Incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato: nuova circolare ministeriale

Circolare 14 luglio 2015 – Incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato
14 luglio 2015

Ministero della Giustizia
Dipartimento per gli affari di giustizia
Ufficio III – Reparto mediazione

IL DIRETTORE GENERALE DELLA GIUSTIZIA CIVILE

Visto il decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 18 ottobre 2010 n. 180, pubblicato su G.U. 4 novembre 2010 n. 258;

visto il decreto interministeriale 6 luglio 2011 n. 145, recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180;

visto il decreto del 4 agosto 2014 n. 139, recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180;

ritenuta la necessità di fornire delle indicazioni sull’interpretazione da dare all’art. 14 bis del D.M. 180/2010;

adotta la seguente

CIRCOLARE

Come noto, il decreto ministeriale n. 139 del 4 agosto 2014 ha modificato il regolamento approvato con il d.m. 180 del 2010 introducendo l’art. 14 bis.

Tale disposizione sancisce un complesso ed ampio quadro di incompatibilità.

Tenuto conto della novità introdotta, dei quesiti pervenuti e dei principali profili di incertezza applicativa che sono stati posti all’attenzione degli uffici ministeriali, si ritiene necessario fornire le seguenti linee interpretative.

Al riguardo occorre premettere che la ratio sottesa a tale norma risiede nell’esigenza di garantire la sussistenza dei requisiti di terzietà e imparzialità dell’organismo di mediazione e dei suoi mediatori, ciò in quanto, come più volte ricordato da questo Ministero, viene svolta una attività delicata e significativa in quanto, prospettando un percorso alternativo alla giurisdizione, tende a definire una controversia mediante l’intervento di un terzo che, pertanto, deve porsi, anche in via di fatto, in una posizione di assoluta equidistanza rispetto alle parti in lite.

In tale prospettiva, dunque, deve ritenersi che l’art. 14 bis miri ad assicurare che l’attività di mediazione sia svolta da un soggetto che offra garanzie, anche sul piano dell’apparenza, di indipendenza e terzietà. Ciò anche in considerazione del fatto che, le norme sull’incompatibilità esprimono lo standard minimo indispensabile per garantire l’imparzialità del mediatore.
Tanto premesso, appare necessario dare compiuta attuazione alla suddetta disposizione, attraverso le seguenti direttive che gli organismi sono chiamati a rispettare.

Difensore del chiamato in mediazione, iscritto come mediatore presso l’organismo prescelto dall’istante.

Il primo dubbio interpretativo attiene all’operatività del divieto anche per l’avvocato di fiducia della parte chiamata in mediazione, iscritto come mediatore presso l’organismo scelto dalla parte istante.
Dal dato letterale della norma e dalla ratio della stessa appare evidente che la previsione normativa trovi applicazione nel caso in cui il difensore del chiamato in mediazione sia mediatore presso quell’organismo perché, diversamente, le parti si troverebbero in posizioni ingiustificatamente differenziate e non si darebbe la giusta garanzia alla parte istante, circa lo svolgimento imparziale del procedimento di mediazione.
Di conseguenza, il divieto di cui all’art. 14 bis opera anche nei confronti del difensore di fiducia della parte chiamata in mediazione, che rivesta al contempo la qualifica di mediatore presso l’organismo adito.

Estensione alle sedi in convenzione ex art. 7, comma 2, lett. c) D.M. 180/2010.

Ulteriore dubbio interpretativo attiene all’operatività del divieto, anche qualora l’organismo si avvalga delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali abbia raggiunto a tal fine un accordo, anche per singoli affari di mediazione, ex art.7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.
Appare evidente che in tali casi l’organismo “condivide”, tra l’altro, i mediatori di un altro organismo di mediazione che si trovano, pertanto, nella medesima posizione formale dei mediatori iscritti presso l’organismo “delegante”.
Di conseguenza, anche al fine di evitare una facile elusione della norma, l’incompatibilità non può che estendersi anche ai mediatori dell’organismo con cui si è concluso un accordo ai sensi dell’art.7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.

Accordi derogatori.

Altra questione controversa, attiene alla possibilità rimessa alle parti chiamate in mediazione di derogare consensualmente all’incompatibilità.
Al riguardo, si ritiene per le ragioni sopra dette che la materia sia sottratta alla libera disponibilità delle parti.
Di conseguenza, non è possibile sottoscrivere tra le parti in mediazione accordi derogatori del divieto di cui all’art. 14 bis.

Compiti dell’organismo.

Altro dubbio interpretativo, infine, riguarda il potere dell’organismo di rifiutare eventuali istanze di mediazione, laddove gli avvocati delle parti siano iscritti, quali mediatori, presso l’organismo medesimo.
Considerata la funzione di vigilanza e controllo che la normativa attribuisce all’organismo, si ritiene che, trattandosi di una domanda proposta in evidente violazione di norma, all’organismo vada riconosciuto il potere – dovere di rifiutare tali istanze.
Di conseguenza, l’organismo di mediazione deve rifiutare di ricevere le istanze di mediazioni nelle quali si profilano ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 14 bis.

IL DIRETTORE GENERALE
Marco Mancinetti

https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.wp;jsessionid=C03603693CFE93B4920A41D33E7B246B.ajpAL02?facetNode_1=0_18&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC1164399

Due parole sulla Circolare 27 novembre 2013 – Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti

Caro dott. Mancinetti,

In molti attendevamo un intervento ministeriale, anche se a dire il vero aspettavamo un nuovo regolamento; possiamo solo sperare che arrivi tra poco e che il Tar Lazio non faccia troppi danni ad una mediazione già incerottata di suo.
Ci sono molte cose che voglio dirLe. Sa sono grafomane, non ci faccia caso. Mi perdonerà la franchezza.
Anche nella Federazione Russa hanno adottato il principio che lei spiega nella pregiata circolare del 27/11 (clicca qui per il testo: Circolare mediazione).
Voglio dire che anche nella Federazione Russa si fa salva l’indennità per gli organismi di mediazione.
E la legge della federazione russa afferma che il mediatore può mediare gratuitamente o a pagamento.
Ma il punto è che la remunerazione dipende dalla discrezione del mediatore, non da quello della legge della Federazione.
Immagino peraltro da quello che è successo in Ucraina che al momento non si sprechino i mediatori munifici.
A dire la verità mi pare che l’Ucraina rivendichi il diritto di entrare nell’Unione Europea.
Ma l’Unione Europea non può tollerare che una persona che lavora non riceva un giusto compenso.
Mi dispiace dover ricordare a Lei e al Ministro che la Carta fondamentale dell’Unione Europea all’art. 31 prevede che “Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”.
Chi lavora gratuitamente non ha dignità. Lei lavora gratuitamente? Io sì da qualche tempo e come dire, non mi sento al massimo.
L’art. 48 del Trattato sul funzionamento dell’Unione prevede poi che gli Organi europei garantiscano strumenti per il pagamento dei lavoratori residenti nei paesi membri.
L’art. 57 dello stesso trattato dice che sono servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione e tra questi annovera le attività delle libere professioni.
Anche la UE in altre parole, la quale pensa che la coesione sociale si traduca nell’apertura di un conto corrente (v. l’Atto per il mercato unico II), sa che comunque il predetto conto corrente non può rimanere vuoto (ci rimetterebbero le banche).
A prescindere però dalle norme fondamentali e disinteressate della Unione Europea, la cosiddetta direttiva ADR da poco emanata sul punto parla chiaro ed è perentoria: il mediatore va pagato e non si può ancorare il suo compenso all’esito della mediazione.
Mi potrà dire che la direttiva ADR vale per il consumo; ma è proprio nel consumo che il legislatore europeo ipotizza una mediazione gratuita o a poco prezzo, e nonostante ciò prevede espressamente che il mediatore sia pagato (e dunque ed al limite il problema del compenso nei singoli stati verrà affrontato dagli Organismi).
Con tutto il rispetto per gli Organismi sono i mediatori che mediano e giustamente l’Europa ci dice che sono questi ultimi che devono essere pagati, mentre i primi, gli organismi, possono effettuare anche un servizio gratuito per le parti.
Così accade ad esempio in California ove le Corti offrono tre ore di mediazione gratuita alle parti, ma pagano i mediatori 100 dollari all’ora.
I mediatori italiani (avvocati e non) nell’attuale congiuntura economica non possono permettersi di rinunciare al compenso, pena la sopravvivenza.
Lei aggiunge che nell’incontro preliminare il mediatore non deve essere pagato perché non svolge “vera e propria “attività di mediazione”.
Il che sarebbe come affermare che non è attività lavorativa quella del tassista che va a prendere il cliente perché la corsa inizia quando il cliente sale sul taxi.
La qualcosa potrebbe fare piacere agli utenti, ma non credo proprio farebbe piacere ai tassisti.
Ma a parte il paragone che può essere più o meno stringente (seppure quella del tassista che va a prendere il cliente si configuri come attività preparatoria della corsa), sarà d’accordo con me che comunque il mediatore svolge un’attività.
La stessa giurisprudenza italiana riconosce che il “tempo tuta” rientra nell’orario di lavoro. E dunque i giudici esigono che il lavoratore dipendente sia pagato anche per il periodo in cui si cambia la tuta.
Certo il professionista non è un lavoratore dipendente, ma nel periodo in cui è presente nei locali del committente organismo è comunque a disposizione dello stesso, a prescindere dall’attività che svolge.
Vogliamo invece pensare che nello spiegare i principi della mediazione egli non sia a disposizione dell’organismo? O addirittura che non svolga un servizio secondo le norme europee? Qualcuno potrebbe fondatamente dubitarne…
Dal prosieguo della Sua circolare evinco che il primo incontro avrebbe natura esplicativa. Mi domando allora se non sarebbe utile che il mediatore spiegasse comunque a chi è presente che cosa si intende per mediazione.
Non mi pare propriamente utile alla diffusione della mediazione l’idea di rimandare a casa l’aderente senza chiedere alcun pagamento.
Certo è che comunque in assenza dei contendenti il mediatore non potrebbe invitare i presenti alla mediazione (varrà pure 40 euro…), ma intanto si farebbe un po’ di cultura della mediazione a favore di chi ha avuto la bontà di presentarsi.
E in mediazione accadono spesso i miracoli: potrebbe essere l’aderente a prendere il boccino in mano e chiedere all’assente di mediare…
So che in Italia di cultura della mediazione parlano solo i magistrati, i professori universitari e qualche altro unto da chissà quale signore, ma vorrei rimarcare che ad esempio in Portogallo le cose non stanno così.
Si figuri che in quel paese la legge prevede dei diritti per i mediatori (cosa direi davvero ardita!) al di là dell’aborrito compenso economico e che nella norma che è del 2013 (l’ultima nata in Europa) si specifica che i mediatori possono invocare la loro qualità e promuovere la mediazione, con la diffusione di opere o studi, nel rispetto del dovere di riservatezza. Convengo con Lei che si tratti di una previsione inaudita, ce l’hanno peraltro anche negli Stati Uniti (si tratta di uno standard che deve essere rispettato e che addirittura è stato adottato dall’American Bar Association).
Il fatto di non far pagare all’aderente i 40 euro se l’attivante non si presenta avrà peraltro le seguenti ricadute e non credo di essere Nostradamus a profetizzarlo:
1) L’aderente non depositerà l’adesione sino a che non vedrà fisicamente l’attivante;
2) il mediatore non potrà mai studiarsi un fascicolo completo e dovrà affidarsi all’improvvisazione dal momento che l’adesione arriverà sul suo tavolo nel momento di inizio della sessione preliminare (dato che il discrimine per la sessione di mediazione vera e propria è in pratica solo il pagamento si immagina Lei un mediatore che a pagamento avvenuto continua una mediazione di cui conosce soltanto i fascicolo dell’attivante? Cosa normale dato che nel momento programmatorio egli non può, bontà vostra, entrare nel merito della questione e conoscere i diversi punti di vista; la legge tedesca recita – e non è la sola – che il mediatore deve offrire alle parti identità di opportunità: che cosa offriremo noi? Competenza? dovremmo davvero essere dei maghi…);
3) le segreterie degli organismi non sapranno sino all’ultimo come organizzare il proprio lavoro (ad esempio a chi affidare una sala o l’altra, a chi dare la stanza più consona ad una mediazione effettiva ecc.);
4) le segreterie, nel caso avventuristico che l’aderente si premuri di accettare la mediazione in un momento antecedente con conseguente pagamento, dovranno restituire le somme con aggravio organizzativo dell’ufficio;
5) gli attivanti, in assenza dell’aderente, dato che non ricevono alcuna informazione dal mediatore non vorranno aver scritto in testa “Sali e tabacchi”. Il verbale costituisce un diritto e non un elemento della prestazione resa dall’organismo.
Senza contare che il considerare l’aderente come una persona che in assenza dell’attivante è venuta a perdere del tempo, importa alimentare un pregiudizio già duro a morire e non avere – mi scusi per l’ardire – molte cognizioni di base sulla mediazione.
Tutti i mediatori sanno che uno dei primi lavori che devono effettuare è quello di separare le persone dal problema. Vogliamo precludere al mediatore di fare il suo lavoro?
Che cosa voglio dire? Che un problema una persona ce l’ha a prescindere dal fatto che gli arrivi a casa una citazione ed il problema quando non è affrontato comporta nel tempo che venga identificato con la persona dell’altro; il che alimenta inevitabilmente quella che noi chiamiamo escalation del conflitto (consiglierei al Ministero di approfondire perlomeno le opere di Glasl in merito: in penuria di mezzi economici possono leggere gratuitamente http://www.mediate.com/articles/jordan.cfm).

In questo caso l’identificazione della controparte col problema sarà ancora più veloce: chi parteciperà considererà l’attivante come uno che gli ha fatto perdere pure del tempo e, come diciamo sempre noi mediatori, la profezia sarà completamente avverata.
Il mediatore potrebbe dunque utilizzare la sessione preliminare anche per far capire alle persone:
a) Che c’è un altro modo per affrontare i problemi;
b) Che non è produttivo identificare il problema con l’assente.
Certo questo implicherebbe che il primo incontro non avesse una mera finalità esplicativa, ma mi scusi caro dottore, questa funzione gliela avete attribuita voi pensando ad una deflazione del contenzioso che dire utopistica in queste condizioni è un mero eufemismo.
L’incontro preliminare in tutti i paesi dove esiste è funzionale alla stesura di un accordo di mediazione: si parla delle caratteristiche che le parti attribuiscono al mediatore che desiderano, del compenso del mediatore, dello stile della mediazione, del tempo necessario per la mediazione, della possibilità di proroga, della lingua che verrà utilizzata, della riservatezza, indipendenza e via dicendo. In una parole l’incontro programmatorio serve a rafforzare l’idea nelle persone che la mediazione sia una procedura seria e funzionale a ciò che le parti vogliono.
Il mediatore italiano è al contrario come un venditore di pela patate (un mago lo definiva appunto qualcuno, ma io direi parecchio caduto in disgrazia, tipo il manzoniano Azzeccagarbugli) che dopo aver magnificato il suo prodotto chiede di essere pagato qualche euro. Che opinione ingenera secondo lei negli ascoltatori? Che il 99% delle parole che il mediatore ha proferito siano fasulle.
L’assistente del cliente ha poi buon gioco a farlo notare (ti piace vincere facile?) e può addirittura anticiparlo in studio al momento dell’informativa: “Il mediatore? è uno che vuole dei soldi; per fortuna il legislatore ha disposto che il primo incontro sia gratuito; la mediazione? Non serve a nulla, si figuri che il mediatore al primo incontro non affronta nemmeno il problema… E allora che ci andiamo a fare? Ha ragione signora andiamo direttamente in giudizio e poi sarà il giudice a dirci qualcosa, ma stia tranquilla… perché anche i giudici non guardano di buon occhio alla mediazione”.
Se è questo scenario che volevamo creare ci siamo riusciti perfettamente.
Io mi aspettavo che Lei ci parlasse dei tirocini: ormai le mediazioni sono un teatrino ove il mediatore recita ad appannaggio degli spettatori. Anzi consiglierei agli attori in erba di non andare a studiare in teatro, non è utile per imparare la drammaturgia, basta la mediazione.
Mi aspettavo che affermaste che la competenza territoriale era derogabile su accordo delle parti (avete parlato solo di circoscrizione del tribunale competente; e se una questione è di competenza del giudice di pace come la mettiamo?); ma mi pare che preferiate sfidare un intervento della Commissione Europea e/o della Corte di giustizia, tanto così tiriamo a campare ancora qualche mese…
Pensi caro dott. Mancinetti che io credo in Dio e vado in mediazione perché ritengo che Dio sia contento se faccio del bene; ma se dovessi credere nel Governo italiano, dove pensa che andrei? In Australia, sì in Australia dove gli avvocati vengono pagati dallo Stato.
La saluto caramente.
Carlo Alberto Calcagno

P.S.

Mi scusi di questa appendice, ma mi sembra di essere Silvio Pellico ad un’ora dell’esecuzione e quindi non posso esimermi dall’affrontare l’argomento della formazione professionale degli avvocati.
Non vorrei proprio che qualche collega mediatore potesse pensare che non ho scritto nulla perché sono un avvocato.
Sempre dalla sua pregiatissima circolare io evinco che della formazione dell’avvocato dovrebbe occuparsi il CNF; peraltro dall’articolo dell’amico Marinaro apparso sul Sole24Ore ho pure evinto che ci sarebbe già un programma di formazione in pista.
A questo punto cautela vorrebbe che io fossi cauto, perché questo programma approntato dall’avvocatura potrebbe contenere spunti meravigliosi (me lo auguro!) ed io non lo conosco (mi flagello per l’ignoranza, ma… è pubblico o lo conosce solo il Sole24ore? Sa perché mi pongo la domanda? perché un giorno quando facevo il lavorista ho preparato personalmente un interpello al Ministero del Lavoro ed il Ministro di allora ci ha fatto su una circolare e la circolare non è stata comunicata al mio cliente, ma al Sole24ore, e così da allora sono un poco prevenuto…).
Vorrei però dire comunque qualche parolina così in generale.
In Germania come Lei sa bene hanno una legge sulla mediazione come da noi; c’è sul tema formazione un coacervo di norme che specifica quanto segue e che è stato frutto di tre anni di battaglia.
Una persona può essere autorizzata a definirsi mediatore certificato se ha completato la relativa formazione e soddisfa i requisiti del regolamento di cui al § 6: si tratta di uno strumento statutario che verrà emesso dal Ministero della Giustizia.
Il mediatore certificato deve riqualificarsi in conformità dei requisiti del predetto regolamento.
Il Ministro Federale della Giustizia è autorizzato ad adottare senza il consenso del Bundesrat un regolamento contenente disposizioni più dettagliate sulla formazione iniziale per diventare un mediatore certificato e per la formazione successiva, così come per gli standard applicabili alla formazione iniziale e successiva. Nel regolamento ai sensi dell’alinea 1 possono in particolare essere stabiliti:
1) disposizioni più dettagliate sul contenuto della formazione iniziale, con l’indicazione della cornice nella quale vanno collocati gli elementi della formazione iniziale e in secondo luogo per consentirgli di acquisire la richiesta esperienza pratica;
2) disposizioni particolareggiate sul contenuto della formazione successiva;
3) il numero minimo di ore di insegnamento per la formazione iniziale e successiva;
4) gli intervalli di tempo in cui conseguire la formazione successiva;
5) i requisiti degli insegnanti impiegati nella formazione iniziale e successiva dagli istituti di istruzione;
6) disposizioni le quali prevedono che, e che indicano come, le istituzioni certificano la partecipazione ad un programma di formazione di base e successiva;
7) le norme inerenti il completamento della formazione;
 le disposizioni transitorie per le persone che sono già impiegate come mediatori antecedentemente all’entrata in vigore della legge sulla mediazione .
Ad oggi questo regolamento del Ministero non è ancora stata emanato.
Passò dunque un anno e mezzo: la legge sulla mediazione è del 26 luglio 2012.
E sa perché? Perché il testo è stato messo a disposizione dell’avvocatura tedesca che non si è ancora pronunciata (le mie informazioni sono di ottobre…).
Riepilogando il Ministro ha fatto un regolamento che è stato mandato all’avvocatura per un parere.
Il parere è fermo da un anno e mezzo.
Il Ministro quindi non ha detto all’avvocatura “occupati della formazione”, ma ha chiesto solo un parere.
Noi invece abbiamo fatto una legge che la sua circolare si limita a parafrasare e che rimette la questione al CNF.
Gli avvocati tedeschi secondo Lei si sono arrabbiati per l’operato del Ministro?
No per niente.
Prima della legge sulla mediazione il Codice deontologico degli avvocati ha disciplinato la figura dell’avvocato “neutro” con due norme: il § 18 prevedeva che se l’avvocato avesse agito in qualità di mediatore, conciliatore o arbitro, egli sarebbe stato soggetto alle norme di diritto professionale (questo testo è rimasto invariato ad oggi) ed il § 7a prevedeva che potesse dirsi mediatore, colui che avesse potuto dimostrare attraverso una formazione adeguata, che aveva imparato i principi della procedura di mediazione.
Dopo la legge sulla mediazione, il 1° maggio 2013 il RAK Berlin ha voluto tener conto della modifica legislativa di cui all’art. 1 § 5 (1) Mediationsgesetz ed ha mutato il dettato del §7a del Codice deontologico che ha adesso la seguente formulazione: “L’avvocato che si descrive come mediatore, possiede i requisiti del § 5 comma 1 della Legge sulla mediazione in materia di istruzione e formazione, conoscenza teorica ed esperienza pratica”.
In altre parole l’avvocato tedesco sarà certificato se avrà i requisiti di formazione (gli 8 punti prima visti) previsti in generale per tutti i mediatori dal regolamento del governo.
Lei mi dirà: “E che cambia il regolamento tedesco è comunque concertato con l’avvocatura!”.
Ha ragione ma il regolamento non lo fa l’avvocatura, l’avvocatura lo commenta soltanto: il Regolamento lo fa il Ministro.
Certo il nostro Governo non è quello della Merkel, ma un po’ di pudore in più non sarebbe guastato.
Senza contare che in Germania l’avvocatura ha a che fare con la mediazione dal 1999 e dunque dopo quattordici anni avrebbe potuto anche prendersi il lusso di fare delle norme in materia.
Da noi il CNF è intervenuto per la prima volta nel 2011: due anni di esperienza legittimano che si possa approntare un programma sulla mediazione?
Sarebbe come dare ad uno studente del secondo anno di giurisprudenza l’incarico di riformare l’ordinamento giudiziario. Quali sarebbero gli esiti secondo Lei?
La risaluto caramente
Carlo Alberto Calcagno