Aprire o chiudere la finestra?


Ossia un modo semplice per spiegare la differenza tra gli strumenti di composizione di un conflitto.

Che ognuno scelga quello che desidera!

La scena si svolge in una sala di un convegno qualsiasi ove ci sono delle persone che ascoltano un conferenziere.

Interpreti:

Voce Fuori Campo (X)

Relatore che vuol tenere la finestra aperta  (Y)

Signora che non vuol tenere la finestra aperta (Z)

Responsabile della sala (V)

Custode (P)

*.*.*.*

Z chiude la finestra (se aperta) – Y apre la finestra (se chiusa)

Z chiude la finestra e sbuffa

Y apre la finestra e dice:  “Qualsiasi persona di buon senso capirebbe che quella finestra deve restare aperta”.

Z replica: “La finestra deve rimanere chiusa. Ho diritto di stare lì seduta perché mi è stato assegnato quel posto (indica il posto), se volevano tenere aperta la finestra dovevano assegnarmi un altro posto (e non ci sono posti liberi)”.

X

Questa disputa non sembra avere soluzione che possa accontentare i due litiganti.

Ma i conflitti che ci paiono insolubili sono dietro l’angolo, sul bus, in famiglia, sul lavoro.

Ora di fronte al conflitto le persone possono reagire in tre modi.

C’è chi lo affronta e si fa ragione da sé con la forza.

C’è chi lo “delega”, lo affida agli altri e allora va dall’avvocato che a sua volta si rivolge al giudice o all’arbitro.

In ultimo c’è chi lo affronta con pazienza e prova a trovare un accordo.

Ora vediamo come operano queste modalità nel conflitto della finestra.

Dato che i due litiganti stanno disturbando il convegno arriva la responsabile della sala V che pensa in prima battuta all’uso della forza.

Così chiama il custode P e gli chiede di accompagnare fuori Z.

La finestra viene aperta, ma il relatore, perde un’ascoltatrice.

Oppure chiama il custode P e gli chiede di accompagnare fuori il relatore.  La finestra resta chiusa, ma non si terrà la relazione.

O ancora chiama il custode P e gli chiede di accompagnare fuori tutti e due: continueranno probabilmente ad accapigliarsi in strada per un problema privo ormai di significato.

La stessa organizzazione del convegno sarà penalizzata, non c’è dubbio.

Vediamo ora quella che noi mediatori chiamiamo la soluzione delegata ossia si va dall’avvocato e poi dal giudice o dall’arbitro. La situazione di partenza è la stessa.

Y

“Qualsiasi persona di buon senso capirebbe che quella finestra deve restare aperta.”

Z

“La finestra deve rimanere chiusa. Ho diritto di stare lì seduta perché mi è stato assegnato quel posto (indica il posto), se volevano tenere aperta la finestra dovevano assegnarmi un altro posto (e non ci sono posti liberi)”.

X

Il mestiere dell’avvocato è quello di pensare alla strategia migliore per far vincere il proprio cliente, ma poi la decisione spesso (non sempre per fortuna!) passa al giudice…

La responsabile della sala (ossia il giudice) pensa:

V

“Mi pare che siano posizioni inconciliabili e purtroppo hanno tutte e due buone ragioni. Pensandoci bene però quella è una finestra: a che cosa serve una finestra? Serve a dare aria e luce; quindi direi che ha ragione chi la vuole aprire. La finestra deve restare aperta”.

X

Il mestiere del giudice, come ho detto, è quello di decidere, in altre parole di stabilire chi ha ragione e chi ha torto in base ad un criterio di legge. La responsabile della sala dunque decide, senza perdere ulteriore tempo.

V

“Mi dispiace, ma la finestra deve restare aperta per ragioni di salubrità della sala”.

X

La finestra dunque viene o resta aperta: il relatore ha vinto e  la signora ha perso.

La signora potrà anche protestare, ma alla fine, con tutta probabilità, sarà costretta a lasciare la sala, perché diversamente le verrà una polmonite.

Ma a ben vedere se la signora lascerà la sala avranno perduto perlomeno in due, perché la signora non ascolterà la relazione.

Nel caso specifico dunque questi modi di risolvere non paiono appaganti, hanno più contro che pro.

Vediamo ora come opera una soluzione negoziata, ossia se possa essere proficuo affrontare il conflitto in mediazione. La partenza è sempre la stessa.

Ciò che dicono ora i due litiganti nel contesto di una mediazione sono detti punti di vista o posizioni; corrispondono alle tesi opposte che si contrappongono negli atti processuali (io sono creditore e tu debitore, io ho diritto e tu non ne hai…).

Y

“Qualsiasi persona di buon senso capirebbe che quella finestra deve restare aperta”.

Z

“La finestra deve rimanere chiusa. Ho diritto di stare lì seduta perché mi è stato assegnato quel posto (indica il posto), se volevano tenere aperta la finestra dovevano assegnarmi un altro posto (e non ci sono posti liberi)”.

X

La responsabile di sala che ha una grande pazienza (ogni mediatore deve averne diversamente è meglio che cambi mestiere) e deve apparire ai signori imparziale se vuole aiutarli  a trovare un accordo; e dunque dice:

V

“Se ho capito bene lei vuole aprire la finestra perché c’è una finestra sola e lei desidera che resti chiusa perché le è stato assegnato quel posto (e non ce ne è un altro). Bene posso dirvi due parole in privato?”

X

In mediazione si fanno delle sessioni private a cui partecipa il mediatore e ciascuna parte assistita dal suo avvocato. Queste sessioni sono riservate e confidenziali. Ciò significa che il mediatore non può riferire a terzi ciò che la parte gli comunica e nemmeno all’altra parte senza il consenso della prima.

V (in sessione con Z)

“C’è per caso qualche altro motivo per cui vuole tenere chiusa la finestra?”

Z

“Non voglio che la finestra resti aperta perché sono in piena corrente e rischio di prendere una polmonite”.

 

V (in sessione con Y)

“C’è per caso qualche altro motivo per cui vuol tenere aperta la finestra?”

Y

“In effetti… voglio che la finestra resti aperta perché nella sala c’è troppo caldo, mi manca l’ossigeno e non riesco a parlare come vorrei”.

X

L’esigenza del relatore è dunque “avere un po’ d’aria fresca”. Motivato da questo bisogno ha aperto la finestra.

L’esigenza della signora è “non voglio prendere la polmonite”. Motivata da questo bisogno la signora ha chiuso la finestra.

Vedete, le esigenze delle persone non possono considerarsi in termini di torto o ragione, hanno tutte la medesima importanza.

Inoltre mentre i punti di vista (potremmo dire grossolanamente i diritti che gli avvocati invocano nei processi) sono spesso rinunciabili dai clienti o comunque modificabili e dunque “staccabili” dai loro portatori, la stessa cosa non si può dire delle esigenze.

In altre parole il relatore non può rinunciare all’ossigeno, né qualcuno sano di mente potrebbe richiederglielo e parimenti l’esigenza della signora di non prendersi una polmonite è incontestabile.

La responsabile di sala in conclusione non potrà giudicare le esigenze, sono tutte meritevoli, ma sempre in separata sede chiederà semplicemente ai colleghi:

V

“Che cosa potrebbe accadere se non riuscite a mettervi d’accordo?”

Y

“Non potrò tenere la mia relazione.”

Z

“Probabilmente lascerò il corso e vi chiederò il risarcimento dei danni visto che ho pagato cinquanta euro”.

X

Queste due soluzioni sono migliori o peggiori rispetto a quella di  trovare un accordo? (attendere risposta entusiasta dell’uditorio)

Evidentemente sono peggiori.

Quindi la negoziazione non può che andare avanti.

V

“Posso riferire a Z che lei ha bisogno di aria fresca?” (rivolta al relatore)

Y

“Faccia pure se crede”.

V

“Posso riferire al relatore che lei rischia di ammalarsi?” (rivolta a Z)

Z

“Va bene, non c’è problema.”

X

Il mediatore chiede di poter riferire perché, come abbiamo già sottolineato, in mediazione ciò che si dice a tu per tu rimane assolutamente segreto, salvo appunto che non ne venga autorizzata la comunicazione.

V

“Secondo lei c’è qualche soluzione che possa permetterle di rinfrescare l’aria senza aprire la finestra? (rivolta al relatore)”

Y

“Sì, che accendiate il condizionatore oppure che apriate la finestra  del locale attiguo”.

V

“Come valuta queste alternative?”

Y

“Forse la migliore soluzione è che apriate la finestra del locale attiguo perché l’aria condizionata in realtà potrebbe crearmi un repentino abbassamento di voce”.

V

“In effetti la seconda alternativa potrebbe essere forse più gradita alla signora perché mi ha detto che vuole tener chiusa la finestra in quanto teme di ammalarsi”.

Y

“La signora non ha poi tutti i torti: non ci avevo pensato. Io al suo posto mi comporterei nello stesso modo”.

X

La responsabile di sala chiederà dunque di poter riferire alla signora la soluzione prescelta (aprire la finestra del locale attiguo). Poi incontrerà nuovamente la signora e le chiederà:

V

“Secondo lei c’è qualche soluzione che possa permetterle di non ammalarsi senza tener chiusa la finestra?”

Z

“Che portiate un’altra poltrona in altro punto della sala, che apriate un’altra finestra, magari quella del locale attiguo.”

V

“Come valuta queste alternative?”

Z

“Qui vedo e ascolto bene, quindi preferirei rimanere; la soluzione migliore forse è quella di aprire una finestra nel locale attiguo”.

V

“In effetti la seconda soluzione potrebbe essere gradita al signore perché mi ha riferito che vuole aprire la finestra, perché ha bisogno di aria fresca”.

Z

“È anche mio interesse che il relatore possa tenere al meglio la sua conferenza e comunque il caldo potrebbe rendere poco attenta anche me”.

X

Abbiamo visto che il mediatore ha prima chiesto ai signori se avevano delle alternative e poi ha chiesto loro di valutarle. Ha poi utilizzato le informazioni che poteva riferire per creare un punto di contatto tra le soluzioni che sono state scelte.

Abbiamo detto prima che le esigenze delle persone non possono valutarsi in termine di ragione o di torto; conoscerleinoltre, lo abbiamo visto, ci porta a riflettere e ad immedesimarci nell’altro.

Anche alla signora il mediatore ha chiesto di essere autorizzato a riferire la soluzione trovata: aprire una finestra nel locale attiguo.

 

A questo punto il mediatore “riformula” il conflitto in base alle esigenze che sono emerse ed incontra le persone insieme.

V

“Che soluzione possiamo trovare perché lei possa ottenere aria fresca e perché la signora non si ammali?”

X

La responsabile di sala (e dunque il mediatore di norma) non prospetta le soluzioni che le parti hanno trovato e valutato, perché sino alla firma di un eventuale accordo le persone devono essere sempre in grado di tirarsi indietro. Nel caso specifico le persone hanno proficuamente riflettuto e non potranno che rispondere:

Y e Z

“Che apriate la finestra del locale attiguo!”

X

Questa soluzione condivisa appare, infatti, conveniente e migliore rispetto a quella di lasciare il convegno (e fare causa per danni) o di non tenere la relazione.

Se la soluzione sarà dunque praticabile, entrambi i colleghi si sentiranno vincitori e saranno dunque soddisfatti.

E se non lo sarà… si tornerà in negoziazione.

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