Parere del CSM sulla riforma Cartabia in merito alla mediazione

Parere del CSM del 21/9/22
(omissis)
7. Le modifiche alla mediazione e negoziazione assistita. L’istruttoria stragiudiziale.
Lo schema di decreto attuativo, in linea con i principi di delega, interviene sulla mediazione e sulla negoziazione assistita dando attuazione ai principi e criteri direttivi contenuti nell’art.1, comma 4, lettere da a) a p) della legge delega.
Al fine di consentire che gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie possano costituire una reale alternativa alla tutela giurisdizionale è indispensabile, come evidenzia la relazione illustrativa, che la procedura sia affidabile e conveniente e ciò scaturisce dalla effettiva competenza e terzietà del mediatore, dalle agevolazioni fiscali e dalla incentivazione dei compensi dei professionisti coinvolti.
L’intento perseguito dal legislatore, corrispondente alla necessità di assicurare gli obiettivi e le finalità di semplificazione e snellimento dell’attività processuale, viene così attuato attraverso misure intese ad assicurare l’effettiva competenza e terzietà del mediatore, l’incentivo del ricorso alla mediazione ed agli altri strumenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie mediante il
delinearsi di un vero e proprio testo unico di tali procedure, incentivi fiscali per chi vi ricorre e per gli organismi di mediazione, l’estensione del patrocinio a Spese dello Stato anche in relazione
a tali istituti, l’estensione dell’ambito delle controversie per le quali il tentativo di mediazione rappresenta una condizione di procedibilità.
Lo schema di decreto, secondo quanto già osservato dal Consiglio in sede di redazione del parere sulla legge delega, rilancia pertanto l’uso della mediazione in una molteplicità di settori (si veda, al riguardo, il novellato art. 5 del D.Lgs. n.28 del 2010 in relazione ai casi nei quali la mediazione diviene condizione di procedibilità), sulla base di un nuovo sistema di incentivi e semplificazioni contestualmente estendendo il ricorso alla mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità in relazione ad una molteplicità di materie specificamente individuate.
In quest’ottica appare dunque apprezzabile l’obiettivo di incrementare il ricorso agli istituti della mediazione e della negoziazione assistita, attraverso la strada degli incentivi (ad
esempio fiscali, si veda al riguardo il riformulato art. 20 del D.Lgs. n.28 del 2010), dell’estensione a tali istituti del patrocinio a spese dello Stato (sia in tema di mediazione – si veda l’introduzione nel testo del D.Lgs. n.28 del 2010 del nuovo Capo II bis dedicato alle Disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato nella mediazione civile e commerciale-, sia in tema di negoziazione assistita, si veda quella contenuta nuovi artt.11 bis e ss. aggiunti al D.L. n.132 del
2014 convertito con L.162 del 2014) e della semplificazione del procedimento.
Analogamente appare opportuna la previsione di un monitoraggio, una volta trascorsi cinque anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, alla luce delle risultanze statistiche così da valutare “l’opportunità della permanenza della procedura di mediazione come condizione di procedibilità nei casi previsti dall’art.5, comma 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28” (si veda l’art.42 dello schema di decreto).
(omissis)

Pareri del Parlamento allo schema di decreto Cartabia sulla giustizia civile (atto 407)

I pareri sono stati favorevoli, ma condizionati.

Parere della Camera

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata. Atto n. 407.

PARERE APPROVATO

La II Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo che dà attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata (AG 407);

considerato che:

lo schema di decreto legislativo in esame persegue l’obiettivo della riforma del processo civile (prevista dalla legge n. 206 del 2021), incentrata sull’obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, inserita tra le «riforme orizzontali» previste nel Piano Nazionale di ripresa e di resilienza, e in particolare l’obiettivo posto dalla milestone M1C1-36 del PNRR (entrata in vigore degli atti delegati per la riforma, tra l’altro, del processo civile), da raggiungersi entro il quarto trimestre (T4) del 2022;

la legge n. 206 del 2021 delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi ai fini del riassetto «formale e sostanziale» della disciplina del processo civile di cognizione, del processo di esecuzione, dei procedimenti speciali e degli strumenti alternativi di composizione delle controversie, mediante interventi sul Codice di procedura civile, sul Codice civile, sul Codice penale, sul Codice di procedura penale e su numerose leggi speciali, in funzione degli obiettivi di «semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile» e nel rispetto della garanzia del contraddittorio;

per perseguire i tre obiettivi della semplificazione, della speditezza e della razionalizzazione del processo civile, il provvedimento insiste sia sul sistema processuale, nelle forme del processo ordinario di cognizione e degli ulteriori riti e modelli speciali, sia al di fuori del sistema processuale strettamente inteso, rafforzando il settore della giustizia alternativa o complementare, al fine dell’effettività della tutela giurisdizionale;

ritenuto che:

la legge n. 206 del 2021 delega il Governo al riassetto formale e sostanziale del processo civile sulla base di principi e criteri direttivi previsti dalla stessa legge, che sono stati individuati a seguito di un ampio e articolato esame da parte del Parlamento che ha visto anche il coinvolgimento di numerosi esperti del settore nel corso dell’attività istruttoria;

tale legge è stata approvata da un’ampia maggioranza parlamentare;

valutato che:

la legge delega, nell’ambito dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per le modifiche alla disciplina della procedura della mediazione e della negoziazione assistita, all’articolo 1, comma 4, lettera q), prevede, per le controversie individuali di lavoro, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione, la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, a condizione che ciascuna parte sia assistita dal proprio avvocato, nonché, ove le parti lo ritengano, anche dai rispettivi consulenti del lavoro, e che al relativo accordo sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile;

il combinato disposto dell’articolo 1, comma 12, e dell’articolo 9, comma 1, lettera d), capoverso Art. 2-ter dello schema di decreto, ha esteso l’istituto della negoziazione assistita alle controversie individuali di lavoro, fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione e prevedendo, comunque, che sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, comma quattro, c.c.;

l’articolo 1, comma 12, dello schema di decreto modifica l’articolo 2113, comma quarto del codice civile, aggiungendo che le disposizioni di tale articolo non si applicano anche nel caso di conciliazione conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte;

andrebbe quindi modificato l’articolo 1, comma 12, dello schema di decreto, provvedendo a eliminare le parole «o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte»;

la peculiarità della materia lavoristica, connaturata da un evidente squilibrio negoziale delle parti, rende indispensabile garantire alla parte più debole del rapporto (rectius il lavoratore) la cognizione dei diritti ai quali esso rinunzia, e la consapevolezza degli effetti definitivi di quest’ultima, garantendo al contempo la perseguita stabilità dell’atto transattivo;

sarebbe necessario, offrendo una soluzione mediana utile a contemperare la volontà del legislatore di estendere lo strumento della mediazione al contenzioso del lavoro e la necessaria tutela delle parti in causa (e in particolar modo del lavoratore), prevedere una specifica disciplina mutuata da quella, già vigente, della certificazione dei contratti di cui agli articoli 75 e ss. del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

pertanto all’articolo 2-ter del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, introdotto dall’articolo 9, comma 1, lettera d), dello schema di decreto, andrebbe aggiunto in fine, il seguente periodo: «L’accordo è trasmesso, a cura di una delle due parti, entro dieci giorni ad uno degli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276»;

la legge n. 206 del 2021, nell’ambito dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al giudice di pace, prevede, tra l’altro, una rideterminazione della competenza del giudice di pace in materia civile, anche modificando le previsioni di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116;

l’articolo 7 del codice di procedura civile, come modificato dall’articolo 3, comma 1, dello schema di decreto, eleva a quindicimila il limite generale di valore per la competenza del giudice di pace con riguardo alle cause relative a beni mobili e a trentamila euro il limite di valore per le cause di risarcimento del danno da circolazione dei natanti e di veicoli;

tale previsione determinerebbe un aumento degli oneri per logistica, personale e dotazioni a cui sarebbe difficile far fronte, anche in considerazione del fatto che le spese di alcuni uffici del giudice di pace sono a carico di comuni;

l’aumento del valore della competenza generale per il giudice di pace dovrebbe essere quindi contenuto a diecimila euro con riguardo alle cause relative a beni mobili e a venticinquemila euro per le cause di risarcimento del danno da circolazione dei natanti e di veicoli;

la legge n. 206 del 2021, nell’ambito dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega relativamente a disposizioni dirette a rendere i procedimenti civili più celeri ed efficienti, all’articolo 1, comma 1, lettere l) e m), prevede la possibilità per il giudice, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, di disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice, si svolgano con collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, e prevede che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può, o deve in caso di richiesta congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice, siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice;

l’articolo 127-bis del codice di procedura civile, introdotto dall’articolo 3, comma 10, lettera b), dello schema di decreto, prevede la possibilità dello svolgimento dell’udienza, anche pubblica, mediante collegamenti audiovisivi a distanza quando non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice; il provvedimento è comunicato alle parti almeno quindici giorni prima dell’udienza e ciascuna parte costituita, entro cinque giorni dalla comunicazione, può chiedere che l’udienza si svolga in presenza. Il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile, con il quale può anche disporre che l’udienza si svolga alla presenza delle parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre parti. In tal caso resta ferma la possibilità per queste ultime di partecipare in presenza;

andrebbe garantito che adempimenti più importanti, come la discussione finale, avvengano alla presenza delle parti;

andrebbe quindi integrato il nuovo articolo 127-bis del codice di procedura civile precisando che il giudice decide sull’ammissibilità della domanda della parte di celebrare il processo con la presenza delle parti, tenuto conto dell’utilità e dell’importanza di tale presenza in relazione agli adempimenti da svolgere in udienza;

la legge n. 206 del 2021, all’articolo 1, comma 23, lettera f), nell’ambito dei principi e criteri direttivi per la realizzazione di un rito unificato denominato «procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», prevede che con «il decreto di fissazione della prima udienza il giudice debba informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti sia stata destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77»;

l’articolo 473-bis.42 del codice di procedura civile, introdotto dall’articolo 3, comma 33, dello schema di decreto in esame, disciplina il procedimento in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori, prevedendo, al comma 3, che «quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, o comunque è pendente un procedimento penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare»;

l’articolo 473-bis.43 del codice di procedura civile, introdotto dallo schema di decreto in esame, in merito alla mediazione familiare prevede che «è fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale per le condotte di cui all’articolo 473-bis.40, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa»;

mentre la legge delega fa decadere il dovere informativo del giudice in merito alla mediazione familiare solo nel caso dell’emissione di provvedimenti di condanna, anche non definitiva, o cautelari, lo schema di decreto, al contrario, stabilisce che tale dovere informativo debba venir meno anche con la semplice pendenza di un procedimento, in assenza di un provvedimento, costituendo così, non solo, un limite all’applicazione dell’istituto della mediazione familiare, ma anche un possibile caso di eccesso di delega da parte del legislatore delegato;

andrebbe quindi modificato l’articolo 473-bis.42, comma 3, c.p.c., introdotto dall’articolo 3, comma 33, dello schema di decreto, prevedendo che «quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis c.p.p. per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare»; andrebbe altresì coordinato con tale nuova formulazione anche l’articolo 473-bis.43 c.p.c.;

l’articolo 1, comma 24, della legge n. 206 del 2021, prevede, nell’ambito dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega in merito all’istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni di cui al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, che assume la denominazione di «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», composto dalla sezione distrettuale e dalle sezioni circondariali, prevedendo che la sezione distrettuale sia costituita presso ciascuna sede di corte d’appello o di sezione di corte d’appello e che le sezioni circondariali siano costituite presso ogni sede di tribunale ordinario collocata nel distretto di corte d’appello o di sezione di corte d’appello in cui ha sede la sezione distrettuale;

l’articolo 49 dell’ordinamento giudiziario, come modificato dall’articolo 30, comma 1, lettera b), dello schema di decreto, costituisce il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, ed è articolato in: una sezione distrettuale, avente sede nel capoluogo del distretto, con giurisdizione su tutto il territorio della Corte d’appello (o della sezione distaccata di Corte d’appello) e in una o più sezioni distaccate circondariali, costituite in ogni sede di tribunale ordinario del distretto, con giurisdizione sul circondario;

andrebbe modificata la parte del nuovo articolo 49 dell’ordinamento giudiziario nella parte in cui prevede una o più sezioni circondariali distaccate, eliminando il riferimento alla natura distaccata di tali sezioni, al fine di chiarire che non è facoltativa l’istituzione di esse presso ciascun tribunale ordinari, ma solo il numero delle stesse;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) all’articolo 2113, quarto comma c.c., come modificato dall’articolo 1, comma 12, dello schema di decreto, si eliminino le parole «o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte»; conseguentemente all’articolo 2-ter del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, introdotto dall’articolo 9, comma 1, lettera d), dello schema di decreto, si aggiunga in fine, il seguente periodo: «L’accordo è trasmesso, a cura di una delle due parti, entro dieci giorni ad uno degli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276»;

2) all’articolo 7 del codice di procedura civile, come modificato dall’articolo 3, comma 1, dello schema di decreto, si modifichi a diecimila il limite generale di valore per la competenza del giudice di pace con riguardo alle cause relative a beni mobili e a venticinquemila il limite di valore per le cause di risarcimento del danno da circolazione dei natanti e di veicoli;

3) all’articolo 127-bis del codice di procedura civile, come introdotto dall’articolo 3 comma 10, lettera b) dello schema di decreto, si preveda che il giudice decide sull’ammissibilità della domanda della parte di celebrare il processo alla presenza delle parti «tenuto conto dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza»;

4) si modifichi l’articolo 473-bis.42, comma 3, c.p.c., introdotto dall’articolo 3, comma 33, dello schema di decreto, prevedendo che «quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis c.p.p. per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare»; provveda inoltre il Governo a coordinare anche l’articolo 473-bis.43 con tale nuova formulazione;

5) all’articolo 49, comma 1, dell’ordinamento giudiziario, come modificato dall’articolo 30, lettera b), dello schema di decreto, si sopprima la parola «distaccate».

Parere del Senato

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 407

La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,

premesso e considerato che:

1. Il combinato disposto dell’articolo 1, comma 12 e dell’articolo 9, comma 1, lettera d), capoverso “Art. 2-ter” reca l’esercizio del principio di delega di cui all’articolo. 1, comma 4, lett. q) della legge 26 novembre 2021, n. 206, che ha esteso l’istituto della negoziazione assistita alle controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione e assicurando, comunque, che sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, comma quattro, codice civile; nell’ambito dell’ordinamento gli innumerevoli strumenti deflattivi del contenzioso in materia di lavoro sono accumunati dal ruolo di terzietà assicurato ex lege dal soggetto chiamato a presiedere l’esperimento conciliativo tra le parti.

2. La legge 26 novembre 2021, n. 206 recante la delega al Governo per l’efficienza del processo civile, estende il ricorso alla negoziazione assistita anche alle controversie nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, ossia le controversie individuali di lavoro (articolo 1, comma 4, lett. q)). La deflazione del contenzioso in materia di lavoro è, senza dubbio, un pregevole obiettivo perseguito dal legislatore negli ultimi decenni che, tuttavia, deve tenere conto della speciale disciplina delle controversie individuali di lavoro, nonché delle parti in causa e degli attori che fino ad oggi sono stati coinvolti nell’analogo strumento della conciliazione ex articoli 411 del codice di procedura civile. e comma 4, articolo 2113 del codice civile. La peculiarità della materia lavoristica, connaturata da un evidente squilibrio negoziale delle parti, si rende indispensabile garantire alla parte più debole del rapporto (rectius il lavoratore) la cognizione dei diritti ai quali esso rinunzia, e la consapevolezza degli effetti definitivi di quest’ultima, garantendo al contempo la perseguita stabilità dell’atto transattivo. La previsione dell’articolo 1, comma 4, lettera q) della legge 26 novembre 2021, n.206, che contempla la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita a condizione che sia “…assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile; …” è un’ulteriore prova dell’assoluta necessità di assicurare la corretta trattazione delle tematiche afferenti il contenzioso del lavoro.

3. La legge 26 novembre 2021, n. 206 stabilisce, all’articolo 1, comma 23, lettera f) che “… Con il decreto di fissazione della prima udienza il giudice debba informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti sia stata destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio di Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77.”; l’articolo 473-bis. 42 dello Schema di decreto legislativo del 28.07.2022 stabilisce che “Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, o comunque è pendente un procedimento penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.…”; mentre la Legge – delega fa decadere il dovere informativo del giudice all’esistenza di almeno un provvedimento (non necessariamente una sentenza), il Decreto attuativo della delega, stabilisce che il dovere informativo del giudice debba venir meno pur in assenza di un provvedimento, bastando la pendenza di un procedimento; quanto suesposto, oltre a costituire un limite alla Mediazione familiare, viola i termini del mandato conferito al Governo ex articolo 76 della Costituzione.

4. Relativamente al “tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie”, sussisterebbe un eccesso di delega laddove (articolo 49), si definiscono “distaccate” le Sezioni circondariali; la legge delega infatti – lett. a) dell’articolo 24- nello stabilire l’istituzione di detto Tribunale, recita: “composto dalla Sezione distrettuale e dalle Sezioni circondariali”. Non prevede che le Sezioni circondariali siano organi distaccati, ma entità sussistenti in se stesse, presso ogni tribunale circondariale, seppure “gerarchicamente” afferenti alla competenza della Sezione distrettuale (davanti alla quale infatti si trattano le impugnazioni); correlativamente, risulta equivoca la dizione del 1° comma dell’articolo 49, che conviene sia integrata per chiarire, rafforzativamente a quanto detto nel comma 3, che “una o più sezioni circondariali” si intende non che sia facoltativa l’istituzione presso questo o quel tribunale ordinario, ma che si può istituire “una o più sezioni” presso ciascuna sede di tribunale ordinario.

5. Valutate le esigenze degli operatori della giustizia civile, che chiedono di sopprimere o, quantomeno, contenere l’aumento di competenza dell’Ufficio del Giudice di Pace. Valutato che non si rintraccia in merito alcun vincolo nella Legge delega, che si riferisce esclusivamente alla “rideterminazione”, anche modificando le previsioni del decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116″. Valutato che essendovi Uffici GDP gestiti a spese dello Stato e Uffici GDP consorziali a spese dei Comuni e che ben pochi Comuni potrebbero far fronte agli aumentati oneri per logistica, personale e dotazioni. La competenza per valore fino a 30.000 euro porterebbe dunque ad un considerevole aumento del carico senza che sia previsto un corrispondente aumento delle risorse.

6. Con riferimento agli articoli 127 e 127-bis del codice di procedura civile secondo cui il giudice, praticamente a sua discrezione, possa adottare in via generale il ricorso alla c.d. “udienza in videoconferenza” con rischio di prosciugare l’effettività del contraddittorio. La videoconferenza viene tuttavia confinata dal legislatore come modalità non ordinaria, nei casi in cui sia oggettivamente impraticabile l’udienza in presenza oppure risulti inappropriata anche la trattazione scritta. La “virtualizzazione” del luogo di udienza (“Il luogo dal quale il giudice si collega è considerato aula d’udienza a tutti gli effetti e l’udienza si considera tenuta nell’ufficio giudiziario davanti al quale è pendente il procedimento”) potrebbe inoltre dare luogo ad abusi,

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

I. Provveda il governo, onde esercitare correttamente il principio di delega, a modificare il contenuto dell’articolo 473-bis. 42 dello Schema di decreto legislativo 28.07.2022 in maniera più conforme ai principi fissati dalla Legge delega, prevedendo che: “Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis codice di procedura penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.…”.

II. Provveda il governo, al fine di offrire una soluzione mediana utile a contemperare la volontà del legislatore di estendere lo strumento della mediazione al contenzioso del lavoro e la necessaria tutela delle parti in causa (e in particolar modo del lavoratore), a prevedere nell’ambito del provvedimento attuativo della delega di cui all’articolo 1, comma 4, lettera q), una specifica disciplina mutuata da quella, già vigente, della certificazione dei contratti di cui agli articoli 75 e ss. del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Al fine di proporre una soluzione normativa coerente con quanto esposto, si propone di apportare due modificazioni al testo dello schema di decreto legislativo, rispettivamente:

A) Modifiche all’articolo 1, comma 12 “12.Al Libro V, Titolo II, Capo I, Sezione III, paragrafo 2, del codice civile, all’articolo 2113, quarto comma, dopo le parole «del codice di procedura civile» sono aggiunte le parole «o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte»”. Se ne propone la soppressione in ragione della inopportunità di dare seguito alla delega parlamentare mediante una modificazione dell’articolo 2113, quarto comma, codice civile ove la legge di delega specifica “prevedere altresì che al relativo accordo sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile”. In luogo della modificazione all’articolo 2113 del codice civile, si propone la procedura che segue in commento alla modificazione dell’articolo 9 dello schema di decreto legislativo.

B) Modifiche all’articolo 9, comma 1, lettera d), capoverso “Articolo 2-ter”. Coerentemente con la modifica sub A), si propone di modificare il testo proposto come segue: “1. Per le controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall’articolo 412 ter del medesimo codice, le parti possono ricorrere alla negoziazione assistita senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ciascuna parte è assistita da almeno un avvocato e può essere anche assistita da un consulente del lavoro. All’accordo raggiunto all’esito della procedura di negoziazione assistita si applica l’articolo 2113, quarto comma, del codice civile. L’accordo è trasmesso, a cura di una delle due parti, entro dieci giorni ad uno degli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.»”

III. Apporti il governo, onde esercitare correttamente il principio di delega, le seguenti modifiche: All’articolo 49, comma 1, è soppressa la parola “distaccate”.

IV. Il governo, in merito alla mutata competenza del giudice di pace, con modifica delle previsioni di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 13-7-2017 n. 116, aumenti la competenza generale del Giudice di Pace per le controversie portandola a 10.000 euro, con limite di valore fino a 25.000 euro per i sinistri stradali;

V. Al fine di garantire che gli adempimenti più importanti, quali ad esempio la discussione finale, avvengano con preferenza verso la presenza delle parti videoconferenza, provveda il governo a disporre, a modifica dell’art. 3 comma 10 lett. B) della bozza di Decreto Legislativo nella parte in cui interviene sull’articolo 127 bis codice di procedura civile: che il Giudice decida sull’ammissibilità della domanda della parte di celebrare il processo con la presenza delle parti “tenuto conto dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza”.

Relazione illustrativa e tessuto normativo dello schema di decreto Cartabia

Sono finalmente a disposizione sia la relazione illustrativa sia le norme dello Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche´ in materia di esecuzione forzata

Il testo dello schema di decreto è attualmente (dal 3 agosto 2022) depositato al Senato (II Commissione Giustizia al Senato e V Commissione Bilancio) e alla Camera dei Deputati (Commissione II Giustizia e Bilancio) per il prescritto parere che deve intervenire entro il 2 ottobre 2022.

In senato la II Commissione Giustizia ha svolto la relazione illustrativa in data 4 agosto 2022.

Alla Camera la II Commissione Giustizia ha calendarizzato il provvedimento per il 7 settembre alle ore 14,30

Documentazione versata in Senato:

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1359155.pdf

Documentazione versata alla Camera:

http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0407.pdf&leg=XVIII#pagemode=none

http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0407_F001.pdf&leg=XVIII#pagemode=none

Il possibile futuro del testo del decreto 28/10 alla luce della riforma Cartabia

ADR Center ha reso noto in data odierna le possibili modifiche del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 alla luce della riforma Cartabia. (https://www.mondoadr.it/testo-della-riforma-del-decreto-legislativo-28-10-in-materia-di-mediazione-delle-controversie-civili-e-commerciali/?fbclid=IwAR0ND0-lqL60km2XLyRxb3SG9L1mvfDuU_GDUP2DOlutneEzxC25ypDiqFs)

Ho provveduto ad integrarle nel testo attuale. Si tenga conto che secondo lo schema di decreto le modifiche dovrebbero entrare in vigore il 30 giugno 2023 (sempre ovviamente che lo schema diventi legge)

Numero dei mediatori nella UE

Le indicazioni pubbliche reperibili sul numero dei mediatori civili e commerciali non possono essere precise per ogni paese, in qualche caso sono solo indicative per una serie di ragioni:
1) alcune legislazioni non differenziano l’iscrizione dei mediatori in base alle specializzazioni: chi diventa mediatore lo è a tutto tondo (civile, familiare, penale etc.);
2) spesso i mediatori si iscrivono a più sezioni del registro;
3) ci sono paesi che hanno solo dei panel di corte che possono variare sensibilmente nel tempo;
4) spesso lo stesso mediatore può iscriversi a più panel di corte (ad esempio in Francia e in Polonia);
5) i dati delle Corti non sono sempre aggiornati;
6) la Germania non possiede registro pubblico (ma solo elenchi di organismi privati) e dunque la stima non può essere che approssimativa;
7) non esiste una banca dati europea né per i mediatori, né per le organizzazioni di mediazione;
8) ci sono stati che hanno una mediazione individuale ed amministrata (senza obbligo di iscrizione per il mediatore) e non differenziano i mediatori persone fisiche dalle organizzazioni (ad esempio il Regno Unito ove le persone fisiche e quelle giuridiche sono mescolate nel registro e spesso non si riesce a distinguerli);
9) alcuni stati iscrivono solo mediatori certificati, ma in altri i certificati e i non certificati coesistono ovvero vengono iscritti i certificati, ma si consente di fare la professione anche a chi non lo è.
In generale si nota che il numero maggiore di mediatori è concentrato nei Paesi che hanno minor credito a livello mondiale ed europeo per la qualità della mediazione. La distribuzione sul territorio poi non è certamente omogenea e questo si riflette sulla diffusione e sulla cultura della mediazione.

Considerazioni a caldo sugli strumenti complementari alla giurisdizione di cui alla legge 26 novembre 2021, n. 206

In data 9 dicembre 2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 26 novembre 2021, n. 206[1].

Il provvedimento ha avuto una gestazione abbastanza travagliata e complessa che ha visto protagonisti diversi Governi[2].

Il governo Draghi avrà a disposizione un anno dalla pubblicazione per emanare i decreti delegati anche se i bene informati ritengono che i provvedimenti dovrebbero essere licenziati entro le ferie estive del 2022.

Vi sono però alcune norme non di scarsa rilevanza che entreranno in vigore direttamente il 24 dicembre 2021. Preoccupa al proposito ad esempio la modifica del tenore dell’art. 6 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132[3], sulla negoziazione assistita in materia di rapporti familiari.

Viene aggiunto al primo comma del predetto art 6 il seguente: «1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate. Può altresì essere conclusa tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione dell’assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell’articolo 433 del codice civile, e per la modifica di tali determinazioni»;.

Bisogna vedere come verrà interpretata nella prassi la locuzione “tra le parti”. Ossia se ai sensi di questo comma è il figlio maggiorenne che potrà negoziare direttamente con il genitore erogatore (magari escludendo quello che in un primo tempo era destinatario delle somme perché il figlio era minorenne) oppure se saranno i genitori, unitamente al figlio, che negoziano sull’assegno di mantenimento del maggiorenne non autosufficiente. Nel primo caso potrebbero verificarsi, si teme, dei drammi indicibili.

In riferimento alla mediazione civile e commerciale i mediatori italiani si pongono da mesi alcune domande cruciali che attendono invece una risposta dai decreti delegati.

Mi limito a citarne due: sarà superato l’attuale primo incontro in virtù di una mediazione effettiva che consenta al mediatore di mostrare la sua professionalità? Il mediatore verrà remunerato per la sua prestazione nel primo incontro?

Al momento la legge delega non reca risposte chiare ed univoche: da una parte si legge (lett. c) che “la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo” e dunque sembra che non vi siano variazioni sul tema rispetto al panorama odierno.

Poi però in altra lettera (lett. e) si prescrive di “riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse”.

Quest’ultima statuizione sembrerebbe invece aprire alla riforma del primo incontrò così come è oggi concepito e normato[4].

Quanto alla remunerazione del mediatore invece non c’è un riferimento diretto che possa lasciare tranquilli, ma la lettera a) prescrive “la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione;”.

Se la logica e la norma del primo incontro attuale sarà superata da una mediazione effettiva con la partecipazione delle parti e il mediatore verrà remunerato i decreti delegati potranno certamente rilanciare la mediazione, la professione del mediatore e nello stesso tempo contribuire ad una deflazione più ampia del contenzioso.

In caso negativo si produrrà soltanto un ulteriore ingolfamento del processo. E a nulla servirà l’ulteriore allargamento delle materie – operato dalla delega[5] – che prevedono la mediazione come condizione di procedibilità.

Bisogna poi accennare al fatto che in 12 anni il mondo dell’avvocatura italiana non ha ancora digerito pienamente l’istituto.  

A differenza dei legali statunitensi e tedeschi, quelli italiani non hanno capito la potenzialità degli strumenti  complementari alla giurisdizione (così definisce oggi gli ADR la legge delega nel corpo del testo).

Alcuni legali che potremmo definire irriducibili, ritengono che la mediazione sia una mera formalità senza voler ammettere ovviamente che le modalità di celebrazione utile o inutile della procedura dipendono anche dal loro atteggiamento e da quello dei loro clienti.

Altri da ultimo protestano per la mera eventualità che se non ci dovessero essere risorse per gli incentivi destinati agli strumenti complementari alla giurisdizione, lo Stato dovrebbe provvedere ad aumentare i contributi unificati[6]. Dal che deducono che aumenterà il costo del processo per i cittadini e dunque che ci potrebbe essere una barriera all’accesso alla giustizia.

Attualmente secondo il WJP 2021[7], lo studio indipendente più vasto ed importante al mondo, i cittadini italiani possono permettersi un processo ed accedere alla giustizia: il coefficiente è infatti di 0,60. Che cosa dovrebbero dire allora quelli americani (cittadini ed avvocati) che hanno un coefficiente di accessibilità dello 0,34?

Questo timore di un mancato accesso avrebbe poi un significato pregnante se il processo civile fosse spedito, se cioè si arrivasse in tempi brevi alla sentenza, ma così purtroppo in Italia non è.

Non siamo in Lussemburgo ove si celebra un primo grado civile e commerciale in 86 giorni o in Lituania ove i giudici per definire una controversia ne impiegano 87.

D’altronde la Corte di Cassazione ha preso atto della situazione e con una recentissima sentenza ha correttamente precisato che la mediazione in caso di invio del giudice può esperirsi utilmente sino all’udienza fissata dal magistrato[8]; se ci riflettiamo bene questa è una presa d’atto che in Italia, se si può, non bisogna confidare nei tempi del processo per fare i propri interessi.

Gli ultimi dati statistici certi in tema di giustizia che possediamo (Scoreboard 2021[9]) e che si riferiscono al 2019 ossia al periodo pre-pandemico, ci raccontano che solo in primo grado sono rimasti sul ruolo civile italiano 2.174.959 procedimenti civili e commerciali.

Il che significa che queste 2.174.959 domande di giustizia non hanno avuto nel 2019 alcuna risposta nonostante sia notevole l’impegno profuso dai giudici (104,5%).

Il tempo delle cause civili e commerciali di tre gradi di giudizio nel 2019 vede al primo pessimo posto l’Italia con 2.625 giorni ovvero 7 anni e spiccioli; seguono Grecia (1.343) e Francia (1.315).

I paesi più spediti nelle celebrazioni sono invece l’Estonia (349 giorni), la Repubblica Ceca (359) e il Portogallo (374).

La media europea è di 771,38 giorni. L’Italia ne richiede quasi il quadruplo (appunto 2.625). Rispetto al 2018 (2.656) siamo migliorati, si fa per dire, di 31 giorni[10].

Non posso non notare invece che il tempo medio per una mediazione in Italia nel 2020 è stato di 175 giorni[11].

Quando nelle banche italiane ti propongono oggi una carta di debito ti dicono che se vuoi solo prelevare allo sportello costa un euro al mese, ma se vuoi usarlo all’estero o acquistare online devi richiedere quella che paghi 1 euro e mezzo; ovviamente viene richiesta quest’ultima.

Se invece chiedi ad un italiano se preferisca chiudere la sua controversia in 175 giorni con una mediazione o in 7 anni con un processo, molti inspiegabilmente scelgono il processo!

In queste condizioni lamentarsi di un possibile ritardo o di una barriera nell’accesso alla giustizia imputabile ad un eventuale aumento del contributo unificato, assume il sapore della comicità (se non ci fosse da piangere).

Di fronte a questi dati dunque un legislatore avveduto che volesse invertire la tendenza che cosa dovrebbe fare?

Non solo incentivare la mediazione come condizione di procedibilità estendendola a tutte le materie su diritti disponibili, come ad esempio stanno facendo in Argentina[12], ma aumentare i contributi unificati per le controversie di medio-bassa entità.

Quali sono invece le conseguenze per quei paesi che per tali controversie hanno contributi unificati pari o inferiori a quelli dell’Italia?

Consideriamo che il pendente civile e commerciale europeo rimasto su ruolo nel 2019 è stato di 8.447.643 procedimenti.

5.638.404 di queste cause si riferiscono a paesi che hanno contributi unificati in proporzione al valore sotto ai 246 € dell’Italia[13]: stiamo parlando di paesi come Francia, Lussemburgo, Belgio, Irlanda, Spagna, Cipro e Romania.

2.809.239 di cause si riferiscono invece a paesi che hanno un contributo unificato superiore a 246 €:  Grecia, Portogallo, Croazia, Danimarca, Svezia, Slovenia, Finlandia, Malta, Lituania, Austria, Estonia, Bulgaria, Lettonia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Slovacchia e Ungheria.

Pare dunque di solare evidenza che più il contributo unificato è basso più la giustizia si ingolfa. E se la giustizia si ingolfa allora sì che non si possono far valere i diritti e si creano barriere insormontabili.

Diamo ora un cenno alla mediazione familiare così come inquadrata dalla legge delega.

In generale si ritiene che il legislatore italiano abbiamo perso una buona occasione per allinearsi agli altri paesi UE.

Sia dalla disciplina della mediazione civile e commerciale sia da quella della negoziazione assistita in Italia si prevede da anni che in sede di consulenza ci sia un obbligo di informativa in capo agli avvocati.

Questo principio non vale per la mediazione familiare (se non nell’ambito della negoziazione assistita ma non in generale nella consulenza).

Al comma 23 lett. f della legge delega in commento si prevede che le parti debbano presentare col ricorso anche un piano genitoriale che è ben descritto.

Non costava nulla aggiungere che prima del ricorso gli avvocati avessero l’obbligo di informare i propri clienti della possibilità di partecipare ad una mediazione familiare: quello di aiutare le parti a formare un piano genitoriale è uno dei compiti primari del mediatore familiare.

Al legislatore non sarebbe certo bruciata la penna in mano.

Non si capisce poi se l’obbligo di inserire la possibilità di partecipare alla mediazione familiare nel decreto di fissazione dell’udienza[14] abbia gli stessi presupposti giuridici dell’invito del giudice relatore[15].

Alla lettera non ce li ha perché il primo è condizionato all’assenza dei reati enumerati dalla Convenzione di Istanbul[16] e di provvedimenti cautelari e l’invito del relatore si basa invece sull’assenza di violenza domestica[17] e di genere ai sensi sempre della predetta Convenzione; elementi questi ultimi che possono peraltro essere facilmente strumentalizzati dalle parti nelle cosiddette allegazioni.

Sembra dunque che la mediazione familiare su invito del giudice (che è la più comune in Europa) venga resa ancora più difficoltosa di quella che è già oggi in virtù di una insistente attenzione alla violenza che già faceva parte del patrimonio genetico del mediatore familiare (almeno nel nostro paese, ma ci sono invece paesi ove vigono principi opposti, dobbiamo ricordarlo): non c’era certo bisogno di ricordarglielo.

Peraltro in ogni crisi familiare vi è spesso almeno una certa dose di violenza psicologica che i mediatori sono abituati ad affrontare: si può dire che sono un supporto naturale per questo tipo di manifestazioni.

Il legislatore sembra poi dimenticare che addirittura in caso di maltrattamenti il giudice attualmente ai sensi dell’art. 342 ter del Codice Civile può inviare le parti ad un organismo di mediazione: la contraddizione con il rispetto della Convenzione che esclude conciliazione e mediazione mi pare allo stato palese.

Avevamo poi l’occasione di estendere, come in altri paesi, sia la mediazione familiare con riferimento ai soggetti (in genere ai dissidi tra parenti tutti) sia con riferimento ai “conflitti” (come ad es. in Germania); noi siamo rimasti invece alla mediazione su lite tra coniugi.

Potevamo inserire un primo incontro di mediazione obbligatoria e non l’abbiamo fatto: non si capisce la ragione visto che in Europa esiste in molti dei paesi UE più avanzati come stato di diritto e giustizia.

Lo troviamo su invio del Giudice in Austria, in Belgio[18], a Cipro, in Francia[19], in Germania, in Inghilterra e Galles, in Scozia, in Lussemburgo, a Malta, in Repubblica Ceca[20], in Svezia.

In sede preventiva poi è necessario celebrare un primo incontro in Croazia, Danimarca, Estonia, Grecia, Regno Unito.

Potevamo dare alle parti la possibilità di scegliere tra il tentativo di conciliazione e la mediazione per approfondire quel piano genitoriale che magari poteva essere carente (si baserà invece probabilmente su un formulario inutile depositato in tutta fretta) e invece tutto quello che abbiamo saputo fare è dare la facoltà alle parti di rifiutare detto tentativo che è nella nostra cultura almeno dal Codice napoleonico.

Poi si è dato al giudice la possibilità di modificare il piano genitoriale dimenticando ancora la mediazione: gli esseri umani non rispettano gli accordi che non sono presi da loro ed è questo un dato di fatto che tutti gli operatori del diritto e della psicologia conoscono.

I requisiti dei mediatori familiari fanno ancora riferimento alla legge 4 del 2013[21] che dice tutto e niente: avremo quindi mediatori che in linea di principio possono anche non aver svolto nessun corso di formazione, visto che la legge 4 non prevede alcun adempimento (l’attività e libera), né alcuna formazione; la legge 4  richiama a ben vedere la norma UNI, ma se il mediatore non è obbligato – come accade attualmente – alla certificazione a che serve il richiamo? Non certo a garanzia dei consumatori. Si potrà solo cercare di dimostrarlo in causa che si sono seguite le norme UNI e potrebbe essere tardi in una materia così delicata.

In quanto alle tariffe poi ogni mediatore potrà stabilire quelle che vuole in base proprio alla legge 4/13; non è obbligatorio seguire ancora nessun codice deontologico (anche se la norma della delega lo richiama) visto che se non sei aderente alle associazione rappresentativa nessuna associazione può importi obblighi. Chi vigila sul mediatore familiare? Solo il giudice.

Esclusivamente gli iscritti alle associazioni possono poi far parte dell’elenco presente in ogni tribunale[22] e quindi ci saranno mediatori associati in tribunale che presenteranno certe garanzie e mediatori “liberi” fuori. Ma il guaio è che non è stato previsto alcun raccordo tra l’obbligo del giudice di indicare con la fissazione d’udienza anche la possibilità di mediazione e l’elenco tribunalizio e ciò vale anche per l’invito del giudice relatore. Si dice solo che le parti possono scegliere nell’elenco dei mediatori familiari ma non si specifica a seguito di che.

E dunque l’elenco dei mediatori familiari resta allo stato una cattedrale nel deserto.

Lo sanno bene i mediatori familiari volontari che in vari fori d’Italia hanno aperto da tempo degli sportelli di informazione gratuita sulla mediazione familiare; senza che siano i giudici a sollecitare le parti (cosa che accade in fori virtuosi, ad es. a Milano) l’attività di informazione resta sulla carta.

In ultimo non si comprende perché ai mediatori familiari sia stato imposto di studiare il diritto di famiglia per legge: i mediatori studiano già psicologia, sociologia, diritto e tante altre cose. Richiamare solo il diritto e lo studio delle norme sulla violenza porta a pensare i profani che l’attività del mediatore – peraltro non definita ancora una volta dalla legge – sia quella di fare da controllore sulla tutela dei minori e sulla violenza contro le donne e la violenza domestica.

Un ultimo cenno alla disciplina della legge delega in materia di negoziazione assistita.

La delega specifica[23] che vi sarà “la  possibilità  di  svolgere,  nel   rispetto   del principio del contraddittorio e con la necessaria  partecipazione  di tutti gli  avvocati  che  assistono  le  parti  coinvolte,  attività istruttoria, denominata «attività di istruzione  stragiudiziale», consistente nell’acquisizione di dichiarazioni da parte di  terzi  su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia  e  nella richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui all’articolo 2735 del codice civile, la  verità  di  fatti  ad  essa sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente;”.

Ci si chiede quale avvocato italiano sano di mente farà mettere per iscritto al suo cliente una confessione di fatti a lui sfavorevoli? Nell’Europa di civil law questa impostazione non potrà mai funzionare.

In Francia ci hanno provato ben prima a favorire l’istruzione del legale (procédure participative aux fins de mise en état) ma guarda caso non ci sono menzioni nelle statistiche.

Almeno si poteva partire dallo scambio dei documenti sulla controversia che già avrebbe trovato delle difficoltà nell’avvocatura italiana, ma senza il quale non si può parlare né di negoziazione né di mediazione visto che questi strumenti presuppongono la buona fede e la correttezza dei partecipanti.

Ricordo infine che negli Stati Uniti nel 1983 si è sottratta con la rule sixteen la fase stragiudiziale (che chiamano discovery) proprio perché era dispersiva e costava troppo ai clienti. L’avvocato istruttore è pertanto fallito da quasi quaranta anni e non ci sarebbe oggi la mediazione in America se non fosse stato certificato questo fallimento.

Dunque questa norma italiana sulla “attività di istruzione  stragiudiziale”, porterà solo fieno in cascina alla mediazione; personalmente me ne rallegro, ma se lo scopo era quello di supportare il lavoro dei giudici non  credo proprio che verrà raggiunto.

E poi comunque non si è previsto nessun raccordo con il codice di procedura civile: in Francia chi ipoteticamente decide di “istruire il processo” vede poi una fissazione immediata dell’udienza.

Da noi invece almeno per ora tutto tace.


[1] Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/12/09/21G00229/sg

[2]  Il 23 dicembre 2019 il Ministro Bonafede ha proceduto con decreto ministeriale all’istituzione di un tavolo sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale con l’obiettivo di “promuovere la materia delle ADR secondo un modello moderno ed efficiente e favorendo la circolazione delle buone prassi in tutto il territorio nazionale e a livello europeo” nominando quali membri del tavolo i maggiori esperti italiani nel settore della mediazione e delle ADR (alternative dispute resolution). Da questa esperienza nasceva il 28 marzo 2020 il Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione (https://open.luiss.it/files/2020/04/MANIFESTO-MEDIAZIONE-pubblicato.pdf).

Nel frattempo il Governo Conte il 9 gennaio 2020 depositava ad opera del Ministro Bonafede il disegno di legge A.S. 1662.

L’attuale Ministro della giustizia Cartabia, nel mese di marzo 2021, ha insediato una Commissione di studio (Commissione Luiso) per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumenti allo stesso alternativi.

La Commissione ha lavorato sino al 23 aprile 2021 ed ha elaborato un documento .

Sulla base dei lavori di questa Commissione, il 16 giugno 2021 il Governo ha presentato una serie di emendamenti al testo originario. La Commissione giustizia ha concluso l’esame del provvedimento il 14 settembre 2021.

In Assemblea il Governo ha presentato un maxiemendamento, che ha recepito le modifiche approvate in sede referente, sulla cui approvazione ha posto la questione di fiducia. Il Senato ha approvato il 21 settembre 2021.

Il disegno di legge è approdato alla Camera (A.C. 3289): si compone anche attualmente di un unico articolo con 44 commi.

Il 3 novembre 2021 la Commissione ha approvato la proposta delle relatrici di adottare come testo base per il prosieguo dei lavori il disegno di legge Governo A. C. 3289 (ossia quello approvato in Senato). Sono stati poi respinti tutti gli emendamenti. Ed il provvedimento è stato approvato definitivamente dalla Camera il 25 novembre 2021.

[3] In virtù del comma 35 della Legge 26 novembre 2021, n. 206.

[4] Art. 8 c. 1 “… Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.”

Art. 5 c. 2-bis “ Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.”

[5] Lett. c) “estendere il ricorso obbligatorio alla mediazione, in via preventiva, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura, fermo restando il ricorso alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie previsto da leggi speciali (omissis)”.

[6] Comma 4 lett. a) “(omissis) un monitoraggio del rispetto del limite di spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali scostamenti rispetto al predetto limite di spesa, preveda il corrispondente aumento del contributo unificato;”

[7] Indice WJP sullo stato di diritto 2021

https://worldjusticeproject.org/our-work/research-and-data/wjp-rule-law-index-2021

[8] Ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 2, e comma e bis, d.lgs. n. 28/2010 ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di 15 giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione.

Cass. Civile, sezione II, 20 ottobre 2021 n. 40035

[9] The 2021 EU Justice Scoreboard

[10] Cfr. 2021 EU Justice Scoreboard quantitative data factsheet (08 July 2021)

https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/upholding-rule-law/eu-justice-scoreboard_en

[11] MEDIAZIONE CIVILE EX D.L. 28/2010 STATISTICHE DEL 2020 INTERO PERIODO 1 GENNAIO – 31 DICEMBRE (p. 20)

[12] In Argentina (nella provincia di Buenos Aires) è stato varato un progetto di riforma del codice di procedura civile.

Ci sono diverse prescrizioni interessanti (52). Ne cito un paio.

Vengono ampliati i casi di mediazione obbligatoria preventiva (art. 308)” Prima di ogni domanda o domanda riconvenzionale disciplinata dal presente Codice, deve essere osservata l’istanza di mediazione preventiva regolata dalle norme che compongono il presente libro e dalle disposizioni della legge speciale, in tutto ciò che non è stato modificato dalle norme. che compongono questo Codice.”

Pochissime sono le materie escluse (art. 310).  “Sono esentati dall’istanza di mediazione:

1°) Azioni di divorzio, annullamento del matrimonio, filiazione, tutela e adozione.

2º) Processi di dichiarazione di determinazione della capacità civile.

3º) Interdizioni.

4°) Misure cautelari.

5º) Procedimenti preliminari e prove anticipate.

6°) Cause successorie e volontarie, escluse le azioni connesse che abbiano contenuto patrimoniale.

7º) Concorsi preventivi e fallimenti.”

[13] Stiamo parlando di una causa del valore di 20.000 €.

[14] Comma 23 Lett. f) “…(omissis) prevedere che con il decreto di fissazione della prima udienza il giudice debba informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti sia stata destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77;“

[15] Comma 23 Lett. n. n) prevedere che il giudice relatore possa, con esclusione delle fattispecie in cui siano allegate violenze di genere o domestiche, secondo quanto previsto dalla citata Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto di una delle parti, il giudice pronuncia i provvedimenti temporanei ed urgenti;”

[16] Violenza psicologica, Atti persecutori (Stalking), Violenza fisica, Violenza sessuale, compreso lo stupro, Matrimonio forzato, Mutilazioni genitali femminili, Molestie sessuali, Aborto forzato e sterilizzazione forzata, Favoreggiamento o complicità e tentativo.

[17] Nozione questa decisamente più larga di quelle enumerate nei delitti di cui agli artt. 33 e ss. della convezione ricomprendendo ad es. anche la violenza economica o comportamenti “non appropriati” nei confronti delle donne.

[18] Se le parti non si oppongono.

[19] Per divorzio e potestà genitoriale.

[20] Qualora non vi sia una violenza domestica.

[21] Comma 23 lett. o) “prevedere che l’attività professionale del mediatore familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili siano regolate secondo quanto previsto dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4;”

[22] Comma 23 lett. p) “prevedere l’istituzione, presso ciascun tribunale, di un elenco dei mediatori familiari iscritti presso le associazioni del settore, secondo quanto disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4, con possibilità per le parti di scegliere il mediatore tra quelli iscritti in tale elenco; prevedere che i mediatori familiari siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia, nonché in materia di tutela dei minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i mediatori abbiano l’obbligo di interrompere la loro opera nel caso in cui emerga qualsiasi forma di violenza;”.

[23] Comma 4 lett. s)

La riforma del processo è legge

LEGGE 26 novembre 2021, n. 206 

Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche’ in materia di esecuzione forzata. (21G00229) (GU Serie Generale n.292 del 09-12-2021)

Entrata in vigore del provvedimento: 24/12/2021

 La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
                              Promulga 
 
  la seguente legge: 
 
                               Art. 1 
 
  1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data  di
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  uno  o   piu'   decreti
legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale  del  processo
civile, mediante novelle al codice di procedura civile e  alle  leggi
processuali speciali, in funzione di  obiettivi  di  semplificazione,
speditezza e razionalizzazione  del  processo  civile,  nel  rispetto
della garanzia del contraddittorio, attenendosi ai principi e criteri
direttivi previsti dalla presente legge. 
  2. Gli schemi dei decreti  legislativi  di  cui  al  comma  1  sono
adottati su proposta del Ministro della giustizia di concerto con  il
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  e  con  il  Ministro  per
l'innovazione tecnologica  e  la  transizione  digitale.  I  medesimi
schemi sono trasmessi alle Camere perche' su di essi sia espresso  il
parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per  i
profili finanziari entro il termine di  sessanta  giorni  dalla  data
della ricezione. Decorso il predetto termine i decreti possono essere
emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine scada nei
trenta giorni antecedenti alla  scadenza  del  termine  previsto  per
l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo e' prorogato
di sessanta giorni. Il Governo, qualora non  intenda  conformarsi  ai
pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con  le
sue  osservazioni  e  con  eventuali  modificazioni,  corredate   dei
necessari elementi  integrativi  di  informazione  e  motivazione.  I
pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia  e  per  i
profili finanziari sono espressi entro venti giorni dalla data  della
nuova trasmissione. Decorso tale termine, i  decreti  possono  essere
comunque emanati. 
  3. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni
dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei  decreti  legislativi
adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel  rispetto
dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente  legge,  puo'
adottare  disposizioni   integrative   e   correttive   dei   decreti
legislativi medesimi. 
  4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche alle discipline della procedura
di mediazione  e  della  negoziazione  assistita  sono  adottati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a)  riordinare  e  semplificare  la  disciplina  degli  incentivi
fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di  risoluzione  delle
controversie prevedendo:  l'incremento  della  misura  dell'esenzione
dall'imposta di registro di cui all'articolo 17, comma 3, del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28; la semplificazione  della  procedura
prevista  per  la  determinazione  del  credito  d'imposta   di   cui
all'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010,  n.  28,  e  il
riconoscimento  di  un  credito  d'imposta  commisurato  al  compenso
dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione, nei
limiti   previsti   dai    parametri    professionali;    l'ulteriore
riconoscimento di un  credito  d'imposta  commisurato  al  contributo
unificato versato dalle parti nel  giudizio  che  risulti  estinto  a
seguito della conclusione dell'accordo  di  mediazione;  l'estensione
del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e  di
negoziazione assistita; la previsione  di  un  credito  d'imposta  in
favore degli organismi di mediazione commisurato  all'indennita'  non
esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per  l'ammissione
al patrocinio a spese dello Stato; la riforma delle  spese  di  avvio
della procedura di  mediazione  e  delle  indennita'  spettanti  agli
organismi di mediazione; un monitoraggio del rispetto del  limite  di
spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali
scostamenti  rispetto  al  predetto  limite  di  spesa,  preveda   il
corrispondente aumento del contributo unificato; 
    b) eccezion fatta per  l'arbitrato,  armonizzare,  all'esito  del
monitoraggio che dovra' essere effettuato sull'area  di  applicazione
della mediazione obbligatoria, la normativa in materia  di  procedure
stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge
e, allo scopo, raccogliere tutte le  discipline  in  un  testo  unico
degli strumenti complementari alla giurisdizione  (TUSC),  anche  con
opportuna valorizzazione delle singole competenze  in  ragione  delle
materie nelle quali dette procedure possono intervenire; 
    c) estendere il ricorso  obbligatorio  alla  mediazione,  in  via
preventiva,   in   materia   di   contratti   di   associazione    in
partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di  rete,  di
somministrazione, di societa' di persone  e  di  subfornitura,  fermo
restando il ricorso alle procedure di risoluzione  alternativa  delle
controversie previsto da leggi speciali e fermo restando che,  quando
l'esperimento  del  procedimento  di  mediazione  e'  condizione   di
procedibilita' della  domanda  giudiziale,  le  parti  devono  essere
necessariamente  assistite  da  un  difensore  e  la  condizione   si
considera avverata se il  primo  incontro  dinanzi  al  mediatore  si
conclude senza l'accordo e che, in ogni caso,  lo  svolgimento  della
mediazione non preclude la concessione dei  provvedimenti  urgenti  e
cautelari,  ne'  la  trascrizione  della   domanda   giudiziale.   In
conseguenza di questa estensione rivedere la formulazione  del  comma
1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo  2010,  n.  28.
Prevedere, altresi', che decorsi cinque anni dalla data di entrata in
vigore  del  decreto  legislativo  che  estende  la  mediazione  come
condizione di procedibilita' si proceda a  una  verifica,  alla  luce
delle  risultanze  statistiche,  dell'opportunita'  della  permanenza
della procedura di mediazione come condizione di procedibilita'; 
    d)  individuare,  in  caso   di   mediazione   obbligatoria   nei
procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte  che  deve
presentare la domanda di mediazione, nonche' definire il  regime  del
decreto ingiuntivo laddove la parte obbligata non  abbia  soddisfatto
la condizione di procedibilita'; 
    e) riordinare le disposizioni concernenti  lo  svolgimento  della
procedura di mediazione  nel  senso  di  favorire  la  partecipazione
personale delle parti, nonche' l'effettivo confronto sulle  questioni
controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione; 
  f) prevedere la possibilita'  per  le  parti  del  procedimento  di
mediazione di  delegare,  in  presenza  di  giustificati  motivi,  un
proprio rappresentante a conoscenza dei fatti  e  munito  dei  poteri
necessari per la soluzione della  controversia  e  prevedere  che  le
persone  giuridiche  e  gli  enti  partecipano  al  procedimento   di
mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza  dei
fatti  e  muniti  dei  poteri  necessari  per  la   soluzione   della
controversia; 
  g) prevedere per i rappresentanti delle  amministrazioni  pubbliche
di cui all'articolo 1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165, che la conciliazione  nel  procedimento  di  mediazione
ovvero in sede giudiziale non da' luogo a responsabilita'  contabile,
salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave,  consistente  nella
negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della  legge
o dal travisamento dei fatti; 
  h) prevedere che l'amministratore del condominio e' legittimato  ad
attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi,
e prevedere che l'accordo di conciliazione riportato nel verbale o la
proposta   del    mediatore    sono    sottoposti    all'approvazione
dell'assemblea condominiale che delibera con le maggioranze  previste
dall'articolo 1136 del codice  civile  e  che,  in  caso  di  mancata
approvazione, la conciliazione si intende non conclusa o la  proposta
del mediatore non approvata; 
  i) prevedere, quando il mediatore procede ai sensi dell'articolo 8,
comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, la possibilita'
per le parti di stabilire, al momento della nomina dell'esperto,  che
la sua relazione possa essere  prodotta  in  giudizio  e  liberamente
valutata dal giudice; 
  l) procedere alla revisione della  disciplina  sulla  formazione  e
sull'aggiornamento dei mediatori, aumentando la durata della  stessa,
e dei criteri di idoneita' per l'accreditamento dei formatori teorici
e pratici, prevedendo che  coloro  che  non  abbiano  conseguito  una
laurea  nelle  discipline  giuridiche  possano  essere  abilitati   a
svolgere l'attivita' di mediatore dopo  aver  conseguito  un'adeguata
formazione tramite specifici percorsi di  approfondimento  giuridico,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; 
  m)  potenziare  i  requisiti  di   qualita'   e   trasparenza   del
procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei
requisiti di serieta' ed efficienza degli enti pubblici o privati per
l'abilitazione a  costituire  gli  organismi  di  mediazione  di  cui
all'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010,  n.  28,  e  le
modalita' della loro documentazione  per  l'iscrizione  nel  registro
previsto dalla medesima norma; 
  n)  riformare   e   razionalizzare   i   criteri   di   valutazione
dell'idoneita' del responsabile dell'organismo di mediazione, nonche'
degli obblighi del responsabile dell'organismo di  mediazione  e  del
responsabile scientifico dell'ente di formazione; 
  o) valorizzare e incentivare la mediazione demandata  dal  giudice,
di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010,
n. 28, in un regime  di  collaborazione  necessaria  fra  gli  uffici
giudiziari,  le  universita',  nel  rispetto  della  loro  autonomia,
l'avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni
professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente
la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e  la
tracciabilita' dei provvedimenti giudiziali che  demandano  le  parti
alla mediazione. Agli stessi fini prevedere l'istituzione di percorsi
di formazione in mediazione per i magistrati e la  valorizzazione  di
detta formazione e dei contenziosi definiti a seguito di mediazione o
comunque mediante accordi conciliativi,  al  fine  della  valutazione
della carriera dei magistrati stessi; 
  p) prevedere che le  procedure  di  mediazione  e  di  negoziazione
assistita  possano  essere  svolte,  su  accordo  delle  parti,   con
modalita' telematiche  e  che  gli  incontri  possano  svolgersi  con
collegamenti da remoto; 
  q) prevedere, per le  controversie  di  cui  all'articolo  409  del
codice  di  procedura  civile,   fermo   restando   quanto   disposto
dall'articolo 412-ter del medesimo codice, senza che cio' costituisca
condizione  di  procedibilita'  dell'azione,   la   possibilita'   di
ricorrere alla negoziazione  assistita,  a  condizione  che  ciascuna
parte sia assistita dal proprio avvocato, nonche', ove  le  parti  lo
ritengano, anche dai rispettivi consulenti del  lavoro,  e  prevedere
altresi'  che  al  relativo  accordo  sia  assicurato  il  regime  di
stabilita' protetta di  cui  all'articolo  2113,  quarto  comma,  del
codice civile; 
  r) semplificare  la  procedura  di  negoziazione  assistita,  anche
prevedendo che, salvo diverse intese tra le parti, sia utilizzato  un
modello di convenzione elaborato dal Consiglio nazionale forense; 
  s)  prevedere,  nell'ambito   della   procedura   di   negoziazione
assistita, quando la convenzione di cui all'articolo 2, comma 1,  del
decreto-legge  12   settembre   2014,   n.   132,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10  novembre  2014,  n.  162,  la  prevede
espressamente,  la  possibilita'  di  svolgere,  nel   rispetto   del
principio del contraddittorio e con la necessaria  partecipazione  di
tutti gli  avvocati  che  assistono  le  parti  coinvolte,  attivita'
istruttoria, denominata « attivita' di istruzione  stragiudiziale  »,
consistente nell'acquisizione di dichiarazioni da parte di  terzi  su
fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia  e  nella
richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui
all'articolo 2735 del codice civile, la  verita'  di  fatti  ad  essa
sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente; 
  t)  prevedere,  nell'ambito  della  disciplina  dell'attivita'   di
istruzione stragiudiziale, in particolare: 
  1) garanzie per le parti e i terzi, anche per cio' che concerne  le
modalita'  di  verbalizzazione  delle  dichiarazioni,   compresa   la
possibilita' per i terzi di non rendere le dichiarazioni,  prevedendo
in tal caso misure volte ad anticipare l'intervento  del  giudice  al
fine della loro acquisizione; 
  2) sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false e  conseguenze
processuali per  la  parte  che  si  sottrae  all'interrogatorio,  in
particolar modo consentendo al giudice di tener conto della  condotta
ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli  articoli
96 e 642, secondo comma, del codice di procedura civile; 
  3)   l'utilizzabilita'    delle    prove    raccolte    nell'ambito
dell'attivita' di istruzione stragiudiziale nel  successivo  giudizio
avente ad oggetto  l'accertamento  degli  stessi  fatti  e  iniziato,
riassunto  o  proseguito  dopo  l'insuccesso   della   procedura   di
negoziazione assistita, fatta salva la possibilita' per il giudice di
disporne la  rinnovazione,  apportando  le  necessarie  modifiche  al
codice di procedura civile; 
  4) che il compimento di abusi nell'attivita' di acquisizione  delle
dichiarazioni costituisca per l'avvocato grave illecito disciplinare,
indipendentemente dalla responsabilita' prevista da altre norme; 
    u)  apportare  modifiche  all'articolo  6  del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10
novembre  2014,  n.  162:  prevedendo  espressamente  che,  fermo  il
principio di cui al comma 3 del  medesimo  articolo  6,  gli  accordi
raggiunti a seguito di negoziazione assistita possano contenere anche
patti  di  trasferimenti   immobiliari   con   effetti   obbligatori;
disponendo  che  nella  convenzione  di  negoziazione  assistita   il
giudizio di congruita' previsto dall'articolo 5, ottavo comma,  della
legge 1° dicembre 1970, n. 898, sia effettuato dai difensori  con  la
certificazione dell'accordo delle parti;  adeguando  le  disposizioni
vigenti  quanto  alle   modalita'   di   trasmissione   dell'accordo;
prevedendo che gli accordi muniti di nulla osta o  di  autorizzazione
siano conservati, in originale, in apposito archivio tenuto presso  i
Consigli dell'ordine degli avvocati di cui all'articolo 11 del citato
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132,  che  rilasciano  copia
autentica  dell'accordo  alle   parti,   ai   difensori   che   hanno
sottoscritto  l'accordo  e  ai   terzi   interessati   al   contenuto
patrimoniale dell'accordo stesso;  prevedendo  l'irrogazione  di  una
sanzione amministrativa pecuniaria a carico dei difensori che violino
l'obbligo di trasmissione degli  originali  ai  Consigli  dell'ordine
degli avvocati, analoga a quella prevista dal comma 4 dell'articolo 6
del citato decreto-legge n. 132 del 2014. 
  5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al
tribunale in composizione monocratica sono adottati nel rispetto  dei
seguenti principi e criteri direttivi: 
  a) assicurare la semplicita', la  concentrazione  e  l'effettivita'
della tutela e la ragionevole durata del processo; 
  b) prevedere che nell'atto di citazione i fatti e gli  elementi  di
diritto costituenti le ragioni della  domanda,  di  cui  all'articolo
163, terzo comma, numero 4), del codice di  procedura  civile,  siano
esposti in modo chiaro e specifico; 
  c) stabilire che nell'atto di citazione sia contenuta l'indicazione
specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e dei
documenti che offre in comunicazione, di cui all'articolo 163,  terzo
comma, numero 5), del codice di procedura civile; 
  d) prevedere che l'atto  di  citazione  contenga,  in  aggiunta  ai
requisiti di cui all'articolo 163, terzo comma, numero 7), del codice
di procedura civile, l'ulteriore avvertimento che la  difesa  tecnica
mediante avvocato e'  obbligatoria  ai  sensi  degli  articoli  82  e
seguenti del codice di procedura civile, in tutti i  giudizi  davanti
al tribunale, fatta eccezione per i casi di cui all'articolo  86  del
medesimo codice, e che  la  parte,  sussistendone  i  presupposti  di
legge, puo' presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato; 
  e) prevedere che nella comparsa di risposta di cui all'articolo 167
del codice di procedura civile il convenuto  proponga  tutte  le  sue
difese e prenda posizione sui fatti posti  dall'attore  a  fondamento
della domanda in modo chiaro e specifico e che, ferme le  preclusioni
di cui all'articolo 167, secondo comma, primo periodo, del codice  di
procedura civile, indichi i mezzi di prova di cui intende valersi e i
documenti che offre in comunicazione; 
  f)  prevedere  che  l'attore,  entro  un  congruo   termine   prima
dell'udienza di comparizione, a pena di decadenza  puo'  proporre  le
domande  e  le  eccezioni  che   sono   conseguenza   della   domanda
riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto e chiedere di  essere
autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli  106  e  269,
terzo comma, del codice di procedura civile se  l'esigenza  e'  sorta
dalle  difese  del  convenuto,  nonche'  in  ogni  caso  precisare  e
modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni  gia'  formulate
e, a pena di  decadenza,  indicare  i  nuovi  mezzi  di  prova  e  le
produzioni documentali; prevedere che  entro  un  successivo  termine
anteriore all'udienza di comparizione il convenuto puo' modificare le
domande, le eccezioni e le conclusioni gia' formulate e,  a  pena  di
decadenza, indicare i mezzi di  prova  ed  effettuare  le  produzioni
documentali e che entro un ulteriore termine  prima  dell'udienza  di
comparizione le parti possono replicare  alle  domande  ed  eccezioni
formulate nelle memorie integrative e indicare la prova contraria; 
  g) determinare i termini per le memorie di cui alla lettera  f)  in
modo tale da permettere la celere trattazione del processo garantendo
in ogni  caso  il  principio  del  contradditorio  e  il  piu'  ampio
esercizio del diritto di difesa,  se  del  caso  anche  ampliando  il
termine a comparire previsto dall'articolo 163-bis e il  termine  per
la costituzione del convenuto previsto dall'articolo 166  del  codice
di procedura civile; 
  h) adeguare la disciplina della  chiamata  in  causa  del  terzo  e
dell'intervento volontario ai principi di cui alle lettere  da  c)  a
g); 
  i) adeguare  le  disposizioni  sulla  trattazione  della  causa  ai
principi di cui alle lettere da c) a g) e prevedere che: 
  1) nel corso dell'udienza di comparizione le parti devono comparire
personalmente  ai  fini  del  tentativo  di  conciliazione   previsto
dall'articolo  185  del  codice  di  procedura  civile;  la   mancata
comparizione personale senza giustificati motivi  e'  valutabile  dal
giudice ai fini dell'articolo  116,  secondo  comma,  del  codice  di
procedura civile; 
  2)  il  giudice  provvede  sulle  richieste  istruttorie  all'esito
dell'udienza, predisponendo il calendario del processo  e  disponendo
che l'udienza per l'assunzione delle prove sia fissata entro  novanta
giorni; 
    l) prevedere che, esaurita  la  trattazione  e  istruzione  della
causa: 
      1) il giudice, ove abbia disposto la  discussione  orale  della
causa ai sensi  dell'articolo  281-sexies  del  codice  di  procedura
civile, possa riservare il deposito della sentenza entro  un  termine
non superiore a trenta giorni dall'udienza di discussione; 
      2)  il  giudice,  ove  non  proceda  ai   sensi   dell'articolo
281-sexies  del  codice  di  procedura  civile,  fissi  l'udienza  di
rimessione della causa in decisione e di conseguenza: 
        2.1) assegni un termine perentorio non superiore  a  sessanta
giorni prima di tale udienza per  il  deposito  di  note  scritte  di
precisazione delle conclusioni; 
        2.2) assegni termini  perentori  non  superiori  a  trenta  e
quindici giorni prima di tale udienza per il deposito rispettivamente
delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, salvo che le
parti non vi rinuncino espressamente; 
        2.3) all'udienza riservi la decisione e provveda al  deposito
della sentenza nei successivi trenta giorni nelle  cause  in  cui  il
tribunale decide in composizione monocratica  ovvero  nei  successivi
sessanta  giorni  nelle  cause  in  cui  il   tribunale   decide   in
composizione collegiale; 
    m) modificare l'articolo 185-bis del codice di  procedura  civile
prevedendo  che  il  giudice  possa   formulare   una   proposta   di
conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione; 
    n) prevedere che il procedimento previsto dagli articoli  702-bis
e seguenti del codice di procedura civile: 
      1) sia sistematicamente collocato nel libro II  del  codice  di
procedura civile; 
  2)  assuma  la  denominazione  di  «procedimento  semplificato   di
cognizione»; 
  3) ferma la possibilita' che l'attore vi ricorra di sua  iniziativa
nelle  controversie  di  competenza  del  tribunale  in  composizione
monocratica, debba essere adottato in ogni procedimento, anche  nelle
cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale,  quando
i fatti di causa siano tutti  non  controversi,  quando  l'istruzione
della causa si basi su prova documentale  o  di  pronta  soluzione  o
richieda  un'attivita'   istruttoria   costituenda   non   complessa,
stabilendo che, in  difetto,  la  causa  sia  trattata  con  il  rito
ordinario di cognizione e che nello stesso modo si  proceda  ove  sia
avanzata  domanda   riconvenzionale   priva   delle   condizioni   di
applicabilita' del procedimento semplificato; 
  4) sia disciplinato  mediante  l'indicazione  di  termini  e  tempi
prevedibili  e  ridotti  rispetto  a  quelli  previsti  per  il  rito
ordinario per  lo  svolgimento  delle  difese  e  il  maturare  delle
preclusioni, nel rispetto del contraddittorio fra le parti; 
  5) si concluda con sentenza; 
    o) prevedere che, nel corso del giudizio di  primo  grado,  nelle
controversie di competenza del tribunale che hanno ad oggetto diritti
disponibili: 
  1) il giudice possa, su istanza  di  parte,  pronunciare  ordinanza
provvisoria di accoglimento provvisoriamente esecutiva, in tutto o in
parte, della  domanda  proposta,  quando  i  fatti  costitutivi  sono
provati e le difese del convenuto appaiono manifestamente infondate; 
  2)  l'ordinanza  di   accoglimento   sia   reclamabile   ai   sensi
dell'articolo 669-terdecies del codice  di  procedura  civile  e  non
acquisti efficacia di  giudicato  ai  sensi  dell'articolo  2909  del
codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi; 
  3) in caso di accoglimento del reclamo, il procedimento  di  merito
prosegua davanti a un magistrato  diverso  appartenente  al  medesimo
ufficio; 
    p) prevedere che, nel corso del giudizio di  primo  grado,  nelle
controversie di  competenza  del  tribunale  in  materia  di  diritti
disponibili: 
  1) all'esito della prima udienza di comparizione delle parti  e  di
trattazione della causa  il  giudice  possa,  su  istanza  di  parte,
pronunciare ordinanza provvisoria di rigetto della domanda  proposta,
quando quest'ultima e' manifestamente infondata ovvero se e' omesso o
risulta assolutamente incerto il  requisito  stabilito  dall'articolo
163, terzo comma, numero 3), del codice di procedura civile ovvero se
manca l'esposizione dei fatti di cui al numero 4) del predetto  terzo
comma; 
  2) l'ordinanza di  cui  al  numero  1)  sia  reclamabile  ai  sensi
dell'articolo 669-terdecies del codice  di  procedura  civile  e  non
acquisti efficacia di  giudicato  ai  sensi  dell'articolo  2909  del
codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi; 
  3) in caso di accoglimento del reclamo,  il  procedimento  prosegua
davanti a un magistrato diverso appartenente al medesimo ufficio; 
  q) coordinare la disciplina dell'articolo  164,  quarto,  quinto  e
sesto comma, del codice di procedura civile con  quanto  previsto  al
numero 1) della lettera p); 
  r) estendere l'applicabilita'  della  procedura  di  convalida,  di
licenza per scadenza del contratto e di sfratto per  morosita'  anche
ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto d'azienda; 
  s) disciplinare i rapporti  tra  collegio  e  giudice  monocratico,
prevedendo che: 
  1) il collegio, quando rilevi che una causa, rimessa davanti a  se'
per la decisione, deve essere decisa dal  tribunale  in  composizione
monocratica, rimetta la causa al giudice istruttore con ordinanza non
impugnabile perche' decida quale giudice monocratico,  senza  fissare
ulteriori udienze; 
  2) il giudice, quando rilevi che una causa, gia' riservata  per  la
decisione davanti a se' quale giudice monocratico, deve essere decisa
dal tribunale in composizione  collegiale,  senza  fissare  ulteriori
udienze, rimetta la causa al collegio per la decisione con  ordinanza
comunicata alle parti, ciascuna delle quali, entro dieci giorni dalla
comunicazione,  puo'   chiedere   la   fissazione   dell'udienza   di
discussione davanti al collegio, senza che in tal caso sia necessario
precisare nuovamente le conclusioni e debbano essere  assegnati  alle
parti ulteriori termini per il deposito di atti difensivi; 
  3) in caso  di  mutamento  del  rito,  gli  effetti  sostanziali  e
processuali della domanda si producano  secondo  le  norme  del  rito
seguite  prima  del  mutamento,  restino  ferme  le  decadenze  e  le
preclusioni  gia'  maturate  secondo  le  norme  seguite  prima   del
mutamento e il giudice fissi alle parti  un  termine  perentorio  per
l'eventuale integrazione degli atti introduttivi; 
  4) in caso di cause connesse oggetto di riunione, prevalga il  rito
collegiale,  restando  ferme  le  decadenze  e  le  preclusioni  gia'
maturate in ciascun procedimento prima della riunione; 
    t) modificare, in conformita'  ai  criteri  di  cui  al  presente
comma, le connesse disposizioni del codice di procedura civile. 
  6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al
tribunale in composizione collegiale sono adottati nel  rispetto  dei
seguenti principi e criteri direttivi: 
  a) ridurre i casi in  cui  il  tribunale  giudica  in  composizione
collegiale, in considerazione dell'oggettiva complessita' giuridica e
della rilevanza economico-sociale delle controversie; 
  b) prevedere che nel processo operi un regime di preclusioni  e  di
fissazione dell'oggetto della causa analogamente  a  quanto  previsto
per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica. 
  7. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al
giudice di pace sono adottati nel rispetto dei  seguenti  principi  e
criteri direttivi: 
  a)  uniformare  il  processo  davanti  al  giudice   di   pace   al
procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica; 
  b) provvedere a una rideterminazione della competenza  del  giudice
di pace in materia civile, anche modificando  le  previsioni  di  cui
all'articolo 27 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116. 
  8. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di giudizio di appello  sono  adottati  nel  rispetto  dei
seguenti principi e criteri direttivi: 
  a)  prevedere  che  i  termini   per   le   impugnazioni   previsti
dall'articolo 325  del  codice  di  procedura  civile  decorrono  dal
momento in cui la sentenza e'  notificata  anche  per  la  parte  che
procede alla notifica; 
  b) prevedere che l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia
anche quando l'impugnazione principale e' dichiarata improcedibile; 
  c) prevedere che, negli atti introduttivi dell'appello disciplinati
dagli  articoli  342  e  434  del  codice  di  procedura  civile,  le
indicazioni previste a pena di inammissibilita' siano esposte in modo
chiaro, sintetico e specifico; 
  d) individuare la forma con cui, nei  casi  previsti  dall'articolo
348  del  codice  di  procedura  civile,  l'appello   e'   dichiarato
improcedibile e il relativo regime di controllo; 
  e) prevedere,  fuori  dei  casi  in  cui  deve  essere  pronunciata
l'improcedibilita' dell'appello secondo quanto previsto dall'articolo
348 del codice di procedura civile, che l'impugnazione che non ha una
ragionevole   probabilita'   di   essere   accolta   sia   dichiarata
manifestamente infondata e prevedere che la  decisione  di  manifesta
infondatezza sia assunta a seguito di trattazione orale con  sentenza
succintamente motivata anche mediante rinvio a  precedenti  conformi;
modificare conseguentemente gli articoli 348-bis e 348-ter del codice
di procedura civile; 
  f)  modificare  la  disciplina  dei  provvedimenti  sull'esecuzione
provvisoria in appello, prevedendo: 
  1) che la sospensione dell'efficacia  esecutiva  o  dell'esecuzione
della sentenza impugnata sia  disposta  sulla  base  di  un  giudizio
prognostico   di   manifesta    fondatezza    dell'impugnazione    o,
alternativamente, sulla base di un grave e  irreparabile  pregiudizio
derivante dall'esecuzione della  sentenza  anche  in  relazione  alla
possibilita' di insolvenza di una  delle  parti  quando  la  sentenza
contiene la condanna al pagamento di una somma di denaro; 
  2) che l'istanza di cui  al  numero  1)  possa  essere  proposta  o
riproposta nel corso del  giudizio  di  appello,  anche  con  ricorso
autonomo,  a  condizione  che  il  ricorrente  indichi,  a  pena   di
inammissibilita',  gli  specifici  elementi  sopravvenuti   dopo   la
proposizione dell'impugnazione; 
  3)  che,  qualora  l'istanza   sia   dichiarata   inammissibile   o
manifestamente infondata, il giudice, con ordinanza non  impugnabile,
puo' condannare la parte che l'ha proposta  al  pagamento  in  favore
della cassa delle ammende di una somma non inferiore ad  euro  250  e
non superiore ad  euro  10.000.  L'ordinanza  e'  revocabile  con  la
sentenza che definisce il giudizio; 
  g) introdurre modifiche all'articolo 287 del  codice  di  procedura
civile prevedendo che, nell'ambito  del  procedimento  di  correzione
delle sentenze e delle ordinanze, le  parti  possano  fare  richiesta
congiunta, da depositare  almeno  cinque  giorni  prima  dell'udienza
fissata, di non presenziarvi. In caso  di  richiesta  non  congiunta,
prevedere che il giudice abbia comunque facolta' di invitare la parte
resistente a depositare note scritte, senza  fissazione  di  apposita
udienza; 
  h) introdurre modifiche all'articolo 288 del  codice  di  procedura
civile, prevedendo la possibilita' di ricorrere  al  procedimento  di
correzione nei casi in cui si voglia contestare l'attribuzione  o  la
quantificazione delle spese di lite liquidate  con  un  provvedimento
gia' passato in giudicato, prevedendo altresi' che tale  procedimento
non sia piu' esperibile  decorso  un  anno  dalla  pubblicazione  del
provvedimento; 
  i)   prevedere   che   per   la   trattazione   del    procedimento
sull'esecuzione provvisoria  il  presidente  del  collegio,  fermi  i
poteri di sospensione immediata  previsti  dall'articolo  351,  terzo
comma, secondo periodo, del codice di procedura  civile,  designa  il
consigliere istruttore e ordina la comparizione delle  parti  davanti
al predetto  consigliere  e  prevedere  che,  sentite  le  parti,  il
consigliere istruttore  riferisce  al  collegio  per  l'adozione  dei
provvedimenti sull'esecuzione provvisoria; 
  l) prevedere che la trattazione davanti  alla  corte  d'appello  si
svolge davanti al consigliere istruttore, designato  dal  presidente,
al quale  sono  attribuiti  i  poteri  di  dichiarare  la  contumacia
dell'appellato, di procedere alla  riunione  degli  appelli  proposti
contro  la  stessa   sentenza,   di   procedere   al   tentativo   di
conciliazione,  di  ammettere  i  mezzi  di   prova,   di   procedere
all'assunzione  dei  mezzi  istruttori  e  di  fissare   udienza   di
discussione  della  causa  davanti  al  collegio   anche   ai   sensi
dell'articolo  281-sexies  del  codice  di  procedura  civile,  fermo
restando il  potere  del  collegio  di  impartire  provvedimenti  per
l'ulteriore istruzione della causa e di disporre, anche d'ufficio, la
riassunzione davanti a se' di uno o piu' mezzi di prova; 
  m) introdurre la possibilita' che, all'esito dell'udienza in camera
di  consiglio  fissata  per  la   decisione   sull'istanza   prevista
dall'articolo  283  del  codice  di  procedura  civile,  il  collegio
provveda ai sensi dell'articolo 281-sexies del  codice  di  procedura
civile, assegnando ove richiesto un termine per il deposito  di  note
conclusive scritte antecedente all'udienza di discussione; 
  n) prevedere che, esaurita l'attivita' prevista dagli articoli  350
e 351 del codice  di  procedura  civile,  il  consigliere  istruttore
assegna termini perentori non superiori  a  sessanta  giorni  per  il
deposito  di  note   scritte   contenenti   la   precisazione   delle
conclusioni, termini non superiori a trenta giorni  per  il  deposito
delle comparse conclusionali  e  termini  non  superiori  a  quindici
giorni per il deposito delle memorie di replica  e  fissa  successiva
udienza avanti a se' nella quale la causa e' rimessa in  decisione  e
il  consigliere  istruttore  si  riserva  di  riferire  al  collegio;
prevedere altresi' che  la  sentenza  e'  depositata  nei  successivi
sessanta giorni; 
  o) riformulare gli articoli 353  e  354  del  codice  di  procedura
civile, riducendo le fattispecie di rimessione della causa  in  primo
grado ai casi di violazione del contraddittorio. 
  9. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di giudizio di cassazione sono adottati nel  rispetto  dei
seguenti principi e criteri direttivi: 
  a) prevedere che il ricorso debba contenere la chiara ed essenziale
esposizione dei fatti della causa e la chiara e sintetica esposizione
dei motivi per i quali si chiede la cassazione; 
  b) uniformare i riti camerali disciplinati dall'articolo 380-bis  e
dall'articolo 380-bis.1 del codice di procedura civile, prevedendo: 
  1) la soppressione della sezione  prevista  dall'articolo  376  del
codice di procedura civile e lo spostamento della relativa competenza
dinanzi alle sezioni semplici; 
  2) la  soppressione  del  procedimento  disciplinato  dall'articolo
380-bis del codice di procedura civile; 
  c) estendere la pronuncia in camera di consiglio all'ipotesi in cui
la  Corte  riconosca  di  dover  dichiarare  l'improcedibilita'   del
ricorso; 
  d) prevedere, quanto alla fase decisoria del procedimento in camera
di consiglio disciplinato dagli  articoli  380-bis.1  e  380-ter  del
codice  di  procedura  civile,  che,  al  termine  della  camera   di
consiglio,  l'ordinanza,   succintamente   motivata,   possa   essere
immediatamente  depositata  in  cancelleria,   rimanendo   ferma   la
possibilita'  per  il  collegio  di  riservare  la  redazione  e   la
pubblicazione della stessa entro sessanta giorni dalla deliberazione; 
  e) introdurre un procedimento  accelerato,  rispetto  all'ordinaria
sede  camerale,  per  la  definizione  dei   ricorsi   inammissibili,
improcedibili o manifestamente infondati, prevedendo: 
  1) che il giudice della Corte formuli una proposta  di  definizione
del   ricorso,   con   la   sintetica   indicazione   delle   ragioni
dell'inammissibilita',  dell'improcedibilita'   o   della   manifesta
infondatezza ravvisata; 
  2) che la proposta sia comunicata agli avvocati delle parti; 
  3) che, se nessuna delle parti chiede la fissazione della camera di
consiglio nel termine di venti giorni dalla comunicazione, il ricorso
si intenda rinunciato e il giudice pronunci  decreto  di  estinzione,
liquidando le spese, con esonero  della  parte  soccombente  che  non
presenta la richiesta di cui al  presente  numero  dal  pagamento  di
quanto previsto dall'articolo 13, comma 1-quater, del testo unico  di
cui al decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.
115; 
    f) prevedere che la Corte proceda in udienza pubblica  quando  la
questione di diritto e' di particolare rilevanza, anticipando fino  a
quaranta giorni prima dell'udienza  l'onere  di  comunicazione  della
data della stessa al pubblico ministero e agli avvocati, introducendo
la facolta' per il pubblico ministero di depositare una  memoria  non
oltre quindici giorni prima dell'udienza; 
    g) introdurre la possibilita' per il giudice  di  merito,  quando
deve decidere una questione di diritto sulla quale ha preventivamente
provocato il contraddittorio tra le parti, di sottoporre direttamente
la questione alla Corte di cassazione per la risoluzione del  quesito
posto, prevedendo che: 
      1) l'esercizio del potere di rinvio pregiudiziale alla Corte di
cassazione e' subordinato alla sussistenza dei seguenti presupposti: 
        1.1) la questione e' esclusivamente di  diritto,  non  ancora
affrontata dalla Corte di cassazione e di particolare importanza; 
        1.2) la questione presenta gravi difficolta' interpretative; 
        1.3) la  questione  e'  suscettibile  di  porsi  in  numerose
controversie; 
      2) ricevuta l'ordinanza con la quale il  giudice  sottopone  la
questione,  il  Primo  presidente,  entro  novanta  giorni,  dichiara
inammissibile  la  richiesta  qualora   risultino   insussistenti   i
presupposti di cui al numero 1) della presente lettera; 
      3)   nel   caso   in   cui   non    provvede    a    dichiarare
l'inammissibilita', il Primo presidente  assegna  la  questione  alle
sezioni unite o alla sezione semplice tabellarmente competente; 
      4) la Corte di cassazione decide  enunciando  il  principio  di
diritto in esito ad un procedimento  da  svolgere  mediante  pubblica
udienza, con la requisitoria scritta del  pubblico  ministero  e  con
facolta' per le parti di depositare brevi memorie  entro  un  termine
assegnato dalla Corte stessa; 
      5) il rinvio pregiudiziale in cassazione sospende  il  giudizio
di merito ove e' sorta la questione oggetto di rinvio; 
      6) il provvedimento con il quale la Corte di cassazione  decide
sulla questione e' vincolante nel procedimento nell'ambito del  quale
e' stata rimessa  la  questione  e  conserva  tale  effetto,  ove  il
processo si estingua, anche nel nuovo processo che e' instaurato  con
la riproposizione della medesima domanda nei confronti delle medesime
parti. 
  10. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di revocazione a seguito di sentenze  emesse  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo sono adottati nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere che, ferma restando l'esigenza di evitare duplicita'
di ristori, sia esperibile  il  rimedio  della  revocazione  previsto
dall'articolo 395 del codice di procedura civile nel caso in cui, una
volta  formatosi  il  giudicato,  il  contenuto  della  sentenza  sia
successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti  dell'uomo
contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione per la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ovvero a uno  dei
suoi Protocolli e non sia possibile rimuovere la  violazione  tramite
tutela per equivalente; 
  b) prevedere che, nell'ambito del procedimento  per  revocazione  a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
siano fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede che non
hanno partecipato al processo svoltosi innanzi alla Corte europea dei
diritti dell'uomo; 
  c) prevedere che, nell'ambito del procedimento  per  revocazione  a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
la legittimazione attiva a promuovere l'azione di revocazione  spetti
alle parti del processo svoltosi innanzi a tale Corte, ai loro  eredi
o aventi causa e al pubblico ministero; 
  d)  prevedere,  nell'ambito  del  procedimento  per  revocazione  a
seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
un termine per l'impugnazione non  superiore  a  novanta  giorni  che
decorra dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della
sentenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ai  sensi  del
regolamento della Corte stessa; 
  e) prevedere l'onere per l'Agente del Governo di comunicare a tutte
le parti del processo che ha  dato  luogo  alla  sentenza  sottoposta
all'esame della Corte europea dei diritti  dell'uomo  e  al  pubblico
ministero la pendenza del procedimento davanti alla Corte stessa,  al
fine di consentire loro di fornire elementi informativi o, nei limiti
consentiti dal regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo,
di richiedere di essere autorizzati all'intervento; 
  f)  operare  gli  adattamenti  delle  disposizioni  del  codice  di
procedura civile,  del  codice  civile  e  delle  altre  disposizioni
legislative che si rendano necessari in  seguito  all'adozione  delle
norme attuative dei principi e criteri direttivi di cui alle  lettere
a), b), c), d) ed e). 
  11. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di controversie di lavoro e previdenza sono  adottati  nel
rispetto del seguente principio e  criterio  direttivo:  unificare  e
coordinare  la  disciplina  dei  procedimenti  di  impugnazione   dei
licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni  relative
alla qualificazione del rapporto di lavoro,  adottando  le  opportune
norme transitorie, prevedendo che: 
  a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia  proposta
domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto  di  lavoro  abbia
carattere prioritario; 
  b) le azioni di  impugnazione  dei  licenziamenti  dei  soci  delle
cooperative,  anche  ove  consegua   la   cessazione   del   rapporto
associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409
e seguenti del codice di procedura civile; 
  c) le azioni di nullita' dei licenziamenti discriminatori, ove  non
siano proposte con ricorso ai sensi dell'articolo 414 del  codice  di
procedura  civile,  possano   essere   introdotte,   ricorrendone   i
presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli  articoli  38
del codice delle pari opportunita'  tra  uomo  e  donna,  di  cui  al
decreto legislativo  11  aprile  2006,  n.  198,  e  28  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione
dell'azione, nell'una o nell'altra forma, preclude la possibilita' di
agire successivamente in giudizio con rito diverso. 
  12. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina del processo di
esecuzione sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi: 
  a) prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione  forzata,
le sentenze e gli altri provvedimenti  dell'autorita'  giudiziaria  e
gli atti ricevuti da notaio o  da  altro  pubblico  ufficiale  devono
essere formati in copia attestata conforme  all'originale,  abrogando
le  disposizioni  del  codice  di  procedura  civile   e   le   altre
disposizioni legislative che si riferiscono alla formula esecutiva  e
alla spedizione in forma esecutiva; 
  b)  prevedere  che  se  il  creditore  presenta  l'istanza  di  cui
all'articolo 492-bis del codice di procedura civile,  il  termine  di
cui all'articolo 481, primo comma, del codice  di  procedura  civile,
rimane  sospeso  e  riprende  a  decorrere  dalla  conclusione  delle
operazioni previste  dal  secondo  comma  dell'articolo  492-bis  del
medesimo codice; 
  c)  prevedere  che  il  termine  prescritto   dal   secondo   comma
dell'articolo 567 del codice di  procedura  civile  per  il  deposito
dell'estratto del  catasto  e  dei  certificati  delle  iscrizioni  e
trascrizioni ovvero del certificato notarile sostitutivo coincide con
quello previsto dal combinato disposto degli articoli 497 e  501  del
medesimo codice per il deposito dell'istanza di  vendita,  prevedendo
che  il  predetto  termine  puo'  essere   prorogato   di   ulteriori
quarantacinque  giorni,   nei   casi   previsti   dal   terzo   comma
dell'articolo 567 del codice di procedura civile; 
  d) prevedere che il custode di cui all'articolo 559 del  codice  di
procedura  civile  collabori  con   l'esperto   nominato   ai   sensi
dell'articolo 569 del codice di procedura civile al  controllo  della
completezza della documentazione di  cui  all'articolo  567,  secondo
comma, del codice di procedura civile; 
  e)  prevedere  che  il  giudice   dell'esecuzione   provvede   alla
sostituzione  del  debitore  nella  custodia  nominando  il   custode
giudiziario entro quindici giorni dal deposito  della  documentazione
di cui al secondo comma dell'articolo 567  del  codice  di  procedura
civile,  contemporaneamente   alla   nomina   dell'esperto   di   cui
all'articolo 569 del medesimo codice, salvo che la custodia non abbia
alcuna utilita' ai fini della  conservazione  o  amministrazione  del
bene ovvero per la vendita; 
  f) prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina  la  liberazione
dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal  suo  nucleo
familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla
procedura, al piu' tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con
cui e' autorizzata la vendita o sono delegate le relative  operazioni
e che ordina  la  liberazione  dell'immobile  abitato  dall'esecutato
convivente col nucleo  familiare  al  momento  in  cui  pronuncia  il
decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilita'  di
disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento  alle
attivita' degli ausiliari del giudice, di  ostacolo  del  diritto  di
visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione  del  cespite
in uno stato di buona  conservazione  o  di  violazione  degli  altri
obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti; 
  g) prevedere che la relazione di stima  e  gli  avvisi  di  vendita
siano redatti secondo schemi standardizzati; 
  h) prevedere che sia il custode  ad  attuare  il  provvedimento  di
liberazione  dell'immobile  pignorato  secondo  le  disposizioni  del
giudice  dell'esecuzione  immobiliare,   senza   l'osservanza   delle
formalita' di  cui  agli  articoli  605  e  seguenti  del  codice  di
procedura civile,  successivamente  alla  pronuncia  del  decreto  di
trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o  dell'assegnatario
se questi non lo esentano; 
  i)  prevedere  che  la   delega   delle   operazioni   di   vendita
nell'espropriazione  immobiliare  ha  durata  annuale,  con  incarico
rinnovabile da parte del  giudice  dell'esecuzione,  e  che  in  tale
periodo  il  professionista  delegato  deve   svolgere   almeno   tre
esperimenti di vendita con l'obbligo di una tempestiva  relazione  al
giudice sull'esito di ciascuno di  essi,  nonche'  prevedere  che  il
giudice   dell'esecuzione   esercita    una    diligente    vigilanza
sull'esecuzione delle attivita' delegate e sul rispetto dei tempi per
esse stabiliti,  con  l'obbligo  di  provvedere  immediatamente  alla
sostituzione  del  professionista  in  caso  di  mancato  o   tardivo
adempimento; 
  l) prevedere un termine di venti giorni  per  la  proposizione  del
reclamo al giudice dell'esecuzione avverso l'atto del  professionista
delegato ai sensi  dell'articolo  591-ter  del  codice  di  procedura
civile e prevedere che l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione
decide il reclamo possa essere impugnata  con  l'opposizione  di  cui
all'articolo 617 dello stesso codice; 
  m)  prevedere  che  il   professionista   delegato   procede   alla
predisposizione del progetto di distribuzione del  ricavato  in  base
alle   preventive    istruzioni    del    giudice    dell'esecuzione,
sottoponendolo  alle  parti  e  convocandole  innanzi   a   se'   per
l'audizione, nel rispetto del termine di  cui  all'articolo  596  del
codice di procedura civile; nell'ipotesi prevista  dall'articolo  597
del  codice  di  procedura  civile  o  qualora  non  siano   avanzate
contestazioni al progetto, prevedere che il  professionista  delegato
lo dichiara esecutivo e provvede  entro  sette  giorni  al  pagamento
delle singole quote agli aventi diritto  secondo  le  istruzioni  del
giudice dell'esecuzione; prevedere che in caso  di  contestazioni  il
professionista rimette le parti innanzi al giudice dell'esecuzione; 
  n) prevedere: 
      1) che il debitore, con  istanza  depositata  non  oltre  dieci
giorni prima dell'udienza prevista dall'articolo  569,  primo  comma,
del  codice  di  procedura   civile,   puo'   chiedere   al   giudice
dell'esecuzione di essere autorizzato a procedere  direttamente  alla
vendita dell'immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo
base indicato nella relazione di stima,  prevedendo  che  all'istanza
del debitore  deve  essere  sempre  allegata  l'offerta  di  acquisto
irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia  della  serieta'
dell'offerta, e' prestata cauzione  in  misura  non  inferiore  a  un
decimo del prezzo proposto; 
      2)  che  il  giudice  dell'esecuzione,   con   decreto,   deve:
verificata l'ammissibilita' dell'istanza,  disporre  che  l'esecutato
rilasci l'immobile nella  disponibilita'  del  custode  entro  trenta
giorni a pena di  decadenza  dall'istanza,  salvo  che  il  bene  sia
occupato con titolo opponibile alla  procedura;  disporre  che  entro
quindici giorni e' data pubblicita', ai sensi dell'articolo  490  del
codice di procedura civile, dell'offerta pervenuta rendendo noto  che
entro sessanta giorni possono essere formulate ulteriori  offerte  di
acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore a  un  decimo
del prezzo proposto, il quale non  puo'  essere  inferiore  a  quello
dell'offerta gia' presentata a corredo  dell'istanza  dell'esecutato;
convocare il debitore, i comproprietari, il creditore  procedente,  i
creditori  intervenuti,  i  creditori  iscritti  e  gli  offerenti  a
un'udienza da fissare  entro  novanta  giorni  per  la  deliberazione
sull'offerta e, in caso di pluralita' di offerte, per la gara tra gli
offerenti; 
      3)  che  con  il  provvedimento  con  il   quale   il   giudice
dell'esecuzione aggiudica  l'immobile  al  miglior  offerente  devono
essere stabilite le modalita' di pagamento  del  prezzo,  da  versare
entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell'articolo  587
del codice di procedura civile; 
      4)  che  il  giudice  dell'esecuzione  puo'  delegare  uno  dei
professionisti iscritti nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle
disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941,
n. 1368, alla deliberazione sulle offerte e  allo  svolgimento  della
gara,  alla  riscossione  del  prezzo  nonche'  alle  operazioni   di
distribuzione del ricavato e che, una volta riscosso  interamente  il
prezzo, ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e
delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell'articolo 586 del codice  di
procedura civile; 
      5) che, se  nel  termine  assegnato  il  prezzo  non  e'  stato
versato, il giudice provvede ai sensi degli articoli 587  e  569  del
codice di procedura civile; 
      6) che l'istanza di cui al numero 1) puo' essere formulata  per
una sola volta a pena di inammissibilita'; 
    o)  prevedere  criteri  per  la  determinazione   dell'ammontare,
nonche' del termine di durata delle misure di  coercizione  indiretta
di cui all'articolo 614-bis del codice di procedura civile; prevedere
altresi' l'attribuzione al  giudice  dell'esecuzione  del  potere  di
disporre dette misure quando il titolo esecutivo  e'  diverso  da  un
provvedimento di condanna oppure la misura non e' stata richiesta  al
giudice che ha pronunciato tale provvedimento; 
    p) prevedere che, nelle operazioni di vendita dei  beni  immobili
compiute nelle procedure esecutive  individuali  e  concorsuali,  gli
obblighi previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a
carico del cliente si applicano anche agli  aggiudicatari  e  che  il
giudice  emette  il  decreto  di  trasferimento  soltanto  dopo  aver
verificato l'avvenuto rispetto di tali obblighi; 
    q) istituire presso il Ministero della giustizia  la  banca  dati
per le  aste  giudiziali,  contenente  i  dati  identificativi  degli
offerenti,  i  dati  identificativi  del  conto  bancario  o  postale
utilizzato per versare la cauzione e  il  prezzo  di  aggiudicazione,
nonche' le relazioni di stima. I dati identificativi degli offerenti,
del conto e dell'intestatario devono essere messi a disposizione,  su
richiesta, dell'autorita' giudiziaria, civile e penale. 
  13. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti   legislativi   recanti   modifiche   alla   disciplina   dei
procedimenti in camera di consiglio sono adottati  nel  rispetto  dei
seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) ridurre i casi in cui il tribunale  provvede  in  composizione
collegiale, limitandoli alle ipotesi in cui e' previsto  l'intervento
del pubblico ministero ovvero ai procedimenti in cui il tribunale  e'
chiamato  a  pronunciarsi  in  ordine  all'attendibilita'  di   stime
effettuate o alla buona amministrazione di cose  comuni,  operando  i
conseguenti adattamenti delle disposizioni di  cui  al  capo  VI  del
titolo II del libro IV del codice di procedura civile  e  consentendo
il rimedio  del  reclamo  di  cui  all'articolo  739  del  codice  di
procedura civile ai decreti  emessi  dal  tribunale  in  composizione
monocratica,  individuando  per  tale  rimedio  la   competenza   del
tribunale in composizione collegiale; 
    b) prevedere interventi volti a trasferire  alle  amministrazioni
interessate, ai notai e ad altri professionisti dotati di  specifiche
competenze alcune delle  funzioni  amministrative,  nella  volontaria
giurisdizione, attualmente assegnate al giudice civile e  al  giudice
minorile, individuando altresi' gli specifici ambiti e limiti di tale
trasferimento di funzioni. 
  14. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi che provvedono alla revisione dei procedimenti in
camera di consiglio e alle modifiche  del  procedimento  sommario  di
cognizione di primo grado sono adottati  nel  rispetto  dei  seguenti
principi e criteri direttivi: 
    a) modificare l'articolo 30 del decreto legislativo 1°  settembre
2011, n. 150, specificando che si svolgono in camera di consiglio, in
assenza di contraddittorio,  i  procedimenti  volti  ad  ottenere  la
dichiarazione di esecutivita' di una  decisione  straniera  e  quelli
volti ad ottenere in via principale l'accertamento della  sussistenza
dei presupposti per il riconoscimento di una decisione  straniera  ai
sensi degli atti indicati di seguito: 
  1) regolamento (CE) n. 2201/2003 del  Consiglio,  del  27  novembre
2003, relativo alla competenza, al  riconoscimento  e  all'esecuzione
delle  decisioni  in   materia   matrimoniale   e   in   materia   di
responsabilita'  genitoriale,  che  abroga  il  regolamento  (CE)  n.
1347/2000; 
  2) regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre  2008,
relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e
all'esecuzione delle decisioni e  alla  cooperazione  in  materia  di
obbligazioni alimentari; 
  3) regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del  24  giugno  2016,
che attua la cooperazione rafforzata nel  settore  della  competenza,
della legge applicabile, del riconoscimento e  dell'esecuzione  delle
decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi; 
  4) regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del  24  giugno  2016,
che attua la cooperazione rafforzata nel  settore  della  competenza,
della legge applicabile, del riconoscimento e  dell'esecuzione  delle
decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate; 
  5) regolamento (UE)  n.  650/2012  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla  competenza,  alla  legge
applicabile, al riconoscimento e  all'esecuzione  delle  decisioni  e
all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in  materia  di
successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo; 
  b) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) il giudice
provveda con decreto motivato, avverso il quale puo' essere  promosso
ricorso ai sensi della lettera c); 
  c)  prevedere  che  i  ricorsi  avverso  le  decisioni   rese   nei
procedimenti di cui alla lettera a), nonche' i giudizi sulle  domande
di diniego del riconoscimento promosse ai sensi degli  atti  indicati
nei numeri da 1) a 5) della lettera a) siano  trattati  con  il  rito
sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis  e  seguenti  del
codice di procedura civile, o con altro rito ordinario semplificato; 
  d) prevedere  che  le  domande  di  diniego  del  riconoscimento  o
dell'esecuzione  previste  dal  regolamento  (UE)  n.  606/2013   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013,  relativo  al
riconoscimento  reciproco  delle  misure  di  protezione  in  materia
civile, siano trattate con il rito sommario di cognizione di cui agli
articoli 702-bis e seguenti del codice di  procedura  civile,  o  con
altro rito ordinario semplificato; 
  e) prevedere che, fatti salvi i procedimenti di cui  agli  articoli
615 e seguenti del codice di procedura civile, si  applichi  il  rito
sommario di cognizione,  o  altro  rito  ordinario  semplificato,  ai
procedimenti di diniego del riconoscimento  o  dell'esecuzione  e  di
accertamento dell'assenza di motivi  di  diniego  del  riconoscimento
previsti dagli atti di seguito indicati: 
  1) regolamento (UE) n.  1215/2012  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio,  del  12  dicembre   2012,   concernente   la   competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni  in
materia civile e commerciale; 
  2)  regolamento  (UE)  2015/848  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di  insolvenza
(rifusione); 
  3) regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del  25  giugno  2019,
relativo alla competenza, al riconoscimento  e  all'esecuzione  delle
decisioni in materia matrimoniale e  in  materia  di  responsabilita'
genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori; 
  f) prevedere che i ricorsi di cui agli atti indicati nelle  lettere
a),  c)  ed  e)  siano  promossi   innanzi   alla   corte   d'appello
territorialmente competente ai sensi delle disposizioni e nei termini
previsti da tali atti; 
  g) prevedere che  le  decisioni  della  corte  d'appello  rese  sui
ricorsi di cui alle lettere a), c) ed e)  siano  impugnabili  innanzi
alla Corte di cassazione; 
  h) prevedere che i criteri di cui  alle  lettere  da  a)  a  g)  si
estendano, con gli opportuni adattamenti, ai  procedimenti  volti  ad
ottenere la dichiarazione di esecutivita' di una decisione  straniera
o in via principale l'accertamento della sussistenza dei  presupposti
per il riconoscimento di una decisione straniera,  o  il  diniego  di
tale riconoscimento, allorche' l'efficacia di tali decisioni si fondi
su una convenzione internazionale. 
  15. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina  dell'arbitrato
sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
  a)  rafforzare  le  garanzie  di   imparzialita'   e   indipendenza
dell'arbitro, reintroducendo la facolta'  di  ricusazione  per  gravi
ragioni di convenienza nonche' prevedendo l'obbligo di rilasciare, al
momento  dell'accettazione  della  nomina,  una   dichiarazione   che
contenga tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini delle  sopra
richiamate garanzie, prevedendo l'invalidita'  dell'accettazione  nel
caso di omessa dichiarazione, nonche' in particolare la decadenza nel
caso in cui, al momento  dell'accettazione  della  nomina,  l'arbitro
abbia omesso di dichiarare le circostanze che, ai sensi dell'articolo
815 del codice di procedura civile, possono essere fatte valere  come
motivi di ricusazione; 
  b) prevedere in modo esplicito l'esecutivita' del  decreto  con  il
quale il presidente della corte d'appello  dichiara  l'efficacia  del
lodo straniero con contenuto di condanna; 
  c) prevedere l'attribuzione agli  arbitri  rituali  del  potere  di
emanare misure cautelari  nell'ipotesi  di  espressa  volonta'  delle
parti in tal senso, manifestata nella convenzione di arbitrato  o  in
atto  scritto  successivo,  salva  diversa  disposizione  di   legge;
mantenere per tali ipotesi in capo al  giudice  ordinario  il  potere
cautelare nei soli casi di domanda anteriore  all'accettazione  degli
arbitri;  disciplinare  il  reclamo  cautelare  davanti  al   giudice
ordinario per i motivi di cui  all'articolo  829,  primo  comma,  del
codice di procedura civile e per  contrarieta'  all'ordine  pubblico;
disciplinare le modalita' di attuazione della misura cautelare sempre
sotto il controllo del giudice ordinario; 
  d) prevedere, nel caso di  decisione  secondo  diritto,  il  potere
delle parti di indicazione e scelta della legge applicabile; 
  e) ridurre a sei mesi il termine di cui all'articolo  828,  secondo
comma,  del  codice  di  procedura   civile   per   la   proposizione
dell'impugnazione per nullita' del  lodo  rituale,  equiparandolo  al
termine di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura
civile; 
  f) prevedere, nella prospettiva di riordino organico della  materia
e di semplificazione della normativa  di  riferimento,  l'inserimento
nel codice di procedura civile  delle  norme  relative  all'arbitrato
societario e la conseguente abrogazione del  decreto  legislativo  17
gennaio  2003,   n.   5;   prevedere   altresi'   la   reclamabilita'
dell'ordinanza  di  cui  all'articolo  35,  comma  5,   del   decreto
legislativo 17 gennaio 2003, n. 5,  che  decide  sulla  richiesta  di
sospensione della delibera; 
  g) disciplinare la translatio  iudicii  tra  giudizio  arbitrale  e
giudizio ordinario e tra giudizio ordinario e giudizio arbitrale; 
  h) prevedere che, in tutti i casi, le nomine degli arbitri da parte
dell'autorita' giudiziaria siano improntate a criteri che  assicurino
trasparenza, rotazione ed efficienza. 
  16. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche alla normativa  in  materia  di
consulenti tecnici sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi: 
  a) rivedere il percorso  di  iscrizione  dei  consulenti  presso  i
tribunali,  favorendo  l'accesso  alla  professione  anche  ai   piu'
giovani; 
  b) distinguere le varie  figure  professionali,  caratterizzate  da
percorsi formativi differenti anche per il tramite  dell'unificazione
o  aggiornamento  degli   elenchi,   favorendo   la   formazione   di
associazioni nazionali di riferimento; 
  c) creazione di un albo nazionale  unico,  al  quale  magistrati  e
avvocati possano accedere per ricercare le figure professionali  piu'
adeguate al singolo caso; 
  d) favorire la mobilita' dei professionisti tra  le  diverse  corti
d'appello, escludendo  obblighi  di  cancellazione  da  un  distretto
all'altro; 
  e) prevedere  la  formazione  continua  dei  consulenti  tecnici  e
periti; 
  f) tutelare la salute, la gravidanza o  le  situazioni  contingenti
che possono verificarsi nel corso dell'anno lavorativo, prevedendo la
possibilita' di richiesta di sospensione volontaria come prevista  in
altri ambiti lavorativi; 
  g) istituire presso le corti d'appello una commissione di  verifica
deputata  al  controllo  della  regolarita'  delle  nomine,  ai   cui
componenti non spettano compensi, gettoni di  presenza,  rimborsi  di
spese o altri emolumenti comunque denominati. 
  17. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti  legislativi  recanti  disposizioni  dirette  a   rendere   i
procedimenti civili piu'  celeri  ed  efficienti  sono  adottati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere che, nei procedimenti davanti al giudice di pace, al
tribunale, alla corte  d'appello  e  alla  Corte  di  cassazione,  il
deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti  che  sono  in
giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo  esclusivamente
con modalita' telematiche, o anche mediante altri mezzi  tecnologici,
e che  spetti  al  capo  dell'ufficio  autorizzare  il  deposito  con
modalita' non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del
dominio giustizia non siano funzionanti  e  sussista  una  situazione
d'urgenza, assicurando  che  agli  interessati  sia  data  conoscenza
adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema; 
    b) prevedere che, in tutti i  procedimenti  civili,  il  deposito
telematico di atti e documenti di  parte  possa  avvenire  anche  con
soluzioni tecnologiche diverse dall'utilizzo della posta  elettronica
certificata  nel  rispetto  della  normativa,  anche   regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione  e  la  ricezione  dei
documenti informatici; 
    c) prevedere che, nel caso di utilizzo di soluzioni  tecnologiche
diverse dalla posta elettronica certificata, in tutti i  procedimenti
civili, il deposito si abbia per  avvenuto  nel  momento  in  cui  e'
generato  il  messaggio   di   conferma   del   completamento   della
trasmissione; 
    d) prevedere che i provvedimenti  del  giudice  e  gli  atti  del
processo per i quali la legge non richiede forme determinate  possano
essere compiuti nella forma piu' idonea al  raggiungimento  del  loro
scopo,  nel  rispetto  dei  principi  di  chiarezza  e  sinteticita',
stabilendo che sia assicurata la strutturazione  di  campi  necessari
all'inserimento delle informazioni nei  registri  del  processo,  nel
rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato  dal
Ministro  della  giustizia,  sentiti  il  Consiglio  superiore  della
magistratura e il Consiglio nazionale forense; 
    e) prevedere il divieto di sanzioni sulla  validita'  degli  atti
per il mancato rispetto delle specifiche tecniche  sulla  forma,  sui
limiti  e  sullo  schema  informatico  dell'atto,  quando  questo  ha
comunque raggiunto lo scopo, e che della violazione delle  specifiche
tecniche, o dei criteri e limiti redazionali, si  possa  tener  conto
nella disciplina delle spese; 
    f) rivedere la  disciplina  delle  modalita'  di  versamento  del
contributo unificato per i procedimenti davanti al giudice  ordinario
e, in particolare: 
      1) prevedere che tale versamento possa avvenire: 
        1.1)  con  sistemi  telematici  di   pagamento   tramite   la
piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma  2,  del  codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7  marzo
2005, n. 82, ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con
altri mezzi di  pagamento  con  moneta  elettronica  disponibili  nel
circuito bancario o postale, come previsto dall'articolo 4, comma  9,
del  decreto-legge  29  dicembre  2009,  n.  193,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24; 
        1.2) con strumenti di  pagamento  non  telematici,  in  conto
corrente postale intestato alla tesoreria dello Stato; 
        1.3) presso le rivendite di generi di monopolio e  di  valori
bollati, con rilascio di contrassegni emessi ai  sensi  dell'articolo
3, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente  della  Repubblica
26 ottobre 1972, n. 642, di valore corrispondente all'importo dovuto; 
        1.4)  mediante  bonifico,  con  strumenti  di  pagamento  non
telematici, ai sensi del regolamento di cui al decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze 9 ottobre 2006, n. 293; 
      2) disciplinare i mezzi tramite i quali  deve  essere  data  la
prova del versamento; 
      3) prevedere che nei procedimenti davanti al giudice ordinario,
quando uno degli atti di cui all'articolo 14 del  testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia, di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  30
maggio 2002, n. 115, e'  depositato  con  modalita'  telematiche,  il
contributo  unificato  sia  corrisposto  esclusivamente  con  sistemi
telematici di pagamento; 
  4) prevedere, nella procedura di liquidazione  giudiziale,  che  il
contributo  unificato  sia  corrisposto  esclusivamente  con  sistemi
telematici di pagamento; 
  5) prevedere che il versamento  con  modalita'  diverse  da  quelle
prescritte non liberi la parte dagli obblighi di cui all'articolo  14
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  30
maggio 2002, n. 115, e che la  relativa  istanza  di  rimborso  debba
essere proposta,  a  pena  di  decadenza,  entro  trenta  giorni  dal
pagamento; 
  6) rivedere la disciplina dell'articolo 197 del testo unico di  cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,  n.  115,
prevedendo e disciplinando il versamento anche con sistemi telematici
delle spettanze degli ufficiali giudiziari; 
  g) rivedere la disciplina delle attestazioni di conformita' di  cui
agli articoli  16-bis,  comma  9-bis,  16-decies  e  16-undecies  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221,  al  fine  di  consentire  tali
attestazioni per tutti gli atti trasmessi con  modalita'  telematiche
all'ufficiale giudiziario o  dal  medesimo  ricevuti  con  le  stesse
modalita'; 
  h) introdurre, in funzione dell'attuazione dei principi  e  criteri
direttivi  di  cui  alla  presente  legge,  misure  di   riordino   e
implementazione delle disposizioni  in  materia  di  processo  civile
telematico; 
  i) prevedere all'articolo 22 delle  disposizioni  per  l'attuazione
del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui  al
regio  decreto  18  dicembre  1941,  n.  1368,  che  le  funzioni  di
consulente  presso  le  sezioni  specializzate  dei   tribunali   con
competenza  distrettuale  possono  essere  affidate   ai   consulenti
iscritti negli albi dei tribunali del distretto; 
  l) prevedere che il giudice, fatta salva  la  possibilita'  per  le
parti costituite di opporsi, puo' disporre che le udienze civili  che
non richiedono la presenza di soggetti diversi dai  difensori,  dalle
parti, dal pubblico  ministero  e  dagli  ausiliari  del  giudice  si
svolgano con  collegamenti  audiovisivi  a  distanza,  individuati  e
regolati con provvedimento  del  direttore  generale  per  i  sistemi
informativi automatizzati del Ministero della giustizia; 
  m)  prevedere  che,  fatta  salva  la  possibilita'  per  le  parti
costituite di opporsi, il giudice puo', o deve in caso  di  richiesta
congiunta delle  parti,  disporre  che  le  udienze  civili  che  non
richiedono la presenza  di  soggetti  diversi  dai  difensori,  dalle
parti, dal pubblico ministero e dagli  ausiliari  del  giudice  siano
sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole
istanze e conclusioni  da  effettuare  entro  il  termine  perentorio
stabilito dal giudice; 
  n) prevedere che il giudice, in luogo dell'udienza di  comparizione
per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio, puo' disporre  il
deposito telematico  di  una  dichiarazione  sottoscritta  con  firma
digitale recante il giuramento di cui all'articolo 193 del codice  di
procedura civile; 
  o) prevedere che nei procedimenti di  separazione  consensuale,  di
istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli  effetti  civili
del   matrimonio   le   parti   possono   formulare   rinuncia   alla
partecipazione all'udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso
la volonta' di non volersi riconciliare  con  l'altra  parte  purche'
offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilita' reddituali e
patrimoniali  relative  al  triennio  antecedente  e  depositino   la
relativa documentazione; 
  p) prevedere che, nei procedimenti di interdizione,  inabilitazione
e   amministrazione   di   sostegno,    all'udienza    per    l'esame
dell'interdicendo, dell'inabilitando o della persona per la quale sia
richiesta la nomina di  amministratore  di  sostegno  sia  di  regola
prevista la comparizione personale del  soggetto  destinatario  della
misura,  con  facolta'  per  il  giudice  di  disporre  l'udienza  in
modalita' da remoto mediante  collegamenti  audiovisivi  a  distanza,
individuati  e  regolati  con  provvedimento  del   Ministero   della
giustizia, nelle ipotesi in cui la  comparizione  personale  potrebbe
arrecare grave pregiudizio per il soggetto destinatario della misura; 
  q)  prevedere  che  il  provvedimento  cautelare   di   sospensione
dell'esecuzione delle deliberazioni assunte da  qualsiasi  organo  di
associazioni, fondazioni,  societa',  ovvero  condominio,  non  perde
efficacia in  caso  di  estinzione  del  giudizio,  anche  quando  la
relativa domanda e' stata proposta in corso di causa; prevedere che i
provvedimenti  di  sospensione  delle  deliberazioni   dell'assemblea
condominiale di cui all'articolo 1137 del codice civile  non  perdono
efficacia ove non  sia  successivamente  instaurato  il  giudizio  di
merito; 
  r)  prevedere  che  la  dichiarazione   di   inefficacia   di   cui
all'articolo 669-novies del codice di procedura civile  assume  anche
in caso di contestazioni la forma dell'ordinanza. 
  18. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche  alla  disciplina  dell'ufficio
per il processo istituito presso i tribunali e  le  corti  d'appello,
anche ad integrazione delle disposizioni dell'articolo 16-octies  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e delle disposizioni di cui  al
decreto legislativo  13  luglio  2017,  n.  116,  sono  adottati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
  a) prevedere che l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il
coordinamento di uno o piu' magistrati dell'ufficio, sia  organizzato
individuando i requisiti professionali del personale da  assegnare  a
tale struttura facendo riferimento alle figure  gia'  previste  dalla
legge; 
  b)  prevedere  altresi'  che  all'ufficio  per  il  processo   sono
attribuiti, previa formazione degli addetti alla struttura: 
  1) compiti di supporto ai magistrati comprendenti, tra le altre, le
attivita' preparatorie per l'esercizio della funzione giurisdizionale
quali lo studio dei fascicoli, l'approfondimento giurisprudenziale  e
dottrinale, la selezione dei presupposti di mediabilita' della  lite,
la predisposizione di  bozze  di  provvedimenti,  il  supporto  nella
verbalizzazione,  la  cooperazione  per  l'attuazione  dei   progetti
organizzativi finalizzati  a  incrementare  la  capacita'  produttiva
dell'ufficio, ad abbattere l'arretrato e a prevenirne la formazione; 
  2) compiti di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti
informatici; 
  3) compiti  di  coordinamento  tra  l'attivita'  del  magistrato  e
l'attivita' del cancelliere; 
  4) compiti di catalogazione, archiviazione e messa  a  disposizione
di precedenti giurisprudenziali; 
  5) compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro; 
    c) prevedere che presso la Corte di  cassazione  siano  istituite
una o piu' strutture organizzative denominate ufficio per il processo
presso la Corte di cassazione, in relazione alle quali: 
  1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale  struttura  organizzativa,  facendo  riferimento  alle  figure
previste dalla legislazione  vigente  per  le  corti  d'appello  e  i
tribunali ordinari, in coerenza con la  specificita'  delle  funzioni
della Corte di cassazione; 
  2) prevedere che all'ufficio per il processo  presso  la  Corte  di
cassazione, sotto la direzione e il coordinamento del presidente o di
uno o piu'  magistrati  da  lui  delegati,  previa  formazione  degli
addetti alla struttura, sono attribuiti compiti: 
        2.1) di assistenza per l'analisi delle pendenze e dei  flussi
delle sopravvenienze; 
        2.2) di supporto ai magistrati, comprendenti, tra l'altro, la
compilazione della scheda del ricorso, corredata  delle  informazioni
pertinenti quali la materia, la sintesi dei motivi e  l'esistenza  di
precedenti  specifici,  lo  svolgimento  dei  compiti  necessari  per
l'organizzazione delle udienze e delle camere di consiglio, anche con
l'individuazione di tematiche seriali, lo  svolgimento  di  attivita'
preparatorie  relative  ai   provvedimenti   giurisdizionali,   quali
ricerche  di  giurisprudenza,  di  legislazione,  di  dottrina  e  di
documentazione al fine di contribuire alla complessiva  gestione  dei
ricorsi e dei relativi provvedimenti giudiziali; 
        2.3) di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti
informatici; 
        2.4) di raccolta di materiale e documentazione anche  per  le
attivita' necessarie per l'inaugurazione dell'anno giudiziario; 
    d) prevedere l'istituzione,  presso  la  Procura  generale  della
Corte di cassazione, di una o piu' strutture organizzative denominate
ufficio spoglio, analisi e documentazione, in relazione alle quali: 
  1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale struttura, facendo  riferimento  alle  figure  previste  dalla
legislazione vigente per le corti d'appello e i  tribunali  ordinari,
in coerenza con la  specificita'  delle  attribuzioni  della  Procura
generale in materia di intervento dinanzi alla Corte di cassazione; 
  2) prevedere che alla predetta struttura  organizzativa,  sotto  la
supervisione e gli indirizzi degli avvocati generali e dei magistrati
dell'ufficio, previa formazione degli addetti  alla  struttura,  sono
attribuiti compiti: 
        2.1) di assistenza per l'analisi preliminare dei procedimenti
che  pervengono  per  l'intervento,   per   la   formulazione   delle
conclusioni e per il deposito  delle  memorie  dinanzi  alle  sezioni
unite e alle sezioni semplici della Corte; 
        2.2) di supporto ai  magistrati  comprendenti,  tra  l'altro,
l'attivita' di ricerca e analisi su precedenti, orientamenti e prassi
degli uffici giudiziari di merito che formano oggetto dei  ricorsi  e
di individuazione delle questioni che  possono  formare  oggetto  del
procedimento   per   l'enunciazione   del   principio   di    diritto
nell'interesse della legge previsto dall'articolo 363 del  codice  di
procedura civile; 
        2.3) di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti
informatici; 
        2.4)  di  raccolta  di  materiale  e  documentazione  per  la
predisposizione dell'intervento del Procuratore generale in occasione
dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. 
  19. Per l'attuazione delle disposizioni di  cui  al  comma  18,  il
Ministero della giustizia e' autorizzato ad assumere, con  decorrenza
non anteriore al 1° gennaio 2023, un contingente  di  500  unita'  di
personale  da  inquadrare  nella  III  area   funzionale,   posizione
economica F1, con contratto di lavoro a tempo indeterminato. 
  20. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti   legislativi   recanti   modifiche   alla   disciplina   del
procedimento notificatorio sono adottati nel  rispetto  dei  seguenti
principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere, quando il destinatario della  notificazione  e'  un
soggetto per il quale la legge prevede l'obbligo  di  munirsi  di  un
indirizzo di posta elettronica  certificata  risultante  da  pubblici
elenchi o quando il destinatario  ha  eletto  domicilio  digitale  ai
sensi    dell'articolo    3-bis,    comma    1-bis,    del     codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7  marzo
2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle
persone fisiche e degli altri enti  di  diritto  privato  non  tenuti
all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese  ai
sensi  dell'articolo   6-quater   del   medesimo   codice,   che   la
notificazione degli atti  in  materia  civile  e  stragiudiziale  sia
eseguita dall'avvocato esclusivamente a mezzo  di  posta  elettronica
certificata,  nel  rispetto  della  normativa,  anche  regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione  e  la  ricezione  dei
documenti informatici; 
    b) prevedere che,  quando  la  notificazione  a  mezzo  di  posta
elettronica certificata non sia possibile o non abbia esito  positivo
per  causa  imputabile  al  destinatario,  l'avvocato  provveda  alla
notificazione  esclusivamente  mediante  inserimento,  a  spese   del
richiedente, nell'area web riservata  di  cui  all'articolo  359  del
codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza,  di  cui  al  decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che la notificazione si abbia per
eseguita nel decimo giorno successivo a quello  in  cui  e'  compiuto
l'inserimento e che, solo quando la notificazione non sia possibile o
non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la
notificazione si esegua con le modalita' ordinarie; 
    c) prevedere che, quando la notificazione deve essere eseguita  a
mezzo  di  posta  elettronica  certificata  o  mediante   inserimento
nell'area  web  riservata,  sia  vietato  all'ufficiale   giudiziario
eseguire, su richiesta di  un  avvocato,  notificazioni  di  atti  in
materia civile e stragiudiziale,  salvo  che  l'avvocato  richiedente
dichiari che il destinatario della notificazione non  dispone  di  un
indirizzo di posta elettronica  certificata  risultante  da  pubblici
elenchi ovvero che la notificazione  a  mezzo  di  posta  elettronica
certificata non e' risultata possibile o non ha avuto esito  positivo
per cause non imputabili al destinatario; 
    d)  adottare  misure  di  semplificazione  del  procedimento   di
notificazione nei casi in cui la stessa e' effettuata  dall'ufficiale
giudiziario, al fine di agevolare l'uso di  strumenti  informatici  e
telematici. 
  21. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
dirette a rafforzare i doveri di leale collaborazione delle  parti  e
dei terzi sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e  criteri
direttivi: 
  a) prevedere il riconoscimento dell'Amministrazione della giustizia
quale soggetto danneggiato nei casi di responsabilita'  aggravata  e,
conseguentemente, specifiche sanzioni  a  favore  della  cassa  delle
ammende; 
  b) prevedere conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie nei casi
di  rifiuto  non  giustificato  di  consentire  l'ispezione  prevista
dall'articolo 118 del codice  di  procedura  civile  e  nei  casi  di
rifiuto o inadempimento non giustificati  dell'ordine  di  esibizione
previsto dall'articolo 210 del medesimo codice; 
  c) prevedere la fissazione di un termine non superiore  a  sessanta
giorni entro il quale la pubblica  amministrazione,  cui  sono  state
richieste informazioni ai  sensi  dell'articolo  213  del  codice  di
procedura civile, deve trasmetterle o deve comunicare le ragioni  del
diniego. 
  22. Il decreto o i decreti legislativi attuativi  della  delega  di
cui al comma 1 sono  adottati  altresi'  nel  rispetto  dei  seguenti
principi e criteri direttivi: 
  a) curare il  coordinamento  con  le  disposizioni  vigenti,  anche
modificando la formulazione e la collocazione delle norme del  codice
di procedura civile, del codice civile e  delle  norme  contenute  in
leggi speciali non direttamente  investite  dai  principi  e  criteri
direttivi di delega, comprese le disposizioni del testo  unico  delle
disposizioni di legge sulle acque e impianti  elettrici,  di  cui  al
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, in modo da renderle ad  essi
conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune
disposizioni transitorie; 
  b) apportare le necessarie modifiche alla legge 24 marzo  2001,  n.
89,  sostituendo  all'introduzione  del  giudizio  nelle  forme   del
procedimento sommario di cognizione di cui agli  articoli  702-bis  e
seguenti del codice di procedura civile quali rimedi  preventivi,  la
stipulazione, anche fuori dei casi  in  cui  l'accesso  preventivo  a
strumenti  alternativi  per   la   risoluzione   della   controversia
costituisce condizione di procedibilita' della domanda giudiziale, di
una convenzione di negoziazione assistita  ovvero  la  partecipazione
personale al procedimento  di  mediazione  anche  successivamente  al
primo incontro ovvero la partecipazione attiva ad altri  procedimenti
di conciliazione e mediazione previsti da  disposizioni  speciali  e,
per  i  giudizi  davanti  alla  corte  d'appello,  alla  proposizione
d'istanza di decisione in udienza, all'esito  di  discussione  orale,
preceduta dalla sola precisazione delle conclusioni nel  corso  della
medesima udienza; 
  c) prevedere che il difetto di giurisdizione: 
  1) sia rilevabile nel giudizio di primo grado anche d'ufficio e nei
successivi gradi del processo solo quando  e'  oggetto  di  specifico
motivo di impugnazione; 
  2) non sia eccepibile nel giudizio di gravame da parte  dell'attore
che ha promosso il giudizio di primo grado. 
  23. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale per
la realizzazione di un rito  unificato  denominato  «procedimento  in
materia di persone, minorenni e famiglie» sono adottati nel  rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere l'introduzione di nuove disposizioni in un  apposito
titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile,  rubricato
«Norme per  il  procedimento  in  materia  di  persone,  minorenni  e
famiglie», recante la disciplina  del  rito  applicabile  a  tutti  i
procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni  e  alle
famiglie di competenza del tribunale ordinario, del tribunale  per  i
minorenni e del giudice tutelare,  con  esclusione  dei  procedimenti
volti  alla  dichiarazione  di  adottabilita',  dei  procedimenti  di
adozione di  minori  di  eta'  e  dei  procedimenti  attribuiti  alla
competenza delle sezioni  istituite  dal  decreto-legge  17  febbraio
2017, n. 13, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  13  aprile
2017, n. 46, e con abrogazione, riordino, coordinamento, modifica  ed
integrazione delle disposizioni vigenti; 
    b) nei procedimenti di cui alla  lettera  a),  prevedere  che  in
presenza di allegazioni di  violenza  domestica  o  di  genere  siano
assicurate:  su  richiesta,  adeguate  misure   di   salvaguardia   e
protezione, avvalendosi delle misure di cui all'articolo 342-bis  del
codice civile; le necessarie modalita'  di  coordinamento  con  altre
autorita' giudiziarie, anche inquirenti; l'abbreviazione dei  termini
processuali nonche' specifiche disposizioni processuali e sostanziali
per evitare la vittimizzazione secondaria. Qualora un  figlio  minore
rifiuti di incontrare uno o entrambi i  genitori,  prevedere  che  il
giudice, personalmente, sentito il minore e assunta ogni informazione
ritenuta necessaria, accerta con urgenza  le  cause  del  rifiuto  ed
assume  i  provvedimenti  nel   superiore   interesse   del   minore,
considerando ai fini della determinazione dell'affidamento dei  figli
e degli incontri con i figli eventuali episodi di violenza.  In  ogni
caso, garantire che gli eventuali incontri tra i genitori e il figlio
avvengano, se necessario, con l'accompagnamento dei servizi sociali e
non compromettano la sicurezza della vittima. Prevedere che,  qualora
il giudice  ritenga  di  avvalersi  dell'ausilio  di  un  consulente,
procede alla sua nomina con  provvedimento  motivato,  indicando  gli
accertamenti da svolgere; il  consulente  del  giudice  eventualmente
nominato si attiene ai protocolli  e  alle  metodologie  riconosciuti
dalla  comunita'  scientifica   senza   effettuare   valutazioni   su
caratteristiche e  profili  di  personalita'  estranee  agli  stessi;
prevedere esplicitamente, inoltre, che i provvedimenti  di  cui  agli
articoli  342-bis  e  seguenti  del  codice  civile  possono   essere
richiesti ed emessi anche dal tribunale per i minorenni e  quando  la
convivenza e' gia' cessata; 
    c)  prevedere  la  competenza  del  tribunale   in   composizione
collegiale, con facolta' di delega per la trattazione e  l'istruzione
al giudice relatore, stabilendo che nel tribunale per i minorenni  la
prima udienza di cui alla lettera l) e  le  udienze  all'esito  delle
quali  devono   essere   adottati   provvedimenti   decisori,   anche
provvisori, sono tenute dal giudice relatore,  con  facolta'  per  lo
stesso di delegare ai giudici onorari  specifici  adempimenti  e  con
l'esclusione della facolta'  di  delegare  l'ascolto  dei  minorenni,
l'assunzione delle  testimonianze  e  tutti  gli  atti  riservati  al
giudice togato; 
    d) procedere al riordino dei criteri di competenza  territoriale,
prevedendo quale  criterio  di  competenza  prevalente  quello  della
residenza abituale del minore che corrisponde  al  luogo  in  cui  si
trova di fatto il centro della sua vita al momento della proposizione
della domanda, salvo il caso di  illecito  trasferimento,  prevedendo
altresi' che  per  il  cambio  di  residenza  ovvero  per  la  scelta
dell'istituto scolastico anche prima della separazione  dei  genitori
sia sempre necessario il consenso di entrambi i genitori, ovvero,  in
difetto, del giudice; 
    e) disporre l'intervento necessario del  pubblico  ministero,  ai
sensi dell'articolo 70 del codice di procedura civile, fermo restando
il potere  del  pubblico  ministero  nei  procedimenti  di  cui  agli
articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile e  in  quelli  di
cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, di proporre la relativa azione; 
    f) prevedere l'introduzione del giudizio con ricorso, redatto  in
modo sintetico, contenente: l'indicazione del giudice, le generalita'
e la residenza abituale del ricorrente, del resistente  e  dei  figli
comuni  della  coppia,  minorenni,  maggiorenni  economicamente   non
autosufficienti o portatori di handicap grave ai sensi  dell'articolo
3, comma 3, della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104,  ai  quali  il
procedimento  si  riferisce;  la  determinazione  dell'oggetto  della
domanda; l'esposizione dei fatti e  degli  elementi  di  diritto  sui
quali si fonda la domanda con le relative conclusioni; l'indicazione,
a pena di decadenza per le sole domande  aventi  ad  oggetto  diritti
disponibili, dei mezzi di prova e dei documenti di cui il  ricorrente
intenda  avvalersi;  il   deposito   di   copia   dei   provvedimenti
eventualmente gia' adottati all'esito di uno dei procedimenti di  cui
alla lettera a); l'indicazione di  procedimenti  penali  in  cui  una
delle parti o il minorenne  sia  persona  offesa;  nelle  ipotesi  di
domande di natura economica, il deposito di copia delle  denunce  dei
redditi e di documentazione attestante le  disponibilita'  mobiliari,
immobiliari  e  finanziarie  delle  parti  degli  ultimi  tre   anni,
disponendo le sanzioni per il mancato deposito  della  documentazione
senza giustificato motivo ovvero per il  deposito  di  documentazione
inesatta o incompleta; prevedere che con  gli  atti  introduttivi  le
parti depositino altresi'  un  piano  genitoriale  che  illustri  gli
impegni e le attivita'  quotidiane  dei  minori,  relativamente  alla
scuola,   al   percorso   educativo,   alle    eventuali    attivita'
extrascolastiche,   sportive,   culturali    e    ricreative,    alle
frequentazioni  parentali   e   amicali,   ai   luoghi   abitualmente
frequentati, alle vacanze normalmente godute; prevedere che all'esito
del deposito del ricorso sia fissata con decreto la data dell'udienza
di comparizione delle parti davanti al giudice  relatore,  da  tenere
entro novanta giorni dal deposito del ricorso; prevedere inoltre  che
il capo dell'ufficio giudiziario vigili sul rispetto di tale  termine
e ne tenga conto nella formulazione dei rapporti per  la  valutazione
di  professionalita';  prevedere  con  la   fissazione   della   data
l'indicazione del termine per la  notificazione  del  ricorso  e  del
decreto e del termine per la costituzione della parte convenuta,  con
possibilita'  per  il  giudice  relatore  di  assumere  provvedimenti
d'urgenza   nell'interesse   delle   parti   e   dei   minori   prima
dell'instaurazione  del   contraddittorio,   quando   cio'   potrebbe
pregiudicare  l'attuazione  del  provvedimento  o  in   presenza   di
pregiudizio  imminente  ed  irreparabile,   fissando   l'udienza   di
comparizione delle parti per la conferma, modifica o revoca  di  tali
provvedimenti entro i successivi quindici giorni; prevedere  che  con
il decreto  di  fissazione  della  prima  udienza  il  giudice  debba
informare le parti della possibilita' di avvalersi  della  mediazione
familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti  sia  stata
destinataria di condanna anche non  definitiva  o  di  emissione  dei
provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di  reato  previsti
dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d'Europa
sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei  confronti  delle
donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011,  di
cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77; 
    g) prevedere che, in assenza di limitazioni  o  provvedimenti  di
decadenza  della   responsabilita'   genitoriale,   nell'assumere   i
provvedimenti circa l'affido dei  figli  minori  il  giudice  indichi
quali   sono   le   informazioni   che    ciascun    genitore    deve
obbligatoriamente comunicare all'altro; 
    h) prevedere che il convenuto debba costituirsi mediante comparsa
di costituzione, redatta in modo sintetico, nella quale devono essere
proposte, a pena di decadenza, eventuali domande  riconvenzionali  ed
eccezioni processuali e di merito non rilevabili  d'ufficio,  nonche'
contestazioni specifiche sui fatti affermati dal ricorrente e, a pena
di  decadenza  per  le  sole  domande  aventi  ad   oggetto   diritti
disponibili,  i  mezzi  di  prova   e   i   documenti,   oltre   alla
documentazione indicata nella lettera f) e con le stesse sanzioni per
il mancato deposito della documentazione  senza  giustificato  motivo
ovvero per il deposito di documentazione inesatta o incompleta; 
    i) disciplinare le difese  del  ricorrente  in  caso  di  domande
riconvenzionali del convenuto, nonche' la possibilita' di precisare e
modificare le domande e proporre nuove istanze istruttorie alla  luce
delle  difese  della  controparte;  prevedere   in   ogni   caso   la
possibilita' di introdurre  nel  corso  del  giudizio  domande  nuove
relative all'affidamento e al mantenimento  dei  figli  minori  e  di
quelli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo
3, comma  3,  della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104,  nonche'  la
possibilita' di introdurre domande  nuove  relative  al  mantenimento
delle   parti   e   dei   figli   maggiorenni   non    economicamente
autosufficienti nelle sole ipotesi di fatti  sopravvenuti  ovvero  di
nuovi accertamenti istruttori; 
    l) prevedere che  la  prima  udienza  si  svolga  con  necessaria
comparizione  personale  delle  parti  per  essere   sentite,   anche
separatamente, e per il tentativo  di  conciliazione,  disponendo  le
sanzioni per la mancata  comparizione  senza  giustificato  motivo  e
prevedendo in ogni caso la data di  decorrenza  dei  provvedimenti  a
contenuto economico, con facolta' di farli retroagire alla data della
domanda  o  comunque  della  prima  udienza,  e  che  il  verbale  di
conciliazione costituisca titolo esecutivo e titolo per  l'iscrizione
di ipoteca giudiziale; prevedere che, in caso di mancata comparizione
del convenuto senza giustificato motivo, il giudice adotta comunque i
provvedimenti provvisori e urgenti  all'esito  della  prima  udienza,
determinando la  data  di  decorrenza  dei  provvedimenti  di  natura
economica anche a far data dalla  domanda;  prevedere  che  la  prima
udienza debba svolgersi con necessaria comparizione  personale  delle
parti per il tentativo di conciliazione, con esclusione delle ipotesi
in cui siano allegate o segnalate violenze di genere o domestiche,  e
che il giudice possa formulare una proposta di  definizione  motivata
anche tenendo conto  di  tutte  le  circostanze  e  delle  risultanze
istruttorie acquisite; prevedere che la  mancata  comparizione  senza
giustificato motivo sia valutata ai sensi dell'articolo 116,  secondo
comma, del codice di procedura civile e  che  possa  altresi'  essere
tenuta in considerazione ai  fini  delle  spese  di  lite;  prevedere
infine che il verbale di conciliazione costituisca titolo esecutivo e
titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale; 
    m) prevedere che,  qualora  il  tentativo  di  conciliazione  non
riesca, il  presidente,  anche  d'ufficio,  sentiti  le  parti  ed  i
rispettivi difensori, assuma con ordinanza i provvedimenti temporanei
e urgenti che reputa  opportuni  nell'interesse  della  prole  e  dei
coniugi, nonche' che il tentativo di conciliazione non  sia  esperito
nei casi in cui sia allegata qualsiasi  forma  di  violenza  prevista
dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno  2013,
n. 77; in tali  casi  la  comparizione  personale  delle  parti  deve
avvenire in orari differiti; 
    n) prevedere che il giudice relatore possa, con esclusione  delle
fattispecie in cui siano allegate violenze di  genere  o  domestiche,
secondo  quanto  previsto  dalla  citata  Convenzione  del  Consiglio
d'Europa  sulla  prevenzione  e  la  lotta  contro  la  violenza  nei
confronti delle donne e la violenza domestica, invitare le  parti  ad
esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto  di
una delle parti, il giudice pronuncia i provvedimenti  temporanei  ed
urgenti; 
    o)  prevedere  che  l'attivita'   professionale   del   mediatore
familiare, la sua formazione, le regole deontologiche  e  le  tariffe
applicabili siano regolate secondo quanto  previsto  dalla  legge  14
gennaio 2013, n. 4; 
    p) prevedere  l'istituzione,  presso  ciascun  tribunale,  di  un
elenco dei mediatori familiari iscritti presso  le  associazioni  del
settore, secondo quanto disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013,  n.
4, con possibilita' per le parti di scegliere il mediatore tra quelli
iscritti in tale elenco; prevedere che i  mediatori  familiari  siano
dotati  di  adeguata  formazione  e   specifiche   competenze   nella
disciplina giuridica della famiglia, nonche' in materia di tutela dei
minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i
mediatori abbiano l'obbligo di interrompere la loro opera nel caso in
cui emerga qualsiasi forma di violenza; 
    q) prevedere che alla prima udienza, in mancanza di conciliazione
tra le parti, il giudice, ove la causa sia matura per  la  decisione,
inviti le parti alla discussione,  pronunciando  sentenza  definitiva
ovvero parziale qualora possa essere decisa la sola domanda  relativa
allo stato delle persone e il procedimento debba  continuare  per  la
definizione delle ulteriori domande; 
    r) prevedere che qualora il processo debba continuare il  giudice
relatore, nel contraddittorio tra le parti:  adotti  i  provvedimenti
temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse delle  parti
stesse, nel limite delle rispettive domande e anche d'ufficio  per  i
minori, per i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti  e
per  i  figli  maggiorenni  portatori  di  handicap  grave  ai  sensi
dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,  n.  104,  che
costituiscono titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione  di  ipoteca
giudiziale, disciplinando il regime della reclamabilita'  dinanzi  al
giudice, che decide in composizione collegiale; ammetta  le  prove  o
adotti gli altri provvedimenti istruttori, fissando l'udienza per  la
prosecuzione   del   giudizio;   prevedere   che   nell'adottare    i
provvedimenti temporanei e urgenti il  giudice  possa  formulare  una
proposta di piano genitoriale nella quale illustrare  la  complessiva
situazione di vita del minore e le sue esigenze dal  punto  di  vista
dell'affidamento e dei tempi di frequentazione dei genitori,  nonche'
del mantenimento, dell'istruzione, dell'educazione e  dell'assistenza
morale del minore, nel rispetto dei principi  previsti  dall'articolo
337-ter del codice civile; prevedere  altresi'  che  all'interno  del
piano  genitoriale  siano  individuati  i  punti  sui  quali  vi  sia
l'accordo dei genitori e che il  mancato  rispetto  delle  condizioni
previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile
ai sensi dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile; 
    s)  prevedere  che  il  giudice   dispone   in   ogni   caso   la
videoregistrazione dell'audizione del minore; 
    t) prevedere che il giudice, anche relatore, previo  ascolto  non
delegabile del minore anche infradodicenne, ove capace  di  esprimere
la propria volonta', fatti salvi i casi di impossibilita' del minore,
possa adottare provvedimenti relativi ai minori d'ufficio e anche  in
assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti  a
pena di nullita' del provvedimento; prevedere che il  giudice,  anche
relatore, possa disporre  d'ufficio  mezzi  di  prova  a  tutela  dei
minori, nonche' delle vittime di violenze,  anche  al  di  fuori  dei
limiti  stabiliti   dal   codice   civile,   sempre   garantendo   il
contraddittorio e il diritto alla prova  contraria,  disciplinando  i
poteri istruttori officiosi di indagine patrimoniale; 
    u) stabilire che i provvedimenti temporanei  ed  urgenti  debbano
contenere le modalita' e i termini di prosecuzione del giudizio,  che
possano essere modificati o revocati dal giudice, anche relatore, nel
corso del giudizio in presenza  di  fatti  sopravvenuti  o  di  nuovi
accertamenti istruttori, che mantengano la loro efficacia in caso  di
estinzione  del  processo  e  che  siano  disciplinate  le  forme  di
controllo dei provvedimenti emessi nel corso del giudizio; 
    v) modificare l'articolo  178  del  codice  di  procedura  civile
introducendo una disposizione  in  cui  si  preveda  che,  una  volta
istituito il tribunale per le persone,  per  i  minorenni  e  per  le
famiglie,  l'ordinanza  del  giudice   istruttore   in   materia   di
separazione e di affidamento dei figli e' impugnabile dalle parti con
reclamo immediato al collegio, che il reclamo  deve  essere  proposto
nel termine perentorio di venti giorni dalla  lettura  alla  presenza
delle parti oppure dalla ricezione della relativa notifica e  che  il
collegio decide in  camera  di  consiglio  entro  trenta  giorni  dal
deposito del reclamo; 
    z) prevedere che per  la  fase  decisoria  il  giudice  relatore,
esaurita l'istruzione, fissi davanti a se'  l'udienza  di  rimessione
della causa in decisione con assegnazione dei termini per gli scritti
difensivi finali, che all'udienza la causa sia posta in decisione dal
giudice relatore che si riserva di riferire  al  collegio  e  che  la
sentenza venga depositata nel termine di sessanta giorni; 
    aa) prevedere che in presenza di allegazioni  o  segnalazioni  di
comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un
rapporto  equilibrato  e  continuativo  con  l'altro  genitore  e  la
conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti  e  con  i
parenti di ciascun ramo genitoriale siano assicurate  l'abbreviazione
dei termini processuali e la concreta  attuazione  dei  provvedimenti
adottati nell'interesse del minore; 
    bb) prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente
quanto  il  convenuto  abbiano  facolta'  di  proporre   domanda   di
scioglimento  o  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio,
disponendo  che  quest'ultima  sia  procedibile  solo  all'esito  del
passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia  pronunciato
la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo
3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898,  e  che  sia  ammissibile  la
riunione dei procedimenti aventi ad oggetto  queste  domande  qualora
pendenti  tra  le  stesse  parti  dinanzi  al   medesimo   tribunale,
assicurando in entrambi i casi l'autonomia  dei  diversi  capi  della
sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti; 
    cc) stabilire che nei procedimenti di separazione personale e  di
scioglimento o cessazione degli  effetti  civili  del  matrimonio  le
parti possano, sino alla prima udienza di comparizione, concludere un
accordo sulla legge applicabile alla separazione  e  al  divorzio  ai
sensi degli articoli 8 e 9 del  regolamento  (UE)  n.  1259/2010  del
Consiglio, del 20 dicembre 2010; 
    dd) prevedere: la nomina, anche d'ufficio, del curatore  speciale
del minore; il riordino delle disposizioni in materia di ascolto  del
minore,  anche  alla   luce   della   normativa   sovranazionale   di
riferimento; la predisposizione di  autonoma  regolamentazione  della
consulenza tecnica psicologica, anche con l'inserimento nell'albo dei
consulenti tecnici d'ufficio di indicazioni relative alle  specifiche
competenze; la possibilita' di nomina di un tutore del minore,  anche
d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti di cui alla lettera
a), e in caso di adozione di provvedimenti ai  sensi  degli  articoli
330 e 333 del codice civile; 
    ee) prevedere la facolta' per  il  giudice,  anche  relatore,  su
richiesta  concorde  di   entrambe   le   parti,   di   nominare   un
professionista, scelto tra quelli iscritti nell'albo  dei  consulenti
tecnici d'ufficio, ovvero anche al di fuori dell'albo in presenza  di
concorde richiesta delle parti, dotato di  specifiche  competenze  in
grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul  nucleo
familiare, per superare conflitti tra le parti, per  fornire  ausilio
per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni  tra
genitori e figli; 
    ff) adottare, per i procedimenti di cui alla lettera a), puntuali
disposizioni   per    regolamentare    l'intervento    dei    servizi
socio-assistenziali  o  sanitari,  in   funzione   di   monitoraggio,
controllo e accertamento,  prevedendo  che  nelle  relazioni  redatte
siano  tenuti  distinti  con  chiarezza   i   fatti   accertati,   le
dichiarazioni rese dalle  parti  e  le  valutazioni  formulate  dagli
operatori, con diritto delle parti e  dei  loro  difensori  di  avere
visione di ogni relazione ed accertamento compiuto  dai  responsabili
del servizio socio-assistenziale o sanitario, e,  fermo  restando  il
principio generale dell'interesse del minore  a  mantenere  relazioni
significative con i genitori, sia assicurato  che  nelle  ipotesi  di
violenze di genere e domestiche tale intervento sia disposto solo  in
quanto specificamente diretto alla protezione  della  vittima  e  del
minore  e   sia   adeguatamente   motivato,   nonche'   disciplinando
presupposti e  limiti  dell'affidamento  dei  minorenni  al  servizio
sociale; dettare disposizioni per individuare modalita' di esecuzione
dei provvedimenti relativi ai minori,  prevedendo  che  queste  siano
determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le
parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo, desunto  da
circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore  o  di
altre  condotte  che   potrebbero   pregiudicare   l'attuazione   del
provvedimento, che in caso di mancato  accordo  l'esecuzione  avvenga
sotto il controllo  del  giudice,  anche  con  provvedimenti  assunti
nell'immediatezza, che nell'esecuzione sia  sempre  salvaguardato  il
preminente interesse alla salute  psicofisica  del  minorenne  e  che
l'uso  della  forza  pubblica,  sostenuto  da  adeguata  e  specifica
motivazione, sia limitato ai  soli  casi  in  cui  sia  assolutamente
indispensabile e sia posto in essere  per  il  tramite  di  personale
specializzato; 
    gg) riformare la disciplina dei  procedimenti  per  la  tutela  e
l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla  legge  4
maggio 1983, n. 184, e in particolare: 
      1)  prevedere  cause  di  incompatibilita'   con   l'assunzione
dell'incarico  di  consulente  tecnico  d'ufficio  nonche'   con   lo
svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che
riguardano l'affidamento dei minori, per coloro che rivestono cariche
rappresentative in strutture o comunita' pubbliche o  private  presso
le quali sono  inseriti  i  minori,  che  partecipano  alla  gestione
complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore  di  esse
attivita' professionale, anche a titolo gratuito, o che  fanno  parte
degli organi sociali di  societa'  che  le  gestiscono,  nonche'  per
coloro il cui coniuge, parte dell'unione civile, convivente,  parente
o affine entro il quarto grado svolge le medesime funzioni presso  le
citate  strutture  o  comunita';   apportare   modifiche   al   regio
decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 maggio 1935,  n.  835,  per  adeguare  le  ipotesi  di
incompatibilita' ivi previste per i giudici onorari a quelle previste
dal presente numero; 
      2) introdurre il divieto di affidamento dei  minori  a  persone
che sono parenti o affini entro il quarto grado del  giudice  che  ha
disposto il collocamento,  del  consulente  tecnico  d'ufficio  o  di
coloro che  hanno  svolto  le  funzioni  di  assistente  sociale  nel
medesimo procedimento nonche' il divieto di collocamento  dei  minori
presso  strutture  o  comunita'  pubbliche  o  private  nelle   quali
rivestono  cariche  rappresentative,  o  partecipano  alla   gestione
complessiva o prestano a favore di esse attivita' professionale anche
a titolo gratuito o fanno parte degli organi sociali di societa'  che
le gestiscono, persone che sono parente  o  affine  entro  il  quarto
grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che
ha disposto il collocamento, del consulente tecnico  d'ufficio  o  di
coloro che  hanno  svolto  le  funzioni  di  assistente  sociale  nel
medesimo procedimento; 
    hh) introdurre un  unico  rito  per  i  procedimenti  su  domanda
congiunta di separazione personale dei  coniugi,  di  divorzio  e  di
affidamento dei  figli  nati  fuori  del  matrimonio,  modellato  sul
procedimento previsto  dall'articolo  711  del  codice  di  procedura
civile,  disponendo  che   nel   ricorso   debba   essere   contenuta
l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri
a carico delle parti, prevedendo la possibilita' che l'udienza per il
tentativo di conciliazione delle parti si  svolga  con  modalita'  di
scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine  rilasciare
dichiarazione contenente la volonta'  di  non  volersi  riconciliare;
introdurre un unico rito per i procedimenti  relativi  alla  modifica
delle condizioni di separazione ai sensi dell'articolo 711 del codice
di procedura civile, alla revisione delle condizioni di  divorzio  ai
sensi dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n.  898,  e  alla
modifica  delle  condizioni  relative  ai  figli  di   genitori   non
coniugati, strutturato mediante presentazione di istanza congiunta  e
successiva decisione da parte del tribunale, prevedendo la fissazione
dell'udienza di comparizione personale delle parti nei soli  casi  di
richiesta congiunta delle  parti  ovvero  nelle  ipotesi  in  cui  il
tribunale ravvisi la necessita' di  approfondimenti  in  merito  alle
condizioni proposte dalle parti; 
    ii) procedere al riordino della disciplina di cui  agli  articoli
145 e 316 del codice civile, attribuendo la  relativa  competenza  al
giudice anche  su  richiesta  di  una  sola  parte  e  prevedendo  la
possibilita'  di  ordinare  al  coniuge  inadempiente  al  dovere  di
contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall'articolo 143  del
codice civile di versare una  quota  dei  propri  redditi  in  favore
dell'altro; prevedere altresi' che il  relativo  provvedimento  possa
valere in via esecutiva diretta contro il terzo, in analogia a quanto
previsto dall'articolo 8 della legge 1° dicembre 1970, n. 898; 
    ll) procedere al riordino della disciplina  di  cui  all'articolo
156 del codice civile, all'articolo 8 della legge 1°  dicembre  1970,
n. 898, all'articolo 3 della  legge  10  dicembre  2012,  n.  219,  e
all'articolo 316-bis del codice civile, introducendo un unico modello
processuale strutturato in analogia a quanto previsto dall'articolo 8
della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che tenga conto  dell'assenza
di limiti prevista dall'articolo 156 del codice civile  per  adottare
le garanzie a tutela dell'adempimento  delle  obbligazioni  a  carico
dell'onerato e per il sequestro; 
    mm) procedere al riordino della disciplina  di  cui  all'articolo
709-ter del codice di procedura civile, con possibilita' di  adottare
anche   d'ufficio,   previa   instaurazione   del    contraddittorio,
provvedimenti ai sensi dell'articolo 614-bis del codice di  procedura
civile in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di  non  fare
anche quando relativi ai minori; 
    nn) predisporre autonoma  regolamentazione  per  il  giudizio  di
appello, per tutti i procedimenti di cui alla lettera a); 
    oo) prevedere che i provvedimenti adottati dal giudice  tutelare,
inclusi quelli emessi ai sensi dell'articolo 720-bis  del  codice  di
procedura civile in materia di  amministrazione  di  sostegno,  siano
reclamabili al tribunale che decide in composizione  monocratica  per
quelli aventi  contenuto  patrimoniale  gestorio  e  in  composizione
collegiale in tutti gli altri casi; prevedere che  del  collegio  non
possa far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato. 
  24. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti norme per l'istituzione del tribunale per
le persone, per i minorenni e  per  le  famiglie  sono  adottati  con
l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) riorganizzare il funzionamento e le competenze  del  tribunale
per i minorenni di cui al regio  decreto-legge  20  luglio  1934,  n.
1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio  1935,  n.
835, che assume la denominazione di «tribunale per le persone, per  i
minorenni e per le famiglie» composto dalla  sezione  distrettuale  e
dalle sezioni circondariali, prevedendo che la  sezione  distrettuale
sia costituita presso ciascuna sede di corte d'appello o  di  sezione
di corte d'appello e che le sezioni  circondariali  siano  costituite
presso ogni sede  di  tribunale  ordinario  di  cui  all'articolo  42
dell'ordinamento giudiziario, di cui  al  regio  decreto  30  gennaio
1941, n. 12, collocata nel distretto di corte d'appello o di  sezione
di  corte  d'appello  in  cui  ha  sede  la   sezione   distrettuale;
organizzare il tribunale per le persone, per i  minorenni  e  per  le
famiglie nell'ambito delle attuali dotazioni organiche del  personale
di magistratura, del personale  amministrativo,  dirigenziale  e  non
dirigenziale, e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; 
    b) trasferire le competenze civili, penali e di sorveglianza  del
tribunale per i minorenni alle sezioni distrettuali del tribunale per
le persone, per i minorenni e per le  famiglie,  ad  eccezione  delle
competenze civili indicate nella lettera c) che sono trasferite  alle
sezioni circondariali; 
    c) attribuire alle sezioni circondariali  del  tribunale  per  le
persone, per i minorenni e per le famiglie le competenze assegnate al
tribunale per i minorenni dall'articolo  38  delle  disposizioni  per
l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui  al
regio decreto 30 marzo 1942, n. 318,  dall'articolo  403  del  codice
civile e dai titoli I e I-bis della legge  4  maggio  1983,  n.  184,
oltre a tutte le competenze civili attribuite al tribunale  ordinario
nelle cause riguardanti lo stato e la  capacita'  delle  persone,  ad
esclusione  delle  cause   aventi   ad   oggetto   la   cittadinanza,
l'immigrazione e il riconoscimento della  protezione  internazionale,
nonche'  quelle  riguardanti  la  famiglia,   l'unione   civile,   le
convivenze, i minori e tutti i procedimenti di competenza del giudice
tutelare, nonche' i procedimenti aventi ad  oggetto  il  risarcimento
del danno endo-familiare; 
  d) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  per  svolgere  le
funzioni  di  presidente  della  sezione  distrettuale  e  la  minore
anzianita' di servizio necessaria per svolgere quelle  di  presidente
della sezione circondariale; 
  e)  determinare  le  competenze  del   presidente   della   sezione
distrettuale e del presidente della sezione circondariale; 
  f) stabilire che i giudici assegnati al tribunale per  le  persone,
per i minorenni e per le famiglie siano scelti tra quelli  dotati  di
specifiche  competenze  nelle   materie   attribuite   all'istituendo
tribunale, stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  e  disporre
che non si  applichi  il  limite  dell'assegnazione  decennale  nella
funzione; 
  g) stabilire che i magistrati siano assegnati in via  esclusiva  al
tribunale per  le  persone,  per  i  minorenni  e  per  le  famiglie;
disciplinare la  possibilita'  di  applicazione,  anche  per  singoli
procedimenti individuati con criteri predeterminati nei provvedimenti
tabellari   con   provvedimento   del   presidente   della    sezione
distrettuale, dei giudici delle sezioni  circondariali  alla  sezione
distrettuale ovvero  dei  giudici  della  sezione  distrettuale  alle
sezioni circondariali, prevedendo la possibilita' che le udienze,  in
caso di applicazione, possano svolgersi con modalita' di  scambio  di
note scritte o di collegamento da remoto e con  possibilita'  per  il
giudice di tenere udienza in luogo diverso dall'ufficio; 
  h) stabilire che i magistrati onorari assegnati ai tribunali per  i
minorenni al momento dell'istituzione del tribunale per  le  persone,
per i  minorenni  e  per  le  famiglie,  ferme  le  disposizioni  che
prevedono la loro presenza nella composizione dei collegi  secondo  i
principi di delega di seguito indicati, siano  assegnati  all'ufficio
per il processo gia' esistente presso il tribunale ordinario  per  le
funzioni da svolgere  nell'ambito  delle  sezioni  circondariali  del
tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie; 
  i) disciplinare composizione ed attribuzioni  dell'ufficio  per  il
processo secondo  quelle  previste  per  l'ufficio  per  il  processo
costituito  presso  i  tribunali  ordinari  ai  sensi   dell'articolo
16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre  2012,  n.  221,  prevedendola
possibilita'  di  demandare  ai  giudici  onorari,  che  integreranno
l'ufficio, oltre alle funzioni previste per l'ufficio per il processo
presso  il  tribunale  ordinario,  funzioni  di   conciliazione,   di
informazione sulla mediazione familiare, di ausilio  all'ascolto  del
minore e di sostegno ai minorenni e alle parti, con  attribuzione  di
specifici  compiti  puntualmente  delegati  dal   magistrato   togato
assegnatario del procedimento, secondo le competenze  previste  dalla
legislazione vigente; 
  l) stabilire che nelle  materie  del  penale  minorile  la  sezione
distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e  per  le
famiglie sia competente per tutti i procedimenti gia' attribuiti alla
competenza del tribunale per i minorenni e giudichi  in  composizione
monocratica  o  collegiale  secondo  le  disposizioni   vigenti   che
disciplinano la materia; 
  m) stabilire che, nelle materie  della  sorveglianza  minorile,  la
sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni  e
per  le  famiglie  sia  competente  per  tutti  i  procedimenti  gia'
attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni  e  giudichi
in composizione monocratica  o  collegiale  secondo  le  disposizioni
vigenti che disciplinano la materia; 
  n) stabilire che, nei procedimenti civili che rientrano nelle  loro
rispettive competenze, secondo quanto previsto nelle lettere b) e c),
le sezioni circondariali giudichino in composizione monocratica e  le
sezioni  distrettuali  giudichino  in  composizione  collegiale,  con
esclusione dei soli procedimenti di cui ai titoli II, III e IV  della
legge 4 maggio 1983, n. 184, per  i  quali  le  sezioni  distrettuali
giudicano in composizione collegiale, con collegio  composto  da  due
magistrati togati e da due magistrati onorari; 
  o) stabilire che: ogni  provvedimento  che  definisce  il  giudizio
adottato dal giudice  della  sezione  circondariale  sia  impugnabile
dinanzi  alla  sezione  distrettuale,  che  giudica  in  composizione
collegiale, prevedendo che  del  collegio  non  possa  far  parte  il
giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; ogni  provvedimento
che definisce il giudizio adottato, quale giudice di  prima  istanza,
dalla sezione distrettuale nelle materie di competenza  della  stessa
sia impugnabile  dinanzi  alla  sezione  di  corte  d'appello  per  i
minorenni; 
  p) stabilire che avverso i provvedimenti di  cui  alla  lettera  o)
possa  essere  proposto  ricorso   per   cassazione   e   avverso   i
provvedimenti provvisori emessi ai sensi degli articoli  330,  332  e
333 del codice civile dalle sezioni distrettuali del tribunale per le
persone, per i minorenni e  per  le  famiglie,  su  reclamo  proposto
avverso   i   provvedimenti   provvisori   emessi    dalle    sezioni
circondariali, possa essere proposto ricorso per cassazione ai  sensi
dell'articolo 111 della Costituzione; 
  q) stabilire che nel settore civile ogni provvedimento  provvisorio
adottato dalle sezioni circondariali che presenti contenuti  decisori
sia  reclamabile  dinanzi  alla  sezione  distrettuale  e  che   ogni
provvedimento provvisorio adottato  dalla  sezione  distrettuale  che
presenti contenuti decisori nelle materie di competenza della  stessa
sia reclamabile  dinanzi  alla  sezione  di  corte  d'appello  per  i
minorenni, fatto salvo quanto previsto dalla legge 15  gennaio  1994,
n. 64, in materia di sottrazione internazionale di minorenni; 
  r) stabilire per i  procedimenti  civili  elencati  nel  comma  23,
lettera a), l'applicazione del rito unificato in materia di  persone,
minorenni e famiglie previsto dal medesimo  comma  23,  salvo  quanto
previsto dalle lettere n), o) e q) del presente comma; 
  s) stabilire che per i procedimenti  civili  non  ricompresi  nella
lettera r) si applichino  le  disposizioni  processuali  vigenti  che
disciplinano la materia; 
  t) riorganizzare il  funzionamento  e  le  competenze  dell'ufficio
della procura della Repubblica presso il tribunale  per  i  minorenni
che assume la denominazione di ufficio della procura della Repubblica
presso il tribunale  per  le  persone,  per  i  minorenni  e  per  le
famiglie,  attribuendo,  inoltre,  all'ufficio  le  funzioni   civili
attribuite all'ufficio  della  procura  della  Repubblica  presso  il
tribunale ordinario  nelle  materie  di  competenza  del  costituendo
tribunale;  stabilire  che  le  funzioni   del   pubblico   ministero
attribuite siano svolte,  sia  presso  le  sezioni  distrettuali  sia
presso le sezioni circondariali, anche con l'utilizzo di modalita' di
collegamento da remoto, da  individuare  con  decreto  del  Ministero
della giustizia; 
  u) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  per  svolgere  le
funzioni di procuratore della Repubblica presso il tribunale  per  le
persone, per i minorenni e per le famiglie; 
  v)  stabilire  l'anzianita'  di  servizio  necessaria   perche'   i
magistrati possano essere assegnati all'ufficio della  procura  della
Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e  per
le famiglie; 
    z) stabilire che per l'iniziale costituzione dei tribunali per le
persone, per i minorenni e per le  famiglie  e  delle  procure  della
Repubblica presso i suddetti  tribunali,  con  decreto  del  Ministro
della giustizia, sentito il Consiglio superiore  della  magistratura,
da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore dei  decreti
legislativi di cui al  presente  comma,  sia  determinata  la  pianta
organica  dei  magistrati  addetti  alle   sezioni   distrettuali   e
circondariali dei tribunali per le persone, per i minorenni e per  le
famiglie e alle procure della Repubblica presso i suddetti tribunali,
nell'ambito della dotazione organica del personale  di  magistratura,
con decorrenza dalla data indicata nei  decreti  legislativi  stessi;
disporre che i magistrati con funzione di presidente di tribunale per
i  minorenni  siano  assegnati   quali   presidenti   delle   sezioni
distrettuali dei costituendi tribunali e che i presidenti di  sezione
presso i tribunali ordinari, assegnati anche  in  via  non  esclusiva
alle materie di competenza delle costituende  sezioni  circondariali,
siano   nominati,   previa   domanda,   presidenti   delle    sezioni
circondariali,  individuando  i  criteri  di  selezione  in  caso  di
richieste superiori al numero di posti disponibili,  privilegiando  i
magistrati  con  maggiore  esperienza  maturata  nelle   materie   di
competenza del costituendo  tribunale;  disporre  che  i  procuratori
della Repubblica delle procure della Repubblica  presso  i  tribunali
per i minorenni siano assegnati quali  procuratori  della  Repubblica
delle  procure  della  Repubblica  presso  i  costituendi  tribunali;
stabilire che l'assegnazione  e'  prevista  fino  alla  scadenza  del
termine stabilito per l'assegnazione delle  funzioni  dirigenziali  e
semi-dirigenziali, computando in  tale  periodo  quello  gia'  svolto
nella precedente funzione; prevedere che i magistrati gia'  assegnati
ai tribunali per i minorenni e, in  via  anche  non  esclusiva,  alle
sezioni di corte d'appello  per  i  minorenni  siano  assegnati  alle
sezioni distrettuali e  che  i  magistrati  assegnati  nei  tribunali
ordinari, in via anche non  esclusiva,  alle  materie  di  competenza
delle sezioni  circondariali  siano  assegnati  alle  stesse,  previa
domanda  dei  magistrati  interessati,  individuando  i  criteri   di
selezione  in  caso  di  richieste  superiori  al  numero  di   posti
disponibili,  privilegiando  i  magistrati  con  maggiore  esperienza
maturata nelle  materie  di  competenza  del  costituendo  tribunale;
prevedere che i magistrati assegnati alla  procura  della  Repubblica
presso il tribunale per i  minorenni  siano  assegnati  alla  procura
della Repubblica presso il costituendo tribunale; 
    aa) stabilire che il personale  di  cancelleria  e  le  dotazioni
materiali assegnati al tribunale per i minorenni siano assegnati alla
sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni  e
per le famiglie e che il personale  di  cancelleria  e  le  dotazioni
materiali assegnati  in  ciascun  tribunale  allo  svolgimento  delle
funzioni  amministrative  connesse  alle  materie   trasferite   alle
istituende sezioni circondariali  siano  alle  stesse  assegnati  con
provvedimenti del Ministero della giustizia; 
    bb) stabilire l'informatizzazione del tribunale per  le  persone,
per i minorenni e per le famiglie  e  dell'ufficio  di  procura,  con
l'introduzione della consolle del magistrato e del pubblico ministero
per  tutti  i  procedimenti  civili  di  competenza   dell'istituendo
tribunale,  da  attuare  con  provvedimenti   del   Ministero   della
giustizia; 
    cc)  stabilire  che  le  disposizioni   contenute   nei   decreti
legislativi di cui al presente comma abbiano  efficacia  decorsi  due
anni dalla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 
  25. Il Governo e' delegato ad emanare,  entro  il  termine  del  31
dicembre  2024,  le   norme   necessarie   al   coordinamento   delle
disposizioni dei decreti legislativi adottati ai sensi del  comma  24
con  tutte  le  altre  leggi  dello  Stato  nonche'   la   disciplina
transitoria  volta  ad   assicurare   la   rapida   trattazione   dei
procedimenti pendenti, civili e penali, fissando  le  fasi  oltre  le
quali  i  procedimenti  saranno  definiti  secondo  le   disposizioni
previgenti. 
  26. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i
decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile
in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al
tribunale in composizione collegiale sono adottati nel  rispetto  del
seguente principio e criterio direttivo:  modificare  l'articolo  336
del codice civile, prevedendo che la legittimazione  a  richiedere  i
relativi provvedimenti competa, oltre che ai soggetti  gia'  previsti
dalla norma, anche al curatore  speciale  del  minore,  qualora  gia'
nominato; che il tribunale sin dall'avvio del procedimento nomini  il
curatore speciale del minore, nei casi in cui cio' e' previsto a pena
di  nullita'  del  provvedimento  di   accoglimento;   che   con   il
provvedimento con cui adotta provvedimenti temporanei  nell'interesse
del minore, il tribunale fissi l'udienza di comparizione delle parti,
del curatore del minore se nominato e del pubblico ministero entro un
termine perentorio, proceda all'ascolto del  minore,  direttamente  e
ove ritenuto necessario con l'ausilio  di  un  esperto,  e  all'esito
dell'udienza confermi, modifichi o revochi i provvedimenti emanati. 
  27. All'articolo 403 del codice civile sono apportate  le  seguenti
modificazioni: 
  a) al primo comma, le parole: « Quando il minore  e'  moralmente  o
materialmente  abbandonato  o  e'  allevato  in  locali  insalubri  o
pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralita',  ignoranza
o per altri motivi incapaci di provvedere  all'educazione  di  lui  »
sono sostituite dalle seguenti: «Quando il  minore  e'  moralmente  o
materialmente  abbandonato  o   si   trova   esposto,   nell'ambiente
familiare, a grave pregiudizio e  pericolo  per  la  sua  incolumita'
psico-fisica e vi e' dunque emergenza di provvedere»; 
  b) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti: 
  «La pubblica autorita' che ha adottato il provvedimento  emesso  ai
sensi del primo comma ne  da'  immediato  avviso  orale  al  pubblico
ministero  presso  il  tribunale   per   i   minorenni,   nella   cui
circoscrizione il minore ha  la  sua  residenza  abituale;  entro  le
ventiquattro ore successive al collocamento del minore in  sicurezza,
con l'allontanamento da uno o da entrambi i genitori o  dai  soggetti
esercenti  la  responsabilita'  genitoriale,  trasmette  al  pubblico
ministero il provvedimento corredato di ogni documentazione  utile  e
di sintetica relazione che descrive i motivi dell'intervento a tutela
del minore. 
  Il pubblico ministero, entro le successive settantadue ore, se  non
dispone la  revoca  del  collocamento,  chiede  al  tribunale  per  i
minorenni la convalida del provvedimento; a tal  fine  puo'  assumere
sommarie informazioni  e  disporre  eventuali  accertamenti.  Con  il
medesimo ricorso il pubblico ministero puo'  formulare  richieste  ai
sensi degli articoli 330 e seguenti. 
  Entro le successive quarantotto ore il tribunale per  i  minorenni,
con decreto del presidente o del giudice da  lui  delegato,  provvede
sulla richiesta di convalida del provvedimento,  nomina  il  curatore
speciale del minore e  il  giudice  relatore  e  fissa  l'udienza  di
comparizione delle  parti  innanzi  a  questo  entro  il  termine  di
quindici giorni. Il decreto e' immediatamente comunicato al  pubblico
ministero e all'autorita' che ha adottato  il  provvedimento  a  cura
della cancelleria. Il ricorso e  il  decreto  sono  notificati  entro
quarantotto ore agli esercenti la responsabilita'  genitoriale  e  al
curatore speciale a cura del pubblico ministero che a tal  fine  puo'
avvalersi della polizia giudiziaria. 
  All'udienza il giudice relatore interroga liberamente  le  parti  e
puo' assumere informazioni; procede inoltre  all'ascolto  del  minore
direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto.
Entro i quindici giorni successivi il tribunale per i  minorenni,  in
composizione collegiale, pronuncia decreto con cui conferma, modifica
o  revoca  il  decreto  di  convalida,  puo'  adottare  provvedimenti
nell'interesse del minore e qualora siano state proposte  istanze  ai
sensi  degli  articoli  330  e  seguenti  da'  le  disposizioni   per
l'ulteriore corso del  procedimento.  Il  decreto  e'  immediatamente
comunicato alle parti a cura della cancelleria. 
  Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del
decreto il  pubblico  ministero,  gli  esercenti  la  responsabilita'
genitoriale e il curatore  speciale  possono  proporre  reclamo  alla
corte d'appello ai sensi dell'articolo 739 del  codice  di  procedura
civile.  La  corte  d'appello  provvede  entro  sessanta  giorni  dal
deposito del reclamo. 
  Il provvedimento emesso dalla pubblica autorita' perde efficacia se
la trasmissione degli atti da  parte  della  pubblica  autorita',  la
richiesta di convalida da parte del pubblico ministero  e  i  decreti
del tribunale per  i  minorenni  non  intervengono  entro  i  termini
previsti. In questo caso  il  tribunale  per  i  minorenni  adotta  i
provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore. 
  Qualora il minore sia collocato in  comunita'  di  tipo  familiare,
quale  ipotesi  residuale  da  applicare  in  ragione  dell'accertata
esclusione di possibili soluzioni alternative, si applicano le  norme
in tema di affidamento familiare». 
  28. All'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del  codice
civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto  30  marzo
1942, n. 318, il primo comma e' sostituito dai seguenti: 
    «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i  procedimenti
previsti dagli articoli 84, 90,  250,  ultimo  comma,  251,  317-bis,
ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice
civile. Sono di competenza del  tribunale  ordinario  i  procedimenti
previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del  codice  civile,
anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando e' gia'
pendente o  e'  instaurato  successivamente,  tra  le  stesse  parti,
giudizio di separazione,  scioglimento  o  cessazione  degli  effetti
civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli  articoli  250,
quarto comma, 268, 277, secondo  comma,  e  316  del  codice  civile,
dell'articolo 710 del codice di procedura civile  e  dell'articolo  9
della legge 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per
i minorenni, d'ufficio o su  richiesta  di  parte,  senza  indugio  e
comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta,  adotta
tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse
del minore e trasmette gli atti al tribunale  ordinario,  innanzi  al
quale il procedimento, previa  riunione,  continua.  I  provvedimenti
adottati dal tribunale per i minorenni conservano la  loro  efficacia
fino  a  quando  sono   confermati,   modificati   o   revocati   con
provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il  pubblico  ministero
della procura della Repubblica presso il tribunale per  i  minorenni,
nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni  al
tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei  propri  atti  al
pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale
ordinario. 
    Il tribunale  per  i  minorenni  e'  competente  per  il  ricorso
previsto dall'articolo 709-ter del codice di procedura civile  quando
e' gia' pendente o  e'  instaurato  successivamente,  tra  le  stesse
parti, un procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333,  334  e
335 del codice civile. Nei casi in  cui  e'  gia'  pendente  o  viene
instaurato autonomo procedimento previsto dall'articolo  709-ter  del
codice  di  procedura  civile   davanti   al   tribunale   ordinario,
quest'ultimo, d'ufficio o a  richiesta  di  parte,  senza  indugio  e
comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti  gli
opportuni  provvedimenti  temporanei  e  urgenti  nell'interesse  del
minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi  al
quale il procedimento, previa  riunione,  continua.  I  provvedimenti
adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino  a
quando sono  confermati,  modificati  o  revocati  con  provvedimento
emesso dal tribunale per i minorenni». 
  29. All'articolo 26-bis,  primo  comma,  del  codice  di  procedura
civile, le parole: «il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la
residenza, il domicilio, la dimora o la sede» sono  sostituite  dalle
seguenti:  «il   giudice   del   luogo   dove   ha   sede   l'ufficio
dell'Avvocatura dello Stato nel cui  distretto  il  creditore  ha  la
residenza, il domicilio, la dimora o la sede». 
  30. All'articolo 78 del codice di procedura civile  sono  aggiunti,
in fine, i seguenti commi: 
    «Il giudice  provvede  alla  nomina  del  curatore  speciale  del
minore,  anche  d'ufficio  e  a  pena  di  nullita'  degli  atti  del
procedimento: 
  1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbia  chiesto
la  decadenza  dalla  responsabilita'  genitoriale  di   entrambi   i
genitori, o in cui  uno  dei  genitori  abbia  chiesto  la  decadenza
dell'altro; 
  2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo  403
del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli articoli
2 e seguenti della legge 4 maggio 1983, n. 184; 
  3) nel caso in cui dai fatti emersi  nel  procedimento  venga  alla
luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da  precluderne
l'adeguata  rappresentanza  processuale  da  parte  di   entrambi   i
genitori; 
  4)  quando  ne  faccia  richiesta  il  minore  che  abbia  compiuto
quattordici anni. 
    In ogni caso il giudice puo' nominare un curatore speciale quando
i genitori appaiono per gravi ragioni  temporaneamente  inadeguati  a
rappresentare gli interessi del minore; il  provvedimento  di  nomina
del curatore deve essere succintamente motivato». 
  31. All'articolo 80 del codice di procedura civile  sono  apportate
le seguenti modificazioni: 
  a) al primo comma e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la
necessita' di nominare un curatore speciale sorge  nel  corso  di  un
procedimento,  anche  di  natura  cautelare,  alla  nomina  provvede,
d'ufficio, il giudice che procede»; 
  b) dopo il secondo comma e' aggiunto il seguente: 
      «Al curatore speciale del minore il giudice puo' attribuire nel
provvedimento di nomina, ovvero  con  provvedimento  non  impugnabile
adottato nel corso del giudizio, specifici poteri  di  rappresentanza
sostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo  ascolto.
Il minore  che  abbia  compiuto  quattordici  anni,  i  genitori  che
esercitano la responsabilita' genitoriale, il tutore  o  il  pubblico
ministero possono chiedere con istanza  motivata  al  presidente  del
tribunale o al giudice  che  procede,  che  decide  con  decreto  non
impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze o  perche'
mancano o sono venuti meno i presupposti per la sua nomina». 
  32. All'articolo 543 del codice di procedura civile, dopo il quarto
comma sono aggiunti i seguenti: 
  «Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione  indicata
nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al  terzo  l'avviso
di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del  numero  di  ruolo
della  procedura  e  deposita  l'avviso  notificato   nel   fascicolo
dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso  o  il  suo  mancato
deposito nel fascicolo dell'esecuzione  determina  l'inefficacia  del
pignoramento. 
  Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di  piu'  terzi,
l'inefficacia si produce solo nei confronti  dei  terzi  rispetto  ai
quali non e' notificato o depositato l'avviso. In ogni caso,  ove  la
notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli
obblighi del debitore e del  terzo  cessano  alla  data  dell'udienza
indicata nell'atto di pignoramento». 
  33. All'articolo 709-ter, secondo comma, del  codice  di  procedura
civile, il numero 3) e' sostituito dal seguente: 
    «3) disporre il risarcimento  dei  danni  a  carico  di  uno  dei
genitori  nei  confronti  dell'altro  anche  individuando  la   somma
giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza
dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento  del  giudice
costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute  per
ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis». 
  34. Alle disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura
civile e  disposizioni  transitorie,  di  cui  al  regio  decreto  18
dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni: 
  a) all'articolo  13,  terzo  comma,  sono  aggiunte,  in  fine,  le
seguenti  parole:  «;  7)  della  neuropsichiatria  infantile,  della
psicologia  dell'eta'  evolutiva  e  della  psicologia  giuridica   o
forense»; 
  b) all'articolo 15, dopo il primo comma e' inserito il seguente: 
      «Con riferimento alla categoria di cui all'articolo  13,  terzo
comma, numero 7), la speciale  competenza  tecnica  sussiste  qualora
ricorrano, alternativamente o congiuntamente, i seguenti requisiti: 
  1) comprovata  esperienza  professionale  in  materia  di  violenza
domestica e nei confronti di minori; 
  2)   possesso   di   adeguati   titoli   di   specializzazione    o
approfondimento  post-universitari  in   psichiatria,   psicoterapia,
psicologia dell'eta' evolutiva  o  psicologia  giuridica  o  forense,
purche'  iscritti  da  almeno  cinque  anni   nei   rispettivi   albi
professionali; 
  3) aver svolto per almeno cinque anni attivita' clinica con  minori
presso strutture pubbliche o private». 
  35. All'articolo 6 del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  132,
convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n.  162,
sono apportate le seguenti modificazioni: 
  a) alla rubrica, dopo le parole: «o di divorzio» sono  aggiunte  le
seguenti: «, di affidamento e mantenimento dei figli nati  fuori  del
matrimonio, e loro modifica, e di alimenti»; 
  b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: 
      «1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da  almeno  un
avvocato per parte puo' essere conclusa tra i  genitori  al  fine  di
raggiungere  una  soluzione  consensuale  per  la  disciplina   delle
modalita' di affidamento e mantenimento dei figli minori  nati  fuori
del  matrimonio,  nonche'  per  la  disciplina  delle  modalita'   di
mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti
nati fuori del matrimonio e per la  modifica  delle  condizioni  gia'
determinate.  Puo'  altresi'  essere  conclusa  tra  le   parti   per
raggiungere  una  soluzione   consensuale   per   la   determinazione
dell'assegno  di  mantenimento  richiesto  ai  genitori  dal   figlio
maggiorenne   economicamente   non   autosufficiente   e    per    la
determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del  codice
civile, e per la modifica di tali determinazioni»; 
    c) al comma 3, primo periodo, le parole: « nei  casi  di  cui  al
comma 1 » sono sostituite dalle seguenti: « nei casi di cui ai  commi
1 e 1-bis » e sono aggiunte, in  fine,  le  seguenti  parole:  «,  di
affidamento e  di  mantenimento  dei  figli  minori  nati  fuori  del
matrimonio, nonche' i procedimenti per la disciplina delle  modalita'
di   mantenimento   dei   figli   maggiorenni   non    economicamente
autosufficienti e per la modifica delle condizioni gia'  determinate,
per la determinazione degli alimenti e per la loro modifica». 
  36. All'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n.
13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando  l'attore  risiede
all'estero  le  controversie   di   accertamento   dello   stato   di
cittadinanza italiana sono assegnate avendo  riguardo  al  comune  di
nascita del padre, della madre o dell'avo cittadini italiani». 
  37. Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente  articolo  si
applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal  centottantesimo
giorno successivo alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente
legge. 
  38. Dall'attuazione della presente  legge,  salvo  quanto  previsto
dalle disposizioni di cui ai commi 4,  lettera  a),  9,  lettera  e),
numero 3), e 19, e dei decreti  legislativi  da  essa  previsti,  non
devono derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica.  Le  amministrazioni  interessate  provvedono  ai  relativi
adempimenti  nell'ambito   delle   risorse   umane,   strumentali   e
finanziarie disponibili a legislazione vigente. 
  39. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4,  lettera
a), e' autorizzata la spesa di 4,4 milioni di euro per l'anno 2022  e
di 60,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Al relativo
onere si provvede, quanto a 4,4 milioni di euro per l'anno 2022  e  a
15 milioni  di  euro  annui  a  decorrere  dall'anno  2023,  mediante
corrispondente riduzione del  Fondo  per  interventi  strutturali  di
politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge
29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla  legge
27 dicembre 2004, n. 307,  quanto  a  15  milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo
di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23  dicembre  2014,  n.
190, e, quanto a 30,6 milioni di euro  annui  a  decorrere  dall'anno
2023,  mediante  corrispondente  riduzione  delle  proiezioni   dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto,  ai  fini
del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»  dello  stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per  l'anno
2021, allo scopo parzialmente utilizzando  l'accantonamento  relativo
al Ministero della giustizia. 
  40. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di  cui
al comma 9, lettera e), numero  3),  valutati  in  euro  586.894  per
l'anno 2022 e in euro 1.  173.788  a  decorrere  dall'anno  2023,  si
provvede mediante corrispondente  riduzione  delle  proiezioni  dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto,  ai  fini
del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»  dello  stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per  l'anno
2021, allo scopo parzialmente utilizzando  l'accantonamento  relativo
al Ministero della giustizia. 
  41. Per l'attuazione delle disposizioni  di  cui  al  comma  19  e'
autorizzata la spesa di euro 23.383.320 annui a  decorrere  dall'anno
2023. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 860,  della
legge 30 dicembre 2020,  n.  178.  Conseguentemente,  all'articolo  1
della legge 30 dicembre 2020, n.  178,  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni: 
  a) al comma 858, primo periodo,  le  parole:  «3.000  unita'»  sono
sostituite dalle seguenti: «2.410 unita'», le parole: «1.500  unita'»
sono sostituite dalle seguenti: «1.205  unita'»,  le  parole:  «1.200
unita'» sono sostituite dalle seguenti: «961  unita'»  e  le  parole:
«300 unita'» sono sostituite dalle seguenti: «244 unita'»; 
  b) al comma  860,  la  cifra:  «119.010.951»  e'  sostituita  dalla
seguente: «95.627.631». 
  42. Il Ministro dell'economia e delle  finanze  e'  autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 
  43. I decreti legislativi di attuazione della delega contenuta  nel
presente articolo sono corredati di relazione tecnica che  dia  conto
della  neutralita'  finanziaria  dei  medesimi  ovvero  dei  nuovi  o
maggiori oneri da  essi  derivanti  e  dei  corrispondenti  mezzi  di
copertura. 
  44. In  conformita'  all'articolo  17,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009,  n.  196,  qualora  uno  o  piu'  decreti  legislativi
determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino  compensazione  al
proprio interno, i medesimi decreti  legislativi  sono  emanati  solo
successivamente  o  contestualmente   all'entrata   in   vigore   dei
provvedimenti  legislativi  che  stanzino   le   occorrenti   risorse
finanziarie. 
  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato. 
    Data a Roma, addi' 26 novembre 2021 
 
                             MATTARELLA 
 
                                  Draghi, Presidente del Consiglio 
                                  dei ministri 
 
                                  Cartabia, Ministro della giustizia 
 
Visto, il Guardasigilli: Cartabia 

La riforma in itinere della mediazione in Francia

Il 13 settembre del 2021 è stato depositato da 14 senatori una Proposta di legge per sviluppare l’uso della mediazione (atto n. 820 Senato)[1].

Tale provvedimento vorrebbe determinare una riforma della Legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 sull’organizzazione dei tribunali e della procedura civile, penale e amministrativa[2].

Ossia della norma fondamentale sulla mediazione già oggetto di riforma nel 2011, 2016 e 2019.

Credo che sia assai significativa la presentazione della Proposta che traduco in italiano in questa nota.

“Signore e signori,

Da diversi anni, il nostro sistema giudiziario sta affrontando un collo di bottiglia strutturale sempre più preoccupante. La mancanza di risorse, l’accumulo di controversie quotidiane e il deterioramento dei tempi d’udienza sono stati solo accentuati dalla crisi sanitaria del COVID-19. Per recuperare l’arretrato, sono state sperimentate procedure ritenute più efficienti (dare priorità ai casi, aumentare il numero di procedure senza udienze, incoraggiare l’uso della videoconferenza, ecc.) Sfortunatamente, questi hanno solo rafforzato l’immagine di un sistema giudiziario disumanizzato.

Tuttavia, allo stesso tempo, in Francia sono stati fatti timidi tentativi di sviluppare procedure non giudiziarie di risoluzione delle controversie. E la legge n°2019-222 del 23 marzo 2019 sulla programmazione 2018-2022 e la riforma della giustizia ha permesso in particolare a qualsiasi giudice di ingiungere alle parti di una controversia di incontrare un mediatore per incoraggiarle a proseguire una procedura di mediazione.

Tuttavia, il ricorso alle alternative al contenzioso non è stato oggetto di una vera e propria politica nazionale di composizione amichevole nel nostro paese, contrariamente a quanto è stato osservato in Canada, Regno Unito, Italia e Belgio. Eppure, la mediazione è uno strumento prezioso, che permette non solo di ridurre il numero di giorni di udienza (la durata media di una mediazione è di 60 giorni mentre un processo davanti ai tribunali dura tra 375 e 395 giorni in Francia) ma anche i bisogni materiali e umani necessari, il costo delle spese legali sostenute dallo Stato così come i costi economici e sociali che possono generare una brutale rottura delle relazioni tra individui in conflitto. Infatti, l’interesse della mediazione è anche quello di permettere ai contendenti di riappropriarsi del processo, di diventare attori responsabili, di parlare in prima persona e di ascoltare l’altro, di capirsi, di affrontare l’intero conflitto nei suoi aspetti economici, relazionali, psicologici e sociali. Al di là dell’accordo specifico che metterà fine, se opportuno, alla causa sottoposta al giudice, si tratta anche di stabilire o ristabilire un legame sociale tra le parti opposte da una controversia e di preservare il futuro, se sono destinate a continuare a mantenere relazioni, siano esse di natura commerciale, familiare, di vicinato o altro.

Nonostante tutti questi vantaggi, la mediazione ha difficoltà a trovare il suo posto nella nostra istituzione giudiziaria a causa di diversi fattori analizzati in particolare in due rapporti della Corte d’appello di Parigi, del giugno 2008 e del marzo 2021, le ragioni essenziali di questa situazione sono l’assenza di istituzionalizzazione della composizione amichevole nelle giurisdizioni e una mancanza di coerenza del corpus giuridico. È quest’ultimo problema che il presente progetto di legge cerca di correggere.”

Da noi non ho mai visto in un disegno di legge una così ferma presa di posizione.

Vedremo presto spero che cosa accadrà al d.d.l. 3289 da poco assegnato alla Camera.

Ma veniamo al progetto di legge francese.

L’articolo 1 mira a stabilire una definizione generale e flessibile per qualsiasi procedura di mediazione, specificando il ruolo del mediatore in termini concreti.

L’art. 21 attuale[3] recita: “Per mediazione disciplinata dal presente capo si intende qualsiasi procedimento strutturato, qualunque sia il suo nome, mediante il quale due o più parti tentano di raggiungere un accordo per la risoluzione amichevole delle loro controversie, con l’assistenza di un terzo, il mediatore, da loro scelto o nominato, con il loro assenso, dal giudice adito.”

Quello futuro potrebbe stabilire: “Per mediazione disciplinata dal presente capo si intende qualsiasi processo volontario, cooperativo, strutturato e riservato, basato sulla responsabilità e autonomia di due o più parti che, con l’ausilio di uno o più terzi, mediatore ed, eventualmente, co-mediatore, da loro scelti o nominati con il loro consenso dal giudice adito, cercano un accordo, al fine di prevenire o risolvere in via amichevole il loro conflitto.

Il mediatore conduce il processo di mediazione attraverso riunioni plenarie o individuali e facilita gli scambi permettendo alle parti di creare le condizioni per l’ascolto e il dialogo, per considerare tutti gli aspetti del loro conflitto, per trovare una soluzione ad esso al di là della sola controversia sottoposta al giudice o per impedirne la nascita.

Non ha potere decisionale, d’expertise o di parere.”[4]

Si ribadisce dunque che la mediazione è volontaria, ma che è anche frutto della cooperazione. Il disegno di legge cerca fin da subito di responsabilizzare maggiormente le parti (la mediazione è basata sulla responsabilità ed autonomia delle parti)

Si specifica poi molto opportunamente che il conflitto può essere affrontato anche in co-mediazione.

Il mediatore ci viene presentato come un facilitatore della comunicazione che non può dare pareri (la scelta francese dunque è opposta a quella italiana).

Si aggiunge che l’oggetto della mediazione può essere poi ben più ampio dell’oggetto del giudizio.

Viene infine valorizzata l’importanza della mediazione come procedimento che previene la lite.

L’articolo 2 introduce il dovere di imparzialità del mediatore e lo protegge da qualsiasi rischio di conflitto di interessi.

L’articolo 21-2 vigente si limita a prevedere che “Il mediatore svolge la sua missione con imparzialità, competenza e diligenza.”[5]

Quello futuro potrebbe avere questo tenore:  Il mediatore svolge la sua missione con imparzialità, competenza e diligenza.

“Il mediatore comunica alle parti tutte le circostanze che possono incidere sulla sua imparzialità o dar luogo a un conflitto di interessi. Per circostanze si intende qualsiasi rapporto privato o professionale con una delle parti o qualsiasi interesse finanziario o di altra natura, diretto o indiretto, all’esito della mediazione.

“Il mediatore può quindi essere confermato o mantenuto nella sua missione solo dopo aver ricevuto l’espresso consenso delle parti.”[6]

Interessante è che il mediatore francese – sull’esempio di quello statunitense – dovrà chiedere il consenso alle parti alla prosecuzione, quando si manifesteranno circostanze che possano incidere sulla sua imparzialità o dar luogo a un conflitto di interessi.

Da noi, come è noto, invece vige un’altra disciplina secondo cui nel caso di possibile pregiudizio all’imparzialità  il mediatore deve informare il responsabile dell’organismo[7].

L’articolo 3 definisce le regole di riservatezza di cui le parti possono godere durante la procedura di mediazione.

L’art. 21-3 attuale stabilisce che “Salvo diverso accordo tra le parti, la mediazione è soggetta al principio della riservatezza.

Le conclusioni del mediatore e le dichiarazioni raccolte durante la mediazione non possono essere comunicate a terzi né invocate o prodotte nell’ambito di un procedimento giudiziario o arbitrale senza l’accordo delle parti.

Un’eccezione ai paragrafi precedenti è fatta nei seguenti due casi:

a) in presenza di motivi imperativi di ordine pubblico o di motivi attinenti alla tutela dell’interesse superiore del minore o all’integrità fisica o psichica della persona;

b) quando la rivelazione dell’esistenza o la divulgazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione è necessaria per la sua messa in atto o per la sua esecuzione.

Quando il mediatore è nominato da un giudice, informa quest’ultimo se le parti hanno raggiunto un accordo o meno”[8].

Quello futuro potrebbe stabilire “Salvo diverso accordo tra le parti e salvo diversa disposizione di legge, la mediazione è soggetta al principio di riservatezza che si applica al mediatore e alle parti, nonché a tutte le persone che, a qualsiasi titolo, partecipano al processo di mediazione, in particolare ai legali delle parti, i periti o eventuali terzi.

“Le conclusioni del mediatore, gli atti redatti ai fini della mediazione e le dichiarazioni raccolte durante la mediazione non possono, senza il consenso delle parti, essere comunicati a terzi o prodotti o invocati nel prosieguo del procedimento o davanti a un altro organo giudiziario o arbitrale. Salvo diverso accordo tra le parti, la riservatezza nei confronti dei terzi e dell’altra parte si applica a quanto raccolto dal mediatore nell’ambito della riunione individuale.”

Un’eccezione ai paragrafi precedenti è fatta nei seguenti due casi:

a) in presenza di motivi imperativi di ordine pubblico o di motivi attinenti alla tutela dell’interesse superiore del minore o all’integrità fisica o psichica della persona;

b) quando la rivelazione dell’esistenza o la divulgazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione è necessaria per la sua messa in atto o per la sua esecuzione.

Quando il mediatore è nominato da un giudice, informa quest’ultimo se le parti hanno raggiunto un accordo o meno.”[9]

Opportuno è stato aggiungere che la riservatezza è applicabile a tutti i soggetti che possono prendere parte ad una mediazione.

Opportuno è il richiamo agli “atti redatti ai fini della mediazione” affinché vi sia idonea copertura del principio di riservatezza; lo stesso dicasi di quanto avviene nei caucus.

L’articolo 4 prevede il controllo giudiziario dell’accordo delle parti risultante dalla procedura di mediazione per garantire che non sia in contrasto con l’ordine pubblico.

L’art. 21-5 vigente della Legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 stabilisce che ” L’accordo raggiunto dalle parti può essere soggetto all’approvazione del giudice, che gli conferisce forza vincolante.”

Quello futuro potrebbe sancire che“ L’accordo raggiunto dalle parti può essere soggetto all’approvazione del giudice, che gli conferisce forza vincolante.

“Il giudice verifica l’assenza di contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico.”

“Non può modificare i termini dell’accordo che gli è stato sottoposto”[10].

Evidentemente in Francia ci sono stati casi di accordi contrari all’ordine pubblico o di giudici che hanno modificato i termini dell’accordo.

Ricordo che in Italia al proposito vige la disciplina dell’art. 12 secondo cui è sufficiente la firma dei due legali presenti a conferire effetti esecutivi all’accordo. E che sono loro a dover attestare che lo stesso non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative[11].

Una disciplina analoga a quella che sarà la transalpina riguarda però il caso delle mediazioni transfrontaliere e di quelle in cui non è presente l’avvocato (ipotesi questa ultima che potrebbe sparire a breve se verrà approvata la delega legislativa alla Camera) o in cui l’avvocato si rifiuti di firmare.

Da noi però c’è però il riferimento anche al rispetto delle norme imperative e non solo dell’ordine pubblico.

L’art. 5 delinea l’incontro informativo che incoraggia le parti a entrare in mediazione convenzionale[12] o giudiziaria e prevede sanzioni per coloro che non rispettano l’ingiunzione del giudice.

La modifica interviene sulle norme inerenti la mediazione giudiziaria.

L’art. 22-1 vigente della Legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 stabilisce che ”In qualsiasi stato del procedimento, anche sommario, quando ritenga possibile una risoluzione amichevole della controversia, il giudice può, se non ha ottenuto il consenso delle parti, ordinare alle stesse di incontrare un mediatore da esso designato e che soddisfa le condizioni previste dal decreto del Consiglio di Stato. Quest’ultimo informa le parti sullo scopo e sullo svolgimento di una misura di mediazione.”

Quello de iure condendo potrebbe stabilire che “In qualsiasi stato del procedimento, anche sommario e successivo alla condanna, quando ritenga possibile una risoluzione amichevole della controversia, il giudice può, se non ha ottenuto l’accordo delle parti, ordinare alle stesse  di incontrare un mediatore. Quest’ultimo informa le parti dello scopo e dello svolgimento della misura di mediazione.”

“Il mediatore può ottenere l’accordo delle parti per avviare la mediazione. In quest’ultimo caso possono scegliere la mediazione convenzionale o chiedere al giudice di organizzare un provvedimento di mediazione giudiziale. Informano il giudice dell’inizio della mediazione e del suo esito.

“La parte nel procedimento che non ottempera a tale ingiunzione senza motivo legittimo può essere privata dal giudice del beneficio dell’articolo 700 del codice di procedura civile. Inoltre, se l’attore nel procedimento non ottempera a tale ingiunzione, il procedimento può essere annullato amministrativamente dal magistrato se il convenuto o uno dei convenuti non vi si oppone.”[13]

E dunque il primo incontro su impulso del giudice potrà essere svolto anche in appello ed in Cassazione.

Il mediatore potrà anche non essere designato dal giudice. I requisiti del mediatore potranno non essere quelli del decreto del Consiglio di Stato ovvero, si presume, le parti potranno scegliere anche i mediatori non inseriti nei panel di Corte d’appello[14].

Le parti potranno scegliere la mediazione convenzionale (ossia senza un ordine del giudice) ovvero potranno sollecitare il provvedimento giudiziario che ordina la mediazione.

Importanti potrebbero essere le conseguenze nel caso in cui le parti non ottemperino in futuro all’obbligo di partecipare al primo incontro di mediazione visto l’art. 700 del Codice  di procedura civile.

L’art. 700 c.p.c. francese stabilisce dal 2013 che “Il giudice condanna la parte tenuta alle spese o soccombente a pagare:

1° alla controparte la somma da lui determinata, per le spese sostenute e non comprese nei costi processuali;

2° E, ove applicabile, all’avvocato del beneficiario del patrocinio parziale o totale una somma per gli onorari e le spese, non comprese nelle spese processuali, che il beneficiario dell’aiuto avrebbe sostenuto se non ne avesse avuto aiuto. In questo caso, la procedura è quella di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 37 della legge 10 luglio 1991, n. 91-647.

In ogni caso, il giudice tiene conto dell’equità o della situazione economica del condannato. Egli può, anche d’ufficio, per ragioni fondate sulle medesime considerazioni, stabilire che questi provvedimenti di condanna non siano necessarie. Tuttavia, se stanzia una somma sotto il 2° punto del presente articolo, questa non può essere inferiore al contributo dello Stato[15].”

Si potrà dunque anche decadere dal beneficio del gratuito patrocinio, e l’attore non partecipante potrà subire una dichiarazione di improcedibilità della causa.

L’articolo 6 stabilisce la necessità di garantire il rispetto del principio di equità nel processo di mediazione da parte di tutte le parti, e stabilisce che il mediatore è il garante di questo principio.

Si tratta di una norma introdotta ex novo (art. 21-1-1).

Essa prevede che: “Il mediatore garantisce la correttezza del processo.”

“In qualsiasi momento, le parti possono abbandonare il processo di mediazione.”

“Il mediatore si rifiuta di avviare un procedimento di mediazione se risulta che una delle parti utilizza la mediazione per fini ingiusti, in particolare come mezzo dilatorio. Se risulta, nel corso del processo, che una delle parti stia utilizzando la mediazione per fini scorretti, il mediatore lo interrompe e ne informa il giudice, nel rispetto del suo obbligo di riservatezza.”[16]

Sarebbe opportuno e rivoluzionario prevedere anche nel nostro paese una norma che desse la facoltà al mediatore di non iniziare la mediazione qualora la stessa sia strumentale.

E ancor più di riferire al giudice che le parti non hanno preso sul serio l’invio obbligatorio del giudice.    

In conclusione di questa nota pubblico in lingua italiana quella che potrebbe essere un domani la disciplina generale della mediazione e quella specifica della mediazione giudiziaria (ossia il testo coordinato della legge vigente e del progetto di legge giacente al Senato.

Le parti in grassetto sono quelle modificate.

Legge n. 95-125 dell’8 febbraio 1995 sull’organizzazione dei tribunali e della procedura civile, penale e amministrativa

Capo I: Mediazione (articoli da 21 a 25)

Sezione 1: Disposizioni generali (articoli da 21 a 21-5)

Sezione 2: Mediazione giudiziale (articoli da 22 a 22-3)

“Art. 21 . – Per mediazione disciplinata dal presente capo si intende qualsiasi processo volontario, cooperativo, strutturato e riservato, basato sulla responsabilità e autonomia di due o più parti che, con l’ausilio di uno o più terzi, mediatore ed, eventualmente, co-mediatore, da loro scelti o nominati con il loro consenso dal giudice adito, cercano un accordo, al fine di prevenire o risolvere in via amichevole il loro conflitto.”

“Il mediatore conduce il processo di mediazione attraverso riunioni plenarie o individuali e facilita gli scambi permettendo alle parti di creare le condizioni per l’ascolto e il dialogo, per considerare tutti gli aspetti del loro conflitto, per trovare una soluzione ad esso al di là della sola controversia sottoposta al giudice o per impedirne la nascita.

“Non ha potere decisionale, d’expertise o di parere. “

Art. 21-1

La mediazione è soggetta alle norme generali oggetto della presente sezione, fatte salve le norme aggiuntive specifiche di determinate mediazioni o di determinati mediatori.

Articolo 21-2

Il mediatore svolge la sua missione con imparzialità, competenza e diligenza.

“Il mediatore comunica alle parti tutte le circostanze che possono incidere sulla sua imparzialità o dar luogo a un conflitto di interessi. Per circostanze si intende qualsiasi rapporto privato o professionale con una delle parti o qualsiasi interesse finanziario o di altra natura, diretto o indiretto, all’esito della mediazione.

“Il mediatore può quindi essere confermato o mantenuto nella sua missione solo dopo aver ricevuto l’espresso consenso delle parti. “

Articolo 21-3

“Salvo diverso accordo tra le parti e salvo diversa disposizione di legge, la mediazione è soggetta al principio di riservatezza che si applica al mediatore e alle parti, nonché a tutte le persone che, a qualsiasi titolo, partecipano al processo di mediazione, in particolare ai legali delle parti, i periti o eventuali terzi.

“Le conclusioni del mediatore, gli atti redatti ai fini della mediazione e le dichiarazioni raccolte durante la mediazione non possono, senza il consenso delle parti, essere comunicati a terzi o prodotti o invocati nel prosieguo del procedimento o davanti a un altro organo giudiziario o arbitrale. Salvo diverso accordo tra le parti, la riservatezza nei confronti dei terzi e dell’altra parte si applica a quanto raccolto dal mediatore nell’ambito della riunione individuale.”

Un’eccezione ai paragrafi precedenti è fatta nei seguenti due casi:

a) in presenza di motivi imperativi di ordine pubblico o di motivi attinenti alla tutela dell’interesse superiore del minore o all’integrità fisica o psichica della persona;

b) quando la rivelazione dell’esistenza o la divulgazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione è necessaria per la sua messa in atto o per la sua esecuzione.

Quando il mediatore è nominato da un giudice, informa quest’ultimo se le parti hanno raggiunto un accordo o meno.

Articolo 21-4

L’accordo raggiunto tra le parti non può ledere alcun diritto di cui non si può disporre liberamente.

Articolo 21-5

L’accordo raggiunto dalle parti può essere soggetto all’approvazione del giudice, che gli conferisce forza vincolante.

“Il giudice verifica l’assenza di contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico.”

“Non può modificare i termini dell’accordo che gli è stato sottoposto”.

Sezione 2: Mediazione giudiziale (articoli da 22 a 22-3)

Articolo 22

Il giudice può nominare, con l’accordo delle parti, un mediatore che proceda alla mediazione, in qualsiasi fase del procedimento, anche con il rito abbreviato. Tale accordo si attiene alle condizioni previste dal decreto del Consiglio di Stato.

Articolo 22-1 A

Per la conoscenza dei giudici è stabilito un elenco di mediatori redatto da ciascuna corte d’appello, alle condizioni stabilite con decreto del Consiglio di Stato adottato entro sei mesi dalla promulgazione della legge n° 2016-1547 del 18 novembre, 2016 sulla modernizzazione della giustizia del 21° secolo.

“ Art. 22-1 . – In qualsiasi stato del procedimento, anche sommario e successivo alla condanna, quando ritenga possibile una risoluzione amichevole della controversia, il giudice può, se non ha ottenuto l’accordo delle parti, ordinare alle stesse  di incontrare un mediatore.

Quest’ultimo informa le parti dello scopo e dello svolgimento della misura di mediazione.

“Il mediatore può ottenere l’accordo delle parti per avviare la mediazione. In quest’ultimo caso possono scegliere la mediazione convenzionale o chiedere al giudice di organizzare un provvedimento di mediazione giudiziale. Informano il giudice dell’inizio della mediazione e del suo esito.

“La parte nel procedimento che non ottempera a tale ingiunzione senza motivo legittimo può essere privata dal giudice del beneficio dell’articolo 700 del codice di procedura civile. Inoltre, se l’attore nel procedimento non ottempera a tale ingiunzione, il procedimento può essere annullato amministrativamente dal magistrato se il convenuto o uno dei convenuti non vi si oppone. “

Art. 22-1-1 . – Il mediatore garantisce la correttezza del processo.

“In qualsiasi momento, le parti possono abbandonare il processo di mediazione.

“Il mediatore si rifiuta di avviare un procedimento di mediazione se risulta che una delle parti utilizza la mediazione per fini ingiusti, in particolare come mezzo dilatorio. Se risulta, nel corso del processo, che una delle parti stia utilizzando il processo per fini scorretti, il mediatore lo interrompe e ne informa il giudice, nel rispetto del suo obbligo di riservatezza. “

Articolo 22-2

Se le spese di mediazione sono a carico delle parti, esse determinano liberamente la ripartizione di tali spese tra loro.

In mancanza di un accordo, queste spese devono essere ripartite equamente, a meno che il giudice non ritenga che tale ripartizione sia ingiusta rispetto alla situazione economica delle parti.

Quando l’assistenza legale è stata concessa a una delle parti, la distribuzione delle spese di mediazione è stabilita secondo le regole previste nel paragrafo precedente. Le spese sostenute dalla parte che beneficia del gratuito patrocinio sono a carico dello Stato, fatte salve le disposizioni dell’articolo 50 della legge del 10 luglio 1991 sul gratuito patrocinio.

Il giudice determina l’ammontare dell’anticipo sulla retribuzione del mediatore e designa la parte o le parti che devono depositare l’anticipo entro il termine che lui stesso stabilisce. La nomina del mediatore è nulla se il deposito non viene effettuato entro il termine e nel modo specificato. Se la mediazione viene ordinata nel corso del procedimento, il procedimento viene continuato.

Articolo 22-3

La durata della missione di mediazione è fissata dal giudice, senza superare un periodo di tempo determinato per decreto nel Consiglio di Stato.

Tuttavia, il giudice può rinnovare l’incarico di mediazione. Può anche porvi fine, prima della scadenza del termine che ha fissato, d’ufficio o su richiesta del mediatore o di una parte.

Questo articolo non è applicabile quando il giudice ordina la mediazione nella decisione che statuisce definitivamente sulle modalità di esercizio dell’autorità parentale.

Sezione 3: Disposizioni finali (articoli 23 a 25)

Articolo 23

Le disposizioni di questo capitolo non sono applicabili ai procedimenti penali.

Articolo 24 (abrogato)

Le disposizioni degli articoli da 21 a 21-5 si applicano alla mediazione convenzionale nelle controversie relative a un contratto di lavoro solo quando tali controversie sono transfrontaliere.

Ai fini del presente articolo, una controversia è transfrontaliera se, alla data del ricorso alla mediazione, almeno una delle parti ha il domicilio o la residenza abituale in uno Stato membro dell’Unione europea diverso dalla Francia e almeno un’altra parte ha il domicilio o la residenza abituale in Francia.

Una controversia transfrontaliera comprende anche un caso in cui un procedimento giudiziario o arbitrale è avviato in Francia tra parti che hanno precedentemente fatto ricorso alla mediazione e che sono tutte domiciliate o residenti abitualmente in un altro Stato membro dell’Unione europea alla data in cui hanno fatto ricorso alla mediazione.

Articolo 25

Un decreto del Consiglio di Stato determina le condizioni di applicazione di questo capo.


[1] http://www.senat.fr/leg/ppl20-820.html

[2] Loi n° 95-125 du 8 février 1995 relative à l’organisation des juridictions et à la procédure civile, pénale et administrative.

[3] Loi n° 95-125 du 8 février 1995 relative à l’organisation des juridictions et à la procédure civile, pénale et administrative

Chapitre Ier: La médiation (Articles 21 à 25)

Article 21

La médiation régie par le présent chapitre s’entend de tout processus structuré, quelle qu’en soit la dénomination, par lequel deux ou plusieurs parties tentent de parvenir à un accord en vue de la résolution amiable de leurs différends, avec l’aide d’un tiers, le médiateur, choisi par elles ou désigné, avec leur accord, par le juge saisi du litige.

[4] Article 1

L’article 21 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 relative à l’organisation des juridictions et à la procédure civile, pénale et administrative est ainsi rédigé :

« Art. 21. – La médiation régie par le présent chapitre s’entend de tout processus volontaire, coopératif, structuré et confidentiel, reposant sur la responsabilité et l’autonomie de deux ou plusieurs parties qui, avec l’aide d’un ou de plusieurs tiers, le médiateur et, éventuellement, le co-médiateur, choisis par elles ou désignés avec leur accord par le juge saisi du litige, recherchent un accord, en vue de la prévention ou de la résolution amiable de leur conflit.

« Le médiateur conduit le processus de médiation par des réunions plénières ou individuelles et facilite les échanges permettant aux parties de créer les conditions d’écoute et de dialogue, d’envisager l’ensemble des aspects de leur conflit pour trouver une solution à celui-ci au-delà du seul litige soumis au juge ou en prévenir la naissance.

« Il n’a aucun pouvoir de décision, d’expertise ou de conseil. »

[5] Article 21-2

Le médiateur accomplit sa mission avec impartialité, compétence et diligence.

[6] Article 2

L’article 21-2 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 précitée est complété par deux alinéas ainsi rédigés :

« Le médiateur divulgue aux parties toutes les circonstances qui sont de nature à affecter son impartialité ou à entraîner un conflit d’intérêts. Ces circonstances s’entendent de toute relation d’ordre privé ou professionnel avec l’une des parties ou de tout intérêt financier ou autre, direct ou indirect, dans l’issue de la médiation.

« Le médiateur ne peut alors être confirmé ou maintenu dans sa mission qu’après avoir reçu l’accord exprès des parties. »

[7] Art. 14 d.lgs. 4/3/10 n. 28  Obblighi del mediatore

 Omissis

  2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di:

    a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale  è  designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le  formule  previste  dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli  ulteriori  impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento;

    b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità  nello svolgimento  della mediazione;

Omissis

[8] Article 21-3

Sauf accord contraire des parties, la médiation est soumise au principe de confidentialité.

Les constatations du médiateur et les déclarations recueillies au cours de la médiation ne peuvent être divulguées aux tiers ni invoquées ou produites dans le cadre d’une instance judiciaire ou arbitrale sans l’accord des parties.

Il est fait exception aux alinéas précédents dans les deux cas suivants :

a) En présence de raisons impérieuses d’ordre public ou de motifs liés à la protection de l’intérêt supérieur de l’enfant ou à l’intégrité physique ou psychologique de la personne ;

b) Lorsque la révélation de l’existence ou la divulgation du contenu de l’accord issu de la médiation est nécessaire pour sa mise en œuvre ou son exécution.

Lorsque le médiateur est désigné par un juge, il informe ce dernier de ce que les parties sont ou non parvenues à un accord.

[9] Article 3

Les deux premiers alinéas de l’article 21-3 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 précitée sont ainsi rédigés :

« Sauf accord contraire des parties et sauf disposition légale contraire, la médiation est soumise au principe de confidentialité qui s’impose au médiateur et aux parties, ainsi qu’à toutes les personnes qui participent au processus de médiation, à quelque titre que ce soit, notamment les avocats des parties, les experts ou tout tiers.

« Les constatations du médiateur, les documents établis pour les besoins de la médiation et les déclarations recueillies au cours de la médiation ne peuvent, sans l’accord des parties, être divulgués aux tiers ni produits ou invoqués dans la suite de la procédure ou dans une autre instance judiciaire ou arbitrale. Sauf accord contraire des parties, la confidentialité à l’égard des tiers et de l’autre partie s’applique à ce qui est recueilli par le médiateur dans le cadre d’une réunion individuelle. »

[10] Article 4

L’article 21-5 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 précitée est complété par deux alinéas ainsi rédigés :

« Le juge contrôle l’absence de contrariété de l’accord à l’ordre public.

« Il ne peut modifier les termes de l’accord qui lui est soumis ».

[11] Art. 12 d.lgs. 4/3/10 n. 28  Efficacia esecutiva ed esecuzione

   1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano  assistite  da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce  titolo  esecutivo  per  l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna  e  rilascio,  l’esecuzione  degli obblighi di fare e non fare,  nonché  per  l’iscrizione  di  ipoteca giudiziale. Gli  avvocati  attestano  e  certificano  la  conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo  comma,  del  codice  di procedura civile. In tutti gli altri  casi  l’accordo  allegato  al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità  formale  e  del rispetto  delle  norme  imperative  e  dell’ordine  pubblico.   Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2  della  direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  21  maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del  tribunale  nel  cui circondario l’accordo deve avere esecuzione.

  2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce  titolo  esecutivo  per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica  e  per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

[12] Ossia la nostra mediazione non giudiziaria.

[13] Articolo 5

L’article 22-1 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 précitée est ainsi rédigé :

« Art. 22-1. – En tout état de la procédure, y compris en référé et en post-sentenciel, lorsqu’il estime qu’une résolution amiable du litige est possible, le juge peut, s’il n’a pas recueilli l’accord des parties, leur enjoindre de rencontrer un médiateur. Ce dernier informe les parties de l’objet et du déroulement d’une mesure de médiation.

« Le médiateur peut recueillir l’accord des parties pour entrer en médiation. Dans ce dernier cas, elles peuvent choisir la médiation conventionnelle ou solliciter du juge l’organisation d’une mesure de médiation judicaire. Elles informent le juge du début de la médiation et de leur issue.

« La partie à l’instance qui ne défère pas à cette injonction sans motif légitime peut être privée par le juge du bénéfice de l’article 700 du code de procédure civile. En outre, si le demandeur à l’instance ne défère pas à cette injonction, l’instance peut être radiée administrativement par le magistrat si le défendeur ou l’un des défendeurs ne s’y oppose pas. »

[14] Articolo 22-1 A

Per la conoscenza dei giudici è stabilito un elenco di mediatori redatto da ciascuna corte d’appello, alle condizioni stabilite con decreto del Consiglio di Stato adottato entro sei mesi dalla promulgazione della legge n° 2016-1547 del 18 novembre, 2016 sulla modernizzazione della giustizia del 21° secolo.

Article 22-1 A

Il est établi, pour l’information des juges, une liste des médiateurs dressée par chaque cour d’appel, dans des conditions fixées par un décret en Conseil d’Etat pris dans un délai de six mois à compter de la promulgation de la loi n° 2016-1547 du 18 novembre 2016 de modernisation de la justice du XXIe siècle.

[15]

Article 700

Le juge condamne la partie tenue aux dépens ou qui perd son procès à payer :

1° A l’autre partie la somme qu’il détermine, au titre des frais exposés et non compris dans les dépens ;

2° Et, le cas échéant, à l’avocat du bénéficiaire de l’aide juridictionnelle partielle ou totale une somme au titre des honoraires et frais, non compris dans les dépens, que le bénéficiaire de l’aide aurait exposés s’il n’avait pas eu cette aide. Dans ce cas, il est procédé comme il est dit aux alinéas 3 et 4 de l’article 37 de la loi n° 91-647 du 10 juillet 1991.

Dans tous les cas, le juge tient compte de l’équité ou de la situation économique de la partie condamnée. Il peut, même d’office, pour des raisons tirées des mêmes considérations, dire qu’il n’y a pas lieu à ces condamnations. Néanmoins, s’il alloue une somme au titre du 2° du présent article, celle-ci ne peut être inférieure à la part contributive de l’Etat.

[16] Articolo 6

Après l’article 22-1 de la loi n° 95-125 du 8 février 1995 précitée, il est inséré un article 22-1-1 ainsi rédigé :

« Art. 22-1-1. – Le médiateur est garant de la loyauté du processus.

« À tout moment, les parties peuvent quitter le processus de médiation.

« Le médiateur refuse d’engager un processus de médiation s’il apparaît que l’une des parties utilise la médiation à des fins déloyales, notamment comme un moyen dilatoire. S’il apparaît, au cours du processus, que l’une des parties utilise le processus à des fins déloyales, le médiateur l’interrompt et en informe le juge, tout en respectant son obligation de confidentialité. »

Nuovo contenzioso pre-pandemia in Europa

In data 8 luglio 2021 è stato rilasciato il Quadro di valutazione della giustizia 2021 negli Stati UE.

Nella presente nota ci occupiamo dei dati del 2019 riguardanti il nuovo contenzioso approdato nei tribunali in primo grado appunto nel 2019: il documento europeo rilascia da diversi anni i dati del biennio anteriore.

La popolazione del 2019 degli stati UE era di 444.986.759 persone.

Nel 2018 la popolazione era di 444.536.821 anime e dunque c’è stato un aumento di 449.938 anime

Tutto il sopravvenuto non penale in relazione al primo grado corrispondeva a 37.240.440 liti. Nel 2018 il sopravvenuto non penale era stato di 33.658.091 liti e dunque vi è stato un aumento di 3.582.349 controversie.

I popoli più litigiosi in campo non penale appartenevano con riferimento al primo grado a Danimarca, Austria e Polonia (Tuttavia mancano all’appello i dati di Germania, Grecia e Portogallo). I meno litigiosi risultavano quelli di Lussemburgo, Cipro e Malta.

I popoli più litigiosi in campo civile e commerciale risultavano essere sempre con riferimento al primo grado quelli di Romania, Belgio e Polonia  (mancano però i dati di Cipro e Bulgaria). I meno litigiosi risultavano quelli di Finlandia, Svezia e Lussemburgo.

Nel settore amministrativo le nazioni maggiormente litigiose (primo grado) sono state Svezia, Germania ed Austria (mancano i dati della Grecia, mentre Danimarca e Irlanda non consentono di conteggiare separatamente le cause amministrative), quelle meno litigiose Malta, Lettonia, Slovenia, Slovacchia, Italia e Repubblica ceca (a pari merito con 0,1 controversie ogni 100 abitanti).

Almeno l’8,38% della popolazione europea aveva una causa sopravvenuta non penale con riferimento al primo grado.

Almeno il 2,36% della popolazione europea aveva in piedi una causa sopravvenuta civile e commerciale con riferimento al primo grado.

Almeno lo 0,41% della popolazione europea aveva in piedi una causa sopravvenuta amministrativa con riferimento al primo grado.

Almeno il 6,07% della popolazione aveva in piedi una causa sopravvenuta non penale che non fosse né amministrativa né civile e commerciale

Gli stati con maggiore sopravvenuto non penale erano Polonia, Italia e Austria.

Gli stati con minor sopravvenuto non penale erano Malta, Lussemburgo e Slovenia.

Non hanno rilasciato dati Germania, Grecia e Portogallo e dunque il sopravvenuto non penale del 2019 effettivo risulta essere ben più consistente.

Il sopravvenuto civile e commerciale del 2019 era di 10.505.398, ossia il 28,21% di tutto il sopravvenuto non penale: la qualcosa dovrebbe far pensare ad un rafforzamento dei metodi ADR che invece nel 2020 ha avuto un rallentamento.

Gli stati con maggiore sopravvenuto civile e commerciale sono stati Italia, Francia e Romania

Gli stati con minor sopravvenuto civile e commerciale sono stati Lussemburgo, Malta e Finlandia.

Bulgaria e Cipro non hanno rilasciato dati.

Nel 2018 i sopravvenuti civili e commerciali erano 10.712.657. E dunque sono diminuiti di 207.259 unità.

Il contenzioso amministrativo sopravvenuto di primo grado è stato di 1.814.328 controversie (mancano però i dati della Grecia). Nel 2018 le cause nuove sono state 1.903.089 e dunque c’è stato una minore iscrizione a ruolo (per 88.761 controversie).

Gli stati con contenzioso amministrativo sopravvenuto più elevato risultavano essere Germania Francia e Spagna. Gli stati con minor contenzioso sopravvenuto risultavano il Lussemburgo, la Lettonia e la Slovenia.

Con riferimento alle cause non penali che però non siano né civili e commerciali né amministrative (27.020.250) mancano i dati di Grecia, Cipro, Portogallo e Bulgaria e Germania. Gli stati con maggiore contenzioso risultavano comunque Polonia, Austria, Danimarca e Italia. Quelli con minor contenzioso Malta, Lussemburgo e Svezia.

La legge sulla mediazione civile e commerciale in Giappone

Atto di conciliazione civile

legge n 222 del 9 giugno 1951

Capitolo I Disposizioni generali

Sezione 1: Norme generali (articoli da 1 a 23)

Sezione 2 Conciliatore civile (articoli da 23-2 a 23-4)

Capo II Disposizioni speciali

Sezione 1 Conciliazione immobiliare (articoli da 24 a 24-3)

Sezione 2: Conciliazione agricola (articoli da 25 a 30)

Sezione 3: Conciliazione commerciale (Articolo 31)

Sezione 4: Conciliazione sull’inquinamento minerario (articoli 32 e 33)

Sezione 5 Conciliazione sugli incidenti stradali (Articoli 33-2)

Sezione 6 Conciliazione sull’inquinamento (Articoli 33-3)

Capo III Disposizioni penali (articoli da 34 a 38)

Disposizioni supplementari

Capitolo I Disposizioni generali

Sezione 1 Regole generali

(Obiettivo della presente legge)

Articolo 1 Scopo della presente legge è la risoluzione delle controversie civili basata sul compromesso tra le parti e secondo la ragione e le circostanze delle controversie.

(Caso di conciliazione)

Articolo 2  Quando sorge una controversia civile, una parte può presentare un’istanza di conciliazione al tribunale.

(Giurisdizione)

Articolo 3  Salvo disposizione contraria, la causa di conciliazione è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sull’ubicazione del domicilio, della residenza, dell’ufficio o di qualsiasi altro ufficio del convenuto, o del tribunale distrettuale o del tribunale sommario convenuto a dalle parti.

(Trasferimento, ecc.)

Articolo 4 (1)  Se il tribunale riceve un’istanza per un caso che non è di sua competenza, deve trasferire tale caso al tribunale distrettuale, al tribunale per la famiglia o al tribunale sommario competenti; a condizione, tuttavia, che il giudice, quando lo ritenga particolarmente necessario al trattamento della causa, possa trasferire in tutto o in parte la causa ad un altro giudice competente o trattare la causa da solo, nonostante le disposizioni sulla competenza territoriale.

(2)  Anche se il tribunale riceve un’istanza per un caso di sua competenza, quando lo ritiene opportuno per l’elaborazione del caso, può trasferire tutto o parte del caso ad un altro tribunale competente, nonostante le disposizioni sulla competenza territoriale.

(Organo di Conciliazione)

Articolo 5 (1)  Il tribunale esegue la conciliazione avvalendosi di un comitato di conciliazione; fermo restando che, quando il giudice lo ritenga opportuno, la conciliazione può essere effettuata dal solo giudice.

(2)  Il tribunale, su richiesta di una parte, esegue la conciliazione mediante un comitato di conciliazione, nonostante la disposizione della clausola precedente.

(Composizione del Comitato di Conciliazione)

Articolo 6  La commissione di conciliazione è composta da un capo conciliatore e da due o più commissari di conciliazione civile.

(Designazione del Capo Conciliatore, ecc.)

Articolo 7 (1)  Il capo conciliatore è un giudice designato da un tribunale distrettuale.

(2)  I commissari di conciliazione civile che sono membri di un comitato di conciliazione sono designati dal tribunale per ogni caso.

(Commissari di Conciliazione Civile)

Articolo 8 (1)  I commissari di conciliazione civile partecipano alla conciliazione svolta dal comitato di conciliazione e, su ordine del tribunale, per quanto riguarda gli altri casi di conciliazione, esprimono le loro opinioni sulla base delle loro conoscenze ed esperienze personali, ascoltano i pareri delle persone interessate al caso al fine di risolvere la controversia come commissionato e svolgere altri affari necessari come specificato dalla Corte Suprema al fine di elaborare le cause di conciliazione.

(2)  I commissari di conciliazione civile prestano servizio a tempo parziale e le questioni necessarie relative alla loro nomina e revoca sono specificate dalla Corte Suprema.

(Indennità, ecc.)

Art. 9 Ai commissari di conciliazione civile spetta l’indennità prevista separatamente dalla legge, nonché le spese di viaggio, diaria e di alloggio secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte.

Articolo 10  Soppresso

(Partecipazione degli Interessati)

Articolo 11 (1)  Una persona interessata all’esito della conciliazione può partecipare al procedimento di conciliazione, con l’autorizzazione del comitato di conciliazione.

(2)  Il comitato di conciliazione, quando lo ritenga opportuno, può far partecipare al procedimento di conciliazione qualsiasi persona interessata all’esito della conciliazione.

(Misure precedenti alla conciliazione)

Articolo 12 (1) Quando il comitato di conciliazione lo ritenga particolarmente necessario per la conciliazione, come misura preconciliativa, il comitato di conciliazione può, su istanza di una parte, ordinare di vietare al convenuto o a qualsiasi altra persona interessata dal caso di cambiare lo stato esistente o la disposizione di qualsiasi bene, o ordinare loro di cessare e desistere da qualsiasi atto che renda impossibile o estremamente difficile il raggiungimento dell’oggetto della conciliazione.

(2)  La misura di cui al comma precedente non è esecutiva.

(Quando non condurre la conciliazione)

Articolo 13  Quando il comitato di conciliazione ritenga che una causa non sia per sua natura idonea alla conciliazione o accerti che una parte ha presentato istanza di conciliazione per un motivo ingiusto e senza giusta causa, il comitato di conciliazione può decidere di non procedere alla conciliazione e chiudere il caso.

(Conciliazione fallita)

Articolo 14  Se non vi è probabilità che le parti raggiungano un accordo o se il comitato di conciliazione ritenga che l’accordo raggiunto sia inadeguato e il giudice non emetta l’ordinanza di cui all’articolo 17, il comitato di conciliazione può decidere che la conciliazione non ha successo e chiudere il caso.

(Ricorso Mutatis Mutandis alla Conciliazione del Giudice Solo)

Articolo 15  Le disposizioni dall’articolo 11 al precedente articolo compreso si applicano mutatis mutandis ai casi in cui la conciliazione è effettuata dal solo giudice.

(Buona conciliazione ed effetto della stessa)

Articolo 16  Quando viene raggiunto un accordo tra le parti in sede di conciliazione e viene trascritto in un verbale, la conciliazione si considera positiva e tale scrittura ha lo stesso effetto di una transazione giudiziale.

(Ordine in luogo della conciliazione)

Articolo 17  Se è improbabile che la conciliazione condotta da un comitato di conciliazione abbia esito positivo e il tribunale lo ritenga opportuno, può, di propria autorità e in misura non contraria agli obiettivi delle istanze delle parti, emettere un provvedimento al fine di dirimere la controversia, sentito il parere dei commissari di conciliazione civile che compongono detto comitato di conciliazione, tenendo conto dell’equo trattamento degli interessi di entrambe le parti e tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. Con tale ordinanza, il giudice può ordinare il pagamento di denaro, la consegna di un oggetto o qualsiasi altra prestazione di utilità economica.

(Obiezione)

Articolo 18 (1)  Una parte o qualsiasi persona interessata può sollevare un’opposizione all’ordinanza di cui all’articolo precedente. Il termine per sollevare tale eccezione è di due settimane dal giorno in cui la parte riceve la notifica dell’ordinanza.

(2)  Se un’obiezione a un ordine viene sollevata entro il termine di cui al paragrafo precedente, tale ordine cessa di essere efficace.

(3)  Se non viene sollevata alcuna obiezione entro il termine di cui al paragrafo (1), l’ordinanza contenuta in detto paragrafo avrà lo stesso effetto di una transazione giudiziaria.

(Proposizione di ricorsi in caso di mancata conciliazione, ecc.)

Articolo 19  Se un caso è chiuso ai sensi della disposizione dell’articolo 14 (compresi i casi in cui si applica mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 15) o se un ordine cessa di essere efficace ai sensi della disposizione del paragrafo 2 dell’articolo precedente, e l’attore propone quindi un’azione in merito alla domanda per la quale è stata chiesta la conciliazione entro due settimane dal giorno in cui ne riceve la comunicazione, tale azione si considera presentata al momento del deposito dell’istanza per la conciliazione.

(Conciliazione del Tribunale competente)

Articolo 20 (1)  Quando il giudice competente lo ritiene opportuno, può, di propria autorità, sottoporre la causa alla conciliazione e trattare la causa stessa o far trattare la causa da un tribunale competente; a condizione, tuttavia, che ciò non si applichi ai casi in cui le parti non sono d’accordo e in tal senso dopo il completamento del procedimento per organizzare le questioni e le prove del caso.

(2)  Se la causa è rinviata alla conciliazione ai sensi della disposizione del paragrafo precedente e la conciliazione ha esito positivo o un ordine di cui all’articolo 17 diventa definitivo e vincolante, l’azione si considera ritirata.

(3)  Se il tribunale responsabile di una causa esegue esso stesso il processo di conciliazione ai sensi della disposizione del paragrafo 1, nonostante la disposizione dell’articolo 7, paragrafo 1, il capo conciliatore è designato dal tribunale competente della causa tra i giudici ad essa assegnati.

(Appello immediato)

Articolo 21 Contro l’ordinanza emessa nel procedimento di conciliazione può essere proposto ricorso immediato, come previsto dal Regolamento della Corte Suprema. Il termine per la presentazione di tale ricorso è di due settimane.

(Applicazione mutatis mutandis della legge sulle procedure per cause non controverse)

Articolo 22 Salvo disposizione contraria, alla conciliazione si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni della Parte I della Legge sulle procedure non contenziose (Legge n. 14 del 1898), salvo contraria natura della stessa; a condizione, tuttavia, che sia esclusa la disposizione dell’articolo 15 di detta legge.

(Materie non previste dalla presente legge)

Articolo 23 Oltre a quanto previsto dalla presente legge, le questioni necessarie in materia di conciliazione sono precisate dalla Corte suprema.

Sezione 2 Conciliatore civile

(Nomina, ecc. del Conciliatore Civile)

Articolo 23-2 (1)  Un conciliatore civile è nominato dalla Corte Suprema tra gli avvocati che hanno prestato servizio in tale qualità per non meno di cinque anni.

(2) Un conciliatore civile svolge i compiti necessari per il trattamento dei casi di conciliazione, come previsto dalla presente legge.

(3) Un conciliatore civile dura in carica due anni e può essere riconfermato.

(4)  Un conciliatore civile presta servizio a tempo parziale.

(5)  Il conciliatore civile non può essere destituito durante il suo mandato, salvo in nessuno dei casi elencati nei seguenti punti:

(i)  qualora il conciliatore civile rientri in uno dei casi dell’articolo 7 della legge sugli avvocati (legge n. 205 del 1949);

(ii) nel caso in cui il conciliatore civile sia ritenuto incapace di svolgere le proprie funzioni psichicamente o fisicamente; o

(iii) nel caso in cui si accerti che il conciliatore civile ha violato i propri obblighi nell’esercizio delle sue funzioni o ha commesso qualsiasi altra colpa tale da renderlo inidoneo a svolgere la funzione di conciliatore civile.

(6)  Oltre a quanto previsto dalla presente legge, la materia concernenti la nomina e la revoca dei conciliatori civili sono specificate dal Regolamento della Corte Suprema.

((Competenza del Conciliatore Civile, ecc.)

Articolo 23-3 (1)  Un conciliatore civile gestisce i casi di conciliazione, come designato dal tribunale.

(2)  Un conciliatore civile può, nel corso del trattamento dei casi di conciliazione di cui si occupa, esercitare i poteri in relazione alla conciliazione civile o alla conciliazione speciale (compresi i poteri spettanti al capo conciliatore) previsti come quelli che devono essere esercitati da un giudice ai sensi delle disposizioni della presente legge (comprese le disposizioni della legge sulle procedure per le cause non contenziose applicate mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 22) e delle disposizioni della legge sulle procedure speciali di conciliazione per accelerare l’accordo di debiti specificati, (legge n. 158 del 1999), e può altresì esercitare i seguenti poteri:

(i)  i poteri in materia di conciliazione civile previsti come quelli che devono essere esercitati da un tribunale ai sensi dell’articolo 4, della previsione dell’articolo 5, paragrafo 1, dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafo ( 1), l’articolo 17, l’articolo 28 applicati mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 30 (compresi i casi in cui si applicano mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 33), l’articolo 34 e l’articolo 35;

(ii)  i poteri previsti come quelli che devono essere esercitati dal giudice ai sensi delle disposizioni della legge sulle procedure per le cause non controverse applicate mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 22 (esclusa la disposizione dell’articolo 5 della stessa legge), che riguardano la conciliazione civile ; e

(iii)  i poteri in materia di conciliazione speciale prescritti come quelli che devono essere esercitati dal giudice nelle disposizioni della legge sulle procedure speciali di conciliazione per accelerare la composizione dei debiti specificati, ecc.

(3)  Un conciliatore civile svolge le sue funzioni in modo indipendente.

(4)  Un conciliatore civile può, nell’esercizio dei suoi poteri, impartire a un cancelliere un’ordinanza necessaria concernente i suoi doveri. In tal caso, al cancelliere che riceve un’ordinanza da un conciliatore civile si applica, mutatis mutandis , la disposizione dell’articolo 60, comma 5, della legge sulla Corte (legge n. 59 del 1947).

(Indennità, ecc. per Conciliatori Civili)

Articolo 23-4  Al conciliatore civile è corrisposta l’indennità prevista separatamente dalla legge, nonché le spese di viaggio, l’indennità giornaliera e le spese di alloggio come precisato dalla Corte Suprema.

Capo II Disposizioni speciali

Sezione 1 Conciliazione immobiliare

(Casi di Conciliazione Immobiliare e Foro Competente)

Articolo 24  La conciliazione relativa a una controversia su un contratto di locazione o altro rapporto relativo all’uso di un lotto edificabile o di un edificio è di competenza del tribunale sommario competente per l’ubicazione del lotto o dell’edificio oggetto della controversia, o il tribunale distrettuale che ha giurisdizione su detto luogo come determinato di comune accordo tra le parti.

(Conciliazione precontenziosa nei casi in cui si reclama un aumento o una diminuzione del canone di locazione)

Articolo 24-2 (1)  Una persona che intende presentare un’azione per richiedere un aumento o una diminuzione dell’importo del canone di locazione di un terreno come previsto dall’articolo 11 della legge sulle locazioni di terreni e costruzioni (legge n. 90 del 1991) ovvero per richiedere l’aumento o la diminuzione dell’importo del canone di locazione di un immobile di cui all’articolo 32 della citata legge, deve preventivamente presentare istanza di conciliazione.

(2)  Se una persona intenta un’azione in una causa di cui al paragrafo precedente senza aver prima presentato un’istanza di conciliazione, il tribunale competente deve rinviare la causa alla conciliazione; fermo restando, tuttavia, che ciò non si applica quando il giudice competente non ritenga opportuno sottoporre la causa alla conciliazione.

(Termini di Conciliazione Determinati dal Comitato di Conciliazione nei Casi di Richiesta di Aumento o Diminuzione del Canone d’affitto)

Articolo 24-3 (1)  In una causa di conciliazione che coinvolge una domanda di cui al paragrafo 1 dell’articolo precedente, se non vi è alcuna probabilità che venga raggiunto un accordo tra le parti o se il comitato di conciliazione ritiene che l’accordo raggiunto sia inappropriato, e vi è un accordo scritto tra le parti secondo cui obbedirebbero ai termini di una conciliazione determinata da un comitato di conciliazione (limitatamente a tale accordo raggiunto dopo la presentazione dell’istanza di conciliazione per quanto riguarda la causa di conciliazione), il comitato di conciliazione può, su istanza, determinare i termini di conciliazione idonei alla risoluzione della controversia.

(2)  Quando i termini di una conciliazione di cui al paragrafo precedente sono trascritti in un verbale, la conciliazione si considera positiva e tale registrazione avrà lo stesso effetto di una transazione giudiziaria.

Sezione 2: Conciliazione agricola

(Casi Conciliazione Agraria)

Articolo 25  La conciliazione relativa a una controversia su un contratto di locazione o altro rapporto relativo all’uso di terreni agricoli, o terreni, fabbricati o altri beni agricoli connessi alla gestione dell’azienda (di seguito denominati “terreni agricoli, ecc.”) è disciplinata disposizioni della presente Sezione, oltre a quanto previsto dal Capo precedente.

(Giurisdizione)

Articolo 26  Una causa di conciliazione di cui all’articolo precedente è di competenza del tribunale distrettuale che ha giurisdizione sull’ubicazione del terreno agricolo, ecc. che è in controversia, o del tribunale sommario che ha giurisdizione su tale luogo come determinato da accordo delle parti.

(Dichiarazione di pareri dei funzionari ministeriali dei terreni agricoli, ecc.)

Articolo 27  Il funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli può esprimere i propri pareri al comitato di conciliazione in una data fissata per la comparizione o in un’occasione diversa da tale data.

(Udienza dei pareri dei funzionari ministeriali dei terreni agricoli, ecc.)

Articolo 28  Quando un comitato di conciliazione intende procedere alla conciliazione, ascolta i pareri di un funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli.

(Ricorso Mutatis Mutandis alla Conciliazione del Giudice Solo)

Articolo 29  Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano mutatis mutandis ai casi in cui la conciliazione è svolta dal solo giudice.

(Applicazione Mutatis Mutandis al trasferimento, ecc.)

Articolo 30  La disposizione dell’articolo 28 si applica mutatis mutandis ai casi in cui il giudice intenda trasferire il caso ad un altro giudice o trattare il caso da solo ai sensi della disposizione dell’articolo 4, paragrafo 1 o paragrafo 2 ) di detto articolo, ovvero se il giudice intende emettere un’ordinanza di cui all’articolo 17.

Sezione 3 Conciliazione commerciale

(Termini di conciliazione determinati dal Comitato di conciliazione nei casi di conciliazione commerciale)

Articolo 31  Le disposizioni dell’articolo 24-3 si applicano mutatis mutandis ai casi di conciliazione commerciale

Sezione 4 Conciliazione sull’inquinamento minerario

(Cause di conciliazione sull’inquinamento minerario e giurisdizione pertinente)

Articolo 32  La conciliazione relativa a una controversia relativa al risarcimento dell’inquinamento minerario previsto dalla legge sulle miniere (legge n. 289 del 1950) è di competenza del tribunale distrettuale competente del  luogo in cui si è verificato il danno.

(Applicazione Mutatis Mutandis delle Disposizioni sulla Conciliazione Agraria)

Articolo 33  Le disposizioni dell’articolo 24-3 e degli articoli da 27 a 30 si applicano mutatis mutandis ai casi di conciliazione di cui all’articolo precedente. In tal caso, la frase “funzionario ministeriale o prefettizio dei terreni agricoli” di cui agli articoli 27 e 28 si considera sostituita con “direttore generale dell’Ufficio dell’economia, del commercio e dell’industria”.

Sezione 5 Conciliazione per incidenti stradali

(Casi di conciliazione per incidenti stradali e giurisdizione competente)

Articolo 33-2  Una causa di conciliazione che comporti una controversia sul risarcimento dei danni per la morte o le lesioni fisiche di una persona causate dalla circolazione di un’automobile è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sul luogo del domicilio o della residenza della persona che chiede il risarcimento, oltre al giudice di cui all’articolo 3.

Sezione 6 Conciliazione sull’inquinamento

(Conciliazione sull’inquinamento e giurisdizione competente)

Articolo 33-3  Una causa di conciliazione relativa a una controversia per danni derivanti da inquinamento o violazione dell’interesse di una persona a godere della luce solare, della ventilazione o di altri interessi della vita è di competenza del tribunale sommario che ha giurisdizione sul luogo in cui si è verificato il danno o è probabile che si verifichi, oltre al giudice di cui all’articolo 3.

Capitolo III Disposizioni penali

(Sanzione per mancata comparizione)

Articolo 34  Se una persona coinvolta nel caso, chiamata a comparire dal tribunale o dal comitato di conciliazione, non si presenta senza giustificato motivo, il tribunale lo punisce con una sanzione non penale non superiore a 50.000 yen.

(Sanzione per il mancato rispetto delle misure)

Articolo 35  Se una parte o un partecipante non ottempera alla misura disposta ai sensi dell’articolo 12 (compresi i casi applicati mutatis mutandis ai sensi dell’articolo 15) senza giustificato motivo, il giudice lo punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria di non più di 100.000 yen.

(Ordine di multa non penale)

Articolo 36 (1) L’ordine di una sanzione non penale ai sensi dei due articoli precedenti è eseguito sulla base di un ordine emesso da un giudice. Tale ordine ha lo stesso effetto di un titolo di obbligazione esecutiva.

(2) L’ordine di una sanzione non penale è eseguito secondo le disposizioni della legge sull’esecuzione forzata (legge n. 4 del 1979) e altre leggi e regolamenti concernenti le procedure per l’esecuzione forzata; a condizione, tuttavia, che non sia necessario notificare l’ordine prima di eseguirlo.

.

(3)  In aggiunta a quanto previsto nei due commi precedenti, le disposizioni della Parte V della Legge sulle procedure non contenziose si applicano mutatis mutandis all’ordinanza di una sanzione non penale; fermo restando, tuttavia, che sono escluse le disposizioni degli articoli 162 e 164 della citata legge concernenti il ​​pubblico ministero.

(Reato di divulgazione di informazioni riservate su atti deliberativi)

Articolo 37  Se un commissario di conciliazione civile o chi ha ricoperto la carica, divulga particolari in ordine allo svolgimento delle deliberazioni del comitato, ovvero ai pareri del capo conciliatore e del commissario di conciliazione civile o al numero dei pareri costituenti la maggioranza e la minoranza, è punita con l’ammenda fino a 300.000 yen.

(Reato di divulgazione di informazioni personali riservate)

Articolo 38  Qualora il commissario di conciliazione civile o chi ha ricoperto la carica, divulga senza giustificato motivo informazioni personali riservate di cui sia venuto a conoscenza in relazione ai dati da esso trattati nell’esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione nella forma del lavoro fino a un anno o con la multa fino a 500.000 yen.

Statistica della mediazione civile e commerciale in Gran Bretagna

E’ uscito in Gran Bretagna il 9° rapporto del CEDR sulla situazione della mediazione civile e commerciale.

L’ultimo rapporto era del 2018.

Ne faremo qui una breve sintesi rimandando i lettori al documento:

Sono stati intervistati ben 361 mediatori che sono la metà di quelli iscritti al Civil Mediation Council ed alcuni avvocati.

Non si è preso in considerazione il settore ACAS o HMCS dello Small Claims Mediation Service ove i risultati sono ancora più significativi, né la mediazione familiare (che comunque in pandemia è cresciuta del 26%).

Prima della pandemia (31/03/20) i casi annuali erano circa 16.500, il 28% in più di quelli del 2018.

Gli invii ad hoc sono aumentati del 53% rispetto al 2018.

L’85% dei casi sono gestiti da solo 200 mediatori e 120 di loro gestiscono addirittura il 73% delle mediazioni.

I mediatori affermati dominano la professione, ed è molto difficile entrare per i nuovi arrivati.

In termine di esperienza ci sono tre grandi categorie di mediatori:

  1. mediatori molto esperti (65%)
  2. mediatori che hanno gestito pochi casi (meno di 4 casi all’anno)
  3. mediatori solo accreditati che non hanno gestito alcun caso

Il 44 % dei mediatori sono avvocati (rispetto al 2018 hanno lasciato il settore il 5% dei legali).

I mediatori molto esperti fanno per lo più la professione a tempo pieno.

L’età media delle mediatrici è di 53 anni mentre quella degli uomini è di 59-60 anni, ma per i mediatori molto esperti è di 62 anni per gli uomini.

Il 33% dei mediatori, ovvero il gruppo più numeroso, si situa tra i 60 e i 70 anni, solo il 7% sono avvocati ed il 34% sono mediatori esperti

EtàMediatoriAvvocatiMediatori esperti
Sotto i 30-402%12%
30-407%35%5%
40-5020%27%20%
50-6027%18%25%
60-7033%7%37%
80-9011%1%14%

Il 41% dei mediatori esperti è formato da donne.

Mentre il 17% degli avvocati sono di colore, solo l’8% riguarda i mediatori che dunque sono nella stragrande maggioranza bianchi.

La progressione di carriera sembra più facile per gli avvocati anche in relazione al raggiungimento di accordi.

Ma è anche vero che chi media a tempo pieno e dunque ha lasciato la professione precedente è dotato di maggiore credibilità.

Che cosa muove le persone a scegliere un dato mediatore? In primo luogo la reputazione personale e l’esperienza. Il fatto che sia un provider ad raccomandare un certo mediatore non è invece rilevante.

Il tasso di accordi in Gran Bretagna è del 93% (gli avvocati però riferiscono un 85%): il 72% dei casi vedono l’accordo in una giornata ed il restante 21% poco dopo.

Il tempo di una mediazione nel 2020 è in media di 14,6 ore: 6 ore di preparazione, 6,8 ore di mediazione, 1,8 ore di follow up.

Quali sono le opinioni dei mediatori circa gli avvocati e le parti che hanno partecipato alla mediazione?  

Il comportamento del 71% degli avvocati è stato valutato tra l’abbastanza buono e il molto buono.

Il comportamento del 70% dei clienti ha ricevuto le stesse valutazioni.

Sfortunatamente c’è ancora un groppo di circa il 14% degli avvocati e del 16% dei clienti che viene valutato dai mediatori tra lo scarso e il molto scarso

Il 62% degli avvocati ha valutato la prestazione dei mediatori come performante. Solo la prestazione di un 15% dei mediatori è stata valutata scarsa o molto scarsa.

Quali sono i comportamenti negativi che i mediatori hanno maggiormente notato negli avvocati e nei loro clienti?

  • Eccessivo affidamento sui consulenti 53%
  • Strategia di negoziazione scadente 48%
  • Pensiero di gruppo 42%
  • Evitamento 24%
  • Conflitto interpersonale all’interno del team 14%
  • Disaccordo sulla strategia 14%

Ed i comportamenti più positivi?

  • Una leadership efficace dei team di negoziazione con i clienti nel 43% delle occasioni
  • Strategia di negoziazione solo nel 31% dei casi.

Nell’anno precedente alla pandemia solo il 2% dei mediatori ha dichiarato di effettuare più di 10 mediazioni online.

Tra il marzo ed il settembre 2020 il numero delle mediazioni commerciali è diminuito del 35%, ma l’89% dei casi è stato condotto online.

La mediazione on line in tema di lavoro è arrivata al 93%.

Prima del marzo 2020 solo il 26% dei mediatori segnalava di praticare la mediazione online; successivamente la quota è passata al 71%.

Il 91% dei mediatori ha dichiarato che la cosa che piace di più della mediazione online è la facilità di accesso e che non sono necessari spostamenti.

Al 14% dei mediatori non piacciono  i problemi tecnologici della mediazione on line e  all’84% la poca efficacia del mezzo telematico per la costruzione del rapporto e la lettura del setting.

Complessivamente, il livello di comfort medio è stato di 6,85 su 10 per i mediatori e di 6,1 per gli avvocati.

Su che cosa succederà in futuro alla mediazione on line ci sono varie opinioni.

Solo il 45% degli avvocati (rispetto al 73% dei mediatori) prevede un aumento della mediazione telematica.

Quanto alle categorie di casi che si presterebbero alla mediazione on line si ritiene che siano le seguenti: mediazione del lavoro, casi di mediazione “pesante”, casi che coinvolgono i giovani, casi in cui le parti sono geograficamente lontane, casi di modico valore o casi dove i costi di una mediazione sarebbero sproporzionati.

Circa la quota di lavoro che mediatori e avvocati riferiscono alla mediazione online per il futuro si parla del 65% ossia di una quota più bassa rispetto a quella della pandemia.

Con la mediazione online si è scoperto il valore dei contatti di pre-mediazione e si segnala una maggiore tendenza all’accordo

Quali sono i settori che vedranno un incremento della mediazione nei prossimi due anni?

Mediazioni commerciali, di lavoro, sulla negligenza professionale, controversie dovute al covid-19 e alla brexit, ristrutturazione del debito e cause di lavoro.

Ma quanto guadagnano i mediatori inglesi?

Prima della pandemia i guadagni erano i seguenti, ma in pandemia non ci sono state particolari variazioni.

Coloro che effettuano tra le 20 e le 30 mediazioni all’anno guadagnano tra £ 40.000 e £ 275.000 con una media di £ 110.000 (128.034,32 €)

Quei mediatori che effettuano tra le 30 e le 50 mediazioni all’anno guadagnano tra £ 130.000 e £ 440.000, con una media di £ 268.750 (312.811,12 €)

Coloro che si occupano di oltre 50 casi all’anno guadagnano tra £ 98.000 e £ 880.000, con una media di £ 307.000 ( 357.332,14 €)

Il 24,6% dei mediatori guadagna giornalmente dalle 1251 alle 2000 sterline (tra i 1456 e i 2327,90 €)

In conclusione nel Regno Unito ogni anno si mediano cause per un valore di 17,5 bilioni di € (che corrispondono ad un quinto delle sovvenzioni che un paese come Malta riceve dall’Europa).

Dal 1990 sono stati mediati casi per un valore di 155 bilioni di €.

Ogni anno la mediazione civile e commerciale fa risparmiare allo Stato 4,6 bilioni di €; dal 1990 sono stati risparmiati 40 bilioni di euro.

La mediazione lituana nel processo amministrativo

Nel 2019 la Lituania ha messo in opera otto riforme in tema di giustizia con riferimento alle spese di giustizia, al Codice di rito, ai metodi ADR, all’amministrazione delle Corti, al Consiglio Superiore della magistratura, alla specializzazione del tribunale, al gratuito patrocinio, allo status delle professioni legali e dei giudici[1].

Tanto per avere un termine di paragone l’Italia ne ha varata una sola in materia del codice di rito.

In materia civile e commerciale nel 2018 sono entrate nei tribunali lituani 109.236 controversie, mentre i pendenti iniziali si assestavano su 22.410 procedimenti. Rispetto al 2017 le controversie si sono peraltro ridotte di 21.847 unità.

A fine anno dal momento che i giudici lituani avevano una produttività del 103,6% sono residuate da decidere 18.779 liti.

Quanto al tempo del giudizio basti pensare che per i tre gradi civili e commerciali ci volevano complessivamente 351 giorni (in Italia ci vogliono 2.656 giorni).

Nel 2018 la Lituania aveva poi un complessivo amministrativo (pendenti + sopravvenuti) di 19.609 controversie.

Ma quelli che spaventavano il paese erano probabilmente i tempi: 515 giorni solo per due gradi. 

Dal momento che la popolazione era di sole 2.801.269 bisognava correre ai ripari.

Credo che l’Italia dovrebbe prendere esempio dalla legge lituana ed inserire la possibilità di bonario componimento, conciliazione e mediazione nell’ambito del processo amministrativo.

Se non altro perché per un giudizio amministrativo completo nel 2018 ci volevano in Italia in media 1.681 giorni ed avevamo un pendente solo in primo grado di 242.509 controversie.

I Lituani hanno oggi un’ottima legge che certamente consente la deflazione del contenzioso.

Dal 2018 quindi in Lituania la mediazione è approdata nel processo amministrativo con gli art. 2, 27, 28, 51, 67, 791 e dunque l’emenda della Legge sui casi amministrativi della Repubblica di Lituania del 14 gennaio 1999 No. VIII-1029 (2, 27,51, 67, 791 straipsnis LIETUVOS RESPUBLIKOS ADMINISTRACINIŲ BYLŲ TEISENOS ĮSTATYMAS 1999 m. sausio 14 d. Nr. VIII-1029)[2].

Oggi anche per questo intervento la Lituania è al secondo posto della classifica UE per promozione dell’ADR volontario con ben 46 punti al pari della Germania.

L’art. 2 c. 4 della legge suddetta stabilisce che “La mediazione giudiziaria è una procedura di risoluzione delle controversie amministrative in cui uno o più mediatori aiutano le parti di una controversia a risolvere la controversia in modo amichevole in un caso giudiziario[3].”

Ai sensi dell’art. 27 c. 1 salvo diversa disposizione di legge, le controversie amministrative sono esaminate “in via extragiudiziale dalla Commissione lituana per le controversie amministrative e dalle sue suddivisioni territoriali,[4]“o per alcune questioni amministrative possono essere formate altre commissioni (art. 27 c. 4)[5].

E dunque non si va direttamente davanti al giudice. Ma la decisione di tali commissioni può essere impugnata entro 30 giorni al Tribunale amministrativo (art. 28)[6].

Ai sensi dell’art. 51 poi “In qualsiasi fase del procedimento, le parti della controversia possono risolvere il caso mediante composizione amichevole se la natura della controversia lo consente. L’accordo di pace non deve contraddire le disposizioni imperative di leggi e altri atti giuridici, l’interesse pubblico o violare i diritti o gli interessi legittimi dei terzi interessati. Un accordo di pace non può essere concluso nei casi riguardanti la legalità di atti amministrativi normativi, nei casi riguardanti denunce riguardanti violazioni delle leggi elettorali e della legge sul referendum, nei casi riguardanti le richieste del consiglio comunale di decidere se il sindaco abbia o meno esercitato i propri poteri statutari. L’oggetto dell’accordo transattivo deve essere della stessa natura delle richieste specificate nel ricorso. L’accordo transattivo può risolvere in tutto o in parte la controversia (reclami individuali). Il tribunale adotta le misure per conciliare la controversia solo con il consenso delle parti ad avviare trattative per la conclusione di un accordo transattivo.”[7]

Quindi si può raggiungere un accordo tra le parti oppure chiedere ai giudici amministrativi di conciliare; in entrambi i casi l’accordo è approvato dal Tribunale amministrativo (art. 51 c. 2)[8].

Ma si è detto che sussiste anche la mediazione giudiziaria: l’accordo della mediazione viene approvato dal Tribunale amministrativo, ma quando la mediazione giudiziaria è svolta dallo stesso giudice del procedimento amministrativo, egli stesso ha la facoltà di approvarlo con un proprio ordine (art. 51 c. 3)[9].

Ovviamente il tribunale non approva un accordo transattivo contrario ai casi sopra visti (legge elettorale, referendum ecc.). Se il tribunale rifiuta di approvare l’accordo transattivo, emette un ordine motivato. Un ordine del tribunale che rifiuta di approvare un accordo transattivo può essere però impugnato in un appello separato (art. 51 c. 4)[10].

Un accordo può essere presentato al Tribunale amministrativo anche dopo la sentenza, ma prima che scada il termine per l’appello; in questo caso il termine per appellare viene sospeso in attesa dell’approvazione o meno dell’accordo (art. 51 c. 5)[11].

Nella fase di preparazione del caso si verifica un fenomeno molto rilevante: il Presidente del Tribunale amministrativo ove stabilisca che un accordo transattivo può essere concluso nel caso, invita le parti della controversia a considerarne la conclusione e indica che se le parti della controversia accettano di stipulare un accordo transattivo, i termini essenziali dell’accordo devono essere concordati prima dell’udienza; oppure sempre stabilito che sussista la possibilità di risolvere la controversia nel caso mediante mediazione giudiziaria, il Presidente può offrire alle parti della controversia di utilizzare tale opportunità (art. 67 n. 6 e 7)[12].

Ai sensi dell’art. 791 in ultimo[13] su richiesta o con il consenso delle parti della controversia, può essere condotta la mediazione giudiziaria secondo la procedura stabilita dalla legge in discorso e dal Consiglio dei giudici[14]. La mediazione giudiziaria può aver luogo solo in una controversia amministrativa che consente alle parti di concludere una composizione amichevole ai sensi di legge.

I servizi di mediazione giudiziaria sono forniti gratuitamente alle parti della controversia.

Il rinvio di una controversia alla mediazione giudiziaria può essere avviato dal tribunale adito della controversia amministrativa o da qualsiasi parte della controversia. Una controversia viene deferita a un mediatore con ordinanza di un tribunale amministrativo, quando il tribunale chiarisce l’essenza della mediazione giudiziaria alle parti, è stato ottenuto il consenso delle parti in causa o è stata presentata una richiesta di trasferire la controversia alla mediazione giudiziaria.

La mediazione giudiziaria può essere condotta da mediatori che sono giudici iscritti nell’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania.

Un giudice che ascolta un caso amministrativo può, con il consenso delle parti, decidere di condurre egli stesso la mediazione e, quando il caso è ascoltato da una giuria, la giuria può nominare uno dei suoi membri per mediare se è un mediatore o selezionare e nominare un altro mediatore.

Perché medi il giudice ci vuole il consenso scritto di entrambi le parti. Su richiesta o con il consenso delle parti della controversia possono essere nominati più mediatori.

L’ordinanza di deferimento aggiorna il procedimento e fissa l’ora esatta della successiva udienza. Prima di ciò, deve essere completata la mediazione giudiziaria.

Su presentazione del mediatore, il termine per il quale è stata rinviata l’udienza della causa può essere prorogato con decisione del giudice (o del collegio) incaricato della causa amministrativa. In questo caso, viene fissata una nuova ora esatta per l’udienza successiva.

Un mediatore nominato per condurre la mediazione giudiziaria deve creare un account da mediatore nel sottosistema di servizi elettronici pubblici del sistema di informazione giudiziario lituano entro cinque giorni lavorativi dalla nomina.

Il mediatore è nominato per svolgere la mediazione giudiziaria secondo la procedura stabilita dal Regolamento di mediazione giudiziaria approvato dal Consiglio dei giudici.

Se la mediazione giudiziaria è svolta da un giudice che ascolta un caso amministrativo (membro del collegio dei giudici), l’accettazione per svolgere la mediazione giudiziaria è formalizzata da una ordinanza.

Prima di fornire il consenso alla mediazione giudiziaria, il mediatore ha diritto di ricevere informazioni sul merito della controversia, le parti in causa, la natura del caso.

Il mediatore deve ritirarsi dalla risoluzione della controversia mediante mediazione giudiziaria, se sussistono i motivi di cui ai punti 1–4 del paragrafo 2 dell’articolo 44 della legge in commento: un giudice non può prendere parte al procedimento:

1) se ha precedentemente partecipato all’udienza di quella causa in qualità di testimone, specialista, perito, traduttore, rappresentante, pubblico ministero, segretario delle udienze;

2) se è parente delle parti del procedimento, di altri partecipanti al procedimento o dei giudici del collegio;

3) se lui o i suoi parenti hanno un interesse diretto o indiretto all’esito del caso o se ci sono altre circostanze che mettono in dubbio la sua imparzialità;

4) se ha già condotto una mediazione giudiziaria in questo caso e le parti della controversia non hanno concluso un accordo transattivo durante la procedura[15].

Durante il periodo di mediazione giudiziaria, il mediatore designato avrà accesso al fascicolo amministrativo o, su richiesta del mediatore, il fascicolo amministrativo gli sarà consegnato per la firma.

Il mediatore deve rinviare il caso amministrativo al giudice (collegio di giudici) prima dell’udienza del caso specificata nella ordinanza del tribunale.

Solo le parti in causa, i loro rappresentanti e il mediatore possono partecipare alla mediazione giudiziaria.

Su richiesta o con il consenso delle parti della controversia, altre persone possono partecipare alla mediazione giudiziaria.

I tribunali devono fornire strutture per la mediazione giudiziaria.

Previo accordo tra le parti in causa e il mediatore, la mediazione giudiziaria può essere svolta in altre sedi.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione elettronica possono essere utilizzate durante la mediazione giudiziaria.

Ogni parte della controversia può ritirarsi dalla mediazione giudiziaria senza indicare i motivi del recesso.

Ciò non impedisce alle parti della controversia di richiedere ripetutamente che la controversia sia deferita al tribunale attraverso la mediazione.

Siamo dunque in presenza di una mediazione volontaria e gratuita.

Concludo questa nota facendo un cenno a quel che prevede la normativa lituana in merito alla mediazione demandata civile e commerciale in generale e alla formazione del mediatore[16] perché si tratta di disciplina che considero molto interessante.

La Lituania incentiva finanziariamente la mediazione in corso di causa.

Se le parti concludono un accordo ottengono il rimborso del 75% dell’importo della tassa giudiziaria pagata al tribunale di primo grado[17].

In Lituania il Codice di procedura civile[18] prevede che il trasferimento di un caso alla mediazione possa essere avviato in materia civile da un giudice (dal collegio) o su richiesta di qualsiasi parte.

Una controversia viene deferita per la mediazione per ordine del giudice che ascolta la causa civile (o dal collegio), quando il tribunale ha chiarito il merito della controversia alle parti, vi è il consenso delle parti o c’è una loro richiesta di rinvio.

Il giudice della causa (o il collegio), dopo aver stabilito che esiste un’alta probabilità di una soluzione pacifica della controversia, può sottoporre la controversia alla mediazione obbligatoria.

La mediazione disposta dal giudice può riguardare anche i casi di mediazione obbligatoria extragiudiziale[19].

Nei procedimenti civili, il giudice può, con l’accordo delle parti, decidere (con un ordine) di condurre la mediazione se è un mediatore o di selezionare e nominare un altro mediatore che sia un giudice, tenendo conto delle opinioni delle due parti in merito alla nomina di un mediatore, notificando al Servizio di assistenza giudiziaria statale garantito la necessità di selezionare un mediatore dall’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania. La nomina di un mediatore è subordinata al suo consenso scritto.

Se il giudice dispone la mediazione sospende il procedimento e indica la data della udienza successiva. La mediazione giudiziaria deve essere completata entro tale termine. Su richiesta del mediatore, il termine per il rinvio del procedimento può essere prorogato con ordinanza del giudice che ha ascoltato la causa civile (o del collegio).

Il tribunale deve inviare al Servizio di assistenza giudiziaria statale garantito i dati della controversia e l’indicazione del mediatore che entro cinque giorni creerà un account per la mediazione e potrà prendere visione degli atti onde verificare che non ci siano incompatibilità.

Se media un giudice la procedura è gratuita per le parti.

Se il mediatore è stato selezionato dal Servizio di assistenza legale statale garantito, paga lo Stato per le prime quattro ore.

Se le parti vogliono continuare la mediazione oltre le quattro ore i costi sono a loro carico[20].

Il sistema è molto simile a quello californiano.

I tribunali designano i locali per lo svolgimento della mediazione giudiziaria. Previo accordo delle parti della controversia e del mediatore, la mediazione giudiziaria può essere condotta in altri locali.

Quanto alla formazione del mediatore è disciplinata in prima battuta dalla legge sulla mediazione: l’ultima versione è del 2020[21]. In seconda battuta da un regolamento ministeriale del 31 dicembre 2018[22].

Solo i mediatori inclusi nell’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania possono fornire servizi di mediazione, tranne il caso di mediatore straniero accreditato nel suo paese di provenienza (il servizio in questo caso però può essere solo temporaneo).

L’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania è compilato e gestito dal Servizio di assistenza legale garantito dallo Stato.

L’elenco dei giudici a cui è stato concesso lo status di mediatori è gestito dall’amministrazione dei tribunali nazionali secondo la procedura stabilita dal Consiglio giudiziario che notifica i nominativi al Servizio di assistenza legale.

I mediatori che sono giudici possono condurre solo mediazioni giudiziarie.

I requisiti per diventare mediatore sono differenziati.

I non giudici devono avere un titolo universitario, aver completato almeno 40 ore accademiche[23] di formazione sulla mediazione almeno cinque anni prima della data di domanda di ammissione all’elenco dei mediatori della Repubblica di Lituania; devono superare l’esame di abilitazione per mediatori ed avere buona reputazione.

L’esame è condotto dalla Commissione per l’esame delle qualifiche dei mediatori.

Si compone di due parti: scritta e orale. La parte scritta dell’esame è composta da 20 domande con 3 risposte a ciascuna domanda (solo 1 è quella corretta), dura un’ora e bisogna ottenere almeno una votazione di 7 punti.

Nel valutare la parte pratica dell’esame, vengono presi in considerazione la coerenza nello svolgimento del compito, la chiarezza e l’accuratezza del ragionamento, la capacità di applicare le conoscenze teoriche nel campo della mediazione nella situazione pratica.

I giudici che hanno un’esperienza inferiore ai tre anni devono fare un corso di formazione e sostenere l’esame di abilitazione; quelli che hanno più tre anni di esperienza devono frequentare solo un corso di introduzione alla mediazione di 16 ore accademiche e devono avere un dottorato in scienze sociali oppure aver seguito almeno 100 ore accademiche non oltre tre anni dalla richiesta. Gli avvocati devono fare il corso di formazione, ma non l’esame di abilitazione.

Sia per i giudici che per i non giudici vale la formazione continua: 20 ore in 5 anni. La preparazione e la pubblicazione di un articolo in materia di mediazione equivalgono a cinque ore accademiche di formazione in materia di mediazione. Un anno di insegnamento nel campo della mediazione equivale a dieci ore accademiche di formazione in mediazione.

Il principio della mediazione giudiziaria è che i mediatori devono essere adeguatamente preparati, competenti, devono agire in modo efficace e rispettare gli standard di condotta a loro applicabili.

Un mediatore che ha svolto mediazioni giudiziarie in materia civile non può prendere parte ai procedimenti in qualità di giudice, vice giudice o altra parte del procedimento.


[1] Cfr. The 2020 Justice scoreboard

[2] https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/TAIS.72290/asr

[3] Teisminė mediacija – administracinio ginčo sprendimo procedūra, kurios metu vienas ar keli mediatoriai padeda ginčo šalims taikiai spręsti šį ginčą teisme nagrinėjamoje byloje.

[4] 1. Jeigu įstatymai nenustato kitaip, administracinius ginčus ne teismo tvarka nagrinėja Lietuvos administracinių ginčų komisija ir jos teritoriniai padaliniai.

[5] 4. Atskiroms administracinių ginčų kategorijoms įstatymai gali nustatyti ir kitas išankstinio ginčų nagrinėjimo ne teismo tvarka institucijas.

[6] 1. Administracinių ginčų komisijos ar kitos išankstinio ginčų nagrinėjimo ne teismo tvarka institucijos sprendimą, priimtą ne teismo tvarka išnagrinėjus administracinį ginčą, galima skųsti administraciniam teismui per vieną mėnesį nuo sprendimo priėmimo dienos, jeigu įstatymai nenustato kitaip.

[7] 51 straipsnis. Teisė sudaryti taikos sutartį

1. Bet kurioje proceso stadijoje ginčo šalys gali baigti bylą taikos sutartimi, jeigu ją sudaryti galima atsižvelgiant į ginčo pobūdį. Taikos sutartis turi neprieštarauti imperatyvioms įstatymų ir kitų teisės aktų nuostatoms, viešajam interesui, nepažeisti trečiųjų suinteresuotų asmenų teisių ar teisėtų interesų. Taikos sutartis negali būti sudaroma bylose dėl norminių administracinių aktų teisėtumo, bylose pagal skundus dėl rinkimų įstatymų ir Referendumo įstatymo pažeidimų, bylose dėl savivaldybės tarybos prašymų pateikti išvadą, ar savivaldybės tarybos narys, savivaldybės tarybos narys – meras, kuriems pradėta įgaliojimų netekimo procedūra, sulaužė priesaiką ir (ar) nevykdė įstatymuose nustatytų įgaliojimų. Taikos sutarties dalykas turi būti to paties pobūdžio, kaip ir skunde (prašyme) nurodyti reikalavimai. Taikos sutartimi gali būti išspręstas visas ginčas ar jo dalis (atskiri reikalavimai). Teismas imasi priemonių ginčo šalims sutaikyti tik tuo atveju, kai yra ginčo šalių sutikimas pradėti derybas dėl taikos sutarties sudarymo.

[8] 2. Taikos sutartis pridedama prie bylos. Teismas, prieš tvirtindamas taikos sutartį, išaiškina ginčo šalims šių procesinių veiksmų pasekmes. Nutartimi dėl taikos sutarties patvirtinimo teismas patvirtina taikos sutartį ir nutraukia bylą. Šioje nutartyje turi būti nurodytos tvirtinamos taikos sutarties sąlygos.

[9] 3. Teisminės mediacijos metu ginčo šalims pasiekus taikų susitarimą ir sudarius taikos sutartį, šią sutartį šio straipsnio 2 dalyje nustatyta tvarka tvirtina administracinę bylą nagrinėjantis teismas. Kai teisminę mediaciją vykdo pats administracinę bylą nagrinėjantis teisėjas, jis turi teisę šio straipsnio 2 dalyje nustatyta tvarka patvirtinti ginčo šalių sudarytą taikos sutartį.

[10] 4. Teismas netvirtina taikos sutarties, kuri prieštarauja šio straipsnio 1 dalyje nurodytoms sąlygoms. Jeigu teismas atsisako tvirtinti taikos sutartį, dėl to jis priima motyvuotą nutartį. Teismo nutartis dėl atsisakymo tvirtinti taikos sutartį gali būti skundžiama atskiruoju skundu.

[11] 5. Jeigu ginčo šalys taikos sutartį sudaro ir pateikia ją teismui tvirtinti po sprendimo, priimto išnagrinėjus administracinę bylą apygardos administraciniame teisme, priėmimo, bet nepasibaigus jo apskundimo apeliacine tvarka terminui, apygardos administracinis teismas, nutartimi patvirtinęs taikos sutartį, panaikina priimtą sprendimą ir bylą nutraukia. Kol sprendžiamas taikos sutarties tvirtinimo klausimas, apeliacinio skundo padavimo termino eiga sustabdoma. Šioje dalyje nurodytu atveju taikos sutarties tvirtinimo ar atsisakymo ją tvirtinti klausimas gali būti sprendžiamas rašytinio proceso tvarka.

[12] (omissis)

6) nustatęs, kad byloje galima sudaryti taikos sutartį, pasiūlo ginčo šalims apsvarstyti taikos sutarties sudarymo galimybę ir nurodo, kad, ginčo šalims sutikus sudaryti taikos sutartį, dėl esminių sutarties sąlygų turi būti susitarta iki teismo posėdžio dienos;

7) nustatęs, kad byloje yra galimybė ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu, pasiūlo ginčo šalims šia galimybe pasinaudoti;

(omissis)

[13] 791 straipsnis. Ginčo perdavimas spręsti teisminės mediacijos būdu

1. Ginčo šalių prašymu arba sutikimu, laikantis šio įstatymo ir Teisėjų tarybos nustatytos tvarkos, gali būti vykdoma teisminė mediacija. Teisminė mediacija gali būti vykdoma tik dėl tokio administracinio ginčo, dėl kurio pagal įstatymus leidžiama ginčo šalims sudaryti taikos sutartį.

2. Ginčo šalims teisminės mediacijos paslaugos teikiamos nemokamai.

3. Ginčo perdavimą spręsti teisminės mediacijos būdu gali inicijuoti administracinę bylą nagrinėjantis teismas arba bet kuri ginčo šalis. Ginčas perduodamas spręsti teisminės mediacijos būdu administracinę bylą nagrinėjančio teismo nutartimi, kai teismas išaiškina šalims teisminės mediacijos esmę, yra gautas ginčo šalių sutikimas arba prašymas perduoti ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu.

4. Teisminę mediaciją gali vykdyti mediatoriai, kurie yra teisėjai, įrašyti į Lietuvos Respublikos mediatorių sąrašą. Teisėjas, nagrinėdamas administracinę bylą, šalių sutikimu gali nuspręsti pats vykdyti mediaciją, o kai bylą nagrinėja teisėjų kolegija, teisėjų kolegija gali paskirti vieną iš kolegijos narių vykdyti mediaciją, jei jis yra mediatorius, arba parinkti ir skirti kitą mediatorių, kuris yra teisėjas, pagal galimybes atsižvelgęs (atsižvelgusi) į abiejų šalių suderintą nuomonę dėl mediatoriaus, kuris yra teisėjas, kandidatūros. Mediatorius skiriamas tik gavus jo rašytinį sutikimą. Ginčo šalių prašymu ar sutikimu gali būti skiriami keli mediatoriai.

5. Šio straipsnio 3 dalyje nurodyta nutartimi bylos nagrinėjimas atidedamas ir nustatomas tikslus kito teismo posėdžio laikas. Iki jo teisminė mediacija turi būti baigta vykdyti. Mediatoriaus teikimu terminas, kuriam buvo atidėtas bylos nagrinėjimas, gali būti pratęstas administracinę bylą nagrinėjančio teisėjo (teisėjų kolegijos) nutartimi. Šiuo atveju nustatomas naujas tikslus kito teismo posėdžio laikas.

6. Mediatorius, paskirtas vykdyti teisminę mediaciją, per penkias darbo dienas nuo paskyrimo privalo susikurti mediatoriaus paskyrą Lietuvos teismų informacinės sistemos Viešųjų elektroninių paslaugų posistemėje.

7. Mediatorius skiriamas vykdyti teisminę mediaciją Teisminės mediacijos taisyklių, patvirtintų Teisėjų tarybos, nustatyta tvarka. Jeigu teisminę mediaciją vykdys administracinę bylą nagrinėjantis teisėjas (teisėjų kolegijos narys), jo sutikimas vykdyti teisminę mediaciją įforminamas nutartimi. Prieš duodamas sutikimą vykdyti teisminę mediaciją, mediatorius turi teisę gauti informaciją apie ginčo esmę, bylos šalis, bylos kategoriją.

8. Mediatorius turi nusišalinti nuo ginčo sprendimo teisminės mediacijos būdu, jeigu egzistuoja šio įstatymo 44 straipsnio 2 dalies 1–4 punktuose nurodyti pagrindai.

9. Paskirtam mediatoriui teisminės mediacijos laikotarpiu sudaromos sąlygos susipažinti su administracine byla arba mediatoriaus prašymu administracinė byla jam perduodama pasirašytinai. Mediatorius iki teismo nutartyje nustatyto administracinės bylos posėdžio laiko privalo grąžinti administracinę bylą teisėjui (teisėjų kolegijai).

10. Teisminės mediacijos metu gali dalyvauti tik ginčo šalys, jų atstovai ir mediatorius. Ginčo šalių prašymu arba sutikimu teisminės mediacijos metu gali dalyvauti ir kiti asmenys.

11. Teismai turi skirti patalpas teisminei mediacijai vykdyti. Ginčo šalių ir mediatoriaus susitarimu teisminė mediacija gali būti vykdoma ir kitose patalpose. Teisminės mediacijos metu gali būti naudojamos informacinės ir elektroninių ryšių technologijos.

12. Bet kuri ginčo šalis gali pasitraukti iš teisminės mediacijos, nenurodydama pasitraukimo priežasčių. Tai neužkerta kelio ginčo šalims pakartotinai prašyti perduoti ginčą spręsti teisminės mediacijos būdu.

[14] Ci si allinea dunque alla prassi statunitense.

[15] 1) jeigu jis anksčiau nagrinėjant tą bylą dalyvavo kaip liudytojas, specialistas, ekspertas, vertėjas, atstovas, prokuroras, teismo posėdžių sekretorius;

2) jeigu jis yra proceso šalių, kitų proceso dalyvių ar kolegijos teisėjų giminaitis;

3) jeigu jis pats arba jo giminaičiai yra tiesiogiai ar netiesiogiai suinteresuoti bylos baigtimi arba jeigu yra kitokių aplinkybių, kurios kelia abejonių jo nešališkumu;

4) jeigu jis šioje byloje vykdė teisminę mediaciją ir ginčo šalims teisminės mediacijos metu nepavyko sudaryti taikos sutarties.

[16] Cfr. Carlo Alberto Calcagno. Arbitrato e negoziato in Europa, Le opportunità dell’avvocato. Key editore, 2020

[17] Art. 87-88  CIVILINIO PROCESO KODEKSO

[18] Art. 231-1 e 231-2 CIVILINIO PROCESO KODEKSO

[19] http://tm.lrv.lt/lt/veiklos-sritys-1/civiliniu-gincu-taikinamasis-tarpininkavimas-mediacija/privalomoji-mediacija

[20] Art. 23 LIETUVOS RESPUBLIKOS MEDIACIJOS ĮSTATYMAS 2008 m. liepos 15 d. Nr. X-1702

https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/TAR.27B041C4CCDE/PiJbZXMLoG

[21] Civilinių ginčų taikinamojo tarpininkavimo ĮSTATYMAS Numeris: X-1702 – 2008/07/15

Publikavimas: Valstybės žinios, 2008-07-31, Nr.

https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/TAIS.325294/asr

Legge sulla mediazione conciliativa nelle controversie civili della Repubblica di Lituania del 15 luglio 2008 n. X-1702

Gazzetta ufficiale. 2008, No. 87-3462.

In vigore dal 31 luglio 2008 ad eccezione dell’articolo 10 che è in vigore dal 1° gennaio 2010 (attua la direttiva 52/08)

Ha subito tre modifiche. È stata ripubblicata il 12 luglio del 2017: CIVILINIŲ GINČŲ TAIKINAMOJO TARPININKAVIMO ĮSTATYMO NR. X-1702 PAKEITIMO ĮSTATYMAS 2017 m. birželio 29 d. Nr. XIII-534

https://e-seimas.lrs.lt/portal/legalAct/lt/TAD/95539982609f11e7a53b83ca0142260e

[22] ĮSAKYMAS DĖL LIETUVOS RESPUBLIKOS MEDIACIJOS ĮSTATYMO ĮGYVENDINIMO 2018 m. gruodžio 31 d. Nr. 1R-289

https://www.e-tar.lt/portal/lt/legalAct/dbf272d00cc911e9a5eaf2cd290f1944

[23] Il 40% deve essere di carattere pratico

Evoluzione storico-normativa del conflitto

In seminario

“La mediazione e le forme complementari di risoluzione delle controversie civili”

26 maggio 2021 ore 17

Avv. Carlo Alberto Calcagno

Mediatore civile e commerciale e familiare

Noi uomini del XXI secolo abbiamo un concetto di giustizia legato al processo e ad un tribunale stabile ove decidono dei giudici professionali che emettono delle sentenze motivate secondo diritto a seguito di un’istanza per lo più presentata da avvocati.

Questo schema a cui siamo abituati non è profondamente radicato nella storia come ci verrebbe da pensare; ci appartiene solo dal XIX secolo.

Lo stesso concetto attuale di tribunale peraltro in altri paesi è diverso dal nostro: negli Stati Uniti ad esempio con il termine “Tribunal” si intende qualsiasi luogo ove si prendono decisioni che incidono sui diritti, ma non vi è l’idea di un luogo fisso e predeterminato; si potrebbe ad esempio anche fare riferimento ad un’agenzia governativa. 

I millenni che ci hanno preceduto hanno spesso conosciuto composizioni itineranti. Così ad esempio in Cina o in Francia dove abbiamo ancora oggi una conciliazione itinerante, in Roma dove il praetor decideva in basilica, ma esercitava anche la giurisdizione de plano nei luoghi di privata dimora. Carlo Magno aveva i suoi Missi dominici, Federico II il Gran giustiziere e i maestri giustizieri che giravano per tutti i domini di loro competenza. Ancora il conciliatore del Regno di Sicilia in pieno Ottocento andava per le strade a cercare privati dissidi da comporre.

Le cose sono cambiate col Regno d’Italia, anche se gli uomini del periodo unitario non sapevano sostanzialmente che cosa fosse un tribunale, una corte d’appello o una cassazione (inizialmente ce ne erano ben cinque). La giustizia si esercitava per lo più presso il conciliatore e in qualche misura presso le preture.

Le preture non esistono più dagli anni ‘90 ed il conciliatore è stato sostituito dal giudice di pace, ma si sono accentrate tutte le liti presso il tribunale con gli esiti che abbiamo tutti sotto gli occhi.

Anche il concetto di giudice è mutato grandemente nel tempo. La storia ricorda solo pochi esempi di giudici che fossero giureconsulti: lo Scabino franco che era anche notaio e il Gran Giustiziere siculo.

Non lo erano i giudici più antichi e una laurea in giurisprudenza venne richiesta soltanto nei domini sabaudi a metà del XVIII secolo.

I giudici antichi si valevano di assessori che erano laureati in legge, ma la loro consultazione non era obbligatoria. Solo con Federico II a ben vedere si collazionarono delle raccolte di pronunce a cui potevano attingere anche i non giuristi e dunque si diffuse l’idea di un’applicazione della giustizia legata al precedente (che oggi troviamo nei paesi anglo-sassoni).

I giudici erano sostanzialmente dei boni homines che godevano della fiducia del principe.

Spesso non sapevano né leggere né scrivere ed infatti, ad esempio nel regno di Federico II le sentenze venivano stese dal notaio peraltro in presenza dei giudici e di testimoni che sapessero leggere e scrivere.

Non sapevano leggere o scrivere i giudici della Grecia antica che si limitavano a prendere una decisione con il voto, alzando o abbassando una mano.

Gli stessi avvocati sino al 1870 non avevano spesso neanche un titolo di scuola elementare perché nel nostro paese non c’era l’obbligo di istruzione (nemmeno per i farmacisti).

Del resto l’obbligo di scrivere la sentenza arriva soltanto con Federico II nel XIII secolo e solo con la Rivoluzione francese si arriva a pretendere una motivazione.

Lo stesso ruolo degli avvocati è mutato nel tempo: nell’Attica antica non esistevano i legali ma c’erano solo dei logografi giudiziari che a pagamento cercavano di convincere il giudice spesso inventando di sana pianta il testo della legge (per cui non sappiamo ad esempio con sicurezza quali fossero le leggi davvero vigenti nella Grecia antica); all’epoca la legge si considerava un mezzo di prova.

Gli avvocati dell’antica Roma non avevano la rappresentanza del cliente, ma si limitavano a parlare bene del loro assistito. La rappresentanza del resto era vista con sfavore dai giudici anche nel XIX secolo e si pretendeva pure l’atto notarile per conferirla. Così come oggi si pretende la procura sostanziale per la mancata partecipazione alla mediazione.

Anche gli uomini che litigavano ovviamente non sapevano né leggere né scrivere ed infatti i primi verbali di polizia (detti notoria) che arrivano sotto l’imperatore Valente, erano compilati soltanto dai poliziotti e ancora si discuteva in Cassazione nel XIX secolo sulla loro validità in giudizio.

Gli stessi atti di matrimonio ancora negli anni ’20 del secolo scorso riportavano spesso solo una croce. L’alfabetizzazione è stato un processo lungo. Pensiamo che solo nel 1962 il partito socialista  pose come condizione per appoggiare il governo di centro-sinistra l’estensione della scuola dell’obbligo ai tre anni successivi al quinquennio elementare e dunque venne fondata la scuola media unica. Di scuola elementare obbligatoria si inizia a parlare nel nostro paese attorno al 1860, ma gli esiti del dibattito non furono proficui; solo nel 1877 si stabilì che le scuole elementari durassero cinque anni e che il primo triennio fosse obbligatorio.

In una situazione come quella descritta come veniva effettuata la composizione del conflitto?

Gli uomini antichi avevano capito di base che l’uso della forza era economicamente meno conveniente dell’accordo.

Certo inizialmente lasciavano per lo più spazio alla vendetta anche se talvolta stipulavano delle intese dietro corresponsione di beni o denaro.

Oggi esiste la procura della Repubblica e quindi l’azione penale è pubblica, ma nella Grecia di Omero e nella Roma precedente a Cicerone le contese dipendevano solo dall’iniziativa privata.

Si ricorreva all’autorità (che poi era un consiglio di anziani) solo per stabilire se uno aveva il diritto di vendicarsi quando c’era un altro che sosteneva il contrario perché adduceva un accordo oppure in caso di accordo se chi doveva pagarne il prezzo, si assumeva, non avervi provveduto.

Le prime forme di giustizia sono dunque arbitrali e fondate sul consenso, ma anche la conciliazione aveva una sua parte importante.

Nel mondo greco-romano poi il processo si sviluppa sulla base delle forme di composizione che si erano escogitate nell’ambito della gens, della fratria o della famiglia, ossia in base all’arbitrato e alla conciliazione (e non il contrario) ma l’accordo o comunque una decisione extragiudiziaria era molto frequente perché ad esempio in Grecia non esistevano i diritti reali, solo gli uomini liberi ed i meteci potevano adire i tribunali e poi le sentenze erano comunque uniche e definitive.

A Roma vigevano gli usi ricordati dall’Evangelista Luca:  “Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare? Quando vai con il tuo avversario dal giudice, cerca di trovare un accordo con lui mentre siete ancora tutti e due per strada, perché il tuo avversario può trascinarti davanti al giudice, il giudice può consegnarti alle guardie e le guardie possono gettarti in prigione. Ti assicuro che non uscirai fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo spicciolo”.

Nella prima delle XII tavole si ricordava che l’ufficio del praetor era quello di sanzionare l’accordo che le parti trovavano lungo la via, ossia di munirlo di efficacia come una sentenza.

E quindi se la conciliazione non era obbligatoria, perlomeno così veniva sentita attorno al 70 d.C. (data del Vangelo), nonostante peraltro la proibizione degli accordi voluta da Caligola che resterà in piedi sino ad Arcadio ed Onorio.

Il mondo greco-romano aveva comunque una struttura giudiziaria, con i limiti sopra ricordati; ma detta organizzazione viene meno con le invasioni barbariche.

I barbari conoscevano solo la faida, la composizione pecuniaria delle offese era molto rara. Viene approfondita con Rotari in un famoso editto, ma sostanzialmente scattava come ultima risorsa quando non si erano vinte le prove di Dio (che chiamavano ordalia) e dunque la causa era perduta. 

Fra le più comuni prove di Dio va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo. Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piedi nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta.

Erano dette prove paribili (ossia evidenti) che ad un certo punto vengono affiancate dal duello giudiziario in cui due campioni si affrontavano con le armi nell’arena giudiziaria: chi vinceva con le armi ovviamente aveva ragione.

Sino a Federico II questo modo di procedere fu considerato il processo così come noi consideriamo processo quello attuale: fu il re svevo a condannare per primo le prove paribili ed il duello perché secondo lui non rivelavano la volontà di Dio e non attestavano affatto chi avesse ragione e chi avesse torto.

Ma dopo la morte dell’imperatore questo modo di considerare la giustizia continuò: nel Meridione arrivò in certe zone (nel beneventano) sino all’età barocca e a Milano abbiamo sistemi simili sino all’età viscontea.

Solo con Federico II abbiamo poi una piena distinzione tra reati e illeciti civili.

Ma i reati venivano spesso perseguiti “per inquisizione”, ossia il giudice andava a cercarsi i criminali (abbiamo detto che era itinerante) senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere del tutto discrezionale (detto arbitrium).

Come si inquadravano gli strumenti alternativi in questo sistema?

Prima delle invasioni barbariche vi era una sistema misto nel quale il giudice delegava l’arbitro a decidere o il conciliatore a conciliare, oppure si trovava un accordo per via o ancora inter parietes a mezzo di un disceptator domestiscus (che poteva essere o meno un giureconsulto).

Dopo le invasioni barbariche c’era solo la composizione pecuniaria; solo a partire da Federico II riprende il sistema misto; citiamo qui una norma che inquadra il modo di agire del Baiulo, un compositore che arriverà a giudicare al Sud sino al XIX secolo: “Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.”

 E dunque nelle cause più comuni, quelle tra villani (ossia tra i servitori del feudo e i servi della gleba) si dava incarico ad alcuni uomini che si intendevano della questione perché conciliassero la vertenza o fornissero al giudice qual parere che serviva per fare sentenza.

Questo modo di procedere si ritrova ancora nelle delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II).

Nell’Ottocento esistevano gli arbitri conciliatori che in materia societaria dovevano essere obbligatoriamente interpellati dal Tribunale per le questioni societarie e seguivano lo stesso schema del Baiulo: tentavano la conciliazione e formulavano un parere in caso di insuccesso.

Ancora oggi nell’esame contabile di cui all’art. 198 c.p.c. si ripete lo stesso schema: il consulente tecnico tenta la conciliazione su incarico del giudice e se  la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.

Nei secoli passati gli stessi giudici potevano esercitare ordinariamente tre poteri: quello di  conciliare, quello di arbitrare e quello di giudicare.

La conciliazione al pari dell’arbitrato è sempre stata fortemente valutativa: anche per questo oggi non riusciamo ad abituarci ad un mediatore facilitativo, che non reca soluzioni ma è solo un esperto di comunicazione.

Per quanto riguarda la mediazione attuale abbiamo due precedenti: il primo è del XV secolo e riguarda la nascita della figura del mediatore sui monti del Kosovo; il presupposto fu che si ammise che alcune offese non richiedessero necessariamente la vendetta ma fosse possibile anche il perdono; inoltre in quella società si partiva dal presupposto che tutti gli uomini fossero uguali e che dunque non  potesse esistere a priori in capo a qualcuno un diritto di punire che non fosse autorizzato a ciò dai litiganti.

Altro precedente risale al 1790 quando rinasce la conciliazione dopo la Rivoluzione francese: il giudice di pace di quei tempi era un mero mediatore perché pur avendo una sua giurisdizione, poteva mediare solo le controversie delle autorità superiori.

Di mediazione si riparla poi nel ‘900 negli Stati Uniti. Mentre in Italia la conciliazione trova uno stop col regime fascista, negli Stati Uniti la conciliazione era condizione di procedibilità per i rapporti di lavoro (con una normativa simile a quella del nostro decreto 28).

Dopo la crisi del 1929 una delle prime cose che si pensò fu la riforma del processo: le citazioni erano arrivate ad un livello di tecnicismo che rendeva difficile la vocatio in ius.

Si passa quindi ad un form compilabile da chiunque per l’introduzione della causa e le complicazioni vengono semplicemente traslate sulla fase pre-istruttoria (discovery) in cui le parti si scambiano i documenti

 Attorno agli anni 60’-70’ negli Stati uniti i costi di preistruttoria, si dice,  furono considerati insostenibili.

I giudici cercano di prendere il controllo della fase che precede quella istruttoria  per renderla meno costosa e più coerente.

Si cercarono inoltre vie più rapide e meno costose del processo che lentamente si «strutturarono».

Gli avvocati in un primo tempo fecero resistenza come da noi, ma poi decisero di specializzarsi in ADR.

In realtà oggi che abbiamo in USA la e-discovery le cose non sono cambiate perché i problemi americani riguardano proprio i costi degli avvocati, ma da loro il processo è una eccezione pur essendo comunque di ottimo livello.

Negli anni ’70 del secolo scorso bolliva però anche un’altra pentola; le aziende americane non erano competitive come al solito per colpa, si disse, del management la cui idea e funzione si volle modificare.

In particolare volevano che l’azienda fosse in grado di stringersi intorno alla fase della «Specificazione» in cui il management stabilisce «Idea, costo, prezzo, tempo» di un dato bene.

Si andarono così a studiare le opere omeriche, l’Eneide e la Bingfa (l’Arte della Guerra di Sun Tzu) e dai miti degli eroi se ne ricavò il nuovo modello.

 «Colui che trova il modo di far parlare tutte le parti interessate, che sa capire le loro differenti prospettive, e riesce infine a trovare un ideale comune che tutti siano disposti a sottoscrivere. Costui fa affiorare il conflitto, riconosce i sentimenti e i punti di vista di tutti e poi reindirizza l’energia verso un ideale comune» (Daniel Goleman)

A ciò si aggiunse dal punto di vista operativo un modello che aveva molto a che fare con il primo insegnamento del Buddha. 

Per un’economia rinnovata necessitava però anche una giustizia di pacificazione dei conflitti sociali che erano violenti in quel periodo.

Si va a riscoprire una giustizia di prossimità (community mediation) che era già presente nelle costituzioni dei singoli stati americani nel XVIII secolo.

Nel frattempo con l’aiuto dell’ONU si indagano le migliori prassi per la «conciliazione civile e commerciale». 

Conciliazione e mediazione sono negli Stati uniti fenomeni distinti: la prima può comportare una proposta del conciliatore, la seconda no.

 Negli anni 80’ interviene l’UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law) e pone le basi per la conciliazione commerciale moderna e per la nostra mediazione (da noi gli istituti non si distinguono).

Da questo momento in poi la mediazione arriva anche in Europa anche se si deve aspettare sino alla direttiva 52/08 perché si abbia in animo di deflazionare anche il contenzioso.

Federico II faro della civiltà giuridica

  1. Introduzione

I giuristi sanno di sicuro che con l’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 si è attribuito pieno effetto di legge agli atti e documenti informatici della pubblica amministrazione, così ponendo le basi per la successiva digitalizzazione delle procedure giudiziarie.

Da questo momento in poi il PCT è entrato gradualmente nella nostra vita e ha determinato una rivoluzione del processo così come lo conoscevamo sino a quel momento.

Sino  ad allora, infatti, il processo ha camminato seguendo alcune regole già presenti nel 1231 ed attribuibili a Federico II[1].

Ci sono molte considerazioni politiche e culturali[2] che lo riguardano e che si potrebbero fare ma in questa nota vogliamo occuparci soltanto del diritto: quello pubblico, il civile e il penale.

Vedremo anche come era organizzato il processo alla corte sveva.

L’opera dell’imperatore si può considerare un momento di rottura importante con riferimento a diverse componenti della tradizione giuridica, sia di quella romanistica che comunque egli riprese e scelse come perno della legislazione, sia di quella normanna che lo precedette.

Molte regole ed istituzioni che noi oggi diamo per scontate non avrebbero visto la luce se non vi fosse stato questo principe. Lo stesso illuminismo forse non avrebbe avuto quelle conseguenze che ha in effetti avuto per la società e per i governi.

Anche se, dobbiamo dirlo subito, dopo la morte di Federico molte delle sue riforme non si mantennero.

Appena diventato maggiorenne pensò di sostituire le consuetudini con le leggi scritte, la forza individuale con quella pubblica, volle affrontare le prepotenze dei signori feudali con il governo unico e centrale.

Era convinto di avere un obbligo impostogli da Dio di amministrare la giustizia e di vegliare sulle leggi; scriveva: “Bisogna che il sovrano sia padre e figlio, signore e ministro della giustizia. Padre e signore nel generarla e nell’educarla poiché sarà nata, e difenderla gelosamente: figlio nel rispettarla e venerarla; ministro nel distribuirla a ciascuno secondo i suoi diritti”[3].

L’idea era quella di dotare i suoi sudditi di  un codice in modo che la legge si fondasse sulla eguaglianza di tutti i cittadini, e determinasse chiaramente i diritti e i doveri di ciascuno.

Era poi anche necessario disporre di giudici che dipendessero da lui e che amministrassero la giustizia[4].

In Sicilia a quel tempo imperavano tre legislazioni (la longobarda, la bizantina e l’Araba) che creavano solo confusione nella popolazione.

Federico voleva armonizzarle:  ci avevano in verità già provato i Normanni (con i Defetarii) ma con scarsi risultati[5].

Era necessaria un’opera legislativa che fosse accettata dai sudditi romani, dai greci, dai tedeschi, dagli arabi, dai francesi e dagli ebrei e dunque il principe non pensava fosse utile cancellare con un tratto di penna il passato di questi popoli.

Noi”, dice  Federico, “noi che sospendiamo sulla bilancia della giustizia i diritti di ciascuno, non vogliamo nei giudizi distinzione, ma “uguaglianza. Sia franco, sia romano, sia longobardo l’attore o il convenuto, vogliamo gli sia resa giustizia”.

Così accolse le antiche leggi cercando di adeguarle ai tempi.

Il principio era rivoluzionario perché andava decisamente in senso contrario al feudalesimo che si basava invece sul riconoscimento e l’accettazione delle differenze.

Nel 1230 l’imperatore progettò quindi un codice che doveva comprendere il diritto politico, il civile, il criminale, il canonico, il procedimento giudiziario, i diversi uffici dei giudici e degli altri magistrati, la polizia, le finanze, le monete, i pesi e le misure[6].

Le leggi vennero solennemente riconosciute ed approvate in una corte generale[7], convocata in Melfi nel giugno del 1231, e quivi pure pubblicate nell’agosto dello stesso anno[8].

Ma due mesi prima furono sottoposte al giudizio del popolo: i compilatori erano insomma  solo dei meri consiglieri  e proponenti seppure godessero di grande dottrina e reputazione.

Le Costituzioni entrarono in vigore in tutta la monarchia siciliana nel settembre del 1231 che era il principio dell’anno greco nelle province meridionali.

Il clero ed i baroni vedevano decisamente ridotti i loro privilegi:  per tutta risposta sobillarono le città (Messina, Catania e Siracusa) contro la Monarchia che schiacciò con determinazione i capi della rivolta.

Il codice (le Costituzioni del regno) era scritto in latino perché all’epoca questo era la lingua della religione e della scienza. Ma nelle province meridionali circolò anche una edizione greca (Liber o Lex Augustalis) [9] peraltro non conforme all’originale, perché in quelle terre si parlava il greco.

Le basi erano normanne e vi si ritrovano i precetti di diversi re precedenti: Ruggiero II, Guglielmo I e Guglielmo II[10].

Quelle proprie di Federico riguardano un periodo anteriore al 1220[11] e poi una serie di provvedimenti denominati Novae Constitutiones[12].

Ma il merito di Federico II fu anche quello al contempo di far rivivere il diritto romano, riprendere le tradizioni germaniche e non trascurare la lezione del Cristianesimo e dunque il diritto canonico.

L’intero codice si divide in tre libri; il primo comprende cento e sette titoli, il secondo cinquantadue, il terzo novantaquattro: i titoli si riferiscono principalmente alle materie del governo pubblico, del diritto penale, e del procedimento giudiziario[13].

2. Principi di diritto pubblico

Il nonno di Federico, Ruggero II, si attribuisce per primo il nome di re[14] ed il diritto esclusivo di fare le leggi. Assume che tutti i signori siano suoi vassalli e che lui solo incarni lo stato.

Coloro che avessero goduto a qualche titolo delle regalie[15] che manifestavano il potere sovrano[16], non potevano farne commercio in quanto cose sottoposte al fisco e dovevano servire, a pagamento, il principe in pace ed in guerra.

Stabilì che tutte le giurisdizioni derivassero dal principe e dalle autorità giudiziarie da lui create e tolse ai Baroni il diritto di amministrare la giustizia nelle loro corti feudali: principio che, approvato più tardi dagli altri sovrani, fu il primo atto con cui fu combattuta l’aristocrazia feudale.

Ma tutto ciò durò solo lo spazio della vita del sovrano e Federico dovette ristabilire l’ordine.

Ampliò così le regalie[17] per il mantenimento della Corte: si trattava di imposte che il sovrano destinava a sé ed erano di tre tipi. Il fodro (fodrum, fodrium), ossia una determinata quantità di vettovaglie per il mantenimento del principe e della sua corte, che veniva spesso sostituita da una somma di danaro somministrata dalle terre vassalle. La paratica, o riparazione delle strade e dei ponti dei fiumi che doveva attraversare il sovrano. Il mansionaticum che doveva servire alle spese di alloggio dei cortigiani e dell’esercito reale durante il viaggio.

Federico II istituì il servizio di leva obbligatorio[18] in conseguenza del giuramento di fedeltà al sovrano; il servizio era modulato sulla dimensione del feudo e prevedeva la prestazione personale del feudatario (che diversamente perdeva il feudo) e dei suoi uomini oppure di una somma di denaro in sostituzione (bursale o adoba); i feudatari avevano anche l’obbligo di fornire le imbarcazioni per la guerra in mare aperto.  

Il servizio militare durava ordinariamente tre mesi:  trascorso tale termine il sovrano doveva pagare il soldo alle truppe feudali che voleva mantenere sotto la bandiera.

Se un barone non conduceva il suo contingente doveva pagare tre once e quindici tari al mese[19] per ogni uomo d’arme non presente. Se non poteva venire egli stesso, doveva, col consenso del sovrano, mettere comunque al suo posto un altro cavaliere, diversamente il fisco gli sequestrava metà della rendita.

Il principe si arrogò il diritto esclusivo di battere moneta, il supremo dominio sugli uomini e sulle terre, la più importante giurisdizione in quasi tutte le cause, il diritto di muover guerra e concludere la pace, e di comandare gli eserciti. 

A ciò si aggiunse il diritto di statuire leggi generali per tutto il regno, di legittimare i figli naturali, di creare nobili, magistrati e notai, di aprire Università degli Studi, e di creare un parlamento e  una corte suprema di giustizia nel regno: e ciò oltre a pretendere  le minori regalie, dette diritti utili ovvero la riscossione delle entrate pubbliche e i proventi delle multe e delle confische.

Il disegno di Federico era quello di diventare capo politico di tutta la cristianità; credeva di essere destinato a mantenere la pace fra le nazioni.

L’Europa intera era, infatti, all’epoca come un campo di battaglia, ove ogni uomo aveva sempre le armi in pugno, ed era preparato a perpetua difesa ed offesa.

Federico istituì una Corte capuana, un tribunale supremo, a cui i Baroni e le Università dei borghesi dovessero presentarsi entro breve termine. Nessuno poteva essere riconosciuto legittimo possessore, ove non adducesse le prove di regolari concessioni fatte dai principi normanni. Non riconosceva però le concessioni del re Tancredi perché lo considerava un usurpatore.

Peraltro quando un barone diveniva possessore d’un feudo, sia a titolo ereditario, sia per munificenza del sovrano, era tenuto a pagare al fisco, prima di ottenere la investitura, un diritto di variazione, chiamato diritto di rilievo (jus relievi), che era stabilito in metà della rendita della terra, cioè in dieci once per feudo.

Se l’erede non faceva la dichiarazione dei redditi alla fine dell’anno, pagava una multa esorbitante: fino a novanta once, cioè nove volte la mera tassa.

Le città del demanio poi pagavano ogni quindici anni un “diritto di mutazione”, come se passassero sotto un nuovo signore.

Ognuna di esse forniva all’esercito ed alla flotta un numero determinato di balestrieri, di fanti e di marinai, comandati dal sindaco in persona, o da uno de’ suoi delegati.

Ogni città marittima, che avesse un porto, era tenuta a costruire a proprie spese, ed a conservare in buono stato, una o parecchie galee.

Federico II decise di mantenere nelle sue mani l’esercizio della giustizia criminale in tutto il regno, e proibì apertamente ai prelati, ai conti e ai baroni di amministrarla in futuro[20]: la giustizia criminale si doveva esercitare soltanto per mezzo di giudici da lui creati.

Vietò l’alienazione dei feudi e il diritto di ricavare imposte dai fondi; concesse in mancanza di eredi maschi che potessero ereditare le donne.

Ogni feudatario però doveva avere il consenso reale nell’atto di dar marito alle figlie, alle sorelle e alle nipoti.

Nessun signore feudale poteva avere l’onore di ricevere giuramento di fedeltà dai propri vassalli, prima di averlo egli stesso prestato al principe.

Nessuna persona poteva obbligarsi verso i baroni per compiere opere o servigi che recassero pregiudizio alla libertà individuale; né un feudatario poteva considerare obbligati al proprio demanio uomini che già appartenessero al demanio regio, o chiedere a quelli del suo feudo opere e servigi, cui non fossero obbligati.

I vassalli potevano ricorrere al giudizio del re, per esporre i danni sofferti, contro quei signori che avessero contravvenuto a questi ordini, e il giudice stesso aveva facoltà di stabilire il risarcimento dei danni a favore dell’oppresso, non che una multa del doppio, a vantaggio del fisco, contro i baroni oppressori.

Inizialmente Federico era chiamato “re dei preti” perché aveva adottato provvedimenti a favore del clero, tra cui quello dell’obbligo di pagare le decime alla Chiesa, ma la situazione cambiò quando divenne imperatore (1215): cercò di comportarsi con il clero così come si era comportato coi baroni.

Vietò anche al clero di esercitare l’ufficio di giudice e di baiulo, sotto pena della confisca di tutti i beni[21], statuì altresì che nei delitti gravi anche i dignitari della Chiesa fossero giudicati dalla sua Corte.

Vieto ogni vendita o donazione d’immobili a chiese, ospedali e luoghi religiosi, e ordinò che essi vendessero o locassero ai congiunti del testatore, o ad altro borghese del demanio, questi beni ricevuti per testamento, e che, ove ciò non si adempiesse dopo un anno dalla elargizione, i beni passassero al fisco[22]: era questa una dichiarazione di guerra al clero siciliano.

Mentre con i Longobardi le norme canoniche proibivano d’imporre al Clero oneri e contribuzioni personali e reali, dirette od indirette, dal XIII secolo si iniziò ad obbligarli a pagare le imposte per le proprietà acquistate dai laici.

Federico II calcò ulteriormente la mano costringendo tutti gli ordini religiosi (tranne l’ordine teutonico che era suo alleato)  ad abbandonare a vantaggio del fisco tutti i beni acquistati da Tancredi in poi (ovvero dal 1189)[23].

Con i comuni mantenne una politica diversa dai suoi predecessori che li beneficiarono spesso per tenere a freno la potenza dei baroni. Ridusse l’autonomia stabilendo che a nessun cittadino, e a nessuna comunità fosse lecito dettare leggi, poiché questa era, naturalmente, prerogativa della sovranità. Dunque non gli statuti delle particolari città, ma le costituzioni imperiali dovevano aver forza ed autorità di legge (nemmeno potevano i Comuni eleggere ad arbitrio i propri rettori e magistrati, come era sempre stato prima dello svevo).

Quale fu il contrappeso di tale politica perché il principe non fosse visto come nemico delle classi dirigenti e dal popolo? 

Contemporaneamente alla monarchia (e quindi prima di Federico) erano nati Parlamenti, o comizi pubblici che dir si vogliano, che nella sostanza rimasero meramente feudali, composti cioè di soli baroni e di prelati, senza che una voce si levasse mai per esporre i bisogni e le ragioni del popolo.

Federico II decise di convocare un Parlamento in Lentini, stabili che due volte l’anno dovessero farsi in tutte le provincie del regno pubbliche adunanze, presiedute da un messo speciale dell’imperatore, nelle quali, oltre ai chierici ed ai baroni, fosse concesso di intervenire a quattro uomini buoni per ogni città[24], e a due per ogni terra o villaggio, affinché potessero esporre le proprie lagnanze e quelle dei loro elettori. L’aver ammesso i rappresentanti del popolo in siffatte assemblee comprova ch’egli desiderava dare ai Comuni sede stabile in Parlamento (cosa che accadde a partire dal 1240).

È questo certamente il primo esempio di una vera rappresentanza nazionale anche se in realtà i borghesi erano chiamati solo a convalidare con la presenza le deliberazioni già approvate nel Consiglio del principe e a diffondere i suoi ordini nelle loro terre (ma era già un passo avanti).

Ai tempi di Federico II i cittadini del regno erano divisi in cinque grandi classi: Conti, Baroni, Militi, Borghesi, e Rustici. Le prime tre categorie erano soggette solo al giudizio dei loro pari.

La classe più eminente era quella dei Conti. Quando  il Conte giurava innanzi al magistrato, il suo giuramento era creduto per un valore sino a cento once d’oro (sino a 18 mila euro attuali), mentre quello di un barone solo sino a cinquanta, quello del milite sino a venticinque. Per fornire la prova sui fatti riguardanti un Conte, quando venisse accusato, occorreva la testimonianza di sedici Borghesi, mentre per un semplice borghese erano sufficienti quattro soli uomini.

Seguivano i Baroni: per fornire la prova su un Barone occorrevano le testimonianze di 8 Militi e 16 Borghesi.  La dignità e la importanza di un barone veniva reputata, nella maggior parte dei casi, come metà di quella di un conte.

Per essere considerato milite bisognava provare che lo era stato il proprio padre e il proprio nonno: la carica era ereditaria. Per capire la posizione di questo ceto si pensi che una stessa ingiuria lanciata contro il milite veniva punita con la perdita della mano, se il colpevole era un borghese, mentre se l’offensore era a sua volta un milite la pena si riduceva ad un anno d’esilio ed alla perdita del cavallo.

I militi avevano diritto di girare armati in ogni luogo: potevano essere feudatari o figli che non ereditando il fondo paterno si dedicavano alla milizia: questi ultimi erano in grande onore presso il sovrano perché avevano abbracciato la carriera militare.

I Borghesi erano i semplici cittadini liberi da qualsivoglia dipendenza feudale. Potevano possedere solo beni non feudali (allodiali o burgensatici); Burgensis era il cittadino che non abitava in campagna ma in città.

I  Rustici o Villani  erano coloro dedicati al servizio dei feudi, ma la loro condizione dipendeva dal titolo per cui erano obbligati a servire: c’era chi era legato al fondo col corpo (servi per captitudinem) o perché abitavano o coltivavano un feudo servile (dovevano effettuare delle prestazioni dette angariae e per questo non potevano liberarsi dal loro giogo).

Questi ultimi erano detti propriamente rustici o villani, mentre i primi servi della gleba. I villani non potevano testimoniare in giudizio e le loro mogli erano dette ancillae ovvero schiave.

Il servo poteva esser venduto, pignorato, e battuto a volontà dal suo signore: non aveva facoltà di sposarsi secondo le sue volontà, né di vendicarsi ove avesse acquistato la libertà.

Un giudeo o un musulmano non potevano comperare però un servum christianum, o tenerlo in schiavitù sotto qualsivoglia pretesto.

Federico II decise di mantenere la schiavitù, così come accadeva al tempo dei romani, ma apportò diversi miglioramenti della condizione servile.

Proibì ai Baroni di opprimere ingiustamente i propri vassalli; ammise che i servi potessero possedere beni, e alienarli ad estranei, anche senza il permesso del loro padrone: cosa che prima era assolutamente vietata.

Si riconobbe ai servi una personalità loro propria in molti rapporti, e nei giudizi fu ammesso il giuramento e la testimonianza degli schiavi nelle cause dei loro pari.

Quindi una Costituzione stabili che non si potessero vendere i servi se non per liberarli, e che i liberi non si potessero ridurre mai più a condizione servile.

Arabi ed Ebrei goderono di una particolare protezione: pagavano un tributo particolare, erano sicuri nelle cose  e nelle loro persone: ebbero vera e libera proprietà; stessa considerazione ebbe il sovrano per i grandi ecclesiastici o secolari.

Federico II favori la immigrazione di quegli stranieri[25], i quali, per le loro capacità o per altri titoli, potevano arricchire lo stato.

Gli stranieri erano poi soggetti alle pene medesime dei cittadini, ma  le frodi commesse a loro danno erano punite con doppia pena; potevano possedere beni immobili e così erano ammessi a pubblici uffici[26]  ed a tutti i diritti e i privilegi dei cittadini.

Nel 1240 gli stranieri avevano il diritto di maritarsi con donne siciliane purché fossero fedeli e di buoni costumi, dimorassero almeno da dieci anni, nel regno, ed avessero contribuito, per la congrua parte, al pagamento delle tasse.

Federico II vietò l’albinaggio ossia la facoltà di introitare alle casse regie le sostanze degli stranieri:  ordinò che fosse accordata agli stessi piena facoltà di testare, stabilendo pure che, ove non  avessero disposto prima di morire, l’eredità loro si fosse devoluta a chi v’era chiamato per legge. E se questi non si trovava sul luogo in cui lo straniero era morto, le cose di lui si deponevano in una chiesa, e lo si aspettava per un anno. Inoltre se nessuno si presentasse a richiedere legittimamente tale eredità essa veniva erogata in beneficenza.

3. Diritto civile

Il diritto civile ai tempi di Federico II era assai vario perché diverse erano le popolazioni che abitavano il Regno.

Le azioni private erano dunque regolate sostanzialmente dalle particolari consuetudini delle persone e dei luoghi.

Federico II volle che la base della sua legislazione fosse quella romanistica che considerava diritto comune: entrava cioè in vigore ogniqualvolta il suo Statuto taceva.

Diamo un cenno in primo luogo delle regole concernenti le persone ed in particolare la famiglia.

Già sotto Ruggero II si stabilì che per il matrimonio era necessaria la pubblicità e la benedizione sacerdotale; in caso contrario le nozze erano illecite, si perdeva la dote e non si poteva testare a favore dei figli.

Per le nozze delle donne nobili era anche necessario l’assenso del re e spesso questo non arrivava (se non dietro pagamento di grandi somme) e dunque i beni ereditari venivano riversati al fisco, per difetto di successibili.

Ciò anche sotto Federico II che vietò pure ai cittadini di sposarsi con donne forestiere, sotto pena di perdere tutti i beni posseduti nello stato.

Disciplinò anche il ratto ai fini di matrimonio dichiarando inefficace qualunque consenso, e nullo il matrimonio del rapitore con la rapita che invece all’epoca era molto comune.

Circa il nuovo matrimonio sappiamo che per il legislatore normanno non era possibile risposarsi sino a che il proprio coniuge fosse vivo, a meno che la donna non fosse adultera e quindi soggetto di ripudio; forse nel regno svevo era possibile la separazione, ma nulla fu disposto da Federico sulla materia e sul divorzio.

Il primo effetto del matrimonio era la fedeltà: il marito poteva uccidere la moglie quando l’avesse colta in adulterio, ma doveva farlo all’istante.

Non era concesso alla moglie di vendere cose appartenenti e non alla dote, assumere obbligazioni di qualsivoglia carattere, od esercitare la mercatura senza il consenso del proprio compagno. Il quale conservava altresì l’amministrazione di tutte le sostanze della moglie, e ne percepiva i frutti; la rappresentava in giudizio, in modo che, senza il permesso del marito, lei non poteva adire il tribunale contro i terzi.

Questi precetti li ritroviamo ancora nel nostro codice civile unitario.

Erano vietate le donazioni tra coniugi: addirittura si consideravano dati a prestito perfino l’anello nuziale, le altre gioie, e gli ornamenti che la moglie avesse ricevuto dal marito o dai parenti di lui. Si arrivò a vietare anche le donazioni agli estranei, per paura che con esse si volesse mascherare una donazione fra coniugi.

Per regolare gli interessi dei coniugi era possibile la sola comunione dei beni, istituto questo barbarico: quando nascevano dei figli si formavano tre parti uguali delle sostanze comuni, di cui una spettava al padre, una alla madre, e la terza alla prole.

In caso di morte di un coniuge, la sua parte passava ai figli, però nel caso morisse la madre la parte della defunta rimaneva in usufrutto al padre, con l’obbligo di provvedere ai figli, e di educarli finché egli vivesse, o passasse a seconde nozze.

La maggiore età venne da Federico II stabilita nel diciottesimo anno, anche se per Romani era stabilita a 25 e per i Longobardi 12.

Si poteva però ottenere la dispensa dalla minore età: quando si fosse fatto conoscere il buon senno, l’integrità della vita, e la buona condotta del minore. In tal. caso, dietro esame della Gran Corte, il sovrano era solito abbreviare la minore età di uno ed anche di due anni, secondo le circostanze speciali (ma il minore non poteva comunque vendere o ipotecare beni).

Federico II istituì la tutela gratuita dei minori, a cui nessun cittadino poteva sottrarsi. Se i minori possedevano un feudo la tutela si chiamava Baliato o Baliaggio e Bali vennero chiamati i tutori feudali. Il termine balius non va confuso con quello del Baiulo che era invece come vedremo un giudice. Il balio poteva ritrarre dal feudo solo ciò che era necessario al proprio mantenimento.

I tutori erano obbligati a rendere esatto conto della loro amministrazione, quando i pupilli fossero giunti all’età maggiore, innanzi al giustiziere della provincia, o ad altro giudice, a ciò destinato dal principe, e si stabiliva che ove essi, amministrando, avessero commessa frode manifesta, non solamente sarebbero stati costretti a risarcire ai minori ogni danno cagionato per propria colpa, ma altresì a pagare altrettanto al fisco, oltre a quelle pene che il giudice avesse creduto opportuno d’infliggere.

Registriamo nel regno di Sicilia anche la tutela femminile che presso il Longobardi si chiamava Mundualdo.

Quanto alla successione Federico II fu un innovatore dato che sino a lui valeva la legge del maggiorascato maschile; stabilì che alla morte del padre succedessero tanto i figli quanto le figlie, maggiori o minori[27].

E se oltre ai maschi e alle femmine si fossero trovate delle sorelle del padre ancor nubili, di qualunque nazione o condizione fossero o franca o longobardica, o dei militi o dei borghesi, dovevano i maschi essere preferiti alle femmine, ma i fratelli o i nipoti dovevano maritare le sorelle o le zie.

Se sopravvivevano le sole femmine esse succedevano ad esclusione dei consanguinei;  se minori erano sottoposte al baliato del principe, il quale avrebbe poi curato di dar loro un marito, giunte che fossero ai quindici anni.

La donna inoltre doveva ricevere una dote consona che poteva anche stabilire il giudice: sino ad allora accadeva che le doti fossero simboliche e che i padri donassero alle figlie addirittura delle semplici ghirlande di fiori.

I figli rappresentavano, come in quasi tutte le leggi, il loro padre nella successione dell’avo, quando quegli fosse premorto.

Gli stessi criteri valevano sia per l’eredità paterna che per la materna.

I figli legittimi venivano esclusi dalla successione quando, per succedere ab intestato, avessero distrutto od occultato il testamento paterno.

Quanto ai figli naturali l’unica disposizione che si rinviene nel Codice riguardava i chierici: Federico ordinò che la Corte concedesse i  beni ai loro figliuoli, col peso di un’annua prestazione. In difetto di successori, i beni erano devoluti al fisco.

 I beni liberi dei chierici e quelli dei laici in terre demaniali, quando questi non avessero avuto eredi, dovevano passare al fisco per due terzi, e per un terzo erano destinati ai poveri a purgazione dell’anima del defunto.

 Quanto ai contratti non ci sono molte norme nel Codice perché il diritto romano già regolava molte vicende; tuttavia Federico introduce la prelazione[28] che i Romani non conoscevano: uno dei parenti più prossimi del venditore poteva escludere il primo compratore, qualora, entro il termine di un anno, egli offrisse lo stesso prezzo che l’altro aveva offerto.

Col volger del tempo tale diritto, dato ai parenti, venne esteso ai comproprietari, e, in mancanza di questi, anche ai confinanti.

Venne però imposto a chi voleva farne uso, di prestar sacro giuramento che non per conto di un terzo, sì acquistava il bene ma lo si faceva per proprio vantaggio; gli venne inoltre proibito di alienare nuovamente, per un certo numero di anni, il fondo acquistato.

Federico proibì di apprendere i buoi e i carri dei lavoratori nel tempo in cui un sequestro fosse operato per mancanza di pagamento d’un debito pubblico o privato: è una delle prime legislazioni che fanno salvi gli attrezzi del mestiere.

Quanto alla prescrizione i principi normanni stabilirono che  fosse di un anno, un mese, ed un giorno per tutte le cose possedute in buona fede. Federico II abolì questa norma e stabilì per il possessore di buona fede una prescrizione di 10 anni.

Le prescrizioni contro il fisco, ch’erano prima troppo brevi, vennero prorogate ad un secolo.

Quanto all’usura la concesse agli Ebrei perché aveva bisogno dei loro prestiti, ma non alla restante parte della popolazione.

Molto interessante fu anche la disciplina che riguardava i medici.

Federico II stabilì che nessuno potesse esercitare l’arte medica senza aver ottenuto una licenza. In caso contrario sarebbe scattato il carcere e la perdita dei propri beni.

I giovani che volessero intraprendere la medicina dovevano frequentare un corso regolare di studi: per tre anni studiavano filosofia e per cinque il testo d’Ippocrate e di Galeno, tanto in teorica quanto in pratica.

Poi dovevano essere pubblicamente esaminati nel collegio medico di Salerno il quale concedeva lettere testimoniali per ottenere la licenza del re; a questo punto si doveva fare praticantato presso i maestri della medicina.

Una volta ottenuta la licenza del sovrano, il medico, qualunque cura facesse senza dolo, non era perseguibile penalmente.

Federico stabili ancora il numero delle visite necessarie agli ammalati, la retribuzione dei medici, e l’obbligo loro di curare gratuitamente gli indigenti.

Chi si fosse applicato alla chirurgia, doveva inoltre addestrarsi per un anno unicamente nelle operazioni.  Federico  istituì anche una cattedra di anatomia.

4. Governo, istituzioni giudiziarie, notariato e avvocatura

Per realizzare i suoi scopi l’Imperatore aveva bisogno di riordinare le istituzioni giudiziarie.

La politica era legata a doppio filo a quel tempo alle regole dei processi, specie quello criminale (come del resto accade anche oggi).

Egli era convinto che a nulla giovasse possedere buone leggi, se chi fosse deputato ad eseguirle, per ignoranza o per malizia, tradisse il mandato, e che la legge scritta restasse una buona intenzione e non altro, se non s’incarnasse nella ferma volontà del principe di farla eseguire, e nella costante e sapiente collaborazione dei suoi magistrati.

Già con Ruggero II vigeva il principio secondo cui per accedere ai pubblici uffici non era importante né la patria, né l’essere nato nobile o plebeo, ma solo possedere le facoltà dell’intelletto; perciò sotto questo principe si videro uomini di qualsiasi origine, fossero siriani o siculi, saraceni o francesi, elevati alle più alte cariche.

Questo principio portava con sé la conclusione che lo Stato venisse considerato come un’astrazione e dunque qui riposa la concezione dello stato moderno.

Federico II continuò a seguire questo modo di procedere.

Volle inoltre che fossero definiti e distinti anche gli obblighi dei magistrati e infine stabilì che la Gran Corte o Magna Curia (istituita nel 1193) divenisse il centro del potere giudiziario.

Il supremo consiglio del Principe era costituito da 7 grandi ufficiali (di fatto inamovibili) che erano parificabili ai ministri del nostro governo, che descriviamo in ordine di importanza:

1° il Gran Giustiziere, primo ministro di giustizia,

2° il Gran Contestabile, supremo capitano degli eserciti,

3° il Grande Ammiraglio[29], supremo capitano dell’armata navale e responsabile dell’amministrazione militare nautica,

4° il Gran Protonotario, ossia il Logoteta, o, come Federico lo appellava Libellensis, primo segretario del re, il quale aveva l’obbligo di promulgare le leggi, gli editti, le concessioni, e gli altri atti del sovrano,

5° il Gran Camerario, che aveva cura della pubblica economia, e del patrimonio del re, 6° il Gran Cancelliere, detto pure Iustitiarius Curiae, custode del segreto, e del sigillo reale,

7° il Gran Siniscalco, governatore della casa reale, con l’incombenza di provvederla di tutto il necessario e di occuparsi della caccia reale[30].

Le cariche degli ufficiali dovevano conferirsi con il voto del supremo consiglio del principe (già presente con Ruggero II) in base alla rettitudine d’animo e alla conoscenza delle leggi.

Gli incaricati prima di assumere il titolo, dovevano prestare sacro giuramento sui Vangeli di amministrare rettamente la giustizia verso tutti senza frode o prevaricazione.

Nella gerarchia giudiziaria del regno di Sicilia (già con Ruggero II) troviamo le seguenti cariche.

A capo stava il Gran giustiziere, presidente della curia, il quale risiedeva a corte, ed aveva a disposizione quattro giudici, col titolo di assessori, che lo servivano nel suo ministero.

Al secondo posto vi erano i Giustizieri provinciali o magistri justitiarii;  al terzo  i Camerari; e all’ultimo i Baiuli, Bali o Baglivi, ai quali ultimi Federico destinò diverse norme.

Fino a Federico II fare il giudice era un mestiere pericoloso e quindi i magistrati si facevano pagare lautamente dalle parti; ma il principe, come diremo, cambiò questa regola e volle una giustizia gratuita, salvo che per quella del Baiulo.

Il più importante giudice era il gran giustiziere che sedeva a fianco del sovrano, vestiva in rosso e faceva portare innanzi a sé, come segno del suo ufficio, una bandiera rossa (bannum sanguinis).

Egli obbligava le corti dei magistrati inferiori a spedire le cause in un termine ch’egli stabiliva: esaminava e puniva le mancanze di tutti coloro che esercitavano la giustizia.

Accordava il gratuito patrocinio alle vedove, ai pupilli, ed alle persone miserabili, e le faceva alimentare a spese del fisco; sentenziava nelle cause dei feudi non quaternati[31] dopo il giudizio del giustiziere e del camerario, ma egli solo giudicava cause di feudi quaternati. Riferiva poi al re, e si consultava con lui, quando la causa riguardava i contadi[32], le terre murate[33], le città importanti, le baronie, e i feudi importanti.

Doveva ogni anno visitare tutto il regno e vigilare sugli ufficiali regi.

Non essendovi accusatori, procedeva “per inquisizione”[34] ossia andava a cercarsi i criminali senza che vi fosse una denuncia di parte, e condannava chi fosse reo (ossia era sia accusatore che giudice) sulla base anche di un sospetto lieve dopo una indagine segreta, insomma deteneva un potere assai discrezionale (arbitrium).

Tutti erano sottoposti alla sua giurisdizione, e dalle sue sentenze si poteva solo presentare appello alla magna curia, cui presedeva, al di sopra di tutti, lo stesso sovrano.

La magna curia era tribunale di appello (le cui decisioni non erano impugnabili), e perciò giudicava in appello i grandi processi criminali; ma a lei apparteneva anche la cognizione, in prima istanza, delle cause per i delitti contro il re, delle controversie feudali più importanti, di quelle delle persone dedite al servizio personale del re stesso, e ancora di quelle dei poveri, ai quali era concesso di portare le loro doglianze, o i loro reclami alla corte del gran giustiziere, quando avessero temuto, nei giudizi locali, l’autorità di qualche potente avversario.

In altre parole Federico assimilava ai cortigiani, suoi preferiti, i poveri.

Al di sotto c’erano i Giustizieri provinciali (detti anche in seguito Praesides provinciae perché governavano una o due provincie).

I Giustizieri provinciali che duravano in carica un anno erano assistititi in sentenza da un giureconsulto detto giudice[35] e da un notaio.

Ai maestri giustizieri era affidata la istruzione e il giudizio di alcune cause criminali;  i delitti che meritassero pena capitale, i grandi furti, i danneggiamenti e i saccheggi delle case, gl’incendi, gli sradicamenti di alberi fruttiferi o di vigne, le violenze sulle donne, i duelli, le guerre private, le sedizioni, ed i delitti contro la persona del re: insomma tutti i crimini puniti con la pena capitale, con le mutilazioni del corpo, e con le multe di oltre venti augustali[36] (oggi sarebbero più di 400.000 €).

I Giustizieri provinciali svolgevano il loro compito gratuitamente.

Al pari del gran giustiziere, che visitava tutto il regno, i giustizieri provinciali, accompagnati da un giudice e da un cancelliere, avevano obbligo di percorrere ogni anno tutti i luoghi da loro dipendenti.  Punivano seduta stante chi fosse colto sul fatto, ordinavano l’arresto degli assassini contumaci e fuggitivi, e potevano, per tutti questi casi,  condannare e giustiziare senza processo (ad horas vel ad modum belli).

I Giustizieri provinciali avevano anche compiti di riscossione delle tasse: Federico II faceva sei “collette” all’anno ad arbitrio suo[37]; il governo determinava la porzione assegnata ad ogni provincia e i Giustizieri  facevano la suddivisione tra i borghesi e i castelli di loro dipendenza; poi gli stessi contribuenti eleggevano giurati, che stabilissero la quota di ciascuno, avendo riguardo alle sostanze di ognuno. C’erano poi alcuni “collettori” per raccogliere più sollecitamente le collette che erano chiamati maestri questori.

Vi era ancora il giudice camerario (erano in sei in tutto il reame)[38] la cui potestà era di gran lunga inferiore a quella del giustiziere, costituiva il tribunale di seconda istanza per le cause civili; le quali per altro, se tra i privati e il fisco[39], andavano a lui direttamente in prima battuta.

Egli doveva sindacare i conti dei bali (dei tutori), e far punire i colpevoli, giudicare le contese dei privati con gli esattori delle imposte, sorvegliare gli appaltatori delle pubbliche rendite.

Anche la sua carica era gratuita.

Aveva presso di sé tre assessori ed un notaio, i quali, al pari di lui, duravano in carica un anno solo.

Gli Svevi istituirono ancora un Baiulo per ogni città o terra demaniale, che riprese le attribuzioni dei Difensori di città ed altre incombenze: si occupava come giudice ordinario delle cause civili (non quelle feudali) e di quelle criminali che non importassero pene afflittive del corpo[40]; regolava nelle assise i pesi e le misure[41] ed i prezzi dei commestibili, sorvegliava l’esazione dei tributi ed esercitava la polizia del proprio distretto.

Non era un giureconsulto, bastava che fosse un uomo probo[42] e  avesse la fiducia della Magna Curia,  ma veniva assistito da un notaio e da un giudice detto assessore[43] (nominati entrambi dal sovrano) che piegava il diritto all’equità e ai bisogni del tempo[44].

Il Baiulo aveva due mesi di tempo per giudicare le controversie civili; decorso il termine infruttuosamente le parti potevano adire i Giustizieri provinciali.

Ma quali erano le sue competenze in dettaglio? Riportiamo qui la regola delle Regie Costituzioni  sabaude del 1770 (tit. IV, lib. II)[45]; in alcuni luoghi il Baiulo operò sino al XIX secolo.

“1. I Castellani e Baiuli, che non sono giudici ordinari dovranno udire e decidere nel territorio delle loro castellanie le cause delle mercedi dovute agli operai, quelle delle nutrici, serve, miserabili, orfani, e simili, e tutte le altre modiche, e brevi, che possono spedirsi senza atti, o indagine giudiziaria.

2. Tali cause si termineranno senza scritti, o frustranti dilazioni; ma per mezzo di giuramento offerto, o riferito tra le parti, o come meglio sommariamente potrà farsi.

3. Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione dei confini, o altro incomodo che si pretendesse nei beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che siano uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto.

4. Nelle cause che richiedono ispezione giudiziaria, o nelle sopraddette, se eccederanno la somma di lire quaranta, ed il reo richiederà di essere rimesso al Giudice Ordinario, si asterranno di decidere, e rimetteranno le Parti al medesimo per un certo giorno non feriato, in modo tale che ricevano il compimento di giustizia, sotto pena della nullità, e restituzione dei danni e delle spese.”

Potremmo definire il Baiulo come uno dei primi giudici del lavoro, seppure le Costituzioni non lo definiscano giudice ordinario: le sue competenze le ritroveremo in capo al conciliatore delle Due Sicilie e a quello dell’Italia unita.

Il compenso del Baiulo era la trentesima parte della multa stabilita per la punizione dei delitti da lui giudicati e per i litigi composti. Il sopravanzo di queste ammende era riservato al tesoro del re, o alla cassa dell’alta corte di giustizia.

Al di sotto dei Baiuli vi erano i giurati; fino dal 1222, in ogni città e villaggio, sei giurati avevano il  carico di alcune funzioni di polizia: sorvegliare le monete correnti, i giochi, le osterie, le donne di mala vita, e simili.

Nel 1232 si aggiunsero due giurati, che dovevano vigilare sugli artigiani, i piccoli mercanti, e risolvere le controversie relative alle loro transazioni.

Nel regno di Napoli Federico II senti primo il bisogno di una polizia municipale, e di buoni regolamenti sulla salute pubblica.

Comandò con un suo statuto di non macerare lino e canapa se non ad un miglio  dall’abitato e di gettare al mare gli animali morti e altri materiali che recassero nocumento all’aria; e stabili che la multa d’un augustale dovesse colpire il contravventore. Avendo di mira sempre la salubrità del l’aria, pena quaranta augustali, vietò di fabbricare sepolcri entro la città; e volle che i corpi umani si seppellissero quattro palmi sottoterra.

Le costituzioni di Federico II si occupano dei pesi e delle misure, di cui era stabilita l’unità nel regno dalla Magna Curia, la quale imponeva a tutti i sudditi un procedere lealmente nei loro negozi.

Andavano soggetti per la prima volta, ad una multa più o meno grave a vantaggio del fisco; per la seconda, al taglio della mano e finalmente alla pena capitale, se ancora recidivi: 1) i venditori che frodassero nel peso, alterassero o mascherassero i commestibili; 2) gli orefici che adoperassero nei loro lavori meno di otto once d’oro di coppella, e meno di undici d’argento per ogni libbra 3) i macellai che vendessero una specie di carne per un’altra, o che non indicassero al compratore se fosse d’animale morto od ucciso; 4) i pescivendoli che conservassero i pesci del giorno prima; i venditori di cibi cotti che tacessero se erano del giorno prima; 5) i ceraioli che alterassero le candele; 5) gli osti che mescolassero il vino con l’acqua.

Federico II vietò ai sudditi di portare armi offensive e difensive. Ciò era solo concesso agli ufficiali del re, quando fossero nell’esercizio della loro carica; ma potevano ottener il diritto, come eccezione, i cavalieri ed i borghesi in viaggio[46].

I forestieri, entrando nel regno, dovevano deporre anch’essi le armi; e, contravvenendovi, cadevano nella pena stessa dei cittadini.

Federico dichiarò infami ed incapaci di qualsiasi ufficio pubblico e di testimonianza in giudizio tutti coloro che si abbandonassero al giuoco, sia delle carte che dei dadi. Alla qual pena venivano del pari assoggettati quelli che tenessero a disposizione degli altri carte da giuoco e dadi. Non importava lo stato sociale: il gioco era proibito anche ai cavalieri e ai nobili perché essi erano i primi a dover dare l’esempio.

Più tardi ordinò ai giustizieri di condannare ai lavori pubblici per un certo tempo quei cittadini che spendessero la vita a giocare.

Gli antichi non facevano sconti alle meretrici: già Carlo Magno aveva stabilito che l’uomo in casa del quale si fosse trovata una meretrice, dovesse portarla pubblicamente sulle proprie spalle in piazza per vederla flagellare; e se non lo faceva  veniva frustato lui stesso.

Nel reame di Napoli si ammisero le meretrici, ma si volle che esse fossero descritte in una speciale matricola, avessero un giudice a parte, e pagassero una gabella, come già avveniva ad Atene e a Roma.

Nelle città più importanti del Sud (Napoli, Amalfi, Sorrento) c’erano poi ai tempi di Federico II che li abolì, dei magistrati civili detti Compari o Ammensatori che erano conciliatori ed arbitri.

Vi erano poi i giudici civili che erano dei semplici laureati in giurisprudenza: le parti affidavano loro volontariamente le conciliazioni delle loro controversie; e pronunciavano sentenza solo in caso di mancato accordo; diremmo noi moderni che tale sistema può considerarsi un antenato del med–arb così diffuso nei paesi Anglosassoni. Le loro pronunce erano appellabili ai Governatori di Città[47].

Ricordo ancora che in Napoli, Salerno, Palermo e Messina vi era un foro privilegiato per la gente addetta al mare, e dei consoli, abili a comporre le controversie relative agli usi marittimi e commerciali, e a giudicare tutte le controversie civili e penali.

Federico II introdusse il cosiddetto sindacato per i magistrati. 

Stabilì che nell’uscire di carica fossero obbligati a rimanere cinquanta giorni nella provincia da loro amministrata, a mostrarsi in pubblico, a rispondere e soddisfare tutte le doglianze di chiunque si lamentasse del loro governo, e a sottostare infine all’esame che della loro gestione avessero fatto alcuni saggi (detti sindacatori) a ciò destinati[48].

Nelle adunanze pubbliche, che si tenevano a norma di quanto era stato decretato nel parlamento di Lentini,  tutti coloro i quali intervenivano avevano facoltà di proporre accuse e lamentele contro il gran giustiziere, i giustizieri provinciali, i camerari, i baiuli, e contro qualsivoglia altro che esercitasse uffici in nome del principe.

Il presidente dell’assemblea doveva trascrivere tutte le domande, e trasmetterle, con la sua firma, al sovrano.

Queste adunanze duravano otto giorni, ma potevano anche, ove fosse necessario per la natura od il numero degli affari, prorogarsi a quindici.

Per evitare problemi si prescrisse inoltre che i magistrati, durante il loro ufficio, e i loro subalterni e i domestici, non potessero ricevere denaro dai provinciali od altro; né acquistare immobili, costituire enfiteusi, contrarre nozze o sponsali, contrattare o negoziare.

Dobbiamo ora dare un cenno alla figura dei notai.

Nel regno svevo aumentarono il loro prestigio, erano degni di grande rispetto come gli alti magistrati.

Dovevano essere nati da legittime nozze e godere della  totale  libertà: il minimo peso servile o la minima subordinazione ad un feudatario si considerava ostacolo insormontabile.

I notai dovevano avere almeno ventiquattro anni; essere morigerati, avere  cognizione profonda degli usi e delle leggi dei vari popoli del reame.

Il loro numero era molto limitato: solo Napoli, Salerno e Capua, come città principali, potevano avere otto notari per ciascuna, ma nelle altre città non potevano essere più di cinque.

I notari dipendevano direttamente dal Sovrano che li nominava: l’onore non era ereditario ed era revocabile a piacimento del principe. Non potevano essere chierici.

Venivano inizialmente stipendiati solo dal fisco, ma col tempo si aggiunsero in loro favore altre provvigioni per la formazione degli atti, per le sentenze, per le stipulazioni dei contratti, e simili.

Federico II fu molto pignolo riguardo agli atti notarili: vietò che fossero  scritti su carta di cotone (detta bambagina) perché si lacerava e richiese che la stipula, sotto pena di nullità, dovesse effettuarsi alla presenza di un magistrato, e con la sottoscrizione delle parti e di testimoni degni di fede e di stima.

I testimoni erano richiesti in numero di due, ove l’atto riguardasse un valore sino a una libbra d’oro e tre se si fosse trattato di somma maggiore.

Assai significativa era poi la disciplina che riguardava gli avvocati: per esercitare dovevano sostenere un esame davanti ad una commissione nominata dal sovrano e conseguivano un diploma[49].

Poi dovevano giurare di non addurre argomenti e fatti che fossero contro la loro coscienza e di rinunziare altresì alla causa quando lo richiedessero speciali ragioni di onore.

Per chi trasgrediva il giuramento c’era una pena pecuniaria, la perdita del titolo e l’infamia perpetua.

Il loro onorario era costituito dalla sessantesima parte del valore della controversia e se essa era di valore indeterminabile la “parcella” veniva individuata dalla Magna Curia.

5. Il processo

Federico II in primo luogo distinse nettamente le cause civili da quelle penali[50], istituì il gratuito patrocinio che i Romani non conoscevano.

L’avvocato (detto “campione”) che difendesse gli orfani, le vedove e i minori era pagato dal tesoro.

Le vedove, i pupilli e gli indigenti non pagavano nessuna spesa e potevano essere anche mantenuti a spese dello Stato durante il corso della lite.

Le cause di queste categorie dovevano essere spedite prioritariamente; gli altri casi seguivano il mero criterio temporale.

Non si poteva introdurre nella causa un incidente se non vi era prima sentenza sulla questione principale.

Il tempo della causa era di due mesi, ma si deve tenere presente che all’epoca nei liberi comuni  i termini erano anche più ridotti.

Le ferie processuali erano brevissime: Natale, Pasqua ed alcune domeniche dell’anno legate agli a postoli e a Maria Vergine[51].

Ma come funzionava il processo?

Nei giudizi civili fu distinto l’esecutivo dal non esecutivo, ed il possessorio dal petitorio.

I giudizi nel possessorio erano esecutivi e quelli di rivendicazione erano ordinari; ma l’attore poteva ricuperare un possesso, anche quando il bene fosse stato alienato più volte.

Per le cause civili doveva essere sufficiente una sola citazione nella casa del convenuto; e, secondo la distanza del luogo, gli si assegnava il termine a comparire, il quale, per altro poteva essere prorogato per giusta causa.

Quando il convenuto non avesse obbedito alla citazione del baiulo, né risposto per mezzo di procuratore, doveva pagare un augustale al mese, e se avesse disobbedito alle citazioni dei magistrati superiori, avrebbe perso una terza parte dei suoi beni mobili che andavano al fisco.

La contumacia del debitore dava facoltà al creditore di porsi, a titolo di pegno, nel possesso dei beni di lui, di venderli, e di mantenere la somma dovuta ove il debitore non fosse comparso entro un anno.

Un momento fondamentale era la litis contestatio ossia il momento in cui il convenuto avesse risposto alle contestazioni dell’attore.

Şotto il governo dei Normanni, secondo il costume di tutti i popoli settentrionali, le accuse erano prodotte a voce.

Con Federico II non si poteva invece cominciare un giudizio, senza il libello scritto (una querela scritta), ad eccezione delle cause civili fatte per somma minore di due augustali (40.000 € attuali).

Il libello, nelle accuse criminali, doveva essere sottoscritto dal denunziante e dall’accusatore: i quali erano obbligati a prestar giuramento di non calunniare e a dare la garanzia di non desistere dal giudizio.

Se l’accusatore o il denunziante desistevano dalla causa prima che fosse cominciata la lite perdevano la sesta parte dei loro beni mobili; perdevano la terza parte a lite cominciata e non potevano chiudere la lite o differirla senza l’assenso del fisco.

Scoperto un calunniatore, era punito con la pena con cui si sarebbe punito il crimine che denunziava.

Il giorno della litis contestatio le parti dovevano produrre le proprie ragioni per iscritto. Dalla produzione il giudice fissava il termine per il giudizio.

Da questo momento le eccezioni erano possibili nel termine di tre giorni; ma si doveva giurare che non servivano per differire il giudizio e dovevano provarsi entro otto giorni. 

Il giudice doveva tentare più volte la composizione della lite.

In verità Federico II escludeva dalla composizione solo le controversie che apparissero terribili secondo il diritto comune, sia prima che durante il giudizio: “Dopo (o prima) che le parti si sono presentate davanti al Giudice, è permesso concludere accordi legali e transazioni fuorché nei casi  di offese straordinarie che per il diritto comune sono considerati (ed in effetti sono) terribili[52].

Vi era quindi un diritto generale di comporre la lite in capo alle parti ed il giudice appunto poteva provvedere alla composizione.

Tuttavia il limite era sempre quello della litis contestatio: il diritto delle parti di comporre la controversia si fermava al momento prima dell’esposizione della ragioni.

Dopo questo momento la composizione doveva essere autorizzata dal giudice: ”A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale.(b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare[53].

Se la composizione non riusciva Il giudice imponeva ai litiganti il giuramento di non calunniare e diceva loro che nel caso di spergiuro li avrebbe condannati alla pena minacciata a tal delitto, poi li interrogava, e infine decideva.

I giudizi criminali furono distinti in due classi: ordinari e straordinari.

Gli straordinari avevano luogo contro gli infestatori di strade (i briganti), gli assassini, gli omicidi, i ladri manifesti, ed altri malfattori.

Si agiva “per inquisizione”, e a spese del fisco: essi venivano giudicati sommariamente e subito dopo si faceva sentenza e si provvedeva alla punizione.

Con lo stesso procedimento si condannavano alla realizzazione di opere pubbliche gli uomini noti come dissoluti, i facinorosi e i cattivi esempi.

Per gli altri delitti era invece  prescritto il giudizio ordinario.

Questo non doveva durare in istruzione più di tre mesi; il processo vero e proprio era al massimo di dieci giorni entro cui ci doveva essere assoluzione o condanna.

Se nel termine stabilitogli l’accusato regolarmente citato, non si fosse presentato davanti ai giudici ovvero se non fosse comparso nessuno per lui a legittimarne l’assenza, scattava la condanna al bando, con la perdita della terza parte dei mobili a vantaggio del fisco, ma l’accusato per due mesi non poteva essere ucciso.

Dopo questo tempo diventava invece fuorbandito, e, trascorso un anno, fuorgiudicato (foro judicatus), cioè veniva condannato alla pena capitale, e spogliato di tutti i suoi beni.

Federico non solo permetteva che venisse ucciso, ma eccitava tutti i cittadini a farlo, promettendo addirittura un premio[54].

Se al contrario l’imputato si fosse presentato nell’anno, e avesse fornito garanzie proprie o per mezzo di altri, poteva difendersi anche fuori del carcere.

In tutte le cause civili l’esame dei testimoni poteva essere fatto dai giudici del luogo ove quelli dimorassero; ma per le cause feudali che erano di competenza della Magna Curia le parti erano obbligate a presentarsi; e cosi anche per le cause criminali.

Se però i testimoni da esaminarsi fossero  stati vecchi od infermi e non trasportabili la Gran Corte poteva delegare il loro esame ai giudici del luogo: i quali allora dovevano, innanzi tutto, esaminare se in realtà i testi fossero, o meno, in tali condizioni.

Ove il giudice, cui era commesso l’esame dei testimoni, fosse venuto meno al suo mandato, doveva  ristorare i danni alle parti e pagare il terzo dei suoi beni mobili al fisco.

Fu stabilito che nessun angario o villano, o rustico, o, in generale, di nascita vile, potesse deporre contro i conti, i baroni ed i militi; e che contro queste nobili persone si dovessero ammettere solo i cittadini di buona fama, e appartenenti alle prime classi della società.

I testimoni dovevano avere una certa condizione ed essere in un certo numero: ad esempio l’accusa ad un conte doveva provarsi con due testimoni conti, o quattro baroni, od otto cavalieri, o sedici borghesi.

Solo l’accusa di alto tradimento poteva essere sostenuta da qualunque cittadino.

Quando un testimone non avesse obbedito alla chiamata del giudice doveva pagare in pena il terzo dei suoi beni mobili; a chi testimoniava il falso veniva tagliata la mano[55] così come a tutti gli spergiuri.

La testimonianza era ricevuta da un giudice ed un notaro, i quali avevano obbligo di far presenziare, per maggior garanzia, alcune persone di conosciuta probità, che sapessero leggere e scrivere, e dette perciò testimoni letterati.

Chi era legalmente intimato, o chi si presentava a deporre su un fatto, doveva in primo luogo giurare sui Vangeli di dire il vero; poi veniva interrogato se conoscesse il fatto di cui si trattava, e come lo conoscesse.

L’atto con il quale erano registrate le interrogazioni e le risposte, veniva sottoscritto dal giudice, dal notaro, e dalle altre persone presenti.

Un cenno alle prove diverse dalla testimonianza.

Sino a Federico II non esisteva il libero convincimento del giudice, erano assolutamente ordinarie le prove dette paribili ossia di evidenza dei fatti.  

Fra le più comuni va annoverata quella della croce, in cui gli avversari si ponevano diritti in faccia alla croce, e quello che per primo cadeva a terra era giudicato colpevole per intervento divino.

Vi erano poi quelle dell’acqua fredda o bollente, e del ferro caldo.

Si legava il convenuto e lo si gettava in acqua. Se rimaneva a galla era colpevole perché si pensava che l’acqua (in quanto suscettibile di essere benedetta)  non avrebbe voluto celare nel suo seno un colpevole.

Nel secondo caso si obbligava l’accusato a camminare a piè nudi sopra carboni accesi, sopra vomeri arroventati, od anche sopra una spranga di ferro benedetta[56].

Era poi diffuso il duello giudiziario in Germania, Italia (soprattutto nel Meridione), Francia ed in Inghilterra: chi sapeva usare meglio le armi aveva ragione.

È di Federico il merito e l’onore di aver vietato il combattimento giudiziario e tutte le altre prove paribili.

Nella sua costituzione forse più importante stabilì che le prove dette paribili fossero contro la natura e che non dimostravano alcuna verità. Le bandì dal regno e sancì che nei giudizi si ammettessero quelle sole prove stabilite dal diritto romano e dalle costituzioni del regno. Condannò inoltre in linea di principio come assurdo il duello.

Lo conservò per i cavalieri e per i nobili, quando fossero mancate le prove giudiziarie; lo permise ad ogni classe di uomini quando si trattasse di controvertere sui delitti contro il re, inoltre per gli avvelenamenti, per gli assassinii clandestini, allorché la verità non si fosse potuta stabilire dall’accusatore, e restassero dubbi sulla colpevolezza. Ma il legislatore dichiarò che queste erano disposizioni eccezionali.

Tuttavia i fatti successivi dimostrano che questi erano solo bei principi: il duello rimarrà in auge sino al XX secolo in tutta Europa.

Fu mantenuto invece da Federico il sistema probatorio legato alla tortura anche nei confronti degli uomini liberi[57], anche se fu circondato da cautele: poteva esercitarsi solo quando si trattasse di delitti contro il re, ci fossero forti indizi e il reo fosse uno sgherano baronale (ossia un “bravo” di manzoniana memoria).

Inoltre il giudice non doveva tener conto delle confessioni fatte nel momento del dolore, ma era necessaria una deposizione a mente quieta e tranquilla.

Nelle cause civili diverse da quelle feudali era lecita poi la sospensione e la dilazione. Erano concessi gli appelli per i giudizi non esecutivi; e nel criminale, per i delitti ordinari, purché i rei si presentassero entro cinquanta giorni.

L’appellante doveva comparire personalmente e non poteva andarsene prima che il giudizio fosse terminato sotto pena dell’annullamento dell’appello.

Si appellava dai baiuli ai camerari, dai camerari e giustizieri al gran giustiziere, e da quest’ultimo alla Magna Curia, e contro le sentenze di essa non c’era più appello.

Ciascuno doveva difendere la sua causa avanti al magistrato o da sé, o per mezzo di avvocato.

Era proibito, escluso il caso in cui si trattasse di scoprire qualche importante verità, d’interrompersi l’un l’altro, e pagava una multa chi, tre volte ammonito, non avesse smesso di interrompere. Ma la multa era diversa a seconda della condizione della persona:  un villano doveva pagare un augustale, un borghese due, un milite quattro, un barone otto, ed un conte sedici.

Federico fu anche il primo a stabilire che tutte le sentenze fossero scritte[58].

Il notaio doveva scriverle in presenza del magistrato, dei giudici e di più testimoni. Doveva porre in principio la data, il nome del sovrano, e l’anno del regno; in ultimo la sottoscrizione del magistrato, dei giudici e dei testimoni.

Il notaio o altra persona a ciò destinata dal magistrato, aveva facoltà di dare al vincitore della lite, che l’avesse chiesto, un sunto del processo[59].

Per una norma del 1232 il gran giustiziere doveva poi raccogliere tutte le decisioni dei magistrati, affinché queste servissero di norma per i casi avvenire. Le decisioni, raccolte e distribuite con ordine, costituirono i libri del diritto locale[60], a cui ricorrevano, con somma utilità, tutti coloro ch’erano chiamati a rendere  giustizia.

6. Il diritto penale

Ai tempi di Federico II il sistema penale prevedeva un’assurda applicazione di diversi supplizi ai reati maggiori, ma non vi era una gradazione e tutto dipendeva dall’arbitrio del giudice.

Inoltre c’era la possibilità di liberarsi dalla pena pagando una certa somma perché la giustizia era concepita come riparativa nei confronti del danno al privato e non alla società.

In epoca longobarda accanto al guidrigildo (ossia all’aestimatio capitis) c’era il fredum che era una tassa pagata alla corona: ma non si pensava che fosse una sorta di riparazione per la comunità turbata ma solo il salario del magistrato.

In merito rileviamo sin d’ora che Federico non voleva tanto punire i crimini, ma prevenirli[61]. Anche in questa convinzione risiede la sua importanza e la sua modernità.

Le prime disposizioni penali degne di nota nel codice di Federico II, sono quelle contro gli eretici. L’imperatore, sebbene tacciato sovente di eresia e scomunicato, combatté vigorosamente gli eretici cercando di essere campione della religione.

Gli scomunicati che non si fossero ravveduti entro un anno erano colpiti dall’infamia, diventavano inabili alle magistrature, all’avvocatura, e al notariato, incapaci di ereditare e di far testamento. Non potevano chiamare altri in giudizio o testimoniare. L’infamia e le incapacità si trasmettevano anche  ai discendenti fino alla seconda generazione.

Federico II peraltro considerava eretici non solo gli erranti in fatto di fede, ma anche tutti coloro che ardivano ribellarsi a qualsiasi autorità.

Difese però i sudditi ebrei e i musulmani perché era convinto che le persecuzioni dei cristiani nei loro confronti fossero troppo violente: c’era un’ammenda di 50 augustali per chi uccidesse un’appartenente a queste fedi religiose.

Però la legge cattolica doveva essere difesa: i bestemmiatori perdevano la lingua  senza distinguere se la bestemmia fosse rivolta contro Dio o contro la Vergine.

C’era la pena di morte per coloro che distruggessero o saccheggiassero le chiese o rubassero gli arredi nella notte.

Veniva tagliata la lingua a coloro che avessero deposto il falso in giudizio, la mano a quelli che avessero violato un sepolcro o spogliato un morto; vi era poi la pena di morte per coloro che avessero alterato le lettere e le ordinanze reali, per i distruttori di testamenti pubblici, i falsari di monete ed i corruttori di testimoni.

Il piromane doloso era condannato a morte, mentre quello colposo poteva cavarsela con una multa se avesse dimostrato che l’incendio non era doloso.

Federico II era spietato coi crimini che riguardavano la sua autorità e la sua vita; chi le metteva in pericolo veniva rivestito con delle cappe di piombo a cui si dava poi fuoco; addirittura uno scriba che aveva sbagliato nello scrivere il suo nome venne condannato a morte.

Purtroppo il principe teneva in poco conto la vita umana: fece morire in carcere il suo primogenito accusato di aver attentato alla sua vita e anche Pietro delle Vigne fece una brutta fine perché accusato ingiustamente di aver tradito la fiducia del suo signore.

Chi attentava alla sua vita perdeva la propria e tutti i beni famigliari. Ma a questa pena veniva condannato anche solo chi avesse criticato le sue deliberazioni.

Addirittura si vietava all’accusato la facoltà di conoscere i denunzianti ed i testimoni, di avere copia delle deposizioni, di difendersi a viso aperto ed in pubblico, davanti ai giudici.

 Nonostante tutto ciò proclamò in generale che la severità della pena non dovesse superare la gravità del reato.

Qualunque colpa commessa da una donna, o a danno di lei, doveva essere punita con pari rigore  rispetto a quella commessa dagli uomini.

A tutela del buon costume stabilì che le mezzane di amori illeciti fossero colpite da infamia perpetua, dovessero essere frustate, o avessero il naso mozzato, o un marchio in fronte.

Si doveva troncare il naso anche a quelle madri che facessero disonesto mercato delle figlie: però andavano esenti da questa pena quelle che, costrette dalla povertà, consegnassero le figlie al piacere di uno solo, da cui sperassero sostentamento.

In altra costituzione ordina la confisca di tutti i beni e la morte per gli adulteri e impone che la donna infedele non si restituisca al marito:  egli poteva ucciderla solo al momento del fatto, ma comunque il rientro in casa poteva essere pericoloso.

Il marito che avesse colto sul fatto la moglie adultera poteva però essere misericordioso e mozzarle solo il naso; se anche questa pena non fosse stata inflitta allora la donna avrebbe dovuto essere pubblicamente frustata perché costituisse esempio per le altre.

Qualora il marito dovesse vendicarsi però doveva uccidere sia la moglie che l’amante; se avesse risparmiato l’amante o lo avesse agevolato nella fuga avrebbe potuto essere perseguitato dai parenti dell’uccisa, e condannato a morte; gli Svevi non tolleravano le vendette incomplete.

Federico infliggeva una multa di quattro augustali a coloro che non fossero accorsi alle grida di una donna violentata e che, potendo, non le avessero recato pronto soccorso.

Puniva con la morte la violenza ed il rapimento, ma quando ci fosse stato qualche dubbio, e l’accusa non apparisse sufficientemente provata, allora riservava a sé, od alla sua Corte, l’inquisire e il giudicare.

Anche la libertà morale della donna, di qualsiasi condizione essa fosse, era  protetta sotto Federico, tanto che anche la violenza ad una prostituta veniva punita con la morte.

Ma ove invece la donna avesse recato false lagnanze di violenza, allora doveva essere impiccata, come sarebbe stato, se colpevole, l’individuo da lei denunciato.

In generale si può dire che il delatore o l’accusatore scientemente calunnioso, veniva sottoposto alla pena stessa a cui sarebbe stato soggetto l’imputato, ove fosse stato trovato colpevole.

Importante è sottolineare che Federico II obbligò i cittadini al giuramento di non farsi ragione con le armi, ma di porgere le proprie denunzie ai tribunali; e minacciò tutto il suo sdegno per chi osasse contravvenire a simili ordini; allo stesso scopo vietò l’uso delle rappresaglie.

Chi avesse percosso altri spargendo sangue era condannato al taglio della mano e a morte chi percotendo avesse ucciso. Vi era però l’impunità per chi fosse stato costretto ad uccidere altri per salvare sé stesso.

La semplice percossa era invece punita con la multa.

L’omicidio effettuato invece dal fanciullo (impubere) e dal pazzo non andava punito, se questi avessero ucciso senza malignità d’animo o in preda ad una crisi psicotica.

Il padre però poteva sottrarre i figli minori puberi alle pene corporali se avesse pagato una multa.

L’avvelenamento era punito col taglio della mano. La vendita dei veleni era peraltro proibita.  Federico vietò peraltro a tutti i cittadini il tener veleni non necessari a qualche medicamento, e ordinò parimente di gettare in mare le erbe velenose, perché queste potevano essere nocive agli animali ed agli uomini.

Il furto semplice era punito con pena pecuniaria; ma questa doveva essere molto più mite per il furto di quantità minore dei venti augustali.

Federico II è il primo a distinguere tra furto magno e furto parvo.

La refurtiva doveva sempre essere restituita, e non potendo, doveva darsene il giusto equivalente; nel caso di furto di cosa immobile si doveva aggiungere in pena il doppio del valore, e per la cosa mobile il quadruplo.

La multa per il furto commesso in tempo di notte veniva aumentata fino al quadruplo, mentre si limitava al doppio nel furto diurno.

A chi non pagava la multa veniva tagliato il piede o la mano.

La pena per il furto era la morte se il reo lo avesse commesso per la terza volta.

Venivano punite più gravemente le sottrazioni operate durante un incendio od una pubblica calamità.

Chi trovava dei beni e non li avesse consegnati ai giustizieri provinciali era considerato un ladro.   

Bibliografia:

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice

Costitutionum Regni Siciliarum Libri II Ad Frederici II. Imperatoris ET Regis Constitutionem, Neapoli MDCCLXXIII, Semptibus Antoii Cervonii

A. DEL VECCHIO, La legislazione di Federico II imperatore, Fratelli Bocca, 1874

R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862.

J. L. A. HUILLARD-BREHOLLES, Historia Diplomatica Friderici Secundi, vol. IV.

L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896.

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[1] Federico Ruggero di Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250), è stato re di Sicilia (come Federico I, dal 1198 al 1250), duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), Re dei Romani (dal 1212) e poi Imperatore del Sacro Romano Impero (come Federico II, eletto nel 1211, incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a Roma dal papa nel 1220) e re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229). Fonte Wikipedia.

[2] Federico splende non solo come legislatore, ma anche come  restauratore del sapere; e considerato uno dei più antichi cultori e protettori della poesia e delle lettere italiane. Desiderava che ai suoi sudditi fosse offerta almeno l’istruzione elementare (ars grammatica), perché la cultura li avrebbe resi più valenti nel dirigere la cosa pubblica, e nel difendere la famiglia e la patria.

L’imperatore stesso conosceva il latino, il volgare, il tedesco, il francese, il greco e l’arabo.

[3] «Oportet igitur Cesarem fore justitie patrem et filium, dominum et ministrum; patrem et dominum in edendo justitiam, et editam conservando; sic et in venerando justitia sit filius, et in ipsius copiam ministrando minister». Constit. I, 31: De observatione justitie.

[4] Le preesistenti magistrature che non si sottomettevano al sovrano furono abolite perché la giustizia non poteva che essere amministrata in suo nome. 

[5] Questi libri andarono perduti nella furia popolare del 1161 e veniva solo descritto il sistema dei servigi dovuti alla Corte dai  feudi o dalle terre che erano soggette a certe prestazioni.

[6] Pertanto egli chiamò intorno a sè i più chiari giureconsulti di quei giorni, fra i quali basti ricordare quei tre sommi, che furono Taddeo da Sessa, Roffredo Epifanio da Benevento, e Pietro della Vigna (l’ son colui, che tenni ambo le chiavi/ Del cuor di Federigo, e che le volsi/ Serrando e disserrando si soavi,/Che dal segreto suo quasi ogni uom tolsi. Dante, Inferno, XIII.)

[7] In queste corti si pubblicavano le costituzioni che riguardavano il governo dello stato, e che fissavano il diritto pubblico, regolando tutte le questioni di giurisdizione e di proprietà. Qui ancora si statuivano le alleanze, le riforme interne, le spedizioni militari. Queste assemblee, chiamate dagli autori Curiae generales, e più frequentemente negli atti Curiae solemnes, erano da lungo tempo in uso nella Sicilia come nella Germania. E sappiamo che Ruggiero ne aveva tenuta una in Ariano nel 1140, e Tancredi in Termoli nel 1191. Composte di signori, ecclesiastici e laici, non si devono confondere coi parlamenti (Colloquia) in cui vennnero più tardi convocati i deputati della borghesia.

[8] Actum in solemni concistori Melphiensi, anno dominice incarnationis MCCXXXI, mense augusti.

[9] Come in precedenza si fece per le leggi longobarde.

[10] Federico non incluse nella sua raccolta nessuna delle leggi promulgate da Tancredi e da Guglielmo III, perché li reputava principi illegittimi.

[11] Approvate in un Parlamento di Capua.

[12] Composte nel 1232 e 1233.

[13] L’autografo del codice federiciano si è sventuratamente perduto nelle molte distruzioni di monumenti, avvenute sotto gli Angioini, o ne’ disordini del Vespro.

[14] Dal 1130 al 1154. Costanza sua figlia era la madre di Federico II.

[15] Per regalie di diritto regio si intendevano le gabelle, i dazii , i plateatici, i pesi ed i portatici; le pene relative ai pesi ed alle misure, la pesca nei mari e nei fiumi, i salti delle acque, i mulini, le miniere, le saline e simili altri diritti.

[16] Le investiture andavano comunque tutte confermate dal re.

[17] Regalie: «bannum, placitum, districtum, talonium, pedagium, ripaticum, mercata, aque, aquarum decursus, piscationes, renationes, paludes, argentifodine, terrifodie, et quicquid metalli vet thesauri in terra sua inveniri potest, alpes quoque et montes et valles ot omnia ea que ad nos et imperium spectant ». Húillard Bréholle, Historia, vol. II, pag. 183.

[18] Cosa che fecero per primi gli Svevi.

[19] La moneta corrente nel Regno era il soldo diviso in quattro tari d’oro che prendevano il nome dai luoghi ove si coniavano (Amalfitani, Salernitani, Siculi). Il conio era tuttavia spesso truffaldino e quindi si fissarono come monete immaginarie di conto la libbra, e specialmente l’oncia. Quest’ultima era considerata una effettiva moneta di oro, e la sua trentesima parte, che si diceva tari, veniva ad un tempo adoperata per designare la moneta ed il peso. Quindi dal tempo dei Normanni  cessò in parte l’uso di contrattare in soldi; l’unità monetaria fu l’oncia divisa in trenta tari; e i conti si fecero ad once ed a tarì, come appare dalle leggi e dai contratti di quei tempi. Federico mantenne lo stesso uso dei Normanni, ma aggiunse anche monete in rame e i cosiddetti Augustali.

[20] « Hoc nostre majestatis edicto in perpetuum valituro firmiter inhibemus prelatis ecclesiarum , comitibus , baronibus et militibus et locorum universitatibus, ne justitiarii officium in terris suis gerere audeant vel gerendum alicui demandare , sed magistro justitiario et justitiariis ab excellentia nostra statutis intendant ». Constit. I, 49

[21] Ea que ad speciale decus et merum imperium celsitudinis nosire spectare noscuntur, per presumptiones illicitas volumus o, nemine usurpari… Contra presentem prohibitionem nostri culminis satagentes, tam statuentes justitiarios quam statutos, terre sue publicatione mulctamus. Constit. I, 49

[22] « Nulli subjectorum nostrorum clerico vel laico liceat domibus Templi rel Hospitalis, seu cuilibet alicui loco religioso de quo nostre curie certum servitium minime debeatur, possessiones hereditarias vel patrimoniales vendere vel donare inter vivos aliquo donationis modo. Ceterum si in ultima voluntate aliquem de predictis locis heredem instituerit, tunc domus que institutionem vel legatum acceperit, teneatur infra annum alicui de proximis defuncti vel de burgensibus nostris relicta stabilia vendere; at si ultra annum facere predicta distulerit, possessiones ipsas post anni lapsum fisci nostri juribus volumus applicari » Constit. (Nova), III, 29: De rebus stabilibus non alicnandis ecclesiis. Già fino dal tempo della prima scomunica Federico aveva scritto: Quia semper fuit nostre intentio voluntatis, clericos cujusque ordinis ad hoc inducere, et maxime maximos, ut tales perseverarent in fine, quales fuerunt in ecclesia primitiva; apostolicam vitam ducentes , humilitatem dominicam intuentes.

[23] Questa norma fu abolita solo dopo la morte di Federico. 

[24] Venivano eletti dal Comune ed erano detti sindaci.

[25] Soprattutto mercanti genovesi e veneziani che venivano  a portare industria e commercio nel Regno. Quantunque di città nemiche dovevano considerarsi neutrali.

[26] Già con Ruggero II si consolidò il principio rivoluzionario per cui chiunque avesse capacità intellettive poteva ambire alle cariche pubbliche.

[27] « Hac igitur lege nostra sancimus patre mortuo tam filios quam filias, puberes majores minoresve, ad parentum successione, absque sexus discretione, vocari ». Constit. III, 26,

[28] Il diritto fu però negato alle chiese ed ai monasteri.

[29] Terzo in ordine e in dignità, quantunque in alcuni tempi primo in potere, era vestito di porpora, sedeva nelle pubbliche cerimonie a destra del Re, dopo il Gran Contestabile. A lui era affidato il comando del mare, così in pace come in guerra. Si occupava della costruzione e della riparazione delle navi e dei vascelli dello stato e del principe; era a lui affidata la custodia dei porti e delle coste del regno, in tutta l’estensione del litorale, e possedeva una amplissima giurisdizione civile e criminale sopra tutti gli ufficiali e tutti i cittadini dediti alle cose marittime.

Erano per tanto subordinati a lui tutti gli altri ammiragli inferiori stabiliti nelle provincie, i capitani dei porti, i protontini, i calefati, i comiti e i carpentieri.

[30] Federico II, oltre a parecchi parchi reali, e ad altri terreni riservati per la caccia, possedeva vaste foreste , pascoli, vigne, terre in coltura, mandrie, numerosi armenti affidati a servi, o dati in affitto. Intendenti, chiamati Secreti, avevano l’alta sorveglianza di questi beni, e corrispondevano direttamente con l’imperatore, cui rendevano conto della loro amministrazione.

[31] Feudi che non erano baronali e che potevano non avere beni o renditi non demaniali.

[32] La campagna che si estende intorno alla città.

[33] Presidi militari a difesa delle campagne

[34] Il processo romano-canonico era dotato di tre tipi di procedure:

1) quella per accusa (o accusatoria”);

2) quella per denuncia;

3) quella per inquisizione (o “inquisitoriale”)

[35] Per tutto il Medioevo l’appellativo di giudice riguardò il dottore in legge.

[36] Per ricordare le sue nozze con Isabella di Brienne (1225), Federico II fece battere nelle zecche di Messina e di Brindisi gli augustali o agostali, e i miezzi augustali, cosi chiamati dall’aquila imperiale. Gli augustali di oro avevano venti carati e mezzo; ciascuna libbra di peso conteneva dieci  once e sette tari e mezzo d’oro.

[37] La colletta prima di lui doveva essere fatta solo in particolari occasioni ben codificate: quando ci fosse pericolo per la sicurezza dello stato; quando si dovesse pagare il riscatto del sovrano prigioniero; quando il figlio o il fratello di lui fosse armato cavaliere, od egli stesso ricevesse la corona reale nella cerimonia della consacrazione; quando maritasse la figlia o la sorella.

[38] Titulus LXIV De quaestionibus inter fiscum & privatum moven.

[39] Le tasse erano di due tipi: dirette e indirette; le prime sulla proprietà e le seconde sugli oggetti di consumo e di manifattura. Le più pesanti riguardavano i beni di consumo e di manifattura; si distinguevano in diritti vecchi e nuovi e ve ne erano circa una trentina.

[40] Titulus LXV (Cognoscit Baiulus de omnibus civilibus causis, praeterquam de feudalibus ; cognoscit etiam de furtis et criminibus levibus, quae non imponunt membri abscissionem. Hoc dicit)

[41] Titulus LXVII De officio Bajolorum.

[42] Non poteva però essere né chierico né di bassa condizione.

[43] Gli assessori si sceglievano in tutte le provincie del regno fra i cittadini più chiari per senno, integrità di costumi, e grado sociale.

[44] L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano,

vol VIII p. I, Unione Tipografico–Editrice, Torino, 1896, p. 45.

[45] C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 56-57.

[46] «Homines extra regnum postquam regnum intraverint, arma prohibita nullatenus deferre permittimus. Que si scienter detulerint, pene, quam contra delatores armorum, qui in regno morantur, edidi es, subjacebunt. Et ut ignorantiam simulare non possint, statim per officiales nostros, cum regnum intranerint, ipsis volumus hec esponi». Constit. I, 11: De intrantibus regnum.

[47] Introdotti con la prammatica De officio Bajuli. V. amplius R. GUISCARDI, Saggio di storia civile del municipio napolitano, Tipografia di F. Vitale, Napoli, 1862, p. 138.

C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione dei conflitti, Aracne Editrice, 2014, p. 12-13

[48] L’origine prima di questo istituto si trova già nel codice giustinianeo, il quale ordinava che cosi facessero tutti gli ufficiali cui fosse affidata l’amministrazione superiore delle provincie.

[49] Per dare un cenno degli atti di quella età, si pensi che nei tempi normanni e svevi si scriveva in greco, e taluni anche in arabo, quando  si trattasse musulmani;  alcuni atti erano anche in tre lingue, perché vi si univa il latino.

[50] Constit. I, 31: De observatione justitie

[51] Titulus LXXVII.

[52] Constit II, 57, De transactionibus

Postquam (alias priusquam) citata partes coram Justitiario compareant, liceat ipsis legitimas conventiones, & transactiones inire, praeterquam in enormibus injuriis, ex quibus illas tantum reputari censemus enormes, quae per jura communia designantur (quae habentur) atroces

[53] Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere. “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus

tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possimus”.

[54] Una legislazione analoga si trova con Rotari con riferimento all’uccisione di un membro del clero.  Colui che riceveva

mandato dal re di uccidere un vescovo cattolico poteva farlo impunemente, e pure risparmiare i soldi del guidrigildo che ammontava a venti soldi.

[55] A Milano si tagliava invece la lingua.

[56] Questa si custodiva in una chiesa, la quale aveva tal privilegio, e che riscuoteva una tassa per siffatta cerimonia.

[57] a Roma invece poteva usarsi solo per gli schiavi

[58] Constit. I, 75: De sententiis in scriptis.

[59] Constit. I, 75, «Iustitiarius curie scribet omnes sententias, coram nobis in majoribus causis inventas… ut in posterum in casibus similibus ambiguitas rescindatur».

[60] In molti luoghi queste decisioni si chiamarono costume (coutumes), consuetudini, o bandi, trasportandosi cosi al libro il nome del contenuto.

[61] Intentionis nostre salubre propositum non tam circa punienda maleficia commissa versatur, quam ut in committendis eisdem via et materia precludatur. Constit. I, 10: De illicita portatione armorum.

La mediazione parla Finlandese

La Finlandia è un paese importante nel mondo.

E’ terza per reddito e per stato di diritto, al 23° posto per i mezzi alternativi che sono accessibili, imparziali ed efficaci.

In merito alla giustizia civile è al 7° posto e al 2° per quella penale.

Per questo ho ritenuto importante effettuare un approfondimento su http://www.studiocataldi.it

https://www.studiocataldi.it/articoli/41119-la-mediazione-parla-finlandese.asp

Le leggi della mediazione in Europa

Senza pretesa di esaustività può essere di qualche interesse per la ricerca citare il numero dei provvedimenti più rilevanti con cui è disciplinata la materia nei singoli paesi[1].

Secondo una certa corrente di pensiero di matrice anglo-sassone la mediazione non dovrebbe essere imbrigliata dalle norme giuridiche e comunque le norme non dovrebbero mutare nel tempo, ma essere oggetto di sempre nuovi advisor, ossia di commenti in relazione all’evoluzione dello strumento nella pratica; ad esempio le norme federali sulla mediazione negli Stati Uniti hanno più di vent’anni ed è variato solo il commentario.

In Europa ci sono paesi invece che sono molto prolifici (Belgio, Francia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania) e all’opposto paesi molto avari in materia (Danimarca e Irlanda del Nord).

In quanto ai contenuti potremmo dire che sono i paesi dell’Est Europa i più inclini a dettagliare la fattispecie (ad esempio la Romania).

Talvolta l’abbondanza dei provvedimenti è correlata ai vari settori del diritto ove la mediazione è stata disciplinata.

In alcuni paesi (ad esempio l’Italia) non vi sono praticamente indicazioni sulla disciplina della procedura[2] che è lasciata ai regolamenti dei singoli organismi.

Un numero esiguo di provvedimenti oltre che alla corrente di pensiero predetta, è talvolta connesso anche al fatto che della mediazione sono stati disciplinati solo gli aspetti transfrontalieri (ad es. nel Regno Unito[3]).

In alcuni stati ci sono norme distinte per la mediazione preventiva e quella di Corte, in altri vi è una disciplina generale per tutti i tipi di mediazione.

Il numero nutrito dei provvedimenti non è tuttavia sempre in correlazione con un alto e proficuo uso delle mediazioni e quindi con una più capillare conoscenza dell’istituto.

La Danimarca che ha dato poco spazio alla legge anche in materia di formazione della mediazione risulta avere uno dei sistemi più efficienti, mentre la Romania che ha una legislazione cospicua è anche molto interessante per lo studioso della materia, non ha nel tempo visto un numero cospicuo di procedure (la buona volontà del legislatore è in Romania come in Grecia e precedentemente in Italia, stata frustrata da interventi delle rispettive Corte Costituzionali).

Quello che si può ancora notare è comunque una scarsa omogeneità delle disposizioni specie in relazione alla formazione del mediatore, ma pure con riguardo alla mediazione giudiziaria, in merito alle materie che in mediazione possono essere affrontate, all’esecutività degli accordi di mediazione, ai gestori statali o meno delle regole anche etiche.

Anche con riferimento ai registri nazionali che riguardano mediatori e le organizzazioni della mediazione, possiamo affermare con tranquillità che non ce n’è uno uguale all’altro.

Tabella – Numero dei provvedimenti più rilevanti in materia di mediazione nei paesi UE

1Francia44
2Romania26
3Portogallo22
4Italia20
  5Belgio Polonia16
  6Finlandia Germania Irlanda Paesi Bassi Ungheria15
7Lituania14
8Svezia13
9Austria Lussemburgo12
  10Croazia Spagna11
11Bulgaria Inghilterra e Galles Scozia9
12Malta8
13Slovacchia Slovenia7
  14Estonia Grecia Lettonia6
15Repubblica Ceca5
16Cipro Danimarca4
17Irlanda del Nord2
 Totale373

In allegato citiamo di ogni provvedimento di legge o di regolamento noto[4] che abbia a che fare con la mediazione (in nota ho inserito anche la traduzione in lingua italiana di ogni provvedimento).

Si farà riferimento anche alla Gran Bretagna anche se vi è stata come è noto la Brexit ed ora i paesi di area UE sono 27.


[1] Sono esclusi i provvedimenti attuativi regolamentari dell’ADR del consumo.

[2] A parte l’art. 8 c. 3 del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28: “3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”.

[3] Ad esclusione della Scozia

[4] Anche sentenze delle Corti costituzionali.

La mediazione familiare in Europa

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  1. Introduzione[1]

La mediazione familiare, secondo alcuno, avrebbe mosso i primi passi nel 1974 per opera dello psicologo e avvocato statunitense James Coogler.

Nel 1975, sempre ad opera di Coogler, nacque la Family Mediation Association che offriva un servizio di mediazione alle coppie in via di separazione o divorzio[2].

Grande merito nei tempi moderni a Coogler dunque, ma personalmente ritengo che l’origine della mediazione familiare vada ricercata altrove.

Anche la mediazione civile e commerciale, per la verità e del resto, non è di invenzione statunitense come si sostiene, ma kosovara.

Le origini della mediazione familiare sono molto antiche perché già le XII tavole prevedevano la facoltà di divorziare.

I Romani peraltro ragionavano in termini contrari dai nostri; noi pensiamo alla separazione e poi al divorzio, loro pensavano che fosse il divorzio a causare la separazione.

Nel Lazio antico ancor prima della fondazione di Roma esisteva una divinità che veniva chiamata Viriplaca, letteralmente una dea che placa la rabbia dell’uomo.

Si partiva cioè dal presupposto che nella coppia quello che poteva diventare prigioniero di emozioni e comportamenti negativi fosse appunto il maschio.

Era la risposta divina a quella che si considerava l’autorità maritale.

La famiglia a Roma era concepita come una unione di servi e di soggetti liberi soggetti alla potestas del pater familias.

Il vincolo del sangue stava sullo sfondo come nella Grecia antica dove fondava solo il diritto di cittadinanza come ci ricorda Aristotele nelle Costituzioni Ateniesi.

Viriplaca aveva un tempio sul Palatino e  come attribuzione principale le si riconosceva appunto la capacità di conciliare i coniugi.

Col tempo arrivò la dea Giunone e Viriplaca diventò semplicemente un’attribuzione della madre degli dei. 

Si noti che si partiva dal presupposto che appunto fosse l’uomo ad avere la responsabilità del litigio e dunque possiamo dire che la dea custode della pace quotidiana  domestica  non fosse esattamente “neutrale”.

Inizialmente la dea placava la fame, nel senso che impediva all’uomo di mangiarsi tutti i semi del raccolto (e quindi chiedeva all’uomo di dominare l’istinto di sopravvivenza): i semi venivano appunto custoditi nel suo tempio da appositi sacerdoti; chi provasse a nutrirsene in tempi di carestia rischiava le ire della dea.

Viriplaca poi passò ad essere garante della giustizia e della sicurezza nella civitas ma in questo ruolo fu soppiantata dalla dea Temi e da Giove.

Infine divenne appunto la custode della pace domestica.

Quando due coniugi litigavano i loro parenti e amici li portavano al tempio e li conducevano sotto le luci delle fiaccole.

Pensavano così di risvegliare quella sensualità che era nata alle luci delle fiaccole durante la prima notte di nozze.

E poi cercavano di farli pensare ad episodi piacevoli della loro vita coniugale.

Si trattava di una sorta di co-terapia a più mani.

Quando i coniugi si erano riconciliati potevano tornare a casa.

Nell’antica Roma si conducevano dunque i coniugi che avevano litigato, non al foro davanti al pretore, ma al tempio di Giunone conciliatrice per farli desistere dal triste disegno di separarsi[3].

Si riteneva che la procedura familiare dovesse essere diversa dalle altre come del resto lo si ritiene oggi: la mediazione civile e commerciale e quella familiare sono due mondi a sé.

Differente era appunto l’approccio rispetto alla materia civile, per cui si mediava in due modi: accordandosi sotto ad una colonna, nel Foro di Cesare[4] oppure attraverso l’opera di personaggi dai nomi vari e pittoreschi (interpres, disceptator domesticus, sequester pacis ecc.).

Per la separazione si ricorreva dunque ed invece, lo rimarco, agli Dei che sono i primi inventori della mediazione familiare e indirettamente ai loro intermediari presso i templi.

Non a caso l’Editto pretorio[5] si stabiliva che non potesse essere costretto a giudicare l’arbitro che fosse divenuto sacerdote successivamente all’accettazione dell’arbitrato[6]: il sacerdozio era destinato alla mediazione.

Ancora nell’ Austria settecentesca e nei domini austriaci (e quindi ad es. in Milano) prima del 1848, la mediazione in caso di separazione di letto e di mensa era di pertinenza del sacerdote[7]. I coniugi manifestavano le loro intenzioni di separarsi al loro parroco che doveva ricordare il significato delle promesse ed ammonirli per ben tre volte circa le conseguenze dannose della separazione.

Se le ammonizioni risultavano inefficaci il parroco doveva rilasciare alle parti un attestato scritto che fatte per tre volte le ammonizioni i coniugi persistevano nel desiderio di separarsi. 

I coniugi a questo punto presentavano domanda di separazione al giudice ordinario il quale la disponeva senza altre investigazioni se essi confermavano di persona che erano d’accordo nel separarsi e sulle relative condizioni.

Se però vi fossero state contestazioni in ordine al mantenimento dei figli il giudice ordinario doveva curare previamente il componimento delle parti in via di transazione; se il componimento falliva il giudice assegnava il conveniente mantenimento alla moglie e ai figli e poi proseguiva il giudizio ordinario secondo la disciplina vigente a quel tempo per i patti nuziali[8].

Qualcosa di simile accade oggi in Danimarca; esistono due tipi di mediazione con riferimento alla famiglia: quella di un prete e quella di un mediatore. Sono volontarie entrambe.

2. Diffusione in Europa della mediazione familiare

Comunque sia l’attuale mediazione familiare almeno nei paesi del Mediterraneo si è sviluppata su ispirazione di quella statunitense[9] e sta acquistando sempre maggiore importanza.

Vi sono poi diverse scuole di mediazione familiare che in ogni paese si sono ovviamente sviluppate e che provengono dagli Stati uniti: si cita senza pretendere l’esaustività il modello negoziale di Haynes, quello strutturato Coogler, il modello trasformativo di Folger, la mediazione umanistica di Jacqueline Marineau e in ultimo la mediazione sistemica propria della Scuola che ci ospita oggi e del sottoscritto.

Almeno ventidue paesi UE su trenta hanno una legislazione di mediazione in materia familiare.

La qual cosa non significa che la mediazione familiare non sia praticata negli altri paesi, magari in base alla sola legge sulla mediazione in generale in applicazione della Direttiva 52/08 oppure in base al codice di rito, ma semplicemente che non sono stati rinvenuti provvedimenti specifici.

Posso citare ad esempio la Repubblica Ceca che disciplina la mediazione delegata familiare nel Codice di rito.

Possiamo dire che ormai la pratica della mediazione familiare è diffusa in tutti i paesi europei come avviene per la civile e commerciale e in parte per la penale.

Aggiungo però che la mediazione familiare così come del resto quella civile e commerciale ha una disciplina molto variegata e risponde anche e soprattutto a differenti finalità.

Nei paesi del Nord Europa tende ad evitare la fine del matrimonio, mentre ad esempio da noi in Italia è prevista per il caso in cui le parti siano separate o divorziate oppure intendano separarsi o divorziare e ci siano dei figli minori.

Dal 7 di febbraio del 2014 la disciplina è ospitata dall’art. 337 octies Codice civile comma 2 che ha un identico tenore rispetto all’abrogato 155-sexies: “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.

Ci sono paesi dove la mediazione familiare si pratica per tutti i legami familiari e quindi anche ad esempio il rapporto con i nonni o gli zii oppure per situazioni di indigenza o di lutto (ad esempio nel Regno Unito ed Irlanda) o per il pagamento degli alimenti non solo tra coniugi.

Possiamo poi aggiungere che ci sono diversi paesi che hanno più strumenti anche delegabili dal giudice a tutela della famiglia e non soltanto la mediazione familiare (ad esempio Germania e Svezia).

In ordine alfabetico i paesi di cui ho individuato i provvedimenti specifici in materia di mediazione familiare sono i seguenti: Austria[10], Belgio[11], Bulgaria[12], Cipro[13], Croazia[14], Danimarca[15], Estonia[16], Finlandia[17], Francia[18], Germania[19], Irlanda[20], Irlanda del Nord[21], Lituania[22], Lussemburgo[23], Italia[24], Malta[25], Portogallo[26], Regno Unito[27], Romania[28], Scozia[29], Spagna[30] e Ungheria[31].

Nonostante l’impegno legislativo devo registrare però un basso numero di mediazioni familiari.

O almeno possiamo dire che solo tredici paesi su trenta lo hanno reso noto nel corso degli anni (2017-2019)[32]: Croazia, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo,  Slovenia, Scozia,  Spagna, Svezia, Ungheria.

Primeggiano per numero la Spagna, la Polonia e l’Irlanda.

Conosciamo però soltanto il numero delle mediazioni familiari delegate.

 Mediazione familiare
PaesiNumeroAccordo
Croazia111108
Danimarca510208
Finlandia807720
Grecia7040
Irlanda2.249 1.248 (2018)1.236 –
Lettonia135108
Polonia4.3161.915
Portogallo[33]485 591 (2019)120
Slovenia13015
Scozia2.000[34]
Spagna7.336 4.937 (2018) 4.769 (2019)– 537   553
Svezia10050
Ungheria2.5001.500

Con la presente nota  darò un cenno alla mediazione familiare in tutti i Paesi UE cominciando da quelli che hanno rilasciato dati numerici fruibili.

3. La mediazione familiare in Croazia

In Croazia dal novembre 2015 l’art. 379 c. 1[35] della legge sul diritto di famiglia (Obiteljski zakon) prevede che in sede di deposito domanda di divorzio, in presenza di figli minori, si dia la prova di aver partecipato ad una mediazione familiare.

Eccezioni a questa regola sono previste dall’art. 332[36] e riguardano il caso in cui venga accertata una violenza domestica, si sia stati dichiarati falliti, manchi la capacità di intendere e di volere, non si conosca la residenza del coniuge. Anche in questi casi tuttavia la mediazione familiare può essere opportunamente tenuta per coloro che non siano colpiti da incapacità.

4. La mediazione familiare in Danimarca

La sezione 41 della legge sul matrimonio  stabilisce che il tribunale della famiglia può offrire la mediazione in caso di disaccordo sulle condizioni di separazione e divorzio. Per la sezione 42 a i coniugi che chiedono il divorzio e che hanno figli comuni che non hanno 18 anni, possono ottenere il divorzio solo dopo un periodo di riflessione di 3 mesi dal ricevimento della richiesta da parte del tribunale della famiglia. In questo periodo (sezione 22) i coniugi devono seguire un corso digitale tenuto da un consulente (un sacerdote) o da un mediatore che è tenuto alla riservatezza.

5. La mediazione familiare in Finlandia

Della mediazione familiare si occupa il capitolo V della legge sul matrimonio: in particolare i paragrafi dal 20 al 23 bis[37].

Ai sensi della legge sul matrimonio (234/1929), le controversie e le questioni legali che sorgono all’interno di una famiglia devono in primo luogo essere risolte nei negoziati tra i componenti della famiglia e decise di comune accordo.

Se i componenti della famiglia hanno bisogno di un aiuto esterno nella risoluzione di controversie, possono chiedere l’aiuto di mediatori familiari messi a disposizione da comitati di azione sociale del comune.

L’aiuto può essere chiesto anche in caso di conflitto che nasca da una decisione o da un accordo sulla custodia e sulla visita.

Il mediatore dovrebbe sforzarsi di tenere una discussione riservata e aperta con i membri della famiglia. Dovrebbe cercare di raggiungere il consenso su come risolvere i conflitti familiari nel miglior modo possibile per tutte le parti coinvolte.

Il ruolo del mediatore è di prestare particolare attenzione alla salvaguardia dello status dei minori nella famiglia.

Il mediatore assiste le parti nella conclusione degli accordi e nell’adottare qualsiasi altra azione necessaria per risolvere le controversie.

La pianificazione generale, l’orientamento e la supervisione della mediazione familiare sono di competenza dell’Agenzia amministrativa statale regionale presso il Ministero degli affari sociali e della salute.

Il Social Welfare Board è responsabile dell’organizzazione della mediazione familiare nel comune.

La mediazione può anche essere fornita da associazioni e fondazioni, nonché da persone che hanno ricevuto l’autorizzazione dall’agenzia governativa regionale per questa attività.

Il Ministero degli affari sociali e della salute pubblica detta norme e istruzioni più dettagliate della legge sul matrimonio in merito alla mediazione familiare.

L’autorizzazione per le attività di mediazione familiare può essere concessa su richiesta a una comunità, gruppo o fondazione che si ritiene fornisca mediazione familiare professionale. L’autorizzazione può anche essere concessa su richiesta a una persona che abbia familiarità con la protezione dei minori, il lavoro di consulenza familiare o il diritto di famiglia e che, sulla base dell’esperienza e delle caratteristiche personali precedenti, abbia caratteristiche sufficienti per agire da mediatore.

Il permesso è rilasciato per un periodo fisso, non superiore a cinque anni alla volta. L’autorizzazione può essere revocata se c’è un motivo per farlo.

Nel concedere un’autorizzazione, l’agenzia amministrativa regionale può allo stesso tempo emanare regolamenti più dettagliati sulla portata e sui compiti, nonché l’obbligo di fornire all’agenzia amministrativa regionale le informazioni necessarie per la supervisione delle attività.

Nella maggior parte dei casi, i mediatori familiari incaricati di questo compito sono lavoratori dipendenti di servizi di consulenza nell’ambito dello sviluppo e della famiglia e di altri servizi sociali.

La mediazione familiare costituisce un procedimento distinto da altri servizi di consulenza sociale e familiare e si prefigge di trovare soluzioni alle controversie tra le parti attraverso il reciproco confronto e la negoziazione. Oltre ai comuni, i servizi di mediazione vengono forniti dai consultori familiari della Chiesa, nonché da altre organizzazioni e individui autorizzati ad impegnarsi nella mediazione.

Se i genitori raggiungono un accordo, il mediatore li aiuta a stipulare un contratto. Affinché l’accordo sia esecutivo, il mediatore chiede ai genitori di ottenere la conferma di un funzionario di previdenza minorile. Un accordo confermato è equivalente a una decisione di giudice[38].

La mediazione familiare è volontaria, riservata e gratuita. L’intera famiglia oppure i coniugi congiuntamente o separatamente possono contattare i servizi di mediazione familiare.

I tribunali possono poi mediare nelle questioni relative alla custodia, l’alloggio, i diritti di accesso e il sostegno finanziario riguardanti i minori[39].

La mediazione in tribunale deve essere effettuata in modo da tenere conto, nella misura del possibile, dell’interesse superiore del minore nonché dei desideri e delle opinioni del minore in relazione all’età e al livello di sviluppo del minore. Nel determinare se un accordo può essere omologato, il tribunale deve tener conto delle disposizioni della legge sul mantenimento minorile e della legge sulla custodia dei figli e il diritto di accesso[40].

In materia di affidamento dei minori, diritto di accesso e mantenimento dei minori, una sessione di mediazione deve essere organizzata senza indugio dopo che il tribunale ha deciso di avviare la mediazione.

La mediazione può essere interrotta in qualsiasi momento. Il mediatore è un giudice assistito da un esperto, di solito uno psicologo o un assistente sociale.

Le parti di una mediazione possono essere assistite da un avvocato di loro scelta o altro assistente.

Per la mediazione giudiziale, è possibile richiedere l’assistenza legale dai fondi dello Stato per coprire il compenso dell’assistente.

Un accordo omologato equivale ad una sentenza del giudice.  In caso di mancato raggiungimento di un accordo, il giudice chiude il caso. Se il caso è stato rinviato alla mediazione partendo da un procedimento giudiziario, laddove la mediazione non abbia prodotto esiti positivi ritorna al procedimento giudiziario iniziale[41].

La mediazione familiare in Finlandia può essere richiesta nell’ambito di un processo di esecuzione.

Questa forma di mediazione è disponibile solo quando uno dei genitori ha avviato un processo di esecuzione nel tribunale distrettuale. In questo caso, una decisione del tribunale già esiste, ma non è stata rispettata da parte del genitore.

Ai sensi della legge sull’esecuzione delle decisioni in materia di custodia dei figli e di diritto di visita (619/1996)[42], il giudice individua principalmente il mediatore nei casi in cui sia stata richiesta al tribunale l’esecuzione di una decisione relativa alla custodia o al diritto di visita.

Il mediatore è di solito uno psicologo esperto di psicologia infantile, un assistente sociale esperto nella tutela dei minori o un funzionario di previdenza minorile.

Scopo della mediazione è quello di facilitare la collaborazione dei genitori dei bambini o di altre parti interessate, al fine di assicurare il benessere dei minori.

Il mediatore organizza un incontro tra i genitori e discute in privato con il bambino (o bambini), al fine di scoprire i loro desideri e le opinioni, se questo è possibile considerando l’età e il livello di sviluppo del bambino (o dei bambini).

Il mediatore redige una relazione sulla mediazione da indirizzare al tribunale.

Se la mediazione non porta a un accordo tra i genitori, il giudice emetterà una sentenza sul caso basata, tra le altre cose, sulla relazione del mediatore[43].

6. La mediazione familiare in Grecia

In Grecia l’art. 182 c. 1 della legge 4512/18 (Ν. 4512/2018 (ΦΕΚ Α’ 5/17.01.2018) Ρυθμίσεις για την εφαρμογή των Διαρθρωτικών Μεταρρυθμίσεων του Προγράμματος Οικονομικής Προσαρμογής και άλλες διατάξεις) aveva stabilito dal gennaio 2018 l’obbligatorietà della mediazione preventiva per alcune materie comprese le controversie familiari[44].

Ma la Corte Costituzionale purtroppo ha dichiarato la norma incostituzionale nello scorso giugno[45].

Il Parlamento greco ha però approvato una nuova legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 30 novembre 2019.

Si tratta della legge 4640/2019. Mediazione in materia civile e commerciale – Ulteriore armonizzazione della legislazione greca con le disposizioni della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008 e di altre disposizioni[46].

La nuova norma dispone che dal 15 gennaio 2020, tutte le controversie in materia familiare (ad esclusione dei divorzi e delle controversie ove i diritti non sono disponibili come adozioni e riconoscimento di paternità) sono soggette ad un primo incontro di mediazione a pena di inammissibilità della domanda.

7. La mediazione familiare in Irlanda

In Irlanda l’art. 23[47] della nuova legge sulla mediazione (MEDIATION ACT 2017) prevede che il Ministro della Giustizia, per garantire la disponibilità di sessioni di mediazione familiare ad un costo ragionevole ed in luoghi confortevoli prepari e pubblichi uno schema per la tenuta di tali sessioni. La disposizione sulla futura mediazione obbligatoria è allo stato inattuata.

Ma in precedenza sono state comunque varate diverse norme in favore della mediazione ed i legali hanno particolari obblighi inerenti l’informativa quando si tratti di controversie di famiglia.

8. La mediazione familiare in Lettonia

Dal 1° gennaio 2017 i cittadini possono usufruire di un sostegno erogato dallo Stato nell’ambito di un programma del bilancio pubblico, ossia la possibilità di partecipare a cinque sessioni gratuite con un mediatore certificato per risolvere le controversie fra genitori che incidono sull’interesse dei minori e cercare modalità per migliorare le relazioni fra i membri della famiglia.

Nell’ambito del progetto il sostegno pubblico copre le prime cinque sessioni di mediazione (di 60 minuti ciascuna) gestite da un mediatore certificato e senza oneri per le parti.

Se la controversia non è risolta entro cinque sessioni, il costo di ulteriori servizi dovrebbe essere sostenuto dalle parti.

Per verificare l’ammissibilità di una persona al servizio si dovrebbe consultare un mediatore certificato o il consiglio dei mediatori certificati.

Le informazioni relative al progetto sono portate a conoscenza degli interessati attraverso gli organi giurisdizionali e sono trasmesse ai comuni, ai servizi sociali, ai tribunali della famiglia, ecc.

Il progetto intende assistere 300 coppie, per consentire ai genitori con prole di risolvere le controversie familiari e i disaccordi in fase di esame presso l’organo giurisdizionale nonché le controversie non ancora in tribunale.

In particolare, il progetto mira a sostenere i matrimoni o almeno a risolvere le controversie in modo tale da consentire di salvaguardare il rispetto fra i genitori del minore e garantire che essi possano quindi comunicare fra l’altro per concordare diverse questioni inerenti le cure quotidiane, l’educazione e l’istruzione del minore.

9. La mediazione familiare in Polonia

In Polonia le questioni concordabili in mediazione possono riguardare: la riconciliazione di coniugi; la definizione delle condizioni per la separazione; le forme di autorità parentale; il contatto con i figli; il soddisfacimento delle esigenze familiari; il mantenimento e il sostegno a favore dei figli; nonché questioni relative alle proprietà e alle abitazioni. Una transazione tramite mediazione può anche contemplare il rilascio di un passaporto, la scelta dell’educazione del minore, i contatti con i membri della famiglia allargata e/o la gestione dei beni del minore[48].

La mediazione può essere effettuata prima che la questione venga portata dinanzi al tribunale oppure in seguito all’avvio del procedimento, sulla base di una decisione del tribunale stesso.

In ogni caso, la mediazione è soggetta al consenso delle parti.

Ciascuna parte può fare domanda per ricorrere alla mediazione in qualsiasi fase del procedimento giudiziario.

Il mediatore viene scelto di comune accordo dalle parti oppure nominato dal tribunale, prendendo in considerazione innanzitutto i soggetti presenti nell’elenco dei mediatori permanenti[49].

Il procedimento di mediazione istituito in applicazione di una decisione del tribunale non dovrebbe durare più di 3 mesi, tuttavia il termine può essere prorogato su richiesta congiunta o per qualsiasi altro motivo valido se ciò facilita la conciliazione.

Non appena riceve una decisione del tribunale il mediatore contatta le parti al fine di definire la data e il luogo per un incontro.

Il mediatore spiega le regole e le modalità di svolgimento del procedimento di mediazione e chiede alle parti se concordino nel ricorrere alla mediazione.

La mediazione è costituita da sessioni congiunte e separate.

La mediazione è riservata. Il mediatore ha l’obbligo di non rivelare i dettagli della mediazione a terzi. I verbali della mediazione non contengono alcun giudizio o alcuna posizione delle parti.

Un mediatore non può testimoniare riguardo i fatti di cui viene a conoscenza come conseguenza dell’attività di mediazione svolta, a meno che le parti non lo esentino dall’obbligo di riservatezza.

La mediazione può sfociare in una conciliazione reciprocamente accettabile sottoscritta dalle parti.

Nel contesto delle cause di divorzio o di separazione, la mediazione può portare a una riconciliazione e/o a un accordo tra i coniugi, oppure allo sviluppo di posizioni giuridiche condivise. Dette posizioni costituiscono una base per la risoluzione della causa da parte del tribunale.

Il mediatore fornisce una copia del verbale alle parti.

Il mediatore presenta il verbale e qualsiasi accordo di conciliazione raggiunto alla corte.

Una conciliazione raggiunte tramite mediazione e approvata dal tribunale ha la stessa validità giuridica di una transazione giudiziaria e pone fine alla causa.

 Il tribunale si rifiuterà di approvare la conciliazione nel caso in cui la stessa sia contraria alla legge o ai principi della vita comunitaria, sia intesa ad aggirare la legge, sia confusa o contenga contraddizioni.

Nel caso in cui non venga data effettiva esecuzione a una conciliazione che è stata dichiarata esecutiva, il caso può essere riferito a un funzionario di un servizio di contrasto nominato dal tribunale.

Nel caso in cui non sia possibile raggiungere alcuna conciliazione, le parti possono cercare di esercitare i loro diritti in giudizio.

I costi della mediazione sono sostenuti delle parti. Solitamente ciascuna parte paga la metà dei costi, a meno che le parti non concordino altrimenti.

Una parte può richiedere l’esenzione dai costi della mediazione.

Indipendentemente dell’esito del caso, il tribunale può ordinare a una parte a rimborsare i costi derivanti da un rifiuto manifestamente irragionevole di impegnarsi nella mediazione.

Qualora si giunga a una conciliazione prima dell’inizio dell’udienza in tribunale, viene rimborsato alla parte il 100% delle spese di giudizio.

Qualora si giunga a una conciliazione dinanzi al mediatore in una fase successiva del procedimento (dopo l’inizio dell’audizione del caso in tribunale), viene rimborsato il 75% delle spese di giudizio.

Nell’ambito di una causa di divorzio o separazione, se le parti si riconciliano dinanzi al giudice di primo grado e si ritirano dal processo, viene rimborsato il 100% delle spese di giudizio versate quando il caso è stato portato dinanzi al tribunale. Se le parti giungono alla riconciliazione prima della conclusione del procedimento dinanzi al tribunale di secondo grado, viene rimborsato il 50% delle spese versate per l’appello.

In caso di mediazione extragiudiziale, la retribuzione del mediatore è stabilita dal centro di mediazione oppure le parti raggiungono un accordo in merito alla stessa congiuntamente al mediatore prima dell’inizio della mediazione.

10. La mediazione familiare in Portogallo

In Portogallo prevale il principio della mediazione volontaria[50].

Le parti in un conflitto familiare relative a figli o coniugi possono di comune accordo utilizzare la mediazione familiare pubblica o privata.

La Corte può anche sottoporre le parti alla mediazione, ma non può imporla se le parti non concordano o si oppongono.

Il ricorso alla mediazione familiare può aver luogo prima che sia intrapresa un’azione presso il Tribunale o presso i Conservatori del registro civile (Conservatória do Registo Civil) o dopo che il processo è pendente.

In entrambi i casi, l’accordo in materia di famiglia deve essere omologato per diventare esecutivo.

Alla mediazione familiare si può partecipare tramite rappresentante o di persona.

La 19 aprile 2013 n. 29[51] stabilisce i principi generali applicabili alla mediazione.

Se le parti ricorrono alla mediazione familiare prima di presentare un’azione, qualora raggiungano un accordo, devono rivolgersi all’Ufficio del registro civile di loro scelta per farlo omologare.

In tal caso, l’accordo può riguardare sia le questioni relative ai coniugi (ad esempio il divorzio, il mantenimento tra coniugi, la casa familiare, l’uso dei cognomi degli ex coniugi), sia le questioni relative ai figli (ad esempio un accordo sulla responsabilità genitoriale allegato a un accordo di divorzio o un accordo alimentare per i figli).

Prima della omologazione da parte del conservatore, il pubblico ministero emette un parere sull’accordo nella parte in cui riguarda le responsabilità genitoriale dei minori.

Nel caso in cui la mediazione familiare avvenga prima che l’azione venga intentata e sia intesa unicamente a regolare le responsabilità genitoriali per i minori, previo accordo (senza che sia allegato un atto di divorzio o un accordo di separazione legale), l’omologazione deve essere richiesta dalle parti al tribunale competente.

Nel caso in cui la mediazione familiare intervenga a causa pendente si osservano le seguenti regole.

Nelle azioni che riguardano la responsabilità genitoriale (ad es. custodia, visite, mantenimento dei minori) ci può essere una fase di audizione tecnica specializzata e di mediazione (audição técnica especializada e mediação).

Se le parti non raggiungono un accordo durante la audizione per cui sono state convocate dal giudice, il giudice sospende il procedimento per un periodo compreso tra i 2 e i 3 mesi e rinvia invece le parti a uno dei seguenti meccanismi: alla mediazione[52], a condizione che vi sia consenso delle parti o che lo richiedano; o all’audizione tecnica specializzata[53], che deve essere svolta dai servizi di consulenza tecnica della Corte.

Non si può far luogo a mediazione o all’audizione tecnica specializzata qualora a) viene attribuita una misura coercitiva o viene applicata una pena accessoria per il divieto di contatto tra genitori, oppure

b) i diritti e la sicurezza delle vittime di violenza domestica e altre forme di violenza nella famiglia, come l’abuso di minori o l’abuso sessuale, sono gravemente a rischio[54].

Se c’è un accordo il giudice lo valuta e lo omologa. Se non c’è un accordo il processo prosegue.

Per tutte le azioni legali civili in generale, comprese quelle riguardanti i coniugi (ad es. divorzio e separazione personale, mantenimento tra coniugi ed ex coniugi, assegnazione della casa familiare, in assenza di un accordo iniziale), l’articolo 273. del Codice di procedura civile prevede la possibilità che la Corte sospenda il caso e rinvii il caso alla mediazione, a meno che una delle parti non vi si opponga.

Ai sensi dell’articolo 272, paragrafo 4, del Codice di procedura civile, le parti possono anche chiedere di comune accordo di sospendere il processo per tre mesi e entro tale termine ricorrere alla mediazione di propria iniziativa.

L’accordo sarà poi omologato dalla Corte.

Le azioni in materia di famiglia[55] che sono di competenza dei Conservatori del registro civile (Conservatória do Registo Civil)  richiedono l’accordo preliminare delle parti perché altrimenti rientrano nella giurisdizione dei tribunali.

Pertanto, in questi casi, il ricorso alla mediazione su iniziativa delle parti può essere utile prima dell’avvio della procedura.

Dopo l’apertura del processo presso la Conservatoria, l’articolo 14, paragrafo 3, del DL n. 272/2001 del 13/1[56], stabilisce che il conservatore deve informare i coniugi che desiderano divorziare dall’esistenza di servizi di mediazione. Questa disposizione legale consente, in attesa della procedura di divorzio di comune accordo presso la Conservatoria, alle parti di ricorrere alla mediazione per ottenere la riconciliazione dei coniugi o per rivedere l’accordo sulle responsabilità genitoriali, allegato all’accordo di divorzio.

Se le parti ricorrono alla mediazione privata dovranno pagare il compenso del al mediatore che è fissato nel contratto per mediare firmato dalle parti e dal mediatore all’inizio della mediazione. 

Il Ministero della Giustizia organizza un elenco di mediatori pubblici e privati[57] ​​che le parti possono consultare per scegliere un mediatore privato.

Per utilizzare  la mediazione pubblica le parti devono contattare l’Ufficio di risoluzione alternativa delle controversie, della direzione generale della Politica di giustizia, e richiedere la programmazione della sessione di pre-mediazione. 

Possono farlo per telefono, e-mail o utilizzando un modulo elettronico. 

Nella sessione pubblica di pre-mediazione, viene firmato il contratto per mediare tra le parti e il mediatore. 

La durata delle sessioni è fissa, le sessioni sono programmate e vengono spiegate le regole della procedura.

Il costo della mediazione familiare pubblica è di 50,00 euro per ciascuna parte indipendentemente dal numero di sessioni previste. 

Questa commissione di 50,00 euro è pagata da ciascuna parte all’inizio della mediazione pubblica. 

I compensi dei mediatori nel sistema pubblico non sono a carico delle parti. 

Sono pagati dalla direzione generale della Politica di giustizia secondo una tabella stabilita dalla legge.

Le sessioni pubbliche di mediazione possono aver luogo presso la direzione generale della Politica di giustizia o presso le strutture disponibili nel comune di residenza delle parti.

Nella mediazione pubblica, le parti possono scegliere un mediatore tra quelli selezionati per il sistema pubblico. 

Se non lo scelgono, l’Ufficio di risoluzione alternativa delle controversie, della direzione generale della Politica di giustizia, indica uno dei mediatori nell’elenco dei mediatori pubblici[58], in ordine sequenziale e tenendo conto della vicinanza dell’area di residenza delle parti. 

Come regola generale, questa indicazione viene eseguita in modo informatizzato.

Se le parti beneficiano del patrocinio gratuito possono coprire i costi della mediazione.

In caso di  conflitto transfrontaliero è possibile utilizzare per la mediazione solo i sistemi di videoconferenza.

In Portogallo i mediatori di altri Stati membri possono non solo iscriversi all’elenco dei mediatori familiari organizzati dal Ministero della giustizia (che comprende mediatori pubblici e privati), ma possono anche essere selezionati dall’elenco dei mediatori familiari pubblici. In entrambi i casi, in circostanze identiche a quelle applicabili ai mediatori nazionali.

In Portogallo la co-mediazione è consentita sia nei sistemi di mediazione pubblici che privati. La co-mediazione può aver luogo se le parti decidono di optare per essa o su suggerimento del mediatore se ritiene che sia il modo migliore per affrontare il caso.

11. La mediazione familiare nel Regno Unito

Ai sensi della sezione 10 (1) del Children and Families Act 2014, è oggi obbligatorio nel Regno Unito partecipare a un MIAM prima di presentare determinati tipi di domande (in relazione a problematiche che riguardano i minori o a richieste finanziarie) per ottenere un ordine del tribunale.

Un’esenzione dal MIAM si può chiedere solo in caso di violenza domestica, di fallimento e quando non esiste un mediatore familiare autorizzato entro il raggio di quindici miglia dalla casa del potenziale richiedente.

Il MIAM può essere effettuato prima del giudizio ed in corso di causa.

Il tribunale ha il potere generale di sospendere il procedimento al fine di tentare la risoluzione extragiudiziale delle controversie, inclusa la partecipazione a un MIAM per prendere in considerazione la mediazione familiare e altre opzioni.

Un MIAM è un breve incontro che fornisce informazioni sulla mediazione come modo per risolvere le controversie. È condotto da un mediatore addestrato che valuta se la mediazione è appropriata nelle circostanze. Dovrebbe essere tenuto entro 15 giorni lavorativi dal contatto con il mediatore[59].

La mediazione familiare può essere a pagamento o gratuita se si può fruire del gratuito patrocinio

Al MIAM si può partecipare congiuntamente, ma spesso è un incontro informativo individuale.

12. La mediazione familiare in Slovenia

La mediazione in Slovenia è regolata dalla Legge in materia civile e commerciale[60] e ai sensi dell’articolo 2, primo comma, viene svolta in controversie in materia di diritto di famiglia relativamente a questioni sulle quali le parti possono accordarsi liberamente e concludere transazioni.

Inoltre, la legge sulla risoluzione alternativa delle controversie[61], si applica alle relazioni familiari e in base a tale legge il giudice deve permettere la mediazione tra le parti per risolvere una controversia.

All’articolo 22, primo comma, della ZARSS è previsto che la mediazione per le controversie relative alle relazioni tra genitori e figli sia gratuita in quanto le spese per l’opera del mediatore e i costi per gli spostamenti siano a carico dell’organo giurisdizionale e non delle parti.

Ciò inoltre si applica ai casi in cui la mediazione, insieme alle dispute relative alla relazione tra genitori e figli, tratta della risoluzione della comunione dei beni tra coniugi.

Ai sensi dell’articolo 2 delle Norme sui mediatori nei programmi giudiziari[62] il giudice che gestisce l’elenco dei mediatori ai sensi della ZARSS decide, in linea con le esigenze del programma, il numero massimo di mediatori che possono far parte dell’elenco in un determinato settore.

Relativamente alla mediazione su questioni di diritto di famiglia (per quanto riguarda i mediatori presenti nell’elenco) il giudice deve verificare il fatto che la mediazione in controversie relative alle relazioni tra genitori e figli possa essere svolta da due mediatori, uno dei quali deve aver superato l’esame di abilitazione da avvocato, mentre l’altro deve dimostrare la sua competenza ed esperienza nel settore della psicologia o in un altro settore analogo[63].

13. La mediazione familiare in Spagna

In Spagna[64] la mediazione in materia di diritto di famiglia si può svolgere soltanto su base volontaria e per agevolarla nell’ipotesi, fra l’altro, della mediazione familiare transfrontaliera, la legislazione generale in materia di mediazione riconosce esplicitamente che la stessa si può effettuare per videoconferenza o con altri mezzi elettronici che permettano la trasmissione della voce o dell’immagine.

Le parti possono svolgere la mediazione sia prima dell’inizio del procedimento giudiziario sia nel corso dello stesso o a anche una volta concluso con una modifica oppure per agevolare l’esecuzione della decisione del giudice.

Nel caso in cui svolgano prima la mediazione e facciano riferimento a un accordo il procedimento dinanzi al giudice si snellisce in quanto le parti optano per un procedimento semplificato in cui entrambe le parti propongono tale accordo al giudice in materia di diritto famiglia, e quest’ultimo lo omologa salvo che sia in contrasto con la legge o con gli interessi dei figli minorenni o eventualmente interdetti avuti dai coniugi.

Allo stesso modo e se non ci sono figli minorenni o interdetti le parti possono altresì optare per far omologare da un notaio tale accordo; quest’ultimo lo redigerà con un’apposita scrittura e che avrà gli stessi effetti di una pronuncia del giudice.

Nel caso in cui il procedimento giudiziario sia iniziato senza avviare la mediazione, il giudice, tenendo conto delle circostanze del caso, può ammettere che le parti svolgano la mediazione e pertanto si svolgerà una seduta informativa gratuita dinanzi al giudice competente in materia di diritto di famiglia.

Nel caso in cui si decida di svolgere la mediazione il procedimento giudiziario non si sospende, a meno che le parti non chiedano la sospensione e nel caso in cui infine si giunga a un accordo, quest’ultimo verrà omologato dal giudice. Nel caso in cui, invece, non si riesca a concludere un accordo o le parti non abbiano deciso optato per la mediazione, il giudice emetterà una pronuncia risolvendo tutti le questioni controverse tra le parti.

La mediazione familiare non è ammessa quando sia pendente un procedimento per violenza di genere tra le parti.

La riunione informativa è gratuita, ma la mediazione comporta un costo che va sostenuto dai coniugi in parti uguali, a meno che le stesse possano usufruire del gratuito patrocinio[65].

Il mediatore deve avere un diploma di laurea o di formazione professionale superiore e inoltre deve avere una formazione specifica per esercitare la mediazione; tale formazione viene impartita in istituti appositamente accreditati.

Per poter esercitare la mediazione familiare non occorre l’iscrizione a uno specifico registro, anche se sono stati creati registri sia in ambito nazionale  che regionale[66].

In ambito regionale praticamente tutte le Comunidades Autónomas hanno creato un servizio pubblico di mediazione. Per essere informati al riguardo è sufficiente consultare la rubrica “mediazione” sulle pagine web di ciascuna delle comunità. Tale rubrica fa riferimento al funzionamento del sistema di mediazione, ed eventualmente al registro dei mediatori applicabile, tramite il link corrispondente, e contiene in genere un formulario per richiedere la mediazione e che rinvia agli organismi specializzati creati per svolgere la mediazione.

Nel caso in cui occorra effettuare una ricerca per individuare un mediatore occorre stabilire se la mediazione deve aver luogo dopo l’avvio del procedimento o se si voglia svolgere tale mediazione indipendentemente dal procedimento stesso. Nel caso in cui la domanda di mediazione venga presentata dopo l’avvio del procedimento, il giudice che si occupa di diritto di famiglia riceve tale domanda e rinvia le parti ad organismi di mediazione familiare riconosciuti dall’organo giurisdizionale. Al contrario qualora la mediazione venga svolta prima del procedimento giudiziario o al di fuori dello stesso, la parte dovrà effettuare una ricerca di un mediatore familiare consultando eventualmente diverse fonti d’informazione[67].

I servizi di mediazione creati dalle comunità autonome hanno coordinate in genere disponibili sui siti internet.

Oltre a quanto già menzionato si possono consultare maggiori informazioni sul procedimento di mediazione familiare, sulla legge applicabile, sui servizi di mediazione esistenti nelle diverse comunità autonome e sui relativi protocolli sul sito del Consiglio superiore della magistratura[68].

14. La mediazione familiare in Svezia

Secondo un principio generale del diritto svedese le soluzioni prese di comune accordo sono considerate le migliori per il minore.

Pertanto, le norme sono state formulate in modo tale che occorre anzitutto effettuare un tentativo per convincere i genitori a trovare un accordo su questioni che interessano i loro figli (ancora minorenni).

Ai servizi sociali spetta una responsabilità particolare ed essi devono, tra l’altro, proporre ai genitori la conciliazione.

Lo scopo del procedimento di conciliazione è di aiutare i genitori a raggiungere un accordo (v. ulteriori informazioni sulla conciliazione).

Nel caso in cui i genitori concordino, la soluzione presa col consenso di entrambi può essere inserita in un accordo approvato dai servizi sociali.

Inoltre, i giudici devono tentare di raggiungere un accordo con il consenso di entrambi i genitori. Nel caso in cui non si trovasse l’accordo, il giudice può disporre la conciliazione o la mediazione.

La mediazione familiare, nei casi in cui sia già stato adito il giudice competente, viene utilizzata di solito allorché, ad esempio, la conciliazione non ha prodotto alcun esito, ma si ritiene che vi sia ancora la possibilità che i genitori raggiungano un accordo relativamente a questioni che riguardano i figli.

Spetta al giudice decidere chi nominare come mediatore. Una decisione che disponga per la mediazione di per sé non richiede il consenso dei genitori, ma può essere difficile per un mediatore assolvere i suoi compiti nel caso in cui uno dei genitori si opponga alla nomina di un mediatore.

Quest’ultimo decide le modalità della mediazione, previa consultazione del giudice competente. Non esistono né codici di condotta né simili convenzioni per i mediatori.

Non esiste un’organizzazione che si occupa della formazione nazionale per i mediatori.

I mediatori hanno diritto a una remunerazione ragionevole per il lavoro, il tempo impiegato e le spese. La remunerazione viene pagata dallo Stato[69].

15. La mediazione familiare in Ungheria

L’Ungheria ha istituito la mediazione familiare obbligatoria in materia di custodia anche transfrontaliera dal 15 marzo 2014[70].

Il giudice può ordinare un primo incontro di mediazione e la sua decisione è inappellabile[71].

La mediazione è più accettata e ben nota nelle questioni relative al diritto di famiglia che nel campo della risoluzione delle controversie commerciali[72].

Il tasso di successo è secondo il Ministro della Giustizia del l’85-90%.

Il Codice civile al § 4:172[73] prevede che il giudice se è il caso, può richiedere ai genitori di utilizzare la mediazione al fine di garantire il corretto esercizio della responsabilità genitoriale e per garantire la cooperazione necessaria, comprendendo anche le controversia sulla comunicazione tra il genitore separato e il figlio.

Pertanto, in questi casi, il giudice può ordinare alle parti di cercare di risolvere la controversia attraverso la mediazione.

Il tribunale avvierà una procedura di mediazione se le parti sono in conflitto a tal punto che non sono in grado di comunicare e risolvere una piccola parte della controversia. Dato che l’interesse superiore del minore dovrebbe essere una considerazione preminente nei procedimenti, la mediazione obbligatoria è particolarmente importante nei casi di responsabilità genitoriale in cui le parti sono riluttanti a discutere le reciproche opinioni e insistere sulla propria volontà e aspettative.

Oltre ai casi obbligatori di cui sopra, nella procedura di divorzio, il giudice può raccomandare alle parti la mediazione, ma in tali casi non vi è alcuna costrizione.

Un’altra possibilità di mediazione obbligatoria riguarda la procedura di protezione dell’infanzia ove i genitori possono essere obbligati a partecipare a una procedura di mediazione[74].

16. La mediazione in Austria

La mediazione familiare ha in Austria un’ampia possibilità di sperimentazione: separazioni, divorzi, lutti e conflitti generazionali[75].

L’ex ministro federale della giustizia austriaca, Beatrix Karl, ha diffuso un libro sulla giustizia austriaca (“Alles was Recht ist“) nel quale ha precisato che: “Il divorzio è un grave passo che comporta conseguenze umane e giuridiche in particolare per i bambini. Pertanto è necessario che i giudici lavorino prima in conciliazione ed evidenzino le possibilità di mediazione[76].

E dunque la mediazione familiare viene tenuta in gran conto dal governo austriaco.

Tanto che in materia di custodia dei minori il giudice può ordinare un primo incontro informativo di mediazione o un arbitrato dopo che la casa della famiglia è stata visitata da un consulente educativo[77].

L’aver previsto un ordine del giudice in questa materia è un grande passo avanti dato che con una pronuncia del 17 luglio 1997[78] la Corte Superiore Austriaca aveva dichiarato l’incostituzionalità della mediazione obbligatoria proprio in una disputa attinente alla custodia dei figli.

Il servizio di assistenza familiare è fornito da ogni tribunale e si occupa appunto su ordine del giudice della custodia dei bambini e del contatto degli stessi con gli adulti[79]: in sostanza la controversia viene affidata in prima battuta a psicologi, assistenti sociali ed educatori che coltivano tramite la mediazione un accordo tra i genitori; in caso di fallimento è il giudice che prenderà una decisione definitiva.

Ma il servizio può occuparsi anche di fare indagini specifiche, o di dare pareri tecnici e ciò sempre su incarico del giudice.

Ogni anno in Austria partecipano alla mediazione familiare, secondo dati oramai risalenti, circa 370 coppie, ma la partecipazione è in continuo aumento ed i mediatori familiari sono figure molto richieste.

La mediazione familiare è finanziata per gli incapienti. Pur non sussistendo in Austria il gratuito patrocinio, nelle cause di diritto di famiglia il ministro federale per la salute, la famiglia e la gioventù[80] può fornire un contributo alle spese in funzione del reddito della famiglia (v. Familienlastenausgleichsgesetz 1967 § 39c)[81].

La mediazione familiare è affidata a due mediatori, uno si occupa dei profili psico-sociali (assistente sociale, psicologo ecc.)[82] e l’altro di quelli legali (avvocato, giudice ecc.)[83].

Oltre al loro background professionale i mediatori seguono un corso specifico ovviamente.

Il costo di una sessione di mediazione è di 220 €, ma i genitori pagano soltanto una quota in relazione al loro reddito familiare ed al numero di figli (c’è una tabella apposita). Il resto lo mette lo Stato.

In particolare lo Stato sovvenziona cinque associazioni (konfliktmediation, Comedio ecc.)  di mediatori familiari; chi pretenda l’applicazione della tabella e quindi lo sconto sulla prestazione dei mediatori deve scegliere un mediatore appartenente alle associazioni sovvenzionate.

Esiste per ogni regione un mini-registro ove sono presentate le coppie di co-mediatori appunto facenti capo ad ogni associazione: in Burgenland ci sono 13 coppie di mediatori, in Carinzia 21, in Bassa Austria 49, in Alta Austria 34, in Salisburgo 27, in Stiria 51, In Tirolo 16, in Voralberg 6, in Vienna 188, per un totale di 405 coppie e quindi 810 mediatori con cui godere di un regime privilegiato.

Possiamo dire infine che i mediatori familiari in Austria costituiscono circa un terzo dei mediatori totali: il registro ministeriale che li raggruppa dal 2004 reca il numero di 2.504 soggetti su una popolazione di 8 milioni e mezzo di abitanti.

17. La mediazione familiare in Belgio

La legge prevede due forme di mediazione in materia di famiglia: la mediazione volontaria, in cui le parti stesse invocano un mediatore, senza l’intervento del giudice, e la mediazione giudiziaria, nell’ambito di una procedura giudiziaria su proposta delle parti o di un giudice, nel qual caso il procedimento giudiziario è sospeso. 

In tutte le cause di competenza del Tribunal de la famille (Tribunale della famiglia), non appena viene presentata una domanda, il cancelliere informa le parti della possibilità di ricorrere alla mediazione e fornisce loro tutte le informazioni utili in tal senso (articolo 1253 ter/1 del codice giudiziario).

La mediazione può essere utilizzata nelle controversie relative agli obblighi matrimoniali (articoli 201 e 203 del codice civile), ai diritti e doveri dei coniugi (articoli da 221 a 224 del codice civile), agli effetti del divorzio (articoli da 295 a 307 bis del Codice Civile), all’autorità parentale (articoli da 371 a 387 bisdel codice civile), al divorzio per disunità irrimediabile (articolo 229 del codice civile), al divorzio per mutuo consenso (articoli da 1254 a 1310 del codice giudiziario) e la convivenza di fatto. Ogni parte può liberamente proporre di ricorrere al processo (volontario) di mediazione (articoli 1730 e seguenti del Codice giudiziario). 

Il giudice che ascolta la causa può anche ordinare la mediazione (giudiziaria) in qualsiasi momento durante la procedura (articolo 1734 e seguenti del codice giudiziario).

In entrambi i casi, se le parti raggiungono un accordo di mediazione, può essere sottoposto all’approvazione del giudice. Il giudice può rifiutare di approvare l’accordo solo se è contrario all’ordine pubblico o agli interessi dei minori[84].

In materia di divorzio per désunion irrémédiable (divorzio fondato sul carattere irrimediabile dello scioglimento dell’unione coniugale), il giudice può ordinare la sospensione del procedimento per un periodo non superiore a un mese per consentire alle parti di informarsi sulla mediazione (articolo 1255, paragrafo 6, comma 2, del codice giudiziario).

Il § 6. Prevede che Il giudice possa ordinare la comparizione personale delle parti su richiesta di una delle parti o del pubblico ministero, o se lo ritiene utile, in particolare al fine di conciliare le parti o valutare l’opportunità di un accordo relativo alla persona, alla manutenzione e alla proprietà dei bambini.

Fatto salvo l’articolo 1734, il tribunale informa le parti della possibilità di risolvere la controversia mediante conciliazione, mediazione o qualsiasi altra soluzione amichevole dei conflitti. Se ritiene che sia possibile una riconciliazione, può ordinare la sospensione del procedimento al fine di consentire alle parti di raccogliere tutte le informazioni utili al riguardo. La durata dell’aggiornamento non può superare un mese.

 Su richiesta delle parti, o se il giudice lo ritiene opportuno, il fascicolo viene quindi rinviato alla camera di composizione amichevole del tribunale della famiglia, sulla base degli articoli 661 e seguenti.

Le chambres de règlement amiable (camere di composizione amichevole) del Tribunale della famiglia rientrano tuttavia nell’ambito della conciliazione (articolo 731 del codice giudiziario): i giudici sono chiamati a conciliare le parti anche se non si pronunceranno in definitiva sulla causa. La mediazione nel codice giudiziario non ammette infatti che un giudice sia mediatore.

La mediazione avviene in totale riservatezza e il mediatore è tenuto al segreto professionale (articolo 1728, paragrafo 1, del codice giudiziario).

La procedura di mediazione comprende tre fasi:

– la designazione del mediatore[85] da parte del giudice;

– il rinvio della causa a una data successiva da parte del giudice che stabilisce l’anticipo della retribuzione;

– l’esito della mediazione: se la mediazione si è conclusa con un accordo, i termini di tale accordo sono oggetto di un documento scritto tra le parti (accordo di mediazione) che può essere omologato dal giudice. Viceversa, in assenza di accordo, le parti possono avviare (o proseguire) il procedimento giudiziario o chiedere di comune accordo la designazione di un altro mediatore.

Gli onorari, le spese e le condizioni di pagamento sono preventivamente stabiliti tra le parti e il mediatore.

18. La mediazione familiare in Bulgaria

In Bulgaria i giudici possono informare le parti della possibilità di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti .

Così accade anche in sede di procedimento di divorzio ove il giudice alla prima udienza con comparizione personale obbligatoria è tenuto in prima battuta a provare la conciliazione; se la conciliazione fallisce è tenuto a “spingere le parti” verso la mediazione[86]; se le parti convengono di avviare la mediazione o ad altri mezzi di composizione amichevole della controversia, il processo è sospeso.

19. La mediazione familiare a Cipro

In materia familiare nel 2019 Cipro ha varato una nuova legge che prevede all’art. 17 che il tribunale dinanzi al quale un procedimento giudiziario sia oggetto di una controversia familiare può, in qualsiasi fase del procedimento prima di emettere una decisione, ove ritenga che la controversia possa essere risolta attraverso la mediazione,  invitare le parti a comparire dinanzi ad esso per informarle su come viene svolto il processo di mediazione e sulla possibilità di risolvere la disputa familiare con tale procedimento[87].

Sembra dunque che la convocazione per l’incontro informativo sia obbligatoria per le parti.

20. La mediazione familiare in Estonia

In Estonia ai sensi dell’art. 4 del C.p.c.[88] il giudice può inviare le parti in mediazione o in conciliazione. E ciò in generale.

Il c. 1 dell’art. 562 del C.p.c. dà poi al Giudice la possibilità di invitare i genitori ad una mediazione o conciliazione.

La legge sulla conciliazione stabilisce poi che “Nei casi previsti dalla legge, le procedure di conciliazione sono procedure preliminari obbligatorie”[89].

Ad oggi l’unico caso sembra quello previsto dal § 563 del Codice di rito[90]: si tratta di un procedimento di conciliazione a seguito della violazione di una sentenza che disponga l’obbligo di comunicazione tra il genitore ed il figlio. Chi voglia adire il Tribunale deve appunto preliminarmente andare in conciliazione con il coniuge refrattario

Le spese per un processo di mediazione pagato dalle parti varia da regione a regione. Una sessione costa da 60 a 80 EUR a Tallinn e in altre grandi città estoni, e da 40 a 50 EUR nel resto del paese. Una sessione dura 90 minuti e le parti possono prevedere di partecipare a una media di 5-6 incontri.

Il servizio di mediazione familiare può essere fornito da specialisti in psicologia, nel settore sociale (comprese tutela dei minori e assistenza sociale) oppure in diritto, che hanno completato una formazione specifica e sono in possesso di un certificato professionale pertinente; i contatti di questi specialisti sono disponibili sui siti web dell’associazione estone dei mediatori, dei tribunali regionali e delle amministrazioni locali[91].

21. La mediazione familiare in Francia

Secondo la FENAMEF[92]  “la mediazione familiare è un processo di costruzione o ricostruzione di legami familiari con particolare attenzione all’indipendenza e alla responsabilità di coloro che sono coinvolti in situazioni di rottura o di separazione in cui un imparziale, terzo indipendente, qualificato e senza potere di decisione – il mediatore familiare – favorisce, attraverso l’organizzazione di colloqui confidenziali, la comunicazione, la gestione dei conflitti della famiglia intesa nelle sua diversità e nella sua evoluzione[93].

Con decreto del 19 marzo 2012[94] il Ministero della solidarietà e della coesione sociale ha definito[95] il contesto della mediazione familiare e dell’intervento del mediatore familiare[96]. Si riporta qui di seguito la traduzione di quanto dettato dal Ministero.

La mediazione familiare, nata nella società civile negli anni ’80[97], ha trovato il suo posto nella legge del 4 marzo 2002 (Sezione Civile Codice 373-2-10) sulla potestà genitoriale e della legge del 26 marzo 2004 in materia di divorzio (art. 255 del codice civile)[98].

La mediazione familiare è un processo di costruzione o ricostruzione dei legami familiari, che si concentra sulla patria potestà e sulla responsabilità di coloro che sono coinvolti in situazioni di conflitto o di disgregazione del nucleo familiare[99].

Il mediatore familiare attua la mediazione nel campo della famiglia. La famiglia è definita nella diversità della sua espressione attuale, e anche nella sua evoluzione. Il termine comprende tutte le modalità di unione e tiene conto delle diverse forme di filiazione e di alleanza[100].

Il campo di azione del mediatore familiare concerne le situazioni di conflitto e di rottura in questo contesto, e più specificamente la relazione tra i genitori, l’organizzazione della vita dei bambini, i legami generazionali e quelli tra fratelli. La mediazione familiare si mobilita per situazioni come il divorzio, la separazione, la morte, le situazioni di conflitto e di rottura della comunicazione all’interno della famiglia, le situazioni familiari con una dimensione internazionale nel campo della tutela dei minori, le eredità e le questioni di proprietà[101].

Nel campo sopra definito, gli sforzi del mediatore familiare si attuano in uno preciso contesto caratterizzato da un processo specifico[102].

Quest’ultimo processo è teso a sostenere coloro che scelgono di impegnarsi in mediazione familiare, per consentire loro di costruire e decidere insieme le migliori opzioni per risolvere il loro conflitto[103].

Il mediatore familiare favorisce il ripristino del dialogo, dei collegamenti comunicativi tra le persone, la loro capacità di gestire i conflitti e la loro capacità di negoziare. Favorisce il loro percorso, compreso il riconoscimento della fondatezza delle argomentazioni presentate da ciascuno[104].

Supporta la ricerca di soluzioni pratiche per avvicinare le persone a trovare da sole le fondamenta di un accordo reciprocamente accettabile, tenendo conto dello stato di diritto, delle esigenze di ogni membro della famiglia, comprese quelle dei bambini in uno spirito di corresponsabilità[105].

Il mediatore familiare svolge in un certo senso una professione qualificata sulla base di una esperienza professionale acquisita nel campo del lavoro sociale, socio-educativo, sanitario, giuridico, psicologico che si conclude con una certificazione che garantisce l’acquisizione di specifiche competenze necessarie all’attuazione della mediazione familiare. Si richiedono competenze adeguate alle situazioni di crisi, in cui si esprimono con forza le emozioni, le tensioni e varie problematiche[106].

Il mediatore familiare garantisce la regolarità della procedura e del contesto[107].

Per fare questo, il mediatore riveste una posizione di terzietà, che è parte di una relazione ternaria. Non ha alcun potere di decisione[108].

Il suo intervento è iscritto in un quadro etico caratterizzato dai principi di alterità, imparzialità, indipendenza, riservatezza, neutralità, equità[109].

Il mediatore familiare può avere bisogno di collaborare con altri professionisti nel campo della salute, dell’amministrazione, della socialità, dell’economia, del diritto ecc.[110]

La mediazione familiare si esercita in varie strutture: associazioni a carattere sociale o familiare, associazioni di mediazione familiare, servizi pubblici o para-pubblici e liberali[111].

Ricordo al proposito che sono presenti in Francia alcune organizzazioni non governative nel settore della famiglia[112].

Sempre in ambito familiare, la Cassa nazionale per gli assegni familiari[113] ha approvato una convenzione tra medici ed enti assistenziali statali che consente alle strutture di fruire di una prestazione di mediazione familiare subordinata al rispetto di talune norme.

Il decreto del 19 marzo 2012 è importante anche perché regola il diploma da mediatore familiare.

In oggi il diritto francese non prevede alcuna formazione particolare[114] per esercitare la professione di mediatore ad eccezione appunto del settore familiare.

A dire il vero non esiste nemmeno un codice deontologico nazionale[115], né un’autorità centrale o statale responsabile della regolamentazione della professione di mediatore e non ne è prevista la creazione.

Il diploma di mediatore familiare (Diplôme d’Etat de Médiateur Familial (DEMF))[116] non è una novità perché è stato istituito con decreto 2 dicembre 2003[117] e decreto 12 febbraio 2004[118].

La formazione veniva assicurata da centri riconosciuti dalla Direzione regionale degli affari sanitari e sociali[119].

In questi centri, gli alunni seguivano in tre anni un corso di formazione di 560 ore con almeno 70 ore di tirocinio.  Al termine del tirocinio il candidato superava delle prove che confermavano tale percorso formativo.

Secondo la nuova normativa che è del marzo 2012[120] e che è attualmente in vigore, per accedere al corso da mediatore è necessario aver conseguito una determinata istruzione[121], bisogna superare una prova selettiva che si basa sulla documentazione che il fascicolo del candidato deve contenere (cv, lettera di motivazione, fotocopia del titolo conseguito) e su un colloquio orale da sostenersi davanti ad una Commissione[122].

Per i selezionati le ore destinate alla formazione sono nettamente aumentate rispetto al passato. In oggi la preparazione per il diploma di stato in mediazione familiare si compone di 595 ore di cui 105 ore di formazione pratica e si svolge, come in precedenza, su un periodo di tre anni.

Tanto per dare un‘idea sul programma 70 ore sono riservate alla definizione di mediazione familiare, 210 al suo quadro giuridico, potenzialità e limiti, 35 ore all’accompagnamento alla mediazione, 63 ore al diritto civile e penale della famiglia, 63 alla psicologia, 35 alla sociologia, 14 ore ad una metodologia che consenta di memorizzare. A ciò si aggiungono 105 ore di tirocinio in stage[123].

La formazione primaria che investe la procedura di mediazione e le tecniche è di 315 ore: da questa nessun candidato può prescindere.

A seconda del titolo di ingresso del candidato ci possono essere esenzioni circa un settore od un altro del programma; il percorso viene personalizzato dal dirigente scolastico in relazione ad ogni allievo[124].

Il diploma da mediatore familiare interviene ovviamente al superamento di determinate prove che devono essere organizzate da parte del Directeur régional de la jeunesse, des sports et de la cohésion sociale ou par l’établissement de formation e dunque all’ottenimento di alcune certificazioni.

Le prove attengono a tre livelli di competenza o domini di certificazione (DC1, DC2 e DC3): in sostanzia si vuole acquisire dal candidato la dimostrazione di tre abilità fondamentali; per ogni abilità si possono tenere una o due prove[125].

La certificazione da ottenersi può essere parziale; chi non raggiunge la certificazione in uno o più livelli di competenza deve completare il percorso entro cinque anni, facendo attenzione a non perdere il livello già acquisito[126].

La descrizione delle abilità da dimostrarsi sono, a giudizio dello scrivente, importanti ai fini di comprendere in concreto l’attività del mediatore familiare e dunque si riportano qui di seguito nei tratti fondamentali (il decreto contiene maggiore dettaglio).

DC1: 1) Creazione e mantenimento di uno spazio di terzietà; 1.1 contrattualizzazione e garanzie del quadro di mediazione; 1.2 contribuzione al chiarimento della natura del conflitto, dei bisogni e degli interessi di ciascuno; 1.3 capacità di stabilire il reciproco riconoscimento dei meriti di ciascuno; 1.4 restaurazione della comunicazione e accompagnamento al cambiamento.

DC2: 2) Progettazione di un intervento professionale nel contesto familiare; 2.1 analisi e valutazione di una situazione familiare; 2.2 comprensione dei diversi sistemi familiari.

DC3: 3) Comunicazione e società; 3.1. informazione sul processo di mediazione e sul promovimento della cultura di mediazione; 3.2. sviluppo di partenariati efficaci per la mediazione familiare e adesione a reti; 3.3. evoluzione della propria pratica di mediazione familiare, contributo alla formazione dei mediatori familiari e alla sensibilizzazione degli altri professionisti.  

Per ogni dominio di certificazione il decreto del 19 marzo 2012 fornisce anche gli indicatori di competenza e dunque costituisce un’ottima guida anche per la mediazione familiare nel nostro paese.

Il giudice della famiglia (juge aux affaires familiales) ha dal 2004 come primo dovere quello di conciliare[127]: e ciò vale in generale.

Investito di una controversia, può proporre anche la misura della mediazione e, dopo aver ottenuto l’accordo delle parti, nominare un mediatore familiare per procedere[128]: le stesse facoltà aveva dal 2006 il giudice italiano ai sensi del 155 sexies C.c.[129] ed ha dal 2014 in base all’art. 337 octies Codice civile

Si tratta di una partecipazione che è gratuita per le parti e che non può costituire oggetto di alcuna sanzione particolare.

Tuttavia in caso di divorzio il giudice della famiglia può ordinare ai coniugi di partecipare ad una seduta informativa con un mediatore[130].

Dal 2002[131] nell’ambito della salvaguardia degli interessi dei minori ed in particolare della determinazione dell’esercizio della potestà genitoriale il giudice della famiglia:

a) deve tentare la conciliazione quando le parti non si mettono d’accordo circa la residenza del minore[132],

b) al fine di agevolare la ricerca da parte dei genitori di un esercizio consensuale della potestà genitoriale, può proporre una mediazione e, dopo aver ottenuto il loro consenso, nominare un mediatore familiare per procedere[133].

c) dal marzo 2002 al 20 novembre 2016 poteva chiedere ai genitori di incontrare un mediatore familiare che li informasse circa lo scopo e la regolamentazione di questa misura[134]. Dal 20 novembre 2016 la norma è mutata[135]: oggi opportunamente si stabilisce che il giudice può ordinare di incontrare un mediatore familiare che informerà i genitori circa l’oggetto e le modalità di svolgimento della mediazione, a patto che non ci si stata violenza da parte di un coniuge sull’altro o sul figlio[136].

Sia la sessione informativa in sede di misure provvisoria, sia quella in sede di regolamentazione della potestà genitoriale, non sono suscettibili di ricorso[137].

Circa l’applicazione della disciplina sopra vista (art. 373-2-10 c. 3) e dunque sull’invito obbligatorio in sessione informativa quando si tratti di potestà genitoriale, è intervenuto anche il decreto n° 2010-1395 del 12 novembre 2010[138].

Si specifica qui che le parti sono informate o per posta o in udienza della decisione del giudice che richiede loro di incontrare un mediatore familiare. È indicato alle parti il nome del mediatore familiare o della associazione designata alla mediazione familiare e il luogo, la data e l’ora della riunione. Quando la decisione è inviata per posta, è ulteriormente ricordata alle parti la data dell’udienza in cui il caso sarà ascoltato. A tale udienza, il giudice omologa l’accordo eventualmente intervenuto o in difetto di accordo il giudizio prosegue[139].

Questa metodica è stato peraltro sperimentale sino al 31 marzo 2013[140] ed è stata poi prorogata al 2014[141]: il rinnovo è soggetto – dice sempre Décret n° 2010-1395 –  ad apposita relazione del tribunaux de grande instance al Ministero della Giustizia[142].

Bisogna però ricordare che se la mediazione dovesse portare le parti ad accordarsi tra loro il giudice non viene spogliato del proprio potere: “Le disposizioni contenute nella convenzione omologata[143]  e gli accordi di divorzio per mutuo consenso controfirmato dagli avvocati e depositato nel registro di un notaio[144] e le decisioni relative all’esercizio della potestà genitoriale possono essere modificate in qualsiasi momento dal giudice, o su richiesta di un genitore o del pubblico ministero, che può egli stesso esserne investito da una parte terza, genitore o no[145].

Su quest’ultima prescrizione si è intervenuti di recente con una legge del 2011[146] che ha introdotto in via sperimentale, se così possiamo dire, una “mediazione obbligatoria nella mediazione”.

In via sperimentale, fino al 31 dicembre del terzo anno successivo alla promulgazione della presente Legge[147], presso i tribunaux de grande instance indicati con decreto del Ministro della Giustizia, si applicano le seguenti disposizioni, in deroga all’articolo 373-2-13 del codice civile[148].

Le decisioni che stabiliscono le modalità per l’esercizio della potestà dei genitori o il contributo al mantenimento e all’educazione del bambino, nonché le disposizioni contenute nel contratto omologato possono essere modificate in qualsiasi momento dal giudice a richiesta del genitore o dal pubblico ministero, che può essere investito da un terzo, genitore o no.

Tuttavia, a pena di irricevibilità, che il giudice può sollevare ufficio, il ricorso al tribunale da parte del genitore deve essere preceduto da un tentativo di mediazione familiare, ad eccezione del caso in cui:

1. la domanda sia presentata congiuntamente da entrambi i genitori per chiedere l’omologazione di un accordo a termini di cui all’articolo 373-2-7 del codice civile[149];

2. l’assenza di mediazione è giustificata da un motivo legittimo;

3. se questo tentativo preventivo di mediazione rischia, dato il tempo in cui è probabile che si celebri, di minare il diritto delle persone ad avere accesso al giudice entro un termine ragionevole.

Sei mesi prima della fine dell’esperimento, il Governo indirizzerà al Parlamento una relazione della sua valutazione per determinare la sua generalizzazione, la modifica o l’abbandono[150].

E dunque, seppure in via sperimentale, è stato introdotto un importante tentativo di mediazione obbligatorio.

Dal 2005 il giudice della famiglia in caso di divorzio ed in sede di misure provvisorie, può ordinare ai coniugi di partecipare ad una mediazione informativa nella quale il mediatore li informerà dell’oggetto e delle regole della mediazione[151].

Quando il divorzio non è per mutuo consenso il giudice indica la data, l’ora e il luogo in cui si procederà alla conciliazione in calce alla domanda[152].

Dal 2005 in caso di divorzio è obbligatorio il tentativo di conciliazione[153].

Il coniuge che non ha presentato la richiesta è convocato dal cancelliere di conciliazione, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, e con lettera semplice avente stessa data. A pena di nullità, la lettera deve essere inviata almeno con due settimane di anticipo e deve includere una copia dell’ordine[154].

La convocazione per il coniuge che non ha presentato la domanda lo informa che deve presentarsi di persona, da solo o assistito da un avvocato. Essa precisa che l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria qualora si tratti di accettare, durante l’udienza di conciliazione, il principio di rottura del matrimonio. La cancelleria avvisa l’avvocato del richiedente[155].

Alla lettera raccomandata è accluso una nota contenente le norme che reggono la conciliazione[156].

L’art. 252 del C.c. novellato prevede appunto che si tenga un tentativo obbligatorio di conciliazione che può anche essere rinnovato. In esso il giudice spiega ai coniugi i principi del divorzio e le sue conseguenze.

La conciliazione è tentata prima singolarmente con ogni coniuge (art. 252-1); se il coniuge che non ha richiesto il divorzio non si presenta al tentativo o se non è in grado di manifestare la sua volontà, il giudice si intrattiene con l’altro coniuge e lo invita alla riflessione (art. 252-2).

Il tentativo (art. 252-3) può essere sospeso e ripreso senza formalità, può essere dato ai coniugi un tempo per pensare non superiore ad otto giorni; ma se è necessario un tempo maggiore può essere concesso e il tentativo viene condotto nuovamente entro sei mesi (possono essere assicurate, se occorre, le misure necessarie).

Ciò che è stato detto o scritto durante un tentativo di conciliazione, in qualsiasi forma essa si è verificata, non può essere invocato a favore o contro il coniuge o contro terzi in una ulteriore procedura (252-5).

Se il richiedente rimane fermo nel suo proposito il giudice esorta i coniugi a procedere consensualmente (art. 252-4).

In relazione al procedimento di divorzio e di separazione il Giudice può dal 2011 nominare un mediatore per tenere il tentativo di conciliazione. 

Negli altri casi in cui è prevista la conciliazione obbligatoria il Giudice può, se le parti sono d’accordo, chiedere loro di incontrare un mediatore che egli designa e che risponde alle condizioni indicate da un Decreto del Consiglio di Stato.

Il mediatore informa le parti circa lo scopo e lo svolgimento della misura della mediazione[157].

22. La mediazione familiare in Germania

La mediazione familiare tedesca recepisce i prìncipi della “Carta Europea sulla formazione dei mediatori familiari nel campo della separazione e del divorzio”[158].  adottata a Parigi nel 1991.

E dunque dal 1992 chi voglia diventare mediatore familiare in Germania deve aver svolto un corso biennale da almeno 200 ore e ha necessità di portare in supervisione (trenta ore) almeno quattro casi.

Le linee guida[159] sono sostanzialmente dettate oggi in Germania dalla Associazione federale per la mediazione familiare (BAFM)[160].

Oggetto della m. f. è la risoluzione di conflitti nelle relazioni coniugali, non matrimoniali e post-matrimoniali[161], ma pure dei conflitti generazionali.

Un’area particolarmente importante è la mediazione in caso di separazione e di divorzio; i contenuti oggetto di tale mediazione riguardano in sintesi l’esercizio della responsabilità dei genitori, l’affidamento dei figli, le dispute sulla proprietà, la ripartizione delle responsabilità in caso di affidamento congiunto, le obbligazioni alimentari, il finanziamento dei rispettivi nuclei familiari, la divisione dei beni  e del patrimonio, l’assegnazione della casa coniugale e più in generale la chiarificazione della situazione abitativa e infine la suddivisione delle suppellettili domestiche.

Scopo della mediazione è da un lato, aiutare a evitare o a ridurre i rischi per lo sviluppo dei minori coinvolti e, dall’altro, fornire consigli e supporto ai genitori affidatari. Per realizzare tutto ciò primariamente i mediatori familiari costruiscono un consenso informato sulle opzioni di legge; in seconda battura con la mediazione si cercano soluzioni concrete che dipendono essenzialmente dal riconoscimento dei partner in conflitto.

All’inizio della mediazione ogni mediatore è tenuto a spiegare alle parti anche i pro e i contro degli istituti alternativi alla mediazione familiare.

Le soluzioni rinvenute sono sempre sottoposte per iscritto agli avvocati ed assumono valore vincolante solo dopo che i legali che assistono le parti abbiano formalizzato l’accordo[162].

Nel caso in cui i partner manifestino problemi mentali i mediatori sono autorizzati a consigliare l’aiuto terapeutico e nell’ipotesi la mediazione viene interrotta.

Nella prassi, le procedure di mediazione si sono dimostrate efficaci soprattutto per la risoluzione di problemi in ordine all’affidamento e al diritto di visita.

Unitamente alla mediazione vi sono da considerare anche altri strumenti che la legge appronta in ausilio dei rapporti parentali.

La legge sulla procedura in materia familiare e di giurisdizione volontaria (17 Dicembre2008[163]; FamFG)[164] ha subito delle modifiche nel 2012[165] al fine di regolare in modo sempre più efficace e compiuto il settore.

Si prevede in primo luogo che nei casi appropriati, la domanda dovrebbe contenere una dichiarazione che indichi se, prima del deposito del ricorso, abbia avuto luogo una mediazione od altro processo di risoluzione dei conflitti extra-giudiziale, nonché una dichiarazione relativa al fatto che sussistano motivi che ostacolino una definizione bonaria[166].

Tale formulazione è simile a quella che è stata recentemente introdotta nel Codice di procedura civile (§ 253 c. 3 ZPO), ma aggiunge l’inciso “nei casi appropriati”, perché ci sono giustamente situazioni in cui la mediazione non costituisce strumento adeguato a risolvere il conflitto.

Ai sensi del § 36 FamFG – siamo nel procedimento di primo grado in materia familiare – le parti possono raggiungere un accordo su diritti disponibili, ed anche il giudice è tenuto a perseguire la via del tentativo di componimento bonario, salvo il rispetto della legge sulla protezione dalla violenza.

Valgono per tale tentativo le regole di cui al § 278 del Codice di Procedura civile (ZPO) ed in particolare si prevede che le parti siano presenti personalmente perché in difetto il procedimento viene sospeso.

La novella del 2012 prevede che la corte possa anche (§ 36 c. 5) indirizzare le parti ad una udienza di conciliazione e ad ulteriori tentativi di conciliazione presso un giudice designato per questo fine che non ha potere decisionale nella questione (Güterichter).

Il giudice conciliatore (Güterichter) può adoperare tutti i metodi di risoluzione dei conflitti inclusa la mediazione[167].

Il Güterichter non è un mediatore, ma un giudice e dunque non è vincolato dalla legge sulla mediazione, può adottare, come abbiamo già detto, gli strumenti che ritiene opportuni, compresa la mediazione.

Anche questa è dunque una scelta analoga a quella operata per i rapporti regolati dal Codice di rito (art. 278 c. 5 ZPO).

Dobbiamo dire che anche nel nostro paese alcuna parte della magistratura sta guardando da ultimo con simpatia a questa figura: tuttavia mi pare sia bene sottolineare che non si tratta di un giudice che abbia poteri decisionali nella controversia che gli è sottoposta.

Pure qui, come nel giudizio civile (§ 159 c. 2 ZPO), si evidenzia che è necessario il consenso delle parti per verbalizzare il tentativo di conciliazione[168].

Sempre in sintonia con il disposto del § 278a ZPO il giudice della famiglia può inoltre proporre alle parti la mediazione o un altro metodo extragiudiziale di risoluzione delle controversie.

Il § 36a FamFG prevede appunto che la corte possa proporre ad una o a tutte le parti una mediazione o un altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie. Le preoccupazioni legittime della persona che sia stata destinataria di atti di violenza devono essere rispettate in relazione alla tutela apprestata in merito dalla legge.

 Se le parti decidono di partecipare ad una mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie, il giudice deve sospendere il processo.

Rimangono salvi in capo alla Corte i poteri di autorizzare o di sospendere la mediazione o ad altro metodo di risoluzione alternativa delle controversie”[169].

Data la delicatezza della materia giustamente rimangono intatti in capo alla Corte i poteri di “gestione” del mezzo alternativo e comunque assume rilievo preminente il disposto della legge sulla protezione della violenza.

Il § 81 FamFG che si occupa della irrogazione delle spese processuali nel procedimento di famiglia introduce nella nuova formulazione – in vigore dal 1° gennaio 2013 – un principio di forte moralizzazione delle parti.

Si prevede che il giudice, in difetto di legittima giustificazione, possa addossare le spese in tutto o in parte al litigante o ai litiganti che non abbiano partecipato ad una procedura alternativa obbligatoria  (mediazione od altra procedura v.  § 156 FamFG) ovvero qualora abbiano violato l’obbligo di consultazione degli organi consultivi o dei servizi sociali teso ad impostare un accordo[170].

Ai sensi del § 135 FamFG[171] è possibile già dal 1° settembre 2009 ed in relazione al procedimento di divorzio e alle questioni conseguenziali che il Tribunale della famiglia obblighi le parti a partecipare ad una mediazione informativa o ad altro procedimento informativo di ADR davanti ad una persona o ad un ente di gradimento delle parti (il briefing è gratuito).

Il giudice può inviare alla procedura informativa entrambe le parti od una sola di esse.

Il provvedimento del giudice non è impugnabile[172], anche se la misura non è coercibile. La legge sulla promozione della mediazione che ha riformulato quest’ultima norma nel 2012, specifica opportunamente che tale sessione informativa può riguardare non solo le controversie, ma anche i conflitti[173].

Il che pone la Germania all’avanguardia tra le legislazioni sul tema.

Se la parte o le parti che sono state inviate non danno esecuzione all’ordine di partecipazione ci possono essere conseguenze sulla ripartizione delle spese processuali, a meno che non vi sia una causa di giustificazione[174]: il criterio peraltro vale anche per le cause di separazione[175].

Come si volge questa sessione informativa?  Il mediatore in un incontro che dura trenta minuti presenta la mediazione, i suoi vantaggi e svantaggi, i costi, le conseguenze giuridiche della procedura; non affronta però il conflitto in essere tra le parti.

Alla fine i partecipanti ricevono un documento scritto che attesta la loro partecipazione[176].

Normalmente in Germania le controversie tra coniugi hanno una corsia preferenziale quanto alla tempistica, qualora sia coinvolta la prole: la prima udienza (§ 155 FamFG) deve avvenire entro 30 giorni.

La mediazione od altro mezzo di risoluzione extragiudiziale possono costituire però causa di sospensione di tale tempistica: il novellato § 155 FamFG dispone dunque che comunque il processo debba riprendere entro tre mesi se è stato sospeso per celebrare un rito alternativo[177], a meno che le parti non abbiano raggiunto un accordo.

Il caso riguarda dal 2013 per analogia anche i figli provenienti da una coppia di genitori non sposati (§ 155 bis FamFG).

Sempre nell’ambito delle procedure da condursi quando sia coinvolta la prole si colloca il § 156 FamFG che riguarda sia la separazione che il divorzio.

Prima dell’ultima novella il § 156 c 1 terza alinea FamFG stabiliva che il tribunale nei casi che coinvolgono la custodia, la residenza, i diritti di visita e di consegna dei bambini, doveva indicare, nei casi appropriati, la possibilità di mediazione o altra risoluzione alternativa delle controversie.

Oggi il giudice ha a disposizione una vasta gamma di provvedimenti:

  1. può coltivare in ogni momento l’accordo con le parti, se ciò non è in contrasto con il benessere del bambino[178];
  2. può indicare le modalità di una eventuale consulenza degli organi a ciò deputati e dei servizi di supporto (l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie) al fine di sviluppare un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[179];
  3. può ordinare che i genitori singolarmente o congiuntamente partecipino a una sessione informativa gratuita in materia di mediazione o di altro strumento di risoluzione alternativa dei conflitti in tribunale, assegnata ad una persona o ad un provider di gradimento delle parti[180];
  4. può ordinare la partecipazione ad una procedura condotta dagli organi consulenti o dai servizi di supporto per la definizione di un piano concordato per l’esercizio della patria potestà e della responsabilità genitoriale[181].

Entrambi gli ordini (per la procedura informativa e per la consultazione) peraltro non sono autonomamente impugnabili.

Se vi è un ordine di partecipazione da parte della corte ad una sessione informativa di mediazione ovvero ad una procedura per l’impostazione del piano concordato, il giudice condanna alle spese il genitore che non si presenta senza una giustificazione[182].

Se le parti raggiungono un accordo sulla gestione del bambino e sulla consegna sarà il giudice ad approvarlo nel caso in cui non sia contrario agli interessi del bambino[183].

Se un accordo non viene raggiunto in materia di residenza, diritti di visita e consegna dell’infante, il giudice deve discutere l’adozione dei provvedimenti provvisori con le parti e con l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[184]. I genitori prenderanno parte ad una consultazione, ad un mezzo alternativo oppure saranno destinatari di una valutazione scritta sulla cui base il giudice prenderà o regolerà i provvedimenti provvisori. I minori devono essere comunque sentiti prima dell’emissione dei provvedimenti provvisori[185].

Ricordiamo ancora il contenuto del § 165 FamFG che titola “mediazione” (Vermittlungsverfahren) e che è di antecedente formulazione rispetto al dettato della riforma del 2012: si occupa del caso in cui sussista una inosservanza del provvedimento del giudice o dell’accordo che i genitori hanno rinvenuto e che è stato approvato dal giudice stesso.

Se un genitore lamenta che l’altro contrasta od impedisce l’esecuzione di una decisione giudiziale o di un accordo preso con il supporto dell’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie ed omologato dal giudice può essere disposto dal giudice una mediazione su richiesta di parte. La corte può rifiutare di disporre una mediazione, se una conciliazione od altro strumento alternativo si è rivelato inutile[186]: la conciliazione non è gratuita: il valore da cui partire è di 3000 € e anche se il giudice può ridurre la cifra discrezionalmente[187].

La corte fissa immediatamente un appuntamento di mediazione. La Corte può ordinare la comparizione personale dei coniugi e con la convocazione li ammonisce sulle conseguenze giuridiche che può avere un processo di mediazione non riuscito (ossia provocare una decisione del giudice stesso). Nei casi appropriati può essere convocato all’incontro anche l’Ufficio per i giovani, bambini e famiglie[188].

Durante la procedura la corte discute con i genitori in ordine alle conseguenze che ci possono essere per il benessere del bambino se non viene trovato un accordo. E in particolare rappresenta che ci possono essere conseguenze legali e pratiche come nel caso in cui un genitore impedisca il diritto di visita, ossia un ordine del giudice che determini la privazione totale o parziale della cura parentale. I genitori possono optare per una consulenza degli organi preposti o dei servizi[189].

La corte deve accertarsi che i genitori siano d’accordo ad incontrarsi. Se viene approvato un accordo tiene luogo del precedente regime. Se l’accordo può essere raggiunto il relativo contenuto deve essere verbalizzato[190].

Se non si raggiunge un amichevole componimento né in mediazione né tramite la consulenza degli organi preposti o dei servizi oppure se un genitore non si presenta alla mediazione, la corte constata con provvedimento inappellabile che la mediazione non ha avuto successo e dà i provvedimenti meglio visti. Se la procedura è stata avviata ex officio o su richiesta di un genitore entro un mese, i costi seguono quelli del procedimento[191].

In tempo antecedente a queste disposizioni tuttavia veniva già svolta dagli organi di assistenza minorile attività di aiuto preventivo destinato a promuovere l’autotutela dei genitori al fine di prevenire situazioni di crisi.

I servizi di consulenza e supporto offerti dagli organi di assistenza minorile in Germania sono gratuiti per i genitori e i figli che vi fanno ricorso.

In particolare, nei casi di crisi familiari, l’assistenza era ed è diretta ad aiutare a superare i conflitti e le crisi, e in caso di separazione o divorzio, a creare le condizioni che consentano di esercitare congiuntamente la responsabilità dei genitori.

23. La mediazione familiare in Italia

In chiave storica possiamo rilevare che già nell’antichità greca e romana gli accomodamenti tra consanguinei avvenivano più che altro attraverso conciliazioni e arbitrati[192] che spesso erano effettuati appunto con l’ausilio di vicini e familiari.

Vista la delicatezza delle questioni lo stesso Digesto giustinianeo mantenne il principio per cui le cause tra i parenti dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del praetor[193].

In conformità a questa norma cautelativa col passare dei secoli si crearono per i più stretti congiunti dei tribunali di famiglia le cui attribuzioni sono assai ben esplicitate ad esempio dall’art. 12 del decreto dell’Assemblea costituente francese 16-24 agosto 1790.

Elevandosi qualche contestazione tra marito e moglie, padre e figli, avo e nipoti, fratelli e sorelle, nipoti e zii, o altri congiunti negli stessi gradi, come anche tra i pupilli ed i loro tutori per affari relativi alla tutela, le parti dovranno eleggersi parenti, o in difetto amici e vicini, per arbitri, davanti ai quali i contendenti esporranno le loro differenze, e che, dopo averli sentiti ed aver preso le informazioni necessarie renderanno una decisione motivata”.

Contro le decisioni di questo tribunale che peraltro durò in Francia pochi anni, ma si mantenne in Italia per lungo tempo, era possibile di norma l’appello ai tribunali ordinari e quindi non si trattava di un arbitrato inappellabile.

Nel 1798 anche la Repubblica Ligure ebbe un tribunale di famiglia, convocato e presieduto dal giudice di pace di seconda classe[194], per gestire le situazioni d’incapacità o la cura provvisoria dei beni degli assenti, formato dai più prossimi parenti, ed in mancanza di essi da “tre probi vicini”, o amici prescelti dal giudice di pace[195].

Di un rapporto tra conciliazione, seppure non nel senso da noi concepito, e la materia delle successioni troviamo accenno sempre nella codificazione giustinianea con riferimento all’istituto della diseredazione dell’erede necessario: colui che diseredava un discendente od un ascendente poteva, in altre parole, riconciliarsi, ma ciò aveva esclusivamente una valenza etica, serviva cioè solo a manifestare il perdono in relazione all’ingratitudine ricevuta; dunque la diseredazione rimaneva in piedi sino a nuovo testamento[196].

Presso i Longobardi che in genere non conoscevano, come abbiamo visto, se non l’accomodamento pecuniario e di solito gli preferivano di gran lunga la faida[197] e quindi la decisione delle armi[198], gli affari più intimi delle famiglie, quando approdavano al processo e non erano giudicati dal tribunale di famiglia[199], erano però sottratti al duello giudiziario e si regolavano di solito per giuramento dei sacramentali[200].

In Francia nel 1796[201] si stabilì che tutte le contestazioni tra coeredi e altre parti aventi interesse, fino alla divisione, dovessero portarsi in via di conciliazione, innanzi al giudice di pace del luogo ove la successione si fosse aperta[202].

Il decreto di Napoleone 15 Mietitore anno 13 (15 luglio 1805), emesso in Genova relativamente alla riforma del sistema giudiziario[203], all’art. 126 stabiliva come competente alla conciliazione il giudice di pace della successione per le “dimande fra eredi, ed altre parti interessate sino alla divisione inclusivamente, e sopra quella a termine d’esecuzione di disposizioni per causa di morte sino al giudizio”; la norma aggiungeva però la dispensa dalla conciliazione il caso di soggetti che fossero tre o più[204].

Nel Sud della penisola il Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819 non poneva invece limiti soggettivi alla conciliazione in materia di successione: l’art. 25 stabiliva semplicemente che “Gli eredi presuntivi, ed altri che trovansi nel possesso provvisionale dei beni degli assenti possono sperimentare la conciliazione per le liti che non riguardino beni o dritti immobiliari”.

Quindi a patto che non si trattasse di immobili assegnati a titolo provvisorio, la conciliazione che era volontaria, si esperiva in materia ereditaria qualunque fossero le parti ed anzi giova qui ribadire che il conciliatore in Sicilia poteva intervenire motu proprio per spegnere odi ed inimicizie[205]; si può quindi presumere che i tentativi di amichevole composizione fossero abbastanza frequenti.

Sotto il vigore del codice di procedura italiano del 1865 lo erano di certo.

Troviamo qui un consiglio di famiglia sull’esempio francese ed etneo[206] per le questioni attinenti ai minori e agli incapaci: dunque qualsiasi conciliazione ovvero il promovimento di divisione e transazione, stragiudiziale e non che li riguardasse, doveva passare necessariamente attraverso l’autorizzazione di questo organo.

A parte ciò, quando non ci avesse già pensato il testatore, la divisione che il Codice del 1865 privilegiava era quella amichevole[207].

Questa situazione è rimasta tale sino alla metà del secolo scorso.

L’istituto è normato da poco più che una decina d’anni.

Dal 2006[208] al 2014 l’articolo di legge di riferimento è stato il 155-sexies del Codice civile.

Il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154[209] ha poi abrogato l’art. 155-sexies con l’art. 106 lett a)[210].

Dal 7 di febbraio del 2014 la disciplina è però ospitata dall’art. 337 octies Codice civile comma 2[211] che ha un identico tenore rispetto all’abrogato 155-sexies: “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 337-ter[212] per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.

Dalle norme che si sono succedute si evince che in Italia la mediazione familiare è dall’origine facoltativa.

Il Codice civile non utilizza le locuzioni “mediazione familiare” e “mediatore familiare”, ma fa riferimento agli “esperti”.

Tuttavia l’art. 6 c. 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132[213] prevede che nell’accordo scaturito da una negoziazione assistita si dia atto che gli avvocati hanno informato le parti “della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori”.

Attualmente i mediatori familiari hanno solitamente alle spalle un percorso di studi psicologico, sociologico o legale.

Divengono “esperti” frequentando apposito corso di formazione di circa 200 ore e svolgendo un tirocinio supervisionato con tesi ed esame finale[214]: in proposito vanno approfondite le norme UNI.

In Italia ma non solo, in relazione alla formazione del mediatore familiare, alla sua certificazione e in parte alla sua attività, le principali associazioni di mediazione familiare (A.E.Me.F., Si.mef, AIMS e AIMEF) hanno aderito alla normativa UNI[215] che è seguita alla Legge n°4/2013 sulle associazioni professionali[216].

La commissione tecnica Attività professionali non regolamentate ha pubblicato nel 2016 la norma nazionale UNI 11644 in relazione alla figura del mediatore familiare.

La norma si prefigge lo scopo di definire in modo adeguato ed univoco i riferimenti della figura professionale di mediatore familiare, stabilendone altresì una omogeneizzazione dei programmi di formazione promossi da enti pubblici e/o privati, al fine di garantire un livello qualitativo di formazione e garanzia dell’utenza nell’incontrare mediatori dotati di adeguata professionalità e dei professionisti stessi.

La norma definisce i requisiti relativi all’attività professionale del mediatore familiare in termini di conoscenza, abilità e competenza, in conformità al Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF – European Qualifications Framework) e dunque non ha solo un respiro italiano.

Tali requisiti sono espressi in maniera tale da agevolare i processi di valutazione e convalida dei risultati dell’apprendimento.

La norma UNI 11644 prescrive i criteri per la certificazione del Mediatore Familiare, figura professionale terza imparziale e con una formazione specifica che interviene nei casi di cessazione di un rapporto di coppia costituita di fatto o di diritto, prima, durante o dopo l’evento separativo.

La Certificazione in accordo alla norma UNI 11644 si rivolge al Mediatore Familiare, la figura sollecitata dalle parti per la gestione autodeterminata dei conflitti parentali e la riorganizzazione delle relazioni familiari, che si adopera (nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dal procedimento giudiziario) affinché le parti raggiungano personalmente, rispetto ai bisogni e interessi da loro stessi definiti, su un piano di parità, in un ambiente neutrale, un accordo direttamente e responsabilmente negoziato, con particolare attenzione ai figli, ove presenti.

In particolare il Mediatore Familiare agisce nel rispetto delle reali necessità dei clienti e del codice dei consumatori, attraverso il complesso delle specifiche conoscenze acquisite con la formazione e l’aggiornamento professionale compiuto nel rispetto degli aspetti etici e deontologici pertinenti.

Più precisamente, il Mediatore Familiare nello svolgere la sua attività professionale ha il compito di:

a) promuovere nei mediandi la ricerca di modalità adeguate ad affrontare l’evento separativo, con particolare riferimento ai figli;

b) considerare l’eventuale necessità di orientare i mediandi verso altri professionisti con competenze specifiche;

c) facilitare i mediandi nella costruzione di accordi da loro stessi direttamente negoziati;

d) utilizzare procedure appropriate per l’eventuale stesura degli accordi raggiunti in mediazione familiare;

L’apprendimento (o formazione) del Mediatore Familiare può avvenire in ambito formale, non formale e informale.

È richiesta la soddisfazione dei seguenti requisiti minimi per l’accesso alla formazione e per l’aggiornamento continuo.

Requisiti minimi per l’accesso alla formazione specifica (a, b, c, d):

a) Per l’apprendimento Formale:

Laurea (triennale) in area umanistica, sociale o sanitaria con esclusivo riferimento a percorsi formativi caratterizzati da specifiche conoscenze teoriche o metodologiche coerenti con le competenze trasversali e specifiche oggetto di studio e approfondimento nel percorso di formazione della mediazione familiare, tenuto conto della necessaria armonizzazione con quanto previsto dalle norme comunitarie e interne in materia di istruzione e dalla necessaria interazione tra istruzione e processo produttivo;

b) Per l’apprendimento Non Formale e Informale (per le definizioni di questi termini, vedi UNI 11644 termini e definizioni):

In alternativa alla soddisfazione del requisito a) precedentemente espresso, adeguata e documentata esperienza professionale almeno quinquennale nelle aree sociali, educative, psicologiche e sanitarie e tutte quelle esperienze professionali di gestione della conflittualità nell’area della famiglia, coppia e relazioni sociali; le esperienze professionali devono essere comprovate da un curriculum vitae corredato da evidenze documentate che comprovano le attività lavorative e formative che il candidato dichiara;

c) Superamento dell’analisi e verifica delle evidenze documentate di cui ai punti a) e/o b) precedenti.

d) Superamento del colloquio valutativo di ammissione.

I requisiti minimi per il Percorso formativo di Mediatore Familiare, attivato da Università, Associazioni di professionisti, Centri/ Istituti di Formazione sono i seguenti: numero ore di lezioni teorico pratiche non inferiore a 240, di cui il 70% minimo in ambito di mediazione familiare.

Durata minima: biennale o annuale se di pari monte ore o superiore nel caso di professionisti in possesso di titolo di laurea.

Obbligo di presenza durante le ore di formazione per tutte le ore di formazione in ambito di mediazione familiare.

Obbligo di pratica guidata e supervisione didattica e professionale da parte di un mediatore familiare dotato di qualifica come formatore e supervisore, per una durata complessiva minima di 80 ore, e con almeno 20 ore di affiancamento al mediatore familiare supervisore.

In sintesi: percorso formativo minimo di 320 ore, di cui almeno 240 di formazione e 80 di pratica guidata e supervisione, in un biennio, con 180 ore di presenza del candidato.

Esame: in base a quanto definito nella norma UNI 11644, sono previsti due livelli di certificazione.

Primo livello

L’esame di certificazione si compone di tre prove:

Prova scritta con domande a risposte chiuse

Prova pratica di role playing

Prova orale mediante colloquio valutativo

La commissione può modificare la sequenza delle prove purché la prova orale risulti comunque l’ultima.

Secondo livello

Alla certificazione di secondo livello accedono coloro che hanno superato gli esami previsti per il primo livello.

La certificazione di secondo livello prevede, a fronte della conclusione di un periodo di pratica guidata e supervisione didattica professionale, della durata di 80 ore, una prova orale che tocca ad ampio spettro il percorso formativo, di pratica ed esperienza condotto dal candidato.

Durata della Certificazione – Mantenimento e rinnovo

La durata della certificazione è di cinque anni dalla data di delibera del certificato.

Annualmente il professionista certificato deve produrre e trasmettere all’Ente certificatore un modulo con cui si attestano alcuni requisiti:

Evidenza documentata dell’aggiornamento professionale eseguito dall’interessato nella misura di almeno 6 ore di formazione formale o non formale all’anno.

Evidenza documentata di conseguimento di almeno 10 ore di supervisione in presenza di un mediatore familiare formatore e supervisore.

Evidenza di continuità professionale nel settore.

Assenza di violazioni del codice deontologico: in caso di assenza di segnalazioni negative pervenute all’Ente certificatore.

Evidenza del pagamento della quota annuale all’Ente certificatore.

Inoltre verrà richiesto al professionista certificato di dichiarare eventuali reclami ricevuti e di dare evidenza che questi siano stati trattati secondo la corretta pratica professionale oltre al fatto di non deve aver ricevuto dall’Ente certificatore nessuna segnalazione scritta in merito a violazioni accertate del codice deontologico[217].

I mediatori familiari possono iscriversi ad associazioni di categoria che, in quanto rilascianti apposito attestato di qualità dei servizi, sono presenti in apposito elenco ministeriale[218].

La professione del mediatore familiare (a differenza di quella civile e commerciale) può essere svolta senza la presenza di un ente erogatore. La mediazione familiare non è pertanto in Italia una mediazione amministrata. Ma può essere erogata in strutture pubbliche e private.

La mediazione familiare non va confusa con quella civile e commerciale, né tanto meno con l’esercizio della psicologia o della legge.

Il percorso consiste in diverse sedute (il numero è elastico) in cui il mediatore, come previsto dalla legge, aiuta i coniugi “a raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.

Il mediatore verifica però in primo luogo se i genitori sono “mediabili”; loro stessi devono avere modo di stabilire se siano o meno adatti alla procedura. Solo nel caso positivo la mediazione familiare inizia e può comunque concludersi in ogni momento si ritenga meglio.

Nella pratica si accede alla mediazione familiare per spontanea decisione dei genitori, ovvero in seguito al suggerimento del giudice o degli avvocati che assistono i due genitori.

Anche i figli possono essere incontrati dal mediatore familiare in sede di pre-mediazione: e ciò se si aderisce in particolare al modello sistemico[219] di mediazione familiare.

Ciò peraltro è in linea con una raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2008: “Si raccomanda pertanto che gli Stati membri e gli altri organismi coinvolti nel lavoro di mediazione familiare stabiliscano insieme criteri di valutazione comuni per servire al meglio l’interesse del minore, compresa la possibilità per i bambini di prendere parte al processo di mediazione. Tali criteri dovrebbero comprendere la rilevanza della sua età o maturità mentale, il ruolo dei genitori e della natura della controversia. Questo potrebbe essere facilitato dal Consiglio d’Europa in collaborazione con l’Unione europea[220].

Nel 2018 il Disegno di legge n. 735,  Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità[221] (c.d. Decreto Pillon), depositato in senato il 1° agosto 2018 e  assegnato alla 2ª Commissione permanente (Giustizia) in sede referente il 9 aprile 2019[222], aveva previsto diverse disposizioni in materia di mediazione familiare.

Ed in particolare due disposizioni:

La norma, ove fosse stata approvata (ma non lo è stata), avrebbe introdotto dunque nel nostro ordinamento ipotesi di mediazione familiare obbligatoria.

24. La mediazione familiare in Lituania

 Dal 1° gennaio 2020 è prevista la mediazione obbligatoria nelle controversie familiari.

I servizi di mediazione obbligatoria e mediazione giudiziaria sono pagati dal bilancio statale (fino a sei ore) nei casi in cui la selezione dei mediatori è amministrata dal servizio di assistenza legale garantito dallo Stato.

Le parti della controversia si riservano il diritto di scegliere il mediatore dall’elenco dei mediatori che effettueranno la mediazione obbligatoria, ma in tali casi la mediazione sarà pagata a spese delle parti della controversia.

In conformità con le disposizioni del codice di procedura civile, le persone che hanno utilizzato la mediazione chiedono al tribunale l’esenzione dal contributo unificato[223].

25. La mediazione familiare in Lussemburgo

Il giudice può proporre alle parti una mediazione familiare in materia di divorzio, di separazione, di separazione per le coppie legate da un partenariato registrato, compresa la fase di liquidazione, di divisione della comunione di beni e di beni indivisi, di obbligazioni alimentari, di contributo alle spese del matrimonio, di obbligo di mantenimento dei figli e dell’esercizio della potestà genitoriale[224].

Il giudice può anche ordinare una riunione informativa gratuita durante la quale i principi e gli effetti della mediazione sono spiegati alle parti[225].

26. La mediazione familiare a Malta

È possibile ricorrere volontariamente alla mediazione nelle controversie di diritto civile, di famiglia, della previdenza sociale, commerciali e industriali.

Va sottolineato che la legge sulla mediazione si riferisce a determinate controversie familiari come, ad esempio, le controversie sulle successioni o quelle inerenti il regime patrimoniale della famiglia.

Non include la separazione o il divorzio che rientrano nella competenza del Corte civile (Sezione famiglia) e sono regolati da una legislazione specifica (Codice civile e appunto legislazione delle Corti).

In base a tale legislazione a Malta la mediazione costituisce il primo passo obbligatorio se si voglia contattare il Tribunale della famiglia.

E ciò almeno dal 2014.

Basta inviare una richiesta firmata alla Corte e le sessioni si tengono presso la Family Court.

La mediazione può riguardare ogni aspetto della separazione o del divorzio ed anche le modifiche delle condizioni.

La mediazione può essere disposta obbligatoriamente dalle Corti nelle cause di diritto di famiglia, in particolare in quelle riguardanti la separazione, il diritto di visita ai figli, l’affidamento dei figli e gli alimenti dei figli e/o del coniuge[226].

La maggior parte dei mediatori sono anche terapisti familiari, assistenti sociali o avvocati[227].

27. La mediazione familiare nei Paesi Bassi

Chi voglia mediare deve sapere che esistono vari registri di mediatori nei Paesi Bassi.

La Federazione dei mediatori olandesi (MfN) gestisce il registro dei mediatori (precedentemente noto come registro NMI)[228].

C’è anche il registro internazionale ADR , dove è possibile cercare mediatori e trovare informazioni su argomenti relativi alla mediazione.

È quindi facile trovare un mediatore per una mediazione preventiva.

I Paesi Bassi hanno anche una mediazione “naast rechtspraak ” (mediazione a fianco di procedimenti giudiziari).

Ciò significa che il tribunale distrettuale o la corte d’appello che ascolta un caso avviserà le parti della possibilità di optare per la mediazione.

I tribunali possono anche sottoporre le parti in procedimenti di diritto di famiglia a una procedura di esame parentale (ouderschapsonderzoek[229]), che include l’uso della mediazione per trovare una possibile soluzione al problema[230].

28. La mediazione familiare in Repubblica Ceca

La mediazione è consentita in tutte le aree della legge, ad eccezione di quanto previsto dalla legge stessa. E dunque include il diritto di famiglia, il diritto commerciale e il diritto penale.

Prima dell’inizio della mediazione, il mediatore informa le parti in conflitto della propria posizione nella mediazione, degli scopi e dei principi di mediazione, degli effetti del contratto di mediazione e dell’accordo di mediazione, della possibilità di interrompere la mediazione in qualsiasi momento, della remunerazione del mediatore per la mediazione effettuata e dei costi della mediazione. Il mediatore istruisce espressamente le parti in conflitto sul fatto che l’inizio della mediazione non pregiudica il diritto delle parti in conflitto di cercare protezione dei loro diritti e interessi legittimi attraverso i tribunali e che solo le parti in conflitto sono responsabili del contenuto dell’accordo di mediazione[231].

La mediazione inizia con la conclusione di un contratto di mediazione[232] con un mediatore registrato[233].

Nella mediazione, le parti pagano solo le spese del mediatore concordate, ma non devono pagare le spese legali: questo è in uno dei motivi per cui alcuni avvocati sono riluttanti a mediare[234].

Il § 100 stabilisce che se appropriato e opportuno, il Presidente del collegio può ordinare alle parti  un primo incontro con un mediatore registrato per un periodo di 3 ore e sospendere il procedimento per un massimo di 3 mesi. Se i partecipanti non concordano senza indebito ritardo sul mediatore, il presidente lo selezionerà dall’elenco tenuto dal Ministero[235]. Trascorsi i 3 mesi, il tribunale continua il procedimento. Il primo incontro non può essere ordinato qualora si sia in presenza di violenza domestica.

L’ordine può intervenire già in sede istruttoria, nell’udienza di preparazione[236].

L’ordine non è appellabile[237].

Per primo incontro si intende una sessione in cui il mediatore spiega alle parti i vantaggi e gli svantaggi della mediazione, i suoi principi, le istruisce sull’intero procedimento, fornisce loro tutte le informazioni necessarie per decidere se la mediazione è accettabile e appropriata e le aiutate a valutare se la mediazione avrebbe offerto loro una soluzione più soddisfacente delle decisioni giudiziarie[238].

La mediazione ordinata come sopra viene pagata dallo Stato (ma anticipata dalle parti)[239], a meno che un partecipante rifiuti di partecipare alla prima riunione senza un motivo serio (in tal caso il pagamento statale può non esserci od essere parziale)[240].

La mediazione (compresa la mediazione familiare) è dunque sempre volontaria; il suo inizio si basa sempre sulla volontà delle parti e non può quindi essere ordinata da un tribunale.

In questo contesto, il tribunale ha un unico strumento procedurale per lo svolgimento del procedimento, vale a dire l’istituto della prima riunione ordinata con il mediatore registrato[241].

Ai sensi del § 474 il tribunale può “ordinare ai genitori, per un periodo massimo di 3 mesi, di prendere parte a una riunione extragiudiziale di conciliazione o di mediazione o di terapia familiare, oppure ordinare loro di incontrare un fornitore di assistenza professionale, in particolare uno specialista in pedo psicologia”.

29. La mediazione familiare in Romania

Nell’aprile del 2017 il Parlamento romeno ha visto il deposito di una nuova normativa che modificava la legge 162/06 sulla mediazione e che prevedeva in particolare il tentativo obbligatorio di mediazione[242].

Il tentativo obbligatorio riguardava anche i rapporti familiari ed in particolare (art. 64) i disaccordi tra i coniugi riguardo a: a) la continuazione del matrimonio; b) la condivisione dei beni comuni; c) l’esercizio dei diritti dei genitori; d) lo stabilimento del domicilio dei bambini; e) il contributo dei genitori all’assistenza all’infanzia.

Ma la Corte Costituzionale della Romania ha ritenuto incostituzionale il tentativo obbligatorio di mediazione[243].

In Romania oggi si richiede di partecipare ad un preventivo incontro informativo di mediazione in tutta una serie di materie[244], così come accade in Grecia ed in Italia.

Le controversie per cui deve celebrarsi l’incontro informativo riguardano in particolare: a) il campo della protezione del consumatore, quando il consumatore fa valere l’esistenza di un danno a seguito dell’acquisto di un prodotto o di un servizio difettoso, la non osservanza delle clausole contrattuali o delle garanzie concesse, l’esistenza di clausole abusive incluse nei contratti conclusi tra consumatori e operatori economici o la violazione di altri diritti previsti dalla legislazione nazionale o dell’Unione europea in materia di protezione dei consumatori; b) la materia del diritto di famiglia, nelle situazioni previste dall’art. 64: la prosecuzione del matrimonio, la condivisione di beni comuni, l’esercizio dei diritti dei genitori, lo stabilimento del domicilio dei bambini, il contributo dei genitori al mantenimento dei figli, qualsiasi altro fraintendimento che sorga nelle relazioni tra i coniugi in merito ai diritti che possono avere ai sensi della legge; c) l’ambito delle controversie relative al possesso, alla protezione, al trasferimento dei termini apposti, nonché qualsiasi altra controversia relativa alle relazioni di vicinato; d) l’area della responsabilità professionale quando la stessa non sia soggetta a leggi speciali; e) le controversie di lavoro derivanti dalla conclusione, esecuzione e risoluzione di singoli contratti di lavoro; f) per le cause civili il cui valore è inferiore a 50.000 lei (10.410,51, €) ad eccezione delle controversie in cui ci sia una decisione esecutiva di apertura di una procedura di insolvenza, delle azioni riguardanti il ​​registro delle imprese e dei casi in cui le parti scelgono di ricorrere alla procedure previste dall’art. 1.013-1.024 (procedura di ordine di pagamento) o dall’art. 1.025-1.032 (procedura per le domande a valore ridotto) della legge n. 134/2010[245].

La procedura d’informazione sui vantaggi della mediazione può essere tenuta dal giudice, dal pubblico ministero, dal consulente legale, dall’avvocato, dal notaio, e deve risultarne attestazione scritta.

30. La mediazione familiare in Slovacchia

Una speciale legislazione nazionale sulla mediazione nel diritto di famiglia non è stata ancora adottata in Slovacchia.

I procedimenti relativi alla mediazione in questo settore – come in altri settori in cui la mediazione è prevista per la risoluzione di controversie stragiudiziali– si svolgono ai sensi della legge n. 420/2004[246].

L’art. 170 del C.p.c.[247] prevede inoltre che durante l’udienza preliminare se possibile e opportuno, il tribunale tenterà di risolvere la controversia mediante conciliazione o raccomanderà alle parti di tentare una conciliazione mediante mediazione[248].

Nella repubblica slovacca la mediazione nel diritto di famiglia si svolge solo su base volontaria; essa viene effettuata da mediatori che non sono specializzati in diritto di famiglia.

Il giudice competente non è tenuto a raccomandare la mediazione per risolvere una controversia e può soltanto suggerire alle parti di tentare una mediazione per pervenire a una transazione[249].

Bibliografia

Carlo Alberto Calcagno, Arbitrato e negoziato in Europa. Le opportunità dell’avvocato. Key Editore, 2020.

Carlo Alberto Calcagno, Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo. Aracne Editrice 2014. 


[1] Avv. Carlo Alberto Calcagno

Mediatore A.I.Me.F. certificato Uni 11644:2016

Relazione nel seminario STRUMENTI PER TUTELARE LA FAMIGLIA AI TEMPI DEL COVID del 27 novembre 2020 organizzato da “IL METALOGO – SCUOLA GENOVESE DI MEDIAZIONE  SISTEMICA”

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Mediazione_familiare

[3] L. SCAMUZZI, Manuale teorico-pratico dei Giudici Conciliatori e dei loro Cancellieri ed Usceri, III ed., E. Rechiedei & C., 1893, p. 170.

[4] Così ci racconta SVETONIO: “Postea Plebs solida columnam propte viginti pedum lapidis numidici in foro stauit, scrpsitque: PARENTI PATRIAE: apud eam longo tempore sacrificare, vota suspicere, controversias quasdam, interposto per Caesarem jurejurando, distrahere perseveraverit” (“Dopo pose in piazza una colonna di porfido, tutta di un pezzo, alta circa venti piedi, e ci scrisse dentro: AL PADRE DELLA PATRIA. E perseverò lungo tempo nel sacrificare presso di essa, e qui si votava, e giurando ancora sotto il nome di Cesare, si terminarono alcune liti e controversie”). C. SVETONIO TRANQUILLO, XII Caesares – C. Iulius Caesar  85, in OPERA, Vol I, Lipsia, 1816, p. 176.

[5] Editto perpetuo Tit. XIII:”I. Qui arbitrium pecuniam compromissa receperit , sententiam eum dicere cogam”. II. Eumque si ita conventum sit, diem compromissi proferre iubebo”. (”1.Costringerò a pronunciare sentenza colui che ha accettato l’incarico di arbitro d’una lite compromessa. 2. E, se così fu convenuto, gli ordinerò di prorogare il termine del compromesso”).

[6] Diversamente doveva emettere sentenza.

[7] Cfr. G. C. SONZOGNO, Manuale del processo civile austriaco, Lorenzo Sonzogno Editore, Milano, 1855.

[8] In sostanza si verificava se potessero essere annullati (nel caso di responsabilità reciproca) o se c’era la responsabilità di una sola parte se dovessero essere mantenuti, annullati o ancora se potesse disporsi un conveniente mantenimento.

[9]  E dei mediatori americani: Gary Friedman, Jack Himmelstein, John Haynes, Florence Kaslow, Stanley Cohen.

[10] 1) § 107 AußStrG Besondere Verfahrensbestimmungen

https://www.jusline.at/gesetz/aussstrg/paragraf/107

2) Gesamte Rechtsvorschrift für Familienlastenausgleichsgesetz 1967, Fassung vom 27.10.2019

[11]   Art. 1255 – CODE JUDICIAIRE – Quatrième partie : DE LA PROCEDURE CIVILE. (art. 664 à 1385octiesdecies)

[12] Art. 24 c. 11 (5) n. 3 НАКАЗАТЕЛНО-ПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС

https://www.lex.bg/bg/laws/ldoc/2135512224

[13] Αριθμός 62(Ι) του 2019

ΝΟΜΟΣ ΠΟΥ ΠΡΟΝΟΕΙ ΓΙΑ ΤΗ ΔΙΕΞΑΓΩΓΗ ΔΙΑΔΙΚΑΣΙΑΣ ΔΙΑΜΕΣΟΛΑΒΗΣΗΣ ΣΕ ΟΙΚΟΓΕΝΕΙΑΚΕΣ ΔΙΑΦΟΡΕΣ

[14] 1) OBITELJSKI ZAKON NN 75/14

https://www.zakon.hr/z/88/Obiteljski-zakon

2) PRAVILNIK O OBITELJSKOJ MEDIJACIJI

http://www.propisi.hr/print.php?id=13239

[15] § 40-41 Ægteskabsloven

https://www.themis.dk/synopsis/docs/Lovsamling/Aegteskabsloven.html#%C2%A7%2040

[16] 1) § 563 Tsiviilkohtumenetluse seadustik

https://www.riigiteataja.ee/akt/TsMS

2) § 67 c. 3 Perekonnaseadus (lühend – PKS)

https://www.riigiteataja.ee/akt/110032016003

[17] Laki lapsen huollosta ja tapaamisoikeudesta annetun lain muuttamisesta

[18] 1) Arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial

2)  Artt. 255 e 373-2-10 Code civil.

3) Décret n° 2010-1395 du 12 novembre 2010 relatif à la médiation et à l’activité judiciaire en matière familiale.

[19] §  36a, 81,  135, 155, 155a, 156, 165  FamFG 

Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit vom 17.

http://www.gesetze-im-internet.de/famfg/BJNR258700008.html.

[20] Art. 4 Family Support Agency act (2001)

http://www.irishstatutebook.ie/eli/2001/act/54/enacted/en/print.html

[21] The Declarations of Parentage (Allocation of Proceedings) Order (Northern Ireland) 2002

http://www.legislation.gov.uk/nisr/2002/119/article/5/made

[22] Art. 20-22 civilinių ginčų taikinamojo tarpininkavimo įstatymo Nr. X-1702

[23] Art. 1251-1 c. 2 Code de procédure civile

http://legilux.public.lu/eli/etat/leg/code/procedure_civile/20190101

[24] Art. 337 octies Codice civile

Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 262

http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262!vig=

[25] Art. 66I Civil code

2) SUBSIDIARY LEGISLATION 12.20 THE CIVIL COURT (FAMILY SECTION), THE FIRST HALL OF THE CIVIL COURT AND THE COURT OF MAGISTRATES (GOZO) (SUPERIOR JURISDICTION) (FAMILY SECTION) REGULATIONS16th December, 2003LEGAL NOTICE 397 of 2003, as amended by Legal Notices 9 of 2004,181 and 186 of 2006, 370 and 386 of 2011, 111 of 2012 Act XIII of 2018and XVI of 2019.

[26] 1) Protocolo celebrado em 5 de maio de 2006

https://www.dgpj.mj.pt/DGPJ/sections/leis-da-justica/livro-ix-leis-sobre/pdf7307/DGPJ/sections/leis-da-justica/livro-ix-leis-sobre/pdf7307/protocolo-de-acordo/downloadFile/file/Protocolo_de_Mediacao_Laboral.pdf?nocache=1182243469.36

2) Gabinete do Secretário de Estado da Justiça Despacho n.o 18 778/2007

3) Lei n.º 61/2008 de 31 de Outubro. Altera o regime jurídico do divórcio

https://www.dgpj.mj.pt/sections/leis-da-justica/pdf-ult2/lei-61-2008-de-31-de/downloadFile/file/lei%2061.2008.pdf?nocache=1225445203.82

4) Despacho nº 13/2018, de 22 de outubro, da Secretária de Estado da Justiça, publicado no DR, II Série, n.º 216, de 9 de novembro de 2018

https://dre.pt/application/conteudo/116929980

[27] 1) Section 10(1) of the Children and Families Act 2014.

http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2014/6/section/10/enacted

2) PRACTICE DIRECTION 3A – FAMILY MEDIATION INFORMATION AND ASSESSMENT MEETINGS (MIAMS)

https://www.justice.gov.uk/courts/procedure-rules/family/practice_directions/pd_part_03a

[28] Art. 64 LEGE Nr. 192/2006 din 16 mai 2006 privind medierea şi organizarea profesiei de mediator

[29] ACT OF SEDERUNT (SHERIFF COURT ORDINARY CAUSE RULES) 1993 No.1956 (S.223)

SCHEDULE 1

Special provisions in relation to particular causes

CHAPTER 33 FAMILY ACTIONS

https://www.scotcourts.gov.uk/rules-and-practice/rules-of-court/sheriff-court—civil-procedure-rules/ordinary-cause-rules

[30] Art. 770 c. 7 Ley 1/2000, de 7 de enero, de Enjuiciamiento Civil (LEC)

https://www.boe.es/buscar/act.php?id=BOE-A-2000-323

[31] § 4:172 2013. évi V. törvény a Polgári Törvénykönyvről

https://net.jogtar.hu/jogszabaly?docid=a1300005.tv

[32] EUROPEAN COMMISSION FOR THE EFFICIENCY OF JUSTICE

Working Group on Mediation (CEPEJ-GT-MED) CEPEJ-GT-MED(2017)8

THE IMPACT OF CEPEJ GUIDELINES ON CIVIL, FAMILY, PENAL AND ADMINISTRATIVE MEDIATION

https://rm.coe.int/report-on-the-impact-of-cepej-guidelines-on-civil-family-penal-nd-admi/16808c400e

I dati spagnoli del 2018 si trovano in  http://www.poderjudicial.es/cgpj/es/Temas/Estadistica-Judicial/Estadistica-por-temas/Medios-alternativos-de-resolucion-de-conflictos/Mediacion-Intrajudicial/

[33] Dato 2018

https://estatisticas.justica.gov.pt/sites/siej/pt-pt/Paginas/Mediacao.aspx

[34] Written Submission to Justice Committee on Alternative Dispute Resolution; Relationships Scotland,

2018.

https://www.parliament.scot/parliamentarybusiness/CurrentCommittees/107661.aspx

[35] Članak 369.

(1) Parnični postupak radi utvrđivanja postoji li brak ili ne postoji, poništaja ili razvoda braka (bračni sporovi) pokreće se tužbom.

[36] Članak 332.

(1) Obiteljska medijacija se ne provodi:

1. u slučajevima kada prema procjeni stručnog tima centra za socijalnu skrb ili obiteljskog medijatora zbog obiteljskog nasilja nije moguće ravnopravno sudjelovanje bračnih drugova u postupku medijacije

2. ako su jedan ili oba bračna druga lišeni poslovne sposobnosti, a nisu u stanju shvatiti značenje i pravne posljedice postupka ni uz stručnu pomoć

3. ako su jedan ili oba bračna druga nesposobni za rasuđivanje i

4. ako bračni drug ima nepoznato prebivalište i boravište.

(2) Odredba stavka 1. ovoga članka na odgovarajući način primjenjuje se i na ostale članove obitelji koji sudjeluju u postupku medijacije.

[37] Avioliittolaki 13.6.1929/234

https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1929/19290234

[38] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?FINLAND&member=1

[39] Sezione 10 Lag om medling i tvistemål och stadfästelse av förlikning i allmänna domstolar

[40] Lag om underhåll för barn

https://www.finlex.fi/sv/laki/ajantasa/1975/19750704

Laki lapsen huollosta ja tapaamisoikeudesta

https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1983/19830361

[41] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?FINLAND&member=1

[42] Laki lapsen huoltoa ja tapaamisoikeutta koskevan päätöksen täytäntöönpanosta

https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/1996/19960619

[43] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?FINLAND&member=1

[44] Άρθρο 182.

Υποχρεωτικότητα

Η υποχρεωτική υπαγωγή ιδιωτικών διαφορών στη διαδικασία της διαμεσολάβησης, καθώς και η υποχρέωση ενημέρωσης από τον πληρεξούσιο δικηγόρο για αυτές, ρυθμίζεται ως εξής:

1. Διαφορές που υπάγονται υποχρεωτικά στη διαδικασία διαμεσολάβησης.

Επί ποινή απαραδέκτου της συζήτησης του ενδίκου βοηθήματος, οι παρακάτω ιδιωτικές διαφορές υπάγονται στη διαδικασία της διαμεσολάβησης:

α) Οι διαφορές ανάμεσα στους ιδιοκτήτες ορόφων ή διαμερισμάτων από τη σχέση οροφοκτησίας, οι διαφορές από τη λειτουργία απλής και σύνθετης κάθετης ιδιοκτησίας, οι διαφορές αφενός ανάμεσα στους διαχειριστές ιδιοκτησίας κατ’ ορόφους και κάθετης ιδιοκτησίας και αφετέρου στους ιδιοκτήτες ορόφων, διαμερισμάτων και κάθετων ιδιοκτησιών, καθώς επίσης και διαφορές που εμπίπτουν στο ρυθμιστικό πεδίο των άρθρων 1003 έως 1031 του ΑΚ.

β) Οι διαφορές που αφορούν απαιτήσεις αποζημίωσης οποιασδήποτε μορφής για ζημίες από αυτοκίνητο, ανάμεσα στους δικαιούχους ή τους διαδόχους τους και εκείνους που έχουν υποχρέωση για αποζημίωση ή τους διαδόχους τους, όπως και απαιτήσεις από σύμβαση ασφάλισης αυτοκινήτου, ανάμεσα στις ασφαλιστικές εταιρείες και τους ασφαλισμένους ή τους διαδόχους τους, εκτός αν από το ζημιογόνο συμβάν επήλθε θάνατος ή σωματική βλάβη.

γ) Οι διαφορές από αμοιβές του άρθρου 622Α του ΚΠολΔ.

δ) Οι οικογενειακές διαφορές, εκτός από αυτές της παραγράφου 1 περιπτώσεις α΄, β΄ και γ΄ και της παραγράφου 2 του άρθρου 592 ΚΠολΔ.

ε) Οι διαφορές που αφορούν σε απαιτήσεις αποζημίωσης ασθενών ή των οικείων τους σε βάρος ιατρών, οι οποίες ανακύπτουν κατά την άσκηση της επαγγελματικής δραστηριότητας των τελευταίων.

στ) Οι διαφορές που δημιουργούνται από την προσβολή εμπορικών σημάτων, διπλωμάτων ευρεσιτεχνίας, βιομηχανικών σχεδίων ή υποδειγμάτων.

ζ) Οι διαφορές από χρηματιστηριακές συμβάσεις.

2.Α. Εξαιρούνται από την υποχρεωτική υπαγωγή σε διαμεσολάβηση της αμέσως προηγούμενης παραγράφου 1Α:

α) η κύρια παρέμβαση που ασκείται σε συνάφεια με το αντικείμενο των διαφορών αυτών,

β) οι διαφορές στις οποίες διάδικο μέρος είναι το Δημόσιο ή Ο.Τ.Α. ή Ν.Π.Δ.Δ.,

γ) οι διάδικοι που δικαιούνται νομικής βοήθειας κατά το ν. 3226/2004, όπως ισχύει, ή στους οποίους παρέχεται το ευεργέτημα της πενίας κατά τα άρθρα 194 και 195 του Κώδικα Πολιτικής Δικονομίας,

δ) οι δίκες οι σχετικές με την εκτέλεση,

ε) η ανακοπή των άρθρων 632 και 633 παρ. 2 ΚΠολΔ,

στ) κάθε άλλη περίπτωση στην οποία δεν προβλέπεται αναστολή εκτέλεσης κατά τις κείμενες διατάξεις του νόμου,

ζ) οι διαφορές του ν. 3869/2010,

η) οι διαταγές πληρωμής,

[45] https://www.protothema.gr/greece/article/800811/ihiro-rapisma-tou-areiou-pagou-se-kodoni-adisudagmatiki-i-upohreotiki-diamesolavisi/

[46] Νόμος 4640/2019 Διαμεσολάβηση σε αστικές και εμπορικές υποθέσεις – Περαιτέρω εναρμόνιση της Ελληνικής Νομοθεσίας προς τις διατάξεις της Οδηγίας 2008/52/ΕΚ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2008 και άλλες διατάξεις

https://www.lawspot.gr/nomikes-plirofories/nomothesia/nomos-4640-2019

In vigore dal 15 gennaio 2020 in materia di controversie familiari

In vigore dal 15 marzo 2010 nell’ambito di un procedimento ordinario.

[47] Mediation information sessions in family law and succession proceedings

23. (1) The Minister may, for the purposes of ensuring that information sessions concerning mediation are available (in this Act referred to as a “mediation information session”), at a reasonable cost and in suitable locations, to parties to relevant proceedings and having had regard to the matters specified in subsection (2)—

(a) prepare and publish a scheme for the delivery of such sessions, or

(b) approve a scheme for the delivery of such sessions prepared by a person other

than the Minister.

(2) A scheme referred to in subsection (1) may include provisions in relation to any of the following:

(a) the nature and operation of mediation in respect of a relevant dispute;

(b) the role of the mediator in a mediation in respect of a relevant dispute;

(c) the types of mediation settlements available in a mediation in respect of a relevant dispute;

(d) the benefits of mediation over court-based resolutions in respect of a relevant dispute;

(e) the costs of mediation;

(f) a statement that legal advice may be sought by the parties at any time during the mediation.

(3) Before publishing or approving a scheme under this section, the Minister shall—

(a) publish a notice on the website of the Department of Justice and Equality and in at least one daily newspaper circulating generally in the State—

(i) indicating that he or she intends to publish or approve a scheme under this section,

(ii) indicating that a draft of the scheme is available for inspection on that website for a period specified in the notice (being not less than 30 days from the date of the publication of the notice in the newspaper), and

(iii) stating that submissions in relation to the draft scheme may be made in writing to the Minister before a date specified in the notice  (which shall be not less than 30 days after the end of the period referred to in subparagraph

(ii)),

and

(b) have regard to any submissions received pursuant to paragraph (a)(iii).

4) Where the Minister prepares or approves a scheme under this section, he or she shall cause a notice of the preparation or approval to be published in Iris Oifigiúil and the notice shall specify the date from which the scheme shall come into operation.

(5) Subject to subsection (6), the Minister may—

(a) amend or revoke a scheme prepared or approved under this section, or (b) withdraw approval in respect of any scheme previously approved under this section.

(6) The requirements of subsections (3) and (4) shall, with all necessary modifications, apply to a scheme that the Minister intends to amend or revoke or in relation to which the Minister intends to withdraw his or her approval.

(7) Where the Minister amends or revokes, or withdraws his or her approval in respect of, a scheme under this section, he or she shall cause a notice to that effect to be published in Iris Oifigiúil specifying—

(a) the scheme to which the amendment, revocation or withdrawal of approval, as the case may be, relates,

(b) whether the scheme is to be amended or revoked or whether approval in relation to the scheme is to be withdrawn,

(c) if the scheme is to be amended, particulars of the amendment, and (d) the date from which the amendment, revocation or withdrawal of approval, as the case may be, shall come into operation.

(8) In this section—

“relevant dispute” means a dispute the subject of relevant proceedings;

“relevant proceedings” means—

(a) family law proceedings, or

(b) proceedings under section 67A(3) or 117 of the Succession Act 1965.

[48] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?POLAND&member=1

[49] Jak znaleźć mediatora?

https://www.mediacja.gov.pl/Jak-znale-mediatora-.html

[50] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?PORTUGAL&clang=pt

[51] Lei nº 29/2013 de 19 de abril. Estabelece os princípios gerais aplicáveis à mediação realizada

em Portugal, bem como os regimes jurídicos da mediação civil e comercial, dos mediadores e da mediação pública.

In vigore dal 19 maggio 2013.

[52] Lei n.º 141/2015, de 08 de Setembro

  REGIME GERAL DO PROCESSO TUTELAR CÍVEL(versão actualizada)

Articolo 24

Mediazione

1 – In qualsiasi stato di causa e ogni qualvolta ritenuto opportuno, in particolare nel processo di regolamentazione dell’esercizio delle responsabilità genitoriali, ufficiosamente con il consenso delle parti interessate o su loro richiesta, il giudice può determinare l’intervento di servizi di mediazione pubblici o privati.

2 – Ai fini del paragrafo precedente, il giudice è responsabile di informare le parti interessate sull’esistenza e sugli obiettivi dei servizi di mediazione familiare.

3 – Il giudice approva l’accordo ottenuto attraverso la mediazione se soddisfa l’interesse del minore.

[53] Lei n.º 141/2015, de 08 de Setembro

  REGIME GERAL DO PROCESSO TUTELAR CÍVEL(versão actualizada)

Articolo 23

Audizione tecnica specializzata

1 – Il giudice può, in qualsiasi momento e quando ritenuto necessario, stabilire un’audizione tecnica specializzata, al fine di ottenere il consenso tra le parti.

2 – L’audizione tecnica specializzata in materia di conflitto genitoriale consiste nell’audizione delle parti, al fine di valutare diagnosticamente le capacità dei genitori e la valutazione della loro disponibilità per un accordo, in particolare in termini di regolamentazione dell’esercizio delle responsabilità genitoriali, che garantisce le migliori garanzie l’interesse del bambino.

3 – L’audizione tecnica specializzata include la fornitura di informazioni incentrate sulla gestione dei conflitti.

[54] Art. 24-A Lei n.º 141/2015, de 08 de Setembro

[55] La procedura regolata in questa sezione si applica alle richieste di:

a) alimenti per bambini più grandi o emancipati;

b) assegnazione dell’indirizzo di residenza della famiglia;

c) privazione del diritto di utilizzare il cognome dell’altro coniuge;

d) autorizzazione all’utilizzo del cognome dell’ex coniuge;

e) Conversione della separazione personale in caso di divorzio e regime della proprietà.

Articolo 5 DL n.º 272/2001, de 13 de Outubro

  PROCESSOS DA COMPETÊNCIA DO M.ºP.º E DAS C. REGISTO CIVIL(versão actualizada)

[56] DL n.º 272/2001, de 13 de Outubro

  PROCESSOS DA COMPETÊNCIA DO M.ºP.º E DAS C. REGISTO CIVIL(versão actualizada)

[57] https://dgpj.justica.gov.pt/Portals/31/GRAL_Media%E7%E3o/Lista-de-mediadores_privada_27.03.2020.pdf

https://dgpj.justica.gov.pt/Resolucao-de-Litigios/Mediacao

[58] Listas de mediadores dos Sistemas Públicos de Mediação

https://dgpj.justica.gov.pt/Resolucao-de-Litigios/Mediacao/Sistemas-Publicos-de-Mediacao/Listas-de-mediadores-dos-Sistemas-Publicos-de-Mediacao

[59] Cfr. PRACTICE DIRECTION 3A – FAMILY MEDIATION INFORMATION AND ASSESSMENT MEETINGS (MIAMS)

https://www.justice.gov.uk/courts/procedure-rules/family/practice_directions/pd_part_03a

[60] Zakon o mediaciji v civilnih in gospodarskih zadevah (ZMCGZ)

ZMCGZ, Uradni list RS, št.56/08

http://www.pisrs.si/Pis.web/pregledPredpisa?id=ZAKO5289

[61] Zakon o alternativnem reševanju sodnih sporov (ZARSS)

ZARSS, Uradni list RS, št. 97/09 in 40/12 – ZUJF

http://www.pisrs.si/Pis.web/pregledPredpisa?id=ZAKO5648

[62] Pravilnik o mediatorjih v programih sodišč

Uradni list RS, št. 22/10 in 35/13

http://www.pisrs.si/Pis.web/pregledPredpisa?id=PRAV10177

[63] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?SLOVENIA&member=1

[64] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?SPAIN&member=1

[65] Asistencia Jurídica Gratuita

https://www.mjusticia.gob.es/cs/Satellite/Portal/es/servicios-ciudadano/tramites-gestiones-personales/asistencia-juridica-gratuita

[66] Registro de Mediadores e Instituciones de Mediación cuya página web está referenciada más abajo

[67] Registro nazionale dei mediatori e di istituti di mediazione summenzionato:  http://www.mjusticia.gob.es/cs/Satellite/Portal/es/areas-tematicas/registros/mediadores-instituciones

– I seguenti istituti sono indicati dal ministero della Giustizia https://remediabuscador.mjusticia.gob.es/remediabuscador/RegistroInstitucion)

– I servizi di mediazione ai quali rinvia il Consiglio superiore della magistratura per provincia sono i seguenti: http://www.poderjudicial.es/cgpj/es/Temas/Mediacion/Servicios-de-Mediacion-Intrajudicial/Mediacion-Familiar/

[68] http://www.poderjudicial.es/cgpj/es/Temas/Mediacion

[69] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?SWEDEN&member=1

[70] https://birosag.hu/allampolgaroknak/mediacio/birosagi-kozvetitoi-eljaras?fbclid=IwAR1yo8v3C2IBiipmGRiaFGGSvEtGGe33jgBSVxdGFmZHMa2-4UKnW96yCtQ

[71] 4:22. § [Közvetítői eljárás]

A házastársak a házassági bontóper megindítása előtt vagy a bontóper alatt – saját elhatározásukból vagy a bíróság kezdeményezésére – kapcsolatuk, illetve a házasság felbontásával összefüggő vitás kérdések megegyezésen alapuló rendezése érdekében közvetítői eljárást vehetnek igénybe. A közvetítői eljárás eredményeként létrejött megállapodásukat perbeli egyezségbe foglalhatják.

[72] https://weinsteininternational.org/hungary/hungary-bio/

Su 15.000 contenziosi economici solo il 6% è stato risolto con gli ADR.

[73]  § 4:172 2013. évi V. törvény a Polgári Törvénykönyvről

https://net.jogtar.hu/jogszabaly?docid=a1300005.tv

[74] Z. NEMÈTH, A kötelező mediáció intézménye az EU tagállamokban, 13 agosto 2019.

https://www.kemi.hu/hirek/szakirodalom/kotelezo-mediacio-az-eu-tagallamokban.html

[75] Cfr.  I. OFNER, Mediation in der familie, in Mediation Aktuell, n. 2/14. Cfr. http://www.oebm.at/ausgaben.html

[76] Eine Scheidung ist ein schwerwiegender Schritt, der angesichts der menschlichen und rechtlichen Konsequenzen vor allem auch für die Kinder gründlich überlegt sein muss. Deshalb ist auch der Richter bei einer streitigen Scheidung dazu verpflichtet, zunächst auf eine Versöhnung hinzuwirken und auf die Möglichkeiten der Mediation hinzuweisen.

http://www.justiz.gv.at/web2013/html/default/2c9484853d10e3d0013d1733d9622745.de.html

[77] § 107 AußStrG Besondere Verfahrensbestimmungen

(omissis)

2. die Teilnahme an einem Erstgespräch über Mediation oder über ein Schlichtungsverfahren;

(omissis)

A seguito del KindNamRÄG 2013 il giudice oggi a sua disposizione anche altri strumenti: la visita obbligatoria della famiglia, il counseling genitoriale o educativo, ovvero una consulenza od un programma per affrontare l’aggressività o la violenza.

[78] Quest’ultima pronuncia ha avuto largo eco anche nella UE soprattutto nei sostenitori della mediazione volontaria.

[79] http://www.justiz.gv.at/web2013/html/default/2c9484853f60f165013f6671e26d24f7.de.html

[80] Bundesministerium für Familien und Jugend

Lo stesso Ministero sponsorizza anche consultori familiari che forniscano consulenza legale professionale e sostegno psicologico.

[81] § 39c. (1) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie kann gemeinnützige Einrichtungen, die das Angebot

1. qualitativer Elternbildung,

2.von Mediation oder Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen gewährleisten, auf Ansuchen fördern.

(2) Elternbildung, Mediation sowie Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen sind unter Beachtung allgemein anerkannter wissenschaftlicher Erkenntnisse durch geeignetes Fachpersonal durchzuführen. Erforderlichenfalls kann der Bund zur entsprechenden Aus- und Weiterbildung des Fachpersonals beitragen. Zur Sicherung der kontinuierlichen Inanspruchnahme von Elternbildungsangeboten kann der Bund notwendige Maßnahmen zur Bewusstseinsbildung durchführen.

(3) Bei allen Projekten zur Förderung der Elternbildung sowie der Kinderbegleitung ist eine Mitfinanzierung durch die Länder anzustreben.

(4) Auf die Gewährung von Förderungen besteht kein Rechtsanspruch. Förderungen und Aufwendungen nach Abs. 1 bis Abs. 3 sind aus Mitteln des Ausgleichsfonds für Familienbeihilfen zu tragen.

(5) Der Bundesminister für Umwelt, Jugend und Familie hat Richtlinien zur Förderung der Elternbildung, von Mediation sowie der Eltern- und Kinderbegleitung in Scheidungs- und Trennungssituationen zu erlassen, in denen das Nähere bestimmt wird. Die Richtlinien sind im Amtsblatt zur Wiener Zeitung zu veröffentlichen.

Cfr.  Richtlinien zur förderung von mediation in http://www.servicestellemediation.at/richtlinien_.pdf

[82]  Con esperienza di almeno 5 anni

[83] https://www.bmfj.gv.at/familie/trennung-scheidung/mediation.html

[84] https://e-justice.europa.eu/content_divorce-45-be-maximizeMS_EJN-fr.do?member=1

[85] https://www.cfm-fbc.be/fr/trouver-un-mediateur

[86] Cfr. anche l’art. 49 del Codice della famiglia (СЕМЕЕН КОДЕКС) sempre in tema di divorzio che fa riferimento alla conciliazione, alla mediazione e ad altri strumenti alternativi. http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135637484

[87] Art. 17 Αριθμός 62(Ι) του 2019

ΝΟΜΟΣ ΠΟΥ ΠΡΟΝΟΕΙ ΓΙΑ ΤΗ ΔΙΕΞΑΓΩΓΗ ΔΙΑΔΙΚΑΣΙΑΣ ΔΙΑΜΕΣΟΛΑΒΗΣΗΣ ΣΕ ΟΙΚΟΓΕΝΕΙΑΚΕΣ ΔΙΑΦΟΡΕΣ

[88] § 4. Menetlusõiguste käsutamine

 (omissis)

 (4) Kohus peab kogu menetluse ajal tegema kõik endast sõltuva, et asi või selle osa lahendataks kompromissiga või muul viisil poolte kokkuleppel, kui see on kohtu hinnangul mõistlik. Kohus võib selleks muu hulgas esitada pooltele kompromissilepingu projekti või kutsuda pooled isiklikult kohtusse, samuti teha neile ettepaneku vaidluse kohtuväliseks lahendamiseks või lepitaja poole pöördumiseks. Kui kohtu hinnangul on see kohtuasja asjaolusid ning senist menetluskäiku arvestades asja lahendamise huvides vajalik, võib ta kohustada pooli osalema lepitusseaduses sätestatud lepitusmenetluses.

[RT I 2009, 59, 385 – jõust. 01.01.2010]

[89] § 1 c. 4 Lepitusseadus Vastu võetud 18.11.2009

https://www.riigiteataja.ee/akt/13240243

§ 1. Seaduse reguleerimisala

 (omissis)

 (4) Seaduses sätestatud juhul on lepitusmenetlus kohustuslik kohtueelne menetlus.

[90] Tsiviilkohtumenetluse seadustik

https://www.riigiteataja.ee/akt/128122011044

[91] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?ESTONIA&member=1

[92] Federazione nazionale delle Associazioni per la mediazione familiare

[93] La médiation familiale est un processus de construction ou de reconstruction du lien familial axé sur l’autonomie et la responsabilité des personnes concernées par des situations de rupture ou de séparation dans lequel un tiers impartial, indépendant, qualifié et sans pouvoir de décision – le médiateur familial – favorise, à travers l’organisation d’entretiens confidentiels, leur communication, la gestion de leur conflit dans le domaine familial entendu dans sa diversité et dans son évolution.

[94] Arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial

[95] In linea con le raccomandazioni del Conseil national consultatif de la médiation familiale.

[96] Annexe I référentiel professionnel médiateur familial 1.1. Contexte d’intervention.

[97] Ed in particolare in California nel 1982.

[98] La médiation familiale, née au sein de la société civile dans les années 80, a trouvé sa place dans la loi du 4 mars 2002 (article 373-2-10 du code civil) relative à l’autorité parentale et dans la loi du 26 mars 2004 relative au divorce (art. 255 du code civil).

[99] La médiation familiale est un processus de construction ou de reconstruction du lien familial, axé sur l’autorité parentale et la responsabilité des personnes concernées par des situations de conflits ou de rupture familiales.

[100] Le médiateur familial met en œuvre des médiations dans le champ de la famille. La famille s’entend dans la diversité de son expression actuelle et aussi dans son évolution. Elle comprend toutes les modalités d’union et prend en compte les différents liens de filiation et d’alliance.

[101] Le champ d’action du médiateur familial concerne les situations de conflits et de rupture dans ce cadre et plus précisément des relations entre les parents, de l’organisation de la vie des enfants, les liens transgénérationnels et de la fratrie. La médiation familiale est mobilisée pour les situations telles que les divorces, les séparations, les décès, les situations de conflits et les ruptures de communication au sein de la famille, les situations familiales à dimension internationale dans le champ de la protection de l’enfance, les questions successorales et patrimoniales.

[102] Dans le champ défini ci-dessus, le médiateur familial conduit son action, dans un cadre précis caractérisé par un processus spécifique.

[103] Ce dernier a pour finalité d’accompagner les personnes qui décident de s’engager dans une médiation familiale, afin de leur permettre de construire et de décider, ensemble, des meilleures options pour résoudre le conflit qui les oppose.

[104] Le médiateur familial facilite le rétablissement du dialogue, les liens de communication entre les personnes, leur capacité à gérer le conflit ainsi que leur capacité à négocier. Il favorise leur cheminement, et notamment la reconnaissance du bienfondé des arguments présentés par chacun.

[105] Il accompagne la recherche de solutions concrètes en amenant les personnes à trouver elles-mêmes les bases d’un accord mutuellement acceptable, en tenant compte de l’état du Droit, des besoins de chacun des membres de la famille et notamment de ceux des enfants, dans un esprit de co-responsabilité.

[106] Le médiateur familial exerce de façon qualifiée une profession s’appuyant sur une expérience professionnelle acquise dans le champ du travail social, socio-éducatif, sanitaire, juridique, ou psychologique, sanctionnée par une certification qui garantit l’acquisition des compétences spécifiques, nécessaires à la mise en œuvre des médiations familiales. Il mobilise des compétences adaptées aux situations de crise, au sein desquelles s’expriment fortement des affects, des tensions et des enjeux divers.

[107] Le médiateur familial est garant du cadre et du déroulement du processus.

[108] Pour ce faire, le médiateur familial investit une posture de tiers, qui s’inscrit dans une relation ternaire. Il n’exerce aucun pouvoir de décision.

[109] Le médiateur familial intervient dans un cadre éthique caractérisé par les principes d’altérité, d’impartialité, d’indépendance, de confidentialité, de neutralité, d’équité.

[110] Il peut être amené à collaborer avec d’autres professionnels sur les champs de la santé, administratif, social, économique, juridique…

[111] Le médiateur familial exerce dans des structures diverses : associations à caractère social ou familial, associations de médiation familiale, services publics ou parapublics et en libéral.

[112] L’APMF (Associazione per la mediazione familiare) e La FENAMEF (Federazione nazionale delle Associazioni per la mediazione familiare). Cfr. http://www.apmf.fr/ e http://www.mediation-familiale.org/

[113] CNAF, Caisse nationale des allocations familiales. Cfr. http://www.caf.fr

[114] La formazione è fornita da diversi centri, tra cui il Centro per la formazione continua del Panthéon-Assas, la Camera di Commercio e dell’Industria di Parigi, l’Istituto Cattolico di Parigi e la Scuola Professionale di Mediazione e Negoziazione. In generale, ci vuole il diploma di maturità, ma si possono anche semplicemente convalidare le esperienze acquisite.

[115] Vi è però un codice deontologico a cui aderiscono diversi organismi di mediazione:

 • L’Accademia di Mediazione

• Associazione nazionale dei difensori civici europei (AME)

• Associazione nazionale dei mediatori (ANM)

• Associazione per la Mediazione Familiare (APMF)

• Federazione Nazionale per la Mediazione Familiare (FENAMEF)

• Federazione Nazionale dei Centri di Mediazione (FNCM)

• Mediazione Net

• rete dei difensori civici Company (RME)

• l’Unione Indipendente dei Mediatori Professionali (UPIM).

Si può trovare in http://www.fncmediation.fr/attachment/117568/

[116] http://www.mediation-familiale.org/formations-et-journees-d-etude/diplome-d-etat-de-mediateur-familial-demf

[117] Décret n°2003-1166 du 2 décembre 2003 portant création du diplôme d’Etat de médiateur familial; questo decreto è stato abrogato il 26 aprile del 2004 dal Décret n°2004-1136 du 21 octobre 2004.

[118] Arrêté du 12 février 2004 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial. L’ordinanza è stata abrogata dal nuovo decreto del 2012 (art. 14); si veda anche la Circulaire n°DGAS/4A/2004/376 en date du 30 juillet 2004 relative aux modalités de la formation préparatoire au Diplôme d’Etat de médiateur familial et à l’organisation des épreuves de certification.

Il decreto del 2012 è stato poi novellato dall’Arrêté du 2 août 2012 modifiant l’arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial

[119] DRASS, Direction régionale des affaires sanitaires et sociales.

[120] Arrêté du 19 mars 2012 relatif au diplôme d’Etat de médiateur familial

[121] La formation est ouverte aux candidats remplissant l’une des conditions suivantes :

― justifier d’un diplôme national, au moins de niveau III, mentionné au titre V du livre IV du code de l’action sociale et des familles ou au livre III de la quatrième partie du code de la santé publique ;

― justifier d’un diplôme national, au moins de niveau II, en droit, psychologie ou sociologie délivré par un établissement public à caractère scientifique, culturel et professionnel habilité à le délivrer ou par un établissement d’enseignement supérieur privé reconnu par l’Etat et autorisé à délivrer un diplôme visé par le ministre chargé de l’enseignement supérieur ;

― justifier d’un diplôme national au moins de niveau III et de trois années au moins d’expérience professionnelle dans le champ de l’accompagnement familial, social, sanitaire, juridique, éducatif ou psychologique. (Art. 2)

Sui l’interpretazione dei livelli si veda http://www.onisep.fr/content/download/610488/12124550/file/diplome_niveau_qualification_auvergne.pdf .

In Francia c’è un Répertoire national des certifications professionnelles (RNCP) che è il punto di riferimento per i titoli professionali; le professioni sono distinte per livelli da I a V.

[122] Art. 3.

[123] Cfr. ANNEXEIII RÉFÉRENTIEL DE FORMATION DIPLÔME D’ÉTAT DE MÉDIATEUR FAMILIAL.

[124] Art. 7

[125] Art. 10.

[126] Art. 13 c. 2

[127] Le juge aux affaires familiales a pour mission de tenter de concilier les parties. Art. 1071 c. 1 C.p.c.

[128] Saisi d’un litige, il peut proposer une mesure de médiation et, après avoir recueilli l’accord des parties, désigner un médiateur familial pour y procéder. Art. 1071 c. 2 C.p.c.

[129] Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.

[130] Art. 255 Le juge peut notamment:

(omissis)

2° Enjoindre aux époux de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de la médiation;

(omissis)

[131] Loi n°2002-305 du 4 mars 2002 – art. 5 JORF 5 mars 2002

[132] En cas de désaccord, le juge s’efforce de concilier les parties. Articolo 373-2-10 c. 1 C.c.

[133] A l’effet de faciliter la recherche par les parents d’un exercice consensuel de l’autorité parentale, le juge peut leur proposer une mesure de médiation et, après avoir recueilli leur accord, désigner un médiateur familial pour y procéder. Articolo 373-2-10 c. 2 C.c.

[134] Il peut leur enjoindre de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de cette mesure. Art. 373-2-10 c. 3 C.c. (abrogato)

[135] LOI n°2016-1547 du 18 novembre 2016 – art. 6.

[136] Il peut leur enjoindre, sauf si des violences ont été commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant, de rencontrer un médiateur familial qui les informera sur l’objet et le déroulement de cette mesure.

L’articolo è stato considerato legittimo dalla Corte Costituzionale: “21. Le deuxième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil prévoit que le juge aux affaires familiales peut proposer aux parents une mesure de médiation afin de faciliter la recherche d’un exercice consensuel de l’autorité parentale. Le troisième alinéa de cet article prévoit que le juge aux affaires familiales peut enjoindre aux parents de recevoir une information sur l’objet et le déroulement de cette mesure de médiation. L’article 6 de la loi déférée modifie le troisième alinéa de l’article 373-2-10 pour interdire au juge aux affaires familiales de prononcer l’injonction mentionnée ci-dessus, en cas de violences commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant.

22. L’article 15 de la loi du 13 décembre 2011 mentionnée ci-dessus prévoyait, à titre expérimental, que la saisine du juge par les parents aux fins de modification d’une décision fixant les modalités d’exercice de l’autorité parentale ou fixant la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant doit être précédée d’une tentative de médiation familiale. L’article 7 de la loi déférée renouvelle cette expérimentation. Toutefois, le 3° de cet article 7 dispense les parents de cette tentative de médiation lorsque des violences ont été commises par l’un des parents sur l’autre parent ou sur l’enfant.

23. Les sénateurs requérants soutiennent que l’article 6 et le 3° de l’article 7 méconnaissent l’objectif de valeur constitutionnelle d’accessibilité et d’intelligibilité de la loi dès lors qu’ils ne précisent pas si les violences doivent être constatées par le juge ou simplement alléguées. Ils reprochent également au 3° de l’article 7 de ne pas prévoir les modalités d’évaluation de l’expérimentation qu’il institue.

24. En adoptant l’article 6, le législateur n’a pas entendu subordonner l’interdiction faite au juge aux affaires familiales d’enjoindre aux parents de recevoir une information sur l’objet et le déroulement d’une mesure de médiation en cas de violences intrafamiliales à la condition que ces violences aient donné lieu à condamnation pénale ou au dépôt d’une plainte. Il n’a pas davantage entendu dispenser les parents séparés de faire une tentative de médiation dans ces seules hypothèses. Il appartiendra donc au juge d’apprécier la réalité des violences pour l’application du troisième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil et du 3° de l’article 7 de la loi déférée.

25. En second lieu, aucune exigence constitutionnelle n’impose au législateur de déterminer les modalités de l’évaluation consécutive à une expérimentation.

26. L’article 6 et le 3° de l’article 7, qui ne méconnaissent ni l’objectif de valeur constitutionnelle d’accessibilité et d’intelligibilité de la loi ni aucune autre exigence constitutionnelle, sont conformes à la Constitution.”

Décision n° 2016-739 DC du 17 novembre 2016

[137] La décision enjoignant aux parties de rencontrer un médiateur familial en application des articles 255 et 373-2-10 du code civil n’est pas susceptible de recours. Art. 1071 c. 3 C.p.c.

[138] Décret n° 2010-1395 du 12 novembre 2010 relatif à la médiation et à l’activité judiciaire en matière familiale. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000023082541&dateTexte=&categorieLien=id

[139] Pour l’application du troisième alinéa de l’article 373-2-10 du code civil, les parties sont informées de la décision du juge leur enjoignant de rencontrer un médiateur familial soit par courrier, soit à l’audience. Il est indiqué aux parties le nom du médiateur familial ou de l’association de médiation familiale désigné et les lieux, jour et heure de la rencontre. Lorsque la décision est adressée par courrier, il leur est en outre rappelé la date de l’audience à laquelle l’affaire sera examinée. Lors de cette audience, le juge homologue le cas échéant l’accord intervenu ; en l’absence d’accord ou d’homologation, il tranche le litige. (Art. 1).

[140] Les dispositions de l’article 1er sont applicables à titre expérimental, jusqu’au 31 décembre 2013, dans les tribunaux de grande instance désignés par un arrêté du garde des sceaux, ministre de la justice. (Art. 2).

[141] Décret n°2013-1280 du 29 décembre 2013 – art. 23

[142] Quatre mois au moins avant le terme de l’expérimentation prévue par l’article 2, les chefs des juridictions désignées par l’arrêté mentionné au même article adressent au garde des sceaux, ministre de la justice, un rapport faisant le bilan de cette expérimentation. (Art. 3)

[143] Si fa qui riferimento agli accordi in materia di famiglia soggetti alla procédure participative ossia alla nostra negoziazione assistita o comunque agli accordi omologati dal giudice.

[144] Una forma di divorzio – non è utilizzabile per la separazione che resta giudiziale – che può essere utilizzata in Francia dal dicembre 2016 quando il minore non chiede di essere ascoltato e non ci sono provvedimenti giudiziari che lo riguardino.

[145] Les dispositions contenues dans la convention homologuée ou dans la convention de divorce par consentement mutuel prenant la forme d’un acte sous signature privée contresigné par avocats déposé au rang des minutes d’un notaire ainsi que les décisions relatives à l’exercice de l’autorité parentale peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande des ou d’un parent ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non. Art. 373-2-13 C.c.

In precedenza il testo recitava: “Les dispositions contenues dans la convention homologuée ainsi que les décisions relatives à l’exercice de l’autorité parentale peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande des ou d’un parent ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non”.

[146] LOI n° 2011-1862 du 13 décembre 2011 relative à la répartition des contentieux et à l’allègement de certaines procédures juridictionnelles.

[147] Ossia sino al 31 dicembre 2014.

[148] Anche ai procedimenti in corso. Art. 70 IV. ― Les articles 4 à 15 ne sont pas applicables aux procédures en cours.

[149] Les parents peuvent saisir le juge aux affaires familiales afin de faire homologuer la convention par laquelle ils organisent les modalités d’exercice de l’autorité parentale et fixent la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant.

Le juge homologue la convention sauf s’il constate qu’elle ne préserve pas suffisamment l’intérêt de l’enfant ou que le consentement des parents n’a pas été donné librement.

[150] A titre expérimental et jusqu’au 31 décembre de la troisième année suivant celle de la promulgation de la présente loi, dans les tribunaux de grande instance désignés par un arrêté du garde des sceaux, les dispositions suivantes sont applicables, par dérogation à l’article 373-2-13 du code civil.

Les décisions fixant les modalités de l’exercice de l’autorité parentale ou la contribution à l’entretien et à l’éducation de l’enfant ainsi que les dispositions contenues dans la convention homologuée peuvent être modifiées ou complétées à tout moment par le juge, à la demande du ou des parents ou du ministère public, qui peut lui-même être saisi par un tiers, parent ou non.

Toutefois, à peine d’irrecevabilité que le juge peut soulever d’office, la saisine du juge par le ou les parents doit être précédée d’une tentative de médiation familiale, sauf :

1° Si la demande émane conjointement des deux parents afin de solliciter l’homologation d’une convention selon les modalités fixées à l’article 373-2-7 du code civil ;

2° Si l’absence de recours à la médiation est justifiée par un motif légitime ;

3° Si cette tentative de médiation préalable risque, compte tenu des délais dans lesquels elle est susceptible d’intervenir, de porter atteinte au droit des intéressés d’avoir accès au juge dans un délai raisonnable.

Six mois au moins avant le terme de l’expérimentation, le Gouvernement adresse au Parlement un rapport procédant à son évaluation en vue de décider de sa généralisation, de son adaptation ou de son abandon.

[151] Art. 255 n. 2 C.c.

[152] Art. 1107 c. 1 C.p.c.

[153] Dal primo gennaio 2005. LOI n° 2004-439 du 26 mai 2004 relative au divorce.

[154] Art. 1108 c. 1 C.p.c.

[155] Art. 1108 c. 2 C.p.c.

[156] Art. 1108 c.3 C.p.c.

[157] Un médiateur ne peut être désigné par le juge pour procéder aux tentatives préalables de conciliation prescrites par la loi en matière de divorce et de séparation de corps.

Dans les autres cas de tentative préalable de conciliation prescrite par la loi, le juge peut, s’il n’a pas recueilli l’accord des parties, leur enjoindre de rencontrer un médiateur qu’il désigne et qui répond aux conditions prévues par décret en Conseil d’Etat. Celui-ci informe les parties sur l’objet et le déroulement d’une mesure de médiation (art. 22-1 Legge 8 febbraio 1995 n. 95-125 come novellato dall’art. 1 dell’Ordinanza n. 2011-1540 del 16 novembre 2011).

[158] Cfr. http://www.associazionegea.it/wp/wp-content/uploads/2012/08/Carta-Europea-sulla-formazione-dei-mediatori-familiari-1992.pdf

[159] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/2-richtlinien-der-bafm-fur-mediation-in-familienkonflikten-3/

[160] http://www.bafm-mediation.de/verband/organisation/geschaeftsstelle/

[161] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/1-einleitung-und-ubersicht/

[162] https://www.bafm-mediation.de/mediationsausbildung/ausbildungs-richtlinien-der-bafm/2-richtlinien-der-bafm-fur-mediation-in-familienkonflikten-3/

[163] Entrata in vigore in parte il 29.05.2009 e nella restante parte l’1.09.2009.

[164] Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit.

[165] Ci riferiamo all’art. 4 della legge del 15 marzo 2012 (BGBl. 2012 II, p 178).

[166] 2.     Nach § 23 Absatz 1 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

Der Antrag soll in geeigneten Fällen die Angabe enthalten, ob der Antragstellung der Versuch einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorausgegangen ist sowie eine Äußerung dazu, ob einem solchen Verfahren Gründe entgegenstehen.“

  3.     Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“

  4. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:

“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”

[167] 4. Dem § 36 wird folgender Absatz 5 angefügt:

“(5) Das Gericht kann die Beteiligten für den Versuch einer gütlichen Einigung vor einen hierfür bestimmten und nicht entscheidungsbefugten Richter (Güterichter verweisen. Der Güterichter kann alle Methoden der Konfliktbeilegung einschließlich der Mediation einsetzen. Für das Verfahren vor dem Güterichter gelten die Absätze 1 bis 4 entsprechend.”

[168] 3.     Nach § 28 Absatz 4 Satz 2 wird folgender Satz eingefügt:

„Über den Versuch einer gütlichen Einigung vor einem ersuchten Richter wird ein Vermerk nur angefertigt, wenn alle Beteiligten sich einverstanden erklären.“

[169] 5.     Nach § 36 wird folgender § 36a eingefügt:

„§ 36a Mediation, außergerichtliche Konfliktbeilegung

(1) Das Gericht kann einzelnen oder allen Beteiligten eine Mediation oder ein anderes Verfahren der

außergerichtlichen Konfliktbeilegung vorschlagen. In Gewaltschutzsachen sind die schutzwürdigen Belange der von Gewalt betroffenen Person zu wahren.

(2) Entscheiden sich die Beteiligten zur Durchführung einer gerichtsnahen oder gerichtsinternen Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung, setzt das Gericht das Verfahren aus.

(3) Gerichtliche Anordnungs- und Genehmigungsvorbehalte bleiben von der Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung unberührt.“

[170] 6.     § 81 Absatz 2 Nummer 5 wird wie folgt gefasst:

„5. der Beteiligte einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung nach § 156 Absatz 1 Satz 3 oder einer richterlichen Anordnung zur Teilnahme an einer Beratung nach § 156 Absatz 1 Satz 4 nicht nachgekommen ist, sofern der Beteiligte dies nicht genügend entschuldigt hat.“

[171] La legge sulla procedura in materia familiare e in materia di volontaria giurisdizione (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit vom 17. Dezember 2008 (BGBl. I S. 2586, 2587), das zuletzt durch Artikel 3 des Gesetzes vom 22. Dezember 2010 (BGBl. I S. 2255) geändert worden ist“) si può trovare in http://www.gesetze-im-internet.de/famfg/BJNR258700008.html.

[172] “§ 135 Außergerichtliche Streitbeilegung über Folgesachen

Das Gericht kann anordnen, dass die Ehegatten einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung anhängiger Folgesachen bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen. Die Anordnung ist nicht selbständig anfechtbar und nicht mit Zwangsmitteln durchsetzbar.

In precedenza vi era anche un secondo comma che è stato eliminato dalla nuova legge sulla mediazione: 

 (2) Das Gericht soll in geeigneten Fällen den Ehegatten eine außergerichtliche Streitbeilegung anhängiger Folgesachen vorschlagen”.

Indipendentemente da tale sessione informativa il Tribunale poteva suggerire alle parti un metodo di risoluzione extragiudiziale delle questioni consequenziali al divorzio.

[173] 7.     § 135 wird wie folgt geändert:

a) In der Überschrift wird das Wort „Streitbeilegung“ durch das Wort „Konfliktbeilegung“ ersetzt.

b) Absatz 1 wird wie folgt geändert:

aa) Die Absatzbezeichnung „(1)“ wird gestrichen.

bb) In Satz 1 wird das Wort „Streitbeilegung“ durch das Wort „Konfliktbeilegung“ ersetzt.

c) Absatz 2 wird aufgehoben.

[174] § 150 c. 4 FamFG. 

[175] § 150 c. 5 FamFG.

[176] V. per maggiori dettagli il sito dell’Associazione Federale per la Mediazione Familiare (www.bafm-mediation.de).

[177] 9. Dem § 155 wird folgender Absatz 4 angefügt:

„(4) Hat das Gericht ein Verfahren nach Absatz 1 zur Durchführung einer Mediation oder eines anderen Verfahrens der außergerichtlichen Konfliktbeilegung ausgesetzt, nimmt es das Verfahren in der Regel nach drei Monaten wieder auf, wenn die Beteiligten keine einvernehmliche Regelung erzielen.“

[178] Se ad es. il bambino vive in un ambiente violento coltivare un accordo potrebbe non essere saggio.

§ 156

Hinwirken auf Einvernehmen

(1) 1Das Gericht soll in Kindschaftssachen, die die elterliche Sorge bei Trennung und Scheidung, den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, in jeder Lage des Verfahrens auf ein Einvernehmen der Beteiligten hinwirken, wenn dies dem Kindeswohl nicht widerspricht.

[179] 2 Es weist auf Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe insbesondere zur Entwicklung eines einvernehmlichen Konzepts für die Wahrnehmung der elterlichen Sorge und der elterlichen Verantwortung hin.

[180] 3 Das Gericht kann anordnen, dass die Eltern einzeln oder gemeinsam an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder über eine sonstige Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung bei einer von dem Gericht benannten Person oder Stelle teilnehmen und eine Bestätigung hierüber vorlegen.

[181] 4Es kann ferner anordnen, dass die Eltern an einer Beratung nach Satz 2 teilnehmen.

[182] Cfr. § 81 c. 5 che abbiamo già analizzato.

[183] § 156

Hinwirken auf Einvernehmen

2) 1Erzielen die Beteiligten Einvernehmen über den Umgang oder die Herausgabe des Kindes, ist die einvernehmliche Regelung als Vergleich aufzunehmen, wenn das Gericht diese billigt (gerichtlich gebilligter Vergleich). 2Das Gericht billigt die Umgangsregelung, wenn sie dem Kindeswohl nicht widerspricht.

[184] Amt für Kinder, Jugend und Familie.

[185] § 156

Hinwirken auf Einvernehmen

(3) 1Kann in Kindschaftssachen, die den Aufenthalt des Kindes, das Umgangsrecht oder die Herausgabe des Kindes betreffen, eine einvernehmliche Regelung im Termin nach § 155 Abs. 2 nicht erreicht werden, hat das Gericht mit den Beteiligten und dem Jugendamt den Erlass einer einstweiligen Anordnung zu erörtern. 2Wird die Teilnahme an einer Beratung, an einem kostenfreien Informationsgespräch über Mediation oder einer sonstigen Möglichkeit der außergerichtlichen Konfliktbeilegung oder eine schriftliche Begutachtung angeordnet, soll das Gericht in Kindschaftssachen, die das Umgangsrecht betreffen, den Umgang durch einstweilige Anordnung regeln oder ausschließen. 3Das Gericht soll das Kind vor dem Erlass einer einstweiligen Anordnung persönlich anhören.

[186] (1) 1 Macht ein Elternteil geltend, dass der andere Elternteil die Durchführung einer gerichtlichen Entscheidung oder eines gerichtlich gebilligten Vergleichs über den Umgang mit dem gemeinschaftlichen Kind vereitelt oder erschwert, vermittelt das Gericht auf Antrag eines Elternteils zwischen den Eltern. 2 Das Gericht kann die Vermittlung ablehnen, wenn bereits ein Vermittlungsverfahren oder eine anschließende außergerichtliche Beratung erfolglos geblieben ist.

[187] https://openjur.de/u/609027.html

[188] (2) Das Gericht lädt die Eltern unverzüglich zu einem Vermittlungstermin. Zu diesem Termin ordnet das Gericht das persönliche Erscheinen der Eltern an. In der Ladung weist das Gericht darauf hin, welche Rechtsfolgen ein erfolgloses Vermittlungsverfahren nach Absatz 5 haben kann. In geeigneten Fällen lädt das Gericht auch das Jugendamt zu dem Termin.

[189] (3) In dem Termin erörtert das Gericht mit den Eltern, welche Folgen das Unterbleiben des Umgangs für das Wohl des Kindes haben kann. Es weist auf die Rechtsfolgen hin, die sich ergeben können, wenn der Umgang vereitelt oder erschwert wird, insbesondere darauf, dass Ordnungsmittel verhängt werden können oder die elterliche Sorge eingeschränkt oder entzogen werden kann. Es weist die Eltern auf die bestehenden Möglichkeiten der Beratung durch die Beratungsstellen und -dienste der Träger der Kinder- und Jugendhilfe hin.

[190] (4) Das Gericht soll darauf hinwirken, dass die Eltern Einvernehmen über die Ausübung des Umgangs erzielen. Kommt ein gerichtlich gebilligter Vergleich zustande, tritt dieser an die Stelle der bisherigen Regelung. Wird ein Einvernehmen nicht erzielt, sind die Streitpunkte im Vermerk festzuhalten.

[191] (5) Wird weder eine einvernehmliche Regelung des Umgangs noch Einvernehmen über eine nachfolgende Inanspruchnahme außergerichtlicher Beratung erreicht oder erscheint mindestens ein Elternteil in dem Vermittlungstermin nicht, stellt das Gericht durch nicht anfechtbaren Beschluss fest, dass das Vermittlungsverfahren erfolglos geblieben ist. In diesem Fall prüft das Gericht, ob Ordnungsmittel ergriffen, Änderungen der Umgangsregelung vorgenommen oder Maßnahmen in Bezug auf die Sorge ergriffen werden sollen. Wird ein entsprechendes Verfahren von Amts wegen oder auf einen binnen eines Monats gestellten Antrag eines Elternteils eingeleitet, werden die Kosten des Vermittlungsverfahrens als Teil der Kosten des anschließenden Verfahrens behandelt.

[192] Cfr. anche M. FERRO, Dizionario del diritto comune e Veneto, volume I, seconda edizione, Andrea Santini e Figlio, Venezia, 1845, p. 23.

[193] Digesto II Legge 4, 1 “De in ius vocando: praetor ait: Parentem, patronum patronam, liberos, parentes patroni patronae, in ius sine permissu meo ne quis vocet” (“Riguardo al citare in giudizio il pretore disse: nessuno citerà in giudizio senza mio permesso il padre, il patrono, la patrona, i figli, i parenti del patrono e della patrona”.

[194] Essi avevano attribuzioni inferiori rispetto a quelli di prima classe in ragione del fatto che erano ubicati dove risiedeva il tribunale.

[195]  Art. 31 lett. I legge 1° giugno 1798  n. 111 in Raccolta delle leggi, ed atti del corpo legislativo della Repubblica ligure dal 17 gennaio 1798, anno primo della ligure libertà, VOLUME I, Franchelli Padre e Figlio, 1798, p. 211 e ss.

[196] A. HAIMBERGER, Il diritto romano  privato e puro, Gabriele Rondinella Editore, Napoli, 1863, p. 227.

[197] Ossia il diritto di vendetta da esplicitarsi singolarmente o come gruppo o come comunità di villaggio, senza che vi fosse una proporzione tra azione e reazione.

[198] S. SISMONDI, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Tipografia Borroni e Scotti, 1850, p. 51.

[199] Cfr. C. TROYA, Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774, Volume terzo, Stamperia Reale, Napoli, 1853, p. 262.

[200] Erano dodici uomini liberi. L’uso del giuramento risale al processo attico.

[201] Art  3 della legge ventoso 26 anno quarto (16 marzo 1796).

[202] J. POTHIER, Trattati diversi sulle successioni, vol. III, Tipografia Sonzogno di Jo Battista, Milano, 1812, p. 382.

[203] Che nell’intenzione dell’Imperatore avrebbe dovuto mutare in due ore: v. gli articoli  159-161 a tenore dei quali il primo giorno vendemmiatore (ossia il 22 settembre 1805) alle ore dieci dovevano chiudersi gli antichi tribunali e alle ore 12 si doveva  aprire quelli nuovi. V. Bulletin des Lois et Arrêtés publiés dans la 28. division militaire de l’Empire Franςais, tome premier, A l’Imprimerie Impériale, Genés, 1805, p. 121-161.

Ricordo che la Liguria fu annessa alla Francia con decreto imperiale del 6 giugno 1805 quando Napoleone si trovava a Milano. Il 25 maggio del 1805 il Senato di Genova richiese l’annessione per non essere coinvolta nella guerra tra Francia ed Inghilterra (che non voleva riconoscere la repubblica di Genova) ed essere protetta nei commerci marittimi (dalle “Potenze barbaresche”: Algeria, Libia e Tunisia)  e di terra che erano “inceppati” dalle dogane francesi.

[204] Come imponeva per qualsivoglia procedura il richiamato dalla norma art. 37.

[205] Attribuzione questa antichissima che prima di essere esercitata dai Difensori di città e dai Tribuni della plebe riguardava il  Praetor che quando giudicava recandosi a casa dei concittadini si diceva lo facesse de plano (ossia senza osservare le forme e semplicemente apponendo il decreto sul libello del postulante)e non pro tribunale come quando giudicava nel foro in modo solenne. V. P. ELLERO, Archivio giuridico, volume primo, Tipi Fava e Garagnani, Bologna, 1868, pp. 189-190

[206] Art. 859 e ss. Codice di procedura civile pel lo Regno delle Due Sicilie.

[207] Art. 986 C.c. – r.d. 25 giugno 1865 n. 2358.

[208] Legge 8 febbraio 2006, n. 54. “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006.

[209] – Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219. (14G00001), in G.U. n. 5 del 8 gennaio 2014 – in vigore dal 7 febbraio 2014.

[210] Art. 106 Abrogazioni 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: a) gli articoli 155-bis, 155-ter, 155-quater, 155-quinquies, 155-sexies, 233, 235, 242, 243, 261, 578 e 579 del codice civile; omissis

[211] Articolo inserito dall’art. 55 c. 1 del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154

[212] Si tratta dei provvedimenti riguardo ai figli.

[213] Convertito con la legge 10 novembre 2014, n. 162.

[214] Sulla formazione v. O. FRASSETTI, LA FORMAZIONE DEL MEDIATORE FAMILIARE, http://mediazionecoaching.net/la-formazione-del-mediatore-familiare/

[215] Ente Italiano di Normazione

[216] LEGGE 14 gennaio 2013, n. 4 Disposizioni in materia di professioni non organizzate. (13G00021) (GU Serie Generale n.22 del 26-01-2013). Entrata in vigore del provvedimento: 10/02/2013

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/01/26/13G00021/sg

[217] Certificazione del Mediatore Familiare – UNI 11644

https://www.kiwa.com/it/it/ricerca-servizi/uni-11644/

[218] http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/component/content/article?id=2027486:associazioni-che-rilasciano-lattesto-di-qualita

[219] IRVING, BENJAMIN, ARDONE, MASTROPAOLO. Per chi volesse approfondire l’argomento si indica questa essenziale bibliografia: ARDONE, MAZZONI, La mediazione familiare. Per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Giuffrè, Milano, 1996: J.M. HAYNES, I. BUZZI, Introduzione alla mediazione famigliare, Giuffrè, Milano, 2012; L. FRUGGERI, Famiglie, dinamiche interpersonali e processi psicosociali, Carocci, Roma, 1998; L. MASTROPAOLO et al., L’interazione Consultorio Tribunale. Strategie sistemiche operative in “Terapia Familiare” n. 17, 1985; L. MASTROPAOLO, Ridefinire la coazione: terapeuta sistemico e tribunale, in “Ecologia della Mente”, N.I.S.  n. 8, dicembre 1989; L. MASTROPAOLO, Etica sistemica nei diversi contesti, in Etica, Didattica e Ricerca in Psicoterapia Relazionale, Angeli ed., 1996; L. MASTROPAOLO, Interculturalità, lavoro di rete e mediazione familiare. Pensare sistemico in contesti che cambiano, in Connessioni n°4, 1999 tradotto in Redes n. 5, Revista de psicoterapia relacional e intervenciones sociales, ed. Paidos, 1999.

[220]Linee guida per una migliore attuazione della Raccomandazione n. R (98) 1 sulla mediazione e raccomandazione della famiglia Rec (2002) 10 sulla mediazione in materia civile. https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1242823&Site=COE&BackColorInternet=C3C3C3&BackColorIntranet=EDB021&BackColorLogged=F5D

[221] http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/50388.htm

[222] Che sta tenendo delle audizioni con gli esperti del settore

[223] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?LITHUANIA&clang=lt

[224] Art. 1251-1 c. 2 C.p.c. come introdotto dalla Legge 24 febbraio 2012.

(2) En matière de divorce, de séparation de corps, de séparation pour des couples liés par un partenariat enregistré, y compris la liquidation, le partage de la communauté de biens et l’indivision, d’obligations alimentaires, de contribution aux charges du mariage, de l’obligation d’entretien d’enfants et de l’exercice de l’autorité parentale, le juge peut proposer aux parties de recourir à la médiation familiale.

[225] Art. 1251-1217 Codice di procedura civile.

[226] https://e-justice.europa.eu/content_mediation_in_member_states-64-mt-it.do?member=1

V. art. 66I del Codice civile e per le modalità SUBSIDIARY LEGISLATION 12.20 THE CIVIL COURT (FAMILY SECTION), THE FIRST HALL OF THE CIVIL COURT AND THE COURT OF MAGISTRATES (GOZO) (SUPERIOR JURISDICTION) (FAMILY SECTION) REGULATIONS16th December, 2003 LEGAL NOTICE 397 of 2003, as amended by Legal Notices 9 of 2004,181 and 186 of 2006, 370 and 386 of 2011, 111 of 2012 Act XIII of 2018and XVI of 2019.

[227] https://justice.gov.mt/en/justice/Documents/FAMILY_MEDIATION.pdf?fbclid=IwAR2qnKLR7gm9RcvOhWL30DyLtbGQdCl6-z7kj1L3umZYK7AVtLnCsdObH6Y

[228] Il MfN è la federazione che rappresenta le più grandi associazioni di mediatori nei Paesi Bassi. Il registro MfN contiene solo mediatori che soddisfano standard di qualità attentamente considerati.

Il governo olandese utilizza gli standard del MfN come base per il registro dei mediatori che lavorano nell’ambito del sistema di assistenza legale (registro del Legal Aid Board). Il sito MfN contiene anche informazioni indipendenti sulla mediazione e sui mediatori nei Paesi Bassi.

[229] https://www.omgangshuis.org/ons-aanbod/ouderschapsonderzoek/

[230] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?NETHERLANDS&clang=en

[231] § 3 c. 4 ZÁKON ze dne 2. května 2012

[232] § 4 c. 1 ZÁKON ze dne 2. května 2012

[233] § 11 ZÁKON ze dne 2. května 2012

[234] Jitka Kadlčíková, Czech Republic: Fifth Anniversary of Mediation in the Czech Republic, 16 August 2017

https://www.schoenherr.eu/publications/publication-detail/czech-republic-fifth-anniversary-of-mediation-in-the-czech-republic/

[235] All’8 marzo 2020 sono 97 e dunque rispetto al 2019 sono aumentati solo di 5 unità.

http://mediatori.justice.cz/MediatorPublic/Public/FR003_ZverejneniVybranychUdaju.aspx

[236] § 114c c. 3 lett. d) Zákon č. 99/1963 Sb.

[237] §  202  lett. m) Zákon č. 99/1963 Sb.

[238] Výkladové stanovisko k aplikaci ust. § 474 odst. 1 z.ř.s.

http://www.amcr.cz/zakon-o-mediaci/

Il senso di questo primo incontro per il Ministero è il seguente: il tribunale (o il giudice) non ha il tempo sufficiente per fornire ai partecipanti una così vasta gamma di informazioni (solo quelle di base). Né possiamo trascurare il fatto che, alla luce della necessità di stabilire un rapporto di fiducia e di calmare le emozioni delle parti, l’aula non è un ambiente appropriato per la prima riunione ordinata, sia per l’organizzazione dell’aula di tribunale, sia per la formalità dell’audizione o la percezione del giudice come autorità. Quindi c’è anche un aspetto psicologico essenziale.

Stanovisko k obsahu nařízeného prvního setkání se zapsaným mediátorem

ve smyslu ust. § 100 odst. 2 o.s.ř.

http://www.amcr.cz/zakon-o-mediaci/

[239] § 140 c. 3 Zákon č. 99/1963 Sb.

La tariffa per il primo incontro con un mediatore ordinato dal tribunale è di CZK 400 (15,69 €) per ogni ora iniziata. Se il mediatore registrato è un contribuente dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi di un’altra normativa legale, ha anche diritto al risarcimento dell’imposta sul valore aggiunto.

§ 15 Vyhláška č. 277/2012 Sb.

https://www.zakonyprolidi.cz/cs/2012-277#p15

[240] § 150 Zákon č. 99/1963 Sb.

[241] Výkladové stanovisko k aplikaci ust. § 474 odst. 1 z.ř.s.

http://www.amcr.cz/zakon-o-mediaci/

[242] https://www.cmediere.ro/page/2086/lege-pentru-modificarea-si-completarea-legii-nr-192-2006-privind-medierea-si-organizarea-profesiei-de-mediator

((2 1) În cauzele prevăzute la art. 60 1, înainte de introducerea cererii de chemare în judecată, părţile vor încerca soluţionarea litigiului prin mediere.”) (Nei casi previsti dall’art. 60 primo comma prima di depositare la domanda giudiziale, le parti ricercano una soluzione del litigio prima con la mediazione)

[243] Cfr.http://www.legal-land.ro/ccr-modificari-aduse-legii-medierii-neconstitutionale/

[244] Articolo 60 ^ 1 LEGE nr. 192 din 16 mai 2006

[245] Codice di procedura civile.

CODUL DE PROCEDURĂ CIVILĂ din 1 iulie 2010

http://legislatie.just.ro/Public/DetaliiDocumentAfis/140271#A16

[246] 420/2004 Z. z. 420 ZÁKON z 25. júna 2004 o mediácii a o doplnení niektorých zákonov

Pubblicata nella Raccolta delle leggi no. 179/2004 pagina 3938.

https://www.slov-lex.sk/pravne-predpisy/SK/ZZ/2004/420/20190101

Valida dal 1° settembre 2004

Ha subito diverse modifiche con le leggi: 136/2010 Coll., 141/2010 Coll., 332/2011 Coll., 390/2015 Coll. 177/2018 Coll.

[247] Si tratta del Codice di rito della Repubblica slovacca. Ma c’è anche da considerare il Codice di Procedura della Repubblica socialista cecoslovacca (Zákon č. 99/1963 Sb. In http://www.vyvlastnenie.sk/predpisy/obciansky-sudny-poriadok/ ) v. supra la situazione in  Repubblica Ceca.

[248] Zákon č. 160/2015 Z. z. Civilný sporový poriadok

https://www.zakonypreludi.sk/zz/2015-160

[249] https://beta.e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation?SLOVAKIA&member=1

La mediazione in Italia o le gioie e le disgrazie della mediazione obbligatoria

Avv. Carlo Alberto Calcagno

Intervento in seminario GEMME CIM-ICM del 12 gennaio 2021

heurs et malheurs de la médiation obligatoire en Italie et dans les pays de l’Union européenne

Parigi

  1. Origine della composizione bonaria in Italia

L’Italia ha come la Francia e la Spagna, i Paesi Bassi e la Danimarca un antico retroterra in materia di composizione bonaria dei conflitti.

Teniamo però conto che in tutti questi paesi a cui potremmo aggiungere anche Portogallo, Grecia e la Svizzera solo a tratti abbiamo avuto strumenti extragiudiziali volontari.

La storia ci insegna – tralascio ovviamente le implicazioni psicologiche – che la cosa più importante per un popolo è sempre stata la pace ed ogni strumento per raggiungerla è sempre stato considerato doveroso; la pace era un desiderio degli dèi o di Dio (con il monoteismo) e chi non componeva i propri conflitti offendeva la divinità.

Questo è stato per millenni un tratto comune ad Oriente ed Occidente.

L’importanza del consenso e della volontarietà fa parte storicamente della Grecia omerica e di una cultura minoritaria, anche se molto antica ed importante per la mediazione, che è quella albanese; riposa sostanzialmente su un presupposto, che “tutti gli uomini siano uguali” e da ciò deriva:

  1. che nessun uomo abbia il diritto di giudicarne un altro,
  2. e che nessun uomo abbia il diritto di imporre ad un altro di risolvere il proprio conflitto.

Teniamo però presente che sino al 1848 la conciliazione è stata obbligatoria nella maggior parte dei paesi europei e Sudamericani e per certi tipi di conflitto (ad es. quello familiare) c’era addirittura l’arbitrato obbligatorio sin dall’epoca giustinianea.

Premesso ciò le notizie più risalenti sui mezzi di composizione dei conflitti riguardano in Italia forse una divinità, Viriplaca, che era oggetto di culto prima della fondazione di Roma e che poi a Roma verrà inglobata nel culto di Giunone, dea come sappiamo destinata a proteggere l’unione familiare e la prole.

Nel caso di Viriplaca però gli antichi pensavano che, attraverso un’apposita cerimonia, la dea potesse “calmare” la violenza dell’uomo a cui veniva imputata la “colpa” del conflitto.

A parte questa divinità si ricorda come primo sistema extragiudiziale in Roma il cosiddetto ius respondendi: la causa poteva intentarsi dopo aver dato la dimostrazione di aver rispettato i dettami del Mos maiorum i cui principi era custoditi dal Pontefice Massimo: costui doveva respondere, ossia accertarsidel fatto che le parti avessero osservato ad es.  il rispetto degli altri, la pietas, e si fossero comportati secondo lealtà buona fede.

A Roma vi erano addirittura due templi dedicati alla dea Concordia e l’accordo era cosa normale ed utile anche dal punto di vista economico come ricorda la prima delle dodici tavole ove si stabiliva che il Pretore si limitasse a “sanzionare” l’intesa assunta dai contendenti e quindi sostanzialmente lo parificasse ad una sentenza.  

Lo stesso Vangelo di Luca[1], databile attorno al 70 dopo Cristo invita i litiganti a trovare un accordo in un momento in cui, tra l’altro, la conciliazione era fuori legge a seguito di un provvedimento imputabile all’imperatore Caligola.

Interessante è notare che molti provvedimenti successivi, sino al XIX secolo, si basano sullo stesso assunto del primo secolo dopo Cristo: “La mediazione non deve impedire il corso dei giudizi”.

Ancora nel 2010 l’avvocatura italiana si è schierata in parte contro la composizione extragiudiziale ripetendo i medesimi concetti che per la verità in precedenza aveva fatto propri anche il regime fascista.

Non tutti sanno però che il principio in origine (ad esempio quello esplicitato da Federico II) non interessava tanto la conciliazione preventiva, ma quella in corso di causa per il semplice motivo che un tempo il giudice veniva pagato dalle parti e senza una sentenza non si addiveniva a retribuzione.

Dagli Imperatori Onorio e Arcadio la conciliazione riprende il suo corso “legale”.

Vi è una figura municipale in particolare che conciliava obbligatoriamente, il Difensore di città, il cui ruolo sta alla base della professione del nostro notaio, dell’attuale sindaco e di diverse altre istituzioni in tutta Europa:  i Conservatori della Pace del Regno Unito che diverranno nel 1325 i giudici di pace, Gli Auditori del Castelletto in Francia che a loro volta verranno sostituiti nel 1790 dai giudici di pace post-rivoluzionari ed il Baiulo che operava nel Sud Italia sino all’arrivo negli anni ’20 del XIX secolo del Conciliatore del Regno delle due Sicilie.     

Trascorso il periodo napoleonico che comunque portò in gran parte dell’Italia la conciliazione obbligatoria e venuta meno la dominazione asburgica che a sua volta nel Lombardo-Veneto sottoponeva quasi tutti giudizi del pretore alla conciliazione obbligatoria, la storia d’Italia e degli strumenti ADR si è legata ai Savoia che nei loro domini non vedevano praticata la conciliazione.

Nel territorio savoiardo prima dell’Unità c’era solo il pretore mandamentale che in teoria avrebbe dovuto tentare la conciliazione, ma lo faceva raramente e così in presenza di un numero molto scarso di componimenti Vittorio Emanuele II preferì adottare la conciliazione napoletana che era volontaria (per reazione al dominio napoleonico che non riuscì ad attecchire al Sud)[2].

Sino al 2010 e al in particolare al decreto legislativo del 4 marzo n. 28 che regola primariamente la mediazione in Italia[3], la conciliazione restò dunque facoltativa.  

Nonostante ciò, dobbiamo registrare che almeno sino alla Seconda guerra mondiale la conciliazione era molto praticata soprattutto ma non soltanto, presso il Conciliatore, il primo dei giudici ordinari.

Gli accordi totali davanti al conciliatore in 71 anni furono 14.341.398 (204.877 all’anno) il 19,20% del contenzioso; i procedimenti abbandonati e transatti, quindi comunque composti bonariamente e rinunciati furono 33.283.766 (528.314 all’anno) il 49,51% di tutto il contenzioso del Conciliatore.

Questi risultati fanno decisamente impallidire i risultati della mediazione italiana attuale, ma anche di quella europea.

Ma i risultati eccellenti non bastarono al legislatore che volle progressivamente spostare l’asse giurisdizionale verso i Tribunali, le Corti d’Appello e la Cassazione.

A ciò non è però corrisposto un aumento dell’organico dei magistrati che nel 2018 (7.073 togati) erano pari a quelli in ruolo nel 1914.

I Conciliatori sono stati sostituiti dai giudici di pace, ma il numero attuale è un decimo (erano un tempo 8.000 sedi circa), mentre il contenzioso è rimasto superiore al milione di cause. Sono stati eliminate le Preture che gestivano comunque una buona fetta del contenzioso in sede locale.

La maggior parte del contenzioso civile che nel 2018 è arrivato a 7 milioni di cause si suddivide oggi per il 90% tra tribunale e le altre giurisdizioni superiori.

2. Il viaggio della mediazione civile e commerciale

Già nel 1993 era arrivato in Italia il modello di conciliazione civile e commerciale dell’UNCITRAL[4].

Si trattava di una conciliazione con proposta del conciliatore. La procedura, tuttavia, non si teneva se il chiamato non aderiva entro 30 giorni.

Le mancate adesioni erano molte e le conciliazioni della Camera di Commercio erano ridotte; si cercò di incrementarle all’interno del cosiddetto processo societario[5] ove nacquero i conciliatori societari che poi nel 2010 sarebbero diventati i mediatori civili e commerciali.

Poi arrivò la Direttiva 52/08, conseguentemente venne varata una legge delega (l’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69) e successivamente il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 che, come detto, sostanzialmente con l’ausilio di tre regolamenti ministeriali regge ancora oggi la materia.

Nel 2009 la giacenza della cognizione ordinaria era in media di 1.576 giorni[6]: ossia un procedimento sopravvenuto nell’anno ci metteva più di 4 anni ad essere smaltito.

Così l’Italia varò nel marzo 2010 appunto il decreto 28: fu la quinta ad attuare la Direttiva, ma fu la sedicesima in area UE ad emanare un provvedimento dedicato interamente alla mediazione.

Da noi si è scelto di applicare i principi della Direttiva 52/08 anche alla mediazione interna.

La nostra mediazione non si distingue poi molto dalla conciliazione ONU, nel senso che il mediatore può fare una proposta come il conciliatore.

Sono le conseguenze della mancata accettazione della proposta che differenziano i due sistemi. Mentre la proposta del conciliatore dell’ONU non ha conseguenze pregiudizievoli per le parti che non dovessero accettarla, nel nostro sistema ci sono conseguenze processuali anche pesanti in termini economici qualora la sentenza dovesse coincidere con la proposta stessa.

Inoltre, la proposta in Italia può essere effettuata dal mediatore anche se una delle due parti non partecipa e l’altra la richiede. Si provvederà ovviamente a notificare la proposta alla parte che non ha partecipato, ma la mediazione sostanzialmente si svolge inaudita altera parte.

Una differenza rilevante dalla conciliazione ONU riguarda poi il fatto che la mediazione si tiene sempre, anche se le parti dovessero rinunciare entrambe all’incombente: il mediatore è tenuto a formalizzare comunque un verbale di chiusura. 

Il nostro modello inizialmente prevedeva una mediazione preventiva obbligatoria per alcune materie ed una mediazione disposta dal giudice con il consenso delle parti.

La nostra è una mediazione incentivata perché per valori inferiori ai 50.000 € non si pagano le tasse di registro sul verbale di accordo (inoltre tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al
procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura) e poi, almeno sulla carta, è stato previsto un credito di imposta da fare valere nella dichiarazione dei redditi.

Successivamente è intervenuta la Corte Costituzionale che ha eliminato la mediazione obbligatoria preventiva non considerandola incostituzionale ma riscontrando semplicemente un “eccesso di delega”[7]: per un anno e mezzo sostanzialmente in Italia non si è mediato.

Poi nel 2013 con “decreto del fare”[8] del Governo Renzi si è tornati alla condizione di procedibilità preventiva e si è anche aggiunta la mediazione demandata obbligatoria, non solo nelle materie per cui la mediazione costituiva già in sede preventiva condizione di procedibilità, ma anche per i casi che comunque il giudice ritenesse “mediabili”.

Nel 2014 sulla spinta della procédure participative si è introdotta in Italia la negoziazione assistita per uno o più avvocati, anche se il nostro modello ha poco in comune con quello transalpino.

La negoziazione assistita che in pratica ha ripreso dei principi dalla mediazione italiana, è stata senza alcun dubbio un fallimento in Italia e attualmente viene usata quasi esclusivamente nei casi di separazione e divorzio.

Dal 2014 in poi però si è iniziato a parlare in Italia dell’avvocato negoziatore: lo ha fatto prima la Commissione Alpa nel 2017[9], poi il Tribunale di Vasto[10] ed in seguito la Cassazione[11].

L’avvocato negoziatore – scrive la Cassazione – è “una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate”.

Sino ad oggi la normativa della mediazione e della negoziazione assistita non è cambiata.

Sulla spinta del Covid-19 si è introdotta soltanto una disciplina tesa ad agevolare la mediazione telematica che però non ha cambiato la disciplina sostanziale, si è occupata soltanto di aspetti formali come la firma digitale del verbale di mediazione, creando peraltro un mare di problemi a mediatori ed avvocati.

All’inizio del 2020 tuttavia il Ministro della Giustizia ed il Presidente del Consiglio hanno presentato un Disegno di legge che, qualora si trasformasse in delega legislativa, potrebbe penalizzare fortemente l’attuale mediazione come condizione di procedibilità; il tutto per favorire alcuni procedimenti speciali nelle controversie bancarie, finanziarie e assicurative e per cercare di rilanciare la negoziazione assistita con l’introduzione anche in Italia dell’avvocato istruttore

3. Il cuore della mediazione italiana: Il primo incontro di mediazione

La normativa del “decreto del fare” prevede un primo incontro di mediazione obbligatorio per tutta una serie di materie[12]: diritti reali, divisione, successioni  ereditarie,  patti  di  famiglia,  locazione,  comodato, affitto   di   aziende,   risarcimento   del   danno   derivante   da responsabilità medica e sanitaria e da  diffamazione  con  il  mezzo della  stampa  o  con   altro   mezzo   di   pubblicità,   contratti assicurativi,   bancari   e   finanziari. Secondo la legge in questi casi è necessario essere assistiti in mediazione da un avvocato.

Secondo il Ministero della Giustizia non ci sarebbe bisogno dell’avvocato nella mediazione volontaria (lo stesso ovviamente vale per le azioni dei consumatori), ma il Consiglio Nazionale Forense ritiene che sia sempre obbligatoria la presenza del legale[13] e presso gli organismi di mediazione civile e commerciale dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati è sempre necessario nominare un proprio difensore all’atto del deposito della domanda di mediazione.

All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è peraltro tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e delle agevolazioni fiscali[14] e dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione  è  condizione  di   procedibilità, a dare le menzionate informazioni per iscritto, ad allegare all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio il documento contenente l’informazione che è sottoscritto  dall’assistito.

In questi dieci anni si è discusso molto sulla presenza delle parti in mediazione: i tribunali di merito (tra cui in particolare quelli di Firenze e di Roma) ritengono che la parte debba presenziare al tentativo personalmente e dunque un avvocato non potrebbe rappresentare una parte assente, mentre la Cassazione da ultimo ritiene possibile la rappresentanza attraverso procura sostanziale.

Il problema oggi è quello di capire che cosa sia una procura sostanziale.

Sempre per i tribunali di merito la mediazione demandata dovrebbe essere “effettiva” ossia andare oltre il primo incontro, mentre per la Cassazione è sufficiente il primo incontro.

In che cosa consiste il primo incontro di mediazione obbligatorio?

Il mediatore spiega alle parti la funzione della mediazione e la sua modalità di svolgimento. Secondo la legge chiede poi alle parti se vogliano iniziare la mediazione. Le parti possono accettare o rifiutare. Se accettano si apre la vera e propria mediazione, se rifiutano il procedimento extragiudiziale si chiude.

Se una parte non partecipa al primo incontro è soggetta a sanzioni pecuniarie. Il giudice può inoltre trarre argomenti di prova dal rifiuto della mediazione.

Nel 2019 il 46,9% dei partecipanti al primo incontro ha rifiutato di iniziare la mediazione vera e propria. Nel qual caso il mediatore ha rilasciato un documento in cui attestava il non accordo sulla prosecuzione e le parti sono state libere di iniziare il giudizio.

Quando le parti hanno accettato di iniziare la mediazione (49,2%) l’accordo è stato rinvenuto nel 28,6% dei casi.

Nel 2019 su 147.691 procedure di mediazione ci sono stati dunque 20.782 accordi.

20.365 sono stati gli invii del giudice in mediazione: questo numero dovrebbe essere incrementato. E anche gli accordi sono stati relativamente bassi: 5.113 (24,78%).

Il problema più rilevante, secondo il mio giudizio, del modello italiano riguarda il fatto che non tiene conto affatto delle caratteristiche del conflitto.

Spesso le persone che arrivano in mediazioni sono reduci da anni di litigio: non è pensabile che decidano di mediare solo perché un terzo, che spesso non hanno mia visto prima, ha spiegato loro in che cosa consista la mediazione e come si svolga.

Noi tutti sappiamo bene che l’uomo si muove solo in base ad una strategia e la strategia si crea solo quando viene recuperata la capacità negoziale. Solo a quel punto decide di mediare e di affrontare il problema con le sue risorse.

Lo schema italiano non consente né la riappropriazione delle capacità negoziali, né la formazione di una strategia che deriva da ben precisi passaggi logici.

La domanda:” Ora che sapete che cosa è la mediazione avete voglia di iniziarne una e di pagare la conseguente indennità di mediazione?” Può essere rivolta solo a patto che il mediatore ottenga diversi feedback positivi in risposta a domande precedenti: “Che cosa succede? Quel che succede è un problema? Il problema è grave? Vi sono soluzioni astrattamente pensabili? Sono praticabili queste soluzioni? Se fossero praticabili sareste disposti a riconsiderare il vostro modo di agire nel conflitto?”.

Tutte queste domande nel modello italiano di primo incontro non ci sono, sono date per scontate o meglio implicano che il soggetto sia già entrato in mediazione. Ma le persone, specie in questo momento, non sono inclini a pagare una somma di denaro per chiudere un conflitto se non sono sicure di avere una strategia “vincente” per i loro interessi.   

4. Metodologia della mediazione e formazione

Dal punto di vista della metodologia i mediatori italiani seguono per lo più l’Harvard negotiation project, anche se è presente in Italia sia la mediazione trasformativa che quella umanistica, sia il diritto collaborativo.

L’Harvard negotiation project è stato utilizzato con profitto sino al 2012, ossia alla pronuncia della Corte Costituzionale che ha eliminato la condizione di procedibilità: le parti inizialmente entravano subito in mediazione, non vi era un primo incontro, e pagavano spese ed indennità; di conseguenza giocavano tutte le loro carte sulla mediazione e il mediatore era libero di svolgere l’intero modello senza interruzioni; nella maggior parte dei casi il conflitto veniva spento e le parti trovavano un accordo.

Dal 2013 in poi con la cosiddetta “obbligatorietà attenuata” per vedere in pratica il modello le parti devono “iniziare” la mediazione e dunque nella maggior parte dei casi la procedura di primo incontro gratuito si incentra solo su una mera ripetizione delle pretese giuridiche, il mediatore chiede se le parti vogliano “iniziare” la mediazione e le parti rifiutano non avendo ulteriori elementi a disposizione per un sereno giudizio.

Vanno avanti sostanzialmente quelle mediazioni nelle quali gli avvocati si sono messi d’accordo prima della riunione per conseguire un vantaggio fiscale: ad es. in materia di diritti reali.

Da questo punto di vista quindi il mediatore non ha il tempo né gli strumenti per ottenere “l’autorevolezza” che consente alle parti di fare un atto di fiducia e di concedere dunque una tregua negoziale.

L’unica soluzione che personalmente ho rinvenuto è quella di “stravolgere” il modello statunitense, ossia di svolgere delle sessioni riservate in cui aiuto le parti a creare una strategia che poi seguono nella successiva congiunta. A quel punto i legali sanno che cosa devono fare e c’è il rischio che abbandonino la procedura per chiudere l’accordo altrove; cosa che ovviamente non è ben vista dagli organismi di mediazione che non guadagnano se le parti non “iniziano” la mediazione (questo è un grande limite della mediazione amministrata).

La mediazione in Italia è poi strettamente legata al processo: la domanda deve contenere, seppure in modo semplificato, tutti gli elementi che poi verranno specificati nell’atto di citazione. Anche la domanda riconvenzionale è soggetta a mediazione e quindi il chiamato deve già presentarla nell’adesione alla mediazione. 

In Italia la mediazione è “amministrata”, nel senso che i mediatori (attualmente in numero di 23.917) per esercitare la mediazione devono essere obbligatoriamente iscritti nell’elenco di un organismo di mediazione (590 sono gli attivi) ed essere inseriti nell’elenco ministeriale dei mediatori.

In ultimo la formazione in Italia va distinta a seconda del fatto che il mediatore sia o meno avvocato.

Gli avvocati hanno un regime particolare (sono “mediatori di diritto”), devono iscriversi nel registro, ma la loro formazione è regolata dal Consiglio Nazionale Forense[15]: il corso base è di 15 ore e la formazione continua di 8 ore nel biennio. Il tirocinio dal 2013 comporta la partecipazione ad almeno 2 procedure di mediazione condotte da altri (non limitate però al primo incontro): devono essere esonerati però gli avvocati che hanno già acquisito la qualifica di mediatore secondo il percorso generale.

La formazione dei mediatori civili e commerciali non avvocati è di due tipi: base e continua.

La formazione base ricomprende un corso da 50 ore (teorico-pratico) con esame finale, tenuto da un Ente di formazione autorizzato e registrato nella sezione dedicata agli enti di formazione.

A seguito del superamento dell’esame, il mediatore che voglia esercitare, deve presentare domanda ad uno o più (sino a 5) degli Organismi di mediazione accreditati e registrati (anche gli Ordini degli avvocati e non possono dotarsene); a quel punto è l’Organismo a provvedere a richiedere l’iscrizione al registro ministeriale.

Dall’iscrizione nel registro ministeriale decorre un biennio in cui il mediatore deve partecipare ad un corso di aggiornamento in mediazione di almeno 18 ore.

A partire dal 26 agosto 2011 il mediatore iscritto nel registro deve svolgere anche un tirocinio obbligatorio per almeno 20 mediazione nel biennio.

5. Uno sguardo comparato

5.1 Le modalità di attuazione della Direttiva 52/08 e la posizione dell’Italia

Secondo l’art. 3 lett a) e b) della Direttiva 52/08 la mediazione può essere avviata dalle parti, suggerita od ordinata da un organo giurisdizionale o prescritta dal diritto di uno Stato membro. Essa include la mediazione condotta da un giudice che non sia responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione.

E dunque potremmo avere in Europa ai sensi della Direttiva 52/08:

  1. una mediazione preventiva facoltativa od obbligatoria,
  2. una mediazione demandata dal giudice facoltativa od obbligatoria,
  3. infine, è possibile una mediazione del giudice non contenzioso.

In Italia abbiamo detto che esiste la mediazione preventiva facoltativa ed obbligatoria e la mediazione obbligatoria per ordine del giudice.

Le parti non hanno il diritto di chiedere al giudice di mediare, o meglio lo possono fare ma è sempre il giudice che decide se la questione è mediabile oppure no.

Non esiste invece la mediazione del giudice che non sia responsabile di alcun procedimento giudiziario. Inoltre, in Italia la mediazione è promossa soltanto nel campo civile e commerciale, non tocca se non formalmente il settore penale, non riguarda la materia amministrativa né quella del lavoro che è espressamente esclusa dall’ambito del decreto 28/10 (in riguardo vi è soltanto la conciliazione facoltativa presso il sindacato o presso le Direzioni del lavoro territoriali). L’Italia conosce infine la mediazione familiare su invito del giudice (quindi facoltativa) o più raramente per impulso delle parti (spesso dei loro legali).

Che cosa possiamo dire degli altri paesi?

I due paesi più “coraggiosi” sulla mediazione preventiva obbligatoria sono stati la Grecia e la Romania, ma i loro cammini sono stati interrotti, come è accaduto in Italia, dalla Corte Costituzionale.

Solo da poco tempo hanno ripreso il percorso ed il COVID-19 di certo non li ha aiutati.

In Grecia dal 1° gennaio 2020 tutte le controversie superiori a 30 mila euro vanno in primo incontro di mediazione obbligatoria; ciò vale anche per le controversie di famiglia (escluso divorzio e diritti non disponibili) dal marzo 2020[16].

La presenza delle parti è obbligatoria, pena una sanzione che può andare dai 100 ai 500 euro; inoltre, ogni parte deve essere assistita dal suo avvocato (come in Italia).

In Romania si richiede di partecipare ad un preventivo incontro informativo di mediazione in tutta una serie di materie[17]: consumo, famiglia, questioni di vicinato, responsabilità professionale, lavoro, controversie comunque inferiori ai 10.000 €.

La procedura d’informazione sui vantaggi della mediazione può essere tenuta dal giudice, dal pubblico ministero, dal consulente legale, dall’avvocato, dal notaio, e deve risultarne attestazione scritta. Questa è una prima differenza rispetto all’Italia ove il primo incontro è di esclusiva pertinenza del mediatore; inoltre, sempre a differenza dell’Italia, in Romania si deve stipulare un vero e proprio contratto per mediare (cosa che si verifica in molti paesi in verità).

In materia di mediazione preventiva obbligatoria ricordo ancora l’Austria: il § 364 comma 3 del codice civile[18] prevede che siano provvisti di tutela tra i vicini le emissioni negative[19].

In queste materie prima di adire il giudice, è necessario accedere ad una delle seguenti soluzioni: 1) addivenire ad un accordo pretorile (prätorischen Vergleiche) ossia ad una transazione operata sotto il controllo del giudice a lite in corso oppure preventivamente, 2) ricorrere ad un arbitrato o ancora 3) partecipare ad una mediazione (se il vicino lo consente).

Infine, un cenno va alla Francia ove la mediazione preventiva riguarda le controversie sino a 5.000 € e quelle di vicinato.

Chiudono il panorama Cipro, Scozia, Svezia e Spagna per la materia del lavoro: quest’ultima, tuttavia, ha varato da ultimo un disegno di legge governativo che rende obbligatori i cosiddetti mezzi stragiudiziali “adeguati” alla risoluzione del conflitto.

Vi sono poi alcuni stati che richiedono almeno un primo incontro preventivo obbligatorio di mediazione familiare: Belgio, Croazia, Danimarca, Inghilterra e Galles e Lituania.

Il secondo grande gruppo riguarda la mediazione disposta dal giudice.

Possiamo dire che tutti gli stati, ad eccezione dei Paesi Bassi ed Italia hanno una mediazione facoltativa demandata dal giudice che può essere richiesta dalle parti oppure disposta dal magistrato su richiesta delle parti.

Hanno una mediazione demandata solo facoltativa: Danimarca, Finlandia, Grecia, Portogallo, Romania e Slovacchia.

Possiedono una mediazione demandata civile e commerciale solo ordinata dal giudice: Paesi Bassi ed Italia.

Tra quei paesi che hanno una mediazione demandata dal giudice obbligatoria per le parti dobbiamo distinguere:

  1. Invio in materia familiare (14): Austria, Belgio, Cipro, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Irlanda del Nord, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Scozia e Svezia.
  2. Invio in mediazione civile e commerciale (17): Belgio, Croazia, Cipro, Estonia, Francia, Irlanda, Scozia, Irlanda del Nord, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Scozia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.
  3. Invio in mediazione civile e commerciale e familiare (6): Belgio, Cipro, Francia, Scozia, Lituania e Svezia.

L’Italia sperimenta dunque l’invio obbligatorio in materia civile e commerciale, ma non in materia familiare.

Un altro tipo di mediazione giudiziaria che non ci appartiene è quella del giudice. Anche se non si segue sempre il principio per cui chi media non può giudicare.

Dobbiamo anche qui distinguere tra:

  1. Mediatore solo giudice: Croazia ed Estonia
  2. Mediatore giudice e non giudice (14): Svezia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Lituania, Repubblica Ceca, Scozia, Slovenia, Ungheria, Spagna e Polonia

L’esempio più significativo è a mio giudizio quello tedesco. Il tribunale tedesco può inviare coloro che sono coinvolti nella disputa per una composizione amichevole davanti a un giudice designato (Güterichter) che non è autorizzato a prendere decisioni. Il giudice può utilizzare tutti i metodi di risoluzione dei conflitti, compresa la mediazione[20].

La misura è prevista dal Codice di procedura civile, dal Codice del lavoro, dalla Legge sulle procedure in materia di giurisdizione familiare e volontaria, dal Codice di procedura amministrativa, dal Codice previdenziale e dalle leggi sui marchi e brevetti.

Il sistema tedesco richiama il mondo statunitense, con la differenza che negli Stati Uniti è possibile in fase istruttoria anche l’arbitrato non obbligatorio, mentre così non è in Germania.

Nel 2019 in Baviera i giudici hanno tenuto 1.139 riunioni. Nella stragrande maggioranza dei lavori si è tenuta una sola riunione. Il tempo medio richiesto per procedura è stato di poco inferiore a 6 ore. Il 62,7% delle controversie è stato oggetto di accordo.

L’Italia ha avuto questo sistema di giustizia elastica fino alla Seconda guerra mondiale e purtroppo lo ha abbandonato.

5.2 Gli ostacoli alla diffusione della mediazione ed i rimedi

Il Consiglio d’Europa nel 2008 ha consultato alcuni esperti UNCITRAL ed ha potuto verificare che uno dei problemi alla diffusione della mediazione era semplicemente la sua mancata conoscenza.

Ha così richiesto ai singoli paesi una serie di adempimenti per testare la volontà di promuovere la mediazione volontaria:

1) siti web che forniscono informazioni sui metodi ADR;

2) campagne pubblicitarie sui media;

3) opuscoli destinati al pubblico;

4) sessioni informative specifiche organizzate su richiesta dai tribunali riguardo ai metodi ADR;

5) coordinamento della mediazione/dell’ADR presso i tribunali;

6) pubblicazione di valutazioni sull’uso dei metodi ADR;

7) pubblicazione di statistiche sull’uso dei metodi ADR;

8) copertura (totale o parziale) dei costi sostenuti con i metodi ADR mediante il patrocinio a spese dello Stato;

9) rimborso totale o parziale delle spese di giustizia (comprese le imposte di registro qualora si ricorra con successo ai metodi ADR);

10) possibilità di non avvalersi di un avvocato per la procedura ADR;

11) possibilità per il giudice di agire come mediatore; e 12) entrata in vigore dell’esecutività in tribunale di un accordo raggiunto dalle parti.

In base al rispetto di questi parametri è stato fornito un punteggio: in cima alla classifica sta l’Ungheria e segue la Germania, la Lituania, la Spagna e la Polonia.

L’Italia è solo al 23° posto: peggio di lei nella promozione della mediazione volontaria secondo la UE fanno Lussemburgo, Malta, Cipro e Irlanda.

E ciò perché il numero delle mediazioni preventive obbligatorie italiane per la UE non conta, addirittura andrebbe contro la Carta dell’Unione.

Nonostante ciò, l’Italia ha superato in parte il problema della mancata conoscenza dato che nel 2019 un cittadino su 409 ha potuto sperimentare la mediazione e 1 su 2.909 ha trovato un accordo.

Dopo l’Italia il paese ove la mediazione civile e commerciale è più conosciuta è forse la Svezia; seguono il Portogallo, il Lussemburgo, la Polonia, la Finlandia, la Lituania e la Lettonia.

Ma lo strumento principe che è stato richiesto ai singoli paesi è stato quello di dotarsi di elenchi pubblici di mediatori ed organizzazioni di mediazione.

Tutti i paesi hanno risposto all’appello seppure in tempi diversi: soltanto la Germania non ha sino ad ora messo a disposizione dei suoi cittadini un elenco statale pubblico di mediatori e di organizzazioni di mediazione.

Gli elenchi pubblici possono essere in carico allo Stato (di solito al Ministero della Giustizia), alle Corti ovvero ad Enti la cui funzione è riconosciuta dallo Stato.

In Portogallo, Malta e Romania gli elenchi sono 5.

L’Italia ne ha 4: registro degli organismi, degli enti di formazione, dei mediatori e dei formatori.

La Spagna ne ha 3.

Questi elenchi sono importanti perché spesso l’iscrizione determina lo status del mediatore e/o della organizzazione di mediazione. Ma vi sono stati ove l’iscrizione del mediatore non è obbligatoria: così è nel Regno Unito, in Croazia, Lussemburgo ed in Spagna (anche se qui molti mediatori presto si iscriveranno perché l’iscrizione darà loro l’opportunità di fare anche i conciliatori).

In Italia sussiste come abbiamo già rilevato un doppio obbligo: iscrizione nelle liste di un organismo e iscrizione nell’elenco ministeriale.

5.3 Chi è il mediatore civile e commerciale europeo e quanti sono?

Il mediatore è nella maggior parte dei paesi UE un soggetto laureato[21] (viene richiesta talvolta anche l’esperienza lavorativa o il diploma con ulteriori requisiti) iscritto nel registro dei mediatori, spesso certificato dal Ministero della Giustizia o da altre Istituzioni per conto del Ministero (v. ad es. Irlanda, Paesi Bassi, Lettonia), che ha partecipato ad un corso di base in mediazione di un certo numero di ore (e talvolta anche ad uno di specializzazione o addirittura si è laureato in mediazione) e che è assoggettato a formazione continua nell’anno o nel biennio (ovvero nel triennio o nel quinquennio) per un certo numero di ore o di eventi.

L’iscrizione al registro dei mediatori può essere gratuita (Italia, Slovacchia) o a pagamento (Austria, Bulgaria, Ungheria).

Ci sono stati che richiedono la copertura assicurativa per lo svolgimento dell’attività (Austria, Belgio, Danimarca, Italia per gli avvocati iscritti presso gli Organismi COA, Paesi Bassi, Spagna).

Più o meno tutti gli stati richiedono che il mediatore abbia la capacità giuridica e d’agire, sia ineccepibile dal punto di vista comportamentale e morale: si richiede un certificato del casellario pulito, l’assenza di sanzioni amministrative ecc. (si ometteranno qui le prescrizioni in merito per ogni singolo paese, proprio perché sono generalizzate: l’unica differenza di rilievo tra gli stati è che alcuni richiedono copia del certificato penale ed in altri basta una autodichiarazione, ad esempio in Italia).

Particolare è la legislazione romena che chiede al mediatore anche l’idoneità dal punto di vista medico.

Anche quella della Lituania è originale perché richiede che il mediatore non sia stato licenziato e non abbia fatto abuso di alcol, di sostanze psicotrope, narcotiche, tossiche o altre di sostanze psicoattive.

La professione del mediatore può essere la più varia, anche se in certi paesi di fatto la predominanza spetta agli avvocati (pensiamo ad esempio a Cipro, all’Italia, alla Grecia, alla Spagna per i mediatori fallimentari).

In genere il mediatore deve rispettare determinati principi deontologici: in alcuni paesi si fa riferimento al Codice Europeo dei mediatori ed in altri a Codici propri redatti dallo Stato o da organizzazioni.

Molti degli stati UE hanno valorizzato il concetto di competenza, varando programmi di formazione per i mediatori. I tempi ed i contenuti della formazione sono i più vari.

Diverse nazioni danno largo spazio al diritto, alla psicologia e alla sociologia.

È sempre presente anche una formazione pratica sullo svolgimento della mediazione che può essere più o meno articolata; alcuni paesi richiedono la supervisione del mediatore da parte di esperti o formatori o altri meccanismi analoghi.

Ci sono nazioni che richiedono tirocini o stage precedenti all’assunzione del titolo o successivi.

Non tutti i paesi hanno stabilito regole in materia di formazione, anche se nella pratica essa viene richiesta ai mediatori (ad es. in Francia, Svezia); in Slovenia e Danimarca è richiesta solo ai mediatori giudiziari.

In alcuni paesi la formazione è differenziata in relazione al fatto che i mediatori siano o meno avvocati (ad es. in Italia e a Cipro).

In Lituania i requisiti sono diversi a seconda che il mediatore aspirante sia un giudice, un non giudice, un avvocato.

Richiedono al mediatore una formazione decisamente impegnativa i seguenti paesi membri UE (15): Lussemburgo, Malta, Austria, Slovacchia, Francia, Portogallo, Finlandia, Belgio, Germania, Lettonia, Spagna, Paesi Bassi, Romania, Grecia e Polonia.

Altri Paesi (12) mantengono un approccio che potremmo definire intermedio: Irlanda, Ungheria, Bulgaria, Danimarca, Irlanda del Nord, Italia, Inghilterra e Galles, Cipro, Croazia, Lituania, Scozia e Slovenia

Vi sono ancora Paesi che allo stato hanno regolamentato la formazione esclusivamente per i mediatori familiari: Francia, Estonia.

In Francia però da ultimo si richiede una formazione per gli avvocati e per coloro che vogliono iscriversi ai panel delle Corti d’Appello (la più attive in questo senso sono la Corte d’Appello di Parigi, Lione, Montpellier e Versailles)[22].

Anche l’Irlanda del Nord non ha un programma di formazione statale, ma i mediatori sono accreditati da varie istituzioni.

Inghilterra e Galles non hanno una formazione regolata a dalla legge, ma si appoggiano al Civil Mediation Council (CMC)[23] che ha accreditato un percorso intermedio.

La Svezia non impone alcun obbligo formativo ai mediatori cec.

La Repubblica Ceca non impone alcun obbligo formativo, ma si deve sostenere un esame di stato.

Le indicazioni pubbliche reperibili sul numero dei mediatori civili e commerciali non possono essere precise per ogni paese, in qualche caso sono solo indicative per una serie di ragioni:

1) alcune legislazioni non differenziano l’iscrizione dei mediatori in base alle specializzazioni: chi diventa mediatore lo è a tutto tondo (civile, familiare, penale etc.);

2) spesso i mediatori si iscrivono a più sezioni del registro;

3) ci sono paesi che hanno solo dei panel di corte che possono variare sensibilmente nel tempo;

4) spesso lo stesso mediatore può iscriversi a più panel di corte (ad esempio in Francia);

5) i dati delle Corti non sono aggiornati o mancano (in Francia, ad esempio, ci sono quelli di 10 su 20 Corti);

6) la Germania non possiede registro pubblico (ma solo elenchi di organismi privati) e dunque la stima non può essere che approssimativa;

7) non esiste una banca dati europea né per i mediatori, né per le organizzazioni di mediazione;

8) ci sono stati che hanno una mediazione individuale ed amministrata (senza obbligo di iscrizione per il mediatore) e non differenziano i mediatori persone fisiche dalle organizzazioni (ad esempio il Regno Unito ove le persone fisiche e quelle giuridiche sono mescolate nel registro e spesso non si riesce a distinguerli);

9) alcuni stati iscrivono solo mediatori certificati, ma in altri i certificati e i non certificati coesistono ovvero vengono iscritti i certificati, ma si consente di fare la professione anche a chi non lo è.

Nell’area UE dai dati in possesso risulterebbero nel 2019 comunque censiti 83.213 mediatori su una popolazione di 497.733.503, ovvero un mediatore ogni 5.981 abitanti.

Ma se fossero corrette le stime non ufficiali che accreditano alla Germania circa 70.000 mediatori, il dato attuale sarebbe ben più elevato.

5.4. C’è la possibilità di deflazionare il contenzioso attraverso la mediazione?

Il numero delle mediazioni civili e commerciali attuali gestite nei Paesi UE è invece di complicata se non di impossibile ricostruzione[24] perché gli stati sono reticenti a rilasciare informazioni.

Gli stati che hanno pubblicato dati in merito al 2018 sono solo 10: Italia, Polonia, Svezia, Ungheria, Finlandia, Spagna, Portogallo, Lituania, Lettonia, Lussemburgo.

Soltanto l’Italia ci dà però un quadro completo delle mediazioni giudiziarie ed extragiudiziarie con riferimento a tutti gli anni (compreso 2019 e 2020); gli altri paesi per lo più indicano dati che si riferiscono alla mediazione di Corte.

Per numero delle mediazioni nel 2018 primeggia solo l’Italia con 151.923 procedure; altro dato significativo è quello della Slovacchia con 10.841 depositi (ma l’indicazione è del luglio 2016); in terza posizione si pone la Polonia con 8.541 procedure nel 2018.

La Francia primeggia invece per numero di conciliazioni (133.428 nel 2016); il dato inerente alle mediazioni è del 2013 e non può quindi essere preso in considerazione.

Fanalini di coda con dati aggiornati sono la Lituania con 452 procedure, la Lettonia con 385 casi e il Lussemburgo con 146 depositi. In Lettonia la situazione del 2018 è leggermente migliorata

Gli accordi relativi al 2013[25] non sono noti.

Tra i paesi che hanno fornito dati circa il 2018 vanno evidenziati gli accordi in Italia (20.903), Portogallo (1.345), Spagna (1289) e Polonia (757).

I numeri non appaiono confortanti, anche considerando quelli non aggiornati come costanti nel tempo.

Su questa base la deflazione resta un miraggio.

Si consideri che tramite la mediazione nel 2018 in Russia ci sono stati 84 mila accordi in materia civile, 246 in materia amministrativa.

Gli arbitrati che sono molto importanti ammontano invece a 31 mila.

Nei primi sei mesi del 2019 ci sono stati 40 mila accordi civili, 99 amministrativi e 16 mila arbitrati.

In sostanza in Russia si stipulano il doppio degli accordi europei[26].

Se guardiamo ai dati disponibili sulle mediazioni del 2018, riscontriamo che in diversi paesi ove gli avvocati sono in minor numero rispetto ai mediatori, le mediazioni sono in più alto numero (così in Italia, Slovacchia, Polonia, Ungheria e Finlandia).

E dunque gli operatori del diritto non sembrano particolarmente sensibili.

Ed è un peccato perché una semplice alleanza tra personale giudiziario (giudici + avvocati) potrebbe portare addirittura all’azzeramento del contenzioso pendente in primo grado secondo la semplice realizzazione della ovvia formula: Pendente giudiziario/Giudici + Avvocati = procedure ADR pro capite per l’operatore giudiziario.

In generale possiamo dire che nel 2018 sono rimasti da decidere in Europa 8.421.312 cause civili e commerciali. Gli avvocati erano 895.653 e i giudici 82.373 per un totale di 978.026 operatori giudiziari.

Facendo dunque una semplice divisione basterebbe che ogni operatore giudiziario conferisse in ADR 8,6 pratiche.

Questo dato generale ovviamente non deve ingannare perché la deflazione dipende dal contenzioso e dal numero degli operatori giudiziari in un dato paese.

Secondo gli ultimi dati[27] l’obiettivo sembrerebbe realizzabile in almeno 18 paesi (in 9 lo sarebbe di sicuro): Finlandia (1,07) Olanda (1,62), Lussemburgo (2,76), Ungheria (2,90), Danimarca (3,64), Irlanda (3,64), Austria (4), Germania (4,21), Slovacchia (4,33), Svezia (4,48), Lituania (4,79), Estonia (5,10), Malta (5,66), Grecia (6,73), Spagna (8,41), Repubblica Ceca (9,34), Italia (9,37), Lettonia (10,30) e Slovenia (11,92)

Su Belgio, Bulgaria, Cipro e Portogallo non posso esprimermi perché non conosco il pendente finale dell’anno.

L’obbiettivo non sarebbe invece probabilmente raggiungibile per Polonia (16,30), Croazia (18), Romania (18,50) e Francia (23,52).

In questi ultimi paesi il contenzioso è troppo elevato in rapporto ad avvocati e giudici. Quella che deve cambiare è la mentalità dei cittadini e quindi l’unica strada è quella di inserire la composizione bonaria come materia di studio già dalle scuole elementari.

  • Può la cultura di un paese determinare il successo di una mediazione?

Sì, la cultura di un paese può determinare il successo della mediazione.

Il mondo anglo-sassone, ad esempio, ha un vantaggio rispetto a quello di civil law.

Si può perdere il processo se si racconta al giudice una bugia o se non si producono scorrettamente dei documenti.

La mediazione e la negoziazione possono proliferare laddove sia possibile la sincerità.

La nostra cultura di matrice romanistica esalta il valore contrario.

Athanasio Kircher nel 1650 scriveva che il diritto civile serve ad alimentare le liti sulle cose del mondo,

Perché coloro che appartengono alla cultura romanistica hanno il diritto di mentire e recitano sempre, anche in mediazione.

Cultura dei MARD significa però anche finanziarli.

Finanziare ulteriormente il processo è diventato ormai quasi impossibile: l’Italia dopo la Germania è lo stato che finanzia maggiormente il giudizio con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: oltre 7 milioni di cause all’anno sul ruolo dei giudici italiani che già assorbono per il loro stipendio e quello dei cancellieri quasi 4.000 milioni di euro. Restano 1.800 milioni per pagare i gratuiti patrocini, bollette e affitto dei tribunali. Ogni cittadino italiano spende per la giustizia 96 € pro capite per un processo che dura per tre gradi di giudizio 2.656 giorni (7 anni e 27 giorni).

Soldi male investiti.

Inoltre, c’è da tener presente che secondo il rapporto Rule Law Index 2020 4,6 su 1000 persone si potevano permettere un processo in Europa nel 2019 e 6,2 in Italia; un MARD potevano permetterselo 6,6 in Europa e 6,9 in Italia.

Bisogna che la UE capisca che i MARD sono il futuro e vanno finanziati; non basta pensare al gratuito patrocinio come fanno già 35 paesi aderenti al Consiglio d’Europa.

Bisogna creare un ceto di mediatori professionali come i “neutri” federali americani.

Negli Stati Uniti molti neutri lavorano per lo Stato (il 43%) per cui il salario medio è quantificabile in $ 62.270 all’anno e $ 29,94 l’ora. Un neutro guadagna poco di più della metà di un giudice e quasi il doppio di un’altra professione.

Se nel 2018 i legislatori europei avessero puntato sulla mediazione la situazione sarebbe stata la seguente

Nel 2018 i mediatori erano circa 83.000

La popolazione della UE era di 444.536.821(senza il Regno Unito).

Gli stati hanno speso per la giustizia 43.156 milioni di euro.

La spesa media nella UE pro-capite è stata di € 85,63.

Se si fossero richiesti ai cittadini europei (o si fossero distratti dai bilanci stanziati) solo 5 € per la mediazione ogni mediatore avrebbe potuto contare su 26.779 € annui (2.232 € al mese) e finalmente avremmo avuto un ceto professionale di ausiliari della giustizia e una mediazione efficace ed efficiente.

6. Ci sono possibili suggerimenti per la mediazione italiana ed europea?

Pochi mesi fa ho dato alle stampe un lavoro sui mezzi alternativi[28] con riferimento ai paesi UE. In conseguenza mi sono chiesto quali suggerimenti dare al mio paese e agli altri tenendo conto delle 360 leggi che regolano il sistema di mediazione in Europa. Ho tirato giù questi 21 punti.

Alcuni comportano uno stravolgimento dell’Ordinamento, altri sono facilmente attuabili.

1) Istituzione di corsi di laurea sugli ADR

2) Formazione per i giudici in ADR già dal praticantato e del coordinatore della mediazione di corte che manterrà i contatti con i magistrati sull’attività di delega.

3) Formazione per gli aspiranti avvocati in ADR già dal praticantato.

4) Istituzione di un elenco di mediatori presso i giudici di pace (in Portogallo la cosa funziona bene: 25.000 mediazioni all’anno in regime volontario).

5) Cambiamento della tariffa ministeriale: ferme le spese di mediazione come sono oggi, non terrei conto degli scaglioni di valore, ma introdurrei un compenso orario per il mediatore (da suddividere con l’organismo come si fa già attualmente) che possa tener conto del numero e del reddito dei partecipanti (come avviene ad esempio nei Paesi Bassi).

6) Eliminazione del sistema di obbligatorietà attenuata e ritorno alla mediazione ante pronuncia della Corte costituzionale.

7) Estensione del novero delle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità.

8) Istituzione di un tavolo con avvocati, giudici e mediatori sullo stato della mediazione/arbitrato e su come rendere più appetibili gli accordi e i procedimenti arbitrali.

9) Istituzione di un giudice (come in Germania) che una volta formato possa essere investito della composizione della controversia o di quello che le parti hanno bisogno (anche il giudice di pace potrebbe essere investito delle questioni non di sua competenza limitatamente alla composizione e/o vi potrebbe essere delega al suo panel di mediatori).

10) Introduzione della mediazione nel procedimento/processo amministrativo come chiede l’Europa; in alcuni settori metterei (così è negli Stati Uniti) la mediazione come alternativa al pagamento della sanzione amministrativa (v. il settore delle barriere architettoniche).

11) Farei partire la mediazione penale con un sistema simile a quello francese (specie per i mancati pagamenti degli assegni in caso di divorzio e separazione): ritiro dell’azione penale nel caso di componimento della controversia con pieno soddisfacimento della vittima.

12) Introduzione, come avviene nei paesi dell’Est su esempio statunitense, della mediazione demandata gratuita a carico dello stato per un certo numero di ore (sia per il civile sia per la famiglia).

13) Introduzione in ogni Corte d’Appello della possibilità di scegliere tra mediazione, arbitrato in alternativa al processo.

14) Importazione dell’istituto della neutra valutazione come condizione di procedibilità di alcuni giudizi (ad esempio in materia di appalto).

15) Innalzamento della formazione del mediatore avvocato che lavora presso i COA almeno come per gli omologhi francesi (corsi base di 200 ore).

16) Istituzione del primo incontro obbligatorio in materia di mediazione familiare: sia preventivo che in sede giudiziale.

17) Abolizione dell’aggiornamento dei formatori dopo un certo numero di anni di formazione e la tenuta di un certo numero di corsi (dimostrabile)

18) Supervisione biennale dei mediatori.

19) Corsi di formazione per mediatori tenuti dagli enti di formazione iscritti in registro ma esame statale (una o due volte all’anno) con certificazione che legittima l’iscrizione in elenco.

20) Restituzione di quota parte del contributo unificato (la tassa di giudizio) per chi si accorda a seguito di mediazione disposta dal giudice.

21) Possibilità di mediazione condotta dal giudice in pensione.

7. I benefici del modello italiano in Europa

Il modello italiano potrebbe portare alcuni benefici agli stati europei: certamente un risparmio di tempo e di denaro che potrebbe essere destinato a coprire altre necessità così come risulta dalla tabella che segue.

Paesi UEPercentuale spesa per salario giudici e personale giudiziarioSpesa totale delle amministrazioni pubbliche nei tribunali (milioni)Spesa pro capite cittadinoTempo delle cause civili e commerciali 3 gradiTempo litigi amministrativi 3 gradi 2018 (giorni)Tempo della mediazione in Italia nel 2018 (giorni)Risparmio di tempo in mediazione Cause civili e commerciali  (giorni)Risparmio di tempo in mediazione Cause amministrativa (giorni)Costo in milioni di un giorno di giustizia  
Repubblica Ceca13.58863460391674[i]14224953237,22
Germania8.04013.02815701.106142964035,69
Polonia7.2572.533666601.2101425181.06819,88
Svezia6.7881.25812437932414223718218,60
Italia3.9165.776962.6561.681[ii]1422.5141.53915,82
Francia3.4545.542821.2438121421.10167015,18
Romania3.59183143531266[iii]1423891249,84
Spagna3.5244.036861.2419391421.0998159,65
Paesi Bassi1.2702.154125095614208145,90
Croazia1.420248610392[iv]14202503,89
Danimarca1.36046179562014242003,73
Estonia58,577583284071421862653,72
Belgio912,91.1881040686[v]14205443,25
Austria6891.0651200568[vi]14204262,92
Irlanda36569214200142001,89
Portogallo578,8646633851.3931422431.2511,77
Grecia622631591.5721.2911421.4301.1491,72
Bulgaria591,634148031214201701,62
Ungheria1E+05560573924291422502,871,53
Finlandia364553100581442[vii]1424393001,51
Slovacchia184,9258474707711423286290,50
Slovenia157,5208100484558[viii]1423424160,43
Lussemburgo99,19131215969222[ix]142827800,35
Lettonia87,18121635448751424027330,33
Lituania101,611742351515[x]1422093730,32
Malta20,9836750105[xi]142000,099
Cipro20,5354002.643[xii]14202.5010,09
Totale 43.156 13.73919.57714212.14714.833,87 

[1] “Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico non uscirai di là finché non avrai pagato l’ultimo spicciolo.”

(Luca 12, 57-59)

[2] Cfr. Carlo Alberto Calcagno, BREVE STORIA DELLA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO, I SISTEMI DI COMPOSIZIONE DALL’ORIGINE AL XXI SECOLO, Aracne Editrice, 2014.

[3] DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2010, n. 28

Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. (10G0050)

[4] Con la legge di riforma della Camere di Commercio: LEGGE 29 dicembre 1993, n. 580 Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

[5] Art. 38-40 (oggi abrogati) del DECRETO LEGISLATIVO 17 gennaio 2003, n.5

Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

[6] https://reportistica.dgstat.giustizia.it/VisualizzatoreReport.Aspx?Report=/Pubblica/Statistiche%20della%20DGSTAT/Materia%20Civile/2.%20Durata%20dei%20Procedimenti%20%28fino%20al%202013%29/1.%20Totale%20nazionale

[7] Per eccesso di delega.

[8] Art. 84 legge 9 agosto 2013, n. 98 Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69

Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia

[9] Il progetto della commissione Alpa (PROPOSTE NORMATIVE E NOTE ILLUSTRATIVE) si può trovare. 

Fai clic per accedere a TESTO-FINALE-Commissione-ALPA-Aggiornato.pdf.pdf

[10] https://mediaresenzaconfini.org/2018/05/23/lobbligo-di-assistenza-in-mediazione-e-compatibile-col-diritto-comunitario-il-rifiuto-di-farsi-assistere-in-mediazione-obbligatoria-costituisce-violazione-di-legge-meritevole-di-sanzione-anche-in-c/

[11] Il 27 marzo del 2019 con la sentenza n. 8473.

[12] Art. 5 1bis Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a  una controversia in materia  di  condominio,  diritti  reali,  divisione, successioni  ereditarie,  patti  di  famiglia,  locazione,  comodato, affitto   di   aziende,   risarcimento   del   danno   derivante   da responsabilità medica e sanitaria e da  diffamazione  con  il  mezzo della  stampa  o  con   altro   mezzo   di   pubblicità,   contratti assicurativi,   bancari   e   finanziari, è   tenuto,    assistito dall’avvocato, preliminarmente  a  esperire   il   procedimento   di mediazione ai  sensi  del  presente  decreto  ovvero  i  procedimenti previsti dal decreto legislativo  8  ottobre  2007,  n.  179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico  delle  leggi  in materia bancaria e  creditizia  di  cui  al  decreto  legislativo  1° settembre  1993,  n.  385, e successive  modificazioni, ovvero  il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre

2005, n. 209, per le  materie  ivi  regolate.  L’esperimento del procedimento di mediazione è  condizione  di  procedibilità  della domanda giudiziale. A decorrere dall’anno 2018, il  Ministro  della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti  e sui risultati conseguiti  dall’applicazione  delle  disposizioni  del presente  comma.  L’improcedibilità   deve   essere   eccepita   dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non

oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione  è già iniziata, ma non si è conclusa,  fissa  la  successiva  udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la  mediazione  non è  stata  esperita,  assegnando contestualmente alle parti il  termine  di  quindici  giorni  per  la presentazione della domanda di mediazione.

[13] Non per le questioni di consumo che sono gestite da organismi ADR.

[14] di cui agli articoli 17 e 20

Art. 17

(omissis)

2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.

3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.

(omissis)

5-bis. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del presente decreto, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

(omissis)

Art. 20

Art. 20 Credito d’imposta

1. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.

Allo stato il credito di imposta è lettera morta.

[15] Circ. 6-C-2014: Percorso formativo dell’avvocato mediatore

https://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/69024/76792014_02_28_testo.pdf/1d8178fd-d021-4ea3-8780-ad1f42d7e8ec

[16] Νόμος 4640/2019 Διαμεσολάβηση σε αστικές και εμπορικές υποθέσεις – Περαιτέρω εναρμόνιση της Ελληνικής Νομοθεσίας προς τις διατάξεις της Οδηγίας 2008/52/ΕΚ του Ευρωπαϊκού Κοινοβουλίου και του Συμβουλίου της 21ης Μαΐου 2008 και άλλες διατάξεις

https://www.lawspot.gr/nomikes-plirofories/nomothesia/nomos-4640-2019

In vigore dal 15 gennaio 2020 in materia di controversie familiari

In vigore dal 15 marzo 2010 nell’ambito di un procedimento ordinario.

[17] Articolo 60 ^ 1 LEGE nr. 192 din 16 mai 2006

[18] ABGB – Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch

http://www.jusline.at/364_ABGB.html

[19] Lo scarico delle acque, la produzione di fumo, calore, odore, rumore, lo scuotimento e simili, in quanto superino i livelli di normalità stabiliti localmente; lo stesso vale per l’invasione di radici, per i rami sporgenti o per le limitazioni di vedute effettuate attraverso piantagioni.

[20] https://www.gueterichter-forum.de/

[21] Quello tedesco però ha bisogno solo di una formazione; non c’è un limite di età né si richiede una istruzione particolare o una professione particolare.

[22] Cfr. Art. 2 c. 3 Décret n° 2017-1457 du 9 octobre 2017 relatif à la liste des médiateurs auprès de la cour d’appel

https://www.legifrance.gouv.fr/eli/decret/2017/10/9/JUST1724187D/jo

[23] https://civilmediation.org/about/

[24] Un aiuto seppur datato (del 16 maggio 2018 ma riguardante le mediazioni del 2016) è costituito dal documento della EUROPEAN COMMISSION FOR THE EFFICIENCY OF JUSTICE, THE IMPACT OF CEPEJ GUIDELINES ON CIVIL, FAMILY, PENAL AND ADMINISTRATIVE MEDIATION (CEPEJ-GT-MED(2017)8, THE IMPACT OF CEPEJ GUIDELINES ON CIVIL, FAMILY, PENAL AND ADMINISTRATIVE MEDIATION

https://rm.coe.int/report-on-the-impact-of-cepej-guidelines-on-civil-family-penal-nd-admi/16808c400e

V. anche Study on time and costs of mediation in Eu – Full Report in English

[25] Rebooting’ the Mediation Directive: Assessing the Limited Impact of its Implementation and Proposing Measures to Increase the Number of Mediations in the EU

http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=IPOL-JURI_ET(2014)493042

[26] I russi sono comunque preoccupati e così il 31/10/19 hanno approvato le nuove regole della mediazione giudiziaria (Регламент проведения судебного примирения) che sono frutto di un lungo processo iniziato nel 2018.

I mediatori giudiziari sono giudici in pensione che sono nominati dal Plenum della Corte Suprema della Federazione Russa. Non possono avere incarichi statali dopo il pensionamento se vogliono servire come mediatori. La mediazione giudiziaria può avvenire su richiesta delle parti (che non possono scegliere un mediatore giudiziario diverso da un giudice in pensione inserito in uno speciale elenco) o su proposta del Tribunale e col consenso delle parti.

[27] EU Justice Scoreboard 2020

[28] Arbitrato e negoziato in Europa. Le opportunità dell’Avvocato. Nunca Mas n. 14 collana diretta da Guendalina Scozzafava, Cendon/Book, Editore Key, 2020.


[i] Manca secondo grado.

[ii] Manca secondo grado.

[iii] Manca secondo grado.

[iv] Manca terzo grado.

[v] Manca secondo grado.

[vi] Manca secondo grado.

[vii] Manca secondo grado.

[viii] Manca secondo grado.

[ix] Solo terzo grado.

[x] Manca terzo grado.

[xi] Solo primo grado.

[xii] Manca secondo grado.

La rivoluzione dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie in Spagna

In Spagna i mezzi alternativi di cui parleremo nella presente nota si chiamano MASC[1] e ricomprendono anche l’arbitrato. In Italia li denominiamo ADR sulla falsa riga anglofona, In Francia si fa invece riferimento ai MARC[2].

Così come nel nostro paese in Spagna esiste una legge sulla mediazione civile e commerciale[3] che però secondo il legislatore spagnolo del 2020 non ha espresso tutte le sue potenzialità.

Il Consiglio dei ministri spagnolo ha licenziato da ultimo un disegno di legge di più ampio respiro[4], fermo restando che la legge sulla mediazione generale[5] continuerà a dare i suoi frutti autonomamente.

Una riforma come quella descritta più avanti può trovare spazio in una nazione solo a condizione che non vi sia una mediazione amministrata come accade al contrario nel nostro paese; è già stata varata in Francia da diverso tempo anche se quella francese non è poi così incisiva come quella spagnola.

In altre parole è necessario che il mediatore non sia obbligato ad iscriversi ad un organismo per svolgere la professione. Anche se, dobbiamo anticiparlo, il legislatore spagnolo incentiva oggi l’iscrizione assumendo che un mediatore iscritto di sicuro ha la capacità tecnica per svolgere la missione del conciliatore (la conciliazione è uno dei mezzi considerati adeguati).

Da noi non è probabile che una riforma di questa portata arrivi mai perché ci sono troppe resistenze corporativistiche su diritti che ormai da dieci anni gli Organismi di mediazione considerano acquisiti.

Il disegno di legge spagnolo si applicherà, se si tramuterà in legge, anche alle controversie transfrontaliere. Non si applicherà invece alla materia del lavoro, penale, fallimentare ed amministrativa.

Il titolo I si intitola  “Mezzi adeguati per la risoluzione delle controversie” e già questa definizione segna un importante cambio di passo. Si è appresa pienamente la lezione statunitense secondo cui i mezzi non sono alternativi al processo ma adeguati alla situazione fattuale.

Per mezzi adeguati di risoluzione delle controversie si intendono in Spagna qualsiasi tipo di attività con cui le parti di un conflitto si accostano in buona fede per trovare una soluzione extragiudiziale, da sole o con l’intervento di un terzo neutrale.

La buona fede, ricordiamolo, è richiesta anche dalla nostra negoziazione assistita[6]ed è pure un caposaldo della negoziazione francese sin dal 1563.

Lo rimarco, perché diversi nostri commentatori tralasciano spesso di rilevare che l’attività negoziale debba essere conforme al principio di buona fede; laddove non sia stato posto in essere questo requisito dunque non si può dire che si sia messa in campo una negoziazione assistita.

Questi mezzi adeguati sono considerati dal disegno di legge spagnolo come una condizione di procedibilità ai fini dell’azione civile. L’oggetto deve essere lo stesso nella domanda dello strumento adeguato e nella domanda giudiziale, ma possono variare le pretese.

Questa è una norma molto opportuna perché da noi in Italia ci vuole identità di oggetto e di pretese. In Spagna si sono probabilmente resi conto che questo potrebbe essere un limite, si corre il rischio, in altre parole, di  processualizzare eccessivamente l’attività di mediazione che per definizione è invece senza schemi predefiniti.

Si considererà assolta la condizione di procedibilità quando si sarà ricorsi in alternativa ai seguenti strumenti:

  1. Mediazione: è quella della Ley 5/12 (la nostra mediazione che però da loro è oggi volontaria) che diverrà condizione di procedibilità.
  2. Conciliazione: viene effettuata da qualsiasi soggetto che conosca il diritto e abbia competenze tecniche, sia neutrale ed imparziale (avvocato, ufficiale di stato civile, assistente sociale, mediatore iscritto in un organismo, società di professionisti ecc.). Il conciliatore richiede alle parti proposte di soluzione, formula  eventuali soluzioni, in caso di accordo totale o parziale richiede agli avvocati delle parti di redigere i documenti legalmente corrispondenti, firma l’accordo in qualità di conciliatore insieme alle parti e ai loro legali, in caso di disaccordo, rilascia una certificazione comprovante che si è tenuta la conciliazione; se la parte chiamata ha rifiutato di partecipare alla procedura di conciliazione, lo indica nel certificato che può richiedersi dall’altra parte.
  3. Offerta vincolante riservata: ogni parte può fare una offerta riservata all’altra parte che ha un mese di tempo per accettarla; fatta l’offerta si rimane vincolati al suo contenuto e trascorsi i trenta giorni si può agire in giudizio; se chi ha fatto l’offerta viene condannata alle spese e la decisione è conforme alla offerta fatta e non accettata, si può però chiedere l’esonero dalle spese processuali o una diminuzione.
  4. Opinione neutrale di un esperto indipendente: Il parere può riguardare questioni legali o qualsiasi altro aspetto tecnico connesso con la formazione professionale dell’esperto; il parere che può intervenire nel processo rimane riservato e se accolto viene approvato dal tribunale ovvero elevato in atto pubblico dal notaio; se non viene accolto da una parte l’esperto indipendente lo farà rilevare documentalmente. Quest’ultima è una importante differenza rispetto allo stesso istituto presente nella legislazione americana e anglofona ove la cosiddetta valutazione neutrale non è foriera di conseguenze pregiudizievoli nel caso in cui il parere venga ignorato.
  5. altra tipologia di attività negoziale (anche negoziazione diretta) non legalmente tipizzata che consenta la ricezione da parte del soggetto chiamato di una proposta di negoziazione e che individui la data, il contenuto e l’identità del proponente.

La condizione di procedibilità si considererà assolta quando l’attività negoziale possa essere svolta direttamente dai legali delle parti assistite, nel caso in cui il loro intervento sia obbligatorio.

Per effettuare queste attività però i diritti delle parti devono essere disponibili. In caso divorzio, separazione ed annullamento (art. 102-103 Código civil) gli effetti potranno essere regolati dall’attività negoziale sopra citata (ma non deve esserci stata violenza nei confronti della donna). Non c’è invece da assolvere alcuna condizione di procedibilità nel caso di tutela ed adozione.

La decisione di utilizzare questi mezzi adeguati può pervenire da una parte, da entrambe o dal giudice su richiesta delle parti.

Le parti nello svolgimento dei mezzi adeguati devono essere assistite obbligatoriamente da un avvocato quando lo strumento costituisce condizione di procedibilità o vi è un collegamento con l’attività giudiziale:

  1. quando viene fatta una offerta riservata vincolante,
  2. quando si partecipa ad una mediazione o conciliazione ed il mediatore o il conciliatore non è un giurista.

L’assistenza dell’avvocato non sarà obbligatoria se l’importo della vertenza sarà inferiore a 2.000 € o qualora la legge lo eccettui espressamente.

Quando la richiesta di utilizzare un mezzo adeguato arriverà alla controparte si sospenderà il termine della prescrizione e della decadenza che riprenderà a decorrere dalla firma dell’accordo o dal mancato accordo.

Se viene avviato un procedimento giudiziario avente lo stesso scopo della precedente attività di negoziazione tentata senza accordo, i tribunali dovranno prendere in considerazione l’atteggiamento delle parti rispetto alla composizione amichevole e all’eventuale abuso del servizio di giustizia pubblica nella pronuncia sulle spese e anche per l’irrogazione di ammende o sanzioni previste.

I mezzi adeguati potranno essere anche avviati in videoconferenza (rispettando alcuni standard) e sotto i 600 euro questa sembra la soluzione più adeguata.

L’attività connessa ad un mezzo adeguato è riservata, salvo che non debba essere data la prova della partecipazione. Della partecipazione come condizione di procedibilità può darsi prova con qualsiasi documento (per la mediazione e la conciliazione ovviamente vi sarà un verbale che attesti anche la eventuale mancata partecipazione).

Una regola curiosa riguarda il fatto che se una parte propone i servigi di un terzo imparziale e l’altra  non li accetta, i costi del terzo sino all’accettazione sono sostenuti dal proponente.

Per avere valore di titolo esecutivo, l’accordo deve essere elevato ad atto pubblico da notaio o approvato giudizialmente dal tribunale. Unica azione concessa contro l’accordo è quella di nullità che potrà essere promossa solo per le cause che invalidano i contratti.

Vedremo dunque se nei prossimi giorni il disegno di legge in commento inizierà o meno l’iter parlamentare delle Cortes generales.


[1] Métodos Alternos de Solución de Conflictos

[2] Modes Alternatif de réglement des conflits

[3] Ley 5/2012, de 6 de julio.

[4] ANTEPROYECTO DE LEY DE MEDIDAS DE EFICIENCIA PROCESAL DEL SERVICIO PÚBLICO DE JUSTICIA

https://www.icab.es/export/sites/icab/.galleries/documents-contingut-generic/APL-eficiencia-procesal-Consejo-Ministros-15-12-2020.pdf?fbclid=IwAR3b80yySbO-alpA0SyJIIf8vbn6e7h-qXQyzSIxTRintb0rt0LrSFw6OVk

[5] O quella delle Comunità autonome per la loro competenza.

[6] 1. La  convenzione  di  negoziazione  assistita  da  uno  o  più avvocati è un accordo mediante il quale  le  parti  convengono  di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di  avvocati  iscritti  all’albo anche ai sensi dell’articolo 6 del  decreto  legislativo  2  febbraio 2001, n. 96. (art. 2 c. 1 d.l. 132/14).