Il Tar del Lazio decide nuovamente sulla mediazione

Si tratta qui del giudizio amministrativo che ha portato alla nota pronuncia di incostituzionalità (Corte Costituzionale, con sentenza 6 dicembre 2012, n. 272) e che dopo la sospensione per il giudizio della Consulta è stato finalmente definito in primo grado.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Prima – N. 10937/2010 REG.RIC. (la sentenza si può trovare in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=DCEKJOA67RGQQSYNEJW5FF7SNY&q=10937%20or%20del%20or%202010) ha sostanzialmente ribadito la bontà dell’attuale assetto normativo dichiarando il ricorso “in parte improcedibile, in parte inammissibile e per il restante lo respinge”.

Riporto il passo che mi pare di maggiore pertinenza:

14.1. Anche tali doglianze non persuadono.

Si rammenta che la Corte Costituzionale, nella ridetta sentenza 272/2002, nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. 28/2010, per contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost., ha assorbito ogni questione relativa alla eventuale incostituzionalità della mediazione obbligatoria per violazione dell’art. 24 Cost..

La questione, quindi, è aperta, e non può che essere affrontata alla luce delle novelle apportate in materia dal “decreto del fare”.

Si è già infatti anticipato che la nuova mediazione obbligatoria introdotta dall’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010, per effetto delle complessive modifiche apportate alla disposizione e al decreto legislativo nel suo complesso, è profondamente difforme dalla precedente.

E’ peraltro anche vero che la stessa si caratterizza per la presenza di numerose discrepanze.

Ne costituiscono esempio le contraddizioni ravvisabili nel testo di legge in punto di assistenza dell’avvocato nella procedura di mediazione.

Essa va ritenuta senz’altro obbligatoria ai sensi del comma 1 dell’art. 8, stante l’inequivocabile formulazione letterale della norma e la circostanza che l’art. 8 è precipuamente dedicato al procedimento di mediazione, con la conseguente centralità sul punto della disposizione, che, però, non coincide perfettamente né con l’art. 5, comma 1-bis, che riferisce l’assistenza dell’avvocato al mero atto di impulso della conciliazione obbligatoria, né con l’art. 12, comma 1, che prevede che solo ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Tali contraddizioni, peraltro, potranno essere risolte in sede di rivisitazione del testo del decreto delegato 28/2010, già programmato. L’art. 5, comma 1-bis, chiarisce, infatti, che “La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione”.

Ma, anche tenuto conto di quanto appena sopra, è certo che non sono riproducibili nei confronti della “nuova” conciliazione obbligatoria quei rilievi critici cui aveva dato luogo il previgente sistema, poggianti sul combinato disposto di alcune previsioni, poi modificate, che hanno fatto fondatamente dubitare della suscettibilità della “vecchia” mediazione obbligatoria di consentire l’esercizio effettivo del diritto di difesa in giudizio e la possibilità di condurre a una composizione delle controversie in conformità all’alto rango dei principi che caratterizzano la materia nell’ordinamento nazionale vigente.

Basti, infatti, osservare che:

– le materie per cui la mediazione è obbligatoria e costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale sono state rivisitate in senso diminutivo, non essendovi più tra le stesse il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (art. 5, comma 1-bis);

– la condizione di procedibilità è ora assolta senza che sia necessario esperire un vero e proprio tentativo di conciliazione, ovvero con la mera partecipazione a un primo incontro (art. 5, comma 2-bis);

– nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, da svolgersi non oltre trenta giorni dalla domanda di mediazione (art. 8, comma 1), nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione (art. 17, comma 5-ter);

– si prevede l’assistenza dell’avvocato per promuovere la conciliazione obbligatoria (art. 5, comma 1-bis);

– si prevede l’assistenza dell’avvocato fino al termine della procedura (art. 8, comma 1);

– la proposta del mediatore interviene soltanto all’avverarsi delle relative condizioni, dopo il primo incontro, nell’ambito del quale il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, procedendo nel caso positivo (art. 8, comma 1);

– solo ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12, comma 1);

– al fine di sottrarsi alle conseguenze pregiudizievoli, in tema di argomenti di prova e di sanzioni, derivanti nel successivo giudizio dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione laddove obbligatorio, possono essere addotti giustificati motivi (art. 8, comma 4-bis);

– gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori (art. 16, comma 4-bis).

A ciò si aggiunga che le modifiche medio tempore apportate al d.m. 180/2010 hanno rafforzato la qualità del servizio di mediazione.

Basti richiamare, al riguardo, le nuove disposizioni ora vigenti in tema di formazione, aggiornamento e tirocinio dei mediatori (art. 4), nonché la prescrizione che il regolamento dell’organismo di mediazione contenga criteri inderogabili per l’assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta [art. 7, comma 5, lett. e)].

Considerazioni tutte, queste appena elencate, che fanno escludere che il sistema in esame, allo stato vigente, possa sostanziare il pericolo di una indebita restrizione dell’accesso alla giustizia, ravvisabile (e ravvisato dalla Sezione con l’ordinanza 3202/11) in occasione dell’esame delle originarie formulazioni del d.lgs. 29/2010 e del d.m. 180/2010“.

Resta irrisolto il problema dei mezzi di sussistenza in capo agli Organismi di mediazione dato che la sentenza precisa che “Inoltre, è ora prevista dalla legge la gratuità dell’opera prestata dall’organismo di mediazione, nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro (art. 17, comma 5-ter, d.lgs. 2872010)“.

Lascia inoltre abbastanza perplesso lo scrivente il fatto che il Tar Lazio consideri garanzia del sistema il fatto che vi sia l’assistenza obbligatoria dell’avvocato. Non si discute qui il fatto che la figura dell’avvocato possa o meno essere utile in mediazione, ma se si apre un minimo lo sguardo verso la disciplina degli altri paesi si può riscontrare agevolmente che l’assistenza obbligatoria in mediazione preventiva ce l’abbiamo soltanto noi. Si potrà allora pensare che gli altri sistemi non garantiscano i diritti di coloro che mediano?

Inoltre appare una stortura che con una pronuncia (T.A.R. Lazio – Prima Sezione – N. 11235/2010 REG.RIC.) si mini la sopravvivenza degli Organismi negando loro la possibilità di ricevere 40,00/80,00 € e si riconosca invece del tutto normale che il cittadino debba pagare migliaia di euro per l’assistenza legale appunto obbligatoria. Questo a mio modesto avviso è uno dei tanti misteri italici che di sicuro non fanno un servizio né alla mediazione, né alla deflazione del contenzioso.

Il Tar del Lazio decide sulla mediazione

Con sentenza dell’8 ottobre e del 17 dicembre 2014 (depositata il 23 gennaio 2015), il Tar del Lazio ha respinto quasi tutte le doglianze di coloro che nel 2010 avevano impugnato il regolamento di attuazione della decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, ovvero che avevano censurato il decreto 18 ottobre 2010, n. 180.

E dunque si può dire che la mediazione come condizione di procedibilità e con l’attuale assetto normativo è quasi del tutto salva: ringrazio sentitamente coloro che si sono battuti per questo risultato, anche se naturalmente resta aperta la via per l’impugnazione al Consiglio di Stato.

Il testo della sentenza, assai lungo ed elaborato, si può trovare in:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=U45XNQHZWJUFEWDASQFM454PRE&q=%28Notaristefani%29

Sono però stati accolti dal Tar Lazio due importanti profili che richiamo qui utilizzando le parole della sentenza, il primo dei quali se non si studia un rimedio, potrebbe mettere a repentaglio la sopravvivenza degli ODM:

1

15.1. Parte ricorrente sottolinea il sopravvenuto contrasto tra il novellato art. 17, comma 5-ter, del d.lgs. 28/2010 e la disposizione di cui all’art. 16, commi 2 e 9, del d.m. 180/2010.

L’art. 5-ter in parola prescrive che “Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione”.

Il comma 2 dell’art. 16 del d.m. 180/2010 prevede che “Per le spese di avvio, a valere sull’indennità complessiva, è dovuto da ciascuna parte per lo svolgimento del primo incontro un importo di euro 40,00 per le liti di valore fino a 250.000,00 euro e di euro 80,00 per quelle di valore superiore, oltre alle spese vive documentate che è versato dall’istante al momento del deposito della domanda di mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al momento della sua adesione al procedimento. L’importo è dovuto anche in caso di mancato accordo”.

A sua volta, il comma 9 dello stesso art. 16 prevede che “Le spese di mediazione sono corrisposte prima dell’inizio del primo incontro di mediazione in misura non inferiore alla metà”.

E’ evidente che entrambe le disposizioni regolamentari si pongono in contrasto con la gratuità del primo incontro del procedimento di conciliazione, previsto dalla legge laddove le parti non dichiarino la loro disponibilità ad aderire al tentativo.

La censura è pertanto fondata e va accolta“.

2

15.2. Parte ricorrente sottolinea ancora il sopravvenuto contrasto tra il novellato art. 16, comma 4-bis del d.lgs. 28/2010 e la disposizione di cui all’art. 4, comma 3, lett. b), del decreto n. 180/2010.

L’art. 16, comma 4-bis, del d.lgs. 28/2010 prevede che “Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense”.

L’art. 4, comma 3, lett. b) del d.m. 180/2010 prevede il “il possesso, da parte dei mediatori, di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione in base all’articolo 18, nonché la partecipazione, da parte dei mediatori, nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi iscritti”.

Anche tale norma si profila palesemente in contrasto con le nuove disposizioni, nella misura in cui è suscettibile di essere applicata in via generale, ovvero anche nei confronti degli avvocati iscritti all’albo, che la legge dichiara mediatori di diritto, e la cui formazione in materia di mediazione viene regolata con precipue disposizioni.

La sentenza così conclude:

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara in parte improcedibile e in parte lo accoglie, nei sensi e nei limiti di cui al punto 15 della motivazione, disponendo, per l’effetto, l’annullamento degli artt.16, commi 2 e 9, e 4, comma 3, lett. b), del decreto n. 180 del 18 ottobre 2010 e s.m.i., adottato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

Spese compensate.