvero di accedere alla procedura di negoziazione assistita ».

All’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

« 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari o finanziari può, assistito dall’avvocato, preliminarmente esperire alternativamente:

a) il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;

b) il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179;

c) il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate;

d) il procedimento di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 »;

b) i commi 2, 2-bis e 4 sono abrogati;

c) al comma 5, le parole: « dai commi 3 e 4 » sono sostituite dalle seguenti: « dal comma 3 ».

I commi 4, lettera d), e 5-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono abrogati.

ART. 12.

(Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162).

Al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 7 dell’articolo 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero, in alternativa, alle altre forme di composizione stragiudiziale delle liti previste dalla legge »;

b) l’articolo 3 è abrogato.

[7] http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=2921

[8] Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito, presso l’Ufficio legislativo del dicastero, una Commissione di studio per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.

L’obiettivo è quello di armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi.

La Commissione, pertanto, ha il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato.

Il gruppo di lavoro è così costituito:

Guido Alpa, Presidente, ordinario di diritto privato Università di Roma “La Sapienza”

Franco Amadeo, notaio in Imperia-Sanremo

Giovanni Amoroso, presidente di sezione della Corte di Cassazione

Ferruccio Auletta, ordinario di procedura civile, Università di Napoli “Federico II”

Antonio Briguglio, ordinario di procedura civile, Università di Roma Tor Vergata

Luciana Breggia, presidente sezione Tribunale di Firenze

Alessandro Cardosi, avvocato del Foro La Spezia

Fabio Cintioli, ordinario di diritto amministrativo Università studi internazionali di Roma UNINT

Antonella Ciriello, magistrato sezione lavoro tribunale Napoli

Giovanni Giangreco Marotta, avvocato del Foro di Roma

Alberto Giusti, magistrato Corte di Cassazione

Michele Marchesiello, magistrato già presidente sezione Tribunale di Genova

Giuseppina Raguso, notaio in Bari

Chiara Tenella Sillani, ordinario di diritto privato Università di Milano

Comunicato del Ministero della Giustizia dell’8 marzo 2016

https://www.giustizia.it/giustizia//it/mg_13_1_1.wp?contentId=COM1220218

[9]  Mi riferisco in particolare alla Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile presentata l’11 marzo 2015 al Senato ed approvata il il 10 marzo 2016 (cfr.http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46611.pdf)

A parte il classico senso di scatola vuota che danno tutte le deleghe foriere soltanto poi di problemi futuri (v. decreto 28/10 e Corte Costituzionale), non riesco a capire per quale motivo sia stata da una parte approvata una delega e dall’altra nominata una commissione di saggi in materia di ADR.

Anche perché nella delega leggo già la volontà di una mini riforma dell’arbitrato ((e) quanto ai procedimenti speciali: 1) potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, anche attraverso l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato nonché attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale;)).

E allora mi chiedo chi farà che cosa e in base a che.

Ma soprattutto se i politici vanno avanti a briglia sciolta la Commissione a che cosa serve?

[10] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLMESS/967064/index.html

Quebéc, una riforma del Codice di rito all’insegna dei mezzi alternativi

Il Regolamento 194 delle Rules of Civil Procedure del Canada[1] prevede dal 2010 che la mediazione debba essere obbligatoria per alcune specifiche azioni[2] ed in relazione ad alcune località: la città di Ottawa e di Toronto e la contea di Essex[3].

L’obbligo di tentare la mediazione vale anche e salvo ordine contrario del giudice, per tutte quelle azioni che vengano trasferite nelle relative contee[4] a partire dal 1° gennaio 2014[5].

Dal 1° maggio 2014 poi il Mediatore per i servizi bancari e gli investimenti (OBSI) è utilizzato obbligatoriamente in tutte le giurisdizioni in Canada (ad eccezione del Québec)[6].

Su questo terreno fertile si è sviluppata nel Quebéc un’altra importante novità, in vigore dal 1° gennaio del 2016: è stato modificato il Codice di procedura civile e si sono posti al centro dell’attenzione i mezzi alternativi al giudizio.

Questa operazione in realtà non è originalissima per un popolo: anche se lo abbiamo dimenticato almeno nei fatti, è stata alla base del nostro Codice di Rito del 1865 che appunto prevedeva anche sistematicamente prima la conciliazione, poi l’arbitrato ed infine il giudizio visto come extrema ratio[7].

Proprio in omaggio a questo ordine logico si esprime nel 2016 appunto il giudice più importante del Québec[8] al riguardo delle nuove norme: “L’idea è quella di semplificare le procedure, di renderle meno costose, di favorire la mediazione tra gli altri mezzi. È come il sistema sanitario.  Non sempre è necessario andare al pronto soccorso quando si può chiamare il medico o andare negli ambulatori comunali. In alcuni casi, la mediazione a monte, è sufficiente. E se non funziona il cittadino può allora rivolgersi al tribunale e giudici esamineranno il fascicolo, nelle prime fasi del processo nel corso di un’udienza organizzativa[9].

In preparazione delle modifiche del Codice di rito, nel marzo del 2015 è stato anche novellato il codice deontologico degli avvocati canadesi che devono oggi informare i loro clienti circa i vantaggi dell’uso dei metodi amichevoli di composizione[10]. In dettaglio il canone deontologico recita: “Durante il corso del mandato, l’avvocato è tenuto ad informare e consigliare il cliente su tutti i mezzi disponibili per la risoluzione della sua lite, compresi i metodi preventivi di risoluzione delle dispute[11].

Anche da noi esiste una norma simile in vigore addirittura dal 15 dicembre 2014:” L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge”.

La norma canadese appare però più incisiva: da noi si fa, infatti, riferimento soltanto “all’atto del conferimento dell’incarico”, ma è sacrosanto che l’esigenza di uno strumento alternativo può nascere durante tutto il corso dell’assistenza legale[12].

Questo accadimento è insito ad esempio nella mentalità britannica, tanto che si consiglia[13] all’avvocato a cui sia proposto di impegnarsi in una procedura di ADR, ma che ritenga ragionevolmente di non parteciparvi, almeno in quel dato momento, di tenere alcuni comportamenti per evitare sanzioni processuali: a) non ignorare l’offerta di impegnarsi in ADR; b) rispondere tempestivamente per iscritto, indicando con motivazioni chiare ed esaustive perché l’ADR non sia appropriato alla fase, se possibile sulla base degli orientamenti Halsey[14]; c) comunicare alla controparte ogni sorta di informazioni o di evidenze probatorie che si creda possano essere di ostacolo per il successo di un ADR, insieme alle considerazioni per cui questi impedimenti potrebbero essere superati; d) non chiudere all’ADR di qualsivoglia tipo, e per sempre, perché potrebbe rivelarsi la pena di perseguire o altro ADR rispetto a quello proposto o quello proposto in un momento differente.

Del resto una mentalità aperta durante tutto il tempo della consulenza è sancita, su ispirazione delle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, anche dal Codice deontologico degli avvocati europei di osservanza obbligatoria nei rapporti transfrontalieri: “L’avvocato deve sempre cercare di trovare per la causa del cliente una soluzione proporzionata al costo e deve consigliarlo al momento opportuno sulla convenienza di cercare un accordo o di ricorrere a strumenti alternativi di composizione delle controversie[15].

Ma torniamo ora al Codice di procedura civile del Québec[16] o meglio a quella parte di codice che riguarda i metodi alternativi[17] che nei profili più interessanti qui si porge in traduzione:

Art 1.

“Per prevenire una potenziale controversia o risolverne una esistente, le parti interessate, di comune accordo, possono optare per un procedura privata di prevenzione e risoluzione del conflitto[18].

Appare molto interessante il fatto che ci si riferisca anche ad una potenziale controversia; il principio era già in verità nelle corde del conciliatore del Regno delle Due Sicilie del 1819 che si procurava perché fossero spenti gli odi e le inimicizie degli abitanti del comune[19]: bastava dunque un semplice litigio o malinteso, non ci voleva una vera e propria controversia perché il conciliatore potesse intervenire.

Questa facoltà di intervento del conciliatore non venne poi ripresa nel codice del 1865 (ma si affermò invece nel codice di Pubblica Sicurezza) perché si ritenne che era meglio ci fosse una richiesta delle parti; la norma canadese da questo punto di vista è equilibrata perché appunto prevede che debba sussistere il consenso delle parti.

“Le principali procedure private di prevenzione e risoluzione delle controversie sono la negoziazione tra le parti, e la mediazione e l’arbitrato, in cui le parti chiamano una terza persona ad assisterli. Le parti possono anche ricorrere a qualsiasi altro tipo di processo che li soddisfi e che ritengano utile, anche se non prende in prestito regole dalla negoziazione, dalla mediazione o dall’arbitrato[20].

Le parti devono prendere in considerazione le procedure private di prevenzione e di risoluzione dei ​​prima di delegare la controversia ai tribunali[21].

La legge dunque stabilisce che le parti possono scegliere il metodo che riconoscono più utile ed appropriato alla risoluzione del loro conflitto.

Ma aggiunge che se vogliono adire i tribunali hanno l’obbligo di prendere in considerazione una procedura alternativa.

Una impostazione simile la ritroviamo in Francia ove non sussistono (almeno per ora[22]) condizioni di procedibilità come da noi, ma tutti i MARD [23] stanno sullo stesso piano.

In Francia il codice di procedura civile specifica però che, in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, le parti debbono indicare in atti quali strumenti abbiano utilizzato preventivamente ed il giudice se non lo hanno fatto o lo ritiene insufficiente può proporre una mediazione o una conciliazione[24].

Anche in Germania il codice di rito prevede che negli atti introduttivi si debba effettuare una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[25].

In tutti e tre paesi tuttavia il legislatore non ha avuto la forza di imporre espressamente una sanzione nel caso in cui le parti non scelgano una procedura di risoluzione del conflitto alternativa: anche se la norma canadese appare più aperta a interpretazioni che involgano conseguenze negative in caso di violazione.

Una nazione invece che prevede il tentativo di composizione bonario espressamente a pena di inammissibilità del giudizio, almeno per le controversie che vedano in campo lo Stato, è la Croazia: recentemente a Corte di Giustizia ha peraltro ritenuto che la norma croata non violi l’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo[26].

Art 2.

“Le parti che entrano in una procedura privata di prevenzione e risoluzione delle controversie lo fanno volontariamente. Esse sono tenute a partecipare alla procedura in buona fede, ad essere trasparente le une con le altre, anche per quanto riguarda le informazioni in loro possesso, e di cooperare attivamente nella ricerca di una soluzione e, se del caso, di preparare e concordare un protocollo pre-giudiziario[27]; esse sono inoltre tenute a condividere i costi del processo[28].

In Italia non siamo abituati alla trasparenza ossia alla comunicazione dei fatti rilevanti per la risoluzione della controversia, attività che nel Nord America piuttosto che nel Regno Unito è cosa pacifica vista anche l’impostazione etica protestante. Questo è il motivo per cui da noi la negoziazione assistita è allo stato poco usata: le parti non sono abituate a scambiarsi documenti ed informazioni.

Un’altra prassi molto seguita nei paesi anglo-sassoni è quella di preparare un percorso per velocizzare il processo in caso di mancato accordo (pre-protocol court).

In Francia si è cercato di sintonizzarsi su questa modalità di risoluzione del conflitto (che ha trovato ad esempio anche mirabile disciplina nel processo californiano[29]) con l‘apprestamento di una convenzione di negoziazione che diventa, in caso di fallimento totale o parziale delle trattative, il documento sulla cui base il giudice prenderà le sue decisioni (e che nel futuro consentirà agli avvocati di assumere congiuntamente i mezzi di prova processuali[30]).

In Italia non vi è stato nessun coordinamento tra la legge[31] e il codice di rito per cui la convenzione di negoziazione non sortisce uno degli effetti primari che è appunto quello di velocizzare l’eventuale successivo contenzioso: da noi è puramente una clausola conciliativa peraltro non bene congegnata visto che allo stato non consente di superare l’impasse di comportamenti poco cristallini.

Esse devono, così come deve ciascuna terza persona che le assista, garantire che ogni passo effettuato sia proporzionato, in termine di costi o tempi coinvolti, alla natura e alla complessità della disputa”[32].

Nel Nord America non si parla tanto di mezzi alternativi al giudizio, ma di mezzi adeguati alla risoluzione delle controversie. Il principio qui richiamato è peraltro in linea con il canone già visto del Codice deontologico degli avvocati europei. Anche noi prevediamo però in parte un canone simile nel nuovo codice deontologico[33].

In aggiunta, a loro è richiesto, in ogni passo od accordo che intervenga, di rispettare le libertà ed i diritti umani e ad osservare le regole di ordine pubblico[34]”.

In Quebéc non si parla dunque di diritti disponibili come da noi, ma del rispetto delle libertà e dei diritti umani. In comune abbiamo invece il rispetto delle norme di ordine pubblico.

Aggiungo che le Corti possono incoraggiare le parti a partecipare ad una mediazione in ogni stadio del processo[35]: non c’è dunque alcun limite di tempo o di stato della controversia.

E ciò anche nel processo inerente gli small claims[36], ossia per le controversie che abbiano un valore inferiore ai 15.000 dollari canadesi (10.060.47 €).

Le Corti possono infine ordinare in una controversia in materia di famiglia la partecipazione dei genitori a una sessione informativa di mediazione o ad una mediazione[37].

[1] Rules of Civil Procedure, RRO 1990, Reg 194 in http://canlii.ca/en/on/laws/regu/rro-1990-reg-194/latest/rro-1990-reg-194.html

[2] Cfr. Rule 24.1.01 e ss.

[3] Cfr. Rule 24.01.04.

[4] In tal caso è il giudice che stabilisce il termine entro cui la mediazione deve essere esperita ( Rule 24.1.09 2.1).

[5] Per una più puntale panoramica v. https://mediaresenzaconfini.org/2014/01/30/la-mediazione-obbligatoria-in-canada/

[6] Per una più puntale panoramica v. https://mediaresenzaconfini.org/2014/01/30/la-mediazione-obbligatoria-in-canada/

[7] Da noi i buoni propositi del legislatore non hanno dato frutti perché il sistema giudiziario, i notai risorgimentali e soprattutto la pubblica amministrazione hanno messo in ogni modo possibile i bastoni tra le ruote, ma è significativo che qualcun altro ci riprovi nel 2016, anche se soltanto per motivi economici.

[8] Élizabeth Corte, Chef de la Cour du Québec

[9] L’idée, c’est de simplifier les procédures, de les rendre moins coûteuses, de favoriser la médiation, entre autres. C’est comme avec le système de santé. Il n’est pas toujours nécessaire d’aller aux urgences quand on peut appeler son médecin ou aller au CLSC (Local Community Services Centres). Dans certains cas, la médiation en amont, c’est suffisant. Et si ça ne fonctionne pas, le citoyen va aller à la cour et les juges vont regarder le dossier, tôt dans le processus, lors d’une (audience) de gestion.» http://www.journaldemontreal.com/2016/02/20/entrevue-avec-la-juge-en-chef-de-la-cour-du-quebecvers-un-changement-de-culture-judiciaire

[10] http://www.lesaffaires.com/dossier/litiges-d-actionnaires/la-justice-participative-pour-regler-les-conflits/578340; Cfr. anche https://www.barreau.qc.ca/pdf/journal/vol47/201501_04.pdf

[11] 42. Throughout the course of a mandate, the lawyer must inform and advise the client about all available means for settling his dispute, including dispute prevention and resolution methods.

Code of Professional Conduct of Lawyers

An Act respecting the Barreau du Québec

http://www2.publicationsduquebec.gouv.qc.ca/dynamicSearch/telecharge.php?type=3&file=%2FB_1%2FB1R3_1_A.HTM

[12] E peraltro l’arbitrato endoprocessuale oggi per legge in Italia si pone in un momento necessariamente successivo alla firma dell’originario mandato

[13] ADR Handbook (paragraph 11.56) in http://ukcatalogue.oup.com/product/9780199676460.do ; il consiglio  stato fatto proprio dalle Corti d’Appello. Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2014/02/10/tempi-duri-per-la-mancata-adesione-del-chiamato-alla-mediazione/

[14] Supreme Court of Judicature Court of Appeal (Civil division), Halsey v Milton Keynes general NHS Trust [2004] 1 WLR 3002 in http://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2004/576.html

[15] Canone 3.7.1 CODICE DEONTOLOGICO DEGLI AVVOCATI EUROPEI in http://www.ccbe.eu/fileadmin/user_upload/NTCdocument/5761CodiceDeontologi6_1352191308.pdf

[16] http://www2.publicationsduquebec.gouv.qc.ca/dynamicSearch/telecharge.php?type=2&file=/C_25/C25_A.HTM

[17] TITLE I PRINCIPLES OF PROCEDURE APPLICABLE TO PRIVATE DISPUTE PREVENTION AND RESOLUTION PROCESSES

[18] 1. To prevent a potential dispute or resolve an existing one, the parties concerned, by mutual agreement, may opt for a private dispute prevention and resolution process.

[19] L’impostazione peraltro è cinese e risale almeno a 1200 anni prima di Cristo quando c’erano dei funzionari appositi che giravano nel Regno con una lanterna alla ricerca delle controversie da sopire.

[20] The main private dispute prevention and resolution processes are negotiation between the parties, and mediation and arbitration, in which the parties call on a third person to assist them. The parties may also resort to any other process that suits them and that they consider appropriate, whether or not it borrows from negotiation, mediation or arbitration.

[21] Parties must consider private prevention and resolution processes before referring their dispute to the courts.

[22] C’è un provvedimento che è stato approvato in prima lettura al senato che prevede l’obbligo della conciliazione davanti alle giurisdizioni minori.  http://www.gouvernement.fr/action/la-justice-du-21e-siecle

[23] Conciliazione, mediazione, negoziazione assistita, diritto collaborativo ecc.

[24] (Art. 56 per la citazione) “in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, l’atto di citazione dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio (résolution amiable du litige)”.

(Art. 58 per il ricorso) “In assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico, il ricorso dovrà precisare ugualmente le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio”.

L’art. 127 poi stabilisce che “All’inizio del procedimento e conformemente al tenore degli articoli 56 e 58, se le procedure intervenute per pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio non sembrano esaustive al giudice, questi può proporre alle parti la conciliazione o la mediazione.

[25] § 253 comma (3) ZPO

(omississ)

(3) Die Klageschrift soll ferner enthalten:

  1. die Angabe, ob der Klageerhebung der Versuch einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorausgegangen ist, sowie eine Äußerung dazu, ob einem solchen Verfahren Gründe entgegenstehen;

(omissis)

[26] Sentenza del 25 marzo 2015 in http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-152990

[27] PRE-ACTION PROTOCOL

The purpose of a pre-action protocol is to provide the parties with an opportunity to settle the dispute between them without it being necessary to initiate legal proceedings or, if that can’t be avoided, to prepare good case management.

The purpose of a pre-action protocol is to encourage the parties to exchange information on their dispute in a sufficiently detailed manner so that they can clearly understand the respective position of each one and reach an informed decision in order to resolve the dispute or consider alternate methods, thereby avoiding the initiation of legal proceedings. In other jurisdictions, pre-action protocols have been established in certain specific fields, such as in construction and engineering disputes, professional liability following health care services, claims of bodily harm, defamation, hidden defects, etc. These protocols set forth the principles that ought to guide parties as well as a process to facilitate and speed up the exchange of relevant information.

The pre-action protocol aims at promoting a culture with less conflict and geared more toward cooperation between

the parties in order to reach a fast settlement of the dispute at a cost that is in proportion to the issues at hand.

Barrau du Quebéc, GUIDE TO BEST PRACTICES 2014, in http://www.barreau.qc.ca/pdf/publications/bdq-guide-best-practices.pdf

[28] 2. Parties who enter into a private dispute prevention and resolution process do so voluntarily. They are required to participate in the process in good faith, to be transparent with each other, including as regards the information in their possession, and to co-operate actively in searching for a solution and, if applicable, in preparing and implementing a pre-court protocol; they are also required to share the costs of the process.

[29] Cfr. Sistemi di composizione dei conflitti in California in mediaresenzaconfini.org

[30] http://www.gouvernement.fr/action/la-justice-du-21e-siecle

[31] L. n. 162/14 di conversione del D.L. 132/14 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la

definizione dell’arretrato in materia di processo civile)

[32] They must, as must any third person assisting them, ensure that any steps they take are proportionate, in terms of the cost and time involved, to the nature and complexity of the dispute.

[33] Art. 66 c. 1. L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita”

[34] In addition, they are required, in any steps they take and agreements they make, to uphold human rights and freedoms and observe other public order rules.

[35] 158. For case management purposes, at any stage of a proceeding, the court may decide, on its own initiative or on request, to

 (1) take measures to simplify or expedite the proceeding and shorten the trial by ruling, among other things, on the advisability of ordering the consolidation or separation of proceedings or the splitting of the proceeding, of better defining the issues in dispute, of amending the pleadings, of limiting the length of the trial, of admitting facts or documents, of authorizing affidavits in lieu of testimony or of determining the procedure and time limit for the disclosure of exhibits and other evidence between the parties, or by convening the parties to a case management conference or a settlement conference, or encouraging them to use mediation;

[36] 556. The court clerk informs the parties at the earliest opportunity that they may at no additional cost submit their dispute to mediation. If the parties consent to mediation, they may request the court clerk to refer them to the mediation service. In that case, the mediation session is presided over by a lawyer or a notary, certified as a mediator by their professional order.

[37] 341. The court may also make such an order if the successful party breached its undertakings with regard to the conduct of the proceeding, such as by failing to meet time limits, if it unduly delayed in presenting an incidental application or filing a notice of discontinuance, if it needlessly required a witness to attend at court or if it refused, without valid cause, to accept tenders, to admit the origin or integrity of evidence or, in a family matter, to participate in a parenting and mediation information session.

420. The court may, at any time, stay the proceeding or adjourn the trial to enable the parties to enter into or continue mediation with a certified mediator of their choice, or to ask the Family Mediation Service to work with the parties.

Before making such a decision, the court considers such factors as whether the parties have already met with a certified mediator, whether there is an equal balance of power between the parties, whether there have been incidents of family or spousal violence and whether mediation is in the interests of the parties and their children.

Incentivi fiscali alle misure di degiurisdizionalizzazione

Nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 5 dell’8 gennaio 2016, è pubblicato il decreto interministeriale di attuazione dell’articolo 21 bis del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2015, n. 132.

Con il decreto vengono dettate le modalità e indicata la documentazione da esibire a corredo della richiesta del credito di imposta per accedere agli incentivi fiscali alle misure di degiurisdizionalizzazione per negoziazione assistita e arbitrato nei casi previsti dal decreto legge 132/2014.

L’art. 21-bis del d.l. n.83/2015 prevede che possono presentare domanda, per il riconoscimento di credito d’imposta commisurato al compenso e sino alla concorrenza di 250 euro, le parti che corrispondono o che hanno corrisposto, nell’anno 2015, ai sensi del d.l. n.132/2014, compenso agli avvocati abilitati ad assisterli nel procedimento di negoziazione assistita (Capo II del d.l. 132/2014) concluso con successo.

Come indicato nel decreto, le domande possono essere presentate dall’11 gennaio 2016, per i trenta giorni successivi, utilizzando i link disponibili qui, per la procedura online che sarà attiva da lunedì 11 gennaio 2016.

https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_30.wp

Decreto 23 dicembre 2015 – Incentivi fiscali nella forma del credito d’imposta nei procedimenti di negoziazione assistita

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

di concerto con

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto l’articolo 21-bis del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, che prevede incentivi fiscali nella forma di “credito d’imposta” nei procedimenti di negoziazione assistita, nonché di conclusione dell’arbitrato con lodo, ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162;

Visto il comma 2 del citato art. 21-bis, a norma del quale, con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità e la documentazione da esibire a corredo della richiesta del credito di imposta, nonché i controlli sull’autenticità della stessa;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, recante il testo unico delle imposte sui redditi;

Visto il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni, e in particolare l’art. 17, concernente la compensazione dei crediti d’imposta;

Decreta:

Art. 1
Definizioni e oggetto

  1. Il presente decreto stabilisce le modalità e la documentazione da esibire a corredo della richiesta di credito di imposta da parte del richiedente, nonché i controlli sull’autenticità della stessa.
  2. Ai fini del presente decreto, per “richiedente” si intende la parte che ha corrisposto, nell’anno 2015, il compenso all’avvocato che lo ha assistito nel corso di uno o più procedimenti di negoziazione assistita conclusi con successo, ovvero agli arbitri nel procedimento di cui al capo I, del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sempre che si sia concluso con lodo.

Art. 2
Richiesta di attribuzione del credito di imposta 

  1. La richiesta di attribuzione del credito di imposta deve essere proposta compilando l’apposito modulo (FORM), disponibile dal giorno 10 gennaio 2016 in un’area dedicata, denominata “Incentivi fiscali alle misure di degiurisdizionalizzazione di cui al decreto-legge n. 132 del 2014” del sito internet del Ministero della giustizia (“www.giustizia.it”).
  2. Alla richiesta deve essere allegata:
    1. copia dell’accordo di negoziazione assistita e prova della trasmissione dello stesso al Consiglio dell’Ordine degli avvocati a norma dell’articolo 11 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, ovvero copia del lodo arbitrale che ha concluso il procedimento di cui al capo I del predetto decreto-legge, nonché copia per immagine dell’originale o della copia autentica del provvedimento giudiziale di trasmissione del fascicolo adottato a norma dell’articolo 1, comma 2, del medesimo decreto-legge;
    2. copia della fattura, inerente la prestazione di cui sopra, rilasciata dall’avvocato o dall’arbitro;
    3. copia della quietanza, del bonifico, dell’assegno o di altro documento attestante l’effettiva corresponsione del compenso nell’anno 2015.
    4. copia del documento di identità del richiedente;
  3. In caso di definizione con successo di più negoziazioni assistite, ovvero di più arbitrati conclusi con lodo, per i quali è stato corrisposto un compenso all’avvocato o agli arbitri, è necessario compilare un numero di richieste corrispondente al numero di procedure.

Art. 3
Modalità di trasmissione della richiesta

  1. La richiesta del credito di imposta è trasmessa esclusivamente avvalendosi delle funzionalità del sito internet di cui all’articolo 2, comma 1. La trasmissione deve essere effettuata non prima dell’11 gennaio 2016 e, a pena di decadenza, entro l’11 febbraio 2016.

Art. 4
Limiti complessivi di spesa e relativo rispetto

  1. Il credito di imposta, riconosciuto in caso di successo della negoziazione, ovvero di conclusione dell’arbitrato con lodo, è commisurato, secondo criteri di proporzionalità, al compenso corrisposto all’avvocato o all’arbitro fino alla concorrenza di 250 euro ed è determinato, secondo i medesimi criteri, in misura corrispondente alle risorse stanziate, nel limite di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016.
  2. Per consentire la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi dell’art. 6 del presente decreto, le risorse stanziate sono trasferite sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle entrate – fondi di bilancio”, aperta presso la Banca d’Italia.

Art. 5
Modalità di comunicazione dell’esito della richiesta

  1. Il Ministero della giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia, entro il 30 aprile 2016, comunica al richiedente l’importo del credito di imposta effettivamente spettante in relazione a ciascuno dei procedimenti di cui ai capi I e II del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132. La comunicazione ha luogo con le modalità pubblicate nell’area dedicata di cui all’articolo 2, comma 1.

Art. 6
Procedure di utilizzo del credito di imposta

  1. Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2015 ed è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione ai beneficiari dell’importo spettante, effettuata dal Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 5, comma 1, del presente decreto. A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. In alternativa, le persone fisiche non titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo possono utilizzare il credito spettante in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
  2. L’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione tramite modello F24 non deve eccedere l’importo comunicato dal Ministero della giustizia, pena lo scarto dell’operazione di versamento. Ai fini del controllo di cui al periodo precedente, preventivamente alla comunicazione ai soggetti beneficiari di cui al comma 1, il Ministero della giustizia trasmette all’Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d’intesa, l’elenco dei soggetti beneficiari e l’importo del credito spettante a ciascuno di essi, nonché le eventuali variazioni e revoche.
  3. Il credito l’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, nè del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Art. 7
Controlli e cause di revoca del credito di imposta

  1. Ai fini di cui all’articolo 6, nonché allo scopo di agevolare la raccolta dei dati per le finalità di cui all’articolo 11 del decreto legge n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014, i Consigli degli Ordini forensi trasmettono al Ministero della giustizia, con cadenza trimestrale, un elenco degli accordi di negoziazione loro comunicati a norma del predetto articolo 11, comma 1, classificandoli con le modalità indicate con provvedimento del capo del Dipartimento per gli affari di giustizia e del capo del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. Nel medesimo provvedimento saranno indicate anche le modalità per la trasmissione dei dati di cui al presente articolo.
  2. Il credito di imposta è revocato nel caso venga accertata l’insussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi di cui al presente decreto, ovvero nel caso la documentazione presentata, di cui all’articolo 2, contenga elementi non veritieri o sia incompleta rispetto a quella richiesta. Sono fatte salve le eventuali conseguenze di legge civile, penale ed amministrativa e, in ogni caso, si provvede al recupero del beneficio indebitamente fruito, ai sensi dell’articolo 8.

Art. 8
Procedure di recupero del credito di imposta illegittimamente fruito

  1. Qualora, a seguito dei controlli effettuati dal Ministero della giustizia, si accerti l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta di cui al presente decreto, per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa della non eleggibilità delle spese sulla base delle quali è stato determinato il beneficio, il Ministero, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.
  2. Ai fini dei controlli di cui al comma 1, l’Agenzia delle entrate trasmette al Ministero della giustizia, entro il mese di marzo 2017, con modalità telematiche definite d’intesa, l’elenco dei soggetti che hanno utilizzato il credito d’imposta attraverso le dichiarazioni dei redditi e i modelli F24 ricevuti nell’anno 2016, con i relativi importi.
  3. L’Agenzia delle entrate comunica telematicamente al Ministero della giustizia l’eventuale indebita fruizione, totale o parziale, del credito d’imposta di cui all’art. 1, accertata nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo.

Il presente decreto sarà trasmesso ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Roma, 23 dicembre 2015

Il Ministro della giustizia
Orlando

Il Ministro dell’economia e delle finanze
Padoan

Registrato alla Corte dei conti il 30 dicembre 2015
Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri,
reg.ne prev. n. 3204

https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.wp?previsiousPage=mg_1_30&contentId=SDC1205666

La condizione degli Ebrei in genere e nelle Leggi e Costituzioni di Sua Maestà Vittorio Amedeo II

Nel giorno della memoria mi pare opportuno pubblicare qui questo breve saggio (clicca qui: la condizione degli ebrei nelle leggi e costituzioni di sua maestà vittorio amedeo ii )

L’intento è quello di far comprendere al lettore qualcosa di più sulla storia degli Ebrei.

Spesso si ritiene che siano stati perseguitati soltanto nel XX secolo e comunque non si spiega con dovizia di dettagli che la Shoah è solo la punta di un iceberg che alle sue fondamenta trova delle interdizioni pesantissime e millenarie.

Spero che possano avvicinarsi a questo testo soprattutto gli insegnanti e gli alunni: a suo tempo io lo scrissi per loro cognizione e memoria.

Non sono ebreo e dunque mi sono avvicinato alla materia da semplice studioso di storia: coloro che appartengono al popolo ebraico mi scuseranno per eventuali imprecisioni e semplificazioni; il mio intento è solo quello di focalizzare l’attenzione su alcuni fatti poco esplorati e conosciuti, ma estremamente rilevanti.

Per coloro che si occupano di ADR la storia ebraica è importante sia che ci riferiamo agli strumenti di ordine imposto sia che prendiamo in considerazione quelli di negoziato.

Quanto all’arbitrato possiamo in sintesi anticipare che è stato lo strumento principe attraverso cui è pervenuta sino a noi la loro eredità giuridica.

In riferimento alla conciliazione vedremo che essa si lega al trattamento giuridico degli immobili nei ghetti presenti nei domini dei Savoia. Se abbiamo avuto una conciliazione facoltativa sino al 2010 c’è un motivo che si incrocia con la storia ebraica.

AVVERTENZA

La condizione degli Ebrei nei millenni ha messo duramente in crisi il concetto stesso di diritto naturale, quelle guarentigie minime che gli antichi ritenevano presenti presso tutte le genti, e ciò perché ci furono forse ben pochi popoli che nella storia ne subirono così fortemente il disconoscimento.

I paria delle Indie, gli schiavi dell’Oriente e di Roma, gli Iloti di Sparta (che erano privi dei diritti civili e politici e potevano essere uccisi impunemente) sono i tipi soli che possiamo qui mentovare onde farci un’idea del modo in cui vivevano gli Ebrei fra le nazioni cristiane; formando casta a parte da chi potevano aspettare protezione e giustizia? dalle loro universalità? Dalle nazioni che li ricettavano nel loro territorio e li ritenevano in condizione affatto precaria? Con ragione disse il Forti che il mancar di fede degli Ebrei non parve ai principi cosa riprovevole, il mancare ai medesimi di umanità non parve ai popoli contrario alla legge di Dio[1].

Lo stesso Mosè del resto aveva anticipato agli Israeliti un particolare destino: “Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete che un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà[2].

Il Corano nella VII sura (Al-A‘râf) rievoca con queste parole un triste percorso:

“167. E il tuo Signore annunciò che avrebbe inviato contro di loro qualcuno che li avrebbe duramente castigati fino al Giorno della Resurrezione! In verità il tuo Signore è sollecito nel castigo, ma è anche perdonatore, misericordioso”

“168. Li dividemmo sulla terra in comunità diverse. Tra loro ci sono genti del bene e altre [che non lo sono]. Li mettemmo alla prova con prosperità ed avversità, affinché ritornassero [sulla retta via]”[3].

Nel breve saggio che seguirà ove cercheremo di descrivere sommariamente le loro traversie, useremo diversi vocaboli per indicare gli appartenenti al popolo di Abramo.

Avvertiamo però che a rigore i vocaboli non sono del tutto fungibili.

Secondo una prima interpretazione, infatti, il termine Eber o Heber[4] venne dato dai Cananei ad Abramo perché giungeva dalla Caldea che si trova al di là del fiume Eufrate.

Secondo gli Orientali invece la parola Ebreo deriverebbe da Heber figlio di Sale e trisavolo di Abramo.

Il lemma Israeliti indica i discendenti di Israel ovvero Giacobbe, nato da Isacco figlio di Abramo.

La parola Israel  significa in ebraico “che prevale o che domina con Dio”[5]; un angelo soprannominò così Giacobbe dopo che ebbe compiuto una lotta durante una visione a Macanàim ribattezzata da lui  Penuél[6].

Gli Ebrei amano in particolare chiamarsi israeliti perché è un termine che si ritrova nelle Sacre scritture.

Il termine Israele talvolta indica tutto il popolo, talaltra la sola discendenza di Giacobbe e ancora il regno di Israele e delle dieci tribù distinte dal regno di Giuda (che ricomprendeva appunto la tribù di Giuda e di Beniamino).

Con il vocabolo Giudei si fa riferimento poi a coloro che fecero ritorno a Gerusalemme dalla cattività babilonese: dal momento che non esisteva più il regno di Israele, gli Ebrei assunsero il nome dell’unico regno ancora in piedi che era appunto quello di Giuda.

Peraltro la Tribù di Giuda era anche la più potente e quasi l’unica rimasta nel paese.

Prima di quest’epoca si dava nome di Giudei solo agli abitanti del regno di Giuda; e prima della formazione del regno di Giuda[7], i discendenti di Giacobbe furono conosciuti solo come Israeliti od Ebrei[8].

Dopo quest’epoca i termini utilizzati per indicare il popolo di Erez Israel[9] sono appunto sostanzialmente Giudei, Ebrei; nella legislazione romana il termine utilizzato è ad esempio quello di Giudei, in quella sabauda si fa riferimento invece agli Ebrei, nelle leggi razziali fasciste del 1938 ai “cittadini italiani di razza ebraica”o “agli appartenenti alla razza ebraica”.

Ogni termine ha dunque un suo preciso significato anche storico e quindi la scelta che si opererà è dettata esclusivamente dal fatto che si vuole rendere più agevole e fluida la lettura[10].

Al fine di descrivere la legislazione savoiarda sugli Ebrei si ritiene inoltre utile premettere un excursus sulla storia degli Israeliti a partire dal loro arrivo a Roma.

E ciò perché le usanze che si ritrovano nelle norme sabaude potrebbero risultare non solo punitive, ma anche bizzarre per un lettore che non sia avvezzo alla conoscenza di quello che era il regime imposto a partire dai primi stanziamenti giudaici per arrivare al diritto comune, ancora vigente nel secolo XVIII.

In altre parole ciò ci aiuterà a comprendere con mestizia che nelle norme di Sua Maestà Vittorio Amedeo II vi è una strettissima continuità con il passato della condizione giudea.

E peraltro nella legislazione dei Savoia si pongono  purtroppo le basi anche per quelle che noi denominiamo le leggi razziali[11].

CONTINUA A LEGGERE la condizione degli ebrei nelle leggi e costituzioni di sua maestà vittorio amedeo ii2

[1] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, Tipografia Favale, Torino, 1848, p. 46.

[2] Deuteronomio, 4, 27. La Bibbia di Gerusalemme, 2009.

[3] Il Corano, versione grandi tascabili Newton classici a traduzione di Hamza Roberto Piccardo, 2006, p. 154. Il passo viene citato all’inizio di una delle storie più famose del popolo ebreo dell’antichità (1189), quella di Samuele figlio di Giuda, che era passato alla religione islamica.

[4] Che sta in quanto preposizione per trans, al di là, ma anche come sostantivo per indicare il viaggiatore.

[5] Deriva, infatti, dal termine shara che tradotto in italiano significa “dominare”.

[6] Gen. 32, 29. “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con gli uomini e con Dio ed hai vinto”. La Bibbia di Gerusalemme, 2009.

[7] Avvenuta con Roboamo, figlio di Salomone, che divise la Terra Promessa o Santa in due regni.

[8] Cfr. G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, voce Ebrei, Tipografia Emiliana, Venezia, 1843, pp. 1-6.

[9] Così gli Ebrei chiamano la Palestina (che venne a suo tempo appellata così al tempo di Adriano).

[10] Si aggiunge che si sono sostituite le dizioni avanti Cristodopo Cristo proprie della tradizione cristiana con le indicazioni BCE e e.V.

[11]  Le Leggi Razziali emanate in Italia tra il 5 Settembre 1938 e il 29 Giugno 1939, ricalcano essenzialmente quelle promulgate in Germania. Il primo documento ufficiale da cui sono poi scaturite è il Manifesto sulla purezza della razza pubblicato il 14 Luglio 1938. Segue il Comunicato della Segreteria del PNF sulla Razza Italiana; è del 5 Settembre 1938 il Regio Decreto per la difesa della razza nella scuola, del 7 Settembre 1938 il Regio Decreto sugli Ebrei stranieri, del 6 Ottobre 1938 la Dichiarazione sulla razza votata dal Gran Consiglio del Fascismo, del 15 Novembre 1938 il Regio Decreto sull’integrazione in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana, del 17 Novembre 1938 il Regio Decreto per la difesa della razza Italiana, del 29 Giugno 1939 il Regio Decreto sulla disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza Ebraica, Cfr. Per approfondire il testo di questi documenti v.http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/leggi_razziali_italia/leggi_razziali_italia.htm

Un bilancio sui metodi ADR

Come sappiamo bene uno sviluppo decisivo della mediazione civile e commerciale si è avuto con l’emanazione della direttiva 52/08[1] sulle controversie transfrontaliere.

Tuttavia se facciamo bene i conti ci sono voluti ben quattro anni perché si componesse l’intero quadro di implementazione e paesi importanti come Germania, Francia e Spagna ci sono arrivati solo all’ultimo, appunto nel 2012.

In Germania ancora oggi, nel 2015, la mancanza di un regolamento sulla mediazione certificata ha portato diversi problemi, anche legali, ai mediatori (oltre che alla violazione della Direttiva stessa che prevedeva all’art. 11 l’apprestamento anche delle disposizioni regolamentari entro il 21 maggio 2011).

Peraltro al marzo 2012 avevano provveduto alla comunicazione degli organi competenti a dare esecutività agli accordi (art. 6 della Direttiva) solo Lituania, Slovacchia, Regno Unito, Ungheria, Paesi Bassi ed Italia.

Come dire che molti stati se la sono presa a dir poco comoda.

Il 21 maggio 2016 per la mediazione transfrontaliera potrebbe essere una data importante poiché la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull’attuazione della direttiva e potranno essere proposte modifiche[2].

E quindi prima ancora che finisca nel nostro paese il periodo di sperimentazione della mediazione civile e commerciale come condizione di procedibilità, potrebbe essere necessario apporre delle correzioni.

L’art 9 richiedeva poi agli stati di incoraggiare “la divulgazione al pubblico, in particolare via Internet, di informazioni sulle modalità per contattare i mediatori e le organizzazioni che forniscono servizi di mediazione”.

In ossequio a questa norma sono stati sedici i paesi che hanno optato per la creazione di un registro statale[3].

Dobbiamo dire però che i paesi con condizioni favorevoli per la mediazione[4] non sentono la necessità di dotarsi di un registro statale di mediatori e quindi di applicare la Direttiva. Sui sette paesi che godono delle migliori condizioni per mediare[5] il registro è stato approntato dal solo Lussemburgo.

Sempre sei paesi su sette di quelli che hanno condizioni più favorevoli hanno una mediazione preventiva volontaria o su ordine del giudice.

Solo in Francia dal 1° aprile 2015 bisogna tentare uno dei MARDS prima di introdurre la causa, ma non c’è una sanzione per chi non lo fa.

Gli stati ad eccezione della Spagna puntano solo a parole sulla mediazione come istituto per deflazionare il contenzioso. Tra i nove paesi che hanno più cause pendenti per abitante solo Croazia e Germania primeggiano per incentivi e promozione pubblica dell’ADR.

Ad oggi in Europa i mediatori sono circa 47.000. Ma la cosa bizzarra è che i paesi con più alto numero di mediatori sono quelli che promuovono di meno pubblicamente gli ADR. Se non supereremo questo dato per la mediazione e soprattutto per i mediatori non ci potrà essere alcun futuro.

Da una intervista UE del febbraio 2015 effettuata in relazione ai rimedi che si sono apprestati in tema di violazione dei diritti dei consumatori è emerso che:

il 16% delle persone ha dichiarato che non ha adottato alcun rimedio;

il 23% ha affermato che era improbabile si potesse ottenere qualcosa;

il 19% ha precisato che la risoluzione era troppo lunga;

il 12% che non sapeva come o dove;

Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio.

Simili dati sconfortanti peraltro sono noti alla UE dagli anni 2000.

Così nel 2013 si sono approntati due strumenti: il regolamento 524/13 (regolamento ODR) e la direttiva 2013/11 (direttiva ADR)

Il sistema di tutela ADR/ODR del consumo doveva andare a regime il 9 gennaio 2016, ma gli stati non hanno ancora comunicato la lista degli organismi ADR che se ne occuperanno, così come era accaduto, come già ricordato, per gli organi deputati a fornire esecutività agli accordi ai sensi della direttiva 52/08.

E così anche se non c’è un provvedimento ufficiale della Commissione Europea il tutto slitterà a Febbraio 2016.

Nel frattempo la direttiva 2013/11 che doveva essere implementata entro il 9 luglio 2015, vede diverse defezioni, anche se gli Stati, dobbiamo dirlo, sono stati più solleciti rispetto alla direttiva 52/08.

Ad oggi sono 23 i paesi che hanno attuato la Direttiva ADR: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria.

Altri paesi stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Croazia, Germania, Lussemburgo, Polonia e Spagna.

La Polonia dovrebbe licenziare la legge a breve dato che l’8 dicembre 2015 il governo del paese ha dato per imminente l’attuazione.

Pure il governo del Granducato del Lussemburgo non dovrebbe essere lontano.

Per la Germania  si andrà a febbraio 2016 ed in Spagna probabilmente il recente voto politico ha stoppato il processo: era accaduto anche per la direttiva 52/08 del resto.

[1] DIRETTIVA 2008/52/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.

[2] Art. 6 c. 3 DIRETTIVA 2008/52/CE.

[3]

Stati Registro dei mediatori
Austria Sì consultabile

http://www.mediatorenliste.justiz.gv.at/mediatoren/mediatorenliste.nsf/docs/home

Belgio Sì consultabile

http://www.juridat.be/bemiddeling/

Bulgaria Sì consultabile

http://mediator.mjs.bg/Users/MList.aspx

Cipro Sì consultabile

https://iccs.mof.gov.cy/Intermediaries/Search.aspx?type=1&lang=GR

Grecia Sì consultabile

http://www.diamesolavisi.gov.gr/anazitisi-diamesolavitwn

Italia Sì consultabile

https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX

Lussemburgo Sì consultabile

http://www.mj.public.lu/professions/mediation_en_matiere_civile_commerciale/index.html#004

Malta Sì Consultabile

http://mjcl.gov.mt/en/mmc/Pages/List-of-Mediators.aspx

Portogallo Sì consultabile

http://www.dgpj.mj.pt/sections/gral/mediacao-publica/mediacao-anexos/lista-de-mediadores-art/downloadFile/file/Lista_de_Mediadores_word_27_02_14.pdf?nocache=1393601386.93

Romania Sì consultabile

http://www.cmediere.ro/mediatori/

Scozia Sì consultabile

http://www.scottishmediation.org.uk/find-a-mediator/

Slovacchia Sì consultabile

http://www.justice.gov.sk/Stranky/Registre/Zoznamy-vedene-MS-SR/MediatorZoznam.aspx

Slovenia Sì consultabile

https://spvt.mp.gov.si/centralna-evidenca-mediatorjev-ki-delujejo-v-programih-sodisc.html

Spagna Sì consultabile

http://www.mjusticia.gob.es/cs/Satellite/es/1215197983369/Estructura_P/1288777201289/Detalle.html

Svezia Sì consultabile

http://www.domstol.se/Tvist/Sarskild-medling/Forteckning-over-sarskilda-medlare1/

Ungheria Sì consultabile

https://kozvetitok.kim.gov.hu/Kozvetitok/KozvetitoList

[4] Migliori sono i sistemi economici, migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.

[5] Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Nuova legge sulla composizione amichevole in Polonia

Il 20 di settembre 2015 la Polonia ha varato una importante legge che modifica alcuni atti in relazione alla promozione della composizione amichevole delle controversie ( USTAWA z dnia 10 września 2015 r. o zmianie niektórych ustaw w związku ze wspieraniem polubownych metod rozwiązywania sporów) e che in particolare modifica il Codice di procedura civile.
La legge entra in vigore il 1° gennaio 2016.
Si introduce la mediazione ex officio obbligatoria per le parti qualora il giudice ritenga che sia possibile un accordo.
La mediazione può essere disposta in ogni stato e grado, anche in camera di consiglio.
Il giudice può parimenti disporre una sessione informativa che può essere condotta da un giudice, da un arbitro o da un mediatore.
Il mediatore viene scelto dalle parti ed in difetto dal giudice che nomina una persona con adeguata competenza.
La mediazione dura al massimo tre mesi.
L’accordo viene omologato dal giudice competente per la controversia.
Il Ministro della Giustizia stabilirà il compenso del mediatore e le spese di avvio della mediazione.
I seno al tribunale distrettuale opera un ufficio coordinatore per la mediazione, che svolge attività di sviluppo e consente la comunicazione efficace tra giudici e mediatori nell’organizzazione di riunioni informative.
Il mediatore di corte è detto mediatore permanente.
Ha almeno 26 anni, parla polacco, non è stato condannato per reati volontari (nemmeno tributari), ha competenze in materia di mediazione.
L’inserimento nel panel del tribunale è permanente ed avviene su domanda (le formalità sono stabilite dal ministero della Giustizia): decide il Presidente del tribunale ed il suo decreto è impugnabile in Corte d’Appello.
Il mediatore svolge la mediazione, utilizzando diverse tecniche per ottenere una risoluzione amichevole della controversia, anche sostenendo le parti perché formulino le loro osservazioni, o anche, su richiesta congiunta delle parti, il mediatore può indicare un modo di risolvere la controversia, che non sia vincolante per le parti.
Si riconoscono incentivi sulle spese processuali nel caso di accordo, sia in primo grado che in appello.
Dopo la Slovenia dunque la Polonia si avvicina alla legislazione dei paesi di common law
La norma peraltro interviene anche in materia di arbitrato.

Cenni sull’ADR del consumo a Cipro: un bel modello

Anche Cipro attua la Direttiva 2013/11 UE e dunque i paesi che hanno attuato la direttiva salgono a 19: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria.

La legge cipriota è del 23 ottobre 2015[1].

Cipro ha scelto l’arbitrato (si sostituisce la legge del 2011) che riguarda le controversie, transfrontaliere o non, per vendita di beni o prestazione di servizi sino a 5000 €.

Vi è un registro di venditori che accettano di regolare le loro questioni tramite arbitrato del consumo, tenuto all’ufficio per la concorrenza e la tutela dei consumatori del Ministero dell’energia, industria, turismo e commercio.

Questo ufficio retto da apposito segretario ha dislocazioni su base provinciale (tramite un Segretario) e l’elenco dei professionisti accettanti è reso pubblico ogni anno.

Si possono effettuare presso l’ufficio reclami online e non online: ma il consumatore deve ottenere prima il consenso del professionista.

L’ufficio è comunque tenuto a dare ai consumatori tutte le informazioni previste dalla Direttiva 2013/11 UE.

La domanda di arbitrato deve riguardare il consumo, essere corredata della prova del pagamento dell’arbitrato e non può superare il valore di 5000 €.

Diversamente viene respinta entro 7 giorni (i motivi di rifiuto sono poi anche quelli previsti dalla Direttiva).

Nella domanda devono essere indicati anche i testimoni che devono essere sentiti.

Se la domanda contiene tutti gli elementi entro 15 giorni viene inviata dal Segretario al professionista.

Se il professionista accetta può proporre domanda riconvenzionale (che può essere ritirata durante il corso del procedimento) e deve anch’egli indicare i propri testimoni.

Entro 20 giorni da quando il Segretario fornisce all’arbitro il fascicolo completo deve essere tenuta la seduta.

Le richieste istruttorie che non siano indicate negli atti iniziali devono essere autorizzate dall’arbitro.

Le parti possono comparire di persona o a mezzo di procuratore speciale od essere rappresentate da avvocato.

Durante l’udienza l’arbitro ha la facoltà di suggerire alle parti di addivenire ad una composizione amichevole che tiene luogo del lodo se è approvata dall’arbitro e registrata dal Segretario.

L’accordo può essere comunque impugnato in tribunale.

Nel caso di proposta l’arbitro è tenuto ad avvertire le parti che la decisione giudiziaria potrebbe essere diversa e comunque le parti devono avere a disposizione un tempo ragionevole per accettarla.

Il lodo deve essere emesso entro 15 giorni dall’udienza e notificato alle parti entro 90 giorni dalla ricezione della domanda di arbitrato (salvo identica proroga per le questioni complesse, debitamente comunicata alle parti).

I professionisti che non rispettano le decisioni arbitrali possono essere multati sino a 2000 €.

Il direttore dell’ufficio elabora la lista degli arbitri (su loro domanda) la cui approvazione è effettuata con decreto ministeriale pubblicato in gazzetta ufficiale.

Gli arbitri iscritti in apposito registro, sono avvocati con una esperienza di almeno due anni oppure membri della camera tecnica di Cipro (Επιστημονικό Τεχνικό Επιμελητήριο Κύπρου).

Non possono essere pubblici impiegati o detenere potere pubblico, essere stati condannati per reati che implicano disonestà o turpitudine morale.

Possono continuare a svolgere la loro professione e restano in carica 3 anni prorogabili su richiesta.

Non possono essere rimossi se non con un valido motivo.

Sono indipendenti, imparziali e neutrali.

Se tacciono un conflitto di interesse che venga sollevato da una parte, possono essere cancellati dal registro

La remunerazione degli arbitri è di 85 € ad arbitrato (sino a 2500 €) e di 170 € tra 2500 e 5000 €

[1] Διαιτησία Νόμος του 2015, Ν. 148(Ι)/2015 («ο Νόμος») (Legge sull’arbitrato del 2015 N. 148 (I) / 2015 (“Legge”)

Fai clic per accedere a 2015_1_148.pdf

http://psychonomika.info/2015/10/24/

In gazzetta il decreto di attuazione della Direttiva ADR

Due brevi considerazioni a caldo di introduzione al testo del DECRETO LEGISLATIVO 6 agosto 2015, n. 130.

Il decreto legislativo di attuazione della direttiva ADR sembra aver preso in considerazione diversi suggerimenti delle Commissioni parlamentari: ad esempio la parola reclamo che identificava la domanda di adr è stata sostituita correttamente con il termine domanda.
Le procedure ADR che differiscono dalla mediazione regolamentata di cui al decreto 28/10 sono considerate procedure ADR se rispettano il dettato del decreto legislativo. Ma le Autorità ADR (occhio alla Consob) sostanzialmente possono disciplinare la materia con proprie norme che appunto devono rispettare il dettato del decreto legislativo.
Si prevede poi che gli operatori di adr possano conoscere l’ADR oppure la risoluzione giudiziale delle controversie dei consumatori e dunque si continua nella ignoranza: una norma così retrograda poteva essere evitata.
Viene confermato e non poteva essere altrimenti che gli operatori devono essere pagati indipendentemente dal risultato.
E’ passata la regola secondo cui l’organismo può risolvere le controversie in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole.
Non c’è obbligo dell’assistenza legale per i consumatori.
E’ possibile mantenere la riservatezza di alcuni documenti come avviene già in mediazione.
Per l’indennità che gli organismi possono pretendere si fa sempre riferimento al tavolo di coordinamento ed indirizzo ministeriale.
Ciascuna autorità competente definisce il procedimento per l’iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità, nonché il rispetto del principio di tendenziale non onerosità, per il consumatore, del servizio. E dunque per gli organismi di ADR iscritti presso l’elenco ministeriale vigila il Guardasigilli: attenzione al requisito della stabilità.
Le autorità possono stabilire che le parti siano presenti fisicamente alla procedura (è compatibile ciò con la normativa europea?).
La cosa che pare significativa riguarda l’estensione dell’obbligo di partecipare alle procedure ADR per gli istituti di area CONSOB.
E’stato infine modificato il decreto 28/10.
2. All’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, le parole: “il procedimento di conciliazione previsto» sono sostituite dalle seguenti: «i procedimenti previsti” e dopo le parole: «n. 179,» sono inserite le seguenti: «e dai rispettivi regolamenti di attuazione».
E dunque ancora occhio da ora in poi alla regolamentazione in materia della Consob.

Di seguito il testo del DECRETO LEGISLATIVO 6 agosto 2015, n. 130 che si può  rinvenire all’indirizzo

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-08-19&atto.codiceRedazionale=15G00147&elenco30giorni=true

DECRETO LEGISLATIVO 6 agosto 2015, n. 130 

Attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori). (15G00147) (GU n.191 del 19-8-2015)

Vigente al: 3-9-2015

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 14, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori);
Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, ed in particolare gli articoli 31 e 32;
Vista la legge 7 ottobre 2014, n. 154, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre – ed in particolare l’articolo 8, che introduce principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della direttiva 2013/11/UE;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, recante il codice del consumo;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell’8 maggio 2015;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31 luglio 2015;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

Emana il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Modifiche al Codice del consumo in attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori

1. Alla parte V del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, il titolo II termina con l’articolo 140-bis e dopo il titolo II è inserito il seguente: «TITOLO II-bis – RISOLUZIONE EXTRAGIUDIZIALE DELLE CONTROVERSIE».
2. L’articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, è sostituito dal seguente:
«Art. 141 (Disposizioni generali: definizioni ed ambito di applicazione). – 1. Ai fini del presente titolo, si intende per:
a) «consumatore»: la persona fisica, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a);
b) «professionista»: il soggetto, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c);
c) «contratto di vendita»: il contratto di cui all’articolo 45, comma 1, lettera e);
d) «contratto di servizi»: il contratto di cui all’articolo 45, comma 1, lettera f);
e) «controversia nazionale»: una controversia relativa ad obbligazioni contrattuali derivanti da un contratto di vendita o di servizi, nell’ambito della quale il consumatore, quando ordina i beni o i servizi, risiede nello stesso Stato membro dell’Unione europea in cui è stabilito il professionista;
f) «controversia transfrontaliera»: una controversia relativa ad obbligazioni contrattuali derivanti da un contratto di vendita o di servizi, nell’ambito della quale il consumatore, quando ordina i beni o i servizi, risiede in uno Stato membro dell’Unione europea diverso da quello in cui è stabilito il professionista;
g) «procedura ADR»: una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie conforme ai requisiti di cui al presente titolo ed eseguita da un organismo ADR-Alternative Dispute Resolution;
h) «organismo ADR»: qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente, che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto nell’elenco di cui all’articolo 141-decies;
i) «autorità competente»: le autorità indicate dall’articolo 141-octies;
l) «domanda»: la domanda presentata all’organismo per avviare la procedura ADR;
m) «servizi non economici di interesse generale»: i servizi di interesse generale che non sono prestati a fini economici, a prescindere dalla forma giuridica sotto la quale tali servizi sono prestati, e, in particolare i servizi prestati, senza corrispettivo economico, da pubbliche amministrazioni o per conto delle stesse.
2. Ai fini del presente titolo il professionista si considera stabilito:
a) se si tratta di una persona fisica, presso la sua sede di attività;
b) se si tratta di una società o di un’altra persona giuridica o di un’associazione di persone fisiche o giuridiche, presso la sua sede legale, la sua amministrazione centrale o la sua sede di attività, comprese le filiali, le agenzie o qualsiasi altra sede.
3. Ai fini del presente titolo, l’organismo ADR si considera stabilito:
a) se è gestito da una persona fisica, nel luogo in cui svolge le attività ADR;
b) se è gestito da una persona giuridica o da un’associazione di persone fisiche o di persone giuridiche, nel luogo in cui tale persona giuridica o associazione di persone fisiche o giuridiche svolge le attività ADR o ha la sua sede legale;
c) se è gestito da un’autorità o da un altro ente pubblico, nel luogo in cui tale autorità o altro ente pubblico ha la propria sede.
4. Le disposizioni di cui al presente titolo, si applicano alle procedure volontarie di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, nell’ambito delle quali l’organismo ADR propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole e, in particolare, agli organismi di mediazione per la trattazione degli affari in materia di consumo iscritti nella sezione speciale di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e agli altri organismi ADR istituiti o iscritti presso gli elenchi tenuti e vigilati dalle autorità di cui al comma 1, lettera i), previa la verifica della sussistenza dei requisiti e della conformità della propria organizzazione e delle proprie procedure alle prescrizioni del presente titolo. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano, altresì, alle eventuali procedure, previste ai sensi del comma 7, in cui l’organismo ADR adotta una decisione.
5. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano altresì alle procedure di conciliazione paritetica di cui all’articolo 141-ter.
6. Sono fatte salve le seguenti disposizioni che prevedono l’obbligatorietà delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie:
a) articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che disciplina i casi di condizione di procedibilità con riferimento alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;
b) articolo 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249, che prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione nel settore delle comunicazioni elettroniche;
c) articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, che prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle materie di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, e le cui modalità di svolgimento sono regolamentate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico con propri provvedimenti.
7. Le procedure svolte nei settori di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, della Banca d’Italia, della Commissione nazionale per la società e la borsa e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ivi comprese quelle che prevedono la partecipazione obbligatoria del professionista, sono considerate procedure ADR ai sensi del presente Codice, se rispettano i principi, le procedure e i requisiti delle disposizioni di cui al presente titolo.
8. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) alle procedure presso sistemi di trattamento dei reclami dei consumatori gestiti dal professionista;
b) ai servizi non economici d’interesse generale;
c) alle controversie fra professionisti;
d) alla negoziazione diretta tra consumatore e professionista;
e) ai tentativi di conciliazione giudiziale per la composizione della controversia nel corso di un procedimento giudiziario riguardante la controversia stessa;
f) alle procedure avviate da un professionista nei confronti di un consumatore;
g) ai servizi di assistenza sanitaria, prestati da professionisti sanitari a pazienti, al fine di valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici;
h) agli organismi pubblici di istruzione superiore o di formazione continua.
9. Le disposizioni di cui al presente titolo non precludono il funzionamento di eventuali organismi ADR istituiti nell’ambito delle norme e provvedimenti, di cui ai commi 7 e 8, ed in cui i funzionari pubblici sono incaricati delle controversie e considerati rappresentanti sia degli interessi dei consumatori e sia degli interessi dei professionisti.
10. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.».
3. Dopo l’articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 141-bis (Obblighi, facoltà e requisiti degli organismi ADR). – 1. E’ fatto obbligo agli organismi ADR di:
a) mantenere un sito web aggiornato che fornisca alle parti un facile accesso alle informazioni concernenti il funzionamento della procedura ADR e che consenta ai consumatori di presentare la domanda e la documentazione di supporto necessaria in via telematica;
b) mettere a disposizione delle parti, su richiesta delle stesse, le informazioni di cui alla lettera a), su un supporto durevole, così come definito dall’articolo 45, comma 1, lettera l);
c) consentire al consumatore la possibilità, ove applicabile, di presentare la domanda anche in modalità diverse da quella telematica;
d) consentire lo scambio di informazioni tra le parti per via elettronica o, se applicabile, attraverso i servizi postali;
e) accettare sia le controversie nazionali sia quelle transfrontaliere, comprese le controversie oggetto del regolamento
(UE) n. 524/2013, anche attraverso il ricorso a reti di organismi ADR;
f) adottare i provvedimenti necessari a garantire che il trattamento dei dati personali avvenga nel rispetto delle regole di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
2. Gli organismi ADR possono, salve le diverse prescrizioni contenute in altre norme applicabili ovvero nelle deliberazioni delle autorità di regolazione di settore, mantenere e introdurre norme procedurali che consentano loro di rifiutare il trattamento di una determinata controversia per i seguenti motivi:
a) il consumatore non ha tentato di contattare il professionista interessato per discutere il proprio reclamo né cercato, come primo passo, di risolvere la questione direttamente con il professionista;
b) la controversia è futile o temeraria;
c) la controversia è in corso di esame o è già stata esaminata da un altro organismo ADR o da un organo giurisdizionale;
d) il valore della controversia è inferiore o superiore a una soglia monetaria prestabilita a un livello tale da non nuocere in modo significativo all’accesso del consumatore al trattamento dei reclami;
e) il consumatore non ha presentato la domanda all’organismo ADR entro un limite di tempo prestabilito, che non deve essere inferiore a un anno dalla data in cui il consumatore ha presentato il reclamo al professionista;
f) il trattamento di questo tipo di controversia rischierebbe di nuocere significativamente all’efficace funzionamento dell’organismo ADR.
3. Qualora, conformemente alle proprie norme procedurali, un organismo ADR non è in grado di prendere in considerazione una controversia che gli è stata presentata, tale organismo ADR fornisce a entrambe le parti una spiegazione motivata delle ragioni della sua decisione di non prendere in considerazione la controversia entro ventuno giorni dal ricevimento del fascicolo della domanda. Tali norme procedurali non devono nuocere in modo significativo all’accesso da parte dei consumatori alle procedure ADR, compreso in caso di controversie transfrontaliere.
4. E’ fatto obbligo agli organismi ADR di prevedere e garantire che le persone fisiche da essi incaricate della risoluzione delle controversie siano:
a) in possesso delle conoscenze e delle competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto provvedendo, se del caso, alla loro formazione;
b) nominate per un incarico di durata sufficiente a garantire l’indipendenza dell’attività da svolgere, non potendo essere sostituito o revocato nell’incarico senza una giusta causa;
c) non soggette ad istruzioni dell’una o dell’altra delle parti o dei loro rappresentanti;
d) retribuite indipendentemente dall’esito della procedura.
5. E’ fatto altresì obbligo alle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie, di comunicare tempestivamente all’organismo ADR tutte le circostanze, emerse durante l’intera procedura ADR, idonee ad incidere sulla loro indipendenza e imparzialità o capaci di generare conflitti di interessi con l’una o l’altra delle parti della controversia che sono chiamate a risolvere.
In tale ipotesi, se le parti non sono soddisfatte delle prestazioni o del funzionamento della procedura medesima, l’organismo ADR deve:
a) sostituire la persona fisica interessata, affidando la conduzione della procedura ADR ad altra persona fisica; o in mancanza

b) garantire che la persona fisica interessata si astenga dal condurre la procedura ADR e, se possibile, proporre alle parti di presentare la controversia ad un altro organismo ADR competente a trattare la controversia; o in mancanza
c) consentire alla persona fisica interessata di continuare a condurre la procedura solo se le parti, dopo essere state informate delle circostanze e del loro diritto di opporsi, non hanno sollevato obiezioni.
6. Resta fermo il diritto delle parti di ritirarsi in qualsiasi momento dalla procedura ADR, salvo quanto previsto dall’articolo 141-quater, comma 5, lettera a).
7. Nell’ipotesi prevista dal comma 5, qualora l’organismo ADR sia costituito da una sola persona fisica, si applicano unicamente le lettere b) e c) del medesimo comma.
8. Qualora le persone fisiche incaricate della procedura ADR siano assunte o retribuite esclusivamente da un’organizzazione professionale o da un’associazione di imprese di cui il professionista è membro, è assicurato che, oltre ai requisiti del presente titolo e quelli generali di cui ai commi 4 e 9, esse abbiano a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite che siano sufficienti ad assolvere i loro compiti. Il presente comma non si applica qualora le persone fisiche interessate facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti dell’organizzazione professionale e dell’associazione di imprese da cui sono assunte o retribuite e di una o più associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 137.
9. E’ fatto obbligo agli organismi ADR in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie fanno parte di un organismo collegiale, disporre che il collegio sia composto da un numero uguale di rappresentanti degli interessi dei consumatori e di rappresentanti degli interessi dei professionisti.
10. Se gli organismi ADR, ai fini del comma 4, lettera a), del presente articolo, provvedono alla formazione delle persone fisiche incaricate della risoluzione extragiudiziale delle controversie, le autorità competenti provvedono a monitorare i programmi di formazione istituiti dagli organismi ADR in base alle informazioni comunicate loro ai sensi dell’articolo 141-nonies, comma 4, lettera g). I programmi di formazione possono essere promossi ed eseguiti
dalle stesse autorità competenti, di cui all’articolo 141-octies.
Restano ferme le disposizioni in materia di formazione dei mediatori di cui ai commi 4-bis, 5 e 6 dell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Art. 141-ter (Negoziazioni paritetiche). – 1. Le procedure svolte dinanzi agli organismi ADR in cui parte delle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista o da un’organizzazione professionale o da un’associazione di imprese di cui il professionista è membro, sono considerate procedure ADR, ai sensi del presente Codice, se, oltre all’osservanza delle disposizioni di cui al presente titolo, rispettano i seguenti ulteriori requisiti specifici di indipendenza e trasparenza:
a) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie devono far parte di una commissione paritetica composta da un numero uguale di rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 137, e di rappresentanti del professionista, e sono nominate a seguito di una procedura trasparente;
b) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie devono ricevere un incarico di almeno tre anni per
garantire l’indipendenza della loro azione;
c) è fatto obbligo al rappresentante delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 137, di non avere alcun rapporto lavorativo con il professionista, con un’organizzazione professionale o un’associazione di imprese di cui il professionista sia membro, per l’intera durata dell’incarico e per un periodo di tre anni decorrenti dalla cessazione del proprio incarico nell’organismo ADR, né di avere contributi finanziari diretti da parte degli stessi; gli eventuali contributi erogati dal professionista o dall’organizzazione professionale o dall’associazione di imprese di cui il professionista fa parte, quale parziale rimborso all’associazione dei consumatori per gli oneri sostenuti per prestare assistenza gratuita al consumatore nella procedura ADR, devono essere erogati in modo trasparente, informandone l’autorità competente o secondo le procedure dalla stessa stabilite;
d) è fatto, altresì, obbligo al rappresentante del professionista, se tale rapporto lavorativo non era già in corso al momento di conferimento dell’incarico, di non avere alcun rapporto lavorativo con il professionista, con un’organizzazione professionale o un’associazione di imprese di cui il professionista sia membro, per un periodo di tre anni decorrenti dalla cessazione del proprio incarico nell’organismo ADR;
e) l’organismo di risoluzione delle controversie, ove non abbia distinta soggettività giuridica rispetto al professionista o all’organizzazione professionale o all’associazione di imprese di cui il professionista fa parte, deve essere dotato di sufficiente autonomia e di un organo paritetico di garanzia privo di collegamenti gerarchici o funzionali con il professionista, deve essere chiaramente separato dagli organismi operativi del professionista ed avere a sua disposizione risorse finanziarie sufficienti, distinte dal bilancio generale del professionista, per lo svolgimento dei suoi compiti.
2. Rientrano nelle procedure di cui al comma 1 esclusivamente le negoziazioni paritetiche disciplinate da protocolli di intesa stipulati tra i professionisti o loro associazioni e un numero non inferiore a un terzo delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 137, nonché quelle disciplinate da protocolli di intesa stipulati nel settore dei servizi pubblici locali secondo i criteri a tal fine indicati nell’accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali del 26 settembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 29 ottobre 2013.
Art. 141-quater (Trasparenza, efficacia, equità e libertà). – 1. E’ fatto obbligo agli organismi ADR, di rendere disponibili al pubblico sui loro siti web, su supporto durevole su richiesta e in qualsiasi altra modalità funzionale al perseguimento delle finalità di trasparenza, efficacia, equità e libertà, informazioni chiare e facilmente comprensibili riguardanti:
a) le modalità di contatto, l’indirizzo postale e quello di posta elettronica;
b) il proprio inserimento nell’elenco di cui all’articolo 141-decies, secondo comma;
c) le persone fisiche incaricate della procedura ADR, i criteri seguiti per il conferimento dell’incarico nonché per la loro successiva designazione e la durata del loro incarico;
d) la competenza, l’imparzialità e l’indipendenza delle persone fisiche incaricate della procedura ADR qualora siano assunte o retribuite esclusivamente dal professionista;
e) l’eventuale appartenenza a reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere;
f) il settore di competenza specifica, incluso, eventualmente, il limite di valore di competenza;
g) le norme che disciplinano la procedura di risoluzione stragiudiziale della controversia per la quale l’organismo di ADR è stato iscritto e i motivi per cui l’organismo ADR può rifiutare di trattare una determinata controversia ai sensi dell’articolo 141-bis, comma 2;
h) le lingue nelle quali possono essere presentati i reclami all’organismo ADR e secondo le quali si svolge la procedura ADR;
i) se l’organismo ADR risolve le controversie in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole;
l) eventuali attività che le parti sono tenute a rispettare prima di avviare la procedura ADR, incluso il tentativo di risoluzione della controversia mediante negoziazione diretta con il professionista;
m) la possibilità o meno per le parti di ritirarsi dalla procedura;
n) gli eventuali costi che le parti dovranno sostenere, comprese le norme sulla ripartizione delle spese al termine della procedura;
o) la durata media della procedura ADR;
p) l’effetto giuridico dell’esito della procedura ADR;
q) l’esecutività della decisione ADR, nei casi eventualmente previsti dalle norme vigenti.
2. E’ fatto obbligo agli organismi ADR di rendere disponibili al pubblico sui loro siti web, su un supporto durevole su richiesta e in altra modalità funzionale al perseguimento delle finalità di trasparenza, le relazioni annuali d’attività. Tali relazioni, con riferimento alle controversie sia nazionali che transfrontaliere, devono comprendere le seguenti informazioni:
a) numero di reclami ricevuti e tipologie di controversie cui si riferiscono;
b) eventuali cause sistematiche o significative generatrici delle controversie tra consumatori e professionisti; tali informazioni possono essere accompagnate, se del caso, da raccomandazioni idonee ad evitare o risolvere problematiche analoghe in futuro, a migliorare le norme dei professionisti e ad agevolare lo scambio di informazioni
e di migliori prassi;
c) la percentuale di controversie che l’organismo ADR ha rifiutato di trattare e la quota in percentuale dei tipi di motivo per i rifiuti di cui all’articolo 141-bis, comma 2;
d) nel caso di procedure di cui dell’articolo 141-ter, le quote percentuali di soluzioni proposte a favore del consumatore e a favore del professionista, e di controversie risolte con una composizione amichevole;
e) la quota percentuale delle procedure ADR interrotte e, se noti, i motivi della loro interruzione;
f) il tempo medio necessario per la risoluzione delle controversie;
g) la percentuale di rispetto, se nota, degli esiti delle procedure ADR;
h) l’eventuale cooperazione con organismi ADR all’interno di reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere.
3. Le procedure ADR devono rispettare le seguenti prescrizioni:
a) essere disponibili e facilmente accessibili online e offline per entrambe le parti, a prescindere dalla loro ubicazione;
b) consentire la partecipazione alle parti senza obbligo di assistenza legale; è fatto sempre salvo il diritto delle parti di ricorrere al parere di un soggetto indipendente o di essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura;
c) essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori;
d) l’organismo ADR che ha ricevuto una domanda dà alle parti comunicazione dell’avvio della procedura relativa alla controversia non appena riceve il fascicolo completo della domanda;
e) concludersi entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento del fascicolo completo della domanda da parte dell’organismo ADR; in caso di controversie particolarmente complesse, l’organismo ADR può, a sua discrezione, prorogare il termine fino a un massimo di novanta giorni; le parti devono essere informate di tale proroga e del nuovo termine di conclusione della procedura.
4. Nell’ambito delle procedure ADR deve essere garantito altresì che:
a) le parti abbiano la possibilità, entro un periodo di tempo ragionevole di esprimere la loro opinione, di ottenere dall’organismo ADR le argomentazioni, le prove, i documenti e i fatti presentati dall’altra parte, salvo che la parte non abbia espressamente richiesto che gli stessi debbano restare riservati, le eventuali dichiarazioni rilasciate e opinioni espresse da esperti e di poter esprimere osservazioni in merito;
b) le parti siano informate del fatto che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale, ma possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura;
c) alle parti sia notificato l’esito della procedura ADR per iscritto o su un supporto durevole, e sia data comunicazione dei motivi sui quali è fondato.
5. Nell’ipotesi di procedure ADR volte a risolvere la controversia proponendo una soluzione, gli organismi ADR garantiscono che:
a) le parti abbiano la possibilità di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento. Le parti sono informate di tale diritto prima dell’avvio della procedura. Nel caso in cui è previsto l’obbligo del professionista di aderire alle procedure ADR, la facoltà di ritirarsi dalla procedura spetta esclusivamente al consumatore;
b) le parti, prima di accettare o meno o di dare seguito a una soluzione proposta, siano informate del fatto che:
1) hanno la scelta se accettare o seguire la soluzione proposta o meno;
2) la partecipazione alla procedura non preclude la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un normale procedimento giudiziario;
3) la soluzione proposta potrebbe essere diversa dal risultato che potrebbe essere ottenuto con la decisione di un organo giurisdizionale che applichi norme giuridiche;
c) le parti, prima di accettare o meno o di dare seguito a una soluzione proposta, siano informate dell’effetto giuridico che da ciò consegue;
d) le parti, prima di accogliere una soluzione proposta o acconsentire a una soluzione amichevole, dispongano di un periodo di riflessione ragionevole.
Art. 141-quinquies (Effetti della procedura ADR sui termini di prescrizione e decadenza). – 1. Dalla data di ricevimento da parte dell’organismo ADR, la relativa domanda produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda impedisce altresì la decadenza per una sola volta.
2. Se la procedura ADR fallisce, i relativi termini di prescrizione e decadenza iniziano a decorrere nuovamente dalla data della comunicazione alle parti della mancata definizione della controversia con modalità che abbiano valore di conoscenza legale.
3. Sono fatte salve le disposizioni relative alla prescrizione e alla decadenza contenute negli accordi internazionali di cui l’Italia è parte.
Art. 141-sexies (Informazioni e assistenza ai consumatori). – 1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.
2. Le informazioni di cui al comma 1 devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contratto di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
3. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa.
Tali informazioni sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole.
4. E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni relative all’informazione dei consumatori sulle procedure di ricorso
extragiudiziale contenute in altri provvedimenti normativi.
5. Con riferimento all’accesso dei consumatori alle controversie transfrontaliere, salvo quanto previsto dalla normativa di settore, gli stessi possono rivolgersi al Centro nazionale della rete europea per i consumatori (ECC-NET) per essere assistiti nell’accesso all’organismo ADR che opera in un altro Stato membro ed è competente a trattare la loro controversia transfrontaliera. Il medesimo Centro nazionale è designato anche come punto di contatto ODR ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori.
6. E’ fatto obbligo agli organismi ADR e al Centro nazionale della rete europea per i consumatori (ECC-NET) di rendere disponibile al pubblico sui propri siti web, fornendo un link al sito dell Commissione europea, e laddove possibile su supporto durevole nei propri locali, l’elenco degli organismi ADR elaborato e pubblicato dalla Commissione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori.
7. L’elenco degli organismi ADR di cui al comma 6 è posto a disposizione delle associazioni di consumatori e delle associazioni di categoria di professionisti che possono renderlo disponibile al pubblico sui loro siti web o in qualsiasi altro modo esse ritengano appropriato.
8. Sul sito istituzionale di ciascuna autorità competente è assicurata la pubblicazione delle informazioni sulle modalità di accesso dei consumatori alle procedure ADR per risolvere le controversie contemplate dal presente titolo.
9. Le autorità competenti incoraggiano le associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 137, e le organizzazioni professionali, a diffondere la conoscenza degli organismi e delle procedure ADR e a promuovere l’adozione dell’ADR da parte di professionisti e consumatori. Detti organismi sono altresì incoraggiati a fornire ai consumatori le informazioni relative agli organismi ADR competenti quando ricevono i reclami dai consumatori.
Art. 141-septies (Cooperazione). – 1. Le autorità competenti assicurano la cooperazione tra gli organismi ADR nella risoluzione delle controversie transfrontaliere e i regolari scambi con gli altri Stati membri dell’Unione europea delle migliori prassi per quanto concerne la risoluzione delle controversie transfrontaliere e nazionali.
2. Se esiste una rete europea di organismi ADR che agevola la risoluzione delle controversie transfrontaliere in un determinato settore, le autorità competenti incoraggiano ad associarsi a detta rete gli organismi ADR che trattano le controversie di tale settore.
3. Le autorità competenti incoraggiano la cooperazione tra organismi ADR e autorità nazionali preposte all’attuazione degli atti giuridici dell’Unione sulla tutela dei consumatori. Tale cooperazione comprende, in particolare, lo scambio di informazioni sulle prassi vigenti in settori commerciali specifici nei confronti delle quali i consumatori hanno ripetutamente presentato reclami. E’ incluso anche lo scambio di valutazioni tecniche e informazioni, se già disponibili, da parte delle autorità nazionali agli organismi ADR che ne necessitano per il trattamento di singole controversie.
4. La cooperazione e lo scambio di informazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 devono avvenire nel rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
5. Sono fatte salve le disposizioni in materia di segreto professionale e commerciale applicabili alle autorità’ nazionali di cui al comma 3. Gli organismi ADR sono sottoposti al segreto d’ufficio e agli altri vincoli equivalenti di riservatezza previsti dalla normativa vigente.
Art. 141-octies (Autorità competenti e punto di contatto unico). -1. Per lo svolgimento delle funzioni di cui agli articoli 141-nonies e 141-decies, sono designate le seguenti autorità competenti:
a) Ministero della giustizia unitamente al Ministero dello sviluppo economico, con riferimento al registro degli organismi di mediazione relativo alla materia del consumo, di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
b) Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), di cui all’articolo 1 della legge 7 giugno 1974, n. 216, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dei regolamenti attuativi, e con oneri a carico delle risorse di cui all’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, nonché dei soggetti che si avvalgono delle procedure medesime;
c) Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di cui all’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, per il settore di competenza;
d) Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), di cui all’articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, per il settore di competenza;
e) Banca d’Italia, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;
f) altre autorità amministrative indipendenti, di regolazione di specifici settori, ove disciplinino specifiche procedure ADR secondo le proprie competenze;
g) Ministero dello sviluppo economico, con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni, nonché con riferimento agli organismi di conciliazione istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera g) e comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, limitatamente alle controversie tra consumatori e professionisti, non rientranti nell’elenco di cui alla lettera a).
2. Il Ministero dello sviluppo economico è designato punto di contatto unico con la Commissione europea.
3. Al fine di definire uniformità di indirizzo nel compimento delle funzioni delle autorità competenti di cui al comma 1 è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di coordinamento e di indirizzo. Lo stesso è composto da un rappresentante per ciascuna autorità competente. Al Ministero dello sviluppo economico è attribuito il compito di convocazione e di raccordo. Al tavolo sono assegnati compiti di definizione degli indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR. Ai componenti del predetto tavolo di coordinamento ed indirizzo non spetta alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato e a qualsiasi titolo dovuto.
Art. 141-nonies (Informazioni da trasmettere alle autorità competenti da parte degli organismi di risoluzione delle controversie). – 1. Gli organismi di risoluzione delle controversie che intendono essere considerati organismi ADR ai sensi del presente titolo e inseriti in elenco conformemente all’articolo 141-decies, comma 2, devono presentare domanda di iscrizione alla rispettiva autorità competente, indicando:
a) il loro nome o denominazione, le informazioni di contatto e l’indirizzo del sito web;
b) informazioni sulla loro struttura e sul loro finanziamento, comprese le informazioni sulle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie, sulla loro retribuzione, sul loro mandato e sul loro datore di lavoro;
c) le proprie norme procedurali;
d) le loro tariffe, se del caso;
e) la durata media delle procedure di risoluzione delle controversie;
f) la lingua o le lingue in cui possono essere presentati i reclami e in cui viene svolta la procedura di risoluzione delle controversie;
g) una dichiarazione sui tipi di controversie trattati mediante la procedura di risoluzione delle controversie;
h) i motivi per cui un organismo di risoluzione delle controversie può rifiutare il trattamento di una determinata controversia a norma dell’articolo 141-bis, comma 2;
i) una dichiarazione motivata dell’organismo di possedere o meno i requisiti di un organismo ADR che rientra nell’ambito d’applicazione della presente direttiva, e di rispettare o meno i requisiti di qualità di cui al presente titolo.
2. Qualora le informazioni di cui alle lettere da a) ad h) del comma 1 vengano modificate, gli organismi ADR informano senza indugio l’autorità competente in merito a tali modifiche.
3. Gli organismi di risoluzione delle controversie dinanzi ai quali si svolgono le procedure di cui all’articolo 141-ter, oltre a comunicare ai requisiti di cui al comma 1, devono altresi’ trasmettere le informazioni necessarie a valutare la loro conformità ai requisiti specifici aggiuntivi di indipendenza e di trasparenza di cui al comma 1 dell’articolo 141-ter.
4. A far data dal secondo anno di iscrizione al relativo elenco, con cadenza biennale, ogni organismo ADR trasmette alla rispettiva autorità competente informazioni concernenti:
a) il numero di reclami ricevuti ed i tipi di controversie alle quali si riferiscono;
b) la quota percentuale delle procedure ADR interrotte prima di raggiungere il risultato;
c) il tempo medio necessario per la risoluzione delle controversie ricevute;
d) la percentuale di rispetto, se nota, degli esiti delle procedure ADR;
e) eventuali problematiche sistematiche o significative che si verificano di frequente e causano controversie tra consumatori e professionisti. Le informazioni comunicate al riguardo possono essere accompagnate da raccomandazioni sul modo di evitare o risolvere problematiche analoghe in futuro;
f) se del caso, una valutazione dell’efficacia della loro cooperazione all’interno di reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere;
g) se prevista, la formazione fornita alle persone fisiche incaricate delle risoluzioni delle controversie di cui all’articolo 141-bis, comma 4, lettera a);
h) la valutazione dell’efficacia della procedura ADR offerta dall’organismo e di eventuali modi per migliorarla.
Art. 141-decies (Ruolo delle autorità competenti). – 1. Presso  ciascuna autorità competente è istituito, rispettivamente con decreto ministeriale o con provvedimenti interni, l’elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere che rientrano nell’ambito di applicazione del presente titolo e che rispettano i requisiti previsti. Ciascuna autorità competente definisce il procedimento per l’iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità, nonché il rispetto del principio di tendenziale non onerosità, per il consumatore, del servizio.
2. Ogni autorità competente provvede all’iscrizione, alla sospensione e alla cancellazione degli iscritti e vigila sull’elenco nonché sui singoli organismi ADR.
3. Ciascuna autorità competente sulla base di propri provvedimenti, tiene l’elenco e disciplina le modalità di iscrizione degli organismi ADR. Tale elenco comprende:
a) il nome, le informazioni di contatto e i siti internet degli organismi ADR di cui al comma 1;
b) le loro tariffe, se del caso;
c) la lingua o le lingue in cui possono essere presentati i reclami e in cui e’ svolta la procedura ADR;
d) i tipi di controversie contemplati dalla procedura ADR;
e) i settori e le categorie di controversie trattati da ciascun organismo ADR;
f) se del caso, l’esigenza della presenza fisica delle parti o dei loro rappresentanti, compresa una dichiarazione dell’organismo ADR relativa alla possibilità di svolgere la procedura ADR in forma orale o scritta;
g) i motivi per cui un organismo ADR può rifiutare il trattamento di una determinata controversia a norma dell’articolo 141-bis, comma 2.
4. Se un organismo ADR non soddisfa più i requisiti di cui al comma 1, l’autorità competente interessata lo contatta per segnalargli tale non conformità, invitandolo a ovviarvi immediatamente. Se allo scadere di un termine di tre mesi l’organismo ADR continua a non soddisfare i requisiti di cui al comma 1, l’autorità competente cancella l’organismo dall’elenco di cui al comma 2. Detto elenco è aggiornato senza indugio e le informazioni pertinenti sono trasmesse al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico con la Commissione europea.
5. Ogni autorità competente notifica senza indugio l’elenco di cui ai commi 1 e 3, e ogni suo successivo aggiornamento, al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico con la Commissione europea.
6. L’elenco e gli aggiornamenti di cui ai commi 2, 3 e 4 relativi agli organismi ADR stabiliti nel territorio della Repubblica italiana sono trasmessi alla Commissione europea dal Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico.
7. Ogni autorità competente mette a disposizione del pubblico l’elenco consolidato degli organismi ADR, elaborato dalla Commissione europea e notificato al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico, fornendo sul proprio sito internet un link al pertinente sito internet della Commissione europea. Inoltre, ogni autorità competente mette a disposizione del pubblico tale elenco consolidato su un supporto durevole.
8. Entro il 9 luglio 2018 e successivamente ogni quattro anni, il Ministero dello sviluppo economico, quale punto di contatto unico, con il contributo delle altre autorità competenti, pubblica e trasmette alla Commissione europea una relazione sullo sviluppo e sul funzionamento di tutti gli organismi ADR stabiliti sul territorio della Repubblica Italiana. In particolare, tale relazione:
a) identifica le migliori prassi degli organismi ADR;
b) sottolinea le insufficienze, comprovate da statistiche, che ostacolano il funzionamento degli organismi ADR per le controversie sia nazionali che transfrontaliere, se del caso;
c) elabora raccomandazioni su come migliorare l’efficacia e l’efficienza del funzionamento degli organismi ADR, se del caso.».
4. All’articolo 139, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, alla fine della lettera b) e della lettera b-bis), il punto è sostituito dal punto e virgola e, dopo la lettera b-bis), è aggiunta la seguente:
«b-ter) regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori).».
5. All’articolo 10, comma 1, all’articolo 16, comma 2, all’articolo 106, commi 1 e 2, all’articolo 107, comma 1, all’articolo 110, commi 1, 3, 4 e 5, all’articolo 136, commi 1 e 2, primo e secondo periodo, all’articolo 137, commi 1, 2, 4 e 6, e all’articolo 140, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, le parole: «delle attività produttive» sono sostituite dalle seguenti: «dello sviluppo economico».
6. All’articolo 66 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, al comma 2 dopo le parole: «del presente capo», prima della virgola, sono inserite le seguenti: «nonché dell’articolo 141-sexies, commi 1, 2 e 3».
7. All’articolo 66 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. E’ comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario.
E’ altresì fatta salva la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo, nelle materie di cui alle sezioni da I a IV del presente capo, mediante il ricorso alle procedure di cui alla parte V, titolo II-bis, del presente codice.».
8. All’articolo 66-quater, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Per la risoluzione delle controversie sorte dall’esatta applicazione dei contratti disciplinati dalle disposizioni delle
sezioni da I a IV del presente capo è possibile ricorrere alle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, di cui alla parte V, titolo II-bis, del presente codice.».
9. Al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 33, comma 2, dopo la lettera v) sono aggiunte le seguenti:
«v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;
v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.».
Art. 1 bis
Modifiche al decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 – Istituzione di procedure di conciliazione e arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori in attuazione dell’articolo 27, commi 1 e 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262
1. Dopo il comma 5 dell’articolo 2 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, sono aggiunti i seguenti:
«5-bis. I soggetti nei cui confronti la CONSOB esercita la propria attività di vigilanza, da individuarsi con il regolamento di cui al comma 5-ter, devono aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con gli investitori diversi dai clienti professionali di cui all’articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. In caso di mancata adesione, alle società e agli enti si applicano le sanzioni di cui all’articolo 190, comma 1 del citato decreto legislativo n. 58 del 1998 e alle persone fisiche di cui all’articolo 18-bis del
predetto decreto legislativo n. 58 del 1998 si applicano le sanzioni di cui all’articolo 190-ter del medesimo decreto legislativo.
5-ter. La CONSOB determina, con proprio regolamento, nel rispetto dei principi, delle procedure e dei requisiti di cui alla parte V, titolo II-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie di cui al comma 5-bis nonché i criteri di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Alla copertura delle relative spese di funzionamento si provvede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 9, comma 2.».
2. All’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, le parole: «il procedimento di conciliazione previsto» sono sostituite dalle seguenti: «i procedimenti previsti» e dopo le parole: «n. 179,» sono inserite le seguenti: «e dai rispettivi regolamenti di attuazione».
Art. 2
Disposizioni finali
1. Le disposizioni del presente decreto, concernenti l’attuazione del regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori, si applicano a decorrere dal 9 gennaio 2016.
2. Il Ministero dello sviluppo economico comunica alla Commissione europea alla data di entrata in vigore del presente decreto e successivamente in occasione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati:
a) il nome e le informazioni di contatto dell’organismo di cui all’articolo 141-sexies, comma 5, del codice;
b) le autorita’ competenti, incluso il punto unico di contatto, di cui all’articolo 141-octies del codice;
c) il testo delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo e delle altre disposizioni essenziali di diritto interno
adottate nel settore disciplinato dal presente decreto legislativo.
3. Il Ministero dello sviluppo economico, quale punto di contatto unico, comunica alla Commissione europea entro il 9 gennaio 2016 il primo elenco di cui all’articolo 141-decies, comma 5, del codice.

Art. 3

Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per finanza  pubblica.
Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 6 agosto 2015

MATTARELLA

Renzi, Presidente del Consiglio dei  ministri

Guidi, Ministro dello sviluppo economico

Padoan, Ministro dell’economia e delle finanze

Orlando, Ministro della giustizia

Gentiloni Silveri, Ministro degli affari esteri e della cooperazione
internazionale

Visto, il Guardasigilli: Orlando

La direttiva 2013/11/UE. Ambito e stato dell’arte

Relazione dell’Avv. Carlo Alberto Calcagno

nel convegno “Giustizia oggi” tenutosi

nell’Aula Convegni del Coa Savona

oggi, 24/07/15 dalle ore 14:00 alle 18:00

  1. La protezione dei consumatori

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[1] impongono all’Unione di contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori.

Per dare un ordine di grandezza di quanto sia importante anche nei fatti la protezione dei consumatori possiamo dire che nel 2014 il 50,2% dei cittadini europei ha fatto acquisti online da aziende del paese di cittadinanza, ma soltanto il 14,6% ha operato acquisti online da aziende di altri paesi dell’Unione[2].

Il ridotto numero degli acquisti transfrontalieri è determinato secondo la UE soprattutto da due problematiche: la distanza dalla sede di vendita (31,7%) e la carenza di garanzie apprestate per la vendita stessa (10,1%)[3].

Nel 2011 è stato calcolato dall’Unione che le perdite causate da una inidonea protezione dei consumatori di beni e servizi in Europa ammontavano allo 0,4 del Gross Domestic Product della UE[4]: stiamo parlando di 49 miliardi di euro[5].

Il che corrisponde, tanto per avere un ordine di grandezza, a poco meno del PIL 2014 del Lussemburgo.

Proprio per questo la Commissione europea considera gli strumenti alternativi di risoluzione delle dispute di cui stiamo parlando una delle 12 leve per far crescere il mercato unico e la fiducia in esso, ma l’intento è pure quello di risparmiare 2,5 miliardi di euro[6].

  1. La tutela della protezione dei consumatori sino alla Direttiva ADR

Il considerando 5 della Direttiva ADR in commento si esprime come segue: “I consumatori e i professionisti non sono ancora a conoscenza dei meccanismi extraprocessuali di ricorso esistenti e soltanto un’esigua percentuale di cittadini sa come presentare un reclamo a un organismo ADR. Laddove le procedure ADR sono disponibili, i loro livelli qualitativi variano notevolmente da uno Stato membro all’altro e le controversie transfrontaliere non sono spesso trattate in modo efficace dagli organismi ADR.”.

La situazione fotografata nel 2013 dalla Direttiva ADR ha trovato conferma anche nel febbraio 2015 quando la UE ha lanciato una intervista con cui è stato chiesto ai consumatori che rimedi hanno coltivato negli ultimi 12 mesi per risolvere il loro maggior problema negli acquisti:

  • il 16% ha dichiarato che non ha adottato alcun rimedio;
  • il 23% ha affermato che era improbabile si potesse ottenere qualcosa;
  • il 19% ha precisato che la risoluzione era troppo lunga;
  • il 12% che non sapeva come o dove

Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio[7].

La situazione descritta oggi era peraltro nota alla Comunità Europea già dagli anni ’90.

Il Consiglio d’Europa è intervenuto a sostegno dell’ADR con ben nove raccomandazioni[8] tra il 1981 ed il 2002[9], che però non sembrano aver sortito effetti significativi, salva una recente pronuncia della Corte dei Diritti dell’Uomo[10].

Nel 1998 e nel 2001 sono state emesse dalla Commissione Europea due Raccomandazioni[11], non attuate correttamente da molti stati[12], sulla cui base[13] nel 2005 si è varato un sistema di informazione sulla risoluzione alternativa (rete dei centri europei dei consumatori – Rete EEC-net)[14] che dal 2007 al 2014 ha gestito circa 35.000-37.000 reclami all’anno[15], ossia una goccia nel mare delle controversie in materia.

Tale Rete di CEC[16] si occupa per lo più delle questioni transfrontaliere[17], ma almeno sino a questo momento anche di fornire consigli di viaggio od una guida agli acquisti sicuri[18] e collabora anche con la rete che si occupa dei servizi finanziari (FIN-net)[19], con la rete SOLVIT (mercato interno)[20] e la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale istituita dal Consiglio d’Europa[21].

Peraltro la Comunità si è mossa anche in campo giudiziale: con il regolamento (CE) n. 861/07 ha istituito un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, di cui ultimamente si vorrebbe alzare il valore.

Ci sono state poi anche diverse Direttive che hanno cercato vanamente di fare sistema[22].

Ma tutto ciò non è stato sufficiente perché gli organismi che si sono occupati di ADR in materia di consumo e che sono stati notificati alla Commissione Europea dagli Stati sono in numero assai esiguo in rapporto a quelle che potrebbero risultare le esigenze del consumatore: ad oggi si tratta di 508 Istituti notificati su 750 noti alla Commissione.

Croazia e Slovacchia inoltre non ne hanno notificato alla UE nemmeno 1.

L’Italia ha notificato alla Commissione 4 soli organismi su 129 presenti sul territorio[23] e siamo al 15° posto in Europa, contro i 203 organismi della Germania che è al primo posto[24].

Solo da questi dati si può intuire che la nostra economia di scambio, come del resto quella croata e slovacca, non può non esserne influenzata.

Solo il 41% dei sopradetti 750 organismi ADR è nota poi al pubblico e alle autorità e dunque l’accesso alle informazioni sui modi di utilizzazione, il numero di casi e il tasso di efficacia riguarda solo 292 organismi[25].

I tempi del contenzioso giudiziario in materia di consumo sono poi abbastanza elevati nello spazio euro: il CEPEJ 2014 attesta che 12 paesi non li hanno addirittura comunicati[26], che 4 li hanno forniti in modo incompleto[27]; tra quelli “diligenti” (12) e che sono stati quindi trasparenti, si va dai 290 giorni della Slovenia ai 1580 dei Paesi Bassi;  in Italia il contenzioso  richiede circa 1150 giorni.

  1. La protezione dei consumatori più recente

Alla luce della situazione descritta in precedenza l’Unione europea nel 2013 ha tentato di rilanciare e valorizzare l’ADR/ODR sia con un Regolamento[28], sia con una Direttiva[29].

La Direttiva è finalizzata all’armonizzazione in ambito europeo delle regole relative agli organismi e alle procedure ADR.

L’opinione sottesa è che l’armonizzazione e la diffusione delle ADR nel territorio europeo, oltre a favorire la concorrenza nel mercato interno, possono fornire un contributo al superamento di situazioni di congestione delle cause pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, rafforzando così il diritto dei cittadini dell’Unione ad un processo equo in tempi ragionevoli[30].

Stiamo parlando della Direttiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che doveva essere recepita dai singoli stati entro il 9 luglio 2015.

Tuttavia l’ADR nel consumo viene considerato di primaria importanza soltanto in pochi paesi: al momento si ha notizia che solo 11 stati hanno attuato la Direttiva: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lettonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Svezia ed Ungheria.

Altri 15 paesi stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna.

Ci sono poi 2 stati sui cui passi legislativi non si sono rinvenute informazioni: Croazia[31], Malta.

Per maggiore dettaglio: Austria (disegno di legge)[32], Belgio (legge)[33], Bulgaria (progetto di legge)[34], Cipro (progetto di legge non noto)[35], Croazia -, Danimarca (legge)[36], Estonia (progetto di legge)[37], Finlandia(legge)[38], Francia (progetto di regolamento: testo non noto)[39], Germania (disegno di legge del governo federale)[40], Grecia (Decisione ministeriale)[41], Irlanda (Disegno di legge)[42], Italia (schema di decreto legislativo)[43], Lettonia (legge)[44], Lituania (disegno di legge governativo)[45], Lussemburgo (progetto di legge)[46], Malta -, Paesi Bassi (legge)[47], Polonia (progetto di legge)[48], Portogallo (proposta di legge approvata dall’Assembleia da Repùblica)[49], Regno Unito (legge)[50], Repubblica ceca (progetto di legge – non disponibile)[51], Romania[52], Slovacchia (legge)[53], Slovenia (legge)[54], Spagna (progetto di legge)[55], Svezia (legge)[56], Ungheria (legge)[57].

Peraltro la predetta Direttiva è strumento legislativo interconnesso e complementare[58] al Regolamento UE 524/2013 che andrà a regime il 9 gennaio del 2016[59].

Circa il Regolamento UE 524/2013 dobbiamo oggi sottolineare che il 9 luglio 2015 ci doveva essere un passaggio cruciale per gli Stati membri che dovevano comunicare alla Commissione “se la loro legislazione autorizza o meno la risoluzione delle controversie di cui al paragrafo 1, avviate da un professionista nei confronti di un consumatore, attraverso l’intervento di un organismo ADR. Le autorità competenti, quando notificano l’elenco di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2013/11/UE comunicano alla Commissione quali organismi ADR trattano tali controversie[60].

Non abbiamo notizia del fatto che il nostro Stato abbia adempiuto alla richiesta comunicazione.

Sempre al 9 luglio 2015 gli Stati dovevano aver designato un punto di contatto ODR e comunicare “il suo nome e le modalità di contatto alla Commissione. Gli Stati membri possono conferire la responsabilità per i punti di contatto ODR ai loro centri della rete di Centri europei dei consumatori, alle associazioni dei consumatori o a qualsiasi altro organismo. Ogni punto di contatto ODR dispone di almeno due assistenti ODR[61].

E dunque anche il punto/i punti di contatto italiani della rete tessuta dalla UE dovevano essere pronti.

Da noi è appunto il CEC (Centro Europeo Consumatori)[62] che è punto di contatto perché l’esperienza di un organo della rete che è in campo almeno dal 2005 può effettivamente aiutare il nuovo progetto europeo[63].

Mentre punto di contatto unico con la Commissione Europea è il Ministero dello sviluppo economico[64] presso cui è istituito un tavolo di coordinamento ed indirizzo composto da tutte le autorità[65]: questo tavolo è importante perché svolge compiti di definizione degli indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR.

Detto ciò occupiamoci della Direttiva 2013/11/UE più in dettaglio.

Mentre il Regolamento 524/13 riguarda le controversie che nascono dai contratti di vendita o dalle forniture di servizi online o tramite mercati online, transfrontaliere e non, la Direttiva riguarda i contratti predetti, ma stipulati on line e off line. Il Regolamento poi si occupa anche delle procedure intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori negli stati che comunichino di trattarli, la direttiva ADR invece riguarda solo quelle dei consumatori nei confronti dei professionisti.

La Direttiva è stata promossa sin dal 2011 sia dal Consiglio Europeo, sia dal Consiglio dell’Unione Europea.

Il provvedimento risponde a quanto indicato nella risoluzione del 13 settembre 2011 dal Parlamento Europeo per cui vanno implementati sistemi di ricorso semplici, economici, utili e accessibili[66].

Le procedure ADR dovrebbero essere disponibili per tutti i tipi di controversie previste dalla Direttiva, sia nazionali sia transfrontaliere.

Ciò non comporta che gli Stati siano obbligati ad apprestarne per ogni settore, ci possono essere anche degli organismi polifunzionali o “residuali”; tuttavia faccio notare che ad esempio la forza economica della Germania sta anche nel fatto che per ogni settore produttivo esistono organi di ADR. Ci sono paesi in Europa come la Svezia che disciplinano in ADR addirittura le contestazioni relative alla sepoltura dei defunti[67].

La procedura ADR non dovrebbe però avere l’effetto di sostituire il processo, né di impedirlo (considerando 45[68]); è dunque anche quando la soluzione possa essere vincolante deve rendersi possibile il ricorso all’autorità giudiziaria.

La Direttiva 2013/11 ha come oggetto, dicevamo, i contratti di vendita di beni (anche digitali) e di fornitura di servizi sia online che offline.

In ciò si differenzia dal citato Regolamento n. 524/2013 che prevede come ambito i contratti online.

Ai sensi della Direttiva si intende per «consumatore» la persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.

Con il termine «professionista» si fa riferimento a qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto privato o pubblico, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto.

La Direttiva dovrebbe applicarsi a qualsiasi organismo che sia istituito su base permanente e offra la risoluzione di una controversia tra un consumatore e un professionista attraverso una procedura ADR e sia inserito in elenco conformemente alla Direttiva (cfr. art. 20 per i requisiti).

Gli organismi possono essere quelli già esistenti (se correttamente funzionanti) e se ne possono anche creare di nuovi: in entrambe i casi essi devono rispettare i criteri di qualità dettati dalla Direttiva stessa.

Il consumatore di uno stato peraltro può rivolgersi anche all’organismo ADR di un altro Stato (art. 14). Gli organismi ADR possono anche essere transnazionali o paneuropei.

La Direttiva concerne in particolare procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nazionali e transfrontaliere, appunto concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell’Unione e consumatori residenti nell’Unione, in cui l‘intervento di un organismo ADR propone o impone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole (art. 2).

La Direttiva può dunque applicarsi agli organismi di risoluzione delle controversie autorizzati dagli Stati membri a imporre soluzioni vincolanti per le parti (è facoltà di ogni Stato prevedere o meno l’ipotesi; cfr. art. 2 c. 4; il nostro stato non ha scelto l’ipotesi in discorso).

Le parti vanno però informate del fatto che l’Organismo può imporre tali soluzioni e necessita il loro esplicito assenso, a meno che lo Stato non preveda che quel tipo di soluzione sia vincolante per il professionista ed in tal caso non è necessaria una sua espressa accettazione.

La soluzione imposta non può però essere in conflitto con norme inderogabili dello Stato del consumatore: v. comunque tutte le specificazioni in merito che detta l’art. 11 disciplinante il principio di legalità.

In presenza di un organismo che può proporre una soluzione le parti devono poi avere la possibilità di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento se non sono soddisfatte delle prestazioni o del funzionamento della procedura e devono essere informate di questo diritto (art. 9 c. 2 lett. a).

Le procedure ADR possono anche consistere in una combinazione di  due o più procedure di tipo diverso. E dunque l’ampiezza dei meccanismi è notevole.

La Direttiva: a) non attiene ai reclami dei professionisti contro i consumatori  e a quelle tra i professionisti; b) non riguarda i servizi non economici di interesse generale e l’assistenza sanitaria; c) non disciplina le negoziazioni dirette tra le parti (considerando 23).

E’ fuori dal suo ambito anche la gestione dei reclami dei consumatori operata dallo stesso professionista.

Non concerne poi i tentativi di composizione operati dal giudice nel corso di un processo.

La Direttiva non si applica infine agli organismi pubblici di istruzione superiore o di forma­zione.

L’inoltro della domanda da parte del consumatore è su base volontaria, ma può essere anche obbligatoria se non si preclude l’accesso alla giustizia (cfr. art. 1).

Nella delega licenziata dal nostro Parlamento non si fa cenno all’aspetto della obbligatorietà ed il testo dello schema legislativo conferma che la procedura dovrebbe avere da noi carattere volontario.

I consumatori presentano reclamo nei confronti di professionisti dinanzi a organismi che offrono procedure indipendenti, imparziali, trasparenti, efficaci, rapide ed eque di risoluzione alternativa delle controversie.

Gli Stati membri garantiscono che le persone fisiche incaricate dell’ADR possiedano le competenze necessarie, tra cui rientra una conoscenza generale del diritto, anche se non necessita essere professionisti del diritto; cfr. considerando 36) e i requisiti di indipendenza e imparzialità.

Ma devono garantire anche che siano retribuite secondo modalità non legate all’esito della procedura (art. 6 c. 1 lett. d).

Viene da chiedersi come possa essere possibile che da noi in Italia il mediatore non riceva alcuna retribuzione dall’Organismo se le parti decidono di fermarsi al primo incontro e soprattutto che lo Stato non vigili su tale mancata retribuzione.

E purtroppo l’Europa non prende una posizione sul punto.

In caso di conflitto con altri atti dell’Unione inerenti agli ADR prevale questa Direttiva; la Direttiva 52/08 è comunque salva.

Gli organismi ADR possono (art. 5 c. 4) rifiutare di trattare la controversia[69], quando è futile e o temeraria, se il consumatore non ha preso contatto prima col professionista[70], se la controversia è già stata sottoposta ad altro organismo o al giudice, se il valore della controversia è inferiore o superiore a una soglia monetaria prestabilita[71]; se il reclamo è presentato da più di un anno dal contatto col professionista; se infine il trattamento dell’affare rischierebbe di nuocere significativamente all’efficace funzionamento dell’organismo ADR.

I termini di definizione sono di 90 giorni di calendario dalla ricezione del reclamo[72].

Su ogni sito web degli organismi di ADR vanno comunicati diversi requisiti per la trasparenza (costi, lingue, regole durata, efficacia dell’accordo, effetto giuridico, possibilità di ritiro, statistiche ecc.)[73].

A loro volta i professionisti che si impegnano a ricorrere agli organismi ADR per risolvere le controversie con i consumatori do­vrebbero indicare a questi ultimi l’indirizzo e il sito web del o degli organismi ADR competenti.

Dette informazioni dovrebbero essere comunicate in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, se esiste, e, se del caso, nelle condizioni generali dei contratti di vendita o di servizi tra il profes­sionista e il consumatore.

In queste procedure non può essere imposta l’assistenza obbligatoria dell’avvocato.

Viviane Reding[74] in una recente interrogazione ha fatto notare che sul punto la legge italiana non deve necessariamente rispettare la Direttiva ADR e dunque che procedure con obbligo di assistenza e senza obbligo possano coesistere[75].

Le procedure dovrebbero essere preferibilmente gratuite per il consumatore. I costi non dovrebbero superare un importo simbolico (considerando 41 e art. 8 lett. c).

Un accordo tra professionista e consumatore per adire un dato organismo di ADR prima che insorga una data controversia, non dovrebbe essere vincolante per il consumatore se lo priva del diritto di adire un organo giurisdizionale.

Vi sono dei poi principi che vanno rispettati dagli organismi che sono notificati alla Commissione.

Entrambi gli strumenti normativi (Direttiva 2013/11 e Regolamento 524/13) richiedono una risoluzione extragiudiziale indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa delle controversie.

Non ci diffondiamo qui sui principi: cfr. articoli dal 6 all’11 della Direttiva ADR.

La prescrizione e la decadenza non devono impedire il ricorso ad organi giurisdizionali nel caso si partecipi a procedure ADR che non hanno esito vincolante (art. 12).

Gli organismi per essere inseriti nella lista degli organismi ADR devono rispettare alcuni requisiti di qualità[76]alcuni li abbiamo già menzionati, per gli altri rimandiamo al testo normativo ed aggiungiamo qui solo che il sito web dell’organismo deve consentire un facile accesso alla procedura e alle relative informazioni anche su supporto durevole; l’organismo deve inoltre accettare sia procedure nazionali che transfrontaliere e garantire la riservatezza dei dati personali (art. 5).

Detto questo sulla disciplina aggiungo che la Commissione ha nominato un gruppo di esperti scelti negli paesi dell’Unione, che attraverso un forum aiuta gli Stati ad attuare la Direttiva  ADR[77].

Il 1° aprile 2015 l’IMCO (Internal Market and Consumer Protection) ossia il Comitato  del Parlamento Europeo che si occupa del mercato interno e della protezione del consumatore ha poi potuto visionare la piattaforma che consentirà l’attuazione dei provvedimenti in materia di ADR ed ha riscontrato che la traduzione nelle lingue minori e attualmente scarsa.

Inoltre è emerso che gli Stati membri sono piuttosto lenti nella designazione degli organismi ADR che devono essere inclusi nella piattaforma ODR[78].

Da ultimo la Commissione Europea ha varato un importante provvedimento.

Si tratta del  Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 DELLA COMMISSIONE del 1° luglio 2015 relativo alle modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma di risoluzione delle controversie online, alle caratteristiche del modulo di reclamo elettronico e alle modalità della cooperazione tra i punti di contatto di cui al regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori

Il provvedimento è entrato in vigore il 22 luglio 2015[79].

Esso disciplina come si evince anche dal titolo:

  1. a) le caratteristiche del modulo di reclamo elettronico;
  2. b) le modalità dell’esercizio delle funzioni della piattaforma ODR;
  3. c) le modalità della cooperazione tra i punti di contatto ODR[80].

Il modulo di reclamo elettronico da inoltrare alla piattaforma, si legge nel regolamento, è accessibile ai consumatori e ai professionisti “in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione”. Il ricorrente deve poter salvare sulla piattaforma una bozza del modulo di reclamo elettronico, che deve risultare accessibile e modificabile prima della trasmissione. Passati 6 mesi dalla creazione della bozza, se il modulo non risulta debitamente compilato e trasmesso è automaticamente cancellato dalla piattaforma[81].

Al ricevimento del modulo elettronico di reclamo, la piattaforma trasmette un messaggio elettronico standard all’indirizzo elettronico della parte convenuta, che la informa del reclamo presentato nei suoi confronti[82].

Se nel modulo non è indicato alcun organismo ADR competente, la piattaforma, in base alla posizione geografica e all’oggetto del reclamo, propone alla parte convenuta un elenco indicativo di organismi ADR per facilitare l’individuazione di quello competente. In ogni caso, le parti possono accedere in qualsiasi momento all’elenco di tutti gli organismi ADR registrati nella piattaforma[83].

L’organismo ADR inserito nell’elenco può decidere se accettare o no la gestione della disputa, dandone tempestiva comunicazione alla piattaforma.

L’organismo ADR che accetta, una volta che gli è arrivato il fascicolo completo ed il reclamo, comunica alla piattaforma la data di ricezione e l’oggetto; dalla data di ricezione scattano 90 giorni per la trattazione.

Alla chiusura della controversia, l’organismo ADR trasmette la data di conclusione della procedura e il suo esito (anche se le parti si sono ritirate)[84].

Sono evidenziati poi i casi in cui una controversia si considera conclusa ed i dati vengono soppressi entro 6 mesi: ciò accade quando

  1. a) la parte convenuta dichiara di non voler avvalersi di un organismo ADR;
  2. b) le parti non riescono a trovare un accordo su un organismo ADR che tratti il loro caso entro 30 giorni di calendario dalla trasmissione del modulo di reclamo elettronico;
  3. c) l’organismo ADR concordato dalle parti rifiuta di trattare la controversia[85].

Anche le autorità designate dai singoli Stati che comunicano alla Commissione l’elenco degli organismi ADR devono usare un modulo standard fornito dalla Commissione stessa che contiene alcune informazioni previste dalla Direttiva[86].

La piattaforma ODR offrirà alle parti della controversia anche la possibilità di esprimere e condividere i propri commenti (feedback) entro 6 mesi dalla conclusione della controversia[87].

Il regolamento stabilisce infine le modalità di cooperazione tra i punti di contatto ODR, che, attraverso dei consulenti, forniscono assistenza per la risoluzione delle controversie riguardanti reclami presentati mediante la piattaforma[88]. Si specifica, in ultimo, che i consulenti che hanno accesso alle informazioni relative a una controversia ne devono concedere l’accesso ai consulenti in altri punti di contatto nella misura in cui ciò sia necessario per l’adempimento delle loro funzioni[89].

Registriamo ancora in tema una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ritenuto il tentativo di composizione bonario croato, previsto a pena di irricevibilità del ricorso, come conforme all’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’uomo[90].

Il che apre alla considerazione che il diritto di accesso alla giustizia per svolgere un ADR può essere compresso se ciò sia previsto dalla legge.

  1. Recepimento in Italia della Direttiva ADR

 

A settembre 2014 (con l’approvazione del Senato) il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la delega al Governo per il recepimento della Direttiva.

L’iter parlamentare ha condotto all’art. 8 della Legge 7 ottobre 2014, n. 154[91].

Nella norma si stabilisce ovviamente che l’operazione non costi alcunché allo Stato[92]: al proposito la relazione tecnica precisa che gli organismi opereranno secondo una tariffa, ma la Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) nella sua valutazione economica, consiglia per il rispetto della delega di indicare chiaramente nel decreto che non ci sarà alcun intervento pubblico.

Continuiamo dunque con le riforme a costo zero e vedremo se e quale risultato ci porteranno.

Al momento in verità lo Stato finanzia le conciliazioni paritetiche con contributi per le associazioni dei consumatori[93].

Naturalmente è giusto che chi lavora non lo faccia in perdita, ma mi sia consentita una piccola considerazione di parte: secondo dati che sono pubblici gli organismi di mediazione civile e commerciale hanno gestito in 4 anni 552.436, mentre tutto l’ADR del consumo in cinque anni è arrivato a 104.120 controversie[94]; lo Stato non solo non concede agli organismi di mediazione alcun finanziamento, ma pretenderebbe secondo questa linea che gli organismi gestissero anche le controversie del consumo a loro spese, il che mi pare insostenibile; si tenga conto che nella concezione europea il consumatore che è considerato il primo attore da tutelare, dovrebbe essere servito gratuitamente o comunque con un compenso simbolico.

Un altro organo che viene remunerato è il CEC ossia il Centro nazionale della rete europea per i consumatori che svolge nel nostro ordinamento una duplice funzione: è punto di assistenza per chi dovesse rivolgersi ad organismo ADR straniero che è competente a trattare una controversia transfrontaliera, sia essa offline od online, ed è punto di contatto ODR, ossia per accedere alla piattaforma europea ai sensi del Regolamento 524/13 e risolvere on line la controversia[95].

Ebbene Il CEC per le controversie transfrontaliere, verrà, secondo la relazione tecnica, sostenuta coi proventi delle contravvenzioni amministrative dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (art. 148 della legge 388/2000[96]). E pertanto anche con il provento delle sanzioni che verranno irrogate ai professionisti che non rispettano gli obblighi di informativa nei confronti dei consumatori. L’art. 141-sexies (Informazioni e assistenza ai consumatori) dello schema di decreto prevede quanto segue:

1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.

  1. Le informazioni di cui al comma 1 devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contratto di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
  2. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole[97].
  3. E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni relative all’informazione dei consumatori sulle procedure di ricorso extragiudiziale contenute in altri provvedimenti normativi.

La legge delega stabilisce poi:

1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche[98] relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi[99].

2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva)[100].

L’Italia in data 8 maggio 2015[101] ha conseguentemente adottato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti sono noti[102]: come assumono le Commissioni del Senato il testo non brilla per chiarezza[103].

La legge delegata che nello schema vuol dare attuazione anche al regolamento (UE) n. 524/2013, avrebbe dovuto essere emanata entro 40 giorni[104] dalla trasmissione alle Camere per i prescritti pareri, ossia il 18 giugno 2015 (entro 40 giorni dall’8 di maggio), ma sino ad ora non si ha alcuna notizia certa in merito. Secondo indiscrezioni giornalistiche il testo definitivo dovrebbe essere approvato nel Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2015.

Secondo la relazione tecnica allo schema di decreto il testo della Direttiva “rende indispensabile una radicale revisione del testo dell’attuale articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), che di fatto non è stato mai attuato”.

L’art. 141 attuale prevede quanto segue.

Composizione extragiudiziale delle controversie 

  1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica.
  2. Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

Il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresì, gli ulteriori adempimenti connessi all’attuazione della risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

  1. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
  2. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo.
  3. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.

Per modificare la sopradetta disciplina, il legislatore delegato aggiunge alla Parte V del Codice del consumo dopo il titolo II che termina con l’azione di classe (art 140 bis), il TITOLO II-bis inerente la  risoluzione extragiudiziale delle controversie che contiene gli articoli dal nuovo 141 al 141 decies.

Viene poi affidata alle organizzazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale  la tutela degli interessi collettivi scaturenti dall’oggetto della Direttiva ADR e dal Regolamento ADR[105].

Si stabilisce che in merito alla violazione dell’obbligo di informativa per il professionista previsto dallo schema di decreto (art. 141 sexies)[106] le sanzioni siano accertate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse.

I diritti dei consumatori previsti dal Capo I Sezioni I-IV (articoli 45-66 quinques) potranno essere tutelati, sempre salvo il diritto di ricorrere al giudice, con le nuove procedure ADR (ad esempio in materia di diritto di recesso, condizioni di vendita dei contratti a distanza, informativa precontrattuale nei locali di vendita)[107].

Tra le clausole di contratto che si presumono vessatorie vengono inserite quelle che hanno ad oggetto l’imposizione al consumatore di rivolgersi ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR o quelle che abbiano per effetto di rendere eccessivamente difficile l’accesso  ad una procedura ADR[108].

Secondo il parere del 23 giugno 2015 della Commissione II e X della Camera invece “la clausola ADR predisposta unilateralmente dal professionista non altera l’equilibrio negoziale a danno del consumatore (ex articolo 33, comma 1, del Codice del consumo) e non può essere pertanto considerata vessatoria[109]. La Commissioni chiedono pertanto che  “a) sia valutata l’opportunità di precisare che alle clausole ADR del contratto non si applica l’articolo 1341, comma 2, del codice civile”.

Il che peraltro ricalcherebbe la disciplina attuale del 141.

In estrema sintesi l’Italia riterrebbe di operare il recepimento tramite il riconoscimento normativo della negoziazione paritetica (per cui, dobbiamo dirlo, operano delle pesanti incompatibilità v. art. 141 ter schema disegno di legge) su protocolli d’intesa e tramite una novella del Codice del consumo[110].

Si tratta in particolare di apprestare procedure volontarie di composizione extragiudiziale, anche in modalità telematica, delle controversie, nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, che abbiano luogo davanti ad un organismo ADR iscritto nell’elenco prescritto dall’articolo 141decies[111].

Tra le scelte che la Direttiva consente il nostro Stato ha previsto nella novella, nel rispetto dei principi della Direttiva:

  • la possibilità che i compositori siano retribuiti dal professionista, associazione di imprese o organizzazione professionale (in tal caso le risorse di bilancio devono essere separate e destinate allo scopo[112]) ;
  • non vi siano organismi di ADR che possono imporre soluzioni: l’organismo ADR propone una soluzione[113] o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole[114];sono salve però le autorità che adottano decisioni (Aeesgi, Consob, Banca d’Italia)
  • che gli organismi di ADR italiani possano, se il loro regolamento lo stabilisce, rifiutare determinate controversie: in particolare potranno stabilire che il consumatore che voglia adire l’organismo ADR debba necessariamente contattare prima il professionista che ha effettuato la prestazione: in sostanza il contatto costituirebbe condizione di procedibilità della procedura alternativa[115]; nel caso di rifiuto devono motivarlo entro 21 giorni dal ricevimento del fascicolo[116].
  • che siano considerate procedure ADR appunto le conciliazioni paritetiche[117].

Rimane in piedi, come desidera la normativa europea, la Direttiva 52/08 e dunque il decreto 28/10; la direttiva ADR non interferisce con la conciliazione obbligatoria dei Corecom; nella misura in cui rispettino il dettato del decreto legislativo, sarebbero procedure ADR le procedure svolte dall’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), dalla Banca d’Italia e dalla Commissione nazionale per la società e la borsa nei rispettivi settori di competenza[118].

Sono escluse a tutt’oggi dal processo legislativo le Camere di Commercio che sono invece attrici nell’attuale art. 141 del Codice del consumo e nella mediazione civile e commerciale; hanno pertanto fatto sentire la loro voce in sede di parere delle Commissioni senatoriali e della Camera[119]: bisogna vedere che ascolto abbiano presso il Governo.

La norma non si applica alle controversie gestite direttamente dal professionista, a quelle intentate dai professionisti nei confronti dei consumatori o tra professionisti[120], ai servizi economici di interesse generale[121], alla negoziazione diretta tra consumatore e professionista, ai servizi di assistenza sanitaria[122].

Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale[123].

La domanda del consumatore di ADR viene definita forse impropriamente dal decreto come “reclamo[124]: almeno così hanno precisato le Commissioni parlamentari nel loro parere.

L’organismo ADR può essere gestito da una persona fisica, da un persona giuridica privata o pubblica[125].

Il Ministero dello sviluppo economico, si pone come autorità di chiusura “con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni[126].

Possono essere organismi ADR quelli attualmente iscritti nella sezione speciale di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per la trattazione degli affari in materia di consumo[127] e gli altri inseriti su domanda in apposito elenco tenuto dalle autorità[128]: ogni autorità ha un suo procedimento di iscrizione e vigila sull’elenco nonché sui singoli organismi ed ha i poteri connessi a tale attività[129].

Le autorità ADR incoraggiano gli organismi italiani ad associarsi a reti europee che trattino le controversie nello stesso settore e a cooperare tra loro[130]; anche la cooperazione con le stesse autorità è incoraggiate per mettere a punto buone prassi nei settori di controversi più frequenti[131].

Le persone incaricate di una procedura di ADR devono ricevere, eventualmente dai propri organismi secondo programmi vigilati dalle autorità competenti, una formazione che contempli conoscenze e  competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto; restano inoltre necessari fermi gli obblighi formativi previsti per i mediatori civili e commerciali[132].

Circa la procedura è necessario che le parti siano informate del fatto che possono ritirarsi in qualsiasi momento (ciò potrebbe però non valere per il professionista[133])[134] che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale, ma che possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura[135].

Dall’esito dell’ADR che viene condotto da ogni organismo ADR deve essere precisato dall’organismo l’effetto giuridico[136] e la eventualità esecutività delle decisioni.

Le procedure devono essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori[137]. L’indagine europea del febbraio 2015 rivela che il 21% delle imprese (specie le micro imprese tra 1 e i 9 dipendenti) che si occupano di commercio transfrontaliero online sostiene che i costi dei reclami per i consumatori costituiscono un grave problema alla circolazione delle merci, problemi che va risolto se si voglia creare un unico mercato digitale[138].

La procedure devono concludersi entro 90 giorni (prorogabili dello stesso termine a discrezione dell’organismo) dalla data di ricevimento del fascicolo completo del reclamo da parte dell’organismo ADR[139].

Assai interessante è il principio per cui gli organismi precisano se risolvono le controversie “in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole”[140]. Finalmente si rispetta la storia degli ADR!

Dalla data di ricevimento da parte dell’organismo ADR, il relativo reclamo produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, il reclamo impedisce altresì la decadenza per una sola volta[141]. Ricominciano a decorrere dalla comunicazione della data alle parti della mancata definizione della controversia.

  1. Conclusioni

Alla luce della storia “incerta” della risoluzione alternativa nell’ambito UE credo di poter affermare che la conoscenza e la diffusione dell’ADR sia nel consumo, sia altrove dipenda in buona parte dalla volontà politica degli Stati e non più di tanto dalle entità sovranazionali.

La Direttiva 52/08 specificava già in merito alla controversie transfrontaliere che “La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario” (considerando 19).

Noi potremmo estendere questa considerazione a tutti gli strumenti alternativi in ogni campo.

Ma la volontà politica non basta ovviamente, perché un ruolo cruciale assume l’economia: migliori sono i sistemi economici migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.

In Europa questi buoni sistemi economici che hanno una buona giustizia ed un buon ADR  sono solo 5: Regno Unito, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda e Lussemburgo[142].

L’Italia e gli altri 22 paesi purtroppo sono lontani dai loro standard.

Anche se Junker da ultimo promette l’uscita dalla recessione e ben un milione e trecento mila posti di lavoro[143].

Ma è inutile recriminare, vorrei solo e in ultimo sottolineare quello che si potrebbe fare anche se mi rendo conto che questo Stato continua a pretendere di fare riforme a costo zero.

I mediatori europei secondo uno studio che conduco da alcuni anni sono attualmente più di 44.000.

Nello spirito della Direttiva che contempla diversi strumenti ADR, credo si dovrebbero aggiungere gli attuali arbitri, almeno nei paesi che contemplano l’arbitrato per la risoluzione del consumo.

Si può dunque stimare che gli operatori ADR arrivino a circa 50.000 anime; la speranza è che i mediatori italiani smettano di crescere (al momento hanno superato i 17.000).

Ora secondo la Direttiva, lo abbiamo detto, gli operatori di ADR devono essere retribuiti a prescindere dal risultato raggiunto: lo stesso schema di decreto stabilisce ovviamente che le parsone incaricate delle procedure devono essere “retribuite indipendentemente dall’esito della procedura[144].

E se non per la Direttiva ADR, per il Consiglio d’Europa l’obbligo di un sostegno finanziario diretto ai servizi di mediazione dovrebbe gravare anche sugli Stati[145].

Ammettiamo che gli operatori di ADR possano guadagnare almeno 1500 € al mese per non essere sotto la soglia di povertà.

Il conto è presto fatto: per sostenere i mediatori europei ci vorrebbero circa 900 milioni di euro all’anno.

Dal momento che la popolazione dei 28 è di 446 milioni e mezzo, con due euro a testa all’anno, dico 2 euro a testa, si potrebbe avere un sistema alternativo efficiente sia per il consumo sia per le controversie estranee al consumo.

Vogliamo aggiungere un euro per gli organismi ed enti vari nei paesi che hanno una mediazione strutturata? Arriviamo a tre euro.

Chi non li darebbe se sapesse che ciò gli può consentire di recarsi in tribunale come ultima risorsa?

Teniamo conto che per sostenere i tribunali i cittadini dei 28 paesi UE spendono pro capite[146] facendo una media 47 € all’anno: quella che impiega meno risorse è la Bulgaria con 18 euro e quello che ne impiega di più è il Lussemburgo con 142 €: l’Italia eroga 44 € pro capite ossia 2.674.709.180 € contro  182.366.535 € che spenderebbero per un sistema ADR efficiente [147].

Morale… i cittadini europei spendono in tribunali 15 volte quello che spenderebbero per avere un sistema ADR funzionante.

Non dico naturalmente che andrebbero aboliti i tribunali, ma che se è vero che secondo i dati ministeriali la mediazione italiana ogni anno gestisce circa 200.000 pratiche e aggiungeremo presto a queste, seppure su base volontaria, le controversie di consumo, non possiamo che mettere in condizione i neutri[148] di dare una mano importante al sistema giustizia.

[1] L’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000) e l’articolo 169, paragrafo 2, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE, 2008).

[2]http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/ecc-net/docs/ecc_net_-_anniversary_report_2015_en.pdf

[3]http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/ecc-net/docs/ecc_net_-_anniversary_report_2015_en.pdf

[4] Il GDP ossia il Gross Domestic Product rappresenta il totale del valore dei beni e servizi scambiati in un dato anno. Cfr. COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions A Digital Single Market Strategy for Europe

{COM(2015) 192 final} 6.5.15 in http://ec.europa.eu/priorities/digital-single-market/docs/dsm-swd_en.pdf.

[5] Per la precisione 49.859.056.000 €

[6] COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL  CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI  del 13/4/11 in http://www.osservatorioappalti.unitn.it/content.jsp?id=12

“4. I consumatori, protagonisti del mercato unico

Per rafforzare la fiducia dei consumatori nel mercato unico, occorre garantire i loro diritti, in particolare sviluppando sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e prevedendo mezzi di ricorso diversi da quelli giudiziari. I consumatori avranno pertanto a disposizione una soluzione più facile, rapida ed economica.

Questi sistemi sono essenziali per il commercio online, laddove proprio una maggiore fiducia dei consumatori nel commercio elettronico transfrontaliero produrrebbe vantaggi economici valutati a 2,5 miliardi di euro”.

[7] Cfr. A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication cit. p. 16.

[8] Il Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo (Francia), raggruppa oggi, con i suoi 47 Stati membri, quasi tutti i paesi del continente europeo. Istituito il 5 maggio 1949 da 10 Stati fondatori, il Consiglio d’Europa ha come obiettivo quello di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, nel rispetto della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e di altri testi di riferimento relativi alla tutela dell’individuo.

[9] Raccomandazione n. R (81) 7, Raccomandazione n. R (86) 12, Raccomandazione n. R (93) 1, Raccomandazione n. R (94) 12, Raccomandazione n. R (95) 5, Raccomandazione n. R (98) 1, Raccomandazione n. R (99) 19 relativa alla mediazione in materia penale, Raccomandazione n. R (2001) 9 sulle alternative al contenzioso tra le autorità amministrative e le parti private. Raccomandazione n. R (2002) 10 sulla mediazione in materia civile.

[10] http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-152990

[11] RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (Testo rilevante ai fini del SEE) in http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:1998:115:0031:0034:IT:PDF

RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 4 aprile 2001 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo [notificata con il numero C(2001) 1016] (Testo rilevante ai fini del SEE)

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2001:109:0056:0061:IT:PDF

[12] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/ecc-net/docs/ecc_net_-_anniversary_report_2015_en.pdf

“È deplorevole che, nonostante le raccomandazioni della Commissione 98/257/CE, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e 2001/310/CE, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, l’ADR non sia stato attuato correttamente e non funzioni in modo soddisfacente in tutte le zone geografiche o in tutti i settori economici dell’Unione”.

Considerando n. 6 della DIRETTIVA 2013/11/UE

[13] Già nel 2001 gli organismi nazionali che si occupano di risolvere le controversie di consumo sono stati raccolti in una rete sperimentale (EJE-net)  avente come fine, tra gli altri, quello di risolvere appunto le controversie in modo rapido ed efficace con le nuove tecnologie.

[14] La rete dei CEC conta attualmente 30 centri (almeno un punto di contatto nazionale in ciascuno Stato membro). La rete include anche un punto in contatto in Norvegia ed uno in Islanda. Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/ecc/index_en.htm

[15] In Italia per il 46 % hanno riguardato i contratto di trasporto.

[16] Il Centro Europeo Consumatori italiano si trova a Roma in Via Francesco Gentile, 135. Tel. +39 06 44.23.80.90. Fax. +39 06 45.55.05.58 email: info@ecc-netitalia.it

[17] Le fonti normative sono da rinvenirsi nella decisione n. 20/2004/CE è stata abrogata dalla decisione n. 1926/2006/CE (programma d’azione comunitaria in materia di politica dei consumatori 2007-2013) a partire dal 31 dicembre 2006.

[18] Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/ecc/index_it.htm

[19] FIN-NET dal 2001 si occupa dei reclami dei consumatori nei confronti delle imprese finanziarie (banche e assicurazioni) e fornisce moduli nelle lingue appropriate e risoluzione delle controversie; è presente in 21 stati +  Islanda, Liechtenstein e Norvegia. In Italia fanno parte della rete: Arbitro Bancario Finanziario (ABF),  Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP), Ombudsman Bancario – Giurì bancario

Cfr. http://CE.europa.eu/internal_market/finservices-retail/finnet/index_en.htm

[20] La rete SOLVIT consente di risolvere le controversie derivanti da una cattiva applicazione delle regole del mercato interno da parte di un’amministrazione pubblica. I cittadini e le imprese possono così trovare una risposta pronta, gratuita ed efficace ai loro problemi senza dover far ricorso ai tribunali.

A titolo d’esempio, la rete può trovare una soluzione ai problemi transfrontalieri nell’Unione europea (UE) in materia di lavoro, di riconoscimento dei titoli universitari, di immatricolazione dei veicoli, di creazione di un’impresa o di fornitura di beni e servizi; ciò in qualsiasi parte dell’UE, nonché in Norvegia, in Islanda e Liechtenstein.

Questa rete di risoluzione delle controversie, a titolo gratuito, segue un approccio informale orientato verso il cliente. Allorquando uno dei centri SOLVIT ritiene fondata la denuncia di un consumatore o di un’impresa, provvede ad accettarla ed a inviarla al centro SOLVIT del paese in cui si è manifestato il problema. Una soluzione può allora essere trovata per il caso specifico entro un termine di dieci settimane.

Le soluzioni proposte non sono vincolanti. In ogni caso, se il cliente considera la proposta inaccettabile, può chiedere di risolvere la controversia per via giudiziaria. Lo Stato membro interessato ha la responsabilità della risoluzione della controversia. Se tale Stato non reagisce, la Commissione si riserva il diritto di avviare un procedimento.

La rete è presente in 28 stati +  Norvegia, in Islanda e Liechtenstein.

Il Centro SOLVIT in Italia si trova  a Roma presso la Presidenza Consiglio Ministri, Dipartimento Politiche Comunitarie. Cfr.http://ec.europa.eu/solvit/site/centres/addresses/index.htm#italy al quale indirizzo si può compilare comodamente un  modulo di reclamo online.

[21] Il Consiglio d’Europa ha istituito una rete giudiziaria in materia civile e commerciale volta ad agevolare la cooperazione fra gli Stati membri in tali ambiti. Attraverso Internet i cittadini possono accedere a informazioni sul sistema giuridico negli Stati membri rispettivi, su come ricorrere al giudice, sull’assistenza giudiziaria, ecc. La rete è costituita da punti di contatto negli Stati membri. Cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/consumer_information/l33129_it.htm

[22] In materia di:

  • commercio elettronico (2000/31)
  • intermediazione assicurativa (2002/92/) Obbligo (art. 13)
  • strumenti finanziari (MiFID) (2004/39)
  • servizi (2006/123)
  • servizi postali (2008/6)
  • servizi di pagamento (2007/64)
  • credito al Consumo (2008/48)
  • transfrontaliere (52/08)
  • energia (2009/72 e 73)
  • telecomunicazioni (2009/136)

[23] Le CC.I.AA. di Roma e Milano, i collegi arbitrali di Telecom Italia e l’Ombudsman dell’ABI.

[24] Germania (203 organismi su 229); Spagna 73; Grecia 60; Polonia 54; Bulgaria 25; Belgio 23; Repubblica Ceca 20; Austria 20; Francia 20; Danimarca 19; Ungheria 18; Regno Unito 18; Portogallo 14; Malta 6; Irlanda 5; Italia 4; Paesi Bassi 4; Finlandia 4; Estonia 2; Svezia 1; Lituania  1; Lettonia 1; Slovenia 1; Romania 1; Cipro 1; Slovacchia 0.

[25] DGSANCO, CONSULTATION PAPER On the use of Alternative Dispute Resolution as a means to resolve disputes related to commercial transactions and practices in the European Union (Adr consultation paper 18012011). http://ec.europa.eu/dgs/health_consumer/dgs_consultations/ca/docs/adr_consultation_paper_18012011_en.pdf. Il documento è scaricabile anche in lingua Italiana: V. DGSANCO, DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE, Il ricorso a forme alternative di risoluzione delle controversie come strumento per risolvere le controversie relative alle transazioni e alle prassi commerciali nell’Unione Europea.

In ec.europa.eu/dgs/health_consumer/dgs_consultations/ca/docs/adr_consultation_paper_18012011_it.pdf

[26] Germania, Cipro, Portogallo, Svezia, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Croazia, Belgio, Slovacchia, Malta e Austria.

[27] Francia, Spagna, Ungheria e Romania.

[28] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0001:0012:IT:PDF

[29] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PD

[30] Così si esprimono in sede di parere le commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo) il  19 maggio 2015.

[31] A dire la verità la Direttiva ADR non risulta nemmeno tradotta in lingua croata. Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=OJ:L:2013:165:TOC. Eppure la Croazia basa molto del suo GDP sulle vendite ed offerte di servizi online.

[32] Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen werden soll und das Konsumentenschutzgesetz in http://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXV/SNME/SNME_03821/imfname_418892.pdf

[33] Che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[34] Il progetto è stato adottato in prima lettura. З А К О Н за изменение и допълнение на Закона за защита на потребителите in http://www.parliament.bg/bg/bills/ID/15351/

[35] Την με αριθ πρωτ Δ5Β 1110677 ΕΞ 2013/11-7-2013 απόφαση κατακύρωσης του Υπουργείου  in https://diavgeia.gov.gr/luminapi/api/decisions/6ΩΖΤΗ-ΒΧΥ/document

[36] Lov om alternativ tvistløsning i forbindelse med forbrugerklager (forbrugerklageloven) in https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=169709

La legge è del 29 aprile 2015 ed ha scelto la mediazione.

[37] È stato varato il 26 maggio 2015. Consumer Protection Act 37 SE. http://www.riigikogu.ee/tegevus/eelnoud/eelnou/523b11ef-443a-421c-ad77-12afca358c06/Tarbijakaitseseadus/

[38] Si è modificata la legge sul consumo in data 2/07/15. https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1978/19780038

[39] Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.

Sul sito del senato si prevede il recepimento con ordinanza entro il 30 agosto 2015. Cfr. http://www.senat.fr/application-des-lois/pjl13-808.html

[40] Recht und Verbraucherschutz/Gesetzentwurf – 29.06.2015

http://dip21.bundestag.de/dip21/btd/18/052/1805295.pdf

Su questo testo ha fatto osservazioni il Bundesrat:  l’organo attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale (in tedesco Bund) e si occupano di questioni relative all’Unione europea. Cfr. http://www.bundesrat.de/SharedDocs/drucksachen/2015/0201-0300/258-15(B).pdf;jsessionid=57937C7BFA9BDF19797E1509C7A232D5.2_cid382?__blob=publicationFile&v=1

[41] Αριθμ. 70330 οικ

Ρυθμίσεις σχετικά με προσαρμογή της ελληνικής νο−μοθεσίας, σε συμμόρφωση με την Οδηγία 2013/11/ΕΕ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλί−ου της 21ης Μαΐου 2013 για την εναλλακτική επίλυσηκαταναλωτικών διαφορών και για την τροποποίησητου κανονισμού (ΕΚ) αριθ. 2006/2004 και της οδηγί−ας 2009/22/ΕΚ (οδηγία ΕΕΚΔ) και την λήψη συμπλη−ρωματικών εθνικών μέτρων εφαρμογής του Κανονι−σμού 524/2013 του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και τουΣυμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την ηλεκτρονικήεπίλυση καταναλωτικών διαφορών.È stata pubblicata in gazzetta del Governo il 9 luglio 2015, ma è stata varata il 30 giugno 2015.

http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:tAG3Tf6vkxQJ:www.et.gr/idocs-nph/search/pdfViewerForm.html%3Bjsessionid%3D4F0AEF64CCD8F29EBE39BC52F269C987%3Fargs%3D5C7QrtC22wE4q6ggiv8WTXdtvSoClrL8cHFJddP1Ek4tiDow6HlTE-JInJ48_97uHrMts-zFzeyCiBSQOpYnT00MHhcXFRTs99-088EGsZdD_NQGsJ_QIOYovtGPmG1vfFqI_wv6E_0.+&cd=7&hl=it&ct=clnk&gl=it

[42] Nel 2014 si è tenuta una consultazione.  Cfr. http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

Il 2 di luglio 2015 annunciava la trasposizione entro la scadenza. http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

[43] Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[44] Patērētāju ārpustiesas strīdu risinātāju likums (LV 02.07.2015.) Entra in vigore il 9 luglio 2015. http://www.l2d.lv/l.php?doc_id=275063

[45] Ha delibrato un piano di protezione dei consumatori 2015-2018. Cfr. https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/43a7fc20d2df11e4bcd1a882e9a189f1

Esiste un disegno di legge di attuazione in http://www.lrv.lt/Posed_medz/2015/150609/28.pdf

[46] PROJET DE LOI

portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines autres dispositions du Code de la consommation in http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

Il 10 di luglio 2015 sul progetto si è pronunciato il Consiglio di Stato. http://www.conseil-etat.public.lu/fr/avis/2015/07/10_07_2015/50_944/50944.pdf

[47] 160 Wet van 16 april 2015 tot implementatie van de Richtlijn 2013/11/EU van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende alternatieve beslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG en uitvoering van de Verordening (EU) nr. 524/2013 van het Europees Parlement en de Raad van 21 mei 2013 betreffende onlinebeslechting van consumentengeschillen en tot wijziging van Verordening (EG) nr. 2006/2004 en Richtlijn 2009/22/EG (Implementatiewet buitengerechtelijke geschillenbeslechting consumenten)

https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150430/publicatie_wet/document3/f=/vjthbalx5cya.pdf

[48] Il progetto di legge non è noto, ma fonti di stampa specificano che sarà pronto all’inizio del prossimo anno.

Cfr. http://prawo.gazetaprawna.pl/artykuly/820778,konflikty-na-linii-przedsiebiorca-konsument-bedzie-taniej-i-szybciej.html

[49] Proposta de Lei 335/XII Transpõe a Diretiva n.º 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo in http://debates.parlamento.pt/catalogo/r3/dar/s2a/12/04/137/2015-05-26/8?pgs=8-21&org=PLC&plcdf=true

http://www.parlamento.pt/ActividadeParlamentar/Paginas/DetalheIniciativa.aspx?BID=39534

[50] Abbiamo allo stato tre provvedimenti che si occupano del recepimento:

  1. The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015 in http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksi_20150542_en.pdf
  2. The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Amendment) Regulations 2015
  1. Consumer Rights Act 2015

http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2015/15/pdfs/ukpga_20150015_en.pdf

Cfr. Per una disamina di un solicitor inglese  http://www.mayflowersolicitors.com/transposition-of-the-european-directive-on-alternative-dispute-resolution-likely-impact/

[51] È all’esame della Camera dei deputati dal 24 giugno 2015.

Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.

[52] Allo stato vi è solo un comunicato che respinge la precedente proposta dell’ANPC. Si dice in esso che tutti i mediatori rumeni possono trattare i casi di ADR del consumo.

Il primo luglio si è tenuto un importante convegno in cui alcuni deputati hanno fatto presente al Consiliul de Mediere che intendono portare a compimento l’attuazione della Direttiva ADR.

http://www.juridice.ro/384164/consiliul-de-mediere-a-organizat-conferinta-rolul-mediatorului-in-litigiile-dintre-consumatori-si-profesionisti-in-lumina-directivei-201311ue-si-a-directivei-200852ce-cum-a-fost.html

Proiectul de lege privind solutionarea litigiilor dintre consumatori si profesionisti. Comunicatul Consiliului de Mediere catre ANPC

[53] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015. http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[54] Zakon o izvensodnem reševanju potrošniških sporov. La legge è stata pubblicata il 26 giugno 2015.

In http://www.vlada.si/delo_vlade/gradiva_v_obravnavi/gradivo_v_obravnavi/?tx_govpapers_pi1%5Bsingle%5D=%2FMANDAT14%2FVLADNAGRADIVA.NSF%2F18a6b9887c33a0bdc12570e50034eb54%2F452c063878aef56fc1257e6e0048f5bb%3FOpenDocument&cHash=6eae53c5b2751788aaf8b8f843704160

[55] Anteproyecto de Ley de Resolución Alternativa de Conflictos de Consumo. In http://transparencia.gob.es/es_ES/buscar/contenido/normaelaboracion/NormaEV30L0-20151501

Bisogna dire che la FACUA, un’associazione dei consumatori spagnoli, si è scagliata contro questo progetto di legge perché, tra gli altri motivi, limita i diritti e le garanzie dei consumatori e ostacola l’accesso alla giustizia e all’arbitrato.

Cfr. http://www.expansion.com/agencia/efe/2015/07/15/20944850.html

[56] La legge di attuazione della Direttiva ADR andrà in vigore il primo di settembre 2015. Cfr. per il testo http://beta.regeringen.se/contentassets/2b1fefd49dea417a8a62fb16edc5e4ab/alternativ-tvistlosning-i-konsumentforhallanden

[57] Il progetto di legge governativo è del maggio 2015 e comporta la modifica della legge del consumo del 1997.  T/4820. számú örvényjavaslat a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról. In http://www.parlament.hu/irom40/04820/04820.pdf. È divenuta legge con l’adozione in parlamento il 6 luglio 2015 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 102/2015  del 13 luglio 2015 a pag. 17618. Si intitola 2015. évi CXXXVII. Törvény a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról in http://www.kozlonyok.hu/nkonline/MKPDF/hiteles/MK15102.pdf

[58] Così ripete anche la relazione illustrativa allo schema nostrano di decreto legislativo. Cfr. http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165_F001.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[59] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr-odr/index_en.htm

[60] Art. 2 c. 3 Regolamento UE 524/2013.

[61] Art. 7 c. 1 Regolamento UE 524/2013

[62] http://www.ecc-net.it/

[63] Dalla relazione tecnica allo schema di decreto di recepimento apprendiamo che “le funzioni di Centro nazionale della rete europea per i consumatori sono state affidate, previa procedura selettiva, per l’anno 2015, ma in un quadro programmatico triennale, al Centro europeo consumatori Italia (CEC) costituito dalle associazioni ADICONSUM nazionale e CTCU di Bolzano. A tal fine è previsto un finanziamento nazionale annuale di circa 265.000 euro e un corrispondente cofinanziamento dell’UE” Cfr. http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/VQDOC165.pdf.

[64] Art. 141 octies c. 2 schema decreto legislativo di recepimento della Direttiva ADR.

[65] a) Ministero della giustizia unitamente al Ministero dello sviluppo economico, con riferimento al registro degli organismi di mediazione relativo alla materia del consumo, di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;

  1. b) Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), di cui all’articolo 1 della legge 7 giugno 1974, n. 216, per il settore di competenza;
  2. c) Autorità per l’energia elettrica, il gas, e il sistema idrico (AEEGSI), di cui all’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, per il settore di competenza;
  3. d) Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), di cui all’articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, per il settore di competenza;
  4. e) Banca d’Italia, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n° 385;
  5. f) altre autorità amministrative indipendenti, di regolazione di specifici settori, ove disciplinino specifiche procedure ADR secondo le proprie competenze;

Art. 141 octies schema decreto legislativo.

  1. g) Ministero dello sviluppo economico, con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all’articolo 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni.

[66] La Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 impone anche oneri di informazione ben precisi: “19.  è del parere che le autorità nazionali dovrebbero essere incoraggiate a sviluppare programmi per promuovere una conoscenza adeguata delle composizioni alternative delle controversie; reputa che tali azioni dovrebbero riguardare i principali vantaggi della mediazione, cioè i costi, il tasso di successo e l’efficienza in termini temporali, e dovrebbero coinvolgere avvocati, notai e imprese, in particolare le PMI, nonché docenti universitari;”. Considerando A della Risoluzione  del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 sull’attuazione della direttiva sulla mediazione negli Stati membri, impatto della stessa sulla mediazione e sua adozione da parte dei tribunali (2011/2026(INI).

[67] In Svezia le controversie su come celebrare un funerale, sul luogo di sepoltura dei defunti o sulla cremazione degli stessi vanno in primo luogo in mediazione; se la mediazione fallisce decide il consiglio provinciale. Sino a che la mediazione è in corso non vi può essere sepoltura né cremazione.

La decisione del consiglio provinciale può essere impugnata al tribunale amministrativo e di qui al consiglio di stato.

http://www.svenskakyrkan.se/nacka/medling-vid-tvist-om-gravsattning

http://www.svenskakyrkan.se/arbetsgivare/m

[68] Il considerando 45 della Direttiva prevede appunto: “Il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale sono diritti fondamentali previsti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, l’obiettivo delle procedure ADR non dovrebbe essere né quello di sostituire le procedure giudiziali né quello di privare i consumatori o i professionisti del diritto di rivolgersi agli organi giurisdizionali. È opportuno che la presente direttiva non contenga alcun elemento che possa impedire alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario. Nei casi in cui una controversia non possa essere risolta secondo una determinata procedura ADR il cui esito non sia vincolante, è auspicabile che alle parti non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario in relazione a tale controversia….“.

[69] Se un organismo rifiuta la controversia lo Stato non è tenuto peraltro a garantire che ce ne sia uno che accetti e dunque l’obbligo di apprestare una tutela ADR può considerarsi assolto.

[70] In tal caso però dovrebbero invitare il consumatore a contattare il professionista.

[71] Sempre che ciò non precluda naturalmente l’accesso alla giustizia per i consumatori di Stati ove la soglia è bassissima.

[72] A cui si aggiungono 90 giorni di eventuale proroga per casi eccezionali di particolare complessità, di cui vanno informate le parti. Cfr att. 8 lett. e).

[73] Cfr. art. 7.

[74] Ex vicepresidente della Commissione e Commissario europeo per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza nella Commissione Barroso II.

[75] Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ%3AJOC_2014_355_R_0001&qid=1435776063154&from=EN

[76] Quelli del Capo II della legge (ACCESSO E REQUISITI APPLICABILI AGLI ORGANISMI E ALLE PROCEDURE ADR).

[77] Il 30 di Giugno 2015 in risposta ad una interrogazione del marzo 2015, il Parlamento europeo è stato informato in merito alla Direttiva che “Al fine di aiutare gli Stati membri nel processo di recepimento, la Commissione ha istituito un gruppo di esperti sulla risoluzione alternativa composto da esperti designati dagli Stati membri e gli Stati membri dello Spazio economico europeo. Il gruppo di esperti mette a disposizione degli Stati membri un forum per discutere di tutte le questioni aperte relative alla direttiva e sullo scambio di esperienze e di buone pratiche con altri Stati membri. E l’ultima volta si è riunito il 17 marzo 2015.

I servizi della Commissione, inoltre, forniscono assistenza attraverso stretti contatti bilaterali con i funzionari dei ministeri che si occupano di recepimento della direttiva nei rispettivi Stati membri”http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2015-003972&language=EN

[78] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=COMPARL&reference=PE-554.714&format=PDF&language=EN&secondRef=01; http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2014_2019/documents/imco/cm/1056/1056514/1056514en.pdf

[79] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32015R1051&from=IT

[80] Art. 1 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[81] Art. 2 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[82] Art. 3 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[83] Art. 4 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[84] Art. 5 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[85] Art. 6 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[86] Art. 7 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[87] Art. 8 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051.

[88] Art. 7 c. 2 REGOLAMENTO (UE) N. 524/2013

I punti di contatto ODR forniscono assistenza per la risoluzione delle controversie riguardanti reclami presentati mediante la piattaforma ODR, eseguendo le funzioni seguenti:

  1. a) se richiesto, agevolano la comunicazione tra le parti e l’organismo ADR competente, il che può comprendere in particolare:
  2. i) l’assistenza per la presentazione del reclamo e, se del caso, dei documenti pertinenti;
  3. ii) la trasmissione alle parti e agli organismi ADR di informazioni generali sui diritti dei consumatori relativi ai contratti di vendita e di servizi, che si applicano nello Stato membro del punto di contatto ODR che dispone dell’assistente ODR in questione;

iii) la trasmissione di informazioni sul funzionamento della piattaforma ODR;

  1. iv) la trasmissione alle parti di spiegazioni sulle norme procedurali applicate dagli organismi ADR individuati;
  2. v) la trasmissione alla parte ricorrente di informazioni sugli altri mezzi di ricorso se una controversia non può essere

risolta tramite la piattaforma ODR;

  1. b) presentano ogni due anni, in base alle esperienze pratiche raccolte nell’esecuzione delle loro funzioni, una relazione di attività alla Commissione e agli Stati membri

[89] C. TEOFILI, Consumatori: regolamento Ue per funzionamento piattaforma ODR, 9 luglio 2015, in http://www.euractiv.it/it/news/salute-consumatori/11376-consumatori-regolamento-ue-per-funzionamento-piattaforma-odr.html

[90] https://mediaresenzaconfini.org/2015/07/19/adr-e-accesso-alla-giustizia-una-importante-sentenza-della-corte-europea-dei-diritti-delluomo/

[91]  Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre. (14G00167) (GU n.251 del 28-10-2014 )

Art. 8

 Principi e criteri  direttivi  per  il  recepimento  della  direttiva  2013/11/UE, sulla risoluzione alternativa  delle controversie  dei consumatori, che modifica il regolamento (CE)  n.  2006/2004  e  la  direttiva 2009/22/CE – direttiva sull’ADR per i consumatori

  1. Nell’esercizio della delega per  l’attuazione  della  direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  21  maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre  ai  principi  e  criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
  2. a) esercitare l’opzione di  cui  all’articolo  2,  paragrafo  2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra  le  procedure di risoluzione alternativa delle controversie  (ADR)  utili  ai  fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione  delle  controversie  in  cui  le  persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono  assunte o retribuite esclusivamente dal professionista,  già  consentite  ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
  3. b) prevedere espressamente, ai fini  dell’opzione  di  cui  alla lettera a), che in tal  caso  le  persone  fisiche  incaricate  della

risoluzione  delle  controversie  facciano  parte  di  un   organismo collegiale composto da  un  numero  eguale  di rappresentanti  delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del  professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.

  1. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza  pubblica.  Le  autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al  presente  articolo con  le  risorse  umane,  strumentali  e  finanziarie  disponibili  a legislazione vigente.

Precedentemente era contenuto nel disegno di legge di delegazione europea – II semestre (A.C. 1836-A).

[92] La norma, specifica che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Mi domando se questa statuizione possa o meno essere contraria al considerando 46 della direttiva 2013/11 che prevede: ” (46) Ai fini di un loro efficiente funzionamento, è opportuno che gli organismi ADR dispongano di risorse umane, materiali e finanziarie sufficienti. Gli Stati membri dovrebbero stabilire una forma adeguata di finanziamento degli organismi ADR sui rispettivi territori, senza ridurre il finanziamento degli organismi già operativi. La pre­sente direttiva non dovrebbe impedire che il finanzia­mento avvenga mediante fondi pubblici o privati ovvero con una combinazione di entrambi. È opportuno tuttavia incoraggiare gli organismi ADR a valutare in modo specifico forme private di finanziamento e a utilizzare i fondi pubblici solo a discrezione degli Stati membri. La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la possibilità per le imprese o per le organizzazioni professio­nali o associazioni di imprese di finanziare organismi ADR“.

In ogni caso c‘è il pericolo, teorico o meno non so, che si crei una disparità tra organismi di mediazione che non si occupano di consumo e quelli che se ne occupano, perché solo per i secondi è prevista appunto una forma adeguata di finanziamento, anche se l’utilizzo dei fondi pubblici è a discrezione degli stati membri.

[93] In tal senso ci si è mossi da tempo, ad esempio, con specifiche iniziative per quanto riguarda le conciliazioni paritetiche per le quali, anche attualmente, con distinti bandi, sono previsti contributi a rimborso forfettario delle spese che le associazioni dei consumatori sostengono per l’assistenza gratuita ai consumatori nelle procedure.

Si fa riferimento in particolare a contributi di minimo importo concessi per le conciliazioni nel settore dell’energia elettrica ed il gas dall’AEEGSI, avvalendosi della Cassa conguaglio per il settore elettrico, a carico del citato fondo di cui all’articolo Il-bis del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, nonché ai contributi di importo ancor più contenuto concessi, relativamente alle conciliazioni basate su protocolli fra associazioni dei consumatori ed imprese in diversi altri settori, da parte del Ministero dello sviluppo economico, avvalendosi della società Invitalia, e con onere in parte a carico delle singole imprese che hanno sottoscritto i relativi protocolli cd in parte a carico del citato Fondo di cui all’articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Relazione allo schema di decreto di recepimento della Direttiva ADR

[94] In 5 anni dal 2009 al 2013 ci sono state 104.120 istanze di ADR per controversie dei consumatori di cui fornisco il dettaglio:

Conciliazioni Corecom 65240

ADR bancari e finanziari 18709

ADR servizi postali 5274

ADR Energia gas e servizi idrici 11.645

ADR mobilità e trasporti 3252

Totale 104.120

Fonte: ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.) (all. alla direttiva P.C.M. 16 gennaio 2013 –G.U. 12 aprile 2013, n. 86) sullo schema di recepimento della Direttiva ADR

Le mediazioni dal 2011 (secondo trimestre) – 2015 (primo trimestre) sono state 552.436

Fonte: il Ministero

[95] Cfr. Art. 141 sexies c. 5 schema di decreto legislativo.

[96] Art. 148.

(Utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato)

  1. Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
  2. Le entrate di cui al comma 1 sono riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ad un apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per essere destinate alle iniziative di cui al medesimo comma 1, individuate di volta in volta con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentite le competenti Commissioni parlamentari.

[97] Il regolamento 524 che è complementare alla Direttiva ADR specifica in aggiunta che:  “1. I professionisti stabiliti nell’Unione che operano mediante contratti di vendita o servizi online e i mercati online stabiliti nell’Unione, forniscono nei loro siti web un link elettronico alla piattaforma ODR. Tale link deve essere facilmente accessibile ai consumatori. I professionisti stabiliti nell’Unione operanti mediante contratti di vendita o di servizi online indicano altresì i propri indirizzi di posta elettronica.

  1. I professionisti stabiliti nell’Unione, che operano mediante contratti di vendita o servizi online, che si sono impegnati o sono tenuti a ricorrere a uno o più organismi ADR per la risoluzione delle controversie con i consumatori, informano i consumatori in merito all’esistenza della piattaforma ODR e alla possibilità di ricorrere alla piattaforma ODR per risolvere le loro controversie. Essi forniscono un link elettronico alla piattaforma ODR sui loro siti web e, se l’offerta è fatta mediante posta elettronica, nella posta elettronica stessa. Le informazioni sono fornite altresì, se del caso, nelle condizioni generali applicabili ai contratti di vendita e di servizi online”.

[98] Le negoziazioni volontarie e paritetiche sono quelle che si fanno sulla base di intese tra rappresentanti dei consumatori e degli imprenditori.

Dobbiamo dire che la Direttiva esclude di principio questo tipo di procedure perché c’è il rischio di conflitto di interessi, ma permette di considerarle ADR a certe condizioni. Il considerando 28 della Direttiva specifica che devono sussistere i requisiti di indipendenza ed imparzialità previsti dalla Direttiva. Inoltre la qualità ed indipendenza degli organismi deve essere soggetta a valutazione periodica. Nella delega non c’è però alcuna traccia di queste ultime cautele richieste dalla UE.

[99] Ciò è stato recepito con l’art. 141 ter dello schema di decreto legislativo.

[100] Ciò è stato recepito con l’art. 141 bis comma 9 dello schema di decreto legislativo.

[101] “In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive” (art. 31 comma 1  Legge 24 dicembre 2012, n. 234). E dunque lo schema di decreto recepente la direttiva ADR doveva appunto essere adottata entro il 9 maggio 2015.

[102] Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[103] Commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo),  19 maggio 2015.

[104] Art. 31 c. 3 Legge 24 dicembre 2012, n. 234.

[105] 4. All’articolo 139, comma 1, deI decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, alla fine della lettera b) e della lettera b-bis), il punto è sostituito dal punto e virgola e, dopo la lettera b-bis), è aggiunta la seguente: «b-ter) regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori).».

[106] Art. 141-sexies

(Informazioni e assistenza ai consumatori)

  1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.
  2. Le informazioni di cui al comma l devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contrano di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
  3. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fomite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole.

[107] 7. All’articolo 66 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il comma 5 è sostituito dal seguente: « 5. E’ comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario. E’ altresì fatta salva la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo, nelle materie di cui alle Sezioni da l a IV del presente Capo, mediante il ricorso alle procedure di cui alla Parte V, Titolo Il-bis, del presente codice,».

[108] 9. Al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono apportate le seguenti modificazioni:

  1. a) all’articolo 33, comma 2, dopo la lettera v) sono inserite le seguenti:

“v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi

esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo

ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V”.».

[109] http://www.camera.it/leg17/824?tipo=A&anno=2015&mese=06&giorno=23&view=&commissione=0210#data.20150623.com0210.allegati.all00010

[110] “trattasi di metodo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nato dalla prassi delle associazioni dei consumatori ed utenti italiani maggiormente rappresentative che consente, previa stipula di apposti protocolli di intesa tra associazioni ed imprese, o loro associazioni, alle parti del rapporto di consumo – consumatore e impresa, tramite i propri rappresentanti – di confrontarsi al fine di trovare una soluzione condivisa, rapida ed economica. Ciò anche e soprattutto in virtù degli specifici principi e criteri direttivi contenuti all’articolo 8 comma 1 della legge di delegazione europea 20l3 – secondo semestre, n. 154 del 7 ottobre 2014” (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)

“Il Parlamento Europeo nella propria risoluzione del 25 ottobre 2011 sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare (201 1/2117(INI)) ha richiamato l’attenzione “sulla conciliazione paritetica italiana, quale esempio dì migliore prassi, basata su un protocollo stipulato e sottoscritto dall’azienda e dalle associazioni di consumatori, in cui l’azienda si impegna in anticipo a ricorrere agli ADR per risolvere le eventuali controversie che possono sorgere nei settori contemplati dal protocollo“. (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)

[111] Così si esprimono in sede di parere le commissioni del Senato 2ª e 10ª riunite 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo) il  19 maggio 2015.

[112] Art. 141 bis comma 8 schema di decreto legislativo.

[113] Cfr. l’art. 141 quater c. 2 lett. b)-d)  schema di decreto legislativo  con riferimento alle cautele da assumersi in caso di proposta.

[114] Art. 141 c. 4 schema di decreto legislativo.

[115] Art. 141 bis c. 2 schema di decreto legislativo.

[116] Art. 141 bis c. 3 schema di decreto legislativo.

[117] Art. 141 c. 5 schema di decreto legislativo. V. all’art. 141 ter schema di decreto legislativo le previste incompatibilità.

[118] Art. 141 commi 6 e 7 e art. 141 octies schema di decreto legislativo.

[119] “si invita infine il Governo a valutare l’opportunità di integrare il medesimo articolo 141octies, al comma 1, lettera g), consentendo alla conciliazione delle Camere di commercio di far parte della rete di organismi di ADR riconosciuta a livello nazionale ed europeo per la gestione delle controversie tra professionisti e consumatori”. COMMISSIONI 2ª e 10ª RIUNITE 2ª (Giustizia) 10ª (Industria, commercio, turismo), 17 giugno 2015.

  1. d) all’articolo 1, comma 3, capoverso « ART. 141-octies (Autorità competenti e punto di contatto unico) », alinea, primo comma, lett. g), in fine, dopo le parole « specifiche disposizioni » sia valutata l’opportunità di aggiungere le seguenti: « e con riferimento alla conciliazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 »;

COMMISSIONI RIUNITE II (Giustizia) e X (Attività produttive, commercio e turismo), 23 giugno 2015.

[120] Art. 141 c. 8 schema di decreto legislativo.

[121] Art. 141 c. 8 lett. b) schema di decreto legislativo.  Sono tali quei servizi esperiti senza corrispettivo dalla P. A. o per suo conto.

[122] Art. 141 c. 8 lett. g) schema di decreto legislativo.

[123] Art. 141 c. 10 schema di decreto legislativo.

[124] Art. 141 lettera L schema di decreto legislativo.

[125] Art. 141 c. 3 schema di decreto legislativo.

[126] Art. 141-octies lett. g) schema di decreto legislativo.

[127] Art. 141 c. 4 schema di decreto legislativo.

[128] Cfr. artt. 141 nonies e decies schema di decreto legislativo.

[129] Art. 141 decies c. 2-3 schema di decreto legislativo.

[130] Art. 141 septies c. 2 schema di decreto legislativo.

[131] Art. 141 septies c. 3 schema di decreto legislativo.

[132] Art. 141 bis c. 10 schema di decreto legislativo.

[133] Art. 141 quater c. 5 lett. a) schema di decreto legislativo.

[134] Art. 141 bis c. 6 schema di decreto legislativo.

[135] Art. 141 quater c. 4 dello schema di decreto legislativo.

[136] Art. 141 quater c. 1 lett. p) dello schema di decreto legislativo.

[137] Art. 141 quater c. 3 lett. c) dello schema di decreto legislativo.

[138] Cfr. A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence Accompanying the document Communication cit. p. 16.

[139] Art. 141 quater c. 3 lett. e) dello schema di decreto legislativo.

[140] Art. 141 quater c. 1 lett. i) schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva ADR.

[141] Art. 141 quinques c. 1 dello schema di decreto legislativo.

[142] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2015/05/13/mediazione-e-giustizia-nei-paesi-ue/

[143] http://europarltv.europa.eu/en/player.aspx?pid=c466a070-502c-448a-8f5b-a4d000e76007

[144] Art. 141 bis c. 4 lett. d) schema di decreto legislativo.

[145] I costi della mediazione per gli utenti dovrebbero essere ragionevoli e proporzionati al problema in questione. Al fine di rendere la mediazione accessibili al pubblico in generale, gli Stati dovrebbero assicurare un sostegno finanziario diretto ai servizi di mediazione (33. The cost of mediation for the users should be reasonable and proportionate to the issue at stake. In order to make mediation accessible for the general public, states should ensure some direct financial support to mediation services).

European Commission for the efficiency of justice (CEPEJ)

Guidelines for a better implementation of Recommendation No. R(98)1 on family mediation and Recommendation Rec(2002)10 on mediation in civil matters

26 February 2008

https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1242823&Site=COE&BackColorInternet=C3C3C3&BackColorIntranet=EDB021&BackColorLogged=F5D

[146] Secondo il Quadro di valutazione UE della giustizia 2015 operato dalla Commissione Europea. Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[147] Nei 24  paesi che hanno messo a disposizione i dati.

[148] Così si chiamano negli Stati Uniti gli operatori della risoluzione alternativa delle controversie.

Stato dell’arte della attuazione della Direttiva ADR al 19 luglio 2015

Il 9 luglio 2015 è scaduto il termine per l’attuazione da parte dei paesi europei della Direttiva ADR[1].

Quanto all’Italia possiamo dire che a settembre 2014 (con l’approvazione del Senato) il Parlamento italiano ha approvato in prima lettura la delega al Governo per il recepimento della Direttiva.

L’iter parlamentare ha condotto all’art. 8 della Legge 7 ottobre 2014, n. 154[2] .

In data 8 maggio 2015[3] il nostro paese ha conseguentemente adottato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti sono noti[4].

Secondo la relazione tecnica allo schema di decreto il testo della Direttiva “rende indispensabile una radicale revisione del testo dell’attuale articolo 141[5] del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), che di fatto non è stato mai attuato”.

All’uopo il Governo ha deciso di aggiungere alla Parte V del Codice del consumo dopo il titolo II che termina con l’azione di classe (art 140 bis),  il TITOLO II-bis inerente la  risoluzione extragiudiziale delle controversie che contiene gli articoli dal nuovo 141 al 141 decies.

Viene poi affidata alle organizzazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale  la tutela degli interessi collettivi scaturenti dall’oggetto della Direttiva ADR e dal Regolamento ADR[6].

Si stabilisce che in merito alla violazione dell’obbligo di informativa per il professionista previsto dallo schema di decreto (art. 141 sexies)[7] le sanzioni siano accertate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse.

I diritti dei consumatori previsti dal Capo I Sezioni I-IV (articoli 45-66 quinques) potranno essere tutelati, sempre salvo il diritto di ricorrere al giudice, con le nuove procedure ADR (ad esempio in materia di diritto di recesso, condizioni di vendita dei contratti a distanza, informativa precontrattuale nei locali di vendita)[8].

Tra le clausole di contratto che si presumono vessatorie vengono inserite quelle che hanno ad oggetto l’imposizione al consumatore di rivolgersi ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR o quelle che abbiano per effetto di rendere eccessivamente difficile l’accesso  ad una procedura ADR[9].

Ma in sintesi l’Italia avrebbe ritenuto di operare il recepimento tramite il riconoscimento normativo della negoziazione paritetica e tramite una novella del Codice del consumo[10].

La legge delegata che nello schema vuol dare attuazione anche al regolamento (UE) n. 524/2013, avrebbe dovuto essere emanata entro 40 giorni[11] dalla trasmissione alle Camere per i prescritti pareri, ossia il 18 giugno 2015 (entro 40 giorni dall’8 di maggio), ma sino ad ora non si ha alcuna notizia in merito.

Quanto agli altri paesi possiamo dire che, rispetto alla precedente rilevazione su questa rivista del 6 luglio 2015[12] si è aggiunto il recepimento della la legge greca e di quella ungherese.

Tra i paesi che lavorano sui progetti si sono aggiunti Estonia e Polonia.

In Spagna il progetto di recepimento è stato contestato da una Associazione dei consumatori: nel vigente regime l’arbitrato spagnolo è gratuito, mentre quello nuovo sarebbe a pagamento e ciò è assai criticato.

A 10 giorni dallo spirare del termine possiamo dire quindi che i seguenti stati (11) hanno attuato la Direttiva: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lettonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria.

Altri paesi (15) stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Spagna.

Ci sono però alcuni stati (2) sui cui passi legislativi non si sono rinvenute informazioni: Croazia, Malta.

Rivediamo la situazione in dettaglio:

Austria (disegno di legge)[13]

Belgio (legge)[14],

Bulgaria (progetto di legge)[15]

Cipro (progetto di legge non noto)[16]

Croazia –

Danimarca (legge)[17]

Estonia (progetto di legge)[18]

Finlandia(legge)[19]

Francia (progetto di regolamento: testo non noto)[20]

Germania (disegno di legge del governo federale)[21]

Grecia (Decisione ministeriale)[22]

Irlanda (Disegno di legge)[23]

Italia (schema di decreto legislativo)[24]

Lettonia (legge)[25]

Lituania (disegno di legge governativo)[26]

Lussemburgo (progetto di legge)[27]

Malta –

Paesi Bassi (legge)[28]

Polonia (progetto di legge)[29]

Portogallo (proposta di legge approvata dall’Assembleia da Repùblica)[30]

Regno Unito (legge)[31]

Repubblica ceca (progetto di legge – non disponibile)[32]

Romania[33]

Slovacchia (legge)[34]

Slovenia (legge)[35]

Spagna (progetto di legge)[36]

Svezia (legge)[37]

Ungheria (legge)[38]

[1] Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PDF

[2]  Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre. (14G00167) (GU n.251 del 28-10-2014 )

Art. 8

 Principi e criteri  direttivi  per  il  recepimento  della  direttiva  2013/11/UE, sulla risoluzione alternativa  delle controversie  dei consumatori, che modifica il regolamento (CE)  n.  2006/2004  e  la  direttiva 2009/22/CE – direttiva sull’ADR per i consumatori

  1. Nell’esercizio della delega per  l’attuazione  della  direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  21  maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre  ai  principi  e  criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
  2. a) esercitare l’opzione di  cui  all’articolo  2,  paragrafo  2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra  le  procedure di risoluzione alternativa delle controversie  (ADR)  utili  ai  fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione  delle  controversie  in  cui  le  persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono  assunte o retribuite esclusivamente dal professionista,  già  consentite  ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
  3. b) prevedere espressamente, ai fini  dell’opzione  di  cui  alla lettera a), che in tal  caso  le  persone  fisiche  incaricate  della

risoluzione  delle  controversie  facciano  parte  di  un   organismo collegiale composto da  un  numero  eguale  di rappresentanti  delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del  professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.

  1. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza  pubblica.  Le  autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al  presente  articolo con  le  risorse  umane,  strumentali  e  finanziarie  disponibili  a legislazione vigente.

Precedentemente era contenuto nel disegno di legge di delegazione europea – II semestre (A.C. 1836-A).

[3] “In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive” (art. 31 comma 1  Legge 24 dicembre 2012, n. 234). E dunque lo schema di decreto recepente la direttiva ADR doveva appunto essere adottata entro il 9 maggio 2015.

[4] Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[5] Art. 141.

Composizione extragiudiziale delle controversie

  1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica.
  2. Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

Il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresì, gli ulteriori adempimenti connessi all’attuazione della risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

  1. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
  2. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo.
  3. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.

[6] 4. All’articolo 139, comma 1, deI decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, alla fine della lettera b) e della lettera b-bis), il punto è sostituito dal punto e virgola e, dopo la lettera b-bis), è aggiunta la seguente: «b-ter) regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori).».

[7] Art. 141-sexies

(Informazioni e assistenza ai consumatori)

  1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all’organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti.
  2. Le informazioni di cui al comma l devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contrano di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore.
  3. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest’ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al comma 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fomite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole.

[8] 7. All’articolo 66 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il comma 5 è sostituito dal seguente: « 5. E’ comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario. E’ altresì fatta salva la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo, nelle materie di cui alle Sezioni da l a IV del presente Capo, mediante il ricorso alle procedure di cui alla Parte V, Titolo Il-bis, del presente codice,».

[9] 9. Al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono apportate le seguenti modificazioni:

  1. a) all’articolo 33, comma 2, dopo la lettera v) sono inserite le seguenti:

“v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi

esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo

ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V”.».

[10] “trattasi di metodo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nato dalla prassi delle associazioni dei consumatori ed utenti italiani maggiormente rappresentative che consente, previa stipula di apposti protocolli di intesa tra associazioni ed imprese, o loro associazioni, alle parti del rapporto di consumo – consumatore e impresa, tramite i propri rappresentanti – di confrontarsi al fine di trovare una soluzione condivisa, rapida ed economica. Ciò anche e soprattutto in virtù degli specifici principi e criteri direttivi contenuti all’articolo 8 comma 1 della legge di delegazione europea 20l3 – secondo semestre, n. 154 del 7 ottobre 2014” (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)

“Il Parlamento Europeo nella propria risoluzione del 25 ottobre 2011 sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare (201 1/2117(INI)) ha richiamato l’attenzione “sulla conciliazione paritetica italiana, quale esempio dì migliore prassi, basata su un protocollo stipulato e sottoscritto dall’azienda e dalle associazioni di consumatori, in cui l’azienda si impegna in anticipo a ricorrere agli ADR per risolvere le eventuali controversie che possono sorgere nei settori contemplati dal protocollo“. (Relazione illustrativa al testo del decreto legislativo)

[11] Art. 31 c. 3 Legge 24 dicembre 2012, n. 234.

[12] https://mediaresenzaconfini.org/2015/07/06/stato-dellarte-della-attuazione-della-direttiva-adr-al-6-luglio-2015/

[13] Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen werden soll und das Konsumentenschutzgesetz in http://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXV/SNME/SNME_03821/imfname_418892.pdf

[14] Che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[15] Il progetto è stato adottato in prima lettura. З А К О Н за изменение и допълнение на Закона за защита на потребителите in http://www.parliament.bg/bg/bills/ID/15351/

[16] Την με αριθ πρωτ Δ5Β 1110677 ΕΞ 2013/11-7-2013 απόφαση κατακύρωσης του Υπουργείου  in https://diavgeia.gov.gr/luminapi/api/decisions/6ΩΖΤΗ-ΒΧΥ/document

[17] Lov om alternativ tvistløsning i forbindelse med forbrugerklager (forbrugerklageloven) in https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=169709

La legge è del 29 aprile 2015 ed ha scelto la mediazione.

[18] È stato varato il 26 maggio 2015. Consumer Protection Act 37 SE. http://www.riigikogu.ee/tegevus/eelnoud/eelnou/523b11ef-443a-421c-ad77-12afca358c06/Tarbijakaitseseadus/

[19] Si è modificata la legge sul consumo in data 2/07/15. https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1978/19780038

[20] Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.

Sul sito del senato si prevede il recepimento con ordinanza entro il 30 agosto 2015. Cfr. http://www.senat.fr/application-des-lois/pjl13-808.html

[21] Recht und Verbraucherschutz/Gesetzentwurf – 29.06.2015

http://dip21.bundestag.de/dip21/btd/18/052/1805295.pdf

Su questo testo ha fatto osservazioni il Bundesrat:  l’organo attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale (in tedesco Bund) e si occupano di questioni relative all’Unione europea. Cfr. http://www.bundesrat.de/SharedDocs/drucksachen/2015/0201-0300/258-15(B).pdf;jsessionid=57937C7BFA9BDF19797E1509C7A232D5.2_cid382?__blob=publicationFile&v=1

[22] Αριθμ. 70330 οικ

Ρυθμίσεις σχετικά με προσαρμογή της ελληνικής νο−μοθεσίας, σε συμμόρφωση με την Οδηγία 2013/11/ΕΕ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλί−ου της 21ης Μαΐου 2013 για την εναλλακτική επίλυσηκαταναλωτικών διαφορών και για την τροποποίησητου κανονισμού (ΕΚ) αριθ. 2006/2004 και της οδηγί−ας 2009/22/ΕΚ (οδηγία ΕΕΚΔ) και την λήψη συμπλη−ρωματικών εθνικών μέτρων εφαρμογής του Κανονι−σμού 524/2013 του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και τουΣυμβουλίου της 21ης Μαΐου 2013 για την ηλεκτρονικήεπίλυση καταναλωτικών διαφορών.È stata pubblicata in gazzetta del Governo il 9 luglio 2015, ma è stata varata il 30 giugno 2015.

http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:tAG3Tf6vkxQJ:www.et.gr/idocs-nph/search/pdfViewerForm.html%3Bjsessionid%3D4F0AEF64CCD8F29EBE39BC52F269C987%3Fargs%3D5C7QrtC22wE4q6ggiv8WTXdtvSoClrL8cHFJddP1Ek4tiDow6HlTE-JInJ48_97uHrMts-zFzeyCiBSQOpYnT00MHhcXFRTs99-088EGsZdD_NQGsJ_QIOYovtGPmG1vfFqI_wv6E_0.+&cd=7&hl=it&ct=clnk&gl=it

[23] Nel 2014 si è tenuta una consultazione.  Cfr. http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

Il 2 di luglio 2015 annunciava la trasposizione entro la scadenza. http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

[24] Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[25] Patērētāju ārpustiesas strīdu risinātāju likums (LV 02.07.2015.) Entra in vigore il 9 luglio 2015. http://www.l2d.lv/l.php?doc_id=275063

[26] Ha delibrato un piano di protezione dei consumatori 2015-2018. Cfr. https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/43a7fc20d2df11e4bcd1a882e9a189f1

Esiste un disegno di legge di attuazione in http://www.lrv.lt/Posed_medz/2015/150609/28.pdf

[27] PROJET DE LOI

portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines autres dispositions du Code de la consommation in http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

[28] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150430/publicatie_wet/document3/f=/vjthbalx5cya.pdf

Il 10 di luglio 2015 sul progetto si è pronunciato il Consiglio di Stato. http://www.conseil-etat.public.lu/fr/avis/2015/07/10_07_2015/50_944/50944.pdf

[29] Il progetto di legge non è noto, ma fonti di stampa specificano che sarà pronto all’inizio del prossimo anno.

Cfr. http://prawo.gazetaprawna.pl/artykuly/820778,konflikty-na-linii-przedsiebiorca-konsument-bedzie-taniej-i-szybciej.html

[30] Proposta de Lei 335/XII Transpõe a Diretiva n.º 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo in http://debates.parlamento.pt/catalogo/r3/dar/s2a/12/04/137/2015-05-26/8?pgs=8-21&org=PLC&plcdf=true

http://www.parlamento.pt/ActividadeParlamentar/Paginas/DetalheIniciativa.aspx?BID=39534

[31] Abbiamo allo stato tre provvedimenti che si occupano del recepimento:

  1. The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015 in http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksi_20150542_en.pdf
  2. The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Amendment) Regulations 2015
  1. Consumer Rights Act 2015

http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2015/15/pdfs/ukpga_20150015_en.pdf

Cfr. Per una disamina di un solicitor inglese  http://www.mayflowersolicitors.com/transposition-of-the-european-directive-on-alternative-dispute-resolution-likely-impact/

[32] È all’esame della Camera dei deputati dal 24 giugno 2015.

Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.

[33] Allo stato vi è solo un comunicato che respinge la precedente proposta dell’ANPC. Si dice in esso che tutti i mediatori rumeni possono trattare i casi di ADR del consumo.

Il primo luglio si è tenuto un importante convegno in cui alcuni deputati hanno fatto presente al Consiliul de Mediere che intendono portare a compimento l’attuazione della Direttiva ADR.

http://www.juridice.ro/384164/consiliul-de-mediere-a-organizat-conferinta-rolul-mediatorului-in-litigiile-dintre-consumatori-si-profesionisti-in-lumina-directivei-201311ue-si-a-directivei-200852ce-cum-a-fost.html

Proiectul de lege privind solutionarea litigiilor dintre consumatori si profesionisti. Comunicatul Consiliului de Mediere catre ANPC

[34] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015. http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[35] Zakon o izvensodnem reševanju potrošniških sporov. La legge è stata pubblicata il 26 giugno 2015.

In http://www.vlada.si/delo_vlade/gradiva_v_obravnavi/gradivo_v_obravnavi/?tx_govpapers_pi1%5Bsingle%5D=%2FMANDAT14%2FVLADNAGRADIVA.NSF%2F18a6b9887c33a0bdc12570e50034eb54%2F452c063878aef56fc1257e6e0048f5bb%3FOpenDocument&cHash=6eae53c5b2751788aaf8b8f843704160

[36] Anteproyecto de Ley de Resolución Alternativa de Conflictos de Consumo. In http://transparencia.gob.es/es_ES/buscar/contenido/normaelaboracion/NormaEV30L0-20151501

Bisogna dire che la FACUA, un’associazione dei consumatori spagnoli, si è scagliata contro questo progetto di legge perché, tra gli altri motivi, limita i diritti e le garanzie dei consumatori e ostacola l’accesso alla giustizia e all’arbitrato.

Cfr. http://www.expansion.com/agencia/efe/2015/07/15/20944850.html

[37] La legge di attuazione della Direttiva ADR andrà in vigore il primo di settembre 2015. Cfr. per il testo http://beta.regeringen.se/contentassets/2b1fefd49dea417a8a62fb16edc5e4ab/alternativ-tvistlosning-i-konsumentforhallanden

[38] Il progetto di legge governativo è del maggio 2015 e comporta la modifica della legge del consumo del 1997.  T/4820. számú örvényjavaslat a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról. In http://www.parlament.hu/irom40/04820/04820.pdf. È divenuta legge con l’adozione in parlamento il 6 luglio 2015 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 102/2015  del 13 luglio 2015 a pag. 17618. Si intitola 2015. évi CXXXVII. Törvény a fogyasztóvédelemről szóló 1997. évi CLV. törvény, valamint a kis- és középvállalkozásokról, fejlődésük támogatásáról szóló 2004. évi XXXIV. törvény módosításáról in http://www.kozlonyok.hu/nkonline/MKPDF/hiteles/MK15102.pdf

Stato dell’arte della attuazione della Direttiva ADR al 6 luglio 2015

Come è ormai di comune conoscenza il 9 luglio 2015 scade il termine per l’attuazione da parte dei paesi europei della Direttiva ADR[1].

A tre giorni dunque dalla fatidica data possiamo dire che ci sono alcuni stati (5) sui cui passi legislativi non si sono rinvenute informazioni: Croazia, Grecia, Malta, Polonia, Ungheria

Alcuni stati (9) hanno invece attuato diligentemente la Direttiva: Belgio, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Svezia

Altri paesi (12) stanno invece ancora lavorando sui progetti di legge: Austria, Bulgaria, Cipro, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna.

Vediamo la situazione in dettaglio:

Austria (disegno di legge)[2]

Belgio (legge)[3],

Bulgaria (progetto di legge)[4]

Cipro (progetto di legge non noto)[5]

Croazia –

Danimarca (legge)[6]

Finlandia(legge)[7]

Francia (progetto di regolamento: testo non noto)[8]

Germania (disegno di legge del governo federale)[9]

Grecia –

Irlanda (Disegno di legge)[10]

Italia (schema di decreto legislativo)[11]

Lettonia (legge)[12]

Lituania (disegno di legge governativo)[13]

Lussemburgo (progetto di legge)[14]

Malta –

Paesi Bassi (legge)[15]

Polonia –

Portogallo (proposta di legge approvata dall’Assembleia da Repùblica)[16]

Regno Unito (legge)[17]

Repubblica ceca (progetto di legge – non disponibile)[18]

Romania[19]

Slovacchia (legge)[20]

Slovenia (legge)[21]

Spagna (progetto di legge)[22]

Svezia (legge)[23]

Ungheria –

Nel frattempo la Commissione Europea ha varato un importante provvedimento.

Si tratta del  Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 DELLA COMMISSIONE del 1° luglio 2015 relativo alle modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma di risoluzione delle controversie online, alle caratteristiche del modulo di reclamo elettronico e alle modalità della cooperazione tra i punti di contatto di cui al regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori

Il provvedimento entrerà in vigore il 22 luglio 2015[24].

Disciplina come si evince dal titolo:

  1. le caratteristiche del modulo di reclamo elettronico;
  2. le modalità dell’esercizio delle funzioni della piattaforma ODR;
  3. le modalità della cooperazione tra i punti di contatto ODR.

[1] Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PDF

[2] Bundesgesetz über alternative Streitbeilegung in Verbraucherangelegenheiten erlassen werden soll und das Konsumentenschutzgesetz in http://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXV/SNME/SNME_03821/imfname_418892.pdf

[3] Che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[4] Il progetto è stato adottato in prima lettura. З А К О Н за изменение и допълнение на Закона за защита на потребителите in http://www.parliament.bg/bg/bills/ID/15351/

[5] Την με αριθ πρωτ Δ5Β 1110677 ΕΞ 2013/11-7-2013 απόφαση κατακύρωσης του Υπουργείου  in https://diavgeia.gov.gr/luminapi/api/decisions/6ΩΖΤΗ-ΒΧΥ/document

[6] Lov om alternativ tvistløsning i forbindelse med forbrugerklager (forbrugerklageloven) in https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=169709

La legge è del 29 aprile 2015 ed ha scelto la mediazione.

[7] Si è modificata la legge sul consumo in data 2/07/15. https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1978/19780038

[8] Con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière (Cfr. art. 15 in http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id) ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.

[9] Recht und Verbraucherschutz/Gesetzentwurf – 29.06.2015

Fai clic per accedere a 1805295.pdf

[10] È stato adottato in maggio. Si tratta del CONSUMER RIGHTS BILL 2015. Cfr. http://www.djei.ie/publications/commerce/2015/crbschememay2015.pdf

[11] Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) in http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[12] Patērētāju ārpustiesas strīdu risinātāju likums (LV 02.07.2015.) Entra in vigore il 9 luglio 2015. http://www.l2d.lv/l.php?doc_id=275063

[13] Ha delibrato un piano di protezione dei consumatori 2015-2018. Cfr. https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/43a7fc20d2df11e4bcd1a882e9a189f1

Esiste un disegno di legge di attuazione in http://www.lrv.lt/Posed_medz/2015/150609/28.pdf

[14] PROJET DE LOI

portant introduction du règlement extrajudiciaire des litiges de consommation dans le Code de la consommation et modifiant certaines autres dispositions du Code de la consommation in http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

[15] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150430/publicatie_wet/document3/f=/vjthbalx5cya.pdf

[16] Proposta de Lei 335/XII Transpõe a Diretiva n.º 2013/11/UE, do Parlamento Europeu e do Conselho, de 21 de maio de 2013, sobre a resolução alternativa de litígios de consumo, estabelece o enquadramento jurídico dos mecanismos de resolução extrajudicial de litígios de consumo in http://debates.parlamento.pt/catalogo/r3/dar/s2a/12/04/137/2015-05-26/8?pgs=8-21&org=PLC&plcdf=true

http://www.parlamento.pt/ActividadeParlamentar/Paginas/DetalheIniciativa.aspx?BID=39534

[17] The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015 in http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksi_20150542_en.pdf

[18] È all’esame della Camera dei deputati dal 24 giugno 2015.

Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.

[19] Allo stato vi è solo un comunicato che respinge la precedente proposta dell’ANPC. Si dice in esso che tutti i mediatori rumeni possono trattare i casi di ADR del consumo.

Il primo luglio si è tenuto un importante convegno in cui alcuni deputati hanno fatto presente al Consiliul de Mediere che intendono portare a compimento l’attuazione della Direttiva ADR.

http://www.juridice.ro/384164/consiliul-de-mediere-a-organizat-conferinta-rolul-mediatorului-in-litigiile-dintre-consumatori-si-profesionisti-in-lumina-directivei-201311ue-si-a-directivei-200852ce-cum-a-fost.html

Proiectul de lege privind solutionarea litigiilor dintre consumatori si profesionisti. Comunicatul Consiliului de Mediere catre ANPC

[20] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015. http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[21] Zakon o izvensodnem reševanju potrošniških sporov. La legge è stata pubblicata il 26 giugno 2015.

In http://www.vlada.si/delo_vlade/gradiva_v_obravnavi/gradivo_v_obravnavi/?tx_govpapers_pi1%5Bsingle%5D=%2FMANDAT14%2FVLADNAGRADIVA.NSF%2F18a6b9887c33a0bdc12570e50034eb54%2F452c063878aef56fc1257e6e0048f5bb%3FOpenDocument&cHash=6eae53c5b2751788aaf8b8f843704160

[22] Anteproyecto de Ley de Resolución Alternativa de Conflictos de Consumo. In http://transparencia.gob.es/es_ES/buscar/contenido/normaelaboracion/NormaEV30L0-20151501

[23] La legge di attuazione della Direttiva ADR andrà in vigore il primo di settembre 2015. Cfr. per il testo http://beta.regeringen.se/contentassets/2b1fefd49dea417a8a62fb16edc5e4ab/alternativ-tvistlosning-i-konsumentforhallanden

[24] V. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L:2015:171:FULL&from=IT

Brevi news sull’ADR nel mondo (23 dicembre 2014- 07 giugno 2015)

ALASKA

Per chi voglia conoscere come si svolge una mediazione in Alaska

http://www.ajc.state.ak.us/reports/medguide99.pdf

ARGENTINA

La provincia de Entre rios è una provincia dell’Argentina al confine con l’Uruguay.

Qui abbiamo una mediazione delegata obbligatoria dal 2007 prevista dal Codice di rito. Interessante è che non sia il giudice a stabilire la mediabilità della controversia: prima di ogni istruzione si va in mediazione e basta, a meno che i soggetti coinvolti dalla controversia abbiano già provato senza successo una mediazione preventiva con i mediatori del panel della Corte.

http://www.jusentrerios.gov.ar/mediacion/institucional/normativa/codigo-procesal-civil-y-comercial-parte-pertinente/

AUSTRIA

I corsi i mediazione in Austria vanno da un minimo di 1700 € per semestre ad un massimo di 13.960 € (per chi vuole laurearsi in mediazione e coaching)

http://www.mediatorenliste.justiz.gv.at/mediatoren/mediatorenliste.nsf/contentByKey/VSTR-7DYH36-DE-p

BELGIO

Il nuovo piano giudiziario in Belgio: un aiuto alla mediazione

Saranno adottate misure per sviluppare l’eguaglianza tra il processo e le forme alternative di risoluzione delle controversie, come la mediazione. Queste misure sono utili per alleviare i tribunali e trovare soluzioni personalizzate per il contenzioso. Ma la loro utilità si basa anche sul fatto che il risultato di una mediazione basato sulla conciliazione riceve un maggiore sostegno dalle parti piuttosto che una soluzione della controversia imposta. Come tutte le altre misure, ha anche lo scopo di accelerare la risoluzione qualitativa della controversia e di evitare un intervento dei tribunali.

A breve termine si prenderà in considerazione una serie di interventi concreti nella legislazione – come l’estensione del “periodo iniziale” mediazione giudiziaria da tre a sei mesi – che dovrebbe portare ad una maggiore conoscenza che la mediazione è incoraggiata in ogni fase del procedimento e che la mediazione non penalizza finanziariamente le parti, ma le stimola in modo appropriato.

Innumerevoli e disparate iniziative attualmente esistono in merito alla mediazione nei vari tribunali. Queste pratiche verranno mappati per razionalizzare e sviluppare buone prassi in tutti i tribunali e per tutti i tribunali.

Il ruolo della Commissione federale di mediazione sarà rafforzato in modo che possa promuovere la mediazione, monitorare e sviluppare ulteriormente il livello nazionale (v. p. 34)

http://justice.belgium.be/fr/binaries/Plan_Justice_18mars_FR_tcm421-264636.pdf

Gli avvocati sono soggetti alla direttiva 11-13? Il segreto professionale è a repentaglio.

La questione è scoppiata in Belgio dopo il recepimento della direttiva (che peraltro sarà in vigore a giugno) perché i legali sostengono che se dovessero sottoporre ad un organismo di ADR l’oggetto del loro mandato professionale e se dunque fossero soggetti della direttiva 11-13, come qualsivoglia altro professionista, potrebbe esserci una lesione del segreto professionale. E dunque hanno sollecitato la creazione di una entità autonoma cui possano sottoporsi i loro conflitti coi consumatori

Il problema se lo stanno ponendo anche in Romania dove L’Autorità nazionale per la protezione dei consumatori (ANPC) ha proposto un disegno di legge di recepimento alla consultazione pubblica e non è appunto chiaro se si applichi anche ai legali.

http://unbr.ro/ro/proiect-de-act-normativ-cu-incidenta-asupra-profesiei-de-avocat-solutionarea-alternativa-a-litigiilor-dintre-consumatori-si-profesionisti/

BRASILE

In dirittura d’arrivo la nuova legge sulla mediazione in Brasile. L’80 % dei Brasiliani ritiene che l’accesso alla giustizia sia difficile. In Brasile ci sono attualmente 92 milioni di cause.

La nuova legge prevede che se un caso è già tribunalizzato e le parti arrivano ad una mediazione non pagano le spese finali di giudizio.

http://www.justica.gov.br/noticias/senado-vota-marco-legal-da-mediacao-em-regime-de-urgencia

CANADA

Guida alla mediazione

Il Ministero della Giustizia del Canada ci spiega la mediazione. Una lettura che consiglierei a molti nel nostro paese…

http://www.justice.gc.ca/fra/pr-rp/sjc-csj/sprd-dprs/res/mrrc-drrg/04.html

Mediazione familiare

In Québec hanno preparato un bellissimo contributo sulla mediazione familiare in occasione della giornata della mediazione familiare che si è celebrata il 4 febbraio 2015

w.barreau.qc.ca/fr/videos/justice-participative/mediation-familiale/index.html

 

Nuovo codice di procedura civile

In Quebéc il 1° gennaio del 2016 entrerà in vigore il nuovo codice di procedura civile che punterà sulla scelta di un ADR, in particolare la mediazione e l’arbitrato.

Inoltre dal marzo scorso è stato modificato il codice deontologico e gli avvocati devono informare i clienti circa i vantaggi dell’uso dei metodi amichevoli di composizione.

La mediazione in Quebéc porta all’accordo nell’80-90% dei casi.

Inoltre sta prendendo quota un altro strumento di giustizia partecipativa che si chiama CRA e che è una forma di mediazione condotta da un giudice che ha successo nell’80% dei casi.

http://www.lesaffaires.com/dossier/litiges-d-actionnaires/la-justice-participative-pour-regler-les-conflits/578340

Per gli aspiranti negoziatori/accompagnatori alla procedura di mediazione

Come ormai sanno anche le pietre la negoziazione assistita costituisce una modifica del diritto collaborativo canadese.

Il diritto collaborativo canadese però non nasce come i funghi, ma fa parte di una strategia giudiziaria che in Canada si definisce giustizia partecipativa e che è in piedi da diversi anni, diciamo a spanne una ventina.

Ebbene per un avvocato che si avvicina alla negoziazione assistita che da noi invece è nata come i funghi può essere utile capire che approccio hanno tra loro i colleghi canadesi.

Utilissima al proposito può essere una guida del 2014 delle migliori pratiche che il Barreau del Quebec ha messo a disposizione dei colleghi.

Si può trovare ad esempio in http://www.barreau.qc.ca/pdf/publications/bdq-guide-meilleures-pratiques.pdf

A pag. 11 i colleghi canadesi ci spiegano come ci si scrive tra colleghi.

Chi voglia diventare un avvocato negoziatore io credo che debba partire di qui.

“L’ENVOI D’UNE LETTRE DE MISE EN DEMEURE

Afin d’éviter une judiciarisation inutile des dossiers, il est sage de rédiger les lettres de mise en demeure de façon à ouvrir la porte au dialogue et à l’échange d’information.

La lettre de mise en demeure devrait:

> décrire avec précision les faits à l’origine de la réclamation, les raisons qui justifient la responsabilité invoquée et les détails de la réclamation;

> être accompagnée de toutes les pièces justificatives;

> inviter l’autre partie à une rencontre afin de favoriser l’échange d’information, le cas échéant;

> ouvrir la porte à l’expert commun, le cas échéant.

En l’absence d’entente, la réponse devrait:

> expliquer avec précision les raisons motivant la position de son auteur, tant à l’égard de la responsabilité qu’à l’égard du quantum;

> être accompagnée de toute l’information pertinente;

> proposer des dates et lieux de rencontre, afin de favoriser l’échange d’information, assurer un cheminement efficace des procédures éventuelles et peut-être même favoriser un règlement;

> répondre à l’offre de recourir à un expert commun, le cas échéant.

Lors de rencontres subséquentes, les parties pourront prévoir un délai pour l’échange d’information additionnelle, la tenue d’une expertise commune et la possibilité de négocier le règlement du litige, sous réserve des délais de prescription applicables selon la nature du litige.

Ainsi, si les négociations échouent, les parties seront en meilleure position pour comprendre leurs points de divergence, ce qui devrait permettre au débat judiciaire

de respecter le principe de proportionnalité prévue au Code de procédure civile”.

Traduco a beneficio di tutti:

Ai fini di evitare una inutile giurisdizionalizzazione della controversia, è saggio scrivere lettere di messa in mora per aprire la porta al dialogo e allo scambio di informazioni.

La lettera di messa in mora dovrà:

– contenere una descrizione precisa dei fatti che stanno alla base della contestazione, le ragioni ed i dettagli che giustificano la responsabilità che si invoca;

– essere accompagnata da tutti i documenti giustificativi;

– contenere l’invito ad un incontro al fine di favorire lo scambio di informazioni, ove sia il caso;

– aprire la porta alla nomina comune di un esperto, ove sia il caso;

In assenza di riconoscimento, la risposta dovrebbe:

– motivare con precisione la posizione dello scrivente, sia con riferimento alla responsabilità, sia con riferimento al quantum

– essere accompagnata da tutte le informazioni pertinenti;

– proporre date e luoghi di incontro per favorire lo scambio di informazioni, garantire da una parte un instradamento efficiente della eventuale procedura e dall’altra anche la possibilità di un accordo;

– rispondere all’offerta di nomina di un esperto, se del caso.

Nelle riunioni successive, le parti possono prevedere un termine ultimo per lo scambio di informazioni supplementari, la nomina di un perito e la possibilità di negoziare un accordo, fatti salvi i termini di prescrizione secondo la

natura della controversia.

E dunque, se i negoziati falliscono, le parti saranno nella migliore posizione per

capire i loro punti di divergenza, che dovrebbe consentire un dibattito giuridico

nel rispetto del principio di proporzionalità previsto dal Codice di procedura civile.

Questa è la strada non solo per la negoziazione assistita, ma anche per le domande di mediazione.

Troppo spesso ormai esse sono lacunose, per non parlare delle adesioni che non indicano quasi mai elementi utili alle parti ed al mediatore per la composizione della controversia.

O mettiamo su questo futuro oppure torniamo all’Ordalia.

Fai clic per accedere a bdq-guide-meilleures-pratiques.pdf

CINA

La definizione cinese di mediazione

調解是诉讼程序中,除判决和裁决外,另一種解決爭議的方法。調解過程是由認可調解員,以中立人士身分,協助爭議雙方了解爭議的焦點,探討雙方的利益和需要,尋求共同接受的解決方案,並協助草擬協議書。雙方如達成協議,於協議書上簽署作實,而該協議書是具有法律約束力的。調解過程是由雙方自願參與,過程亦是絕對保密。

(La mediazione è una procedura, diversa dal giudizio e dall’arbitrato, è un altro modo per risolvere le controversie. La mediazione è un processo attraverso il mediatore accreditato, una persona neutrale e competente, che assiste i contendenti per capire il centro del contendere, esplorare gli interessi e le esigenze di entrambe le parti affinché ricerchino una soluzione reciprocamente accettabile e la stesura di un accordo. Una volta che le parti hanno firmato l’accordo esso è legalmente vincolante. Il processo di mediazione è volontario per entrambe le parti e assolutamente confidenziale).

In Cina la mediazione investe il diritto civile, quello commerciale, il penale e l’amministrativo

http://news.xinhuanet.com/ziliao/2003-08/21/content_1038376.htm

CIPRO

Notizia del 18 marzo 2015 è che a Cipro si sta puntando sulle forme alternative endoprocessuali e preventive per deflazionare il contenzioso

http://www.mjpo.gov.cy/mjpo/mjpo.nsf/All/F52193DA8D8FF100C2257E0D00327897?OpenDocument&highlight=%CE%94%CE%99%CE%91%CE%9C%CE%95%CE%A3%CE%9F%CE%9B%CE%91%CE%92%CE%97%CE%A3%CE%97

DANIMARCA

Mediazione giudiziaria

La mediazione giudiziaria in Danimarca fa parte del processo e dunque i cittadini possono fruirne gratuitamente. Gli avvocati mediatori sono pagati dallo Stato per espletare il loro compito. Il mediatore può decidere la controversia, ma le parti possono chiudere la mediazione quando lo desiderano.

http://www.domstol.dk/Selvbetjening/spmsvar/Pages/default.aspx?FAQCategory=Retsm%C3%A6gling#ctl00$SPWebPartManager1$g_54a5fecc_1042_4207_8195_b691c1fd04d4FAQListItemLink35

Il mediatore giudiziario danese incassa 1113,85 euro a mediazione e viene pagato anche per prepararla

In Danimarca la mediazione giudiziaria viene svolta soltanto da avvocati e da giudici.

Al giugno 2014 erano 52 avvocati quelli che avevano partecipato e superato un bando di concorso.

Nell’ottobre del 2014 l’Alta Corte ha stabilito i nuovi tempi della mediazione con le relative retribuzioni.

Hanno fatto una media ed hanno visto che il tempo per la preparazione di una mediazione è di circa 1,4 ore e che una mediazione dura 3 ore.

E dunque per una mediazione complessivamente vengono occupate 4,4 ore.

Per questo tempo l’Alta corte ha stabilito una retribuzione di 1113.85 € (7300 corone) oltre IVA

Non si tiene conto dei tempi di trasporto.

Qualora per la specialità del caso la mediazione dovesse superare questo tempo (senza contare il tempo per il trasporto) all’avvocato mediatore spetteranno 228.14 € all’ora oltre le 5 ore.

All’avvocato mediatore spetta poi il rimborso delle spese di trasporto, così come spetta al difensore, se la sua attività si svolge extra distretto

Di norma si richiede che il mediatore svolga la sua attività o nel suo ufficio o in tribunale, ma se necessario potrà ottenere anche il rimborso delle spese per l’affitto di locali necessari alle sessioni.

Fai clic per accedere a 011014_takster_retsmaeglere.pdf

FINLANDIA

La mediazione familiare in Finlandia è obbligatoria dal 1987

I litigi è le questioni giuridiche che nascono in famiglia devono primariamente essere composti in negoziazione tra i membri della famiglia e decisi attraverso accordo (Disputes and legal matters arising in a family should primarily be settled in negotiations between the family members and decided by agreement).

Cosi dispone la legge sul matrimonio (l. 234/1929)

I mediatori possono prestare il loro aiuto e la loro assistenza anche nel caso in cui le controversie nascano da un ordine del giudice o da un accordo sulla gestione dei bambini ( Mediators may render assistance and support upon request also in the event that disputes arise as to compliance with a court order or an agreement on child custody and right of access. (622/1996))

Il mediatore aiuterà affinché sia svolta una discussione confidenziale ed aperta tra i membri della famiglia; affinché sia presente il consenso di tutte le persone coinvolte su come risolvere le controversie nel miglior modo possibile. il mediatore farà particolare attenzione a che sia messa in sicurezza nell’ambito della famiglia la posizione del minore ( A mediator shall aim for a confidential and open discussion between the family members. He or she shall aim for a consensus as to how to solve the disputes in the family in the best possible way for all the persons concerned.The mediator shall pay special attention to securing the position of the minor children in the family).

L’autorizzazione a svolgere la mediazione familiare sia per le istituzioni, sia per i singoli individui non può superare i 5 anni.

Il mediatore familiare esercita sotto la vigilanza del Ministero degli affari sociali e della salute.

Il giudice nell’ambito del procedimento di divorzio è obbligato a comunicare alle parti che esiste la possibilità di partecipare ad una mediazione familiare.

Fai clic per accedere a en19290234.pdf

Spese di mediazione

Mentre in Italia un tribunale amministrativo si è permesso di stabilire che agli organismi non vanno corrisposte le spese di mediazione, in Finlandia è lo Stato che rimborsa agli organismi le spese intervenute per la mediazione.

Uno stato civile si comporta così…

https://www.thl.fi/fi/web/paatoksenteko-talous-ja-palvelujarjestelma/lainsaadanto/rikos-ja-riita-asioiden-sovittelu/sovittelupaivat/sovittelun-johtaminen-ohjaus-ja-valvonta

FRANCIA

Che natura ha l’accordo amichevole?

Accademici e giudici francesi a convegno il 6 marzo 2015 sulla natura dell’accordo che scaturisce dalla mediazione o dalla negoziazione assistita.

Secondo alcuno (FRICERO; membro anziano della Commissione Guinchard che ha inventato la negoziazione assistita) potrebbe essere un contratto innominato, ma quando si risolve in una transazione varrebbero le norme relative. Non è necessaria la forma scritta, ma è sempre meglio averne prova scritta. Deve essere completo in tutti i suoi elementi ed eseguibile per non lasciare al giudice margini di interpretazione. Solo l’ordine pubblico costituisce una barriera alla creatività delle parti. Non può creare obblighi nei confronti dei terzi.

Secondo altri (ROHAR-MESSENGER, Giudice vicepresidente di una sezione che nel 2014 ha ordinato ben 145 mediazioni delegate) il semplice richiamo al diritto negli accordi non terrebbe conto dei bisogni e degli interessi delle parti che in mediazione devono essere curati.

C’è chi sottolinea (FABRICE VERDE, consigliere di Corte d’Appello, coordinatore dei mediatori e dei conciliatori di giustizia) l’importanza della redazione da parte degli avvocati e la necessità che gli accordi siano nominati; e nel contempo richiede che la mediazione rientri nel giudizio di performance delle giurisdizioni.

Si osserva poi (FRICERO) che mentre i notai inseriscono negli atti delle clausole di mediazione per le loro Camere, gli avvocati francesi non fanno altrettanto. E ciò nonostante che essi abbiano capito che i loro clienti più facoltosi non vogliono avere a che fare col Tribunale.

La FRICERO peraltro sostiene che è felice che l’Italia abbia ripreso il modello francese di negoziazione assistita (non so se però si è letta bene le nostre norme: questo è un commento mio…)

http://www.affiches-parisiennes.com/l-accord-amiable-passe-au-crible-5147.html

 

Circolare sulla riforma dei MARL

 E’ uscita in Francia la circolare del Ministero dell Giustizia sulla riforma della giustizia elettronica e sulle nuove norme in materia di composizione bonaria dell controversie.

Da ora in poi i Francesi dovranno confrontarsi con questa terminologia: mode alternatif de règlement des litiges (MARL) che indica médiation, conciliation, procédure participative ou négociation directe

Ne consiglio la lettura…

 http://www.textes.justice.gouv.fr/art_pix/JUSC1505620C.pdf

 

Conciliazione e banca

 Una brutta tegola per le banche francesi è arrivata da una sentenza della cassazione (Cass. 1 ° civ., 1 ottobre 2014, n ° 13-17920)

Se le parti stabiliscono in un contratto di mutuo che si partecipi ad un tentativo di conciliazione (nella specie presso la camera dei notai) prima che la banca possa agire per il recupero del suo credito, l’azione che non tenga conto della clausola è irricevibile.

ww.legavox.fr/blog/maitre-joan-dray/acte-pret-contenant-clause-conciliation-17777.htm#.VXFQPSHtlBd

Costo della mediazione

 In Francia un mediatore del gruppo Le Carré prende i diritti di apertura del fascicolo che rimangono a lui anche se la mediazione non va in porto (da loro è volontaria)

Quando la mediazione inizia prende un compenso iniziale che dipende dal valore del caso e riguarda lo studio del fascicolo, i primi incontri e le spese di contatto con parti e terzi.

Se la mediazione si protrae oltre le 21 della sera vi è un aumento dei diritti e del compenso del 30%

Se si deve muovere le spese di viaggio e soggiorno sono a carico del chiamante che ha diritto ad un anticipo di fattura quando inizia la mediazione.

 http://www.communication-consciente.com/p/tarifs.html

  

Direttiva ADR

 Un bell’articolo sulla implementazione in Francia della direttiva 11-13.

A dire il vero ci sono molte similitudini con la situazione italiana.

 http://sosconso.blog.lemonde.fr/2015/03/30/compromis-sur-la-transposition-de-la-directive-mediation/

 

Giurisdizione di prossimità

 A partire dal 2002 hanno provato  a sopprimere la giurisdizione di prossimità accentrando le sue competenze presso il tribunale d’Instance (competenza sino a 10,000 €).

Ci ha provato anche Rachida Dati che è quella che ha fatto partire il progetto di negoziazione assistita per farsi perdonare dagli avvocati, giudici e cancellieri inferociti (erano infatti 501 gli uffici che voleva sopprimere). Ma il suo progetto non è andato a buon fine.

Una legge del 2011 aveva stabilito la chiusura al 1 gennaio del 2013 e poi nel 2012 si è fissata la chiusura al 1° gennaio del 2015.

La legge finanziaria del 2015 l’ha salvata nuovamente rimandando la chiusura al 2017

Il Juge de proximité è un giudice laico con una competenza per valore sino a 4000 € ed anche una limitata competenza penale per alcune contravvenzioni punite con l’ammenda da 38 a 750 €. Quanto a materia si occupa ad esempio di liti di vicinato e di consumo (entro un certo importo);non ha bisogno della presenza dell’avvocato.

http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexteArticle.do;jsessionid=0A543BAC2A2C6456608D2D5BED656BC4.tpdjo14v_1&dateTexte=?cidTexte=JORFTEXT000024960344&idArticle=JORFARTI000024960877&categorieLien=cid

 

Il successo della conciliazione

Il presidente della Corte d’appello sezione commerciale di PAU in Francia sponsorizza la mediazione che per le controversie commerciali ha avuto il 75% dei successi.

All’uopo è stato firmato un accordo che coinvolge tutti i settori della giurisdizione (giudici, avvocati e ufficiali giudiziari) per la partecipazione ad una mediazione.

http://www.larepubliquedespyrenees.fr/2015/05/06/une-convention-pour-relancer-la-mediation,1249578.php

Il tribunale di commercio di Parigi propone spesso la conciliazione che ha un tasso di successo del 50%.

Presso la Chambre de commerce internationale (CCI) o presso il Centre

de Médiation et d’Arbitrage de Paris (CMAP), il tasso di successo sta nell’ordine del 70-80%.

Ma il dato sorprendente arriva dal Regno Unito ove gli accordi prima del trial arrivano alla percentuale del 98%.

I Francesi guardano anche all’Italia come ad un sistema della speranza per gli ADR, ma purtroppo non conoscono esattamente la verità sul punto…

http://ww.august-debouzy.com/sites/www.august-debouzy.com/files/201505-A&D-Flash%20Contentieux-Nouvelles%20mentions%20obligatoires%20des%20articles%2056%20et%2058%20du%20Code%20de%20proc%C3%A9dure%20civile-FR.pdf

Mediatori antichi

Sul finire del 1600 i mediatori si chiamavano in Francia Courtiers ed il loro nome derivava dal verbo courir che significa correre; e ciò perché questi professionisti dovevano correre molto per conciliare i loro committenti. All’epoca venivano impiegati soprattutto per il traffico marittimo. E dunque anche 400 anni fa le cose non erano così facili.

https://books.google.it/books?id=krkKAAAAYAAJ&pg=PA84&focus=viewport&hl=it&output=text#c_top

 

Mediatore ferroviario

In Francia esiste pure il mediatore ferroviario… che ha gestito nel 2014 oltre 5000 mediazioni.

Fai clic per accedere a RAPPORT.pdf

 

Mediazione digitale

Creata in Francia la federazione dei mediatori digitali

http://www.netpublic.fr/2015/04/creation-de-numedia-federation-des-professionnels-de-la-mediation-numerique/

Mediatori in Francia

Finalmente ci possiamo fare un’idea seppur parziale della mediazione francese. La Fédération Nationale des Centres de Médiation FNCM ha pubblicato l’annuario per 2014-2015; allo stato abbiamo in campo 791 mediatori.

Le stime non ufficiali parlavano in precedenza in Francia di 700-800 mediatori.

Alla luce dei nuovi dati possiamo dire che ce ne sono sicuramente di più; aspettiamo il registro statale…

Fai clic per accedere a annuaire.pdf

Mediazione in materia di lavoro

La ricerca più ampia che troviamo in Francia sulla mediazione delegata ha riguardato il decennio 1996-2005 e la materia del lavoro.

E’ stata compiuta da Béatrice BRENNEUR, giudice fondatore di GEMME.

Vede come protagonista la Corte d’Appello di Grenoble che ha definito mediabili il 20% delle mediazioni, ossia 1000 casi.

Il criterio di scelta ha riguardato l’anzianità di servizio, i rapporti familiari ovvero i rapporti di lavoro ancora in essere.

Il tasso di successo è stato del 70-80%

Fai clic per accedere a Mediation-in-individual-employment-conflicts.pdf

 

Mediazione obbligatoria?

Gli avvocati francesi iniziano a pensare che l’avanzata dei mezzi alternativi di composizione delle controversie sia ineluttabile, e che il prossimo passo del Governo potrebbe (o dovrebbe?) portare alla mediazione giudiziaria obbligatoria.

http://www.dalloz-actualite.fr/chronique/l-ineluctable-avancee-des-mard#.VXFVRSHtlBd

I giudici francesi vogliono la mediazione obbligatoria e parte un progetto da Bordeaux. La famosa lettera di Voltaire sulla conciliazione obbligatoria deve ispirare anche il moderno legislatore.

http://www.officieldelamediation.fr/2015/03/06/la-mediation-prealable-obligatoire-on-y-vient/

Negoziazione assistita

A quanto sembra l’inventore della negoziazione assistita è un ex notaio, ora avvocato, membro del CNB ed ora di un consiglio dell’Ordine.

E’ giovane, ha solo 43 ed è una donna che si occupa da sempre di diritto di famiglia.

Si chiama Hélène Poivey-Leclercq

http://www.affiches-parisiennes.com/les-modes-amiables-indispensables-pour-l-avocat-moderne-5087.html

Sei stupido come la pace

Dal 1738 al 1740 Voltaire visse nei Paesi Bassi e nel 1742 scrisse la celebre lettera a Luigi XV “La miglior legge ed utile usanza che io abbia mai veduto, sta in Olanda;ove quando l’un contro l’altro due uomini vogliono litigare, sono obbligati

ad andare dapprima dinanzi al tribunale de’ giudici conciliatori chiamati,

fattori di pace. Se le parti giungono con un avvocato ed un procuratore, si fa innanzi tutto ritirar questi ultimi, siccome dal fuoco che si vuol spegnere si tolgono le legna. I fattori di pace dicono alle parti: « Voi siete dei grandi pazzi nel voler consumare il vostro denaro per rendervi scambievolmente infelici; noi vi accomoderemo senza costarvene nulla ». Che se la forza del cavillare è troppo viva in questi contendenti, li rimanda ad altro giorno, affinché il tempo lenisca i sintomi della loro malattia; indi i giudici li mandano a chiamare una seconda ed una terza volta, ma se la loro follia è incurabile, si permette loro di litigare, siccome si abbandonano all’amputazione del chirurgo le membra cancrenate: allora la giustizia prende il suo impero”

Questa lettera che sta alla base della ripresa della conciliazione moderna nel 1789 (e che gli avvocati italiani cercarono di confutare ancora nel digesto del 1938!) probabilmente ebbe originariamente da una connotazione fortemente politica.

La Francia era in quel momento in guerra accanto alla Prussia contro l’Austria e il popolo francese aveva posizioni belligeranti, tanto che quando col Trattato di Aquisgrana del 1748 Luigi XV dovette restituire alcuni territori all’Austria girava questa frase per le vie di Parigi “Sei stupido come la pace”.

Questo tipo di concezione è purtroppo arrivata ai nostri giorni e si è insediata nei nostri geni: la ripresa della conciliazione obbligatoria nel 1789 ebbe, infatti, non una funzione di pacificazione come si potrebbe pensare, ma solo di controllo del territorio (del resto non si comprenderebbe diversamente la nascita in quello stesso anno della coscrizione obbligatoria che la dice lunga sull’animo bellicoso dei rivoluzionari).

La realtà è che la Francia non aveva più denaro, aveva perso le sue colonie a favore della Gran Bretagna a metà del 1700, e dunque l’istituzione di un giudice di pace capillare sul territorio che non veniva pagato e che conciliava gratuitamente era il sistema più ingegnoso per controllare i “cittadini”, i quali se volevano conciliare dovevano prima parlarne col giudice di pace che autorizzava la chiamata e ne riferiva subito a Parigi. Nel periodo napoleonico la situazione restò la medesima visto che il giudice di pace era nominato direttamente da Napoleone (lo stesso naturalmente valeva per i giudici ed i pubblici ministeri).

GERMANIA

Direttiva ADR

Il progetto di legge di attuazione della direttiva 11-13 è del novembre 2014 (cfr. http://www.bmjv.de/SharedDocs/Downloads/DE/pdfs/Gesetze/RefE%20zum%20Verbraucherstreitbeilegungsgesetz.pdf?__blob=publicationFile)

Su questo sito si possono trovare tutti i commenti delle associazioni giuridiche più importanti del paese (Cfr. https://www.mediationaktuell.de/news/stellungnahmen-neuen-verbraucherstreitbeilegungsgesetz )

 

Gli errori sulla mediazione

Dieci credenze sbagliate sulla mediazione che si possono trovare in un interessante articolo in lingua tedesca.

In Germania c’è addirittura chi confonde la mediazione con la meditazione…

http://www.huffingtonpost.de/christina-wenz/die-10-haeufigsten-irrtumer-uber-mediation_b_7459186.html

L’ADR fa bene al cervello?

C’è uno studio tedesco pubblicato il 29 aprile 2015 che ha dimostrato che i professionisti della risoluzione dei conflitti hanno meno probabilità di sviluppare malattie legate memoria nelle ultime fasi della loro vita. La pratica costante della comunicazione, lo sviluppo di strategie e di problem solving contribuisce a migliorare le facoltà mentali.

Challenging Work Tasks May Have an Upside for the Brain

Le origini della civiltà…

Mediator quinam sit

Mediator est, qui ad rem controversiam inter alios componendam operam suam confert, jure eam componendi destitutus. Actus autem, quo compositio a tertio vel perficitur, vel tentatur Mediatio vocatur

Differt a judice, qui iure a superiore in ipsum translato rem controversiam decidit, quemadmodum suo loco patebit. Differt etiam ab arbitro qui consensu partium rem controversam decidit aut suam de ea sententiam exponit, prouti mox videbimus. Parum autem refert, utrum mediator a parte altera, vel ab utraque rogatus hoc faciat, an sponte sua non rogatus se offerat.

Christian Wolff, 1765

 

Mediazione, discriminazione e molestia: un piccolo sguardo comparato

In data 27 maggio 2015 mi è capitato di intervenire in un interessantissimo convegno sul tema della discriminazione. Mi permetto qui di approfondire i dati in modo da rendere il mio pensiero maggiormente comprensibile.

Personalmente credo che la mediazione sia una misura ottima anche per le questioni in oggetto.

La Germania ha deciso di tutelare dalle discriminazioni e dalla molestia con una conciliazione obbligatoria già dal 2001.

L’attuale testo del § 15a EGZPO[1] stabilisce che il diritto di un Land può prevedere che il ricorso giudiziario sia ricevibile solo dopo che sia stato esperito un tentativo di conciliazione davanti ad un organismo istituito o riconosciuto per tenere i componimenti amichevoli dal competente Ufficio dell’Amministrazione giudiziaria del Land:

1) per le controversie di competenza del giudice distrettuale quando la domanda non supera i 750 euro in denaro o in beni valutabili in denaro[2],

2) in alcuni casi che rientrano nell’ambito del diritto di vicinato (immissioni, sporgenza di alberi, raccolta di frutti, distanze tra le costruzioni)[3], a meno che non si tratti di operazioni commerciali,

3) in materia di diffamazione non attraverso media[4],

4) sui crediti di cui al § 3 della legge generale sulla parità di trattamento[5] (si tratta dei casi di discriminazione diretta, indiretta, molestia e molestia sessuale).

Risulta allo scrivente che ben 10 su 16 Länder hanno previsto l’obbligo di effettuare sul loro territorio un tentativo di conciliazione extragiudiziale come condizione di procedibilità di un’azione giudiziaria: Baden-Württemberg[6], Baviera[7], Brandeburgo, Assia[8], Renania settentrionale-Vestfalia[9], Saarland[10], Sassonia-Anhalt[11], Schleswig-Holstein[12], Berlino[13], Bassa Sassonia[14].

La mediazione preventiva per discriminazione diretta, indiretta, molestia e molestia sessuale è peraltro obbligatoria anche in Argentina ed all’uopo il mediatore deve fare particolare attenzione per gli interessi dei minori, delle persone con disabilità e degli anziani non autosufficienti[15].

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti crede così tanto nella mediation che ha dato, tra le altre iniziative, origine ad un programma[16] che attiene alle violazioni federali in materia di discriminazione dei disabili[17]

Il Dipartimento di Giustizia in sostanza non può citare in giudizio i trasgressori a meno che i negoziati per risolvere la controversia non siano falliti.

Dunque si tratta di una condizione di procedibilità che peraltro riguarda un potere pubblico in una materia che non è certo iure privatorum. In caso di accordo peraltro esso può essere dotato di esecutività.

[1] Articolo 15a della legge relativa all’introduzione del codice di procedura civile (Gesetz betreffend die Einführung der Zivilprozessordnung, EGZPO). http://dejure.org/gesetze/EGZPO/15a.html

[2] 1. in vermögensrechtlichen Streitigkeiten vor dem Amtsgericht über Ansprüche, deren Gegenstand an Geld oder Geldeswert die Summe von 750 Euro nicht übersteigt,

[3] 2. in Streitigkeiten über Ansprüche aus dem Nachbarrecht nach den §§ 910, 911, 923 des Bürgerlichen Gesetzbuchs und nach § 906 des Bürgerlichen Gesetzbuchs sowie nach den landesgesetzlichen Vorschriften im Sinne des Artikels 124 des Einführungsgesetzes zum Bürgerlichen Gesetzbuche, sofern es sich nicht um Einwirkungen von einem gewerblichen Betrieb handelt,”

[4] 3. in Streitigkeiten über Ansprüche wegen Verletzung der persönlichen Ehre, die nicht in Presse oder Rundfunk begangen worden sind,

[5] 4. in Streitigkeiten über Ansprüche nach Abschnitt 3 des Allgemeinen Gleichbehandlungsgesetzes.

[6] La legge si può rinvenire in http://dejure.org/gesetze/SchlG

[7] Bayerisches Gesetz zur obligatorischen außergerichtlichen Streitschlichtung in Zivilsachen und zur Änderung gerichtsverfassungsrechtlicher Vorschriften (Bayerisches Schlichtungsgesetz – BaySchlG) Vom 25. April 2000. In http://www.gesetze-bayern.de/jportal/portal/page/bsbayprod.psml?showdoccase=1&doc.id=jlr-SchlichtGBY2000rahmen&doc.part=X

Fai clic per accedere a schlichtung.pdf

[8] http://www.frankfurt-main.ihk.de/recht/themen/streitbeilegung/schlichtungsgesetz/

[9] http://www.rechtsanwaltskammer-duesseldorf.de/assets/Uploads/Rechtssetzung/Gesetze/Archiv/Gesetz+zur+C4nderung+des+Gesetzes+zur+AusfFChrung+von.pdf

[10] http://www.lexsoft.de/cgi-bin/lexsoft/justizportal_nrw.cgi?t=136681267948498032&sessionID=1004593175305843850&templateID=document&source=lawnavi&chosenIndex=Dummy_nv_68&xid=186059,

[11] http://www.lexsoft.de/cgi-bin/lexsoft/justizportal_nrw.cgi?xid=175191, 45,20081210

[12] http://www.ag-otw.saarland.de/10713_10789.htm ww.schiedsamt.de/fileadmin/schiedsamtszeitungsarchiv/2002/Heft08/2002_08_S%20165-179.pdf

[13] http://baer.rewi.hu-berlin.de/w/files/ls_vl_verfr/folien_verfahrens_060123.pdf

[14] http://www.mediationslupe.de/aktuell/obligatorische-streitschlichtung-in-niedersachsen-161

[15] Art. 7 Ley Nº 26.589 – Mediación y Conciliación. .

[16] http://www.ada.gov/medprog.htm

[17] [1] Il programma ADA (http://www.ada.gov/medprog.htm) che riguarda le persone affette da disabilità è seguito dai mediatori addestrati di diverse località dei seguenti stati: ALABAMA, ARIZONA, ARKANSAS, CALIFORNIA, COLORADO, CONNECTICUT, DISTRICT OF COLUMBIA, FLORIDA, GEORGIA, IDAHO,ILLINOIS,INDIANA, IOWA, KANSAS, KENTUCKY, LOUISIANA, MAINE, MARYLAND, MASSACHUSETTS, MICHIGAN, MINNESOTA, MISSOURI, NEBRASKA, NEVADA, NEW HAMPSHIRE, NEW JERSEY, NEW MEXICO, NEW YORK, NORTH, CAROLINA, OHIO, OKLAHOMA, OREGON, PENNSYLVANIA, SOUTH CAROLINA, SOUTH DAKOTA, TENNESSEE, TEXAS, UTAH, VERMONT, VIRGINIA, WASHINGTON, WISCONSIN. Questo programma riguarda mediazioni tra entità private e entità pubbliche.

GIAPPONE

I diritti dei privati devono conformarsi al pubblico benessere

L’esercizio dei diritti e dei doveri deve avvenire in buona fede

Non si può abusare del diritto

Le norme del codice civile devono onorare la dignità dell’uomo e rispettare la parità dei sessi

Quelli che precedono sono i primi 4 articoli del codice civile che reggono il Giappone dal 1896

GRECIA

Grandi novità sulla mediazione in Grecia

Haralambos Athanasiou, ministro della Giustizia del nuovo governo ellenico, è un ex giudice che crede fortissimamente nella mediazione.

Da quando c’è lui ha dedicato un’intero portale alla mediazione nel sito del Ministero ed ha pubblicato l’elenco dei mediatori che arrivano in Grecia quasi al migliaio.

Nella giornata della mediazione (2/02/15) ha dichiarato che l’istituto è in grado di ripristinare il tessuto sociale in Grecia oltre che di deflazionare il contenzioso.

A suo giudizio la legge sulla mediazione (3898/2010) dà per la prima volta alla Società greca un meccanismo dinamico per la risoluzione delle controversie private. I conflitti civili e commerciali possono essere risolti attraverso un processo moderno ed efficiente con grande immediatezza, riservatezza, a basso costo in relazione al contenzioso e a velocità elevata.

La promozione dei metodi di risoluzione alternativa delle controversie, insieme con lo sviluppo della giustizia elettronica e la riforma della legislazione (codice di procedura civile, codice di procedura penale e codice penale) costituiscono i tre pilastri della politica di riforma del Ministero.

La mediazione è senza dubbio uno degli elementi più innovativi e ambiziosi di cui vanta oggi la giustizia greca.

Dal 28 di gennaio è stata insediata una commissione che sta lavorando su una legge di riforma che porterà alla mediazione obbligatoria in tutta una serie di materie (lavoro, alimenti nei rapporti di famiglia ecc.) Cfr. http://www.diamesolavisi.gov.gr/nea/anamorfosi-tis-nomothesias-gia-ti-diamesolavisi

Il Ministro ha nominato una commissione di certificazione per mediatori che valuterà sia i mediatori transfrontalieri, sia i mediatori interni.

Infine con la legge 4254/2014 si è aperta la mediazione anche a coloro che non sono avvocati in linea con gli altri paesi europei e le prassi internazionali. Cfr. http://sedi.gr/index.php/el/news-el/new-el/9-maecenas-dictum-3

http://www.diamesolavisi.gov.gr/selida/hairetismos-toy-ypoyrgoy-dikaiosynis-diafaneias-kai-anthropinon-dikaiomaton-haralampoy

INDIA

Chi fosse interessato al sistema di ADR che funziona in India può leggere una decisione della Corte Suprema del 2 agosto 2005. Scoprirà che in questo paese ben 3 anni prima della direttiva 52/08, le Corti dovevano proporre diversi metodi ADR alle parti (arbitrato, mediazione, conciliazione, lok adalat) per deflazionare il contenzioso e che dunque sembra plausibile che ce ne potesse essere uno di gradimento delle parti stesse.

In realtà un progetto di ADR endoprocessuale era già partito nel 2003 e nel 2005 è stato appunto esteso dalla Corte suprema a tutte le Corti.

Immaginate voi la nostra Corte Costituzionale che estende obbligatoriamente gli ADR a tutte le Corti? Pura fantascienza, ma bisogna sapere che ci sono paesi molto più importanti del nostro dove ciò accade (cfr. anche http://www.arbitrationindia.org/htm/laws_rules.html per avere un quadro completo degli strumenti alternativic he si possono utilizzare).

IRLANDA

Nuova legge sulla mediazione in Irlanda

Entro la fine dell’anno l’Irlanda avrà una nuova legge sulla mediazione.

I suoi contenuti che peraltro nel primo progetto risalgono al 2012 sono stati presentati da un rappresentante del Governo ai senatori irlandesi.

Si introducono nuovi obblighi a carico del solicitor e del barrister.

Essi dovranno invitare il loro cliente a considerare l’utilizzo della mediazione quale strumento alternativo per risolvere il conflitto; fornire tutte le informazioni concernenti i servizi di mediazione compresi i nomi e gli indirizzi delle persone o delle organizzazioni qualificate per fornire tali servizi; procurare una stima delle spese legali che si possono presentare in caso di procedimento giudiziario, con una stima dei costi nel caso in cui il cliente non dovesse risultare vincitore. Di tale informazione dovrà darsi prova al giudice attraverso apposita documentazione.

Si sanciscono nuovi obblighi per il mediatore tra cui quello di spiegare alle parti la funzione della mediazione che resta volontaria, la sua conclusione (e come si raggiunge l’efficacia esecutiva attraverso l’intervento del tribunale o le modalità decise dalle parti stesse) e il principio di autodeterminazione delle parti.

Il mediatore dovrà inoltre indicare alle parti la sua formazione ed esperienza, la sua specializzazione (se richiesta dalle parti per una data materia) e dare ragguagli sulla formazione continua.

Il Tribunale potrà proporre la mediazione d’ufficio o su istanza delle parti e potrà sanzionare l’irragionevole rifiuto se ritiene sussistenti ragionevoli probabilità di successo.

Viene scartata l’ipotesi di creare una entità regolatoria statale perché i mediatori sono per lo più professionisti già soggetti ai loro rispettivi ordini e quindi ciò potrebbe costituire un aggravio di obblighi e oneri normativi. Si pensa però ad una entità formata da soli mediatori ed autofinanziata che dovrebbe apprestare gli standard di mediazione, pubblicizzare l’istituto, manutenere un registro statale, informare circa la sessione informativa di mediazione familiare che diverrà obbligatoria per legge (attualmente ci sono solo dei programmi pilota delle corti).

http://www.inis.gov.ie/en/JELR/Pages/SP15000032

ITALIA

Avvocati e conciliazione

Nel 1805 Napoleone scrisse in Milano le regole del Regno d’Italia e qui gli avvocati venivano detti coloro che esercitano il patrocinio per mestiere. Tali patrocinatori dovevano essere approvati dal re e quelli non approvati dovevano essere allontanati dal foro. In conciliazione però sia quelli approvati sia quelli abusivi (“che traevano in inganno gli ignari o gli idioti di cose giudiziarie”) non potevano comparire nemmeno come procuratori con procura generale.

In questo Napoleone fu coerente con l’usanza austriaca che nel Lombardo-Veneto vedeva esclusi gli avvocati dalla conciliazione; diversi parametri tenne invece in Liguria poco dopo dove non intese rispettare la tradizione che anche lì vigeva, ma trasformò la conciliazione in una procedura con assistenza obbligatoria.

La convenienza politica cambia speso le carte in tavola

 

Avvocati e mediazione

Mi trovo profondamente in disaccordo con chi ritiene che la mediazione debba essere in mano ai soli avvocati.

Il discorso è vecchio, ma vedo che riaffiora anche oggi.

Non posso esimermi dunque dal dire due parole.

Dal punto di vista storico gli avvocati non si sono mai occupati professionalmente né di mediazione, né di conciliazione (tranne che in campo lavoristico).

I conciliatori antichi non erano avvocati, né giuristi; gli stessi giuristi sino alla fine del XVIII secolo non amministravano nemmeno la giustizia.

Passare sopra su queste considerazioni credo non sia saggio, né rispettoso della nostra tradizione e della tradizione europea d’altronde.

I primi mediatori della storia e pure i primi arbitri sono stati gli agrimensori, ossia i progenitori dei nostri geometri, i contadini, i commercianti ed i periti dell’arte.

Ai giuristi era precluso anche entrare in tribunale per svolgere una conciliazione perché si consideravano nemici della pace e della concordia.

Mi basti una sola citazione per far capire come andavano le cose, che riguarda un editto di carlo IX del 1563: “E per tagliare corto tutte le lungaggini… le parti saranno tenute a comparire personalmente alla prima udienza per essere ascoltate se non c’è una legittima scusa di malattia od assenza, nel qual caso invieranno una risposta scritta di propria mano, o nel caso di malattia i loro parenti vicini ed amici che siano muniti di procura speciale, il tutto senza ministero di avvocato e procuratore”.

Ed il mondo non è cambiato né è divenuto più complesso come dicono i sostenitori dell’avvocatura; le leggi ci sono sempre state e nonostante ciò il mondo faceva a meno del diritto quando si trattava di fare un accordo.

L’editto sopra citato, sul punto, stabiliva che il componimento della controversia avvenisse senza le sottigliezze e le coercizioni previste dalle leggi e dalle Ordinanze.

Se abbiamo oggi una società malata di giuridicità, ciò non significa che viviamo nel mondo migliore possibile, né che gli avvocati debbano per forza essere considerati i depositari dello scibile umano.

Così tanto per precisare il mio pensiero.

 

Compenso dell’avvocato

Tra il 1222 ed il 1231 Federico II emanò una costituzione (Si de quantitate salarium)

nella quale si diceva che il giudice della causa doveva concordare tra l’avvocato e il cliente l’individuazione del compenso dell’avvocato; e se tale mediazione non andava a buon fine ne faceva un’altra il Maestro giustiziere.

Forse è per questo motivo che certi avvocati non sopportano la mediazione… è una questione di trascrizione genetica atavica.

https://books.google.it/books?id=XJsNAAAAQAAJ&printsec=frontcover&dq=Costituzioni+melfitane&hl=it&sa=X&ei=xKv4VIfPE4vMyAO32YGQCQ&ved=0CDoQ6AEwBQ#v=onepage&q=Costituzioni%20melfitane&f=false

Galileo e la mediazione

L’Inquisizione si convinse che il cannocchiale dovesse servire a spiare nelle case dei vicini.

E Galileo non poté spiegare che a questa cosa proprio non ci aveva pensato: le stelle per l’Inquisizione non esistevano e non sarebbero mai esistite, perché il centro dell’Universo doveva rimanere la Terra.

Il cannocchiale insomma non poteva che avere uno scopo riprovevole e qualcuno doveva distruggerlo perché la tranquillità dei vicini non doveva essere messa a rischio.

Né l’Inquisizione, né Galileo potevano sospettare che un giorno grazie al cannocchiale saremmo andati sulla Luna e avremmo cercato un nuovo futuro per l’umanità.

Così è per la mediazione, quando l’hanno concepita doveva servire a trovare un punto d’incontro tra i pensieri degli uomini; poi si pensò anche che gli uomini invece di uccidersi potevano anche perdonarsi e che la mediazione poteva servire ad aiutarli a perdonarsi.

Queste due funzioni della mediazione non erano contemplate nella nostra Italia ove la vendetta era la base del codice di cavalleresco, il processo non era che un duello legalizzato e i pensieri degli uomini dovevano rimanere rigorosamente divisi perché i vari potentati potessero dominare e sopravvivere.

La mediazione doveva quindi sparire perché era cosa riprovevole e sparì nel 1848, ma i suoi nemici non ebbero mai il coraggio di dire a che cosa servisse. l’Inquisizione al cannocchiale aveva dato almeno uno scopo, alla mediazione nessuno dei detrattori lo ha dato nella bella Italia, e questo sino al XXI secolo.

E morire senza che qualcuno ti riconosca uno scopo è quanto di più atroce ti possa succedere.

Ma poi nel 2010 la mediazione è tornata (per motivi politici?) e si è detto allora che doveva servire a deflazionare il contenzioso, no anzi – vero CNF – doveva servire alla composizione degli small claims, attività che più o meno equivalgono al cannocchiale per spiare in casa dei vicini.

Dopo sei millenni questa mattina (31 gennaio 2015) il Sole24Ore ha dato finalmente uno scopo nobile alla mediazione: “quella abnorme e odiosa speculazione degli enti privati di mediazione, a spese degli incolpevoli cittadini costretti per legge ad esperire la procedura di mediazione”.

Galileo non può spiegare che se metti scientemente le lenti a casaccio il cannocchiale non può funzionare, che al limite in Italia ci sono anche gli Enti pubblici e che i grandi numeri della mediazione sono gestiti da loro, che la pronuncia del Tar Lazio è servita invero a loro solo per eliminare la concorrenza.

Non può dire queste cose perché farebbe il gioco dell’Inquisizione che ha deciso di distruggere ancora la mediazione per rimpiazzarla con la negoziazione assistita e con l’arbitrato endoprocessuale.

Senza contare che Galileo ha paura, lo hanno incarcerato levandogli anche il pane e l’acqua, deve stare buono ed aspettare il destino che graziosamente l’Inquisizione gli riserverà.

Ma un giorno la mediazione servirà a creare un mondo armonioso: per questo l’Inquisizione la vuole distruggere, l’armonia e la pace sono pericolose perché se le persone non si vedono più come avversari possono diventare fratelli, anche se il sangue non li lega, possono pensare autonomamente al loro futuro e non avere più padroni che dicono loro che cosa fare e come farlo; queste sono attività sacre e per l’Inquisizioni sono addirittura più dannose di quelle riprovevoli.

 

 La misura dell’uguaglianza

 In tutti i corsi di mediazione si contrappone la mediazione ai sistemi di ordine imposto per il fatto che questi ultimi si basano sui diritti, mentre la prima si basa sulla composizione degli interessi e dei bisogni.

Si dice poi che il mediante deve essere soddisfatto della sua scelta e l’utile che ne ricava è l’unica misura delle sue scelte.

Chi media considera i parametri di riferimento della mediazione più convincenti in quanto si assume che ad un diritto si può rinunciare, mentre ad un bisogno no; da ciò discende che i bisogni delle persone stanno tutti sullo stesso piano e quindi hanno pari dignità per il mediatore

Da dove nascono questa idee?

L’idea di fondarsi sui bisogni appartiene alla convenzione di diritto naturale ed infatti, un filosofo come Christian Wolff, padre della mediazione moderna assume che la mediazione è appunto istituto di diritto naturale.

Ma per conoscere la forza del bisogno bisogna comparare quel che si riceve con quello che si dà convenendo, e dunque l’uomo antico conosceva bene il concetto di migliore alternativa all’accordo negoziale (che noi definiamo anche BATNA)

Il diritto sociale ha modificato questa originaria impostazione e dunque potremo dire che i mediatori sono tornati alle dinamiche del diritto naturale.

Una bellissima spiegazione di tutto ciò la troviamo nell’opera di uno filosofo e matematico calabrese del ‘700, Gregorio Aracri, e qui la trascrivo, in lingua moderna, a beneficio di tutti.

“Ma in che consiste questa uguaglianza? Ognuno, che contrae e pattuisce vuol senza meno tanto ricevere, quanto egli dà. Tutta la giustizia della convenzione, riguardata per questo aspetto, dipende dunque dall’essere ciò che si dà uguale a quello che si riceve; né giustamente può alcun voler avvantaggiarsi più di quello che dà. Si vuol dunque trovare una misura, per cui si conosca il rapporto di eguaglianza o ineguaglianza, che passa tra i diritti, che nelle convenzioni reciprocamente si trasferiscono. Questa misura parlandosi dell’uomo naturale, io credo altra non poter essere, che la quantità del bisogno di ciascun contraente; e quindi la quantità dell’utile, ch’egli dalla convenzione ritrae, dedottane la quantità di male o danno, ch’egli soffre per la traslazione del diritto proprio (GROZIO). A quale fine si fanno e si son sempre fatte le convenzioni? Per soddisfare alle proprie necessità. Se vengono dunque spinti gli uomini a trasferire un proprio diritto, lo fanno al fine di acquistare ciò che credono valevole a supplire ad un loro bisogno.

La soddisfazione dunque di una necessità, che prema e l’effetto che nei contratti produce, mi pare che sia la regola che misuri l’uguaglianza. Sembra ineguale per esempio la permuta di un fondo con un piccolo gregge, o con alquanti cibi. Ma se il padrone di quel fondo trova maggior comodità nel possedere quel gregge, o nell’acquistare quei cibi, che non nel ritenere la sua terra: il suo bisogno, e l’effetto che in lui produce quella permuta, rende giusto il contratto per parte sua. La storia dei popoli selvaggi dimostra che gli uomini naturali non abbiano mai fatto uso di altra regola nell’uso della permuta per conoscere l’uguaglianza, se non di quella che noi diciamo (GOGUET).

Ognuno pertanto, il quale voglia determinarsi a fare qualunque convenzione, deve valutare la necessità, ond’egli viene mosso a farla: e comparandola con quello che egli ritrae, e che in cambio egli dà o promette di dare o fare; concludere se deve o no per suo migliore bene addivenire alla convenzione.

Quindi quantunque possa sembrare a prima vista ingiusta una convenzione per ineguaglianza, potrà essere nondimeno valida e giusta, quando coloro che convengono lo facciano con cognizione e liberamente (Nell’Iliade Libro VI v. 235 avviene uno scambio tra armi d’oro e armi di rame, da ciò si conclude che il valore delle cose e e delle azioni dipende solo da chi dà o fa e chi riceve).

Io parlo dell’uomo affetto dalla sola legge di natura, e tolgo di mezzo quelle idee che riguardo ai contratti debbono aversi nelle società civili, nelle quali questa regola riceve varie modificazioni sia dalle leggi, o dai costumi o dallo stato dei contraenti”.

 Gregorio Aracri, Elementi di dirittto naturale, Napoli, 1787 p. 179-182

https://books.google.it/books?id=bZRFEihCkS4C&pg=PA123&dq=Elementi+di+diritto+naturale&hl=it&sa=X&ei=aTnZVJCgNISzPMbxgHA&ved=0CCgQ6AEwAQ#v=onepage&q=Elementi%20di%20diritto%20naturale&f=false

 

Lo schema di decreto di recepimento della direttiva ADR in Italia.

 Atto del Governo: 165

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori)

 L’organismo ADR proporrà una soluzione o riunirà le parti al fine di

agevolare una soluzione amichevole. Ma sono previsti anche gli organismi che adottano una decisione e le conciliazioni paritetiche. L’istituto è volontario.

 http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

Napoleone ed il Tar del Lazio

 Nel 1805 la Liguria chiese di essere annessa alla Francia e Napoleone non se lo fece dire due volte e così scrisse di suo pugno l’ordinamento giudiziario. Questo ordinamento giudiziario, salva qualche lieve modifica, è ancora quello dell’Italia repubblicana.

Napoleone veniva dalla Corsica e nella costituzione della Corsica si prevedeva il delitto di “prevaricazione”; oggi noi lo chiamiamo abuso d’ufficio

Questo delitto era previsto in verità già dal diritto romano e riguardava colui che donava la causa all’avversario, in una parola passava dalla parte dell’attore a quella del reo.

Era dunque riferito agli operatori di giustizia, giudici ed avvocati, ma anche più in generale a coloro che facevano il gioco di una parte e dell’altra e non di una sola.

La pena che si prevedeva un tempo era la legge del taglione ossia la stessa pena destinata al calunniatore.

Ma mentre il calunniatore poteva essere perdonato, ciò non poteva accadere per il prevaricatore che era condannato come infame.

Nell’età dei lumi il prevaricatore che fosse dipendente pubblico perdeva l’impiego e pure i diritti civili.

Napoleone con l’art. 16 della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario scrisse quanto segue:

“Le funzioni giudiziarie sono e saranno sempre separate dalle funzioni amministrative. I giudici non potranno intorbidare in qualunque siasi modo le operazioni degli amministratori, né citarli nanti di loro per causa delle loro funzioni”.

Ancora nel 1833 e dunque dopo la morte di Napoleone il codice penale prevedeva questo delitto di prevaricazione e la pena per il magistrato era la condanna al carcere e l’interdizione perpetua dagli incarichi pubblici.

Ora il Ministero della Giustizia con circolare del 27 novembre 2013 aveva stabilito che: “nel termine “compenso” di cui all’art. 17 comma 5 ter del D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 non devono essere comprese le spese di avvio del procedimento;

le spese di avvio sono dovute da entrambe le parti comparse al primo incontro;

nel caso in cui la parte invitante non sia comparsa al primo incontro, nessuna indennità può essere richiesta alla parte invitata che sia viceversa comparsa;

oltre alle spese di avvio dovranno essere altresì corrisposte le spese vive documentate”.

Il Tar Lazio con la ormai nota sentenza ha dunque “intorbidato” l’opera del Ministero della Giustizia e degli organismi che svolgono una funzione paragiurisdizionale.

Sotto Napoleone l’estensore avrebbe perso il lavoro ed i diritti civili, oggi invece il Sole24Ore lo glorifica e lo Stato impone l’osservanza della sentenza.

Si vede proprio che sono cambiati i tempi, tutto sta a capire quali fossero i migliori.

  

Negoziazione assistita

 Per chi pensa che scambiarsi i documenti non faccia parte della nostra tradizione e che dunque la negoziazione assistita sia destinata a fallire per questo motivo rimarco che l’Editto perpetuo romano stabiliva al titolo XIII: “Actionem qua quisque agere volet, itemque instrumenta quibus in Judicium uti oportebit, adversario edere cogam sine die et Consule” (1”Obbligherò l’attore a comunicare all’avversario l’azione che vuole esercitare, ed i documenti dei quali dovrà fare uso in giudizio, per altro senza la data”).

 

Non spiego né allego nulla

Continua a dilagare la moda “non spiego né allego nulla” sia per gli aderenti sia per gli attivanti.

Sarà mica per gli interventi della giurisprudenza?

O per non pagare le spese di mediazione effettive?

In ogni caso se pensano che il mediatore abbia arti divinatorie credo che si possa andare poco lontano. Magari nel baratro della improcedibilità della domanda?

 

Numero dei mediatori italiani al 7 giugno 2015

L’Italia possiede il 36% dei mediatori europei: in altre parole un mediatore su tre nei 28 paesi dell’Unione è italiano.

Ad oggi ci sono 15.439 mediatori italiani su 42.548 europei.

In sostanza ogni anno spettano ad ogni mediatore 13 mediazioni (contando che all’anno gestiamo circa 200.000 mediazioni)

Più che figli delle stelle siamo figli del duello

Nel 1400 si pensava che il duello avesse oggetto cavalleresco e dunque il letterato ne era esentato e poteva provare per testimoni che era stato ingiustamente accusato; se non ci riusciva però tutto quello che poteva fare era subire l’offesa ricevuta.

Chi non fosse letterato doveva duellare ed il duello aveva le stesse caratteristiche giuridiche del nostro processo.

C’era un cartello di sfida che si chiamava libello e che conteneva la specificazione dell’offesa ed anche altre cose: era la nostra lettera di messa in mora o con termine più moderno l’invito della negoziazione assistita. Doveva essere spedito alla persona sfidata o affisso nei luoghi pubblici.

Esistevano poi l’attore ed il reo: per stabilire chi fosse l’uno o l’altro spesso ci volevano degli anni, ed il reo era sostanzialmente colui che aveva fatto la maggiore offesa; così anche a livello psicologico consideriamo oggi noi avvocati il convenuto.

Per scegliere il campo di sfida invece c’era un termine di sei mesi, ma non era termine perentorio perché appunto ci potevano volere degli anni per stabilire reo ed attore ed un cavaliere doveva accettare la sfida anche a distanza di tanti anni. Il campo di sfida naturalmente non è altro che il nostro attuale tribunale.

Il luogo veniva comunicato ai duellanti tramite la patente del bando (ossia il biglietto di cancelleria) e poi c’era il signore del campo che era sostanzialmente il nostro giudice di tribunale.

Il signore del campo, infatti, assicurava che il duello avvenisse sotto la sua giurisdizione e che potesse essere portato a compimento.

La giurisdizione in pratica non era che la proprietà, il possesso del luogo ove avveniva lo scontro cruento, il che garantiva lo svolgimento.

Il signore del campo aveva poi altri poteri: poteva stabilire se l’offesa necessitava l’uso delle armi e se così non fosse stato era tenuto a svolgere la conciliazione tra i duellanti: questa attività pacificatoria in alcuni casi fu esercitata tra i duellanti ancora nel secolo corso (anche se non esisteva un signore del campo, ma si ricorreva ad un amico comune).

Esisteva in altre parole un modo per deflazionare i duelli, come oggi deflazioniamo i processi (o dovremmo deflazionarli).

I duellanti a cui fosse imposta la conciliazione dovevano operare al meglio affinché al pacificazione riuscisse.

Il duello non si celebrava di regola qualora fosse agevole provare per testimoni che l’offesa fosse stata calunniosa.

Ma non si poteva non rispondere al libello in tal caso si ammetteva la verità dell’accusa; chi rispondeva utilizzava un documento che si chiamava “mentita” ed era pronto a farne “risentimento”, ossia a sostenere il proprio onore con le armi (la necessità del duello era proporzionale alla nobiltà di nascita: chi più nobile era più doveva difendere l’onore con la spada).

Chi duellava generalmente compiva riti magici prima o si faceva scrivere sul corpo parole magiche oppure indossava panni che portassero fortuna o pronunciava incantesimi sulle armi: sono un po’ le clausole di stile che infiliamo negli atti giudiziari e che ormai non intimoriscono nemmeno un bambino.

Chi duellava prima di entrare dentro lo steccato del campo (ossia dentro il tribunale) doveva partecipare alla messa e chiedere aiuto a Dio per riparare all’offesa, ma anche per essere perdonati nel caso increscioso di uccisione del nemico: il che personalmente mi ricorda molti politici anche recentissimi.

Quando il duello era finito il signore del campo emetteva sentenza di vittoria per il vincitore contro il vinto: però la sentenza doveva corrispondere alla descrizione del successo come veniva indicata in libello o nella mentita; di qui la nostra usanza che nella sentenza il chiesto debba corrispondere al giudicato.

Il vinto che sopravviveva non poteva più sfidare nessuno a duello, perché perdendo aveva dimostrato di aver preso le armi contro la verità.

Questa fu la forma del duello dal 1400 al 1700.

Nel 1800 vengono introdotte alcune differenze: i 6 mesi per scegliere il campo furono ridotti a 4 giorni; entro tre giorni i duellanti dovevano scegliersi i padrini ed il quarto duellare.

Il duello poteva essere accettato non soltanto dai nobili, ma anche dai letterati.

Al libello venne sostituito il guanto di sfida.

Anche le offese lievi possono essere oggetto di duello. Per le gravi invece di norma si ricorre al magistrato.

Il nobile non accettava la sfida dal plebeo.

Non si crede nelle arti magiche, né nell’aiuto di Dio.

Non c’è signore del campo e quindi nemmeno sentenza e chi perde può comunque ricorrere al duello nuovamente; interessante era che un attività di pacificazione poteva essere svolta dai padrini, ma non qualora avessero ricevuto mandato speciale (ovvero il nostro mandato alla lite).

Non sarebbe il caso di provare qualcosa di meno cruento?

 

X Assemblea degli Osservatori civili

Nei giorni scorsi c’è stato in Genova un importante appuntamento, la X Assemblea degli Osservatori civili. Esperti del mondo giudiziario anche internazionale, si sono confrontati per tre giornate sulle soluzioni possibili per migliorare l’accesso alla giustizia.

Mi permetto di fare qui qualche osservazione sulle soluzioni a cui detti esperti sono pervenuti.

La prima: gli istituti giuridici sono maneggiati dagli uomini; cambiare gli istituti giuridici non garantisce un miglioramento sicuro se gli uomini che li gestiscono restano gli stessi (soggettivamente ed oggettivamente).

E’ inutile dire che ci stiamo avviando verso cambiamenti inarrestabili ed inevitabili se poi questi mutamenti sono gestiti da persone che non ci credono.

Personalmente, tanto per fare un esempio, considero il PCT un abominio assoluto: se la gestione dipendesse da me quante probabilità avrebbe di progredire? Credo nessuna (meno male che non lo gestisco…).

Ci sono Presidenti di tribunale che considerano la mediazione un abominio: se continuano loro a gestire la giustizia civile quante probabilità avrà la mediazione per progredire? Credo nessuna.

La seconda: ho sentito parlare di multidoor courthouse e di mediazione di corte accanto alla mediazione demandata.

Il nostro sistema non è pronto per accoglierla: dovrebbe cambiare radicalmente.

Mediazione di corte significa in primo luogo sparizione o comunque fortissima limitazione degli organismi privati, in secondo luogo programmi di mediazione finanziati dallo Stato.

Mediazione di corte significa avere un soggetto dentro alle Corti assolutamente indipendente sotto tutti i punti di vista. O vogliamo che in un paese come l’Italia dove la corruzione ed il favoritismo regnano sovrane, che ogni giudice si faccia il suo panel di mediatori personale (docet Crozza e Antonio Razzi)? Credo che scoppierebbe la rivoluzione.

Vogliamo inserire giudici conciliatori alla tedesca? Ci vogliono 15 anni a formarli (così in Germania), per poi creare una concorrenza con i mediatori che sembra come giocare al gratta e vinci… Ti piace vincere facile? Che possibilità avrebbero i mediatori di essere scelti se dall’altra parte se la devono vedere con un giudice che in Germania, a parte l’arbitrato, può fare tutto quello che le parti gli chiedono?

Facciamo prima ad eliminare la mediazione, magari a questo punto è anche meglio per i mediatori che si dedicano a qualcosa di più produttivo.

Terza: si pensa a un giudice di pace che si occupi solo di conciliazione?

Va bene, ma il giudice di pace che in giro per il mondo ha questa caratteristica utilizza l’equità.

Non vorremmo mica creare un mostro che non può giudicare, ma deve mediare avendo come parametro il diritto?

Nei paesi del Sud America che adottano questa soluzione il requisito di base per il giudice è di saper leggere e scrivere, perché la negoziazione non nasce col diritto, ma prescindendo dal diritto (ed i Giudici ed i Soloni del diritto si mettano l’animo in pace).

Non vorranno mica addestrare i giudici di pace nell’Ufficio del processo secondo regole giuridiche e poi mandarli a mediare? Sarebbe una solenne idiozia.

Quarto: la nuova formazione dei giuristi sulle competenze trasversali è un mantra condivisibile sino alla morte. Ma mi chiedo: nella pratica chi andrà ad insegnare le tecniche negoziali ai magistrati e agli avvocati? Ci andranno altri magistrati ed avvocati? Ma è come mandare Don Rodrigo a fare il testimone di Renzo o di Lucia; senza una redenzione sulla via di Damasco che porti verso lo studio serio delle competenze trasversali quali esiti porterebbe? Che vantaggio porterebbe ai cittadini?

KOSOVO

Il Ministero della giustizia del Kosovo ha pubblicato di recente la lista dei mediatori: sono 149.

Ad un solo mediatore è stata revocata la licenza

Su 1076 mediazioni c’è stato accordo in 792 casi.

I miei più vivi complimenti ai mediatori kosovari.

 http://www.md-ks.net/repository/docs/2014-10-13_(2).pdf

MALTA

 Spese di avvio della mediazione a Malta

 Non sono rimborsabili alle parti

A giudizio instaurato 50 €

Per mediazione volontaria:

Se una delle parti è organizzazione di volontariato 35 €

Se una delle parti è una qualsivoglia autorità 50 €

Se la mediazione non ha un valore determinabile in denaro 70 €

In tutti gli altri casi 120 €

Prima che inizi la mediazione le parti devono pagare il mediatore in base all’accordo con lui sottoscritto e se non hanno stipulato alcun accordo 50 € forfetari all’ora.

 https://mjcl.gov.mt/en/justice/Pages/Malta-Mediation-Centre.aspx

Mediazione familiare

 A Malta la mediazione familiare è obbligatoria e gratuita, quando è pubblica; a modico pagamento quando è privata. Va attivata tramite avvocato, ma lo stesso partecipa alle sessioni solo qualora i clienti lo desiderino.

In caso di mediazione pubblica in pratica le parti pagano solo i loro avvocati (nella misura in cui decidano di utilizzarli) ed il notaio che poi pubblica il loro accordo.

La traduzione dal maltese (di quasi tutto il testo a cui si rimanda) è operata dallo scrivente: mi scuso per eventuali inesattezze.

La mediazione familiare a Malta ci viene spiegata così dal Ministro della Giustizia

In che cosa consiste la mediazione in materia familiare?

Quando una coppia vuole presentare una domanda su questioni relative alla famiglia, le parti possono chiedere l’assistenza di un mediatore per aiutarle a raggiungere un accordo amichevole senza ricorrere a procedure formali dinanzi alla Corte. Anche se la mediazione è sempre richiesta dalla legge come primo passo quando si utilizza il tribunale della famiglia, questo procedimento, quando sfocia in una composizione amichevole, salva le parti dal sostenere costi e dall’attesa di lunghi tempi.

Questo processo è confidenziale e ciò che viene detto resta tra le parti, il mediatore e l’avvocato, se presente. In questo processo non c’è un vincitore e perdente, ma solo due adulti che discutono i problemi al fine di raggiungere un accordo in forma di un contratto autenticato e pubblicato da Notaio.

Chi è il mediatore e qual è il suo ruolo?

Il mediatore è la persona che aiuta le parti a raggiungere un accordo amichevole. Si tratta di una persona indipendente e imparziale, nominata dal Tribunale. In alcuni casi, le parti scelgono un mediatore esse stesse e in questo caso ci sono alcuni piccoli costi da sostenere.

I mediatori sono tutti professionisti qualificati. La maggior parte di loro sono terapeuti familiari, assistenti sociali e avvocati.

Attualmente ci sono dieci mediatori impiegati presso la Corte della famiglia.

Al mediatore non può mai essere chiesto di deporre in tribunale su quanto è stato detto nel corso delle sessioni di mediazione.

Il mediatore non è un giudice e quindi non può dare ordini alle parti. Se il mediatore è un avvocato, non ha alcun diritto od obbligo di fornire consulenza legale alle parti. Una persona dovrebbe ottenere un parere legale solo dal suo avvocato

Un mediatore nominato dalla Corte può essere sostituito?

Il mediatore può essere sostituito in due casi. Questi sono:

  1. Quando le parti e il mediatore si conoscono personalmente – in questo caso, il mediatore presenta una nota nella cancelleria del Tribunale con la quale chiede alla Corte di nominare un mediatore in sostituzione. Ciò trova ragione nel fatto che mantenendo l’imparzialità si proteggono le parti.
  2. Quando una delle parti ritiene che l’altra parte venga avvantaggiata

– In questo caso, l’interessato può informare il mediatore e questo presenta una nota nella cancelleria del Tribunale e chiede al Tribunale di nominare un mediatore in sostituzione.

Chi può richiedere la mediazione?

Si può chiedere la mediazione presso la Corte della famiglia nei seguenti casi:

  1. Quando una persona ritiene che il suo matrimonio sia fallito e vuole separarsi dalla moglie o dal marito;
  2. Quando una persona vuole divorziare dalla moglie o dal marito, a meno che non abbiano vissuto insieme per quattro anni o più;
  3. Quando una persona ha bisogno di mantenimento sia essa donna o uomo;
  4. Quando una persona ha figli nati fuori del matrimonio e vuole regolarizzare la sua posizione e la custodia dei bambini, il diritto di visita ed il mantenimento;
  5. Quando una persona ha bisogno modificare l’accordo o la sentenza di separazione o di divorzio;
  6. Quando una persona vuole modificare l’accordo o la sentenza di separazione nei punti in cui ci si riferisce alla cura e la custodia del bambino, al diritto di visita o al mantenimento.

Pertanto, non vi è alcun bisogno di essere sposato con una persona per chiedere la mediazione.

Come iniziare la procedura di mediazione e in che cosa consiste?

Per ricorrere alla mediazione, si dovrebbe scrivere una semplice lettera, indirizzata al cancelliere della Corte, chiedendo il permesso di iniziare la procedura di mediazione.

La lettera deve contenere i nomi e gli indirizzi di entrambe le parti e almeno il numero della carta di identità della persona che scrive la lettera. Questa lettera deve essere firmata dallo/a scrivente e deve essere firmata da un avvocato per avere validità. Si provvede poi al deposito in cancelleria situata al secondo piano del tribunale della famiglia. Questa procedura è completamente gratuita.

Il processo di mediazione può essere avviato anche con una nota. Questa nota va scritta quando le parti hanno già concordato alcune cose, anche attraverso i loro avvocati o tramite un notaio. La nota contiene gli stessi dettagli della lettera,

con la differenza che le parti presentano anche una bozza di accordo, se è stato concordato qualche cosa, che sarà pubblicata alla fine della mediazione. La nota deve essere firmata da entrambe le parti, dal notaio scelto da loro o dagli avvocati di entrambe le parti e il loro notaio.

Un certificato di nascita inerente i bambini va presentato con la lettera o con la nota in tutti i casi in cui le parti non sono sposate.

Al momento della presentazione della lettera o nota, viene nominato mediatore dall’elenco dei mediatori per trattare il caso.

Il mediatore può essere scelto privatamente con un accordo tra le parti stesse, e questo rischia di accelerare la procedura, ma comporta un piccolo pagamento a favore del mediatore.

Il mediatore invia alle parti per posta la comunicazione della data specifica in cui si terrà la sessione di mediazione in tribunale. Queste sessioni si tengono presso la Corte della famiglia in una stanza privata dove entrano solo le parti ed il mediatore; se le parti lo desiderano, pure i loro avvocati. Nel processo di mediazione non è necessaria l’assistenza dell’avvocato e le parti possono partecipare a queste sessioni con il solo il mediatore.

Il mediatore in primo luogo verifica se vi è la possibilità per le parti di conciliare. Perché la conciliazione abbia successo, ci deve essere la volontà di entrambe le parti. Se il mediatore ritiene che vi sia speranza che il matrimonio o la relazione possano essere salvate, può sospendere temporaneamente la mediazione ed inviare le parti a sedute di counseling.

Se le parti ritengono che non ci sia speranza che il matrimonio o la relazione possano sopravvivere, il mediatore cerca di aiutare le parti a raggiungere un accordo in merito ai bambini, alla casa residenziale e agli altri beni personali in modo da causare la minor sofferenza possibile a entrambe le parti e ai bambini, se ci sono bambini.

Per la composizione amichevole, le parti che partecipano alle sessioni dovrebbero essere aperte e flessibili nelle loro decisioni.

Il mediatore permette alle parti di esprimere la loro opinione e di parlare. Il mediatore è lì solo per aiutare le parti a comprendere i desideri di uno e dell’altra, e non per dare ordini.

Se le parti raggiungono un accordo, il testo deve essere letto dal mediatore e dalle parti e se esse sono d’accordo, il mediatore lo presenta formalmente alla cancelleria del Tribunale della famiglia perché sia assegnato al giudice (o al magistrato in caso di appartenenza all’isola di Gozo). Se il giudice/magistrato omologa il contratto,

le parti possono andare da un notaio per pubblicarlo e renderlo quindi ufficiale.

Le parti non devono temere la mediazione, ma dovrebbe farne il miglior uso possibile. Il procedimento non è rigido, come ci si aspetterebbe in un tribunale e le parti sono libere di esprimere le proprie opinioni. Per le sessioni di mediazione non è necessario indossare un abbigliamento formale, come la giacca e cravatta, è sufficiente un abito decente.

Che cosa succede quando qualcuno vuole parlare individualmente col mediatore?

Se si verifica tale richiesta è tutto rimesso alla discrezione del mediatore incaricato del caso. Se il mediatore ritiene che sia utile per le parti, conduce sedute individuali con la parte che ha fatto la richiesta, in attesa di un accordo tra le due parti. Ciò che viene detto al mediatore resta confidenziale a meno che la parte non reca il suo consenso per fornire le informazioni all’altra.

I bambini coinvolti possono esprimere il loro parere e possono essere ascoltati?

I bambini che abbiano una età per cui possano essere facilmente compresi sono udibili dal mediatore qualora lo ritenga necessario. La seduta è confidenziale. I bambini possono anche essere ascoltati da assistenti sociali, psicologi e da i loro difensori nominati dalla Corte per questo scopo. Ci possono essere momenti in cui i bambini vengono ascoltati da un giudice / magistrato riservatamente. Sia i bambini che i loro genitori non devono preoccuparsi del fatto che i loro figli vengano ascoltati da questi professionisti perché ciò può essere vantaggioso per loro e per i loro figli.

La priorità della Corte è sempre quella di considerare il migliore interesse dei bambini e di proteggerli.

Se è necessario coinvolgere questi professionisti una delle parti o il mediatore stesso può chiederne la nomina alla Corte. I costi sono ripartiti a metà tra le parti ad eccezione del compenso degli avvocati che è a carico della Corte. Anche il servizio degli assistenti sociali è gratuito ed in capo ad apposita agenzia.

Cosa succede se le parti non raggiungono una soluzione amichevole?

Se le parti non riescono ad accordarsi, la mediazione si chiude e le parti sono autorizzate ad adire il tribunale. Se però le parti non presentano il caso entro due mesi dalla chiusura della mediazione, devono iniziare nuovamente la procedura.

Nel 2013 le mediazioni sono state 1809, sono stati trovati 815 accordi e 75 persone si sono conciliate.

 https://mjcl.gov.mt/en/justice/Documents/FAMILY_MEDIATION_MLT.pdf

Versione inglese

Fai clic per accedere a FAMILY_MEDIATION.pdf

ONU

La guida dell’ONU del 2015 per chi pratica la mediazione con il contributo speciale dell’Italia e della Finlandia e la collaborazione della UE

 http://postconflict.unep.ch/publications/UNDPA_UNEP_NRC_Mediation_full.pdf

PAESI BASSI

Direttiva ADR

In data 16 aprile 2015 ha varato la legge di attuazione della direttiva ADR che è in vigore dal 30 aprile 2015.

 https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150430/publicatie_wet/document3/f=/vjthbalx5cya.pdf

Oneri ed onori

Noi pensiamo che l’inclusione in registro online possa essere buona cosa.

Lo pensavano probabilmente anche i mediatori olandesi.

La Corte dell’Aja ne ha condannato uno per non aver fornito informazioni in merito al fatto che ad uno dei coniugi spettavano gli alimenti.

E dunque agli onori di essere in una lista di mediatori si sommeranno un domani anche gli oneri.

http://www.advocatie.nl/gerechtshof-online-advocaat-en-mediator-verzaakten-informatieplicht

POLONIA

Direttiva ADR

Il 26 marzo 2015 la Polonia ha varato il progetto di attuazione della direttiva 11-13 dopo una consultazione avvenuta sul precedente progetto del maggio 2014.

Fai clic per accedere a dokument155368.pdf

Mediazione in cifre in Polonia

Secondo gli esperti dei metodi ADR potrebbero risolvere in Polonia un milione di casi.

Ma la teoria purtroppo non coincide con la pratica.

Le statistiche del 2013 ci dicono quanto segue.

La mediazione delegata obbligatoria ha riguardato 3251 casi civili, 2812 controversie commerciali, 1283 casi familiari, 324 casi di diritto del lavoro.

Non si sa quante siano state le mediazioni non giudiziarie: si sa solo che sono state chieste solo 73 omologazioni per il civile, 50 per il commerciale e 6 per il diritto del lavoro.

Gli accordi sono miseri:

275 per il civile

535 per il commerciale

521 per la famiglia

57 in materia di lavoro.

I mediatori giudiziari poi non nuotano certamente nell’oro visto che sono 2.470.

http://www.xn--rozwizywaniesporw-vyb44a.pl/2015/04/22/polskie-prawo-adr-konczy-10-lat-czas-wybgrac/

REGNO UNITO

Costo della mediazione

Nel Regno Unito il costo delle mediazioni dipende dal fornitore del servizio: di solito ad un dato scaglione corrisponde un costo che però è orario e dunque dipende dalle ore che il mediatore impiega.

Si veda ad esempio cosa succede per l’organismo Getmediation

http://getmediation.co.uk/what-will-i-pay/

Nel Regno Unito anche le mediazioni online hanno le loro tariffe sino alle 50.000 sterline; per valori di controversia superiore ci si mette d’accordo con l’organismo.

Non si può spendere meno di 50 sterline all’ora per una mediazione.

http://www.civilmediation.justice.gov.uk/

 

Direttiva ADR

Quando uno pensa agli ADR online e alla direttiva 11-13 non gli viene in mente di sicuro la regolamentazione delle controversie riguardanti il gioco d’azzardo.

Almeno non ci pensa qui in Italia (o forse sì?), ma nel Regno Unito l’organismo che si occuperà della regolamentazione del settore è la Gambling Commission.

Mediatore tra un giocatore di poker ed un casinò online proprio non mi ci vedo, ma a ben pensarci visto che in Italia non esiste altro settore economico potrebbe essere il futuro… se così fosse non mi resta che la vita monastica.

 

Ingiustificato il rifiuto di mediare

Nell’ottobre del 2014 è uscita una importante sentenza di una Corte d’Appello Inglese (http://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/TCC/2014/3148.html) che ha ribadito il principio che il rifiuto di mediare è ingiustificato anche se nel merito si conclude a favore del rifiutante.

In estrema sintesi la società A offre di mediare in più occasioni; la società B replica che la mediazione ha un costo sproporzionato. B che ha ragione nel merito della causa, propone comunque di chiudere a spese compensate e senza che alcuno abbia a pretendere alcunché. A risponde che non se ne parla e che vuole mediare.

La Corte stabilisce che la mediazione sarebbe costata 40000 sterline a fronte di un costo processuale di 500000 sterline per un oggetto di 3000000 di sterline e che dunque il costo della mediazione non era sproporzionato; aggiunge che il mediatore era in grado di portare la mediazione a conclusione con successo e che quindi il rifiuto di mediare è stato irragionevole. Tuttavia ritiene più grave che A abbia rifiutato di chiudere la lite a spese compensate e dunque dal momento che B aveva ragione nel merito, procede alla condanna di A.

Cfr. anche http://www.giambronelaw.com/site/knowledge-library/articles/unreasonable_refusal_to_mediate

Mediazione e impresa

Nel Regno Unito serpeggia la delusione perché nel 2014 solo il 5% delle aziende ha fatto ricorso alla mediazione per i conflitti di lavoro. Ce lo spiega una testata ungherese.

http://www.munkajog.hu/rovatok/hirek/alternativ-munkaugyi-vitarendezes-nagy-britanniaban-3-resz

 

Registro dei mediatori del lavoro

Dal 2008 esiste nel Regno Unito il registro dei mediatori di lavoro.

I mediatori che sono iscritti devono rispettare un codice di condotta, sono assoggettati ad una procedura di reclamo, devono aver frequentato un corso di mediazione di almeno 40 ore, svolgono la formazione continua e sono soggetti a verifica

Per registrarsi il singolo mediatore paga 50 sterline e poi vengono corrisposte 45 sterline a partire dal secondo anno.

Anche le aziende possono iscriversi con 250 sterline e poi vengono corrisposte 225 sterline sempre a partire dal secondo anno.

http://www.ukregisterofmediators.co.uk/search.html

Time limited “friendly discussions” before arbitration

 Per la prima volta nel luglio 2014 è stata riconosciuta da una Corte inglese la clausola time limited “friendly discussions” before arbitration.

Qui non si tratta di clausola multi step con mediazione, ma di clausola multi step che prevedeva la discussione amichevole e quindi la mera negoziazione tra le parti per almeno 4 settimane prima di adire all’arbitrato.

Chi ha adito direttamente gli arbitri considerando che nessuna sentenza prima aveva ammesso la vincolatività di una clausola di negoziazione, ci ha lasciato le penne.

E dunque anche nel nostro paese qualcuno proverà a mettere qualcosa di simile nei contratti, magari dei negoziatori assistenti…

 http://www.lexology.com/library/detail.aspx?g=9022c2c9-e64e-4098-8b00-a08adc248fac

REPUBBLICA CECA

 Primo incontro di mediazione

 Il primo incontro in Repubblica Ceca ha la stessa funzione che da noi. Lo scopo del primo incontro è quello di informare le parti circa le possibilità e le regole della mediazione. Ebbene quando è ordinata dal giudice viene pagata per 14 € + IVA all’ora per le prime tre ore e poi dipende da quando prende il mediatore

 http://www.mediaceliberec.cz/inpage/o-mediaci/

 

Statistiche della mediazione

 Sono state pubblicate dal Ministero le statistiche della mediazione nel 2014 nella Repubblica Ceca.

Chi conosce la lingua ceca può dilettarsi…

 https://www.pmscr.cz/download/010114_311214__Statistika_PMS_CR_pro_www.pdf

ROMANIA

 Si può misurare l’intensità del conflitto?

 Sì secondo alcuni ricercatori rumeni che l’hanno creata nel 2011 (SIG SCALE).

A tal fine bisogna interrogarsi su alcuni elementi attribuendo ad ognuno di essi un coefficiente che va da 1 a 3: la somma dei coefficienti divisa per 10 ci dice a che punto sta il conflitto.

  1. Parties awareness with regard to conflict existence (le parti sono consapevoli del conflitto)
  2. Number of parties in conflict (numero delle parti del conflitto)
  3. Number of parties affected by the conflict (numero delle parti coinvolte dal conflitto)
  4. Duration of conflict (durata del conflitto)
  5. Previous conflicts between the parties (precedenti conflitti tra le parti)
  6. Previous resolution attempts (precedenti tentativi di risoluzione)
  7. The wish of the parties to maintain the conflict (il desiderio delle parti di mantenere il conflitto)

8.Resources involved in maintaining the conflict (le risorse coinvolte per mantenere il conflitto)

  1. Stress exposure (l’esposizione allo stress)

10.Gravity in case of non resolution (la gravità del conflitto in caso di non risoluzione)

 Se il risultato sta tra 1.0 and 1.6 il conflitto è superficiale

Se il risultato sta tra 1.7 and 2.3 il conflitto è moderato

Se il risultato è tra 2.4 and 3.0 il conflitto è serio

 http://www.mediate.com/articles/SustacZ9.cfm

SINGAPORE

 Così tanto per dire…

 A Singapore si distingue tra spese amministrative e pagamento del mediatore.

Ogni parte deve pagare all’Organismo a titolo di spesa amministrativa 178,62 €.

Il mediatore prende invece 1428.93 € al giorno.

 http://www.mediation.com.sg/assets/downloads/matrimonial-mediation-scheme/annex-c-fee-schedule-matrimonial.pdf

SVEZIA

  Anche la Svezia ha varato la legge di attuazione della Direttiva ADR: andrà in vigore il primo di settembre 2015.

 http://beta.regeringen.se/contentassets/2b1fefd49dea417a8a62fb16edc5e4ab/alternativ-tvistlosning-i-konsumentforhallanden

SVIZZERA

 La mediazione penale in Svizzera: il progetto esemplare di Friburgo.

 http://jpbs12.over-blog.com/2015/03/mediation-penale-en-suisse-le-projet-exemplaire-de-fribourg.html

USA

 Fumare può essere costoso

A Washington un giudice ha ordinato a due fratelli di smettere di fumare in casa propria perché il fumo attraverso il seminterrato della casa entra nell’appartamento dei vicini. Prima di andare a giudizio con una richiesta di risarcimento per 500.000 dollari le parti avevano tentato vanamente una mediazione.

 http://abc13.com/news/man-ordered-to-stop-smoking-in-his-own-home/552003/

 

Mediazione e costruzioni

 In North Dakota a Cooperstown stanno edificando una costruzione dove andrà a situarsi tra gli altri edifici pubblici proprio il tribunale.

I lavori sono fermi perché l’appaltatore non viene pagato.

Il 4 marzo 2015 è stata fissata una mediazione da cui dipende il compimento dell’opera ed è una mediazione che è stata richiesta da tutte le parti in lite.

Si potrebbe dire che in questo caso la giustizia dipende sostanzialmente dal buon lavoro del mediatore.

Per inciso anche a Malta c’è una legge che in materia di ambiente e di costruzione prevede l’intervento del mediatore.

Anche in Germania la mediazione ha preso campo per questioni analoghe negli anni ’90.

E da noi invece si ricorre ad arbitrati miliardari… paesi che vai usanze che trovi.

 http://www.inforum.com/news/3684798-mediation-set-griggs-county-courthouse-dispute

  

Peer mediation

 Alle Hawaii nel 2014-2015 il Kuikahi Mediation Center ha addestrato alla mediazione 40 bambini di quarta e quinta elementare di una scuola pubblica ed una fondazione ha messo a disposizione 5000 dollari per un programma di peer mediation nella zona est.

Nel 2010 su sollecitazione del Ministero della istruzione è stata introdotta nel paese la co-mediazione scolastica operata appunto dai bambini. E ciò su imitazione di quello che accade un po’ dovunque negli Stati Uniti.

Sarebbe davvero un peccato se questa notizia passasse da noi inosservata… ma forse il nostro ministro dell’istruzione ha in questi momenti altri pensieri per la testa.

 http://myinforms.com/en-us/a/10486745-kuikahi-mediation-center-receives-5k-from-cooke-foundation/

 

Rappresentanza in mediazione

 L’American Bar Association ha appena licenziato un volume sulla rappresentanza in mediazione dell’avvocato, forse converrebbe darci uno sguardo.

http://shop.americanbar.org/eBus/Store/ProductDetails.aspx?productId=139185014

Riservatezza

 I documenti finanziari che si producono in mediazione familiare tra due coniugi possono essere oggetto di disclosure?

Una Corte californiana ha deciso di sì ritenendo che il fatto di averli preparati per una mediazione non escluda che quegli stessi documenti non possano essere oggetto di disclosure.

Questa è una breccia preoccupante nel principio della riservatezza della mediazione.

 http://www.adrtimes.com/library/when-mediation-confidentiality-collides-with-financial-disclosure-which-wins

Una storia su cui riflettere o almeno così si spera…

 Un giudice in pensione delle California ha donato alla University of Southern California 5 milioni di euro.

La spiegazione è semplice e la affidiamo alle parole del benefattore: “Sono orgoglioso di svolgere un ruolo nel contribuire a formare la prossima generazione di avvocati nel campo importante della risoluzione alternativa delle controversie. Gli studenti impareranno a comporre una serie di questioni fuori dal processo che vanno dalle lesioni personali, al settore delle costruzioni e anche i casi penali. Il punto principale è quello di risolvere i casi attraverso gli accordi e non di intasare il sistema giudiziario.”

Il decano dei professori universitari della facoltà ha dichiarato: “Nei prossimi decenni, agli avvocati sarà richiesta una profonda conoscenza dell’ADR, e USC Gould è in prima linea”, ha detto Rasmussen. “Questo dono è davvero di forte impatto, e siamo così grati per la generosità del giudice Hollinger.”

La professoressa Klerman titolare della cattedra di mediazione ha detto a sua volta che “l’ascolto, il negoziato ed il problem solving sono competenze che qualunque buon avvocato deve acquisire”.

 http://news.usc.edu/73801/new-usc-gould-gift-will-educate-the-next-generation-of-lawyers/

Mediazione e giustizia nei paesi UE

  1. Introduzione

 

Rispetto al recente passato è giustificato un nuovo quadro dal momento che si sono incrementati i mediatori austriaci, bulgari, greci, lussemburghesi, polacchi, romeni e slovacchi; è poi in continua e massiccia evoluzione il registro dei mediatori italici; il Regno Unito ha implementato la Direttiva ADR consolidando il suo primato in materia di buone pratiche di ADR.

Richiamo qui le valutazioni che tengono conto della qualità della giustizia europea al 2013 a seguito della recente pubblicazione della Commissione Europea[1]; per alcuni paesi ho peraltro approfondito anche dati circa il 2014 (v. tabelle) .

Ho preso da ultimo spunti anche dal rapporto dell’ONU 2015 sulla Felicità mondiale di recentissima pubblicazione[2].

In estrema e scontata sintesi potrei ribadire, anche se non è una regola assoluta, che migliori sono i sistemi economici migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.

Un’attenta analisi dei dati che seguono può portare poi a pensare che i paesi con condizioni favorevoli per la mediazione[3] non sentano la necessità di implementare un registro statale di mediatori (per il Lussemburgo che ce l’ha ovviamente costituisce un valore aggiunto[4]).

Parimenti si può riscontrare che alcuni paesi[5] che non hanno a mio parere condizioni favorevoli per la mediazione (e che possiedono tra l’altro il più alto numero dei mediatori) sono per lo più dotati di registro: sembra quasi che i loro governi cerchino di supplire con l’elettronica a carenze interne su vari piani.

Ancora, i paesi con le condizioni migliori per mediare hanno approntato sostanzialmente una mediazione di carattere volontario per il cittadino, anche se il giudice in alcuni stati può ordinare una mediazione (Francia, Germania, Irlanda) e/o una sessione informativa ovvero c’è un obbligo recente (Germania 2012, Francia 2015) di indicare in atti introduttivi i tentativi bonari già effettuati o ancora ci sono stati progetti pilota per singoli settori di mediazione obbligatoria (Regno Unito).

Non pare inoltre che l’idea di deflazionare il contenzioso tramite la mediazione sia entrata nella mentalità dei cittadini europei: a parte l’Italia che conduce la classifica per numero di mediazioni (e di mediatori) tutte le altre nazioni possiedono numeri quasi irrilevanti.

Peraltro chi si occupa di mediazione sa che quella della deflazione del contenzioso non è che una funzione che si è attribuita all’istituto secondo un certo filone di pensiero: i governi invece la predicano incessantemente[6], ma poi incredibilmente alle parole non seguono i fatti che agevolino tale interpretazione.

Tra i paesi che hanno un numero di cause pendenti maggiore degli altri[7] soltanto Croazia e Germania primeggiano per incentivi e promozione pubblica dell’ADR.

E dunque questa è la conferma che in pochissimi investono a livello pratico nella potenzialità di deflazione del contenzioso operata dalla mediazione.

I paesi che hanno più mediatori per abitanti[8] sono anche quelli che promuovono di meno   pubblicamente i mezzi alternativi.

E la Commissione Europea nel descrivere questo fenomeno non si riferisce soltanto di allestimento di un  registro dei mediatori, ma a siti web che forniscono informazione sui metodi ADR, a campagne pubblicitarie attraverso i media, a opuscoli destinati al pubblico, a sessioni informative specifiche sui metodi ADR disponibili su richiesta, ad attività specifiche di comunicazione organizzate dai tribunali, a pubblicazione di valutazioni sull’uso dei metodi ADR, a pubblicazione di statistiche sull’uso dei metodi ADR, ad altro[9].

Sino a che non si uscirà da questa contraddizione per il mondo ADR ed i suoi operatori non ci sarà forse alcuna speranza di sviluppo.

Peraltro i paesi  che hanno più mediatori, ad eccezione della Slovenia, sono anche quelli che hanno meno giudici per 100.000 abitanti. La correlazione non mi pare casuale: a pensare male si potrebbe credere che in questi paesi non ci fossero le risorse economiche per assoldare nuovi magistrati e così si è pensato di utilizzare la mediazione per risolvere i problemi della giustizia.

Anche l’ADR nel consumo che l’Unione europea ha deciso di porre all’attenzione degli Stati sia con un Regolamento[10], sia con una Direttiva[11], viene considerato di primaria importanza soltanto in alcuni paesi: al momento si ha notizia che i soli Belgio, Regno Unito, Slovacchia e Svezia hanno attuato la Direttiva 2013/11/UE, nonostante che il termine di adozione sia relativamente vicino (9 luglio 2015).

L’Italia in data 8 maggio 2015 ha licenziato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti in dettaglio allo stato non sono noti.

ll 1° aprile 2015 l’IMCO (Internal Market and Consumer Protection) ossia il Comitato   del Parlamento Europeo che si occupa del mercato interno e della protezione del consumatore ha potuto visionare la piattaforma che consentirà l’attuazione dei provvedimenti in materia di ADR ed ha riscontrato che la traduzione nelle lingue minori e attualmente scarsa.

Inoltre è emerso che gli Stati membri sono piuttosto lenti nella designazione degli organismi ADR che devono essere inclusi nella piattaforma ODR[12].

Eppure i dati del contenzioso in materia di consumo, come vedremo in dettaglio, sono a dir poco disastrosi quanto ai tempi di definizione giudiziaria: la necessità di introdurre strumenti alternativi è dunque vitale.

In alcuni stati (anche in Italia) per la verità si precisa forse proprio in virtù della consapevolezza del fenomeno che l’attuazione della Direttiva 2013/11/UE deve passare attraverso una riforma dei Codici del consumo e ciò si può immaginare che possa prestare il fianco ad alcune resistenze e dunque ad un ritardo.

La situazione che risulta per tabulas ci dice che gli Istituti che si occupano di ADR in materia di consumo e che sono stati notificati alla Commissione Europea sono in numero esiguo in rapporto a quelle che potrebbero risultare le richieste: allo stato si tratta di 508 schemi di cui 203 stanno in Germania.

Croazia e Slovacchia inoltre non ne hanno notificato alla UE nemmeno 1.

Nel 2011 è stato calcolato che le perdite a causa dei problemi insorti per l’acquisto o vendita di beni e servizi in Europa ammontano allo 0,4 del GDP della UE[13].

Il che corrisponde, tanto per avere un ordine di grandezza, al GDP del 2014 di un paese come l’Azerbaijan.

A febbraio di quest’anno è stata realizzata una intervista in cui si è chiesto ai consumatori che cosa hanno fatto negli ultimi 12 mesi per risolvere il loro maggior problema negli acquisti: il 16% ha dichiarato che non ha fatto niente; il 23% che era improbabile si potesse ottenere qualcosa, il 19% che la risoluzione era troppo lunga ed il 12% che non sapeva come o dove lamentarsi.

Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio.

Il 21% delle imprese (specie le micro imprese tra 1 e i 9 dipendenti) che si occupano di commercio transfrontaliero online sostiene ancora che i costi dei reclami per i consumatori costituisce un grave problema che va risolto se si voglia creare un unico mercato digitale.

L’attuale sistema che è stato varato nel 2005 gestisce circa 35.000 reclami all’anno, ossia una goccia nel mare delle controversie in materia.

Entro il 9 luglio questa situazione dovrà cambiare pena l’inutilità di ogni sforzo della Comunità Europea.

Dal 1° gennaio 2016 sarà disponibile una piattaforma digitale che eviterà costosi procedimenti, consentirà ai commerciati di mantenere la reputazione aziendale e  buone relazioni con i clienti: almeno questo è quanto che ci comunica oggi la Commissione Europea[14].

In Europa al 12 maggio 2015 ci sono 39.800 mediatori su una popolazione di 446.487.619 abitanti.

In altre parole 1 mediatore per 11.218 abitanti in soli 7 anni (dalla Direttiva 52/08). La somma è peraltro destinata ad innalzarsi vistosamente e certamente tra i paesi più responsabili di ciò un ruolo chiave ce l’ha l’Italia che potrebbe anche raddoppiare i mediatori attuali (13.198) al tempo in cui il registro ministeriale si stabilizzerà.

Si consideri che negli Stati Uniti secondo le indicazioni governative[15] ci sono 8.400 neutri (mediatori, arbitri e conciliatori) per una popolazione di 318.900.000 e dunque un neutro ogni 37.964 abitanti dopo 50 anni di rivalutazione dei mezzi alternativi (l’Italia dal 2010 possiede già almeno il doppio dei mediatori che operano negli Stati Uniti e la cifra è solo provvisoria).

I neutri americani guadagnano in media $61,280 all’anno e $29.46 all’ora.

Non conosco stime su quanto guadagnino i mediatori europei. Né è a mia conoscenza quanto denaro sia stato stanziato dagli Stati per programmi giudiziari dei ADR: al contrario negli Stati Uniti sono per tradizione assai trasparenti anche in questa materia[16].

Un ultimo cenno alla presenza degli avvocati in mediazione: i paesi che hanno più avvocati in Europa ogni 100.000 abitanti sono il Lussemburgo (400), la Grecia (380), l’Italia (370) e Cipro (348).

Il Lussemburgo e Cipro non hanno previsto di privilegiare le categorie forensi né con riferimento alla figura del mediatore, né con riferimento alla difesa in mediazione.

La Grecia in un primo tempo ha scelto gli avvocati come mediatori per la mediazione interna, ma da ultimo ha liberalizzato il settore per tutte le professioni (si sarà accorta di aver fatto un errore?).

In Italia invece la figura del mediatore è ad appannaggio di ogni professione per quanto ci siano ad esempio gli organismi forensi che selezionano soltanto legali in attività; ma il nostro paese ha inserito l’assistenza legale obbligatoria in mediazione che non trova alcun paese nell’Unione. E forse nel Mondo.

  1. Spagna e Italia

Abbiamo detto che il registro spagnolo è tornato visibile dopo che  probabilmente è stata svolta un’attività di aggiornamento.

L’aumento dei mediatori spagnoli civili e commerciali di parecchie unità fa soltanto impennare le quotazioni del Regno Unito che ora per rapporto tra mediatori ed abitanti passa al secondo posto: la Spagna è comunque uno degli stati dove ci sono meno mediatori con riferimento alla popolazione.

Anzi tra i paesi che hanno un registro statale è quello che ha il miglior rapporto tra mediatori ed abitanti.

Nonostante un buon tasso di crescita 2014 della ricchezza (2,50%) ed una delle migliori legislazione e tradizione in materia di negoziato, il reddito pro capite del cittadino spagnolo è inferiore (11° posto) a quello del cittadino italiano (12° posto) ed il numero delle mediazioni civili e commerciali è esiguo (tra 500 e 2000); l’indice di sviluppo umano (27° posto) è più basso del nostro (26° posto).

Il paese si posiziona al 36° posto nel mondo tra i paesi ove i cittadini si dichiarano più felici.

I numeri della giustizia non sono poi apprezzabili: il tempo per definire una causa in primo grado è di 1423 giorni; 1885 giorni ci vogliono per un appello e 4105 giorni per l’ultima istanza di legittimità.

Il tasso di ricambio è del 93,6% e dunque aumenta l’arretrato; nel 2010 c’erano 8,1 casi pendenti per 100 abitanti.

A fronte di un tempo medio di 1 anno e mezzo per ottenere la soddisfazione di un credito nei confronti di un’impresa decotta, ci vogliono solo in primo grado 240 giorni per soddisfare un credito al consumo.

La Spagna in materia di definizione delle controversie ha però notificato alla Commissione Europea ben 67 Istituti che si occupano di arbitrato: e dunque rispetto all’Italia da questo punto di vista è avanti anni luce.

Lo stesso possiamo dire in campo di esdebitazione: al 12 maggio 2015 ci sono 996 mediatori per 108 organismi.

Stesse considerazioni non valgono invece per la definizione delle controversie relative agli appalti pubblici:  tra secondo e terzo grado ci vogliono 1740 giorni (la Spagna purtroppo è in numerosa e pessima compagnia da questo punto di vista).

Il numero dei giudici per 100.000 abitanti è solo di 11 elementi (come in Italia).

In una situazione di questo genere lo Stato dovrebbe puntare maggiormente sui mezzi alternativi come desidera peraltro anche la Suprema Corte iberica, ma gli sforzi, perlomeno quelli al 2013, non sono noti alla Commissione Europea e solo dalla fine de 2014 si è predisposto il registro dei mediatori.

Tutti questi elementi mi inducono a non prendere in considerazione, nonostante le note positive in altro campo, il paese spagnolo come punto di riferimento per un mediatore civile e commerciale, almeno allo stato attuale.

Abbiamo già fatto apprezzamenti simili sull’Italia, ma è opportuno aggiornare il riepilogo con i dati di giustizia che ha reso noti a Commissione Europea per il 2013 e con l’evoluzione del numero dei mediatori.

Il nostro paese ha solo un pregio dal mio punto di vista: oltre 200.000 mediazioni all’anno per la presenza di una non piena condizione di procedibilità.

Per il resto ho rinvenuto soltanto elementi negativi: l’Italia è alla fine del 2014 al 23° posto per tasso di crescita (-0,20), al 23° posto per rapporto tra mediatori e numero di abitanti[17] dopo la Slovacchia e prima dei Paesi Bassi: il che significa non solo che abbiamo 1 mediatore ogni 4.609 abitanti (al 12 maggio 2015 i mediatori in registro sono 13.189 per una popolazione di 60.788.845 abitanti), ma che possediamo più mediatori di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Irlanda del Nord, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia messi insieme.

Il nostro livello reddituale pro capite ci pone all’11° posto in Europa e siamo al 26° posto per indice di sviluppo umano. Tra i paesi i cui cittadini si dichiarano più felici siamo al 50° posto.

Dati questi ultimi che non sarebbero poi così malvagi, se non ci fossero così tanti mediatori, organismi  e inesistenti risorse economiche destinate al settore.

La legislazione non è poi a mio giudizio la migliore possibile, dato che la maggior parte delle mediazioni si esaurisce come se fosse un mero adempimento burocratico in fase di un primo incontro che peraltro al momento è a totale carico degli organismi; i mediatori dal decreto del fare in poi non percepiscono alcunché se non si passi alla mediazione effettiva, cosa che avviene ben di rado.

La formazione per gli avvocati mediatori non trova eguali forse nel mondo per la sua povertà (15 ore), mentre per i non avvocati è in linea con gli altri paesi europei (50).

In materia di consumo abbiamo assunto un provvedimento di delega che si è semplicemente preoccupato di non mettere a disposizione risorse economiche e di salvare le conciliazioni paritetiche dagli strali europei: salvataggio peraltro effettuato in modo assai maldestro[18]: vedremo comunque i contenuti della legge delegata che è stata presentata nel Consiglio dei Ministri dell’8 maggio 2015[19].

I dati della giustizia italiana non migliorano purtroppo il quadro.

Il tasso di ricambio è stato buono, del 140%; la produttività dei giudici è dunque alta, dobbiamo rimarcarlo, anche se quella del 2013 è stata inferiore rispetto al 2012 e 2010; ma l’arretrato è insuperabile in tempi ragionevoli: l’analisi dei fascicoli pendenti al 30 giugno 2014 registra un volume di procedimenti pari a 4.898.745[20].

Quanto agli incentivi siamo un paese di terza fascia e dunque in zona mediana: il paese che incentiva maggiormente gli ADR è l’Ungheria (unitamente a Germania e Slovenia) che peraltro ha una legge sulla mediazione dal 2002, mentre il peggior paese era Malta, ma i dati del 2013 sono comunque da rivedere viste le recenti novità nel paese maltese.

La promozione pubblica dell’ADR ci porta in quinta fascia e quindi anche qui in zona mediana; lo stato più diligente è la Finlandia, quello meno la Bulgaria.

Abbiamo notificato alla Commissione Europea solo 4 Istituti che si occupano di ADR nel consumo[21]: in previsione del 9 luglio 2015, temine in cui va attuata la Direttiva, direi che siamo a cavallo!

Ogni cittadino italiano paga 44 € per la giustizia amministrata in tribunale, contro i 18 € della Lituania e Bulgaria ed i 142 € del Lussemburgo.

Con riferimento agli stanziamenti per la giustizia da parte dello Stato siamo allo 0,3 di percentuale del pil come Repubblica Ceca, Portogallo, Svezia, Ungheria, Slovenia, Paesi Bassi, Austria, Malta e Romania; meno di noi stanziano Danimarca, Irlanda, Estonia, Lussemburgo e sorprendentemente la Francia; fanalino di coda è Cipro.

La formazione obbligatoria dei giudici in Italia è solo iniziale, ci sono paesi che non ne hanno alcuna (Svezia e Malta), ma anche paesi come la Francia che hanno 4 tipologie di formazione obbligatoria nel corso della carriera[22].

Come formazione continua non obbligatoria siamo presenti col 38% dei giudici contro quella nulla di Malta e Cipro e quella massima del 110%  per l’Estonia.

E dunque se è vero che per una mediazione di buona qualità necessita una giustizia di buona qualità anche dal punto di vista organizzativo, non c’è in definitiva da aspettarsi miracoli nel paese italico.

Una recente indagine presentata il 26 marzo 2015[23] conferma che pur essendo migliorati del 5% negli ultimi 5 anni il tempo medio di una causa è di 2 anni e mezzo in primo grado e di 9 anni per la Cassazione. Inoltre la variabilità della performance tra i 139 tribunali è molto alta.

Insomma siamo molto lontani dai benchmark internazionali.

  1. Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi

Con riferimento invece ai paesi appetibili per mediare prenderei in considerazione in prima battuta il Regno Unito che è al secondo posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti (i mediatori sono pochi), ha un reddito pro capite che è l’ottavo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che lo pone al sesto posto in Europa ed un livello di sviluppo umano che lo esalta al 14° posto su 187 paesi del mondo (è all’ottavo posto in Europa).

È al 21° posto tra i paesi i cui cittadini si dichiarano più felici.

Qui la mediazione è a pagamento: è forse l’unico paese al mondo dopo gli Stati uniti ove vivono mediatori professionisti che in qualche caso non sono costretti alla doppia occupazione.

In Scozia esiste poi un registro statale che fornisce in più adeguata pubblicità ai mediatori; vi è inoltre nel sempre nel Regno Unito un registro generale per gli enti fornitori di mediazione.

In ogni giudizio le parti ricevono dalle Corti dei moduli che riguardano la composizione bonaria dei conflitti e devono motivare il loro diniego di utilizzare la mediazione.

Non mi diffondo oltre sulle caratteristiche della mediazione nel Paese dal momento che insieme agli Stati Uniti il Regno Unito è considerato la patria dei mezzi alternativi: rimando, per chi volesse approfondire, al mio saggio già presente su mediaresenzaconfini.org[24]. Aggiungo soltanto che seppure la mediazione sia istituto volontario, è fortemente promosso dalle Corti britanniche.

Quanto al settore del consumo nel Regno Unito ci sono ben 70 schemi di ADR[25] e nessuno ha  voluto rinunciare al proprio modello e dunque non si è optato per un mediatore unico.

Gli ADR utilizzabili  dunque possono essere i più vari e nelle più varie combinazioni.

In questo spirito è uscita la prima regolamentazione[26] del settore in data 17 marzo 2015[27] (in vigore dal 7 aprile quanto agli articoli da 1 a 18) che riguarda  alcune delle autorità competenti ad autorizzare i provider di ADR ed i requisiti degli stessi provider affinché possano essere iscritti in apposito elenco prima del 9 luglio 2015.

Dunque il Paese si aggiunge nell’implementazione della Direttiva ADR alla Slovacchia[28] e al Belgio[29].

Ancora un cenno sulla formazione di base che nel Regno Unito: si conquista con 40 ore di corso.

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione[30] nel paese si terrebbero oltre 10.000 mediazioni all’anno.

I dati della giustizia nel Regno Unito ci informano che i giudici (6 in media per 100.000 abitanti nel 2012) per il 62% partecipano alla formazione continua e che la percentuale del Pil impiegata nel sistema giudiziario è alta: ammonta allo 0,6% (come in Bulgaria e Slovenia), ma qui stiamo parlando di 2.594.183.293 di euro[31](dato 2012).

Il numero  delle cause pendenti nel 2014 è di 2,8 ogni 100 abitanti e dunque è tra i più bassi: di meglio fanno solo Lettonia, Svezia, Bulgaria e Paesi Bassi.

Gli avvocati sono relativamente pochi: i barrister sono 15.500 e quindi 24 ogni 100.000 abitanti; i solicitor un po’ di più (158,644), e quindi 247 ogni 100.000 abitanti.

Per ottenere il pagamento da imprese insolventi occorre soltanto un anno.

La definizione degli appalti pubblici richiede tempi elevati: tra primo grado e secondo, 460 giorni; e dunque ci potrebbe essere terreno fertile per i mezzi alternativi.

In seconda battuta prenderei in considerazione la Germania, anche se non abbiamo dati ufficiali sui mediatori impiegati.

Secondo quelli che risultano da registri non statali è al settimo posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il settimo in Europa ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al quarto posto (sesto nel mondo). La qualità della vita è ottima anche se il tasso di crescita la vede soltanto al 13° posto.

Il rapporto dell’ONU del 2015 sulla felicità lo vede al 26° posto.

La seconda posizione e non quella di vertice è però soprattutto motivata dal fatto che la legge sulla mediazione che è del 2012[32] doveva essere attuata attraverso apposito regolamento in relazione alla certificazione del mediatore; tale provvedimento è stato rimandato al 2016 poiché l’attenzione teutonica è stata catturata dall’attuazione della Direttiva 11/13.

Il 10 novembre 2014 il Ministero federale di giustizia e della tutela dei consumatori ha appunto presentato la proposta di legge sull’attuazione della Direttiva 2013/11/UE [33].

La Germania allo stato ha scelto l’arbitrato[34]. Il che non aiuta sicuramente lo sviluppo della mediazione.

Circa la formazione possiamo dire che sino a che non ci sarà una regolamentazione del mediatore certificato non avremo un quadro chiaro, ma in media i corsi in materia contemplano 120 ore.

Ancora, secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese, si terrebbero più di 10.000 mediazioni all’anno ed è questo una dato che sicuramente pesa.

Quanto alla giustizia la Germania ha tempi alti di definizione del primo grado (450-500 giorni), ma un tasso di ricambio del 100% e dunque ciò che entra viene definito: anche se il contenzioso per 100 mila  abitanti nel 2012 era di 6,1 liti, il sistema è in grado di assorbirlo.

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in tempi relativamente brevi: un anno e quattro mesi.

I giudici che sono 24 per 100.000 abitanti (più del doppio di quelli italiani) hanno una formazione obbligatoria di tre step (anche se non sono molto propensi a partecipare alla formazione continua: 6%). Esistono inoltre in Germania sin dal 2000, sul modello statunitense, dei giudici specializzati in negoziazione (Guterichter) che agiscono all’interno del processo per delega del magistrato giudicante e dunque il contatto tra magistratura ed ADR è assai risalente.

Il tallone d’Achille più vistoso è costituito dalla definizione giudiziaria dei casi di consumo: 470 giorni nei tre gradi di giudizio ed è forse per questo che il paese tedesco si sta concentrando sull’attuazione dei provvedimenti europei in materia ed ha scelto uno strumento alternativo di ordine imposto come l’arbitrato.

Ma c’è anche da aggiungere che la Germania a differenza dell’Italia che, come abbiamo notato, ha notificato alla Commissione Europea 4 Istituzioni che si occupano di consumo, ne ha notificate 203[35] e dunque le questioni di consumo trovano spesso nel paese teutonico un punto di riferimento nei mezzi alternativi.

Peraltro la Germania è al primo posto per incentivi all’ADR insieme alla Slovenia: ci ha creduto anche in sede endoprocessuale in tempi non sospetti, cioè anteriormente alla implementazione della Direttiva 52/08.

Anche la promozione pubblica dell’ADR è brillante: il paese è nella seconda fascia insieme a Croazia, Belgio, Polonia e Lituania.

Tutti questi elementi mi portano a considerare la Germania come seconda della mia speciale graduatoria, anche se la lingua in effetti potrebbe per noi italiani costituire un ostacolo.

In terza battuta posizionerei la Danimarca che è al quarto posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il secondo in Europa (anche se il tasso di crescita la vede soltanto al 14° posto) ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al decimo posto su 187 paesi del mondo (quinto in Europa).

Per quanto riguarda la felicità degli abitanti si pone al 3° posto sui 158 paesi esaminati dall’ONU.

La Danimarca ha scelto di non applicare la direttiva 21 maggio 2008, n. 52 in virtù di una prerogativa prevista da un protocollo allegato ai trattati[36]: non partecipa pertanto alla politica comunitaria in materia.

Ma ciò non toglie che in questo paese si faccia ricorso ai metodi ADR almeno sin dal XVIII secolo: all’epoca era considerata la patria della conciliazione in Europa anche dalla stampa americana[37].

La mediazione privata in Danimarca non è disciplinata dalla legge e le relative spese restano a carico delle parti.

la legge prevede però il ricorso alla mediazione nelle cause civili dinanzi a uno dei tribunali distrettuali[38]o  regionali[39] o al tribunale marittimo e del commercio[40], nonché il ricorso alla risoluzione delle controversie nelle cause penali.

Se il giudice civile o commerciale ritiene che la mediazione sia adatta al caso sottoposto e se vi è richiesta delle parti in tal senso, può nominare un mediatore giudiziario e quindi porre le basi per una mediazione della causa civile (Retsmægling).

Non vi sono vincoli di materia, se non quelli di competenza del tribunale adito.

A fungere da mediatore, che deve essere imparziale e neutrale, può essere un giudice o un funzionario del tribunale competente, o un avvocato che sia stato approvato dal Domstolstyrelsen (amministrazione degli organi giudiziari danesi)[41] per agire in qualità di mediatore nel distretto di un tribunale regionale di competenza.

Sussiste un elenco dei mediatori giudiziari che operano gratuitamente (le parti pagano soltanto i loro avvocati) e che sono avvocati (Advokatretsmæglere). E’ aggiornato al 14 maggio 2014: sono 49[42].

Il costo della mediazione per lo Stato è orario e all’indennità di mediazione, quando il mediatore è un giudice, vanno aggiunte le spese di viaggio.

Una mediazione in media dura cinque ore e per ogni ora l’indennità è di 1.450 Kr.

Le spese di trasporto e di viaggio sono calcolate nella cifra fissa di 600 Kr.

Dunque indicativamente il costo di una mediazione è al massimo di 7850 Kr che corrispondono a 1.052,72 €[43].

Il luogo della mediazione lo scelgono le parti: può essere un’aula di tribunale, ma anche lo studio legale dell’avvocato se questi è un mediatore; alla mediazione possono partecipare anche i consulenti che avranno così un ruolo attivo nella stesura dell’accordo, ma in difetto le parti hanno sempre la facoltà di presentare l’accordo all’esame dei loro consulenti prima che la mediazione si concluda.

Il mediatore determina comunque lo svolgimento della procedura insieme alle parti con un atto scritto preventivo in cui i partecipanti riconoscono l’applicazione del principio di riservatezza (divieto di testimonianza del mediatore[44], dei consulenti legali[45]; confidenzialità delle sedute separate, obbligo di riservatezza e confidenzialità delle parti e di chiunque sia coinvolto nel procedimento[46]), assumono nella libera disponibilità i diritti oggetto della procedura e sono resi edotti della facoltà di richiedere una consulenza in qualsiasi momento della procedura.

Il mediatore può incontrarsi con le parti anche separatamente, previa autorizzazione di queste ultime.

Il mediatore giudiziario di norma non propone soluzioni od individua i punti di forza e di debolezza nelle argomentazioni delle parti.  Può solo eccezionalmente farlo, se le parti lo desiderano ed egli lo ritenga opportuno e giustificabile.

Durante la mediazione il legale mediatore non può in alcun modo pubblicizzare il proprio studio professionale.

Se vi è qualche minaccia per l’imparzialità il mediatore ne deve comunque riferire alla Corte e alle parti prospettando la sua sostituzione con altro mediatore giudiziario.

La procedura può essere terminata dalle parti in qualsiasi momento, dal mediatore giudiziario nel caso in cui si renda conto che una delle parti non è in grado di partecipare significativamente alla procedura e di difendere i propri interessi, che vi è uno squilibrio tra le parti che influisce sulla procedura e che non può essere affrontato, che le informazioni assunte non rendono etica la continuazione della procedura, che un eventuale accordo sarebbe contrario alle norme imperative o determinerebbe un’incriminazione, che il conflitto non è adatto ad una mediazione o infine che la mediazione non manifesta più alcuna utilità o vi sia qualche altro importante motivo per concludere[47].

Qualora la mediazione conduca a una composizione della controversia potrà essere redatto un documento formale, al quale potrà far seguito l’archiviazione della causa.

L’esecuzione forzata può avvenire sulla base di un accordo di conciliazione raggiunto di fronte a un tribunale o altra autorità per le cui decisioni la legge preveda l’esecuzione forzata[48].

L’esecuzione può inoltre avvenire sulla base di un accordo di conciliazione stragiudiziale, avente forma scritta e relativo a obbligazioni debitorie rimaste inadempiute, qualora l’accordo indichi esplicitamente di avere valore esecutivo[49].

Quanto alla mediazione penale è possibile rivolgersi al distretto di polizia che esamina il caso[50].

Dal 1° gennaio 2010 è entrata in vigore una legge[51] che prevede su base nazionale e con riferimento all’intero sistema penale, una conciliazione volontaria tra vittima del reato e reo tramite l’ausilio di un mediatore neutrale che è in sostanza un agente di polizia specializzato in mediazione.

Il commissario di ogni distretto di polizia riunisce un collegio per la risoluzione dei conflitti, nell’ambito del quale la vittima e l’autore del reato, alla presenza di un mediatore neutrale, possono incontrarsi successivamente al reato stesso.

La mediazione può avere luogo solo se le parti vi acconsentono.

I minori di 18 anni, tuttavia, possono partecipare solo previa autorizzazione del tutore legale.

La mediazione può avvenire solo previa ammissione di colpa da parte dell’autore del reato.

All’incontro di mediazione non può partecipare né un avvocato che rivesta tale qualità, né un altro poliziotto[52].

Durante la risoluzione del conflitto il mediatore assiste le parti nella discussione in merito al reato e può aiutarle nella formulazione di un eventuale accordo che desiderino concludere.

La mediazione non sostituisce la pena o qualsiasi altra conseguenza legale del reato.

La Danimarca da ultimo ha pubblicato il disegno di legge di recepimento della Direttiva 2013/11/UE  in data 29 gennaio 2015 ed è stata scelta la mediazione[53].

La Danimarca ha inoltre notificato all’Unione Europea ben 19 Istituti che si occupano di  ADR al consumo[54] e dunque anche il futuro dell’istituto nella materia del consumo appare promettente nel paese

 È importante anche un cenno sulla formazione del mediatore: in Danimarca non è obbligatoria, ma ci sono master che contemplano anche 720 ore di corso.

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione[55] però si terrebbero nel paese tra le 500 e le 2000 mediazioni all’anno: soprattutto per questo particolare la porrei al terzo posto nella mia classifica.

I dati sulla giustizia confermano la scelta: i giorni per definire il primo grado sono meno di 25 e dunque chi sceglie la mediazione lo fa per motivazioni relative all’adeguatezza dello strumento (come desiderano del resto gli stessi mediatori).

Il tasso di ricambio è del 100%: ciò che entra viene definito. Ogni 100 abitanti ci son due cause pendenti: il tasso di litigiosità è dunque basso.

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in un anno.

Più problematiche sono le definizioni del settore consumo (1010 giorni) ed appalti pubblici (1880), ma è anche vero che ciò potrebbe spingere gli operatori dei due settori verso l’ADR peraltro già presente in primo grado in materia di appalto.

In quarta posizione metterei la Francia che peraltro ha esportato il modello conciliativo obbligatorio in tutta Europa nel XIX secolo[56].

Da una parte la nuova legislazione (dal 1° aprile 2015) reca nuovo ossigeno ai mezzi alternativi perché gli atti introduttivi delle cause dovranno portare indicazione dei tentativi di composizione bonaria intervenuti tra le parti, ma è anche vero che nel paese transalpino vi sono tre o quattro strumenti (conciliazione, mediazione, procedura partecipativa e diritto collaborativo) che almeno in questa fase potrebbero ingenerare un po’ di confusione nel pubblico dei non addetti ai lavori.

Circa il consumo la Francia, al pari dell’Italia, con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière[57] ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

Ad ogni buon contro la Francia ha scelto come strumento principe la mediazione[58] e questo è assai positivo anche se la mancanza di un registro statale ingenera per ora dubbi sul numero effettivo dei mediatori.

Ha notificato inoltre alla Commissione Europea 21 Istituti che si occupano di ADR del consumo ed i Conciliatori di giustizia gestiscono anche queste controversie[59].

Allo stato attuale parrebbe al quinto posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il decimo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che la pone soltanto al 22° posto in Europa  ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al 20° posto su 187 paesi del mondo (nono posto in Europa), ossia prima del Lussemburgo.

La felicità degli abitanti lo pone al 29° posto.

Altra nota dolente è la formazione del mediatore che non è regolamentata, anche se dal 2009 i mediatori aderiscono ad un Codice etico che impone un continuo apprendimento; i mediatori avvocati di solito frequentano corsi di almeno 130 ore; non sono rari i master ed il ricorso alle certificazioni[60].

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero tra le 2000 e le 5000 mediazioni all’anno.

Il settore della giustizia presenta gli elementi che seguono.

Un primo grado si definisce tra i 200 ed i 300 giorni. Il tasso di ricambio è del 98% e dunque aumenta l’arretrato anche se il numero di cause pendenti per 100 abitanti sono soltanto 2,2.

Le imprese insolventi pagano dopo un anno e otto mesi; in materia di consumo si sa solo che il primo grado si esaurisce in 460 giorni; vanno meglio pero le controversie sui pubblici appalti che si esauriscono in 330 giorni.

La Francia è solo al settimo posto per la promozione pubblica della mediazione e al terzo per gli incentivi.

Gli abitanti contribuiscono all’attività dei tribunali con 62 €.

La formazione obbligatoria dei giudici che sono 23 per 100.000 abitanti è molto accurata dato che ricomprende quattro step durante la carriera. I giudici transalpini invece non amano la formazione continua (8%).

La percentuale del Pil destinata ai tribunali è infine solo lo 0,2% del Pil.

I dati dunque non sono confortanti, ma aver preso la scia di Germania ed Inghilterra quanto agli strumenti di negoziato preventivi al giudizio, mi incoraggia all’ottimismo; se anche l’Italia scegliesse di dare traccia negli atti introduttivi dei mezzi alternativi praticati, potrei anche rivedere il mio negativo giudizio.

In quinta posizione vedrei l’Irlanda anche se allo stato attuale parrebbe al 13° posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ma il paese possiede un reddito pro capite che è il terzo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che la pone al primo posto ed un livello di sviluppo umano che la posiziona all’11°  posto su 187 paesi del mondo (si tratta del sesto paese europeo per migliore qualità di vita[61]).

Nel ranking della felicità si posiziona al 18° posto.

In ambito di consumo l’Irlanda ha preparato un primo progetto per il recepimento della Direttiva 2013/11/UE [62], dopo avere condotto una consultazione in merito a partire dal giugno 2014[63].

La formazione di base in mediazione ricomprende 60 ore.

 Vi sono settori regolamentati dalla mediazione giudiziaria obbligatoria (ad es. quello dei sinistri).

Ci sono tre agenzie[64] a cui le Corti di Dublino appaltano le mediazioni e nel 2013 ci sono stati solo 10 accordi.

Molto più sviluppata è la mediazione familiare che nel 2013 a Dublino ha coinvolto 1,814 parti che hanno trovato 408 accordi: nel 2011 è iniziato un programma inerente alla sessione informativa obbligatoria per quanto riguarda questo tipo di mediazione[65].

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero tra le 500 e le 2000 mediazioni all’anno.

Entro la fine dell’anno l’Irlanda avrà una nuova legge sulla mediazione.

I suoi contenuti che peraltro nel primo progetto risalgono al 2012 sono stati presentati da un rappresentante del Governo ai senatori irlandesi il 4 febbraio 2015.

Si introducono nuovi obblighi a carico del solicitor e del barrister.

Essi dovranno invitare il loro cliente a considerare l’utilizzo della mediazione quale strumento alternativo per risolvere il conflitto; fornire tutte le informazioni concernenti i servizi di mediazione compresi i nomi e gli indirizzi delle persone o delle organizzazioni qualificate per fornire tali servizi; procurare una stima delle spese legali che si possono presentare in caso di procedimento giudiziario, con una valutazione dei costi nel caso in cui il cliente non dovesse risultare vincitore. Di tale informazione dovrà darsi prova al giudice attraverso apposita documentazione.

Si sanciscono nuovi obblighi per il mediatore tra cui quello di spiegare alle parti la funzione della mediazione che resta volontaria, la sua conclusione (e come si raggiunge l’efficacia esecutiva attraverso l’intervento del tribunale o le modalità decise dalle parti stesse) e il principio di autodeterminazione delle parti.

Il mediatore dovrà inoltre indicare alle parti la sua formazione ed esperienza, la sua specializzazione (se richiesta dalle parti per una data materia) e dare ragguagli sulla formazione continua.

Il Tribunale potrà proporre la mediazione d’ufficio o su istanza delle parti e potrà sanzionare l’irragionevole rifiuto se ritiene sussistenti ragionevoli probabilità di successo.

Viene scartata l’ipotesi di creare una entità regolatoria statale perché i mediatori sono per lo più professionisti già soggetti ai loro rispettivi ordini e quindi ciò potrebbe costituire un aggravio di obblighi e oneri normativi. Si pensa però ad una entità formata da soli mediatori ed autofinanziata che dovrebbe apprestare gli standard di mediazione, pubblicizzare l’istituto, manutenere un registro statale, informare circa la sessione informativa di mediazione familiare che diverrà obbligatoria per legge[66].

La giustizia irlandese presenta le seguenti caratteristiche.

Sappiamo che l’intero contenzioso del 2013 è stato di 590.069 controversie (quelle civili ammontano a 245.650 di cui 174,409 nuove), che la Suprema Corte ha ammesso solo 295 ricorsi; ci sono stati 2094 appelli; a Dublino ci vogliono circa 2 mesi per una causa civile e che nel luogo ove ci sono più lungaggini si attendono 12 mesi[67].

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in quattro mesi e dunque in un tempo brevissimo; di contro il primo grado di una controversia di consumo dura 450 giorni.

Va detto però che l’Irlanda ha notificato alla Commissione Europea 5 Istituti che si occupano di ADR del consumo[68] e che al suo interno è costellata da Organismi che si occupano dei settori più svariati compreso quello dei militari in congedo e dei rapporti tra cittadino e forze dell’ordine

È in quarta fascia per promozione pubblica dell’ADR e per gli incentivi; i tribunali sono a carico dei cittadini per solo 22 €.

La formazione obbligatoria dei giudici che sono solo 4 ogni 100.000 abitanti è molto accurata; a quella continua partecipa il 25% dei giudici.

La percentuale di pil a carico dello Stato per la giustizia e solo dello 0,2 %.

Il numero degli avvocati si pone in una posizione mediana con 140 ogni 100.000 abitanti.

Conosciamo anche l’importo delle spese di ogni singolo giudice irlandese per il 2014: 1.697.382[69] e questa si chiama trasparenza!

Insomma l’Irlanda rappresenta ancora una verde promessa ove ci si può forse costruire un futuro nell’ambito del negoziato.

Al sesto posto posizionerei il Lussemburgo: è vero che per mediatori su abitanti si pone solo al 16° posto, ma si deve tener conto che il paese è assai piccolo (solo 2856 chilometri quadrati).

La legislazione della mediazione è peraltro di ottima fattura[70], vi è un registro dei mediatori statale  e la mediazione è volontaria come nei paesi che precedono.

La mediazione può essere gratuita o a pagamento.

Gli elementi forti che depongono per questo paese sono il tasso di crescita che è il terzo in Europa, ma soprattutto il reddito pro capite che è il primo (€ 77.840,50).

L’indice di sviluppo umano  per contro lo pone soltanto al 21° posto, ossia avanti all’Italia per cinque posizioni. Ma il ranking della felicità lo pone al 17° posto e dunque ci sopravanza di 33 posizioni.

In materia di consumo il progetto di legge di recepimento della direttiva 11-13 è stato depositato dal Ministro dell’Economia alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2015[71]. È il n. 6769.

Il punto di contatto è identificato con il Mediatore del Consumo, che oltre a informare i consumatori, ricevere reclami si occupa della risoluzione extragiudiziale delle controversie per cui non è competente altro organismo. Si può adire, tramite lettera, fax e posta elettronica.

Vi è poi un elenco tenuto dal Ministro dell’economia degli organismi di ADR.

Le parti devono poter aver accesso alle procedura senza l’assistenza dell’avvocato anche se ne possono chiedere la consulenza.

Anche per questo aspetto del consumo dunque la mediazione nei prossimi anni non può che esserne valorizzata.

Il Lussemburgo ha notificato alla Commissione Europea 5 Istituti che si occupano di ADR del consumo.

Un limite per noi che siamo abituati a 50 ore, è costituito dall’accesso alla professione che avviene con master universitario (4 anni). Sono valutati anche i percorsi di mediatori stranieri che siano compatibili.

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero meno di 500 mediazioni all’anno: bisognerebbe conoscere gli importi di ogni mediazione, ma detto così costituisce sicuramente un anello debole.

Quanto ai dati di giustizia abbiamo dei numeri assai contenuti: 3115 controversie civili, 1087 divorzi, 5317 controversie commerciali, 914 fallimenti e 6 concordati[72]. Non c’è stato ricorso alla mediazione giudiziaria e dunque nel paese si punta soprattutto alla mediazione preventiva.

Il tempo per definire un primo grado sta tra i 150 ed i 200 giorni ed il tasso di ricambio nel 2010 era addirittura del 162%: nel 2013 possiamo dire che non c’erano questioni rimaste sul ruolo in campo commerciale e solo 256 sul ruolo civile.

Il numero di cause pendenti per abitante sempre nel 2010 era dello 0,20, nel 2013 invece dello 0,01.

Ci vogliono poi un paio d’anni per essere saldati dalle imprese insolventi.

Abbastanza alto è invece il termine per definire le questioni di consumo: 530 giorni.

Il Lussemburgo nel 2013 era al terz’ultimo posto per promozione pubblica dell’ADR, ma da allora si sono fatti passi avanti: sono curioso di vedere le prossime rilevazioni della Commissione Europea; anche per incentivi era nella quarta fascia insieme a Lettonia, Cipro, Repubblica Ceca, Irlanda, Bulgaria Slovacchia e Austria e dunque dietro all’Italia che era in terza fascia.

Questi ultimi aspetti vanno decisamente migliorati, ma una giustizia che funziona ed il nuovo progetto di legge sulla Direttiva 11/13 mi fanno essere ottimista sull’impiego della mediazione nel paese.

In ultimo considererei i Paesi Bassi anche se i mediatori italiani qui potrebbero trovare una concorrenza insormontabile; un po’ perché il paese si pone al 24° posto per rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti: vi sono  3793 mediatori (quasi la metà dei nostri attuali), e un po’ perché ci sono molti mediatori che mediano dalle tre lingue in su.

Ricordo incidentalmente che la conciliazione dei Paesi Bassi del XVII secolo è stata forse di ispirazione per quella francese del XVIII: i Paesi Bassi come la Danimarca avevano la condizione di procedibilità.

Per il resto il tasso di crescita del Paese pone gli Olandesi solo al 15° posto, ma il reddito pro capite è il quinto del Continente europeo e l’indice di sviluppo umano lo pone addirittura al quarto posto (terzo in Europa); peraltro è al 4° posto anche nella graduatoria della felicità degli abitanti.

Quanto alla formazione di base in mediazione si richiedono 60 ore di corso.

Nell’ambito del consumo il disegno di legge di recepimento della Direttiva 2013/11/UE  è stato approntato dal Ministero della Giustizia e depositato il 2 luglio 2014; è stato approvato con modifiche dagli Stati generali il 27 marzo 2015[73]; il Comitato parlamentare per la sicurezza e la giustizia (V & J) del Senato lo sta analizzando. Gli Istituti notificati alla Commissione Europea in base alle precedenti disposizioni legislative sono 4.

L’attuale disegno di legge riprende la definizione della direttiva circa i metodi di composizione e dunque vi possono rientrare i metodi ADR più diversi. Anche questo può dunque dare smalto alla mediazione.

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero oltre 10.000 mediazioni all’anno, ma il numero e la capacità linguistica dei mediatori sono appunto forti deterrenti per un trasferimento.

In ultimo i dati della giustizia[74]. Per definire il primo grado ci vogliono dai 50 ai 100 giorni; il tasso di ricambio è del 98% e dunque almeno nel 2013 c’era una minima sopravvenienza; ci sono 1,9 cause pendenti ogni 100 abitanti; per essere saldati da un’impresa insolvente necessitano 13 mesi.

In materia di consumo invece i dati non sono così buoni visto che occorrono 930 giorni per definire una controversia.  Gli Istituti notificati alla Commissione Europea sono 4[75].

Il paese è al 5° posto per la promozione pubblica dell’ADR; non è forse un caso che non vi sia un registro statale. È in terza fascia come l’Italia per gli incentivi.

I giudici che sono 13 per 100.000 abitanti hanno tre step di formazione obbligatoria e solo per il 23% partecipano alla formazione continua.

La percentuale di PIL destinata alla giustizia è infine dello 0,3 % come per l’Italia.

Continua in allegato Mediazione e giustizia nei paesi UE

[1] Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[2] Cfr. http://www.huffingtonpost.it/2013/09/09/rapporto-felicita-mondo-onu_n_3894028.html

[3] Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi. Peraltro quattro paesi su 7 (Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia e Paesi Bassi) vantano una tradizione plurisecolare in materia di mezzi alternativi al processo

[4] I Paesi Bassi ne hanno com unque uno non statale esaustivo.

[5] Italia, Bulgaria, Slovacchia, Malta e Romania.

[6] A parte la Spagna che non ritiene, almeno a livello di principio, fondamentale l’accordo.

[7] Portogallo, Croazia, Spagna, Grecia, Italia e Germania.

[8] In ordine dai migliori ai peggiori: Slovenia, Bulgaria, Slovacchia, Italia, Paesi Bassi, Malta, Austria e Romania.

[9] Cfr. a pag. 30 della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[10] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0001:0012:IT:PDF

[11] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PD

[12] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=COMPARL&reference=PE-554.714&format=PDF&language=EN&secondRef=01

[13] Il GDP ossia il gross domestic product rappresenta il totale del valore dei beni e servizi scambiati in un dato anno.

[14] COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence

Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the

European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions A Digital Single Market Strategy for Europe {COM(2015) 192 final} 6.5.15 in http://ec.europa.eu/priorities/digital-single-market/docs/dsm-swd_en.pdf

[15] Bureau of Labor Statistics, U.S. Department of Labor, Occupational Outlook Handbook, 2014-15 Edition, Arbitrators, Mediators, and Conciliators, on the Internet at http://www.bls.gov/ooh/legal/arbitrators-mediators-and-conciliators.htm (visited April 18, 2015).

[16] Al contrario le cifre di quanto viene stanziato negli Stati Uniti ogni anno per programmi di ADR endoprocessuale è assai chiaro. Cfr. http://www.ncsc.org/Topics/Civil/Alternative-Dispute-Resolution-ADR/State-Links.aspx?cat=State+Appropriations+and+Other+Funding+Sources+for

Corti Americane Fondi ricevuti annualmente per ADR dallo Stato in dollari per strumenti endoprocessuali adottati in programmi giudiziari
Alabama 100.000
Alaska 10.000
California[16] 29.000.000
Colorado 9.000
Florida 150.000
Georgia 249.066
Illinois 700.000
Kentucky 100.000
Massachusetts 382.719
Minnesota 50.000
Nebraska 345.000
Nevada 1.000.000
New Mexico 700.000
New York 6.506.148
North Carolina 986.660
Ohio 2.050.000
Oklahoma 307.000
Oregon 527.000
South Carolina 400.000
Tenesseee 100.000
Utah 50.000
Vermont 140.000
Virginia 200.000
Wisconsin 370.000
Wyoming 5.000
Totale 44.437.593

[17] Lo lasceremo presto visto che al 6 aprile 2015 risultavano ancora da elaborare le richieste di 378 organismi; e anche i formatori aumenteranno visto che mancano da scrutinare 101 Enti di formazione.

[18] La norma di delegazione italiana che riguarda la Direttiva 2013/11/UE recita quanto segue:

“1. Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

  1. a) esercitare l’opzione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra le procedure di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) utili ai fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione delle controversie in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista, già consentite ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
  2. b) prevedere espressamente, ai fini dell’opzione di cui alla lettera a), che in tal caso le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.

Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente“.

Nella delega si chiede in buona sostanza, oltre al fatto che l’operazione non costi alcunché allo Stato:

1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.

2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva all’art. 6 c. 5).

Dobbiamo dire che la Direttiva esclude di principio questo tipo di procedure perché c’è il rischio di conflitto di interessi, ma permette di considerarle ADR a certe condizioni. Il considerando 28 della Direttiva specifica che devono sussistere i requisiti di indipendenza ed imparzialità previsti dalla Direttiva. Inoltre la qualità ed indipendenza degli organismi deve essere soggetta a valutazione periodica. Nella delega non c’è però alcuna traccia di queste ultime cautele richieste dalla UE.

[19] http://www.governo.it/Presidente/Comunicati/dettaglio.asp?d=78475

[20] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_15_7.wp

[21] 1) Ombudsman Bancario, 2) Camera di Commercio di Roma, 3) Camera di Commercio di Milano, 4) Conciliation Body of Telecom. Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[22] Cfr. a pag. 32 della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[23] http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/PP_CIV_ministero_s.pdf

[24] https://mediaresenzaconfini.org/2012/10/27/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-nel-regno-unito-inghilterra-e-galles-parte-i/; https://mediaresenzaconfini.org/2012/11/08/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-nel-regno-unito-parte-ii-scozia-ed-irlanda-del-nord/

[25] Però il Regno Unito ne ha notificato solo 18 alla Commissione Europea. Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[26] La seconda parte delle norme pertiene al dopo elezioni.

[27] The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015.

[28] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015. http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[29] che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[30]Cfr. http://www.mondoadr.it/cms/articoli/presentato-al-parlamento-europeo-lo-studio-riavviare-la-direttiva-sulla-mediazione.html

[31] Cfr. CEPEJ Report on “European judicial systems – Edition 2014 (2012 data): efficiency and quality of justice”

[32] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2013/05/07/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-in-germania-news/

[33] http://www.bmjv.de/SharedDocs/Downloads/DE/pdfs/Gesetze/RefE%20zum%20Verbraucherstreitbeilegungsgesetz.pdf?__blob=publicationFile

[34] http://www.computerundrecht.de/38453.htm

[35] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[36]V. http://europa.eu/cit. La Danimarca peraltro non ha aderito nemmeno all’area dell’euro.

[37] Cfr. C.A. Calcagno, Breve storia della risoluzione del conflitto. i sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, Aracne editrice S.r.l., 2014, p. 89 e ss.; http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/pubblicazione.html?item=9788854875159

[38] Byretterne.

[39] L’Østre Landsret (tribunale regionale della Danimarca orientale) o il Vestre Landsret (tribunale regionale della Danimarca occidentale).

[40]  Sø- og Handelsretten. Svolge la sua funzione dal 1862.

[41] La sua formazione in mediazione deve essere inoltre certificata dal suo COA e comunque deve partecipare nella materia a programmi di formazione continua.

[42] http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling/Documents/Liste%20over%20advokatmaeglere.pdf

[43] Cfr. http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling /

[44] § 2770 del Codice di rito.

[45] § 170 del Codice di rito.

[46] § 277 del Codice di rito.

[47] Linee guide etiche del procedimento di mediazione davanti al tribunale marittimo e del commercio del 29 gennaio 2009 in http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling/

[48] Ai sensi dell’articolo 478, paragrafi 1 e 2, del Lov om Rettens Pleje – Retsplejeloven (legge in materia di amministrazione della giustizia).

[49] Ai sensi dell’articolo 478, paragrafi 1 e 4 del Lov om Rettens Pleje – Retsplejeloven (legge in materia di amministrazione della giustizia).

[50] In Danimarca sono 14 sul territorio. L’indirizzo, il numero di telefono e altre informazioni di contatto del distretto di polizia in questione si possono reperire sul sito Internet della Polizia di Stato danese (cfr. http://www.politi.dk).

[51] Legge n. 467, del 12 giugno 2009, relativa ai collegi per la risoluzione dei conflitti in connessione con le fattispecie di reato (Lov om konfliktråd i anledning af en strafbar handling). Si può trovare sul sito di informazione legislativa https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=125406

[52] Ordinanza del 15 ottobre 2010 (Bekendtgørelse om konfliktråd i anledning af en strafbar handling).

[53] https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=167846#Kap1

[54] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[55]Cfr. http://www.mondoadr.it/cms/articoli/presentato-al-parlamento-europeo-lo-studio-riavviare-la-direttiva-sulla-mediazione.html

[56] C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, op. cit., p. 96  ss.

[57] http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id

[58] http://www.economie.gouv.fr/files/files/directions_services/mediateur/rapport_president_recommandations_mediation.pdf

[59] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[60] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2015/04/01/il-mediatore-professionale-in-francia-nel-2014/

[61] I primi paesi sono nell’ordine: Norvegia, Australia, Svizzera, Paesi Bassi,  Stati Uniti, Germania, Nuova Zelanda, Canada, Singapore, Danimarca, Irlanda, Svezia, Islanda e Regno Unito.

[62] http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

[63] http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

[64] South Dublin Mediation Service, Mediation Ballymun and Mediation Northside.

[65] ww.courts.ie/Courts.ie/library3.nsf/(WebFiles)/BA7D7195FC5AAD7280257D1F0030ECD4/$FILE/Courts%20Service%20Annual%20Report%202013.pdf

[66] http://www.inis.gov.ie/en/JELR/Pages/SP15000032

[67] http://www.courts.ie/Courts.ie/library3.nsf/(WebFiles)/BA7D7195FC5AAD7280257D1F0030ECD4/$FILE/Courts%20Service%20Annual%20Report%202013.pdf

[68] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[69] http://www.courts.ie/courts.ie/library3.nsf/pagecurrent/5D12A39F06827AD080256DA60033FE87?opendocument&l=en

[70] Cfr. https://mediaresenzaconfini.org/2013/04/10/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-in-lussemburgo/

[71] http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

[72] http://www.justice.public.lu/fr/publications/rapport-activites-judiciaires/rapports-juridictions-judiciaires-2013.pdf

[73] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150127/gewijzigd_voorstel_van_wet_3

[74] Cfr. anche https://www.rechtspraak.nl/Actualiteiten/Persinformatie/Pages/De-Nederlandse-rechtspraak-in-cijfers.asp

[75] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

L’attuazione della Direttiva ADR nel Regno Unito

Nel Regno Unito è entrata in vigore da circa un mese parte della disciplina di attuazione[1] della Direttiva 2013/11/UE[2] (Direttiva sull’ADR i consumatori) e dunque il Paese si aggiunge alla Slovacchia[3] e al Belgio[4].

L’Italia in data 8 maggio 2015 ha licenziato uno disegno preliminare di decreto legislativo peraltro non noto nelle sue particolarità, ma dal tenore simile a quello inglese: almeno a leggere il comunicato stampa[5].

In attesa di maggiori dettagli la presente nota è destinata alla conoscenza della vigente disciplina oltre Manica[6], disciplina che è stata ritenuta – dobbiamo dirlo – poco opportuna politicamente perché è stata varata pochi giorni prima delle nuove elezioni del Parlamento che come sappiamo hanno portato al trionfo del partito conservatore[7].

Perché approfondirla? Perché gli organismi di ADR italiani saranno presto in concorrenza con quelli inglesi e dunque dovranno possedere pari requisiti se vorranno rimanere sul mercato.

L’obiettivo della Direttiva è, come sappiamo, quello di incoraggiare la crescita e la fiducia dei consumatori in tutta l’Unione europea, aumentando l’accesso alle ADR in relazione alle controversie contrattuali, in ogni ambito, relative alla vendita di beni o alla prestazione di servizi[8].

La Direttiva impone agli Stati membri di garantire che qualsiasi controversia possa essere sottoposta a un organismo ADR, che sia stato approvato da un’autorità competente, se il professionista (trader in UK) coinvolto lo desideri ovvero se sia obbligato dalla normativa nazionale ad utilizzare l’ADR.

La Direttiva impone inoltre ai professionisti di informare i consumatori circa le opzioni di ADR che si rendano disponibili nel caso in cui essi non siano in grado di risolvere tra loro una controversia: ciò dovrebbe aumentare la consapevolezza circa le possibilità di composizione fornite dagli strumenti alternativi.

A questo proposito la Direttiva ADR prevede che gli Stati membri garantiscano l’apprestamento di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in merito alle violazioni degli oneri di informazione a carico dei professionisti: il Regno Unito ha deciso dal 9 di luglio 2015 di applicare l’Enterprise Act 2002 [9]che nella sua ottava parte consente al consumatore di ottenere dal tribunale una ingiunzione nei confronti del professionista inadempiente[10].

 Le disposizioni contenute nella Direttiva ADR dettano inoltre regole concernenti uno standard minimo di qualità dell’ADR che deve essere disponibile in tutta Europa, fatto salvo il diritto degli Stati membri ad introdurre ulteriori e più elevati requisiti in determinati settori: il Regno Unito non ha ritenuto in particolare di sfruttare tale ulteriore facoltà, ma ne ha previsto la possibilità soprattutto in relazione a quegli organismi che possono imporre una soluzione[11].

 La disciplina che andiamo ad analizzare è relativa a tutto il Regno Unito: per la verità avrebbe dovuto essere esaminata anche dal parlamento irlandese, ma i Dipartimenti irlandesi coinvolti dal recepimento hanno convenuto che la disciplina varata potesse essere presa come base anche in Irlanda del Nord.

Il Governo britannico ritiene inoltre che la norma sia compatibile con la protezione fornita dalla Convenzione dei diritti dell’Uomo.

L’articolato è stata preceduto da una consultazione avvenuta nel 2011 quando la Comunità Europea stava ancora approntando la Direttiva ADR, poi pubblicata nel 2013, a cui è seguita un’altra consultazione nel marzo 2014[12] e i cui dati sono affluiti nel giugno dello steso anno, tesa soprattutto a verificare come realizzare l’obbligo di varare uno strumento ADR per ogni settore.

Il legislatore britannico ha tenuto conto del fatto che esistevano nel Paese ben 70 schemi di ADR e che nessuno voleva rinunciare al proprio modello: non si è dunque ipotizzato un mediatore unico per il settore del consumo.

Gli ADR utilizzabili  dunque possono essere i più vari e nelle più varie combinazioni.

In questo spirito è uscita la prima regolamentazione[13] del settore in data 17 marzo 2015[14] che riguarda  alcune delle autorità competenti ad autorizzare i provider di ADR ed i requisiti degli stessi provider affinché possano essere iscritti in apposito elenco prima del 9 luglio 2015.

In dettaglio le seguenti autorità hanno poteri di regolazione o supervisione per legge per il loro settore e gestiscono  gli organismi di ADR che recheranno le prestazioni nel loro ambito:

  • Civil Aviation Authority
  • Gambling Commission
  • Gas and Electricity Markets Authority
  • Office of Communications
  • The lead enforcement authority for the purposes of the Estate Agents Act 1979(a)

Il Secretary of State si occupa delle prestazioni di ADR rese dal Pensions Ombudsman e di quelle offerte dagli organismi di ADR nei settori di cui non si occupano le sopra esposte autorità.

Il Financial Conduct Authority regola le prestazioni di ADR fornite dal Financial Ombudsman Service[15].

Il Legal Services Board regola le prestazioni di ADR fornite dall’Office for Legal Complaints.

La disciplina che vedremo si rinviene negli articoli da 1 a 18 (cui si riferiscono alcuni allegati di cui forniremo traduzione) ed è già in vigore dal 7 aprile 2015.

La restante parte della norma (art. 19-20) riguarda gli oneri di informazione (e sanzioni) dei trader nei confronti dei consumatori ed entrerà in vigore il 9 luglio 2015[16].

Il Segretario di Stato[17] deve predisporre una revisione della presente normativa anche sulla base dell’attuazione degli altri Stati membri, ove possibile; ha l’obbligo inoltre di verificare che gli obiettivi siano stati raggiunti e se vi siano dei nuovi da raggiungere; infine elabora un rapporto da pubblicare ogni 5 anni[18].

Il Segretario di Stato è anche tenuto a designare l’unico punto di contatto[19].

La normativa di implementazione della Direttiva ADR si applica ai rapporti tra consumatore e trader.

Il consumatore è  una persona fisica che agisce per scopi che sono interamente o principalmente al di fuori del commercio, dell’industria, dell’artigianato e della professione. Il trader è una persona che agisce per scopi che gli pertengono di carattere commerciale, industriale, artigianale o professionale, sia in proprio o tramite un’altra persona che agisce in suo nome o per conto suo[20].

La normativa di implementazione non si applica ad un contratto nella misura in cui riguardi i servizi sanitari forniti da professionisti sanitari a pazienti per valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, ivi compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici[21].

Diciamo subito che l’ADR in materia di consumo non è obbligatorio, a meno che ci siano settori ove già sussista l’obbligatorietà del procedimento[22].

Un organismo ADR è una entità stabilita nel Regno Unito[23] che a seguito di domanda[24] a pagamento (se si tratta di richiesta fatta al Segretario di Stato[25]) approvata da un’Autorità competente, viene inserito in un elenco che va inviato senza indugio al punto unico di contatto[26].

Il punto unico di contatto pubblica sul suo sito a sua volta un elenco di organismi ADR[27] che invia alla Comunità Europea, un rapporto sul funzionamento degli organismi di ADR ed il loro sviluppo (entro il luglio del 2018 ed ogni 4 anni), identifica le migliori pratiche, le eventuali carenze, formula raccomandazioni per migliorare l’efficienza ed efficacia degli organismi ADR[28].

L’Autorità competente è invece tenuta a pubblicare sul suo sito anche un elenco consolidato degli Organismi ADR europei che viene fornito dalla Commissione Europea[29] e su richiesta, ad inviarla tramite supporto durevole (mail, carta ecc.)[30].

Ogni variazione pertinente l’organismo ADR interno va comunicata all’Autorità competente che provvede alle modifiche dell’elenco[31]; ogni anno deve essere inoltre pubblicata sul  sito di ogni Organismo ADR una relazione sull’attività dell’anno precedente[32] con un dato contenuto[33] ed ogni due anni l’Organismo ADR deve inviare una relazione sul biennio trascorso[34] all’Autorità competente che valuta se sussistono i requisiti della permanenza in elenco[35] ed eventualmente provvede alla rimozione[36].

Ogni organismo ADR opera attraverso un funzionario di ADR (ADR official) che può essere un dipendente dell’organismo oppure un professionista legato da contratto autonomo o ancora un soggetto nominato per condurre fattivamente un ADR o fare da manager del caso[37].

La disciplina afferente l’inclusione nell’elenco degli organismi ADR è assai articolata (del resto lo è pure la Direttiva ADR): i requisiti possono essere effettivi oppure l’organismo si può ripromettere di ottenerli entro un dato tempo[38].

Per essere incluso nell’elenco un Organismo ADR deve indicare all’Autorità competente:

  1. a) il proprio nome, le informazioni di contatto e l’indirizzo del sito web;
  2. b) le informazioni riguardanti la struttura e il finanziamento, comprese le informazioni che l’autorità competente può richiedere in merito ai suoi funzionari ADR, la loro remunerazione, la durata in carica e da chi sono stati assunti;
  3. c) le regole della procedura di risoluzione alternativa delle controversie che sia stata adottata;
  4. d) le eventuali spese da riscuotere;
  5. e) se gestisce già una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, la durata media;
  6. f) la lingua in cui è preparato a ricevere la domanda e a condurre la procedura;
  7. g) una dichiarazione per quanto riguarda i tipi di controversie oggetto della procedura di risoluzione alternativa delle controversie operata;
  8. h) i motivi, se del caso, per cui può rifiutare di trattare una controversia;
  9. i) una dichiarazione motivata che illustra come rispetta, o si propone di rispettare, i requisiti di cui all’allegato 3 (che vedremo)[39].

L’ente di ADR deve trattare sia le controversie domestiche sia quelle transfrontaliere; non può trattare controversie di cui sia parte chi remunera o ha assunto uno dei suoi funzionari ADR[40].

Mantiene un sito aggiornato su cui è spiegata la procedura adottata, fornisce informazioni anche su supporto durevole a chi lo richiede; garantisce al consumatore che tramite il suo sito possono essere condotte interamente procedure on-line; permette al consumatore anche l’invio via posta della domanda.

Consente lo scambio di informazioni tra le parti per via elettronica o, se una parte lo desidera, per posta.

Accetta le controversie di cui al regolamento (UE) n 524/2013[41].

Importanti al fine della inclusione sono i concetti di competenza, indipendenza ed imparzialità.

  1. L’organismo di ADR:

(A) assicura che un funzionario ADR possieda una comprensione generale della legge e le necessarie conoscenze e competenze in materia di risoluzione extragiudiziale o giudiziale delle controversie dei consumatori, per essere in grado di svolgere le proprie funzioni con competenza;

(B) nomina ogni funzionario ADR per un mandato di durata sufficiente a garantirne l’indipendenza delle azioni e garantisce che nessun funzionarioe ADR può essere distolto delle sue mansioni senza giusta causa;

(C) garantisce che nessun funzionario ADR disbrighi le sue funzioni in un modo da favorire la parte in una controversia, o il rappresentante di un parte;

(D) remunera un funzionario ADR in un modo che non sia legato al risultato della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(E) quando nomina più di un funzionario di ADR, assicura che ogni funzionario ADR, senza indebito ritardo, riveli all’Ente circostanze che possono, o possono essere viste

(I) pregiudicare l’indipendenza o l’imparzialità del funzionario ADR; o

(Ii) dar luogo a un conflitto di interessi con una delle parti della controversia, che il funzionario ADR potrebbe essere chiamato a risolvere;

(F) garantisce che l’obbligo di comunicazione del conflitto di interessi sia un impegno continuo per tutta la procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(G) assicura che nel caso in cui i suoi funzionari ADR siano impiegati o remunerati esclusivamente da un’associazione di categoria o da un’associazione di imprese, l’Ente abbia a sua disposizione un budget, che sia sufficiente a consentire le svolgimento delle funzioni di organismo ADR ;

(H) assicura che, qualora il modello operativo della procedura alternativa di risoluzione delle controversie sia quello di avere un organo collegiale di rappresentanti di entrambe le organizzazioni professionali o le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni dei consumatori, i suoi funzionari ADR abbiano un numero uguale di rappresentanti degli interessi dei consumatori e degli interessi dei commercianti[42].

È poi disciplinato il conflitto di interessi

  1. L’Organismo di ADR pone in essere la seguente procedura nel caso in cui un funzionario di ADR dichiari o sia scoperto avere un conflitto di interessi in relazione ad una disputa domestica o a una disputa transfrontaliera

(A) ove possibile, il funzionario di ADR è sostituito da un altro funzionario di ADR per gestire la specifica controversia;

(B) se il funzionario di ADR non può essere sostituito da un altro funzionario di ADR

(I) il funzionario di ADR deve astenersi dal condurre la procedura di risoluzione alternativa delle controversie, e

(Ii) l’Ente deve, se possibile, proporre alle parti che presentano la controversia un altro organismo ADR competente a trattare il caso;

(C) se la controversia non può essere trasferita ad un altro organismo ADR, l’Ente

(I) deve informare le parti della controversia delle circostanze del conflitto di interessi,

(Ii) deve informare le parti che hanno il diritto di opporsi a che la persona in conflitto continui a gestire la controversia, e

(Iii) che può continuare a trattare con la controversia, solo se nessuna delle parti ha da obiettare al proposito.

Viene poi disciplinata la trasparenza

L’organismo ADR mette a disposizione del pubblico le seguenti informazioni sul suo sito web in modo chiaro e facilmente comprensibile, e fornisce, su richiesta, queste informazioni a qualsiasi persona su un mezzo durevole:

(A) le informazioni di contatto, compreso l’indirizzo postale e indirizzo e-mail;

(B) l’indicazione che è stato approvato come organismo ADR da parte dell’Autorità competente, una volta che è stata concessa questa approvazione;

(C) i suoi funzionari ADR, il metodo di nomina e la durata del loro incarico;

(D) il nome di qualsiasi rete di organismi che facilita la risoluzione alternativa delle controversie transfrontaliere, di cui sia membro;

(E) il tipo di dispute domestiche e delle controversie transfrontaliere, che è competente a trattare, compresi gli scaglioni di valore applicabili;

(F) le norme della procedura di risoluzione alternativa delle controversie gestita e dei motivi per i quali si può rifiutare di trattare una determinata controversia in conformità al paragrafo 13;

(G) la lingua in cui è preparato a ricevere una domanda iniziale;

(H) la lingua in cui  può condurre la procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(I) i principi che l’organismo applica, e le principali considerazioni che l’ente valuta quando cerca di risolvere una controversia;

(J) i requisiti preliminari, se del caso, che una parte di una controversia deve possedere prima che la procedura alternativa di risoluzione delle controversie possa iniziare;

(K) una dichiarazione dalla quale si evinca se una delle parti della controversia possa recedere dalla procedura alternativa di risoluzione delle controversie, una volta che abbia avuto inizio;

(L) i costi, se del caso, a carico di una delle parti, e le regole, se del caso, in base a cui l’organismo richiederà costi aggiuntivi  al termine della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(M) la durata media di ogni procedura di risoluzione alternativa delle controversie gestite dall’organismo;

(N) gli effetti legali dell’esito del processo di risoluzione delle controversie, ed in particolare se sussista l’esecutività dello stesso e le sanzioni per il mancato rispetto dell’esito, se del caso;

(O) una dichiarazione da cui si evinca se la procedura verrà condotta oralmente o per iscritto (o in entrambi i modi);

(P) il report annuale di attività ai sensi della Regola 11[43].

Ancora è disciplinata l’efficacia.

  1. L’organismo

(A) assicura che la sua procedura alternativa di risoluzione delle controversie sia disponibile e facilmente accessibile per entrambe le parti indipendentemente dal luogo in cui si trovano anche per via elettronica e via non elettronica;

(B) assicura che-

(I) le parti di una controversia non siano obbligate ad ottenere una consulenza indipendente o a farsi rappresentare od accompagnare da un terzo anche se possono scegliere di farlo;

(Ii) la risoluzione alternativa delle controversie è disponibile gratuitamente o con un supplemento minimo per i consumatori;

(C) notificherà alle parti di una controversia di aver ricevuto tutti i documenti contenenti le informazioni pertinenti relative alla controversia che costituiscono il dossier completo;

(D) notificherà alle parti l’esito della procedura di risoluzione alternativa delle controversie entro un termine di 90 giorni dalla data in cui ha ricevuto il dossier completo a meno che, nel caso di una disputa molto complessa, l’organismo possa estendere questo periodo, previa informazione alle parti di questa estensione e della durata prevista del tempo che sarà necessaria per concludere la procedura di risoluzione alternativa delle controversie[44].

Vi è ancora da considerare l’equità (fairness)

  1. L’organismo

(A) assicura che durante la procedura di risoluzione alternativa delle controversie le parti possano, entro un ragionevole periodo di tempo, esprimere i loro punti di vista;

(B) fornisce ad una parte di una controversia entro un periodo di tempo ragionevole, su richiesta,  gli argomenti, le prove, i documenti e i fatti presentati dall’altra parte della controversia, tra cui la dichiarazione fatta, o il parere dato, da un esperto;

(C) garantisce che le parti possano, entro un periodo di tempo ragionevole, commentare le informazioni e i documenti di cui al paragrafo (B);

(D) informa le parti che non sono obbligate a dare mandato ad un consulente legale, ma che possono richiedere una consulenza indipendente o farsi rappresentare o assistere da terzi in qualsiasi fase della procedura alternativa di risoluzione delle controversie;

(E) notifica alle parti l’esito della procedura di risoluzione alternativa delle controversie su un supporto durevole e fornisce alle parti l’indicazione dei motivi su cui si basa il risultato.

  1. Fatti salvi i paragrafi 9 e 10, in relazione ad una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, che mira a risolvere una controversia proponendo una soluzione, l’organismo assicura che le parti

(A) abbiano la possibilità di ritirarsi dalla procedura alternativa di risoluzione delle controversie in qualsiasi momento se non sono soddisfatti delle prestazioni o del funzionamento della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(B) prima che la procedura alternativa di risoluzione delle controversie abbia inizio, siano informati del loro diritto di recedere dal procedimento di risoluzione alternativa delle controversie in ogni fase;

(C) siano informati, prima di accettare o di scegliere la proposta di una soluzione

(I) che hanno la scelta di prestare o meno il consenso;

(Ii) che la loro partecipazione alla procedura di risoluzione alternativa delle controversie non esclude la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un procedimento giudiziario;