Il prof. Alpa nella sua pregiata relazione per il Congresso di Bari oggi diffusa dal CNF fa riferimento alla negoziazione assistita. Alla vigilia di questo importante Congresso dell’avvocatura sembra opportuno fare qualche considerazione.
Di per sé la negoziazione con l’assistenza dei legali fa parte dell’attività ordinaria dell’avvocato e dunque il Presidente del Consiglio Nazionale Forense dovrebbe invece far riferimento ad un preciso istituto giuridico che è presente in diverse nazioni europee, tra cui la Francia.
Bisogna premettere al riguardo che in Francia dal 1998 quando la médiation conventionnelle dà luogo ad una transazione le parti possono farla dotare di efficacia esecutiva dal presidente del tribunale di grande istance o in alternativa ad un notaio. Ciò vale peraltro nel paese transalpino per tutti gli strumenti alternativi che si concludano con una transazione.
Pure in Germania esiste una norma analoga nel caso di transazione tra avvocati (Anwaltsvergleich).
In caso di sua inosservanza essa può essere eseguita immediatamente, senza necessità di un previo procedimento giudiziario per ottenere una decisione. In questo caso, se il debitore accetta la clausola di esecuzione forzata immediata e la transazione è depositata presso un Amtsgericht, la transazione può essere dichiarata esecutiva dal tribunale competente su richiesta di una parte (articoli 796a, 796b in combinato disposto con l’articolo 794, comma 1, n. 4b ZPO).Altrimenti, la transazione può essere conclusa sotto forma di certificato notarile, che ha efficacia esecutiva se il debitore ha accettato la clausola di esecuzione forzata immediata (articolo 794, comma 1, n. 5 ZPO): quest’ultima soluzione è adottata anche nei Paesi Bassi, in Slovenia ed in Slovacchia.
In Germania già dai primi anni del 2000 anche una transazione conclusa presso un organismo di conciliazione pubblico o riconosciuto dallo Stato ai sensi dell’articolo 15a EGZPO – al pari di una transazione conclusa presso un’autorità giudiziaria – costituisce titolo esecutivo, in base al quale può essere iniziata l’esecuzione forzata (articolo 794, comma 1, n. 1 ZPO).
Questa procedura riguarda in particolare gli avvocati che peraltro, come già detto, conoscono da molti anni la possibilità di munire con un titolo esecutivo le transazioni.
Il legislatore ha inserito il titolo XVIII al libro terzo del Codice Civile:”Della convenzione di procedura partecipativa”.
La convenzione di procedura partecipativa è un accordo mediante il quale le parti di una controversia che non ha ancora visto l’intervento di giudice o di un arbitro si impegnano ad operare congiuntamente ed in buona fede per risolvere amichevolmente loro controversia. L’accordo è a tempo determinato[3].
Gli estremi della convenzione di procedura partecipativa sono contenuti, a pena di nullità, in un atto scritto che deve precisare:
1) il termine
2) l’obbiettivo della controversia.
3) L’indicazione dei documenti e le informazioni necessarie per risolvere la disputa e le condizioni del loro scambio[4].
Qualsiasi persona, assistita dal suo avvocato, può concludere una convenzione di procedura partecipativa a condizione che i diritti siano disponibili, fatte salve le disposizioni della sezione 2067[5], ossia quelle che attengono alla separazione ed al divorzio, materie nelle quali comunque è possibile utilizzare la procedura, ma non vi sono le conseguenze che poi vedremo in caso di mancato raggiungimento di un accordo.
Si tratta dunque di una procedura con assistenza legale obbligatoria[6].
Tale procedura non può però essere utilizzata nella materia del lavoro[7].
Finché è in corso la procedura partecipativa, il giudice non può ricever la domanda che richieda una pronuncia sulla controversia.
Tuttavia l’inesecuzione della controversia legittima l’altra parte a ricorrere al giudice perché si pronunci.
Nei casi d’urgenza la convenzione non impedisce che le parti possano richiedere misure provvisorie[8].
Le parti, a conclusione della procedura partecipativa, possono raggiungere un accordo su tutte o su alcune delle controversie che può essere sottoposto all’omologazione del giudice[9].
Quando, non riuscendo a raggiungere un accordo dopo la procedura di convenzione, le parti presentano le loro controversia in tribunale, sono esenti dal preventivo tentativo di conciliazione o di mediazione, se previsto[10].
Una convenzione di procedura partecipativa può essere raggiunta dai coniugi che siano in cerca di una soluzione consensuale di divorzio o di separazione.
Ma non è applicabile l’art. 2066[11] e quindi in questo caso non si chiede l’omologazione al giudice, né si può pensare di andare esenti dal tentativo di conciliazione in caso di mancato accordo. La domanda di divorzio o separazione legale presentata a seguito di una convenzione da procedura partecipativa è formata e giudicata secondo le norme contenute nel titolo VI del libro I della legge sul divorzio[12].
L’art. 2068 ancora dispone che la procedura partecipativa è regolata dal Codice di procedura civile: devono appunto approntarsi le norme prima che l’art. 37 entri in vigore.
La prescrizione è legalmente sospesa anche dopo una convenzione di procedura partecipativa[13]. Nel qual caso il termine di prescrizione ricomincia a decorrere dal termine della convenzione, per un tempo che non potrà essere inferiore ai sei mesi[14].
La procedura partecipativa è accessibile anche tramite il gratuito patrocinio[15]. Tuttavia si precisa che soltanto i legali possono assistere le parti: principio peraltro in Francia generale[16].
Sulla scorta della normativa francese è stato presentato appunto dall’AIAF, dall’UNCC e dall’Unione Triveneta dei Consigli dell’ordine degli avvocati un disegno di legge in data 10 maggio 2011. Tale provvedimento giace oggi alla Camera (“Disciplina della procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato” – Atto Camera 4376).
Di per sé l’istituto ci darebbe la possibilità di allinearci ad altri paesi europei e al sistema statunitense che prevede diversi strumenti alternativi a disposizione delle parti di una controversia. Non a caso il professor Alpa si riferisce anche alla consulenza preventiva, che se non si vuol leggere come il cardine principe dell’attività legale, potrebbe riferirsi alla early neutral evaluation che insieme alla mediation può essere ordinata dal giudice statunitense.
Tuttavia gli annunci di questi giorni di voler introdurre diversi strumenti non appaiono allo scrivente di semplice lettura né per gli addetti ai lavori, né per il cittadino.
Gli avvocati italiani a distanza di due anni e mezzo non hanno ancora del tutto familiarizzato con la mediazione e dunque lo scrivente non comprende come possano essere proiettati in tempi brevi nel mondo dei “neutri” (così sono chiamati gli operatori di ADR negli Stati Uniti), mondo che si intreccerebbe peraltro di necessità con una riforma organica e radicale della nostra giustizia.
Ben venga la riforma dunque, ma mi pare ovvio precisare che necessita di diverso tempo (e di risorse): la rule 16 che negli Stati Uniti regola il potere dei giudici e che è il fulcro della scelta processuale ed extraprocessuale delle Corti ha iniziato il suo cammino nelle città americane più importanti nel 1936. Gli avvocati americani hanno iniziato a tuffarsi nel mondo ADR (che conta in America più di mille varianti) a partire dal 1983 ed oggi iniziano a nuotarci “senza braccioli”, ma sono trascorsi trent’anni.
I cittadini in Italia non ha ancora metabolizzato la mediazione e correrebbero dunque il serio rischio di confonderla con altri istituti che non prevedono un percorso facilitativo: sarebbe comunque necessaria un’informazione capillare che non si è riusciti ad organizzare per la mediazione. Peraltro i mediatori italiani sono andati avanti nello studio dell’istituto ed oggi possono tranquillamente confrontarsi con i mediatori stranieri quanto a conoscenze di base. Puntare su altri istituti ignoti per i più, potrebbe portare semplicemente alla perdita di quanto faticosamente conquistato nell’ambito della facilitazione.
[1] Art. 37 legge n. 2010-1609 del 22 dicembre 2010. LOI no 2010-1609 du 22 décembre 2010 relative à l’exécution des décisions de justice, aux conditions d’exercice de certaines professions réglementées et aux experts judiciaires.
Article 37
« TITRE XVII
« DE LA CONVENTION DE PROCÉDURE PARTICIPATIVE
« Art. 2062. – La convention de procédure participative est une convention par laquelle les parties à un différend qui n’a pas encore donné lieu à la saisine d’un juge ou d’un arbitre s’engagent à œuvrer conjointement et de bonne foi à la résolution amiable de leur différend.
« Cette convention est conclue pour une durée déterminée.
« Art. 2063. – La convention de procédure participative est, à peine de nullité, contenue dans un écrit qui précise :
« 1° Son terme ;
« 2° L’objet du différend ;
« 3° Les pièces et informations nécessaires à la résolution du différend et les modalités de leur échange.
« Art. 2064. – Toute personne, assistée de son avocat, peut conclure une convention de procédure participative sur les droits dont elle a la libre disposition, sous réserve des dispositions de l’article 2067.
« Toutefois, aucune convention ne peut être conclue à l’effet de résoudre les différends qui s’élèvent à l’occasion de tout contrat de travail soumis aux dispositions du code du travail entre les employeurs, ou leurs représentants, et les salariés qu’ils emploient.
« Art. 2065. – Tant qu’elle est en cours, la convention de procédure participative rend irrecevable tout recours au juge pour qu’il statue sur le litige. Toutefois, l’inexécution de la convention par l’une des parties autorise une autre partie à saisir le juge pour qu’il statue sur le litige.
« En cas d’urgence, la convention ne fait pas obstacle à ce que des mesures provisoires ou conservatoires soient demandées par les parties.
« Art. 2066. – Les parties qui, au terme de la convention de procédure participative, parviennent à un accord réglant en tout ou partie leur différend peuvent soumettre cet accord à l’homologation du juge.
« Lorsque, faute de parvenir à un accord au terme de la convention, les parties soumettent leur litige au juge, elles sont dispensées de la conciliation ou de la médiation préalable le cas échéant prévue.
« Art. 2067. – Une convention de procédure participative peut être conclue par des époux en vue de rechercher une solution consensuelle en matière de divorce ou de séparation de corps.
« L’article 2066 n’est pas applicable en la matière. La demande en divorce ou en séparation de corps présentée à la suite d’une convention de procédure participative est formée et jugée suivant les règles prévues au titre VI du livre Ier relatif au divorce.
« Art. 2068. – La procédure participative est régie par le code de procédure civile. »
II. ― L’article 2238 du même code est ainsi modifié :
1° Le premier alinéa est complété par une phrase ainsi rédigée :
« La prescription est également suspendue à compter de la conclusion d’une convention de procédure participative. » ;
2° Le second alinéa est complété par une phrase ainsi rédigée :
« En cas de convention de procédure participative, le délai de prescription recommence à courir à compter du terme de la convention, pour une durée qui ne peut être inférieure à six mois. »
III. ― L’article 4 de la loi n° 71-1130 du 31 décembre 1971 portant réforme de certaines professions judiciaires et juridiques est complété par un alinéa ainsi rédigé :
« Nul ne peut, s’il n’est avocat, assister une partie dans une procédure participative prévue par le code civil »
IV. ― La loi n° 91-647 du 10 juillet 1991 relative à l’aide juridique est ainsi modifiée :
1° Le deuxième alinéa de l’article 10 est ainsi rédigé :
« Elle peut être accordée pour tout ou partie de l’instance ainsi qu’en vue de parvenir, avant l’introduction de l’instance, à une transaction ou à un accord conclu dans le cadre d’une procédure participative prévue par le code civil. » ;
2° L’article 39 est complété par un alinéa ainsi rédigé :
« Les modalités de rétribution des auxiliaires de justice prévues par les alinéas précédents en matière de transaction s’appliquent également en cas de procédure participative prévue par le code civil, dans des conditions fixées par décret en Conseil d’Etat. »
[2] V. art. 43.
[3] Art. 2062 C.c.
[4] Art. 2063 C.c.
[5] Art. 2064 C.c.
[6] Sulla scorta della normativa francese anche in Italia è stato presentato dall’AIAF, dall’UNCC e dall’unione Triveneta dei Consigli dell’ordine degli avvocati un disegno di legge in data 10 maggio 2011. Cfr. http://www.ordineavvocatibelluno.com/pdf/Proposta.legge.pdf
[7] Art. 2064 u.c. C.c.
[8] Art. 2065 C.c.
[9] Non si fa qui che riprendere la prassi vigente in materia di transazioni tra avvocati.
[10] Art. 2066 c. 2 C.c.
[11] Art. 2067 C.c.
[12] Art. 2067 C.c. ultima parte.
[13] Art. 2238 C.c.
[14] Si tratta di una norma decisamente incentivante.
[15] Art. 10 dc. 2 Loi n°91-647 du 10 juillet 1991 relative à l’aide juridique
[16] Art. 4 c. 3 loi n° 71-1130 du 31 décembre 1971.