Svetonio ci racconta che Caligola mise la conciliazione fuori legge per rimpinguare le casse personali[1].
Anche Federico II stabilì che non si potesse conciliare in corso di causa se non con il permesso del Tribunale: e ciò perché all’epoca il giudice era pagato dalle parti[2]. Si può quindi immaginare che non molti giudici permettessero la conciliazione.
Su questa sola base nell’Ottocento napoletano si fissò il principio che “che lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj”.
Il principio era assai vivo anche nei domini savoiardi tanto che si scelse nel 1865, come è a tutti noto, la conciliazione volontaria; senza contare che il Principe era allergico alla partecipazione obbligatoria alla conciliazione con gli Ebrei[3]: dal che si potrebbe anche evincere che certi dettami europeistici sulla volontarietà dello strumento alternativo, hanno ancora, probabilmente a insaputa dei 28 stati componenti della UE, una forte radice anti-giudea.
E dunque il “sacro” diritto di accesso al processo nacque dalla banale necessità di pagare i piaceri sfrenati di Caligola, lo stipendio del giudice e dalla voglia dei sovrani di non discutere più dei loro immotivati espropri immobiliari perpetrati nel ghetto.
Con l’occhio dello storico io non posso che prendere atto dei fatti che sono avvenuti, ma come mediatore ed avvocato non posso che provare una grande nausea.
La stessa sensazione, o forse una ancora più intensa, mi prende di fronte al disegno di legge in discussione al Senato con cui viene inventato un nuovo tentativo obbligatorio di conciliazione che bypassa la mediazione.
Si tratta di quello previsto dell’art. 8 del ddl 2224 S (responsabilità professionale del personale sanitario); allo stato è in esame alla 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità)[4].
“Art. 8.
(Tentativo obbligatorio di conciliazione)
- Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
- La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. In tali casi non trova applicazione l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
- Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
- La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, e per tutta la durata del procedimento. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.
Balza agli occhi che gli onorevoli senatori vogliono:
- ridurre drasticamente il ricorso alla giustizia ordinaria e limitare il conseguente diritto del cittadino;
- eliminare la mediazione;
- sanzionare coloro che non partecipano al procedimento dell’art. 696 bis c.p.c.;
- risanare le casse dei tribunali con i proventi del 702 c.p.c.
Mi pare, a dire la verità, che questo modo di vedere le cose non sia in linea con la realtà del fenomeno e che si potessero utilizzare altri strumenti.
Come mediatore posso testimoniare che nelle controversie sanitarie sono per lo più gli Ospedali e le ASL ed i sanitari che non partecipano alle mediazioni. E spesso alla base di tale comportamento ci sono problemi meramente assicurativi che le strutture subiscono.
Non bastava prevedere che fosse determinata una pena pecuniaria a favore di coloro che subiscono malpractice medica e che partecipano alla mediazione?
No certamente, perché così la mediazione sarebbe stata aiutata ed incentivata in questa materia.
Questo non era tollerabile dai nemici della mediazione.
E allora si è prevista questa misura per la mancata partecipazione al 696 bis c.p.c.
Ad oggi per una responsabilità di coloro che sono preposti alla pubblica cura e degli enti assicurativi, le mediazioni di fatto si celebrano col solo attivante e quindi il cittadino ricava certamente un danno psicologico dal mancato confronto con le strutture, ma dal lato economico dobbiamo tener conto che corrisponde solo 48,80 € per un verbale negativo; ed è poi è libero di agire in giudizio.
Con questa nuova disposizione, che peraltro si presta a notevoli profili di incostituzionalità, si prevede che il cittadino debba spendere migliaia di euro per partecipare ad una consulenza tecnica. E addirittura si pone l’ipotesi che il procedimento non sia abbastanza rapido e si mette già in conto il costo di un altro giudizio.
Ritengo quindi questo ddl davvero indigeribile, specie alla luce del fatto che ci sono esperienze che il legislatore italiano ha ben presente e che hanno altrove cercato di risolvere il problema con il minimo dispendio per il cittadino.
Mi riferisco a quella della negoziazione assistita che in Francia è nata (là si chiama procédure participative) anche per venire incontro ad un costo esorbitante delle perizie disposte dal giudice; nel paese transalpino è quindi possibile nominare un terzo perito in qualsivoglia materia appunto in sede di negoziazione assistita e dunque limitare fortemente il peso economico per le tasche del cittadino[5].
Un legislatore attento ai bisogni del cittadino poteva dunque aggiungere semplicemente la previsione in convenzione di negoziazione della nomina di un perito (che il decreto sulla degiurisdizionalizzazione aveva lasciato fuori) e lasciare alle parti il compito di disciplinarne i relativi poteri.
Ma il nostro legislatore, come dicevamo ha in animo di distruggere la mediazione e sembra non vedere la evidente deflazione economica incombente.
Sembra preferire l’uso della negoziazione assistita come una clava per distruggere quel che di buono gli organismi italiani hanno fatto negli ultimi anni.
Mi riferisco in particolare e da ultimo anche all’art. 11 e all’art. 12 della Proposta di legge[6] – depositata alla Camera il 2 marzo 2015 – COLLETTI ed altri: “Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile” (2921)[7].
Questa proposta spazza via la condizione di procedibilità e la mediazione delegata.
Mediazione e negoziazione assistita diverrebbero facoltative ed alternative sulle materie attuali della mediazione: dal che si può evincere che la scelta delle materie non è legata alla potenzialità e alle caratteristiche dei singoli istituti, ma ad una semplice decisione politica.
Se questo provvedimento venisse approvato dunque rimarrebbe in piedi soltanto la mediazione per contratto a cui in Italia purtroppo ricorrono davvero in pochi.
Di per sé la negoziazione assistita può diventare anche facoltativa ed alternativa. In Francia è così per tutti i mezzi alternativi al giudizio.
Ma ci deve essere chi negozia. Da noi allo stato attuale sono pochissimi i colleghi che negoziano, se non in materia di famiglia e nemmeno poi tanto in quella sede perché per la crisi economica i cittadini preferiscono rivolgersi al Comune.
I mediatori fanno invece andare avanti la macchina giudiziaria spesso gratuitamente e per quel che gli è consentito da un primo incontro mal congegnato. Sono passati 5 anni ed hanno fatto esperienza: perché distruggere tutto per puntare su una negoziazione assistita che gli avvocati hanno comunque rifiutato e non certo per una questione di materia, ma perché richiede nuove competenze.
Per formare degli avvocati negoziatori in sostanza ci vuole del tempo, così come ci è voluto del tempo per formare i mediatori.
Vogliamo nel frattempo paralizzare un processo che già arranca?
Ma a parte le predette facili considerazioni, per parificare strumenti alternativi facoltativi è necessario inserire la disciplina in sede processuale.
Così è accaduto in Francia, mentre in Italia nessuno si è sognato di farlo.
In altre parole bisogna dare un senso al lavoro dei negoziatori nel caso in cui si riveli infruttuoso.
Non basta dire o pensare che se il negoziato va male si possa ricorrere al giudice perché questa è una ovvietà che mina alla radice le ragioni per cui si negozia.
Una volta che la negoziazione assistita divenisse facoltativa, se io fossi il cliente chiederei al mio avvocato: “Ma se negoziamo e non ci accordiamo che succede?”
L’avvocato non potrebbe che rispondermi: “Nulla, andiamo in giudizio.”
E io cliente replicherei senza dubbio: “Sa che le dico, Voglio evitare il fallimento delle trattative. Rivolgiamoci subito al giudice e così perlomeno risparmiamo denaro e tempo”.
E l’avvocato che cosa mi risponderebbe?
“Ha ragione caro cliente, io ero tenuto ad informarla e l’ho fatto, ma in effetti, viste le sue esigenze, radichiamo la causa e poi si vedrà”.
Vogliamo invece dare un’arma all’avvocato perché il suo cliente si convinca che negoziare non è uno spreco di tempo e di denaro?
Lasciamo in piedi la condizione di procedibilità che al momento attuale è accettabile per diffondere la cultura e le competenze negoziali.
Se l’accordo va in porto, benissimo, è già titolo esecutivo; basterà allora occuparsi soltanto degli incidenti di esecuzione come ad esempio hanno fatto in Spagna per l’accordo di mediazione ed il lodo arbitrale.
Ma se l’accordo non va in porto e c’è un accordo parziale o un non accordo?
Portiamo allora la sola convenzione sul tavolo del giudice con i documenti ritenuti appropriati. Questa è la scelta francese per dare un senso al negoziato, così come è consacrata nel codice di rito.
E se proprio vogliamo ampliamo la negoziazione e diamo agli avvocati anche la possibilità di gestire l’istruzione della causa, così come stanno facendo in Francia sempre in queste ore.
Così al giudice non resterà che fare la sentenza e tutto, specie agli occhi del cliente, acquisterà senso.
Trovo ancora molto strano che il ministro Orlando abbia istituito una commissione di saggi sulla riforma degli ADR[8] nella quale non sono previste professionalità non giuridiche.
E chiamare almeno uno psicologo, no?
Per non parlare delle altre figure ordinistiche ovviamente (commercialisti, architetti, medici, ingeneri, geometri, periti ecc.).
Ma parlo di psicologia perché mi preme capire se il modello di mediazione in oggi utilizzato va d’accordo col modo di ragionare della mente umana.
Che ci voleva? O forse lo sappiamo bene tutti che chiedere di mediare dopo cinque minuti di discorso iniziale del mediatore ci avvicina più alla follia che alla normalità. A meno che il mediatore non svolga la professione dell’ipnotista!
Ma ai nemici della mediazione va bene che la mediazione fallisca.
E poi mi chiedo perché gli ADR debbano essere continuamente regolati da avvocati, notai, magistrati, giudici e professori di diritto.
Passi per l’arbitrato, ma la negoziazione/mediazione che c’entra coi giudici, i notai ed i professori di diritto?
Con questo non dico che le persone scelte dal Guardasigilli non siano competenti ovviamente.
In diritto sono eccellenti.
Ma il diritto investe soltanto la convenzione che mi consta sia già in mano ai legali come l’accordo di mediazione od il lodo.
Non ha proprio nulla a che fare con il lavoro del mediatore e/o del negoziatore: un conto sono le procedure ed un altro le abilità trasversali che il mediatore utilizza che possono solo essere ostacolate dalle pastoie burocratiche.
Eppure nella commissione c’è un solo mediatore. Che futuro potrà dunque avere il potenziamento della mediazione? Quanto peserà la sua voce?
Leggo invece di molti colleghi che hanno profuso proclami trionfalistici sulla nomina della commissione dei saggi e non capisco perché, almeno da mediatore.
Da avvocato forse potrei anche comprenderli, anche se la rappresentanza in commissione dell’avvocatura è comunque risicata, ma da mediatore non vedo proprio che motivi di gioia o di speranza ci possano essere.
O forse si pensa che una volta ridisciplinata la negoziazione assistita o la mediazione o l’arbitrato (cosa che è ancora tutto da vedersi e comunque quale è il rapporto tra la Commissione e gli altri atti in discussione in Parlamento?[9]) tutto ciò possa risolvere il problema del processo?
In ultimo cito il disegno di legge che è stato licenziato dal Senato in relazione al giudizio di pace.
Si tratta del disegno di legge n. 1738 recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, approvato dal Senato il 10 marzo 2016[10]. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Deputati per l’esame e l’approvazione definitiva.
Apparentemente non vi è niente di strano in questa delega.
Anzi aumenta la competenza per le cause relative a beni mobili a 30.000 €, cosa che può essere da una parte anche in linea coi tempi. A ciò si aggiunge che passa al giudice di pace in esclusiva la materia del condominio che come sappiamo prevede attualmente la mediazione come condizione di procedibilità e che si sono previste altre materie in oggi di “competenza” in prima battuta del mediatore che affronterà il giudice di pace:
“b) i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione, connotati da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;
c) le cause in materia di diritti reali e di comunione connotate da minore complessità quanto all’attività istruttoria e decisoria;”.
Anche questa misura appare sulla carta razionale. Se non che c’è una norma, l’art. 322 c.p.c., che non è toccato dalla delega e in base al quale il Giudice di pace può non solo conciliare, ma anche emettere un titolo esecutivo.
“L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro I.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio”.
Ad oggi dunque la conciliazione del Giudice di pace guadagna grande terreno sulla mediazione e sula negoziazione assistita, specie se consideriamo dall’altra parte quel provvedimento prima citato che vorrebbe rendere facoltative ed alternative mediazione e negoziazione assistita.
Vogliamo dire che con la mediazione abbiamo scherzato e che gli attuali 524 organismi possono pure chiudere i battenti?
Non potevamo pensare prima al fatto che in Italia da 2000 anni si sperimenta una conciliazione di tipo sostanzialmente valutativo e che il cittadino italiano vuol essere consigliato più che aiutato a trovare da solo una soluzione?
Ma che paese è il nostro?
[1] Lib. IV, 40 De Vita Caesarum, C. Caesar Caligula (“Pro litibus atque judiciis ubicumque conceptis, quadragesima summae, de qua litigaretur: nec fine poena, si quis composuisse vel donasse negotium convinceretur”) (“Voleva che tutti quelli che litigavano gli pagassero la quarantesima parte della somma in litigio; e quelli che erano accusati d’essersi accordati, e di aver composto la lite, erano da lui condannati”).
[2] “A coloro che vogliono rinunciare alla lite anche con un patto, o soltanto cominciare le transazioni dopo che è stata emessa la citazione, ma prima che la lite sia contestata non neghiamo il permesso ad eccezione di qualche pena per la contumacia; invece lo neghiamo, senza il permesso espresso della Corte, dopo che è intervenuta la contestazione della lite. Se si tentasse di fare ciò in frode ai nostri diritti, (a) il terzo della parte che il frodatore paga all’attore per l’accordo transattivo, compenserà la diminuzione fiscale. (b) Al contrario se il convenuto per qualche motivo nella predetta occasione non desse all’attore alcunché o meno di quello che le Corte ha perso per la menzogna, (c) pagherà il doppio della terza parte predetta che il confessato dovrebbe dare”. (Costituzioni federiciane, Titulus CVII De pactionibus inhibitis, et de volentibus a lite discedere: “Sponte volentibus a lite discedere pacta etiam, vel transactiones inire post citationem emissam ante litem contestatam tantum in civili judicio, absque ulla contumaciae poena licentiam partibus non negamus; post contestationem vero litis habitam sine licentia, et jure Curiae expressius hoc partibus inhibemus. Quod si hoc facere in fraudem iuris nostri tentaverint, (a) ejus tertiam, quod pro transactione actori exolvit conventum absque diminutione aliqua fisco nostro componet. (b) Si autem reus aliquid actori pro praedicta occasione dederit, et nihil, aut minus se dedisse in dispendium Curiae mentiatur, in ejusdem infitiationis poenam (c) duplum tertiae supradictae, quam confessus dare debuisset, exolvat. Quae omnia diligenter per officiales nostros inquiri volumus, ut sicut cuilibet ius suum inviolate servamus, sic in jure nostro defectum perpeti non possumus.”)
[3] Al proposito le Regie Patenti 22 marzo 1836 decretavano quanto segue:
“Art. 1. Avochiamo a Noi la cognizione di tutte le controversie, che dipendentemente dagli ordini da Noi dati per richiamare gli Ebrei e fissare la loro dimora nel ghetto rispettivo possano insorgere relativamente alla stipulazione o risoluzione dei contratti di affittamento, e alle pigioni, o indennità riguardanti le casi da occuparsi o evacuarsi, tanto nel recinto del ghetto, che fuori, e quelle abbiamo commesso e commettiamo ad una particolare Delegazione, che verrà stabilita nel Capoluogo di ciascuna provincia, in cui esistono ghetti di Ebrei: <<2. Sarà questa Delegazione composta dal Prefetto e dall’Intendente, e del primo Assessore del Tribunale dei Prefettura della Provincia…. << 3. Conferiamo alla suddetta Delegazione tutte le autorità necessarie e opportune e quelle eziandio del Prefetto Pretorio per provedere nel modo più pronto e sommario, previo sempre l’esperimento della trattativa amichevole tra le parti, sovra tutte le predette controversie, loro annessi, connessi e dipendenti”.
[4] http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46445.pdf
[5] Cposì dispone il Codice di procedura civile francese
Section 2 : Le recours à un technicien
Article 1547
Lorsque les parties envisagent de recourir à un technicien, elles le choisissent d’un commun accord et déterminent sa mission.
Le technicien est rémunéré par les parties, selon les modalités convenues entre eux.
Article 1548
Il appartient au technicien, avant d’accepter sa mission, de révéler toute circonstance susceptible d’affecter son indépendance afin que les parties en tirent les conséquences qu’elles estiment utiles.
Article 1549
Le technicien commence ses opérations dès que les parties et lui-même se sont accordés sur les termes de leur contrat.
Il accomplit sa mission avec conscience, diligence et impartialité, dans le respect du principe du contradictoire.
Il ne peut être révoqué que du consentement unanime des parties.
Article 1550
A la demande du technicien ou après avoir recueilli ses observations, les parties peuvent modifier la mission qui lui a été confiée ou confier une mission complémentaire à un autre technicien.
Article 1551
Les parties communiquent au technicien les documents nécessaires à l’accomplissement de sa mission.
Lorsque l’inertie d’une partie empêche le technicien de mener à bien sa mission, il convoque l’ensemble des parties en leur indiquant les diligences qu’il estime nécessaires. Si la partie ne défère pas à sa demande, le technicien poursuit sa mission à partir des éléments dont il dispose.
Article 1552
Tout tiers intéressé peut, avec l’accord des parties et du technicien, intervenir aux opérations menées par celui-ci. Le technicien l’informe qu’elles lui sont alors opposables.
Article 1553
Le technicien joint à son rapport, si les parties et, le cas échéant, le tiers intervenant le demandent, leurs observations ou réclamations écrites.
Il fait mention dans celui-ci des suites données à ces observations ou réclamations.
Article 1554
A l’issue des opérations, le technicien remet un rapport écrit aux parties, et, le cas échéant, au tiers intervenant.
Ce rapport peut être produit en justice.
[6] http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0031470.pdf
ART. 11.
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28).
All’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
« 2-bis. L’accesso alla procedura di mediazione di cui al comma 1 del presente articolo è alternativo rispetto alla procedura della negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 ».
Il comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
« 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi alternativamente del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo decreto, ovvero della possibilità di accedere alla procedura di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto di mandato concluso tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione ovvero di accedere alla procedura di negoziazione assistita ».
All’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
« 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari o finanziari può, assistito dall’avvocato, preliminarmente esperire alternativamente:
a) il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;
b) il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179;
c) il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate;
d) il procedimento di negoziazione assistita di cui all’articolo 2 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 »;
b) i commi 2, 2-bis e 4 sono abrogati;
c) al comma 5, le parole: « dai commi 3 e 4 » sono sostituite dalle seguenti: « dal comma 3 ».
I commi 4, lettera d), e 5-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni, sono abrogati.
ART. 12.
(Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162).
Al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 7 dell’articolo 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero, in alternativa, alle altre forme di composizione stragiudiziale delle liti previste dalla legge »;
b) l’articolo 3 è abrogato.
[7] http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=2921
[8] Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito, presso l’Ufficio legislativo del dicastero, una Commissione di studio per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.
L’obiettivo è quello di armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi.
La Commissione, pertanto, ha il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato.
Il gruppo di lavoro è così costituito:
Guido Alpa, Presidente, ordinario di diritto privato Università di Roma “La Sapienza”
Franco Amadeo, notaio in Imperia-Sanremo
Giovanni Amoroso, presidente di sezione della Corte di Cassazione
Ferruccio Auletta, ordinario di procedura civile, Università di Napoli “Federico II”
Antonio Briguglio, ordinario di procedura civile, Università di Roma Tor Vergata
Luciana Breggia, presidente sezione Tribunale di Firenze
Alessandro Cardosi, avvocato del Foro La Spezia
Fabio Cintioli, ordinario di diritto amministrativo Università studi internazionali di Roma UNINT
Antonella Ciriello, magistrato sezione lavoro tribunale Napoli
Giovanni Giangreco Marotta, avvocato del Foro di Roma
Alberto Giusti, magistrato Corte di Cassazione
Michele Marchesiello, magistrato già presidente sezione Tribunale di Genova
Giuseppina Raguso, notaio in Bari
Chiara Tenella Sillani, ordinario di diritto privato Università di Milano
Comunicato del Ministero della Giustizia dell’8 marzo 2016
https://www.giustizia.it/giustizia//it/mg_13_1_1.wp?contentId=COM1220218
[9] Mi riferisco in particolare alla Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile presentata l’11 marzo 2015 al Senato ed approvata il il 10 marzo 2016 (cfr.http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46611.pdf)
A parte il classico senso di scatola vuota che danno tutte le deleghe foriere soltanto poi di problemi futuri (v. decreto 28/10 e Corte Costituzionale), non riesco a capire per quale motivo sia stata da una parte approvata una delega e dall’altra nominata una commissione di saggi in materia di ADR.
Anche perché nella delega leggo già la volontà di una mini riforma dell’arbitrato ((e) quanto ai procedimenti speciali: 1) potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, anche attraverso l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato nonché attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale;)).
E allora mi chiedo chi farà che cosa e in base a che.
Ma soprattutto se i politici vanno avanti a briglia sciolta la Commissione a che cosa serve?
[10] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLMESS/967064/index.html