Il valore delle obiezioni mosse alla mediazione civile e commerciale

Dal 20 di marzo 2011 è ormai noto che chiunque voglia promuovere un giudizio civile o commerciale in determinate materie[1] deve partecipare ad un procedimento di mediazione.

Si obietta da più parti, in particolar modo da quella dei giuristi, che non si può obbligare una persona a partecipare ad una mediazione.

Siamo sicuri che in assenza di mediazione obbligatoria sarebbe salvaguardata la nostra libertà? Ci sentiamo liberi nell’attuale sistema vigente nella nostra penisola?

In fondo partecipare ad una mediazione significa semplicemente sedersi intorno ad un tavolo e parlare; le persone non sono obbligate a trovare un’intesa, né tantomeno a trovarne una che abbia un contenuto precostituito.

La funzione della mediazione non è principalmente quella di trovare un accordo (che potremmo definire un valore aggiunto), ma è piuttosto quella di aiutare le parti coinvolte in una controversia a comunicare direttamente tra di loro al fine di definire l’oggetto reale della discussione e poi di mettere sul banco tutte le possibili soluzioni del conflitto e infine di scegliere quelle che soddisfano al meglio gli interessi di tutte le parti.

Il tutto secondo la più assoluta volontarietà ed autodeterminazione.

Il percorso merita dunque di essere conosciuto e sperimentato.

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Carlo Alberto Calcagno, Il valore delle obiezioni mosse alla mediazione civile e commerciale, 2011, in http://www.mediazioneconciliazione.com/


[1]             Diritti  reali, divisioni, successioni  ereditarie,  patti  di  famiglia,  locazione,  comodato, affitto  di  aziende,  risarcimento   da  responsabilità  medica  e  da diffamazione  con  il  mezzo  della  stampa  o  con  altro  mezzo  di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.