In un caso portato davanti ad una Corte d’Appello britannica si è discusso circa la necessità di spendere il tempo necessario per documentare l’accordo ovvero, e quando ciò non sia possibile, della necessità di far comprendere alle parti che sull’accordo bisogna ancora lavorare.
Questa fattispecie potrebbe diventare di attualità anche per noi. Pensiamo alla situazione in cui due avvocati omologhino un accordo non eseguibile ed alle sue conseguenze.
Nel caso de quo due fratelli, Ron e David, hanno partecipato ad una mediazione ed hanno raggiunto un accordo di principio, poi hanno abbandonato per un certo tempo il tavolo della mediazione e hanno lasciato all’avvocato di David il compito di tradurre l’accordo in un contratto legalmente vincolante.
In un secondo momento sono tornati ed hanno firmato la convenzione nella convinzione che fosse appunto legalmente vincolante.
Peccato che l’accordo non fosse legalmente vincolante. Era carente di diversi importanti dettagli. Così David ha chiamato in giudizio il suo avvocato per negligenza professionale.
In primo grado ha vinto il legale perché ha dimostrato che il caso era troppo complesso per confezionare una convenzione legalmente vincolante al momento in cui i due fratelli hanno lasciato la mediazione.
La Corte d’Appello ha stabilito invece che l’avvocato di David avrebbe dovuto accorgersi che l’accordo, così come era al momento dell’abbandono del tavolo, non poteva essere consacrato in una convenzione esecutiva per mancanza di importanti dettagli. E non era tra l’altro in potere dell’avvocato di David colmare le lacune. E dunque il legale ha difettato di competenza: egli avrebbe dovuto informare il suo cliente della complessità del caso e che quello raggiunto non poteva che essere un accordo di principio necessario di successiva ulteriore negoziazione.
Finalmente si comincia a parlare di problemi seri.
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