Nell’Unione Europea[1] al 18 ottobre 2017, se ci basiamo sui soli dati pubblicati[2], risultano 67.573 mediatori che servono una popolazione di 500.107.270 abitanti.
In altre parole registriamo la presenza di un mediatore ogni 7.401 abitanti.
Negli Stati Uniti sono stati censiti nel 2016 6.300 neutri (mediatori, arbitri e conciliatori) per una popolazione di 326.474.013 e dunque un neutro ogni 51.821 abitanti[3].
Nel paese di Trump il Dipartimento federale della Giustizia crede nella mediazione e nel 2016, ci tengono a sottolineare, sono stati risparmiati 70.610.263 milioni di dollari e 7 anni di giudizio[4].
Quali sono le possibilità di impiego nel campo degli ADR e comunque è possibile fare il mediatore di professione?
Negli Stati uniti la possibilità di impiego risulta del 5,6%: da noi non credo sia mai stata realizzata una stima. Peraltro i mediatori in Italia sono, per quel che mi risulta, per lo più liberi professionisti (un’altissima percentuale è formata da avvocati).
Negli USA il salario medio orario è di 34,97 dollari (29,63 €). Generalmente i mediatori vengono pagati per le prestazioni di lavoro a prescindere dall’esito (anche perché spesso gli avvocati a seguito della mediazione si mettono d’accordo in separata sede prima del trial). Ci sono stati ove per i cittadini vi è la possibilità di mediazione gratuita presso i panel dei Tribunali (ad es. California), ma questo non si riflette sull’onorario del mediatore, per quanto calmierato.
Il salario medio annuale in USA è di 72.730 dollari (61.665 €); In Italia e nell’Unione Europea non esiste, a mia conoscenza, una statistica in merito. In Italia se le parti non entrano in mediazione il mediatore finisce nella maggior parte dei casi per lavorare come volontario (in barba a tutte le normative nazionali ed europee) ed è anche per questo probabilmente che non ho rinvenuto dati numerici in merito ai profitti.
Dal 2014 la categoria degli operatori di ADR negli USA è diminuita di 2100 unità e dunque vi è in corso una crisi del settore[5]. Nella Unione Europea al 30 aprile 2015 i mediatori erano 37.550 e dunque c’è stato un incremento in questi anni di oltre 30.000 unità che appare superiore all’attuale domanda di risoluzione alternativa.
Il sistema mediazione in Italia[6] al 18 ottobre 2017 prevede il dato che segue.
Gli organismi di mediazione che risultano dal registro ministeriale sono 1033. 436 organismi sono stati però cancellati nel tempo. E dunque, almeno sulla carta, risultano attivi 597 enti di mediazione. Un organismo ogni 100.164 abitanti.
Più del 90% dei mediatori appartiene ad un solo organismo di mediazione.
L’Italia con 23.796 mediatori su 59.797.977 abitanti ha più di 4 volte i neutri statunitensi ed è capofila in negativo per numero di abitanti in Europa dopo la Romania[7], con un mediatore ogni 2.502 abitanti.
L’Italia possiede più mediatori di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles Irlanda, Irlanda del Nord, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria, messi insieme.
Detto per inciso i paesi UE che possiedono più mediatori, ad eccezione della Polonia, sono quelli che hanno anche meno giudici.
Quanti siano i mediatori attivi professionalmente nel nostro paese non è un dato disponibile. Comunque le mediazioni nel 2016 sono state 183.977[8] e dunque ogni mediatore avrebbe avuto, in linea teorica, a disposizione in Italia circa 7 mediazioni. Troppo poco per pensare di poterci costruire una professione.
Eppure dopo sette anni dal varo della legge sulla mediazione[9] i mediatori esercenti hanno acquisito esperienza e dovrebbero essere considerati al pari dei giudici. Da un campione di 1.000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 (1985) e i 57 anni (1959) e dunque che possiedono sicuramente anche un retroterra professionale da spendere[10].
Gli enti di formazione che emergono dall’albo[11] sono 287 di cui 53 cancellati e dunque i formalmente attivi appaiono 234.
L’Italia possiede dieci volte gli enti di formazione della Romania[12] che deve poco meno della metà dei nostri mediatori.
Il nostro paese, come molti altri, ha stabilito che sia i mediatori sia i formatori debbano fare un aggiornamento obbligatorio ogni due anni. Pur essendo stanziati sul territorio 234 enti di formazione lo Stato continua a ritenere che sia opportuno affidare i corsi di formazione per formatori non a enti professionisti del settore, ma a soggetti che non hanno tra i loro fini istituzionali quello della formazione dei mediatori. Mi riferisco ad esempio agli Ordini e alle Università.
Il risultato è che non vengono banditi corsi per far fronte alla domanda che attualmente riguarda ben 1132 formatori. E i formatori restano senza possibilità di formarsi e di impiego, a prescindere dal fatto che ci sia una domanda di aggiornamento da parte dei mediatori. Ciò potrebbe determinare peraltro indirettamente un monopolio della formazione che non è detto sia sempre sinonimo di qualità.
Ciò si riverbera anche sull’operatività degli enti di formazione visto che quasi il 75% dei formatori hanno fatto l scelta di lavorare per un solo organismo.
L’Unione Europea di recente ha adottato una risoluzione[13] nella quale “invita inoltre la Commissione a valutare la necessità per gli Stati membri di creare e mantenere registri nazionali dei procedimenti mediati, che potrebbero costituire una fonte di informazione per la Commissione, ma anche essere utilizzati dai mediatori nazionali per trarre vantaggio dalle migliori pratiche europee;”.
Al momento attuale sono 18 i paesi che possiedono un registro statale.
Ben 12 paesi hanno deciso di non adottare un registro statale[14].
Tuttavia le nazioni (Inghilterra, Germania, Danimarca, Francia) ove la mediazione ha maggiore possibilità di svilupparsi per ragioni economiche politiche e giuridiche non possiedono un registro statale.
E possiamo in conclusione aggiungere che il registro statale per quelle nazioni che lo hanno adottato non risulta aver inciso sul miglioramento dello status dei mediatori né sulla quantità e qualità delle mediazioni.
Il nocciolo della questione peraltro è stato individuato dalla stessa risoluzione laddove si “invita gli Stati membri a profondere maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, anche attraverso opportune campagne di informazione che forniscano ai cittadini e alle persone giuridiche informazioni adeguate e complete sulla validità della procedura e sui suoi vantaggi in termini di economicità dei tempi e delle spese, nonché per assicurare una migliore cooperazione tra i professionisti della giustizia a tal fine; sottolinea al riguardo la necessità di uno scambio di migliori pratiche nelle varie giurisdizioni nazionali, sostenuto da misure adeguate a livello di Unione, al fine di aumentare la consapevolezza dell’utilità della mediazione;”.
I paesi con più alto numero di mediatori (Italia, Romania, Paesi Bassi, Austria e Polonia) sono tra quelli che in passato hanno promosso di meno gli ADR.
Se non superiamo questo stato di cose, adempiendo alla risoluzione UE, per la mediazione non si prospetta un futuro roseo.
[1] Considerando anche la Gran Bretagna.
[2] Il numero è approssimativo perché ci sono parecchi stati, come vedremo, che non hanno un registro pubblico e dunque non ci sono dati certi. Inoltre in merito ai mediatori civili e commerciali Il numero non può essere preciso perché ci sono stati in cui vi sono suddivisioni tra i mediatori (ad es. Italia ove ci sono i mediatori familiari, i civili, i penali ecc.) ed altri ove esiste il solo titolo di mediatore.
[3] Stima maggio 2016 del dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti (Cfr. https://www.bls.gov/ooh/legal/arbitrators-mediators-and-conciliators.htm)
[4] https://www.justice.gov/olp/page/file/942446/download
Alla raccolta dei dati partecipano qui anche i mediatori che devono indicare in un form sia i denari sia i giorni risparmiati.
[5] Cfr. Cecilia H. Morgan, Why Mediations Fail, in https://www.jamsadr.com/files/uploads/documents/articles/morgan_texas-lawyer_why-mediations-fail_2017-03-24.pdf
[6] https://mediazione.giustizia.it/
[7] L’Italia ha più di 2 volte i mediatori della Romania. Cfr. http://www.cmediere.ro/mediatori/?page=217
[8] http://www.altalex.com/documents/news/2017/04/18/mediazione-civile-statistiche-2011-2016
[9] Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.
[10] Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 52 (1964), 47 (1969), 42 (1974), 41 (1975) e 40 (1976) anni .
[11] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx
[12] In Romania sono 23. http://www.cmediere.ro/page/502/lista-furnizorilor-de-formare-autorizati
Non ci è dato di sapere quanti siano i formatori perché ci sono Enti che non li pubblicizzano, ma non dovrebbero essere più di 50.
[13] Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (la “direttiva sulla mediazione”) (2016/2066(INI))
1 Inghilterra e Galles
2 Danimarca
3 Francia
4 Irlanda del Nord
5 Repubblica Ceca
6 Lettonia
7 Lituania
8 Germania
9 Estonia
10 Irlanda
11 Polonia
12 Lituania